Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 4 - 13

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persona, che faceva girar quella ruota, provossi di mettere molte
persone in contatto con quel cordone. Siffatta esperienza ha prodotto
de' buoni effetti sopra diverse persone di complession debole, e
singolarmente su quelle attaccate di male di nervi, di podagra, di
scorbuto, ec. Secondo questi principj M. Riffelsen ha fatto costruire
una macchina destinata singolarmente a questi salutevoli effetti, e ha
avuto l'approvazione de' medici di Coppenaghe (_Esprit des Journaux,
août 1808_).
ROLLIN (Charles), celebre rettore dell'Università di Parigi, e autore di
molte opere utilissime di letteratura e di storia, ha trattato della
musica de' Greci nel tom. XI _de l'Histoire ançienne, a Paris_ 1737, in
12º. Egli osserva che l'antica musica presso i Greci era semplice, grave
e maschia: nota in qual tempo e in qual maniera si è corrotta: specifica
i diversi generi, e i varj modi della loro musica, e la maniera con la
quale notavano il canto. Esamina se bisogna dar la preferenza alla
moderna o all'antica musica, e dopo aver considerate le ragioni pro e
contra: _Per me_, egli dice, _non so astenermi dal credere, che i Greci
portati, come lo erano, a' passatempi, educati e nudriti nel gusto de'
concerti, con tutti i soccorsi, di cui ho parlato, con quel genio
inventore ed industrioso per tutte l'Arti che si riconosce in loro, non
siano stati anche eccellenti nella Musica come in tutto il resto. Ecco
la sola conseguenza, che da tutto il ragionamento, che sinora ho fatto
io ne traggo, senza pretendere di dar la preferenza agli Antichi sui
Moderni_. Mr. Fayolle, senza forse averlo letto, ne dà il seguente
saggio; _Ce qu'il en dit est rapporté sur ouï-dire et sans aucune
connaissance de cause: il eût mieux fait de n'en pas parler_. Non si
capisce però cosa dir voglia, quando attacca M. Rollin di aver parlato
della musica de' Greci _sur ouï-dire_. Egli non potè esser presente a
quella musica per poterne dar saggio, gli fu dunque d'uopo starsene alle
memorie che ce ne rimangono, ed ognuno che scrive delle cose antiche non
ha altro mezzo che consultare gli antichi, e parlarne _sur ouï-dire_.
Attacca altresì Rollin di averne parlato _senza cognizione alcuna di
causa_, cioè ch'egli non ha conosciuto nè l'antica, nè la moderna
musica. Ma quale prova ne adduce M. Fayolle? Forse perchè questo Autore
dopo aver consultati tutti i Scrittori sì antichi, che moderni
sull'antica musica (il che non ha mai certamente fatto il Sig. Fayolle)
è disposto a credere, che i Greci sian riusciti eccellenti nella musica,
come in tutte le Belle-Arti, lo che non gli va molto a sangue, ed egli
espressamente il dimostra ogni qual volta ha occasione di entrare in
questa materia, perciò è ch'egli conclude, _che avrebbe fatto meglio a
non parlarne_. Questo giudizio è veramente ingiusto e ridicolo.
ROSSINI (Gioacchino), da Pesaro allievo del cel. Ab. Mattei, è ancora
molto giovane, ma le sue composizioni sono state così bene accolte in
Italia per la novità e gajezza dello stile, che vien egli riputato
oggigiorno come uno de' più grandi ingegni, e de' migliori compositori
del bel paese della musica. Non aveva ancor compiti i dodici anni
allorchè acquistossi gran nome per una _solenne Messa_ e un _Tantum
ergo_ da lui composto per S. Petronio di Bologna: gli applausi e le
grida di tutta l'udienza cambiaron, per così dire, la chiesa in teatro.
