Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - 08
ove volevano; contento di conservare le sue fortezze in istato di
difesa. Da questo conflitto di poteri trovavasi compromessa la
proprietà, la libertà individuale, e l'amministrazione della giustizia,
e gli abitanti più omai non sapevano a chi ubbidire.
Tale era la situazione di questo paese quando il 26 febbrajo del 1807
per ordine del Sultano _Saaoud_ si pubblicò in tutte le piazze, e luoghi
pubblici, che all'indomani dopo mezzogiorno tutti i pellegrini, e
soldati turchi o mogrebini dello Sceriffo sortirebbero dalla Mecca, e
fuori dell'Arabia, come pure il Pascià turco di Djedda, ed i nuovi ed
antichi Kadi della Mecca, di Medina, e degli altri luoghi; talchè non
doveva rimanere verun Turco in paese. Lo Sceriffo fu disarmato, ridotta
a nulla la sua autorità, ed il potere giudiziario passò in mano de'
_Wehhabiti_.
La notte del 26 al 27 febbrajo tutti i soldati turchi si ritirarono a
Djedda. Una piccola carovana di Tripoli, che trovavasi alla Mecca, levò
il suo campo a mezzogiorno, e partì con sì poca precauzione, che
temevasi per la sua sicurezza.
Erano rimasti il Pascià, i Kadi, i pellegrini turchi: e non sapevasi
ancora a quale partito sarebbersi appigliati. Tutto era disordine,
confusione, mala fede. Nella seguente notte due cento cinquanta soldati
negri al servizio dello Sceriffo si arrolarono fra le truppe di
_Saaoud_. Tutti gli altri partirono il 28 febbrajo; ed il Sultano
_Saaoud_ dopo avere installati i suoi Kadì, e lasciati 35000 franchi per
gl'impiegati del tempio, ed i poveri della città, si avviò colle sue
truppe sopra Medina. Ed in tal modo terminò senza spargimento di sangue
questa politica rivoluzione.
Il _Beled-el-Haram_, o terra santa dell'Islam, di cui la Mecca è la
capitale, giace tra il mar Rosso ed una linea irregolare che parte da
Araborg ventuna leghe circa lontano da Djedda; descrive una curva dal
nord-est al sud, passando per _Ièlemlem_, due giornate di viaggio al
nord-est della Mecca: di là per Karna distante circa ventuna leghe dalla
capitale, ed otto leghe quasi all'ovest di _Taif_, che rimane fuori
della terra santa. Di qui ripiegando quasi all'ovest-sud-ovest passa per
Dzataerk, e mette capo a _Mehherma_ sulla costa, al porto detto
_Almarsa-Ibrahim_ posta al sud-est di Djedda nella distanza verosimile
di trentadue miglia. Quindi la terra Santa ha presso a poco 57 leghe di
lunghezza dal nord-ovest al sud-est, e 28 di larghezza dal nord est al
sud ovest.
Questo spazio è compreso nella parte dell'Arabia conosciuto sotto il
nome di _El Hediaz_ o terra del pellegrinaggio, i di cui confini non
sono abbastanza conosciuti per poterli esattamente descrivere. Medina e
Taïf fanno bensì parte dell'Hedjaz, ma non del _Beled-el-Haram_. In
tutta la descritta provincia non trovasi verun fiume, e non avvi che
l'acqua di alcune povere sorgenti, e la salmastra di alcuni pozzi assai
profondi. La terra santa è dunque un vero deserto. Per conservare
l'acqua della pioggia si fecero delle cisterne alla Mecca ed a Djedda,
ma non altrove; onde non si vede quasi verun giardino in così vasta
superficie. I campi sono di sabbia o di cattiva terra affatto
abbandonata; e non seminandosi grani in terra santa, si mangiano i grani
e le farine che s'introducono dall'alto Egitto, dall'Ieman, da Taïf e
dall'India. Il _Beled-el-Haram_ è coperto di montagne tutte schistose e
di porfido, ma non sonovi grandi cordegliere. Le più alte montagne del
paese sono a Medina, ed a Taïf, città posta fuori della terra santa
sopra un terreno abbondante di acqua, e coperto di giardini, e di piante
fruttifere. Le sole città considerabili della terra Santa sono la Mecca
e Djedda, le altre non sono che piccole borgate o villaggi. Quando un
pellegrino, da qualunque parte egli venga, giugne al confine del
_Beled-el-Haram_, ossia terra Santa, incomincia a santificarsi col
_Iaharmo_, prende l'_Ihram_, o sacro abito di pellegrino.
Il sultano Sceriffo, benchè signore naturale del paese, non percepisce
contribuzioni che alla Mecca ed a Djedda, il restante del paese paga la
decima al Sultano _Saaoud_: e mi fu detto che gli abitanti di Medina non
pagano veruna imposta.
Le alte montagne dell'Hediaz formano una linea obliqua, o un angolo
colle coste d'Arabia sopra il mar Rosso. Dietro quanto ho potuto
osservare, queste partono da Taïf, che trovasi trenta leghe circa
lontana dalla costa, formano il confine del _Beled-el-Haram_, e passano
a Mohhar presso all'arcipelago delle isole Hamara; e l'isola di
Diebel-Hassen sembrami appendice di queste montagne.
CAPITOLO XXXVIII.
_Notizie intorno ai Wehhabiti. — Principj religiosi di questi
popoli. — Loro imprese militari più notabili. — Armi. —
Capitale. — Organizzazione. — Considerazioni._
Importantissima può un giorno diventare la Storia dei _Wehhabiti_ per
l'influenza che acquistasse questa nazione nell'equilibrio degli stati
vicini, qualunque volta si risolva di addolcire l'austerità de' suoi
principj religiosi; adottando un sistema più liberale. Ma se ostinansi a
non declinare dall'austerità del loro riformatore, non è probabile che
facciano gustare le severe dottrine ai popoli più inciviliti, e che
possano stendere il loro dominio al di là dei deserti dell'Arabia: ed in
tal caso la loro storia non potrebbe riuscire interessante al rimanente
del mondo. Darò qui adunque le notizie che ho potuto raccogliere intorno
a questi riformatori, e da loro medesimi e dagli abitanti de' paesi
occupati dalle loro armate; aggiugnendovi le osservazioni fatte sul
luogo dietro gli avvenimenti di cui fui testimonio e parte.
_Scheih Niohamed-ibn-Abdoulwehhàb_ nacque nelle vicinanze di Medina; ma
non mi fu dato di sapere nè l'epoca dell'anno, nè il nome preciso del
luogo in cui nacque: per altro può fissarsi la sua nascita all'anno 1720
all'incirca. Fece i suoi studj a Medina, ove dimorò più anni. Dotato di
non comuni talenti riconobbe ben tosto, che le troppo minute pratiche
introdotte nel culto dai dottori, e certi principj superstiziosi, che
più o meno scostavansi dalla semplicità del domma e della morale del
Profeta, non ne erano che un arbitrario sopraccarico, ed abbisognavano
di riforma, siccome cose attentatorie alla purità del Corano. Prese
perciò la risoluzione di richiamare ii culto alla primitiva semplicità,
purgandolo dalle particolari dottrine, e restringendolo nei limiti del
letterale testo rivelato.
Vide però, che Medina e la Mecca troppo interessate a sostenere gli
antichi riti, le usanze ed i pregiudizj che le facevano ricche,
sarebbonsi opposte alle sue riforme; onde pensò di passare ne' paesi più
orientali facendosi conoscere alle tribù degli Arabi Bedovini, che più
indifferenti nelle cose del culto, o non abbastanza istruiti per
sostenere o diffondere i loro riti particolari, ed altronde non avendo
interesse a sostenerne alcuno, lasciavangli maggior libertà di
disseminare e far abbracciare, senza incontrare alcun rischio il suo
sistema.
