Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 4 - 02

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Marco, fu il suo primo maestro, e morto costui, Salieri scelse Pietro
Passini. Il cel. Gasman essendosi portato in quel tempo a Venezia, il
giovane Salieri fecesi da lui eziandio istruire sul cembalo e nell'arte
di cantare. L'affezione che egli prese al suo maestro lo determinò ad
accompagnarlo in Vienna, col permesso del suo protettore, per prendervi
ancor lezioni nell'arte della composizione. Giunse egli in Vienna nella
primavera del 1766, e vi dimorò per otto anni di seguito approfittando
delle lezioni di Gasman sul contrappunto. Alla di lui morte Salieri
divenne maestro della cappella, della musica di camera e del teatro di
Vienna, ne' quali posti fu ajutato da' consigli del cel. Gluck. L'età e
le malattie avendo ridotto costui nell'impotenza di soddisfare al
pubblico di Parigi, che non desisteva dal chiedergli delle nuove
composizioni per i teatri di quella città, Salieri fu quegli, che
compose per lui l'opera intitolata _les Danaides_, sotto gli occhi di
Gluck, e secondo le idee che date aveagli sulla maniera di trattare quel
dramma. Gluck gli rese allora l'attestato, ch'egli aveva saputo
familiarizzarsi colla sua maniera, e 'l suo stile, il che era riuscito
impossibile a verun tedesco. Credevasi frattanto in Parigi, che Salieri
non aveva altra parte che nel terzo atto di questo dramma. L'artifizio
ebbe un compiuto successo. Salieri venne nel 1784 in Parigi colla sua
opera, che fu assai volte eseguita dinanzi la famiglia reale, e sempre
con esito vieppiù fortunato. La regina stessa degnossi ancora cantarvi
qualche volta. Finalmente quest'opera fu eseguita sul gran teatro della
capitale. I critici riconobbero sin d'allora ne' dettagli,
principalmente ne' recitativi e nel canto, uno stile particolare, e
convennero ch'egli annunziava il più distinto talento. Non fu se non
dopo la decima terza rappresentazione che Gluck in un indirizzo al
pubblico di Parigi, dichiarò Salieri solo compositore delle Danaidi. La
direzione dell'opera gli pagò una somma di diecimila franchi, ed altri
tremila per le spese del viaggio. La regina gli fece altresì un
considerevolissimo dono, e l'incisore pagogli la partitura duemila
franchi. Prima di partire per Vienna, la direzione dell'opera gli
commise ancora di scrivere gli _Orazj e Curiazj_. Alcun tempo di poi,
egli compose pel teatro di Vienna la musica del dramma _Axurre di Ormo_;
per il quale l'Imperatore Giuseppe II donogli 200 ducati, ed una
pensione di altri 300. Poco dopo sposò egli una damigella, che gli recò
una pinguissima dote. Salieri è attualmente in Vienna, maestro di
cappella dell'Imperatore d'Austria: egli ha scritto molta musica sì per
chiesa che per teatro, per tutta l'Europa celebratissima. L'oratorio
della _Passione_ del Metastasio posto da lui in note è un capo d'opera;
vi ha in questo una fuga bellissima, che veniva lodata molto
dall'_Hasse_ medesimo. “Un bello esempio dell'economia e del buon uso
che dee farsi degli strumenti da fiato, dice il dotto _Carpani_, trovasi
nel _Cesare in Farmacusa_ del profondo maestro _Salieri, che applicò con
tanta felicità la metafisica alla sua arte_. Egli acciocchè una sortita
furiosa di Cesare nel finale del primo atto facesse più colpo, sospese
per molti tempi dello stesso pezzo di musica tutti gli strumenti da
fiato e particolarmente le trombe, e fe' tacere i timpani, e li adoprò
poi tutt'insieme al luogo sopra indicato con stupendissimo effetto. Non
è a dirsi qual energia riceva la musica da quella sortita improvvisa di
strepito marziale. Ho sempre sentito fremere l'udienza a quel passo, il
cui incanto sta tutto nell'artificio riferito, e che il più degli
ascoltanti non si curano nemmeno d'indagare d'onde venga.” (_Lettera
X_). Racconta lo stesso Carpani che il grand'Haydn aveva in sommo conto
Salieri, e che a lui affidò egli sempre la direzione de' suoi due capi
d'opera, _la Creazione_ e le _quattro Stagioni_ (_Lettera XIV_). La
maniera che usa Salieri per eccitare la sua fantasia nel comporre, così
vien descritta da quel lepidissimo scrittore. “Salieri, egli dice, il
maestro della ragione, deve fecondare la sua fantasia coll'uscir di
casa, scorrer per le vie più frequentate della città masticando
confetti, e col suo _graphiarium_, e la cannuccia nelle mani gli è forza
notar subito le idee felici, che a volo gli passan pel capo.” (_Lettera
XIII_).