Aveva egli scritto un Inno in lode di Murat, ma entrate le armi
Austriache fecero arrestar Rossini per l'entusiasmo che aveva eccitato
la poesia e la musica di quell'Inno: liberossi dal castigo, che gli si
minacciava, a condizione di comporre in tre ore la musica di un altro
Inno in onor dell'Imperatore. Ad onta della strettezza del tempo vi
riuscì al segno che vien creduto quel pezzo un capo d'opera dell'arte.
Ha scritto altresì la musica di varj drammi, come il _Tancredi_, e
_gl'Italiani in Algeri_, che si è rappresentato in questo R. teatro
Carolino di Palermo nel corrente anno con universale approvazione. Si
racconta di lui, che obbligato a scrivere in Italia un certo dramma, che
non gli andava molto a sangue, dopo aver fatta la musica del primo atto,
se n'andò via da quel paese di notte tempo per le poste, lasciando
scritto in fronte alla partitura: _fatevi comporre il resto da uno de'
bravi maestri già morti_, il che mostra un pò di quella mattezza, che al
dir di Tullio, non va scompagnata dai grandi ingegni.
RUSSO (Raffaele), nato in Napoli, fu nella più tenera età da' suoi
parenti portato in Palermo. Come mostrava sin d'allora delle buone
disposizioni per la musica, gli si fece apprenderla nel conservatorio
de' _Figliuoli dispersi_ di questa Capitale sotto la direzione del
maestro Amendola. Dato avendo de' saggi d'una estrema facilità, e d'una
somma vivacità di fantasia nel comporre, gli fu fatto scrivere assai
giovane l'_Atalia_, oratorio per il real teatro di S. Cecilia. La sua
musica eseguita alla presenza della Real Famiglia ebbe il più brillante
successo, nè minor si fu quello ch'ella incontrò poi sul teatro di
Londra. L'anno d'appresso egli scrisse pel medesimo teatro di Palermo
un'opera buffa, che fu del paro sommamente applaudita. Comecchè ne' suoi
accompagnamenti non si trovi molta esattezza e regolarità nella
condotta, nè naturalezza e felicità nelle transizioni di un modo
all'altro, vi si ravvisano tuttavia alcuni tratti di genio, e de' lampi
di quell'estro creatore, che caratterizza i gran compositori, onde siavi
da sperare che coll'esercizio, e lo studio de' buoni modelli acquistar
debba quella correzione, che ancor vi si desidera. E tale dommi a
credere che sia l'oggetto de' viaggi ch'egli ha intrapreso ne' paesi,
ove da sommi uomini maggiormente coltivasi questa bell'arte.
SALES (Pietro-Pompeo), nato a Brescia nel 1729 è stato riguardato a
ragione come uno de' migliori compositori sulla fine dello scorso
secolo. Egli si era di già acquistato pe' suoi talenti gran fama nella
patria, e poteva aspirare a farvisi maggior fortuna, quando un orribil
tremuoto gli fè perdere tutti i parenti, e lo costrinse ad
allontanarsene per cercar altrove la sua sussistenza. Dopo aver
viaggiato per alcun tempo, venne in Germania, ove per molti anni fu al
servigio di diversi principi, che amavano e proteggevano la musica, tra
quali il vescovo principe di Ausburgo. Nel 1763 fu chiamato a Padova per
comporvi un'opera seria, e quindi in Inghilterra, dove ebbe il più gran
successo. Nel 1772 ebbe l'onore di comporre per il teatro dell'elettor
di Baviera: e nel 1777 la rimembranza de' suoi talenti il fè richiamare
a Londra dove fu accolto col massimo favore. Egli morì finalmente
maestro di cappella e consiglier di finanze dell'elettore di Treveri a
Coblenz verso il 1796. Nelle sue opere egli riunisce nel canto l'armonia
tedesca alla soavità italiana, ed impiega con giudizio gl'instromenti
nell'accompagnamento.
SCACCHI (Marco), dotto maestro di cappella romano, al servigio del re di
Polonia, _assai conosciuto_, dice il Marpurg, _per le sue opere teoriche
e pratiche, fioriva nel 1640_. (_Hist. abreg. du Contrepoint, p. XVII_)
Vi ha di lui per le stampe di Venezia _Cribrum musicum_, ossia: _Esame
della musica de' Salmi di Paolo Sifert di Dantzica_, 1643.
