Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 4 - 11

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in copia, onde sollevarsi da quella vile e stentata condizione di vita,
a cui la nascita gli avea condannati. Due gran pregiudizj da ciò tornano
alla musica. L'uno è di non poter ispirare tutta quella nobiltà di
sentimenti, e di passioni di cui sarebbe suscettibile, perchè ne mancano
quei che la professano. L'altro di non aver nessun ajuto dalle scienze,
e dallo studio ragionato, perchè non son punto versate, nè nelle
lettere, ne nelle scienze le persone a cui è affidata. Qual danno il non
avere studiato a dovere la natura sì fisica che morale del cuore umano,
onde dedurne quai moti fisici, e quali affetti si potrebbero con sicuro
dominio svegliare in lui! Chi è chi ignori quanti avanzamenti non han
portati alla musica que' pochi uomini dotti, che l'han professata, un
_Zarlino_, un _Salinas_, un _Galilei_, un _Doni_, un _Banchieri_, un
_Rameau_, e più recentemente un _Tartini_, e un _Riccati_! Quanti
maggiori dunque non ne farebbe, se ella entrasse nell'educazione
universale; sicchè a professarla venissero non pochi solamente, ma tutti
i dotti che vantasser l'età venture! Professata così anche da' più
ricchi e potenti avrebber questi campo di far nuovi sperimenti comecchè
dispendiosi, onde acquistar nuovi lumi, e procurare alla musica nuovi
avanzamenzi. E poi se ogni dì la vediamo acquistar qualche nuovo grado
di perfezione, mentre è per lo più fra mani indotte e vili, quanti
adunque più ne acquisterebbe ai dotti ed ai nobili affidata? Nè la
perfezione, che essa allora otterrebbe non sarebbe di tal sorte, come lo
è al presente, che tende a guastarla e farle perdere la sua nobiltà.
Ecco un piccol Saggio di questa dotta ed erudita Dissertazione, che
fassi leggere con piacere e con profitto.
COLLIER, inglese, grande amatore della musica, dopo avere viaggiato per
la Francia, la Germania e l'Italia, ed aver osservato lo stato di
quest'arte in tutti que' paesi, ne diè al pubblico una ben dettagliata
notizia in un suo libro intitolato: _Musical Travels_, ossia _Viaggi
musicali_, in 12º, Londra 1790 (_V. Bent's the Lond. Cat._).
CONTI, valente compositore italiano, e uno dei primi a porre in note i
drammi del Metastasio, era al servigio dell'Imperatore Leopoldo grande
amatore della musica italiana in Vienna. Mr. _Suard_ nell'Encicl.
metodica ci ha conservato di lui il seguente aneddoto. Nel 1730, questo
virtuoso essendo stato insultato da un prete in Vienna, vendicossene
tosto con dargli delle buone botte addosso. La contesa avendo avuto de'
testimoni, gli si fece un processo criminale, ed in virtù di una
sentenza ecclesiastica, Conti fu condannato ad essere esposto per tre
giorni, pello spazio di un'ora, dinanzi alla porta della cattedrale
chiesa di S. Stefano. L'imperatore, per la stima che facevane, mitigato
aveva la sentenza, con ridurre ad una sola le tre umilianti stazioni. Ma
poichè nella prima non comportò egli quella pena con rassegnazione e
pazienza, venne condannato a subirla due altre volte; rivestito di un
grosso sacco, e tenendo un cero alla mano. Dopocchè la giustizia
ordinaria condannollo a pagar mille franchi al prete offeso, e tutte le
altre spese; ad una prigione di quattro anni, o ad esser quindi
perpetuamente bandito, da' dominj dell'Austria. (_Art. Allemagne_).