In fatti _Abdoulwehhab_ guadagnò al suo partito _Ibn-Vaaoud_, principe,
o gran Schek di arabi stabiliti a Draaiya, città lontana diciassette
giorni di viaggio al levante di Medina posta in mezzo ad un deserto. Da
questo punto incomincia l'epoca della riforma d'_Abdoulwehhàb_ l'anno
1747.
Abbiamo già osservato che questa riforma era ristretta al testo del
Corano, che rigettava tutte le addizioni degli spositori, degl'Imani, e
dei dottori della legge. In conseguenza il riformatore soppresse la
differenza dei quattro riti ortodossi; sul qual punto non portò per
altro l'estremo rigore, avendo io conosciuto alcuni _Wehhabiti_, che
seguivano l'uno e l'altro di essi.
Ogni buon musulmano crede che dopo la morte e la sepoltura del Profeta,
la di lui anima siasi ricongiunta al corpo, e salisse al paradiso
montato sopra la giumenta dell'Angelo _Gabriele_ detta _el Barak_, che
ha testa e petto di bella donna. Vero è, che non è questo un articolo di
fede, ma il musulmano che non lo credesse sarebbe risguardato qual
empio, e come tale trattato. _Abdoulwehhab_ dichiarò questo avvenimento
assolutamente falso, e che la spoglia mortale del profeta era restata
nel sepolcro come quella degli altri uomini.
Presso i Musulmani colui che si è acquistata opinione di virtù o di
santità, viene dopo morte deposto in separato sepolcro più o meno
ornato. Vi s'inalza una cappella ove gli abitanti vengono ad invocare la
sua protezione presso a Dio, di cui è riguardato come amico. Se la
riputazione del Santo si aggrandisce e cresce il numero dei divoti, se
ne dilata la cappella, e si converte ben tosto in un tempio, che ha
amministratori ed impiegati scelti per l'ordinario tra gli individui
della sua famiglia; e per tal modo i parenti del santo sì fanno ben
tosto più o meno ricchi in ragione della più o meno estesa riputazione
del santo. Ma per una strana bizzarria accade spesse volte che si
accordino gli onori della santità ad un pazzo o imbecille, riguardato
qual favorito di Dio, perchè Dio gli negò il buon senso. Ne è cosa
straordinaria il vedere onorato il sepolcro di un sultano o di un
fellone che il popolo, senza saperne il perchè, dichiarò Santo.
Di già i musulmani istruiti sprezzavano in segreto tali superstizioni,
comecchè per altro se ne mostrassero in pubblico rispettosi; ma
_Abdulwehhàb_ dichiarò apertamente che questa specie di culto reso ai
santi è un gravissimo peccato agli occhi della divinità, i cui onori
vengono divisi cogli uomini. In conseguenza di ciò i suoi segnaci
distrussero i sepolcri, le cappelle, ed i templi innalzati in onor loro.
Posto questo principio _Abdoulwehhàb_ proibì come grave peccato ogni
atto di venerazione o di divozione verso la persona del Profeta: non già
ch'egli non ne riconosca la missione, ma perchè sostiene che egli fu un
uomo eguale agli altri, da cui si è servito Iddio per comunicare la
divina parola ai mortali; e che terminata la sua missione, era rientrato
nella ordinaria classe degli altri uomini. Per tale ragione il
riformatore vietò ai suoi seguaci di visitare il sepolcro del Profeta a
Medina; e parlando di lui, invece d'impiegare la formola adottata dagli
altri musulmani: _Nostro Signore Maometto_, o _nostro Signore il Profeta
di Dio_, dicono semplicemente _Maometto_.
I Cristiani hanno generalmente adottate idee false intorno ai
_Wehhabiti_. Suppongono che costoro non siano musulmani, denominazione
sotto la quale indicano esclusivamente i Turchi[10], spesso confondendo
i nomi di _musulmano_, e d'_osmanli_. Scrivendo io per tutti, devo far
osservare, che _osmanli_, ossia successore d'_Osman_, è l'epiteto
adottato dal Turchi in memoria del sultano di tal nome, che fu il
principio della loro grandezza, che questo nome nulla ha di comune con
quello di musulmano, che vuol dire _uomo Islam_, _uomo dedicato a Dio_:
di modo che i Turchi potrebbero farsi Cristiani senza cessare d'essere
_Osmanli_.
[10] _L'autore della _Storia dei Wehhabiti_ pubblicata in Parigi
del 1810 è caduto in quest'errore, ed in varj altri che possono
facilmente rilevarsi riscontrando la sua opera colla presente
descrizione d'_Ali-Bey_. Tale è la differenza che deve esistere
tra gli scrittori di cose lontane o vicine._
I _Wehhabiti_ diconsi i _musulmani_ per eccellenza; perciò quando
parlano _d'Islam_, non comprendono sotto questo vocabolo che le persone
della loro setta, che riguardano come la sola ortodossa. I Turchi e gli
altri musulmani sono ai loro occhi scismatici _Mauschrikiun_, cioè, _che
danno compagni a Dio_; ma non però li trattano da idolatri ed infedeli
_Coffar_. In una parola l'_Islam_ è la religione del Corano, cioè il
riconoscimento di un Dio solo ed unico. Tale è la religione dei
_Wehhabiti_, che in conseguenza sono veri musulmani, quali secondo il
Corano lo furono _Gesù Cristo_, _Abramo_, _Noè_, _Adamo_, e tutti gli
antichi profeti fino a _Maometto_, che essi risguardano come l'ultimo
inviato di Dio, e non già come un semplice dottore, siccome credono i
Cristiani, parlando della credenza de' _Wehhabiti_[11], perchè in
effetto se _Maometto_ non è stato un inviato di Dio, il Corano non
potrebb'essere la divina parola, ed allora i _Wehhabiti_ sarebbero in
contraddizioni con se medesimi.
[11] _In questo errore cadde pure il citato autore della _storia
de' Wehhabiti_, ed altri, che per amore di brevità ommetterò di
ricordare._
I _Wehhabiti_ non cambiano la professione di fede: _non avvi altro Dio
che Dio, Maometto è il profeta di Dio_. I banditori pubblici dei
_Wehhabiti_ proclamano questa professione di fede nella sua integrità
dall'alto delle torri della Mecca, che non atterrarono, come nel tempio
già venuto in poter loro. E come non lo farebbero essi, dacchè il Corano
proclama cento volte questa professione di fede per indispensabile alla
salvezza dei Musulmani? I _Wehhabiti_ hanno pure adottata la seguente
professione. _Non avvi altro Dio, che Dio solo; non sonovi compagni
presso di lui; a lui appartengono la dominazione, la lode, la vita, e la
morte; egli è potente sopra tutte le cose._ Ma questa professione di
fede particolare, che fu pure raccomandata dal Profeta, non toglie che
la prima non sia proclamata giornalmente in tutte le preghiere
canoniche.
_Abdoulwehhab_ non si annunciò mai come Profeta, e non ebbe fra i suoi
altro titolo che di _dotto scheih riformatore_, che ha voluto purgare il
culto da tutte le aggiunte che gl'Imani, gl'interpreti, e i dottori vi
avevano fatte, e ricondurlo alla primitiva semplicità del Corano. Ma
perchè l'uomo è sempre uomo, vale a dire imperfetto ed inconseguente,
_Abdoulwehhab_ è anch'egli caduto in certe piccolezze affatto estranee
al domma ed alla morale. Ne darò un breve saggio. I musulmani si radono
il capo, e come vuole un'antica costumanza, si lasciano crescere una
ciocca di cappelli: molti però non la portano; ma il maggior numero la
conserva, senza darle a dir vero troppa importanza, e più per abitudine
che per altro titolo. Tra questi avvi taluno d'opinione che nel giorno
del giudizio universale il Profeta li prenderà per questa ciocca per
portarli in paradiso. Questa usanza, pare, che non dovesse essere il
soggetto d'una legge; pure _Abdoulwehhab_ ne giudicò diversamente, e la
ciocca fu proscritta.