SCOPPA (Ab. Antonio), nato l'anno 1767 di assai civile famiglia nella
città di S. Lucia presso Messina, fece in questa città i primi suoi
studj, che venne a terminar poi con ottimo successo in Palermo, in
Napoli e in Roma. Dopo aver viaggiato per l'Italia, ed aver fatto
conoscenza co' Letterati più celebri di quel paese, venne a stabilirsi
in Parigi sul principio del corrente secolo. Egli vi si è fatto
distinguere in qualità di uomo di lettere per più opere da lui
pubblicate. Nel 1803 diè alla luce in Parigi il Saggio dell'eccellente
Opera, di cui or parleremo, col titolo di _Traité de la Poésie italienne
rapportée a la Poésie française_, che fu assai favorevolmente accolta
da' Letterati di Francia, non che dell'Italia. “Egli dimostra (dice M.
_Leulliette_ professore della scuola centrale) con infiniti esempj e
tutti scelti con delicatezza di gusto che la lingua francese è del paro
espressiva e adatta a render tutt'i movimenti dell'anima, e i vezzi
della musica, come l'italiana, a cui erasi sino a quest'ora deferita la
maggioranza: nè dubito punto che quest'opera esser non possa sommamente
utile a' letterati delle due nazioni: essa non può principalmente che
onorar all'estremo la nostra.” (_Lettre à M. Garnier_). Narra lo stesso
abb. Scoppa, che mercè questo primo _Saggio_ ebbe l'onore di esser
ammesso nell'_Accademia italiana_ come membro corrispondente, e che con
un diploma divenne allora socio dell'_Accademia del buon gusto_ di
Palermo; onore, ch'egli mostra d'aver gradito sommamente. “Io mi fo un
dovere, dic'egli a questo proposito, di qui dichiarare che la mia patria
è Sicilia: che in qualsisia tempo o luogo, ove la sorte vorrà mettermi,
sempre geloso de' suoi interessi e della sua gloria, tutte le mie
fatiche letterarie ed i viaggi per mia instruzione intrapresi non
avranno altro scopo se non di meritare il suo compiacimento.” (_Préfac.
du 3 tom. p. V_). Incoraggiato da questo successo intraprese egli a
trattar con più estensione lo stesso soggetto, e ciò ha prodotto
l'eccellente opera _Les vrais principes de la versification développés
par un examen comparatif entre la langue italienne et la française_,
tom. 3 in 8º a Paris, 1811-1814. Egli vi esamina la versificazione e la
musica delle due lingue: propone le regole per comporre de' versi
lirici, e i mezzi di accelerare i progressi della musica in Francia, e
rilevando tutte le bellezze della lingua francese, che la rendono
suscettibile delle grazie della poesia, e della musica, la difende dalle
imputazioni di coloro che le niegano dolcezza ed armonia. “Io devo
aspettarmi, dic'egli, una dimanda dal canto de' miei lettori: _siete voi
musico?_ Io dirò loro francamente che no: che io ignoro sin le menome
regole dell'arte, e le note elementari, contento dell'idee che poteva
offrirmi la musica della natura. Oggetto del mio lavoro non è di
occuparmi del tecnico della musica; non è d'uopo esser musico per
isviluppare la semplicità di certe idee, i di cui principj sono nella
natura, che ci parla per l'organo dell'orecchio (_t. 3, p. 191_). Alcuni
musici mi han censurato, perchè abbia usurpata la giurisdizion loro
nell'entrare in materie di musica, e nel proporre sopra un'arte, che io
ignoro, delle regole facili in teoria, e nell'immaginazione, ma
impossibili nell'esecuzione agli occhi di coloro che conoscono le
difficoltà delle quali è circondata quest'arte. Cerco in vano di
giustificarmi col rispondere che io non parlo del tecnico della musica,
ma sul modo di associar la parola al canto, e vuolsi ch'io creda essere