CRISTOFORI (Bartolomeo), da Padova, costruttore di cembali dimorante in
Firenze: a cui secondo la testimonianza del P. Sacchi, e del Conte
Gianrinaldo Carli, ambi Milanesi, deesi l'invenzione del _Piano-forte_
nella prima metà dello scorso secolo; benchè per l'usata trascuraggine
degli Italiani nel non rivendicare sugli esteri i dritti alla propria
gloria, si attribuisca cotale invenzione or a' Tedeschi, or a' Francesi
anche in Italia. Noi riporteremo qui le parole stesse del Conte Carli,
autore grave e rinomatissimo. “Bartolomeo Cristofori Padovano, egli
dice, fu l'inventore del cimbalo a martelletti, della quale invenzione
ci siamo scordati a segno, che l'abbiam creduto una nuova cosa, allorchè
ci venne dalla Germania, e dall'Inghilterra accogliendolo come una
singolare produzione di quelle felici regioni destinate ad illuminarci
con i lumi presi dagl'Italiani, i quali hanno ritrovato tutto,
inclusivamente un nuovo mondo, e non hanno saputo conservar mai cosa
alcuna.” _V. il vol. 14 delle sue opere, p. 405, Milano 1788, in 8º._
CROTCH (William), musico inglese, nel 1813 pubblicò in sua lingua:
_Elementi di composizione musicale_, opera che viene annunziata nel
Giorn. Enciclopedico di Sicilia, Maggio n. 5, 1814.
CROUSAZ (Jean-Pierre), professore di filosofia, e di matematica
nell'Accademia di Losanna, nel 1714 diè al pubblico _Traité du Beau_, in
8º, dove dimostra in che consista il _bello_ con degli esempj tratti per
la più parte delle arti, e delle scienze. L'autore parla altresì del
_Bello_ della musica, che ha qualche cosa che non del tutto dipende dal
piacer dell'orecchio. L'ultimo e 'l più lungo capitolo di quest'opera
viene da lui impiegato a spiegar da prima fisicamente la natura del
suono; tratta quindi da matematico dei tuoni, e delle differenti
combinazioni che bisogna farne, per produrre un pezzo di musica, che sia
veramente bello, secondo i principj, ch'egli ha premessi. Ma come tale
bellezza matematica della musica è da pochi, anzi da niuno compresa,
così tolse egli questo capitolo sulla musica dalla seconda edizione del
suo trattato pubblicata in Amsterdam nel 1723, e tratta in sua vece
della bellezza della Religione. (_V. le Clerc Bibl. Anc. et Modern. t.
20_).
DESCARTES. Benchè siasi da noi detto abbastanza in riguardo al suo
trattato _sulla musica_, per onor dell'Italia tutta via crediamo
ragionevol cosa lo aggiungere quel che ne ha scritto il dottissimo
_Andres_ nel cap VIII del t. 4 _Dell'Acustica_. “La dottrina musica del
Cartesio, egli dice, è tanto conforme a quella del Galileo, che il
Cartesio stesso pare che voglia schivare la taccia di plagiario, e
cerchi di rifonderla nel Galileo (_Ep. XCI, par. II_); e il Poisson
illustratore della sua musica più uso fa delle ragioni e delle sperienze
del Galileo, che di quelle del suo autore Cartesio (_Elucid. phys. in
Cartes. music._). Sotto l'ombra di questi due sommi filosofi cresceva la
musica, e chiamava l'attenzione del Mersenne, del Gassendi, del Wallis,
e d'altri chiarissimi scrittori... La dottrina però del Galileo e del
Cartesio intorno la musica, le sperienze de' fisici, e le teorie de'
geometri sopra il suono non erano che piccioli saggi de' moltissimi
argomenti, che offre questa materia, e delle infinite speculazioni, che
restavano a fare.” Puossi anche aggiungere all'articolo di Descartes,
che nelle sue _Lettere_ trovansi spesso trattati soggetti di scienza
musicale, così nell'_epist. 75 e 106_ della Part. 2 spiega egli meglio
che il Mersenne la coesistenza de' suoni acuti col suono fondamentale di
una corda, benchè attribuisca esclusivamente questa qualità alle corde
irregolari; nell'epist. 72 osserva egli, che l'intensità della
propagazione del suono per via di corpi solidi è maggiore di quella, che
si fa per via dell'aria a motivo della maggior coesione di questi corpi;
nell'epist. 3, spiega assai bene gli effetti delle consonanze e
dissonanze sul nostro senso, ec.