SALINAS (Francesco), spagnuolo nativo di Burgos, professore di musica
nell'università di Salamanca, divenne cieco sin dall'età di dieci anni,
ma non fu perciò meno abile nelle scienze e nella musica. Egli è autore
assai celebre di sette libri _de Musica_ pubblicati nel 1577, che di
tutti gli scritti armonici del secolo XVI, dice l'_ab. Andres_, ebbero
una fama più universale, e hanno poi conservata più durevole
riputazione. Questo illustre cieco, profondamente istruito nella musica
pratica, e nella teorica, ed altresì erudito filologo, poeta filosofo e
matematico, che a giusto titolo da molti vien detto il moderno Didimo, e
potrebbe anche chiamarsi lo spagnuolo Sanderson, dopo lungo studio de'
greci e de' latini, dopo lunghe meditazioni, e dopo continuo esercizio
lasciò a' posteri in quella dotta opera quanto l'erudite ricerche, e
l'attente speculazioni nel lungo corso di cinquanta e più anni avevano
suggerito su la pratica, e su la teorica della musica (_Dell'origine ec.
t. 4_). Assai ragionevole è l'encomio, e la critica che di questo suo
illustre compatriota ha fatto il _Requeno_. “Un solo cinquecentista,
egli dice, rispettabile pe' suoi lumi, per la sua latina favella, per la
sua coltura, per la disinvoltura del suo spirito, per la sua erudizione,
per la maestrevolezza dell'arte armonica sarebbe stato capace di
ravvivare tutta la greca armonia, se la preoccupazione a favore della
musica moderna da lui mirabilmente ben avviata e corretta non lo avesse
impegnato in volerci far vedere, che le nostre corde armoniche, ed il
nostro ritmo poco sono dissimili dall'antico. Cotesto cel. scrittore gli
è lo spagnuolo Salinas. Nessuno creda, che io lodi per ispirito di
patriottismo; e chi ne dubita, lo prenda in mano, e mi dica se fra tutti
gli spositori della musica greca si ritrovi l'eguale fra moderni. Il
trattato di Vossio sull'antico ritmo, ove mettasi al confronto del
trattato di ritmo di Salinas, scomparisce affatto. Vossio niente
insegna; Salinas tutto analizza. Vossio tesse il panegirico da colto
grammatico; Salinas tesse l'arte dell'antico ritmo poetico da pratico,
Vossio parla da oratore con lodi generalissime: Salinas da intelligente
delle più picciole differenze mostra quanto è degno di lode nel greco
ritmo. Egli è però da dolersi, che Salinas non osservasse, che oltre il
ritmo poetico da esso così bene analizzato, esisteva il ritmo musicale,
di cui non ci disse parola. Salinas nell'esame delle corde armoniche,
diede troppo a' numeri, ed alle proporzioni, niente agli sperimenti, e
poco all'autorità de' greci armonici; quando doveva dare anzi tutto ai
testimonj di questi provati prima cogli sperimenti; ai numeri quant'essi
richiedevano e nulla più; e niente poi affatto a quelle proporzioni,
colle quali la scuola Alessandrina nella decadenza della greca armonia
oscurò ed imbrogliò il semplicissimo musico sistema di Aristosseno, e
del secolo d'oro de' Greci. La è cosa parimente da dolersene, che questo
insigne scrittore non siasi tutto impiegato in analizzare i Greci, in
costruire un monocordo per le prime pruove, in fare poi lo stromento
chiamato _Canone_ minutamente descritto da Tolomeo, e in avanzare altri
passi richiesti per la genuina intelligenza de' greci scrittori. Ma
forse pel vanto, che esso erasi procacciato nella pratica del moderno
contrappunto, non volle esporre il suo sapere al pericolo di detestarlo;
nè mai gli cadde forse anco in pensiero di fare uno stromento armonico
con tutte le corde eguali sì in lunghezza, che in grossezza, come
praticarono i Greci: forse non seppe concepir la maniera, con cui esso
potesse suonarsi.” (_Pref. ai Saggi ec. pag. XIV_).