anche in ciò essenziale la cognizion della musica. Mostrar la maniera di
accoppiar le parole al canto, non è lo stesso che insegnar l'arte della
musica che io ignoro. Quel che non ignoro, e che ignorar non dovrebbero
alcuni musici, si è la _Musica della natura_, che fa magía al cuore, e
risveglia il sentimento, e che non è straniera ad una ben organizzata
orecchia. Guai a coloro, che sono obbligati a studiarla affinchè la
sentano! Assai volte quegli che non sa la musica dell'arte ignora quel
che sanno i musici: ma quegli che conosce la musica della natura, sa
quel che ignorano i musici. Non fa d'uopo esser musico per isviluppar le
idee sull'unione della parola colla musica: i principj di queste idee
sono impressi nella natura del canto, che ci parla per l'organo
dell'orecchio, per la voce del buon senso, per l'uso d'una buona
filosofia (_Pref. t. 2_).” Non giudicò infatti così di quest'opera uno
de' più specchiati professori dell'arte, M. _Gretry_, allorchè scriveva
all'A. ch'egli approvava come veri i suoi _Principj_ relativamente a
quel che riguarda la musica e ch'egli era dello stesso suo sentimento.
“Voi avrete dritto alla pubblica riconoscenza, dic'egli, nel vendicar la
nostra lingua dalle false imputazioni, di cui la caricano. Gradite
altresì ch'io vi renda grazie pe' servigj che prestate all'arte, che io
professo.” I musici potran leggere con diletto e con utile quel che
dietro a' migliori maestri insegna l'A. sulla _divisione dei tempo_
nella musica: come sia possibile il misurare il tempo; come si evitino i
due gran scogli del _controttempo_, e del _controsenso_ (_tom. 1, p. 204
seg._). Esamina egli quindi da filosofo, se la musica è un'arte
imitativa come la poesia e la pittura (_p. 349_), e si attiene al
sentimento, che determina l'imitazion della musica per l'espression
delle parole, che in questo senso può la musica vocale esser imitativa,
e che la strumentale non può con precisione ottenere lo stesso
vantaggio; dacchè non dà essa se non espressioni vaghe ed equivoche, che
possono applicarsi a più immagini. Nel 2º tomo tratta egli dell'_accento
musicale_, che secondo lui non è che il risultato dell'accento oratorio
e patetico. L'accento musicale propriamente detto, dic'egli, è un
linguaggio particolare della natura e delle passioni, che si esalano
cantando: associandosi alle lingue egli le rende cantanti, e dà loro
quel che non hanno. Nel 3º tomo esamina l'A., se il clima, e il gusto e
'l genio della nazione francese possono opporsi a' progressi della buona
musica: espone quindi le vere cagioni che li han ritardato in Francia, e
che li han promosso in Italia e in Alemagna, e termina con proporre i
mezzi più energici perchè quest'arte giunga alla stessa perfezione
presso i Francesi com'ella è giunta presso gl'Italiani e i Tedeschi.
L'A. è per lo più così chiaro nelle sue spiegazioni, dice l'ab.
_Sicard_, così adeguato ne' suoi principj, così sincero nelle sue
critiche, che i Francesi di buon grado saran per perdonargli alcune
leggere scorrezioni che rendono men vago il suo stile, senza indebolir
mai la forza della sua logica. Quest'opera merita di essere ben
conosciuta, e 'l suo autore otterrà dei dritti alla stima de' letterati
di tutte le nazioni, come ne ha alla riconoscenza de' Francesi.
SCORPIONI (Domenico), da Rossano, minor conventuale fu maestro di
cappella in Roma, e nel Duomo di Messina sui principj dello scorso
secolo. Le sue _Riflessioni Armoniche_ stampate in Napoli nel 1701, sono
citate con elogio dal P. Martini, e da Gugl. della Valle.