I Musulmani hanno costume di tenersi una corona in mano, di cui, o per
abitudine o per divagamento, ne passano i grani tra le dita, o si
trovino in conversazione coi loro amici, o facciano soli qualche
invocazione all'Essere supremo, o qualche brevissima preghiera ad ogni
grano. Il riformatore _Wehhabita_ ne proscrisse l'uso quasi segno
superstizioso. Egli annoverò tra i gravi peccati l'uso del tabacco,
della seta e dei metalli preziosi nelle vesti e nelle supellettili; ma
poi non riguardò come peccaminosa l'azione di spogliare un uomo di
un'altra religione o di un rito diverso. I _Wehhabiti_ proibirono ai
pellegrini le stazioni del _Diebel-Nor_ o montagna della luce, e le
altre stazioni della Mecca quali cose superstiziose; ad intanto essi
fanno quella dell'Aàmara; vanno a Mina a gettare le pietruzze contro la
casa del Diavolo: tale è l'uomo!
La riforma _d'Abdoulwehhab_ tosto che fu ammessa da _Ibn Saaoud_ fu pure
abbracciata da tutte le tribù a lui sottoposte. Fu questi un pretesto
per attaccare le vicine tribù, cui si offriva l'alternativa di adottare
la riforma o di perire sotto il ferro del riformatore. Alla morte d'_Ibn
Saaoud_ il suo successore _Abdelaaziz_ continuò a praticare questi
energici infallibili mezzi: la più leggiera resistenza gli dava
legittimo motivo di attaccare le ripugnanti tribù con una decisa
superiorità; e da quell'istante le sostanze de' vinti diventavano
proprietà de' _Wehhabiti_. Se il nemico non faceva resistenza, se la
tribù abbracciava la riforma, si assoggettava all'imperio
d'_Abdelaaziz_, principe dei fedeli, ed il suo partito acquistava nuove
forze.
Già padrone della parte interiore dell'Arabia _Abdelaaziz_ trovossi ben
tosto in situazione di portare le sue viste sui paesi adjacenti.
Incominciò dal fare un tentativo sopra Bagdad. Postosi nel 1801 alla
testa d'un corpo di dromedarj, si gettò sopra _Iman Hossèin_, città non
molto lontana da Bagdad, ov'era il sepolcro dell'Imano di tal nome,
nipote del Profeta, in un magnifico tempio famoso per le ricchezze in
esso profuse dalla Turchia e dalla Persia. Gli abitanti opposero quanta
resistenza bastava per irritare l'assalitore, non quanta ne abbisognava
per respingerlo; e furono tutti passati a fil di spada, uomini, vecchi,
giovani e fanciulli d'ogni età. Mentre eseguivasi questa terribile
strage, _ammazzate_, gridava dall'alto d'una torre un Dottore
_Wehhabita, scannate tutti gl'infedeli che danno compagni a Dio_.
_Abdelaaziz_ s'impadronì dei tesori del tempio che fece distruggere,
saccheggiò e bruciò la città, che fu convertita in un deserto.
Di ritorno da tale sanguinosa impresa _Abdelaaziz_ volse gli occhi alla
Mecca persuaso, che impadronendosi di quella città santa, centro
dell'islamismo, acquisterebbe un nuovo titolo alla sovranità de' paesi
musulmani che la circondano: ma temendo la vendetta del Pascià di Bagdad
per la distruzione d'Iman Hossein, non osò allontanarsi dal suo
territorio, e mandò suo figlio _Saaoud_ con una numerosa armata contro
la Mecca; il quale se ne rese padrone dopo breve resistenza del 1802. Il
sultano Scheriffo _Ghaleb_ ritirossi prima a Medina, che fece
fortificare, poscia a Djedda, che pure rese capace di difendersi contro
i _Wehhabiti_.
Saaoud attaccò tutte le moschee e cappelle consacrate alla memoria del
Profeta e delle persone della sua famiglia, fece distruggere i sepolcri
dei santi o degli eroi in venerazione, il palazzo dello Sceriffo, ed
altri edificj, conservando solamente il tempio in tutta la sua
integrità. Dalla Mecca si portò sopra Djedda, avendo in pari tempo
staccato un corpo d'armata per sorprendere Medina. Queste due imprese
contro città fortificate andarono a voto: e _Saaoud_ fu costretto di
ritirarsi a Draaïya cogli avanzi della sua armata, ridotta a piccolo
numero non meno dalle battaglie, che dalla peste e dalla diserzione.
Aveva lasciata una debole guarnigione alla Mecca per mantener viva in
paese l'idea della sovranità di suo padre sulla santa città; ma non potè
sostenervisi al ritorno del sultano Sceriffo _Gheleb_.
In novembre del 1803 _Abdelaaziz_ fu assassinato da un uomo ch'erasi
messo al suo servizio per meglio assicurare il colpo, e che ebbe
abbastanza ardire e sangue freddo per meditare sì lungo tempo il suo
piano.
_Saaoud_ salì sul trono paterno, e pose particolar cura ad estendere e
consolidare il suo dominio sulle coste del golfo Persico. Poco dopo
trovò modo di rendere suo dipendente l'Iman di Muscate, e d'impadronirsi
di Medina l'anno 1804. Del 1805 la carovana di Damasco non ottenne il
passaggio che con enormi sacrificj; e _Saaoud_ fece dire al Pascià _Emir
el Stagi_, o principe de' pellegrini, che non voleva che questa carovana
venisse colla scorta de' Turchi, nè che si portasse il ricco tappeto che
il Gran Signore mandava ogni anno per coprire il sepolcro del Profeta;
cosa risguardata da' _Wehhabiti_ come un grave peccato. Voleva
finalmente che la carovana fosse unicamente composta di veri pellegrini
senza soldati, senz'armi, senza stendardi, senza musica e senza donne.
Malgrado questa dichiarazione l'anno passato la carovana di Damasco
volle fare il consueto pellegrinaggio, senza strettamente uniformarsi
agli ordini del vincitore; ma giunta alle porte di Medina fu costretta
di ritirarsi in disordine inseguita dai _Wehhabiti_ che occupavano la
città ed i contorni. A questi si aggiungano gli avvenimenti ch'ebbero
luogo quand'io era alla Mecca, in conseguenza dei quali _Saaoud_ diventò
assoluto padrone di tutta l'Arabia, ad eccezione di Moca e di poche
altre città nell'Ieman, ossia Arabia felice; occupando tutto il deserto
che trovasi tra Damasco, Bagdad e Bassora.
In questa vasta estensione di paese sonovi poche città; ma vi si contano
non pertanto alcuni milioni d'abitanti che vivono nelle tende o
baracche, sotto il dominio del Sultano _Saaoud_, cui essi ubbidiscono
ciecamente, e pagano la decima delle loro gregge, e delle loro frutta.
Questa decima è il tributo imposto dal Corano, e _Saaoud_ non chiede
verun'altra contribuzione; ma tutti i suoi sudditi sono forzati di
seguirlo in campagna quand'egli li chiama, mantenendosi a proprie spese,
come vien pure ordinato dalla religione: di modo che il Sovrano de'
_Wehhabiti_ ha sempre numerose armate che non gli costano veruna somma.
Nelle sue spedizioni ogni cammello porta d'ordinario due uomini,
coll'acqua ed i viveri necessarj per lui, e per gli uomini. Allorchè
vuol gente scrive al capo delle tribù indicando il numero, il luogo, ed
il giorno della riunione. Gli uomini si presentano nel giorno indicato
coi viveri, armi e munizioni necessarie: tale è la forza delle idee
religiose!
I _Wehhabiti_ hanno le medesime armi dei Mecchesi. Traggono dall'Europa
le canne da fucile ch'essi montano assai grossolanamente: fabbricano
polvere e palle, ma con sì poc'arte, che la polvere è quasi tutta in
grani grossi quanto un pisello, e le palle non sono altro che una pietra
coperta da una sottile lamina di piombo. Acquistano questo metallo e lo
zolfo alla Mecca, ed in altre città marittime della penisola d'Arabia;
ed hanno in paese il salnitro.