DIETZ, valente meccanico di Darmstatt è inventore di un nuovo strumento,
cui diè il nome di _Melodion_. Egli si è stabilito in Parigi, ed avendo
presentato nel 1810 all'esame dell'Istituto quella sua invenzione,
Gossec, Gretry, Mehul, Lacépède, e Charles furono incaricati a farne il
rapporto. Quest'istrumento offre la forma di un piano-forte, contenente
cinque ottave e mezza, e puossene vedere un'esatta descrizione
nell'_Archive des découvertes pendant l'an 1811 p. 254_. Madamigella
_Sofia Welsch_ distinta virtuosa fecelo sentire ai Commissarj
dell'Istituto, e Mr. Charles nel suo Rapporto alla classe delle
Belle-Arti dice averne essa ben preso il carattere; e che contenendosi
in quella cantilena che più gli è propria, osserva sempre i giusti
limiti dell'espressione e della grazia.
DIONISIO di Tebe, cel. musico dell'antica Grecia fu il maestro di
Epaminonda l'uomo forse il più grande che abbia prodotto quella nazione.
Fanno di costui menzione Aristosseno presso Plutarco, e Corn. Nepote
nella vita di Epaminonda. Pare che il maestro e lo scolare siano ambi
stati seguaci di Pitagora. _La musica_, dice quel biografo, _imparata da
Epaminonda sotto la scuola del valente musico Dionisio tebano formava il
suo divertimento. Suonava eccellentemente il flauto; e ne' banchetti ai
quali veniva invitato, cantava accompagnandosi colla lira._ Fiorì egli
quattro secoli prima dell'era cristiana.
DIONISIO il giovane, re di Siracusa, benchè si sia reso esecrabile per
l'abuso del suo potere e la sua tirannide, non era tuttavia sfornito di
cognizioni e di coltura. Egli amava passionatamente la musica, e ne
possedeve così bene la teorìa e la pratica, che cacciato dal trono e
bandito a Corinto gli servì di mezzo a procacciarsi il vitto. Secondo lo
Storico Giustino, egli quivi tenevane scuola, esercitava le donne che
cantar doveano ne' cori, e disputava seco loro sull'armonia e intorno la
maniera di far de' passaggi colla voce (_Lib. 21, c. 2_). Egli
l'accompagnava col flauto, che sapeva suonar assai bene. Aristosseno il
musico, al riferir di Plutarco (_in Timol._) lo riscontrò in Corinto, e
seco si trattenne in famigliari discorsi. Evvi in Siracusa il famoso
carcere detto _l'Orecchio di Dionisio_: dicesi che “il rimbombo che vi
fa la voce, avesse dato ai professori della musica occasione di produrre
quell'invenzione non prima sentita del _Canone_, per cui cantando due
voci e rispondendo l'eco ne nasce quindi di quattro voci una perfetta
armonica concordanza. Il viaggiatore Swinburne (_nel t. 3, de' suoi
viaggi p. 394_), nota una tal particolarità come cosa detta avanti da un
autor Siciliano (_questi è il Mirabella_), essendo stato il primo che
ciò inventasse Antonio Falcone nella parte pratica della musica.” (_V.
Antichi monum. di Sirac. di Gius. Capodieci, t. 2_).