SALOMO (Elia), prete francese del sec. XIII: nel 1274 dedicò a Gregorio
IX un libro: _De Scientiâ artis musicæ_, che si era conservato
manoscritto nella bibioteca Ambrosiana in Milano, donde lo ha tratto
l'ab. Gerbert, inserito avendolo nel terzo tomo della sua collezione
degli antichi autori di musica. L'Aut. vi tratta del numero delle
chiavi, de' tuoni, delle figure, della dottrina del canto, e della
maniera di cantare a quattro voci, ec.
SAMMARTINI (Gio. Batt.), maestro di cappella assai celebre del suo
tempo, e uomo singolare, nacque in Milano verso la fine del secolo XVII;
fu prima suonatore d'oboe, e poi di violino. Devesi a lui l'uso del
_mordente_, delle _note sincopate_, delle _contro arcate_, e delle
_punteggiature continuate_, le quali grazie, se pure si conoscevano, non
erano in grande uso: egli le introdusse nel violino, come è facile di
rilevare dalle sue composizioni confrontate con quelle de' precedenti
scrittori. Sammartini, dotato d'ingegno creatore, imparò il contrappunto
da se, e si diede a scrivere musica instrumentale, singolarmente dei
_trio_, e delle sinfonie. Il Generale Pallavicini, governatore di
Milano, gli fece comporre le prime sinfonie a grande orchestra. Si
sonavano esse in buona aria sulla mezzaluna della cittadella a
divertimento dei cittadini che a diporto trovavansi nella sottoposta
spianata le sere d'estate. Il _Paladini_, che morì troppo giovane, il
_Lampugnani_, che il primo cominciò a lussureggiare negli
accompagnamenti delle arie, ed altri gareggiavano su quel parapetto,
divenuto sede e teatro di una guerra tutta piacevole col Sammartini, il
quale tutti li vinse per la copia, il fuoco e la novità, sebbene
rimanesse molto al di sotto del Paladini e degli altri per la scienza
degli accordi. Fu in quelle sinfonie che si sentì per la prima volta il
gioco separato dalle viole che da prima suonavano col basso, e che
udironsi movimenti continuati di violini secondi, i quali si fecero con
bella novità scorrere per un modo tutto diverso di quello dei violini
primi. Anche il Sammartini aveva pratica cognizione di tutt'i strumenti,
e fu da lui che la apprese, il Gluck, stato per più anni suo scolare. Se
a questi pregi unito avesse il Sammartini una più fondata teoria, e una
maggiore applicazione avrebbe avuto l'Italia il suo Haydn, prima che lo
avesse l'Alemagna. Il Sammartini non fu sì felice nella musica vocale
come lo era nella strumentale. Eccitato dai generali voti della sua
patria, compose un'opera seria per quel teatro, e non piacque punto. Che
anzi era egli il primo a burlarsi di se medesimo quando si rammentava
quella sua produzione. Fu però essa la prima e l'ultima di tal genere,
mentre non volle più comporre pel teatro, e fuori di qualche oratorio
sacro, non abbiamo di lui altra cosa drammatica. Egli, come dissi, fu
maestro del Gluck per dieci anni, e basta confrontare la musica
instrumentale di Gluck con quella del maestro per capire quanto gli
dovesse. L'Haydn stesso molto apprese per la parte ideale osservando le
opere del Sammartini, benchè più volte detto avesse al suo amico Carpani
non dover nulla a lui, aggiungendo di più ch'_egli era un imbroglione_.