L'abito de' _Wehhabiti_ è affatto simile a quello degli altri arabi;
soltanto ho notato che i figli di _Saaoud_ portano lunghi capelli come
segno distintivo della loro famiglia. Mi fu detto che questo sultano
vive con molto lusso, ma io lo vidi affatto nudo come gli altri.
_Draaïya_ capitale de' _Wehhabiti_ è una grande città, trenta leghe
all'E. da Medina, cento a S. S. O. da Bassora, e cento sessanta a S. E.
da Gerusalemme. Le isole _Bahareïnn_, ove pescansi le perle nel golfo
persico lontane cinquanta leghe da Draaïya sono soggette a _Saaoud_. Il
fiume _Aftan_ che passa lontano quattordici leghe dalla capitale sbocca
in faccia a queste isole. Stando a quanto mi fu detto dai _Wehhabiti_
questa città trovasi alle falde di altissime montagne, ed il suo
territorio abbonda di grani d'ogni specie. Le case di Draaïya sono fatte
di pietra.
I _Wehhabiti_ non hanno ordini militari: e tutta la loro tattica
consiste nel riunirsi sotto la direzione di un capo, e nel seguirne
tutti i suoi movimenti senza conservare alcun rango: ma la loro
disciplina è veramente spartana, e l'ubbidienza estrema; bastando il più
piccolo segno del capo per ridurli al più rispettoso silenzio, o per
sottoporli alle più dure fatiche.
Nè migliori sono i loro ordini civili. Ogni capo di Tribù risponde del
pagamento delle decime, e della presentazione degli uomini per la
guerra. _Saaoud_ manda i _Kadì_ alle città del suo dominio; ma non ha nè
_Kaïd_, ossia governatori, nè Pascià, nè Visiri, nè altri impiegati. Il
riformatore _Abdoulwehhab_ non assunse mai verun titolo d'onore o
carattere pubblico, fu sempre il capo della sua setta, e non pretese mai
distinzioni personali. Dopo la sua morte, suo figlio che gli succedette,
conservò lo stesso spirito di semplicità.
La persona più influente presso _Saaoud_ è _Abounocta_, grande _scheik_
di Ieman, che tiene molte truppe sotto gl'immediati suoi ordini. Mi
accadde talora di chiedere ad alcuni _Wehhabiti_: _appartenete voi a
Saaoud_: — _Niente affatto; siamo d'Abounocta_, mi rispondevano con
cert'aria di fierezza che mostrava il loro orgoglio di appartenergli; lo
che mi fa credere che dopo la morte di _Saaoud_ potrebbe dividersi la
setta de' _Wehhabiti_ in due parti, e così farsi incapace di ulteriori
progressi. Vedo pure un altro ostacolo d'ingrandimento nell'estremo
rigore delle sue dottrine onde questa grande popolazione che poco
produce e poco consuma, rimarrà in fondo ai suoi deserti, nella consueta
nullità, non per altro celebre che pei suoi ladroneggi.
Ma forse il tempo gli farà conoscere che l'Arabia priva delle relazioni
commerciali delle carovane e dei pellegrinaggi non può sussistere.
Allora la necessità farà cadere l'intolleranza, ed il commercio cogli
stranieri farà insensibilmente sentire ai _Wehhabiti_ il vizio
d'un'austerità quasi contro natura: a poco a poco lo zelo si
raffredderà; le pratiche superstiziose che sempre sono l'appoggio, la
consolazione e la speranza del debole, dell'ignorante, dell'infelice,
riprenderanno il loro impero; e per tal modo la riforma dei _Wehhabiti_
scomparirà prima d'aver potuto consolidare la sua influenza, e dopo
avere versato il sangue di più migliaja di vittime del fanatismo
religioso. Tale è la trista vicissitudine delle cose umane!
Altronde io credo che i _Wehhabiti_ nel fondo de' proprj deserti saranno
sempre invincibili, non già per la loro forza militare, ma per la natura
del paese non abitabile da veruna altra nazione; e per la facilità
ch'essi hanno di nascondersi ai loro nemici. Si potrà momentaneamente
conquistare la Mecca, Medina e le altre città marittime[12]; ma semplici
guarnigioni isolate in mezzo a spaventosi deserti potranno sostenersi
lungamente? Quando si presenterà loro un potente nemico, i _Wehhabiti_
si nasconderanno per piombargli addosso e sterminarlo, nell'istante che
sarà forzato di dividersi per cercar viveri. Ecco i motivi che
m'inducono a credere che non saranno facilmente sottomessi colla forza
delle armi; e queste appunto sono le cagioni per le quali sempre si è
salvata l'Arabia da ogni straniera dominazione.
[12] _Come il Pascià d'Egitto, _Mehemed Aly_, ha fatto nell'ora
decorso anno 1813._
CAPITOLO XXXIX.
_Ritorno d'Ali Bey a Djedda. — Sua posizione geografica. —
Notizie. — Tragitto all'Iemboa._
Il 2 di marzo del 1807 dopo aver fatti i sette giri alla casa di Dio, e
recitate le particolari preghiere di congedo innanzi ai quattro angoli
del _Kaaba_, al pozzo _Zemzem_, alle pietre d'_Ismaele_, ed al
_Makam-Ibrahim_, sortii dal tempio per la porta _Beb-l'oudaa_: lo che è
di felice augurio, perchè il Profeta sortiva di là quando aveva
terminato il suo pellegrinaggio: indi abbandonai la Mecca alle cinque e
mezzo della sera per tornare a Djedda.
Appena fuori di città gli arabi che mi accompagnavano contendevano tra
di loro con tanto calore che non potei mettermi in cammino avanti le
sette ore della sera. L'atmosfera era coperta in modo che a fronte della
luna eravamo in una perfetta oscurità. Alle quattro e mezzo del mattino
si fece alto ad un _dovar_ detto _el-Hàdda_. Molti pellegrini che
tornavano alle loro case coprivano la strada coi loro cammelli ed
equipaggi.
Alle tre ore dopo mezzogiorno, quantunque ammalato, partii colla
carovana tenendoci nella direzione d'O., e poco dopo il levar del sole
si entrò in Djedda. Dalle più accurate osservazioni fatte al presente, e
combinate con quelle della mia precedente dimora, trovai la longitudine
Est di Djedda = 45° 54′ 30″, e la latitudine nord 31° 52′ 42″.
In questo paese circondato da deserti di sabbia, i giorni piovosi sono
rari assai, fuorchè nell'equinozio di autunno, epoca in cui le pioggie
sono abbastanza forti per riempire le cisterne. I venti che dominano sul
Mar Rosso soffiano quasi sempre dal settentrione, fuorchè nei mesi
d'agosto, di settembre, e di ottobre che passano al quarto del mezzodì.
I soldati turchi di Djedda congedati come quelli della Mecca, lasciavano
la terra santa, e non rimanevano a Djedda che i cannonieri. Vidi
imbarcarsi con bandiere spiegate, e tamburi battenti dugento soldati che
lo scheriffo mandava sulla costa d'Affrica per riscuotere le
contribuzioni; possedendo egli sulla costa d'Affrica l'isola di
_Saouàken_, che i geografi chiamano _Suakem_, come pure _Messoua_ sulla
costa dell'Abissinia, ed alcune altre isole a nome del Sultano di
Turchia.
Per ordine di _Saaoud_, erasi soppresso a Djedda come alla Mecca, nella
preghiera del venerdì che si fa alla moschea, il nome del Sultano di
Costantinopoli. Il _Kadi Wehhabita_ era venuto a Djedda per
amministrarvi la giustizia in nome di _Saaoud_ in tempo che il
governatore Negro, schiavo dello Sceriffo, continuava a governare la
città in nome del suo padrone. Questa mescolanza di autorità non lascerà
di produrre il cattivo effetto che forse ne spera il Sultano _Saaoud_.
difesa. Da questo conflitto di poteri trovavasi compromessa la
proprietà, la libertà individuale, e l'amministrazione della giustizia,
e gli abitanti più omai non sapevano a chi ubbidire.