DRACONE, famoso legislatore della Grecia secondo Aulo-Gellio, o
riformatore delle antiche leggi al dire di Clemente d'Alessandria
(_Stromat. l. 3_) era, secondo l'uso di que' tempi, musico e poeta
altresì celebratissimo. I precetti di morale, di civile e religiosa
educazione cantati in tre mille versi da Dracone lo autorizzarono fra
gli Ateniesi a segno, che fu scelto dal senato per compilar un codice di
leggi, e crearne delle nuove per ogni caso particolare. Furono queste
cantate per la prima volta nel teatro degli Eginesi, e tali applausi
riscossero da que' cittadini, che in segno di approvazione gettarongli
in seno ed attorno nobili, e grandiosi regali, smaniglie, orecchini,
anelli. Non essendo conforme alle nostre usanze il cantare così serj e
gravi argomenti, può sembrar strano un tale racconto. Ma Aristotile ne'
suoi problemi (_cap. 51, quest. 28_) ne sarà mallevadore. Essendosi egli
proposta la quistione, _perchè molte leggi si chiaman cantilene?_
Risponde: _non sarebbe egli, perchè gli uomini avanti l'invenzion delle
lettere cantavan le leggi, affinchè non fossero dimenticate: il che a'
nostri giorni è ancora in uso fra gli Agatirsi?_ Dracone visse sette
secoli innanzi G. C.
EPIMENIDE di Creta, uomo illuminato, e capace di sedurre co' suoi
talenti, fu considerato a' suoi tempi qual uomo ispirato dal cielo.
Passò egli i primi anni nella solitudine, dedito interamente alla
contemplazione e allo studio della natura: imparò il metro, l'armonia e
'l ritmo, senza il quale non era possibile figurare fra' principi della
letteratura. Ei giunse così a tanta fama di saggezza e di santità, che
gli Ateniesi al riferir di Platone lo accolsero con trasporto in una
pubblica calamità (_De leg. l. 1_). Compose allora de' cantici per
placare gli Dei, e ne insegnò a quel popolo la musica (_Stab. l. 10_);
strettosi quindi in amicizia con Solone, lo istruì nell'armonia e nella
scienza de' costumi e della politica, e formar gli fece un nuovo codice
di leggi, che fu ammirato da tutta la Grecia. Compose e cantò ancora una
teogonia con tanto estro, che gli Ateniesi lo stimarono ispirato da
Apollo. La di lui autorità crebbe a tal segno, che riprese in pubblico
canto i suoi compatriotti con quelle parole, santificate dipoi dalla
bocca stessa dell'Appostolo: _Cretenses semper mendaces, ventres pigri,
malæ bestiæ_: senza che perciò incorresse la nota di maldicenza. Fioriva
egli sette secoli prima dell'era volgare.
ESCHILO, poeta musico, e padre della tragedia, benchè nato nell'Attica,
appartiene ancora alla Sicilia, ove dimorò lungamente, e vi terminò i
suoi giorni. In età di 25 anni concorse con Pratina, e Cherilo al premio
della tragedia, ed oscurò la gloria de' suoi rivali. Egli fu il primo a
provvedere il teatro di macchine, e lo abbellì con decorazioni (_Vitruv.
præf. ad l. 7_): vi fece sentire il suono delle trombe; esercitava egli
stesso quasi ogni giorno i suoi attori, e prese perciò in suo compagno
un bravo maestro di cori per nome Teleste: introdusse nella tragedia
modulazioni sublimi, e il ritmo impetuoso di certe arie, o _nomi_, atti
ad eccitare il coraggio. Non mai però s'indusse a far uso delle
innovazioni, che cominciavano a disfigurare l'antica musica: _il suo
canto_, dice Plutarco, _era pieno di nobiltà e di decenza, sempre nel
genere diatonico; il più semplice e 'l più naturale di tutti_ (_Dial. de
Musicâ_). Abbandonò la patria, perchè accusato a torto di avere rivelati
in un suo dramma gli Eleusini misteri, potè a gran stento sottrarsi ai
furori d'un popolo superstizioso, qual si era quello di Atene. Passò in
Sicilia, dove il re Jerone colmollo di beneficenze, e di distinzioni, e
quivi morì di 70 anni, circa 456 innanzi G. C. (_Plutarc. in Sympos._).
Fu scolpito sulla di lui tomba il seguente epitaffio, ch'egli stesso
aveva scritto: _Quì giace Eschilo figlio di Euforione, nato nell'Attica,
morì nel paese fertile di Gela_, ecc. (_Pausan. l. 1, Athen. l. 14_).