Ma confrontando le prime composizioni dell'Haydn con quelle del
Sammartini si vedrà di quante idee, di quante bizzarríe e di quante
invenzioni di questo rinomato scrittore si giovasse l'Haydn, non già da
vile plagiario ma da maestro. Il _Misliwechek_ trovandosi in Milano ad
una accademia, e sentendovi alcune vecchie sinfonie del Sammartini,
della di cui musica non aveva in prima contezza, proruppe in questa
esclamazione: _ho trovato il Padre dello stile d'Haydn!_ Il maestro
Venceslao Pichl inclinava anch'egli alla opinione del suo patrioto; ma
l'Haydn era troppo buon contrappuntista e troppo amico dell'ordine, e di
quella regolata condotta che si trova in uno stile puro e ragionato, per
imitare di proposito quel capricciosissimo milanese che nel creare non
badava più che tanto alla tessitura, ma seguitava all'impazzata gli
impeti della sua fervida fantasia, e quindi aveva quà e là dei lampi
bellissimi, contigui a masse tenebrose di nubi. Il conte d'Harrach
governatore della Lombardia Austriaca portò il primo a Vienna la musica
del Sammartini, la quale subito ottenne applausi e voga in quella gran
capitale. Il conte Palfi, il conte Schönborn, il conte di Mortzin, ed il
principe Esterhazy facevano a gara in procurarsene della nuova, e
quest'ultimo signore destinato aveva in Milano un banchiere per nome
Castelli a pagargli otto zecchini d'oro per qualunque composizione gli
desse per sua altezza. Il dottor Burney conobbe il Sammartini in Milano
nel 1770, e scrive ne' suoi _Viaggi_ pag. 95 di avere inteso una messa
seguita sotto la sua direzione nella chiesa del Carmine. “Gli
accompagnamenti, egli dice, erano ingegnosissimi, pieni di brio e di un
fuoco tutto proprio di questo compositore. La parte instrumentale delle
sue composizioni è fatta a maraviglia. Nessuno degli esecutori può
restare lungamente in ozio. I violini soprattutto non hanno mai riposo;
si potrebbe per altro desiderare ch'egli ponesse la briglia al suo
pegaso, poichè sembra portarsi seco il cavaliere fuggendo di scappata. E
per parlar fuori di metafora, la sua musica piacerebbe ancor più se
fosse meno ricoperta di note e men ripiena di allegri; ma l'impetuosa
foga del suo genio lo sforza a percorrere una successione di rapidi
movimenti, la quale alla lunga, stanca l'esecutore e l'uditorio.” Alla
pag. 103 parlando d'un'altra messa del medesimo dice, “Il Sammartini mi
ricompensò de' movimenti posati de' quali mi aveva defraudato nella
messa di giovedì, mediante un adagio che era veramente divino.” Rousseau
nel suo dizionario parlando di composizioni eccellenti non ne nomina, in
monte, che due, _Un adagio, dic'egli, di Tartini, un andante di
Sammartini_, e di fatti questi suoi andanti eran degni di Anacreonte.
Questa piccola biografia deesi all'erudito Carpani, _giacchè la fama_,
egli dice, _non ha parlato di lui quanto meritava_ (_Lettera IV_).
SANCHO (Ignazio), negro della Guinea stabilito in Londra, ove fecesi
cristiano, e coltivò con successo le scienze e la letteratura. Morì egli
nel 1780. Fra le altre sue opere vi ha di lui _Theory of music_ (Teoria
della musica), London 1776, ch'egli dedicò alla principessa reale. Nelle
belle arti possedeva un tatto, ed un gusto così delicato, che gli
artisti medesimi si davan premura di consultarlo.
SANTARELLI, maestro della cappella del Papa a Roma e cappellano
dell'ordine di Malta, ad una straordinaria abilità e consumata
esperienza nella pratica della musica e del canto univa delle profonde
cognizioni nella teoria e nell'istoria dell'arte. Nel 1764, pubblicò
egli in Roma il suo trattato della musica di chiesa dalla sua prima
origine sino a' nostri giorni, col titolo: _Della musica del santuario,
e della disciplina de' suoi cantori_. Il secondo volume è del 1770. Egli
comunicò anche al Dr. Burney in Roma un altro suo libro intitolato:
_Estratto di alcune notizie storiche appartenenti alla facoltà
musicale_, d'onde cavò l'inglese storico della musica l'origine de'
primi eunuchi italiani. Ecco le proprie parole del Santarelli. “P.