Tale era la situazione di questo paese quando il 26 febbrajo del 1807
per ordine del Sultano _Saaoud_ si pubblicò in tutte le piazze, e luoghi
pubblici, che all'indomani dopo mezzogiorno tutti i pellegrini, e
soldati turchi o mogrebini dello Sceriffo sortirebbero dalla Mecca, e
fuori dell'Arabia, come pure il Pascià turco di Djedda, ed i nuovi ed
antichi Kadi della Mecca, di Medina, e degli altri luoghi; talchè non
doveva rimanere verun Turco in paese. Lo Sceriffo fu disarmato, ridotta
a nulla la sua autorità, ed il potere giudiziario passò in mano de'
_Wehhabiti_.
La notte del 26 al 27 febbrajo tutti i soldati turchi si ritirarono a
Djedda. Una piccola carovana di Tripoli, che trovavasi alla Mecca, levò
il suo campo a mezzogiorno, e partì con sì poca precauzione, che
temevasi per la sua sicurezza.
Erano rimasti il Pascià, i Kadi, i pellegrini turchi: e non sapevasi
ancora a quale partito sarebbersi appigliati. Tutto era disordine,
confusione, mala fede. Nella seguente notte due cento cinquanta soldati
negri al servizio dello Sceriffo si arrolarono fra le truppe di
_Saaoud_. Tutti gli altri partirono il 28 febbrajo; ed il Sultano
_Saaoud_ dopo avere installati i suoi Kadì, e lasciati 35000 franchi per
gl'impiegati del tempio, ed i poveri della città, si avviò colle sue
truppe sopra Medina. Ed in tal modo terminò senza spargimento di sangue
questa politica rivoluzione.
Il _Beled-el-Haram_, o terra santa dell'Islam, di cui la Mecca è la
capitale, giace tra il mar Rosso ed una linea irregolare che parte da
Araborg ventuna leghe circa lontano da Djedda; descrive una curva dal
nord-est al sud, passando per _Ièlemlem_, due giornate di viaggio al
nord-est della Mecca: di là per Karna distante circa ventuna leghe dalla
capitale, ed otto leghe quasi all'ovest di _Taif_, che rimane fuori
della terra santa. Di qui ripiegando quasi all'ovest-sud-ovest passa per
Dzataerk, e mette capo a _Mehherma_ sulla costa, al porto detto
_Almarsa-Ibrahim_ posta al sud-est di Djedda nella distanza verosimile
di trentadue miglia. Quindi la terra Santa ha presso a poco 57 leghe di
lunghezza dal nord-ovest al sud-est, e 28 di larghezza dal nord est al
sud ovest.
Questo spazio è compreso nella parte dell'Arabia conosciuto sotto il
nome di _El Hediaz_ o terra del pellegrinaggio, i di cui confini non
sono abbastanza conosciuti per poterli esattamente descrivere. Medina e
Taïf fanno bensì parte dell'Hedjaz, ma non del _Beled-el-Haram_. In
tutta la descritta provincia non trovasi verun fiume, e non avvi che
l'acqua di alcune povere sorgenti, e la salmastra di alcuni pozzi assai
profondi. La terra santa è dunque un vero deserto. Per conservare
l'acqua della pioggia si fecero delle cisterne alla Mecca ed a Djedda,
ma non altrove; onde non si vede quasi verun giardino in così vasta
superficie. I campi sono di sabbia o di cattiva terra affatto
abbandonata; e non seminandosi grani in terra santa, si mangiano i grani
e le farine che s'introducono dall'alto Egitto, dall'Ieman, da Taïf e
dall'India. Il _Beled-el-Haram_ è coperto di montagne tutte schistose e
di porfido, ma non sonovi grandi cordegliere. Le più alte montagne del
paese sono a Medina, ed a Taïf, città posta fuori della terra santa
sopra un terreno abbondante di acqua, e coperto di giardini, e di piante
fruttifere. Le sole città considerabili della terra Santa sono la Mecca
e Djedda, le altre non sono che piccole borgate o villaggi. Quando un
pellegrino, da qualunque parte egli venga, giugne al confine del
_Beled-el-Haram_, ossia terra Santa, incomincia a santificarsi col
_Iaharmo_, prende l'_Ihram_, o sacro abito di pellegrino.
Il sultano Sceriffo, benchè signore naturale del paese, non percepisce
contribuzioni che alla Mecca ed a Djedda, il restante del paese paga la
decima al Sultano _Saaoud_: e mi fu detto che gli abitanti di Medina non
pagano veruna imposta.
Le alte montagne dell'Hediaz formano una linea obliqua, o un angolo
colle coste d'Arabia sopra il mar Rosso. Dietro quanto ho potuto
osservare, queste partono da Taïf, che trovasi trenta leghe circa
lontana dalla costa, formano il confine del _Beled-el-Haram_, e passano
a Mohhar presso all'arcipelago delle isole Hamara; e l'isola di
Diebel-Hassen sembrami appendice di queste montagne.
CAPITOLO XXXVIII.
_Notizie intorno ai Wehhabiti. — Principj religiosi di questi
popoli. — Loro imprese militari più notabili. — Armi. —
Capitale. — Organizzazione. — Considerazioni._
Importantissima può un giorno diventare la Storia dei _Wehhabiti_ per
l'influenza che acquistasse questa nazione nell'equilibrio degli stati
vicini, qualunque volta si risolva di addolcire l'austerità de' suoi
principj religiosi; adottando un sistema più liberale. Ma se ostinansi a
non declinare dall'austerità del loro riformatore, non è probabile che
facciano gustare le severe dottrine ai popoli più inciviliti, e che
possano stendere il loro dominio al di là dei deserti dell'Arabia: ed in
tal caso la loro storia non potrebbe riuscire interessante al rimanente
del mondo. Darò qui adunque le notizie che ho potuto raccogliere intorno
a questi riformatori, e da loro medesimi e dagli abitanti de' paesi
occupati dalle loro armate; aggiugnendovi le osservazioni fatte sul
luogo dietro gli avvenimenti di cui fui testimonio e parte.
_Scheih Niohamed-ibn-Abdoulwehhàb_ nacque nelle vicinanze di Medina; ma
non mi fu dato di sapere nè l'epoca dell'anno, nè il nome preciso del
luogo in cui nacque: per altro può fissarsi la sua nascita all'anno 1720
all'incirca. Fece i suoi studj a Medina, ove dimorò più anni. Dotato di
non comuni talenti riconobbe ben tosto, che le troppo minute pratiche
introdotte nel culto dai dottori, e certi principj superstiziosi, che
più o meno scostavansi dalla semplicità del domma e della morale del
Profeta, non ne erano che un arbitrario sopraccarico, ed abbisognavano
di riforma, siccome cose attentatorie alla purità del Corano. Prese
perciò la risoluzione di richiamare ii culto alla primitiva semplicità,
purgandolo dalle particolari dottrine, e restringendolo nei limiti del
letterale testo rivelato.
Vide però, che Medina e la Mecca troppo interessate a sostenere gli
antichi riti, le usanze ed i pregiudizj che le facevano ricche,
sarebbonsi opposte alle sue riforme; onde pensò di passare ne' paesi più
orientali facendosi conoscere alle tribù degli Arabi Bedovini, che più
indifferenti nelle cose del culto, o non abbastanza istruiti per
sostenere o diffondere i loro riti particolari, ed altronde non avendo
interesse a sostenerne alcuno, lasciavangli maggior libertà di
disseminare e far abbracciare, senza incontrare alcun rischio il suo
sistema.
In fatti _Abdoulwehhab_ guadagnò al suo partito _Ibn-Vaaoud_, principe,
o gran Schek di arabi stabiliti a Draaiya, città lontana diciassette
giorni di viaggio al levante di Medina posta in mezzo ad un deserto. Da
questo punto incomincia l'epoca della riforma d'_Abdoulwehhàb_ l'anno
1747.