SILVA, una delle più rinomate cantanti de' nostri giorni è stata
grandemente ammirata per una bellissima voce, per la sua buona scuola di
canto, e molto più per la sua singolar saviezza ed avvenenza. Essa
nacque di nobil famiglia a Reggio di Modena, e più per suo diporto, che
per bisogno ha cantato in alcuni pochi teatri. La fama di questi
eminenti suoi pregi giunta essendo in Londra, fu spedita a bella posta
una persona di distinzione a Reggio per scritturar la Signora Silva per
quel teatro a qualunque condizione volesse ella imporre in quanto al
prezzo, ma mentre trattavasi l'affare un'immatura morte venne a rapirla
non compiti ancora i trent'anni di sua età.
SILVESTRO II (il Papa), ossia Gerberto, prima arcivescovo di Rheims, poi
di Ravenna, e precettore di Ottone III, e finalmente sommo Pontefice fu
francese di nascita: ma venne giovine a Roma, ove conosciuto
dall'Imperatore Ottone I, ebbe da lui il governo del cel. monastero di
Bobbio verso l'anno 970. Egli adoperossi singolarmente a farvi rifiorire
gli studj. Quattro anni soli governò la Chiesa Romana, ma ciò che il
rendette assai caro ed utile all'Italia, ed all'Europa tutta, fu il di
lui zelo nel risvegliare in tutti l'ardore del coltivamento de' buoni
studj che già da più secoli sembrava del tutto estinto. Nelle sue
lettere tratta sovente non sol della matematica, che era lo studio suo
prediletto, ma della musica e d'altre scienze nelle quali ei si mostra
versato. Le lettere, ove parla egli della musica, sono la 92, 124 e 151.
Tra molte sue opere di meccanica si fa menzione di un organo idraulico
di sua invenzione, nel quale l'acqua scaldata produceva i suoni (_V.
Tiraboschi tom. 3_).
SOLONE nacque a Salamina, ma il desiderio di colta educazione lo fè
trasferire da ragazzo in Atene. S'istruì nell'armonia e nella scienza
de' costumi e della politica, e diede di tutto i più luminosi saggi.
Incaricato dal Senato di formare un nuovo codice di leggi, egli vi diè
opera con tal senno e prudenza, che ne' giorni festivi i ragazzi si
radunavano a cantarlo nel tempio. Si sa che le leggi in que' tempi
componevansi in versi e cantavansi in musica (_V. l'artic. di Dracone_).
Platone nel _Timeo_ dice di aver egli cantato il codice di Solone in
questa circostanza insieme con gli altri ragazzi; assicurandoci che la
melodia de' suoi canti era così particolare, che se gli sconvolgimenti
degli Ateniesi non l'avessero disturbato, Solone sarebbe da paragonarsi
con Omero, ed Esiodo per la leggiadra armonia delle sue composizioni.
Solone morì a Cipro in età di 80 anni sei secoli prima di G. C.
SPERANZA (l'Abbate), uno de' più profondi teorici, e de' più illustri
discepoli del maestro Durante, teneva scuola di musica in Napoli sua
patria nella metà del p. p. secolo. A mostrare la di cui celebrità,
basterebbe il dire essersi in essa formato il rinomatissimo Zingarelli.
“Per avvezzare gli scolari, _dice il dotto Carpani_, a trarsi d'impaccio
speditamente, ecco il metodo che soleva adoperare il celebre abate
_Speranza_ di Napoli. Egli obbligava il suo discepolo a comporre trenta
volte di seguito, e variando tuoni e tempi, la stessa aria senza uscire
dal carattere prescritto dalla poesia. La cosa è fattibile dappoichè
trenta diversi maestri possono comporre sulle medesime parole, far
ognuno un'aria confacente alle medesime, e nessuno aver fatto la musica
dell'altro. Un bell'esempio di ciò ne abbiamo di recente in quella
arietta messa in musica da cento e più maestri, e stampata dal _Mollo_
in Vienna. Ma trarre da una sola testa e di seguito trenta cantilene
diverse sulle stesse parole è cosa, come ognuno vede, scabrosissima. Di
questa fatta il detto _Speranza_ addestrò il rinomato Zingarelli, ec.”