ESER (Carlotta), nata tedesca, è oggidì in Italia una delle più rinomate
cantanti per la sua bellissima voce, non che per la profondità del suo
sapere nella musica. Ella ha cantato in Milano, in Vienna, in Napoli e a
Roma, d'onde non le si è permesso mai più di partire, non solo per la
magia della sua voce, e la superiorità del suo canto, ma sibbene per una
decente e virtuosa condotta, che fa l'ammirazion de' Romani. Sposò ella
quivi un de' primi e de' più ricchi avvocati, il quale essendosi dovuto
portare in Vienna a difendere in quel Parlamento una causa rimarchevole
di un Principe romano, condusse seco la moglie per servirgli
d'interprete nella sua aringa. Attualmente dimora ella in Roma, e non
sorpassa gli anni ventisette di sua età.
EUMELO nacque a Corinto otto secoli prima dell'era cristiana. Di questo
celebre cantore fa onorevol menzione Pausania (_in Eliac._), e qual
testimonio di vista e di udito, ci narra di avere inteso un
armoniosissimo inno di questo compositore, solito ad intuonarsi in
Corinto allorchè i pubblici magistrati presentavansi in corpo alle porte
del tempio a farvi l'adorazione. Morì questo cel. musico in età di
ventiotto anni, lasciando di se molte, e scelte memorie del suo ameno, e
vivace spirito, mentre in così brevi anni lavorò da fisico un
leggiadrissimo canto sulla generazione delle api. (_Euseb. Chron._).
Eumelo fu il primo, che compose un inno notato in musica col ritmo
_prosodiaco_; e a suo esempio quanti inni si cantarono di quella fatta,
chiamaronsi _prosodiaci_. Il che vuol dire, che Eumelo dilatò le severe
leggi del ritmo nel canto, aggiungendo a questo della vaghezza con la
moltiplicità de' piedi. Il ritmo _prosodiaco_ ora componevasi di tre
piedi diversi, or di quattro, or di più; la quale cosa variava di molto
il tempo nel suono e nel canto (_Requen. Saggi ec. t. 1_).
EUNOMO di Locri, famoso citarista, di cui rapporta Strabone esservi
stata in quella città della Magna-Grecia una di lui bellissima statua
tenente in mano una cetara, su cui era una cicala. Timeo, presso
quell'antico geografo, racconta che Eunomo venne a competenza nei
giuochi pizj con _Aristone_ altro musico di Reggio, e ne riportò il
premio per un fortunato accidente. Poichè essendosi rotta una corda
della sua lira prima di terminare il concorso, una cicala venne così
opportunatamente a muoversi su di essa, che supplì al difetto della
corda. Ecco una di quelle favolette de' Greci, che M. _Banier_ cerca di
spiegare inutilmente colla fisica (_Explic. de la Mytholog. l. 8_). Più
naturale, e più semplice è la spiegazione che ne dà il _Signorelli_,
cioè che la statua fu eretta, non per accreditare un'inverisimile
avventura senza conseguenza, come congettura il _Banier_, ma per
conservar memoria del trionfo di Eunomo; e che vi si aggiunse una cicala
sulla lira, non perchè avesse miracolosamente supplito alla corda rotta,
come narrò Timeo, ma ad oggetto di specificare la patria del musico
vincitore con un segno noto a' vicini, e tratto dalla storia naturale
del paese, essendo che in Locri abbondano le cicale. (_Vicende della
Coltura delle due Sicil., tom. 1_).
EURIPIDE di Salamina, uno de' più gran poeti drammatici, e detto il
filosofo della scena, perchè sparge ne' suoi drammi le massime della
morale di Socrate suo amico, e della filosofia di Anassagora, di cui fu
discepolo. Verso la fine de' suoi giorni ritirossi presso Archelao re di
Macedonia, il quale radunato aveva in sua corte tutti quei che
distinguevansi nelle lettere, e nelle arti. Euripide vi trovò Zeusi, e
Timoteo, il primo de' quali aveva fatta una rivoluzione nella pittura,
come l'altro nella musica. Complice delle innovazioni fatte da Timoteo
nell'antica musica, adottò quasi tutti i modi, e specialmente quelli che
per dolcezza, e mollezza si accordavano col carattere della sua poesia.