Abbiamo già osservato che questa riforma era ristretta al testo del
Corano, che rigettava tutte le addizioni degli spositori, degl'Imani, e
dei dottori della legge. In conseguenza il riformatore soppresse la
differenza dei quattro riti ortodossi; sul qual punto non portò per
altro l'estremo rigore, avendo io conosciuto alcuni _Wehhabiti_, che
seguivano l'uno e l'altro di essi.
Ogni buon musulmano crede che dopo la morte e la sepoltura del Profeta,
la di lui anima siasi ricongiunta al corpo, e salisse al paradiso
montato sopra la giumenta dell'Angelo _Gabriele_ detta _el Barak_, che
ha testa e petto di bella donna. Vero è, che non è questo un articolo di
fede, ma il musulmano che non lo credesse sarebbe risguardato qual
empio, e come tale trattato. _Abdoulwehhab_ dichiarò questo avvenimento
assolutamente falso, e che la spoglia mortale del profeta era restata
nel sepolcro come quella degli altri uomini.
Presso i Musulmani colui che si è acquistata opinione di virtù o di
santità, viene dopo morte deposto in separato sepolcro più o meno
ornato. Vi s'inalza una cappella ove gli abitanti vengono ad invocare la
sua protezione presso a Dio, di cui è riguardato come amico. Se la
riputazione del Santo si aggrandisce e cresce il numero dei divoti, se
ne dilata la cappella, e si converte ben tosto in un tempio, che ha
amministratori ed impiegati scelti per l'ordinario tra gli individui
della sua famiglia; e per tal modo i parenti del santo sì fanno ben
tosto più o meno ricchi in ragione della più o meno estesa riputazione
del santo. Ma per una strana bizzarria accade spesse volte che si
accordino gli onori della santità ad un pazzo o imbecille, riguardato
qual favorito di Dio, perchè Dio gli negò il buon senso. Ne è cosa
straordinaria il vedere onorato il sepolcro di un sultano o di un
fellone che il popolo, senza saperne il perchè, dichiarò Santo.
Di già i musulmani istruiti sprezzavano in segreto tali superstizioni,
comecchè per altro se ne mostrassero in pubblico rispettosi; ma
_Abdulwehhàb_ dichiarò apertamente che questa specie di culto reso ai
santi è un gravissimo peccato agli occhi della divinità, i cui onori
vengono divisi cogli uomini. In conseguenza di ciò i suoi segnaci
distrussero i sepolcri, le cappelle, ed i templi innalzati in onor loro.
Posto questo principio _Abdoulwehhàb_ proibì come grave peccato ogni
atto di venerazione o di divozione verso la persona del Profeta: non già
ch'egli non ne riconosca la missione, ma perchè sostiene che egli fu un
uomo eguale agli altri, da cui si è servito Iddio per comunicare la
divina parola ai mortali; e che terminata la sua missione, era rientrato
nella ordinaria classe degli altri uomini. Per tale ragione il
riformatore vietò ai suoi seguaci di visitare il sepolcro del Profeta a
Medina; e parlando di lui, invece d'impiegare la formola adottata dagli
altri musulmani: _Nostro Signore Maometto_, o _nostro Signore il Profeta
di Dio_, dicono semplicemente _Maometto_.
I Cristiani hanno generalmente adottate idee false intorno ai
_Wehhabiti_. Suppongono che costoro non siano musulmani, denominazione
sotto la quale indicano esclusivamente i Turchi[10], spesso confondendo
i nomi di _musulmano_, e d'_osmanli_. Scrivendo io per tutti, devo far
osservare, che _osmanli_, ossia successore d'_Osman_, è l'epiteto
adottato dal Turchi in memoria del sultano di tal nome, che fu il
principio della loro grandezza, che questo nome nulla ha di comune con
quello di musulmano, che vuol dire _uomo Islam_, _uomo dedicato a Dio_:
di modo che i Turchi potrebbero farsi Cristiani senza cessare d'essere
_Osmanli_.
[10] _L'autore della _Storia dei Wehhabiti_ pubblicata in Parigi
del 1810 è caduto in quest'errore, ed in varj altri che possono
facilmente rilevarsi riscontrando la sua opera colla presente
descrizione d'_Ali-Bey_. Tale è la differenza che deve esistere
tra gli scrittori di cose lontane o vicine._
I _Wehhabiti_ diconsi i _musulmani_ per eccellenza; perciò quando
parlano _d'Islam_, non comprendono sotto questo vocabolo che le persone
della loro setta, che riguardano come la sola ortodossa. I Turchi e gli
altri musulmani sono ai loro occhi scismatici _Mauschrikiun_, cioè, _che
danno compagni a Dio_; ma non però li trattano da idolatri ed infedeli
_Coffar_. In una parola l'_Islam_ è la religione del Corano, cioè il
riconoscimento di un Dio solo ed unico. Tale è la religione dei
_Wehhabiti_, che in conseguenza sono veri musulmani, quali secondo il
Corano lo furono _Gesù Cristo_, _Abramo_, _Noè_, _Adamo_, e tutti gli
antichi profeti fino a _Maometto_, che essi risguardano come l'ultimo
inviato di Dio, e non già come un semplice dottore, siccome credono i
Cristiani, parlando della credenza de' _Wehhabiti_[11], perchè in
effetto se _Maometto_ non è stato un inviato di Dio, il Corano non
potrebb'essere la divina parola, ed allora i _Wehhabiti_ sarebbero in
contraddizioni con se medesimi.
[11] _In questo errore cadde pure il citato autore della _storia
de' Wehhabiti_, ed altri, che per amore di brevità ommetterò di
ricordare._
I _Wehhabiti_ non cambiano la professione di fede: _non avvi altro Dio
che Dio, Maometto è il profeta di Dio_. I banditori pubblici dei
_Wehhabiti_ proclamano questa professione di fede nella sua integrità
dall'alto delle torri della Mecca, che non atterrarono, come nel tempio
già venuto in poter loro. E come non lo farebbero essi, dacchè il Corano
proclama cento volte questa professione di fede per indispensabile alla
salvezza dei Musulmani? I _Wehhabiti_ hanno pure adottata la seguente
professione. _Non avvi altro Dio, che Dio solo; non sonovi compagni
presso di lui; a lui appartengono la dominazione, la lode, la vita, e la
morte; egli è potente sopra tutte le cose._ Ma questa professione di
fede particolare, che fu pure raccomandata dal Profeta, non toglie che
la prima non sia proclamata giornalmente in tutte le preghiere
canoniche.
_Abdoulwehhab_ non si annunciò mai come Profeta, e non ebbe fra i suoi
altro titolo che di _dotto scheih riformatore_, che ha voluto purgare il
culto da tutte le aggiunte che gl'Imani, gl'interpreti, e i dottori vi
avevano fatte, e ricondurlo alla primitiva semplicità del Corano. Ma
perchè l'uomo è sempre uomo, vale a dire imperfetto ed inconseguente,
_Abdoulwehhab_ è anch'egli caduto in certe piccolezze affatto estranee
al domma ed alla morale. Ne darò un breve saggio. I musulmani si radono
il capo, e come vuole un'antica costumanza, si lasciano crescere una
ciocca di cappelli: molti però non la portano; ma il maggior numero la
conserva, senza darle a dir vero troppa importanza, e più per abitudine
che per altro titolo. Tra questi avvi taluno d'opinione che nel giorno
del giudizio universale il Profeta li prenderà per questa ciocca per
portarli in paradiso. Questa usanza, pare, che non dovesse essere il
soggetto d'una legge; pure _Abdoulwehhab_ ne giudicò diversamente, e la
ciocca fu proscritta.