(_Lett. 3_).
STAT (M.), di nazione tedesco, cel. professore ed improvvisator di
violino, venne in Italia sulla fine dello scorso secolo: fu in Milano
alla corte di Ferdinando arciduca d'Austria. Oltre a più pregi necessarj
per ben distinguersi su quell'istromento, che eminentemente trovavansi
in lui riuniti, faceva nel suonare anche uso del pollice, di che
ricavavane non indifferenti vantaggi. Viaggiò per tutta l'Italia, ed
essendo in que' tempi assai illustre la riputazione del Pugnani, recossi
a Torino. Ammesso in un'accademia, dove quel virtuoso eseguir doveva in
presenza de' Sovrani un suo concerto dopo aver riscosso costui i più
grandi applausi dalla corte e da tutti gli astanti, M. Stat pregò
Pugnani che gli permettesse di suonar quel concerto medesimo, il che
ottenuto capovolse la carta, e l'eseguì con tal franchezza, espressione
e forza, che si trasse de' replicati viva, non che l'ammirazione di
quanti eran presenti: ma al Pugnani sopraggiunsero così gagliarde
convulsioni, che fu costretto ad uscirsene dalla sala. Siffatto aneddoto
è il più grande elogio che far gli si possa.
STELLINI (P. D. Giacomo), chierico regolare de' Somaschi, di Cividal nel
Friuli, coltivò le lingue greca e latina, la poesia, la storia, la
musica, le matematiche e la teologia. Fu professore di Morale
nell'università di Padova, ove contrasse singolare amicizia col cel.
Cesarotti e quindi morì l'anno 1770. Tra le sue opere stampate in Padova
dopo la di lui morte nel 1781, in 6 vol. in 8º, molte cose si trovan
sulla musica, che possono leggersi con profitto.
TESTORI (Angelo) da Milano, quanto brutto di persona, altrettanto
amabile cantante di soprano è stato molti anni alla corte di Russia.
Dopo aver guadagnati quivi de' tesori colla bella sua voce è tornato in
Italia a goderne co' suoi ed è tuttora al servigio della R. Cappella di
Milano. Era la sua maniera maestosa ed espressiva, e quel che più
sorprendeva era il suo talento come attore.
VIGANONI da Bergamo, può dirsi il primo de' cantanti di tenore nel
genere comico o di _mezzo carattere_ come dicesi in Italia. Egli si è
spezialmente distinto nel _Matrimonio segreto_ di Cimarosa per l'aria
che fu per lui scritta _pria che spunti in ciel l'aurora_: non vi è
stato teatro dove non gli si sia fatto cantar questo pezzo, senza
produrre lo stesso entusiasmo e furore della prima volta. Viganoni è
stato lungo tempo in Londra dopo aver girato per tutta quasi l'Europa:
alla sua sublime maniera di cantare univa gran talento nell'azione, e
sapeva sulle scene far divenire interessante la sua persona. Egli vive
oggidì molto agiatamente in la sua patria all'età di 65 anni. Gli
s'imputa alcun poco d'avarizia; ma a fare il suo elogio basta il
proverbio ch'eravi in Italia: _David per il serio, e Viganoni pel mezzo
carattere._
VINCI (Pietro), di Nicosia in Sicilia, fu a' suoi tempi celebratissimo
per le sue composizioni musicali. Egli fecesi apprezzare anche in Roma
ed a Bergamo come maestro di cappella, e morì nella sua patria nel 1584.
Il suo epitafio dà a divedere la riputazione di cui godeva al suo tempo.