S'intesero per la prima volta sul teatro con istupore suoni effeminati,
e talvolta replicatamente poggiati sopra una sola sillaba. Gli autori di
commedie, tra quali _Aristofane_ il più maledico di tutti, cercarono di
screditarlo: costui nella sua commedia _delle Rane_, lo rappresentò come
uno scrittore tragico senza vigore, che aggiungendo ariette a piccole
strofe, procurava di supplire al difetto di bellezza cogli ornamenti, e
alla mancanza di forza coll'artifizio: _Facciamo cantare Euripide_,
quivi egli dice, _prenda una lira, o piuttosto un pajo di nacchere, che
tale è il solo accompagnamento, che possono sostenere i suoi versi_
(_Ranæ, v. 1340_). Ma l'uomo di genio sa dispensarsi all'uopo della
severità delle regole, e colla novità delle sue grazie trionfa sempre
della pedanteria, e della satira. L'innovazione stessa di Euripide servì
maggiormente a distinguerlo da quelli, che lo avevano preceduto. Egli
morì in età di 76 anni, cinque secoli prima di G. C.; il re di
Macedonia, non volle cedere alle premurose istanze degli Ateniesi le sue
ceneri, e fecegli costruire presso alla capitale un magnifico monumento.
La sua memoria fu altresì onorata in Atene con un superbo cenotafio
presso al Pireo, e non vi si pronunziava il suo nome che con istima e
trasporto, malgrado le prevenzioni, che Aristofane cercò di spargere
contro di lui.
FANTASTICI (la Signora), celeberrima improvvisatrice di Firenze. La sua
casa è frequentata da' più ragguardevoli Signori forestieri che visitano
la Toscana, e dai più colti ingegni del paese per godere delle belle
accademie di musica e di canto estemporaneo ch'ella dà frequentemente
per suo divertimento e per quello de' suoi amici. L'accademia degli
Arcadi in Roma si è fatto un pregio di annoverarla fra' suoi membri. La
di lei figlia maggiore maritata a Trieste improvvisa e canta anch'essa
con molta eleganza, e un'altra più piccola, che può avere al più 15 o 16
anni fa ammirarsi per gli stessi talenti. (_V. Pananti, t. 1, note p.
326_).
FANZAGO (l'abate Francesco), rettore del collegio di Padova sua patria
circa 1780, è stato scelto, come uno de' bravi oratori italiani, a far
l'elogio di due grand'uomini nella musica il Tartini e il Vallotti. Nel
1770 pubblicò egli _Orazione delle lodi e di Giuseppe Tartini, recitata
nella chiesa de' RR. PP. Serviti in Padova li 31 di marzo_, in 4.º in
fronte alla quale vi ha il ritratto di quel celebre virtuoso. Nel 1780
pubblicò ancora _Orazione ne' funerali del R. P. Franc. Ant. Vallotti,
recitata nella chiesa del Santo in Padova_, in 4º.
FENZI da Torino, virtuoso distinto sul violoncello, vien creduto
oggigiorno da tutti gli intendenti il più bravo professore sì per la
bellezza de' suoni, che per l'esecuzione della più gran difficoltà. Nel
1807 fecesi egli sentire a Parigi ne' pubblici concerti, e vi ottenne il
più brillante successo: il suo nome è celebre ancora in Germania, e in
Italia. Il di lui minor fratello, tuttocchè abilissimo sullo stesso
strumento, non giunge tuttavolta alla stessa di lui celebrità.
FERREIN (Mr.), nelle Memorie dell'Accademia delle scienze di Parigi
1741, e 1745 vi sono di lui alcune osservazioni fisiche sulla voce
dell'uomo nel canto, che sembrano contradir quelle di M. Dodart. (_V.
Chladn., Acoustiq. p. 68_).