I Musulmani hanno costume di tenersi una corona in mano, di cui, o per
abitudine o per divagamento, ne passano i grani tra le dita, o si
trovino in conversazione coi loro amici, o facciano soli qualche
invocazione all'Essere supremo, o qualche brevissima preghiera ad ogni
grano. Il riformatore _Wehhabita_ ne proscrisse l'uso quasi segno
superstizioso. Egli annoverò tra i gravi peccati l'uso del tabacco,
della seta e dei metalli preziosi nelle vesti e nelle supellettili; ma
poi non riguardò come peccaminosa l'azione di spogliare un uomo di
un'altra religione o di un rito diverso. I _Wehhabiti_ proibirono ai
pellegrini le stazioni del _Diebel-Nor_ o montagna della luce, e le
altre stazioni della Mecca quali cose superstiziose; ad intanto essi
fanno quella dell'Aàmara; vanno a Mina a gettare le pietruzze contro la
casa del Diavolo: tale è l'uomo!
La riforma _d'Abdoulwehhab_ tosto che fu ammessa da _Ibn Saaoud_ fu pure
abbracciata da tutte le tribù a lui sottoposte. Fu questi un pretesto
per attaccare le vicine tribù, cui si offriva l'alternativa di adottare
la riforma o di perire sotto il ferro del riformatore. Alla morte d'_Ibn
Saaoud_ il suo successore _Abdelaaziz_ continuò a praticare questi
energici infallibili mezzi: la più leggiera resistenza gli dava
legittimo motivo di attaccare le ripugnanti tribù con una decisa
superiorità; e da quell'istante le sostanze de' vinti diventavano
proprietà de' _Wehhabiti_. Se il nemico non faceva resistenza, se la
tribù abbracciava la riforma, si assoggettava all'imperio
d'_Abdelaaziz_, principe dei fedeli, ed il suo partito acquistava nuove
forze.
Già padrone della parte interiore dell'Arabia _Abdelaaziz_ trovossi ben
tosto in situazione di portare le sue viste sui paesi adjacenti.
Incominciò dal fare un tentativo sopra Bagdad. Postosi nel 1801 alla
testa d'un corpo di dromedarj, si gettò sopra _Iman Hossèin_, città non
molto lontana da Bagdad, ov'era il sepolcro dell'Imano di tal nome,
nipote del Profeta, in un magnifico tempio famoso per le ricchezze in
esso profuse dalla Turchia e dalla Persia. Gli abitanti opposero quanta
resistenza bastava per irritare l'assalitore, non quanta ne abbisognava
per respingerlo; e furono tutti passati a fil di spada, uomini, vecchi,
giovani e fanciulli d'ogni età. Mentre eseguivasi questa terribile
strage, _ammazzate_, gridava dall'alto d'una torre un Dottore
_Wehhabita, scannate tutti gl'infedeli che danno compagni a Dio_.
_Abdelaaziz_ s'impadronì dei tesori del tempio che fece distruggere,
saccheggiò e bruciò la città, che fu convertita in un deserto.
Di ritorno da tale sanguinosa impresa _Abdelaaziz_ volse gli occhi alla
Mecca persuaso, che impadronendosi di quella città santa, centro
dell'islamismo, acquisterebbe un nuovo titolo alla sovranità de' paesi
musulmani che la circondano: ma temendo la vendetta del Pascià di Bagdad
per la distruzione d'Iman Hossein, non osò allontanarsi dal suo
territorio, e mandò suo figlio _Saaoud_ con una numerosa armata contro
la Mecca; il quale se ne rese padrone dopo breve resistenza del 1802. Il
sultano Scheriffo _Ghaleb_ ritirossi prima a Medina, che fece
fortificare, poscia a Djedda, che pure rese capace di difendersi contro
i _Wehhabiti_.
Saaoud attaccò tutte le moschee e cappelle consacrate alla memoria del
Profeta e delle persone della sua famiglia, fece distruggere i sepolcri
dei santi o degli eroi in venerazione, il palazzo dello Sceriffo, ed
altri edificj, conservando solamente il tempio in tutta la sua
integrità. Dalla Mecca si portò sopra Djedda, avendo in pari tempo
staccato un corpo d'armata per sorprendere Medina. Queste due imprese
contro città fortificate andarono a voto: e _Saaoud_ fu costretto di
ritirarsi a Draaïya cogli avanzi della sua armata, ridotta a piccolo
numero non meno dalle battaglie, che dalla peste e dalla diserzione.
Aveva lasciata una debole guarnigione alla Mecca per mantener viva in
paese l'idea della sovranità di suo padre sulla santa città; ma non potè
sostenervisi al ritorno del sultano Sceriffo _Gheleb_.
In novembre del 1803 _Abdelaaziz_ fu assassinato da un uomo ch'erasi
messo al suo servizio per meglio assicurare il colpo, e che ebbe
abbastanza ardire e sangue freddo per meditare sì lungo tempo il suo
piano.
_Saaoud_ salì sul trono paterno, e pose particolar cura ad estendere e
consolidare il suo dominio sulle coste del golfo Persico. Poco dopo
trovò modo di rendere suo dipendente l'Iman di Muscate, e d'impadronirsi
di Medina l'anno 1804. Del 1805 la carovana di Damasco non ottenne il
passaggio che con enormi sacrificj; e _Saaoud_ fece dire al Pascià _Emir
el Stagi_, o principe de' pellegrini, che non voleva che questa carovana
venisse colla scorta de' Turchi, nè che si portasse il ricco tappeto che
il Gran Signore mandava ogni anno per coprire il sepolcro del Profeta;
cosa risguardata da' _Wehhabiti_ come un grave peccato. Voleva
finalmente che la carovana fosse unicamente composta di veri pellegrini
senza soldati, senz'armi, senza stendardi, senza musica e senza donne.
Malgrado questa dichiarazione l'anno passato la carovana di Damasco
volle fare il consueto pellegrinaggio, senza strettamente uniformarsi
agli ordini del vincitore; ma giunta alle porte di Medina fu costretta
di ritirarsi in disordine inseguita dai _Wehhabiti_ che occupavano la
città ed i contorni. A questi si aggiungano gli avvenimenti ch'ebbero
luogo quand'io era alla Mecca, in conseguenza dei quali _Saaoud_ diventò
assoluto padrone di tutta l'Arabia, ad eccezione di Moca e di poche
altre città nell'Ieman, ossia Arabia felice; occupando tutto il deserto
che trovasi tra Damasco, Bagdad e Bassora.
In questa vasta estensione di paese sonovi poche città; ma vi si contano
non pertanto alcuni milioni d'abitanti che vivono nelle tende o
baracche, sotto il dominio del Sultano _Saaoud_, cui essi ubbidiscono
ciecamente, e pagano la decima delle loro gregge, e delle loro frutta.
Questa decima è il tributo imposto dal Corano, e _Saaoud_ non chiede
verun'altra contribuzione; ma tutti i suoi sudditi sono forzati di
seguirlo in campagna quand'egli li chiama, mantenendosi a proprie spese,
come vien pure ordinato dalla religione: di modo che il Sovrano de'
_Wehhabiti_ ha sempre numerose armate che non gli costano veruna somma.
Nelle sue spedizioni ogni cammello porta d'ordinario due uomini,
coll'acqua ed i viveri necessarj per lui, e per gli uomini. Allorchè
vuol gente scrive al capo delle tribù indicando il numero, il luogo, ed
il giorno della riunione. Gli uomini si presentano nel giorno indicato
coi viveri, armi e munizioni necessarie: tale è la forza delle idee
religiose!
I _Wehhabiti_ hanno le medesime armi dei Mecchesi. Traggono dall'Europa
le canne da fucile ch'essi montano assai grossolanamente: fabbricano
polvere e palle, ma con sì poc'arte, che la polvere è quasi tutta in
grani grossi quanto un pisello, e le palle non sono altro che una pietra
coperta da una sottile lamina di piombo. Acquistano questo metallo e lo
zolfo alla Mecca, ed in altre città marittime della penisola d'Arabia;
ed hanno in paese il salnitro.