_Temporis Amphyon nostri hac modo conditur urnâ — Haec Petrum Vinci
barbara saxa tenent: — Ille tamen lapides sonitus dulcedine traxit — Hunc
trahit in cineres efferas iste lapis._ Egli aveva posto in musica (e sa
Dio in quale musica) quattordici Sonetti dell'Eccell. Vittoria Colonna
marchesa di Pescara, che fu stampata a Venezia nel 1580 in 4º. I suoi
mottetti a quattro voci furono ancor quivi pubblicati nel 1578, onde può
rilevarsi come uno sbaglio del dottissimo Andres, l'aver egli asserito
che “la prima raccolta e pubblicazione di mottetti notati in musica
colle sue parti che sia giunta a di lui notizia è stata quella del
Vittoria d'Avila fatta in Roma nel 1535.” (_Dell'origine ec. t. 4, pag.
263, ediz. di Parma_). La pubblicazione de' mottetti del Vinci precede
di sette anni quella del Vittoria. Questa osservazione, benchè di
piccolo momento, deesi all'importunità di un mio amico dello stesso
paese del Vinci, che volle comunicarmela per farne onore, pubblicandola,
al suo compatriotto.
ZAMORA (Giov. Egidio da), frate spagnuolo di S. Francesco visse sulla
fine del tredicesimo secolo. Il re Alfonso X nominollo precettore del
principe Sancio suo figlio. Tra molte dotte sue opere si distingue la
sua _Ars Musica_ che manoscritta conservasi nella biblioteca del
Vaticano. L'abate Gerbert l'ha resa pubblica nella sua _Collezione degli
autori di musica_ tomo II, p. 369.

_Fine del quarto ed ultimo tomo._


ADDIZIONE
_Relativa all'Articolo di_ ASIOLI (Bonifacio) _nel Tomo 1 a carte 56._

Sul punto di compiersi l'impressione dell'ultimo tomo del presente
Dizionario, mi giunse per avventura alle mani il _Trattato di Armonia
del maestro Bonifacio Asioli_, inciso elegantemente in più rami col
ritratto dell'autore in _Milano 1813, in fol._ Ho creduto mancar al mio
dovere, se data non ne avessi notizia a' miei Lettori. Per la
ristrettezza del tempo, a dir vero, io non l'ho ancora che leggermente
scorso: ma per quanto ho potuto formarne giudizio, parmi che soddisfar
possa alla brama da me dimostrata nel suo articolo (_t. 1, p. 56_) di
avere il pubblico da questo valent'uomo oltre a' _Principj elementari
della Musica_ quelli ancora della _Composizione_, onde formarsi un corso
compito di lezioni pei Conservatorj. Il presente libro riguardar si può
come la prima parte di un intero Trattato sulla Composizion musicale,
promettendoci per altro l'Autore di darne uno in appresso _sulla Fuga_,
come era stato espressamente immaginato, e disteso per lui dal suo
maestro Angelo Moriggi. Avvegnacchè, come molto a proposito riflette
egli stesso, a formare un retto e lodevole compositore fa di mestieri,
che questi unitamente possegga le tre parti, che costituiscono la
Composizione, cioè l'_Armonía_, l'_Artifizio_, ed il _Gusto_; in ordine
alla prima offre agli studiosi l'Autore il presente Trattato: per
l'acquisto del secondo ne promette egli un altro _sulla Fuga_; e per il
_Gusto_, siccome non vi ha nè lezione, nè maestro atto ad infonderlo,
parzial dono essendo sol di Natura, e solo stuzzicar puossi, dic'egli,
ed ingentilire col frequente studio delle eleganti altrui composizioni,
colla metodica progression degli accordi, cogli effetti derivanti da un
numeroso complesso d'istrumenti e voci cantanti, ec. ec., così a
dilucidar tutto ciò con opportuni esempj, promette l'Autore un suo nuovo
lavoro, in cui farà conoscere di quanto abbisogni al Compositore onde
trattare con successo tutti gli stromenti che servono la Chiesa, la
Camera, e 'l Teatro; mostrerà i capi d'opera de' gran maestri moderni,