FORTIS (l'ab. Cesare), nato in Padova di nobil famiglia, per la sua
letteratura e le doti del suo spirito veniva onorato dall'illustre
Cesarotti col titolo di _suo caro e fedele amico_ (_V. Epistolar. tom.
5_). La di lui madre Francesca Capodilista donna di coltissimo ingegno e
di cuor nobilissimo divenir fece la sua casa un'accademia di Letterati;
in sul far della sera i più specchiati di Padova vi si radunavano.
Conoscenza degli uomini e degli affari, intelligenza, bontà, discrezione
e per colmo finezza di gusto, agilità di spirito, passione del bello,
rendevano questa donna l'anima di quella dotta compagnia. Dai talenti e
dalle virtù di tal madre puossi ben argomentare la coltura del figlio.
“L'abate Fortis è buon improvvisatore (_scriveva nel 1808 il D.
Pananti_), buono scrittore e grandissimo naturalista. Credo che
attualmente sia in una gran carica nell'Università o nell'Instituto di
Bologna.” (_Poet. di teatr. t. 1, note p. 326_). Oltre a più opere
scrisse egli _sulla musica de' Morlacchi_, popoli vicini della Dalmazia,
di cui può vedersene un lungo estratto presso M. de la Borde. _V. Essai
etc._
FRICHOT è inventore di un nuovo stromento, cui diè il nome di
_Basse-cor_, o _Basso di corno di caccia_. Ha egli l'estensione di
quattro ottave e mezza: il che forma un compiuto sistema di suoni, che
cromaticamente procedono dal suono il più grave al più acuto. M. Frichot
nel 1811 presentò al Conservatorio di Parigi questo nuovo strumento, la
di cui invenzione dee far epoca per il grand'utile che recar può
all'arte musica. (_Achiv. des Découvert. tom. 2, p. 265_). Nel Giornale
Enciclopedico di Sicilia n. VI mal si annunzia col nome di _Tromba_.
GARSIA (Alessandro), nativo Spagnuolo, uno de' più celebri cantanti di
Tenore e compositore sensatissimo, ha scritto la musica di più drammi
per i teatri di Napoli, e cantò per più anni nel teatro privato della
corte di Francia con incredibil successo. La dolcezza e la grazia, con
cui sa modular la sua voce, rapisce i cuori; la sua musica fa sentirsi
con tale trasporto, che non vi ha teatro in Europa dove non si sia
ricercata ed eseguita sempre con felicissimo incontro. Oggidì trovasi
egli stabilito in Napoli in servigio della R. Cappella. Non sorpassa gli
anni trenta di sua età. La sua passione per il vino gli ha cagionato de'
disgusti: dicesi ch'egli attualmente si occupa a far de' negozj di
quadri de' migliori artisti.
GERBINI (la Signora) da Torino, abilissima suonatrice di violino, fu per
alcun tempo virtuosa di camera nella corte di Baviera, e quindi in
quella di Francia. Avendo percorso la Moscovia, la Germania, la Francia
e l'Italia, la sua delicata maniera, la sua agilità, il suo bello stile
nell'eseguire sul violino ritrasse non che ammirazione ed universale
applauso, ma doni considerevoli ancora da più Sovrani e Signori, sicchè
divenne agiatissima, e posseditrice d'immense ricchezze. Non oltrepassa
ella i 40 anni di sua età, e non ha abbandonato ancora il suo strumento.
GIBELIN (Mr.): tra le opere presentate alla classe delle Belle-Arti
dell'Istituto nazionale di Francia nel 1803, vi ha di lui: _Discours sur
la necessité de cultiver les arts d'imitation._
GOUGELET (Pierre Menie), nato a Chalons, fu da Monsignor Vescovo suo
padrino posto a servire in età di sei anni come chierico corista nella
cattedrale. Egli fece de' rapidi progressi non solo nella musica, ma
anche nelle lingue dotte, e nelle mattematiche. Compose alcune messe in
musica, e nel 1744 a diciott'anni della sua età i suoi talenti gli
meritarono il posto di maestro di cappella, ma il vescovo di Chalons,
che voleva farlo entrare nel seminario, vi si oppose. Il giovine Menie
non sentendosi del gusto per lo stato ecclesiastico, portossi a Parigi
presso un suo zio assai ricco, che voleva fargli abbandonare la musica
per il commercio, e le finanze. Gougelet impiegava il giorno in questa
nuova occupazione, e la notte nell'esercizio dell'arte sua favorita.