L'abito de' _Wehhabiti_ è affatto simile a quello degli altri arabi;
soltanto ho notato che i figli di _Saaoud_ portano lunghi capelli come
segno distintivo della loro famiglia. Mi fu detto che questo sultano
vive con molto lusso, ma io lo vidi affatto nudo come gli altri.
_Draaïya_ capitale de' _Wehhabiti_ è una grande città, trenta leghe
all'E. da Medina, cento a S. S. O. da Bassora, e cento sessanta a S. E.
da Gerusalemme. Le isole _Bahareïnn_, ove pescansi le perle nel golfo
persico lontane cinquanta leghe da Draaïya sono soggette a _Saaoud_. Il
fiume _Aftan_ che passa lontano quattordici leghe dalla capitale sbocca
in faccia a queste isole. Stando a quanto mi fu detto dai _Wehhabiti_
questa città trovasi alle falde di altissime montagne, ed il suo
territorio abbonda di grani d'ogni specie. Le case di Draaïya sono fatte
di pietra.
I _Wehhabiti_ non hanno ordini militari: e tutta la loro tattica
consiste nel riunirsi sotto la direzione di un capo, e nel seguirne
tutti i suoi movimenti senza conservare alcun rango: ma la loro
disciplina è veramente spartana, e l'ubbidienza estrema; bastando il più
piccolo segno del capo per ridurli al più rispettoso silenzio, o per
sottoporli alle più dure fatiche.
Nè migliori sono i loro ordini civili. Ogni capo di Tribù risponde del
pagamento delle decime, e della presentazione degli uomini per la
guerra. _Saaoud_ manda i _Kadì_ alle città del suo dominio; ma non ha nè
_Kaïd_, ossia governatori, nè Pascià, nè Visiri, nè altri impiegati. Il
riformatore _Abdoulwehhab_ non assunse mai verun titolo d'onore o
carattere pubblico, fu sempre il capo della sua setta, e non pretese mai
distinzioni personali. Dopo la sua morte, suo figlio che gli succedette,
conservò lo stesso spirito di semplicità.
La persona più influente presso _Saaoud_ è _Abounocta_, grande _scheik_
di Ieman, che tiene molte truppe sotto gl'immediati suoi ordini. Mi
accadde talora di chiedere ad alcuni _Wehhabiti_: _appartenete voi a
Saaoud_: — _Niente affatto; siamo d'Abounocta_, mi rispondevano con
cert'aria di fierezza che mostrava il loro orgoglio di appartenergli; lo
che mi fa credere che dopo la morte di _Saaoud_ potrebbe dividersi la
setta de' _Wehhabiti_ in due parti, e così farsi incapace di ulteriori
progressi. Vedo pure un altro ostacolo d'ingrandimento nell'estremo
rigore delle sue dottrine onde questa grande popolazione che poco
produce e poco consuma, rimarrà in fondo ai suoi deserti, nella consueta
nullità, non per altro celebre che pei suoi ladroneggi.
Ma forse il tempo gli farà conoscere che l'Arabia priva delle relazioni
commerciali delle carovane e dei pellegrinaggi non può sussistere.
Allora la necessità farà cadere l'intolleranza, ed il commercio cogli
stranieri farà insensibilmente sentire ai _Wehhabiti_ il vizio
d'un'austerità quasi contro natura: a poco a poco lo zelo si
raffredderà; le pratiche superstiziose che sempre sono l'appoggio, la
consolazione e la speranza del debole, dell'ignorante, dell'infelice,
riprenderanno il loro impero; e per tal modo la riforma dei _Wehhabiti_
scomparirà prima d'aver potuto consolidare la sua influenza, e dopo
avere versato il sangue di più migliaja di vittime del fanatismo
religioso. Tale è la trista vicissitudine delle cose umane!
Altronde io credo che i _Wehhabiti_ nel fondo de' proprj deserti saranno
sempre invincibili, non già per la loro forza militare, ma per la natura
del paese non abitabile da veruna altra nazione; e per la facilità
ch'essi hanno di nascondersi ai loro nemici. Si potrà momentaneamente
conquistare la Mecca, Medina e le altre città marittime[12]; ma semplici
guarnigioni isolate in mezzo a spaventosi deserti potranno sostenersi
lungamente? Quando si presenterà loro un potente nemico, i _Wehhabiti_
si nasconderanno per piombargli addosso e sterminarlo, nell'istante che
sarà forzato di dividersi per cercar viveri. Ecco i motivi che
m'inducono a credere che non saranno facilmente sottomessi colla forza
delle armi; e queste appunto sono le cagioni per le quali sempre si è
salvata l'Arabia da ogni straniera dominazione.
[12] _Come il Pascià d'Egitto, _Mehemed Aly_, ha fatto nell'ora
decorso anno 1813._
CAPITOLO XXXIX.
_Ritorno d'Ali Bey a Djedda. — Sua posizione geografica. —
Notizie. — Tragitto all'Iemboa._
Il 2 di marzo del 1807 dopo aver fatti i sette giri alla casa di Dio, e
recitate le particolari preghiere di congedo innanzi ai quattro angoli
del _Kaaba_, al pozzo _Zemzem_, alle pietre d'_Ismaele_, ed al
_Makam-Ibrahim_, sortii dal tempio per la porta _Beb-l'oudaa_: lo che è
di felice augurio, perchè il Profeta sortiva di là quando aveva
terminato il suo pellegrinaggio: indi abbandonai la Mecca alle cinque e
mezzo della sera per tornare a Djedda.
Appena fuori di città gli arabi che mi accompagnavano contendevano tra
di loro con tanto calore che non potei mettermi in cammino avanti le
sette ore della sera. L'atmosfera era coperta in modo che a fronte della
luna eravamo in una perfetta oscurità. Alle quattro e mezzo del mattino
si fece alto ad un _dovar_ detto _el-Hàdda_. Molti pellegrini che
tornavano alle loro case coprivano la strada coi loro cammelli ed
equipaggi.
Alle tre ore dopo mezzogiorno, quantunque ammalato, partii colla
carovana tenendoci nella direzione d'O., e poco dopo il levar del sole
si entrò in Djedda. Dalle più accurate osservazioni fatte al presente, e
combinate con quelle della mia precedente dimora, trovai la longitudine
Est di Djedda = 45° 54′ 30″, e la latitudine nord 31° 52′ 42″.
In questo paese circondato da deserti di sabbia, i giorni piovosi sono
rari assai, fuorchè nell'equinozio di autunno, epoca in cui le pioggie
sono abbastanza forti per riempire le cisterne. I venti che dominano sul
Mar Rosso soffiano quasi sempre dal settentrione, fuorchè nei mesi
d'agosto, di settembre, e di ottobre che passano al quarto del mezzodì.
I soldati turchi di Djedda congedati come quelli della Mecca, lasciavano
la terra santa, e non rimanevano a Djedda che i cannonieri. Vidi
imbarcarsi con bandiere spiegate, e tamburi battenti dugento soldati che
lo scheriffo mandava sulla costa d'Affrica per riscuotere le
contribuzioni; possedendo egli sulla costa d'Affrica l'isola di
_Saouàken_, che i geografi chiamano _Suakem_, come pure _Messoua_ sulla
costa dell'Abissinia, ed alcune altre isole a nome del Sultano di
Turchia.
Per ordine di _Saaoud_, erasi soppresso a Djedda come alla Mecca, nella
preghiera del venerdì che si fa alla moschea, il nome del Sultano di
Costantinopoli. Il _Kadi Wehhabita_ era venuto a Djedda per
amministrarvi la giustizia in nome di _Saaoud_ in tempo che il
governatore Negro, schiavo dello Sceriffo, continuava a governare la
città in nome del suo padrone. Questa mescolanza di autorità non lascerà
di produrre il cattivo effetto che forse ne spera il Sultano _Saaoud_.
- Parts
- Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - 01
- Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - 02
- Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - 03
- Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - 04
- Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - 05
- Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - 06
- Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - 07
- Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - 08
- Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - 09
- Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - 10
- Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - 11
- Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - 12