indicando minutamente i mezzi, co' quali seppero eglino produrre i più
sorprendenti effetti, ed esporrà in fine gli progressi del _Buon Gusto_
colle produzioni de' più accreditati Compositori, cominciando
dall'insigne _Benedetto Marcello_, e percorrendo le diverse epoche sino
a' tempi nostri. Ai voti de' veri amatori di questa Bell'Arte, uniamo il
nostro, di veder cioè ben presto condotto a termine dall'Autore un sì
util progetto, e compita veramente così questa sua scuola di
Composizione. Ma per far ritorno al surriferito _Trattato d'Armonia_:
egli porta in fronte la più onorevole approvazione de' Professori di
quel Conservatorio di Milano, e de' Commissarj da loro destinati
all'esame per l'adozione del medesimo come di base all'insegnamento
degli allievi di quel Regio stabilimento. La celebrità di questi membri
della commissione rende vieppiù rispettabile ed autorevole il giudizio
che recato ne hanno. Sono eglino i celebri maestri _Minoja_, _Pollini_,
_Federici_, e _Piantanida_. “Dopo avere consultate, dicono essi, le
migliori opere, che hanno trattato sull'armonia, e d'appresso le proprie
cognizioni acquistate collo studio de' Classici, e convalidate
dall'esperienza abbiam ritrovato, che il sistema d'armonia sottoposto
alla nostra lettura, ed esame, è sviluppato in ogni sua parte con tanta
maestria, evidenza e chiarezza per non ammettere verun dubbio, che il
Giovane studioso guidato dalle regole, ed esempj ivi proposti, e
spiegati deve con tutta sicurezza attingere lo scopo che vorrà
prefiggersi, sia per la Composizione, o per l'Accompagnamento. Dalla
dotta ed insieme accuratissima Analisi degli Accordi, e particolarmente
delle dissonanze d'ogni genere, vien tolta quella specie di mistero, e
di dubbio in cui sono stati finora avvolti per mancanza di un sistema
certo su cui appoggiare la derivazione, e quindi l'uso delle medesime.
Questo sistema viene incontrastabilmente fissato, ed illustrato
dall'Autore del presente Trattato, dietro le tracce del dottissimo _P.
Vallotti_, il primo che lo abbia investigato, ec.” Questo si è il
Saggio, che ne han dato quattro de' più gran maestri che si abbia
oggigiorno l'Italia, a cui ben volentieri mi vi soscrivo.


TAVOLA CRONOLOGICA
DEGLI SCRITTORI DI MUSICA,
E DE' PIÙ CELEBRI ARTISTI
_GIUSTA L'EPOCA_
IN CUI CIASCUN DI LORO HA FIORITO

Perchè i lettori possano formarsi un'idea generale della storia
progressiva della musica, offriamo loro, come in sul principio
dell'opera l'abbiamo promesso, il catalogo di tutti gli scrittori ed
artisti disposti secondo l'ordine de' tempi. L'oggetto di questo
catalogo si è di riunire sotto quest'altro punto di vista tutti gli
articoli, che trovansi sparsi quà e là secondo l'ordine alfabetico ne'
quattro tomi del Dizionario, e di facilitar così la maniera di
riscontrarli secondo il vario gusto e l'uopo di ciascheduno. Per
distinguere gli _Scrittori_ dagli _Artisti_, si rimarcherà la qualità
dei primi, e si avverte di sottintendersi quella de' secondi col non
metter altro di loro che il solo nome. Siccome gl'_Inventori_ occupano
un distinto rango nella storia dell'arte, così verrà notato il genere
d'ogni loro scoperta. _I nomi_ che trovansi scritti _in caratteri
corsivi_, dinotano gli articoli che si sono adottati dal Dizionario
francese di _M. Fayolle_ a differenza di quelli che in grandissimo
numero abbiamo nuovamente sopraggiunti, o che quivi in niun modo
s'incontrano: il che serve in oltre di prova a quanto si è da noi
avanzato nel Discorso preliminare pag. LVI, cioè che infinite sono le
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