Compose allora molta musica per chiesa, che fu eseguita più volte a
Versaglies, e ricevuta sempre con applausi. Egli possedeva con la musica
il talento della poesia, e scrisse parole e musica di più graziose
canzonette: fornito di spirito, di vivacità e di grazie veniva ben
accolto nelle più colte società, ma la morte venne a rapirlo assai
presto all'arte ed agli amici. Egli finì i suoi giorni in Parigi nel
1768 di 42 anni. Poco prima aveva dato al pubblico: _Méthode, ou Abrégé
des règles d'accompagnement de clavecin_, Paris.
GRIMALDI (Carlo, e Paolo), fratelli nati in Messina da onesta famiglia
nell'ultima metà del diciassettesimo secolo, ed i più celebri
costruttori di cembali a que' tempi in Europa. Di Carlo si sa, ch'egli
viaggiò in Italia, in Francia, in Inghilterra, e che lasciò in que'
paesi de' monumenti illustri della sua arte. Somma esattezza nelle
misure, una singolar nettezza ed insieme un'aggradevele pienezza ne'
suoni, una squisitezza di lavoro e solidità di costruzione formavano il
singolar pregio de' cembali di questi due virtuosi fratelli, che vengono
ricercati tuttora specialmente dagli esteri. Nell'ultimo tasto de' loro
strumenti vedesi scritto il loro nome, e l'anno della costruzione.
Eglino sopravvissero a' primi anni dello scorso secolo. Il cembalo è
oggigiorno così in abbandono che uno di quelli costruiti da Grimaldi,
che trent'anni prima compravasi per 300 e più ducati, a stento ha oggidì
il prezzo di trenta scudi.
GRIMALDI (Emmanuele), nato in Catania ma dalla più tenera età educato in
Palermo nel Conservatorio di musica, mostrò in quest'arte quanto può il
genio secondato dalla cultura e dallo studio. Apprese la composizione
dal bravo Niccolò Logroscino, che erane allora il maestro, ma applicossi
soprattutto al violino, nel quale istromento riuscì valentissimo. Egli
formossi una maniera sua propria con l'assiduità d'uno studio profondo
sulle composizioni del gran Boccherini: eseguiva con singolare
espressione i di lui quartetti, e ne' _larghi_ giunse più volte a muover
le lagrime degli ascoltanti. Un'immatura morte il rapì all'arte nel
1773, compiti appena gli anni 35 di sua età. Il disgusto, ch'ei risentì
per aver perduto l'occasione di guadagnare un'ingente somma al lotto, ne
fu cagione per consiglio di uno di quegli impostori, che si vantano di
possederne la scienza, egli aveasi ritirato un biglietto, in cui
ritrovavansi tutt'i cinque numeri di quella estrazione. Lasciò morendo
un sol figlio nella tenera età di cinque anni, di cui parleremo nel
seguente articolo.
GRIMALDI (Andrea), figlio del precedente, nato in Palermo nel 1768, può
dirsi con verità l'allievo favorito della natura, che a man piena versò
su di lui tutti i talenti, che si richieggono per riuscire eccellente in
quest'arte. Egli dee il suo singolar valore sul violino alla felicità
del suo genio, piucchè all'assiduità dello studio: più al naturale suo
istinto, anzicchè agli insegnamenti del maestro. La vivacità del suo
temperamento non soffriva ne' suoi giovani anni il giogo d'uno studio
seguìto, metodico, e la superiorità del suo talento il dispensò dal
calcare il battuto sentiero. Ragazzo di nove in dieci anni, dopo di
avere avute alcune poche lezioni dal Signor Pietro Morici, buon
professore di que' tempi, cominciò tosto a suonar sull'orchestre con
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