Girolamo da Perugia, prete della congregazione dell'oratorio fiorì nel
sec. XVII. Fu eccellente cantore della parte di soprano, e fu il primo
evirato che avesse luogo nella cappella pontificia, avendo fino allora
servito la cappella in qualità di soprani i nazionali spagnuoli con voce
di falsetto. Il prelodato padre fu ammesso tra' cantori pontificj nel
1601, e morì nel 1644.” Si vede da questa notizia, che non si esigevano
allora da un prete tutte le qualità che gli sono necessarie oggigiorno,
come l'erano nell'antica legge; e che non si era adottato ancora in Roma
in tutto il suo rigore il divieto del Deuteronomio, cap. 33, v. 1.
Santarelli è autore altresì di alcune _Lettere su i compositori per
chiesa, e sulla moderna musica sagra_, che l'ab. Gerbert ha inserito nel
2º tomo della sua storia.
SARRO (Domenico), stimatissimo compositore in Napoli, e uno de' primi
maestri a porre in musica i drammi di Metastasio: la sua _Didone_
scritta pel teatro di Torino è del 1717. Quanz, che sentì una sua opera
in Napoli nel 1725, afferma aver egli seguito la maniera di Vinci. In
Alemagna levò gran grido la sua musica per chiesa. Sarro e Porpora
furono i primi che si studiarono a semplificare l'armonia, e a ripulire
la melodia.
SARTI (Giuseppe), nato a Faenza nel 1730, fu da prima maestro di
cappella del conservatorio _della Pietà_ a Venezia, che formò la sua
gran riputazione nell'Italia. Alle sue composizioni davasi il nome di
_musica divina_: tutti i teatri faceano a gara per avere sua musica, e a
lui non bastava tempo per comporne. Nel 1782 fu scelto per esser maestro
di cappella del Duomo di Milano, malgrado il concorso di molti altri
gran maestri. Tra le sue opere quella che fece più strepito fu _Giulio
Sabino_, ch'egli aveva composto nel 1781, pel teatro di Venezia; e che
fu impressa a Vienna nel 1784. La sua celebrità giunse fino al nord.
L'imperatrice delle Russie lo chiamò a Pietroburgo, dove egli pervenne
nel marzo del 1785, e diè principio da un concerto spirituale composto
di una musica di venerdì santo, e di alcuni salmi in lingua russa; fu
essa eseguita da un'orchestra di 66 cantanti, e cento corni russi, oltre
gli ordinarj strumenti da corda e da fiato. Tuttavia non essendosi
creduto colà romoroso abbastanza quel concerto, aggiunse egli de' colpi
di cannone a un _Te Deum_, che fece eseguire per la presa d'Okzakow.
Questi cannoni di diverso calibro, situati nella piazza del castello, e
servendo di basso a certi pezzi, formavano una musica assai bizzarra.
Dopo la rappresentazione dell'_Armida_ nel 1786, l'imperatrice gli diè
in dono una superba scatola d'oro, e un anello di diamanti; il nominò
direttore del conservatorio di musica, con l'onorario di 35mila rubbli,
oltre l'alloggio, e altri 15mila rubbli d'indennità pei suoi viaggi, e
lo innalzò al rango della prima nobiltà. Tra le sue numerose
composizioni sono da rimarcarsi per chiesa un _Confitebor_ a sei per
soprani e contralti; un simile _Dixit_ col _Gloria_ a nove; un
_Miserere_ con viole violoncelli e contrabbassi. Pel teatro le _Gelosie
villane_ opera buffa su i teatri di Germania ebbe particolarmente gran
successo: _Giulio Sabino_; _Fra due litiganti il terzo gode_, 1787 in
Vienna; _Armida e Rinaldo_, 1786. Le seguenti opere si danno tuttora ne'
teatri allemanni, l'_Incognito_, gli _Accidenti non provisti_,
l'_Ipocondrico_. Deesi in oltre al Sarti il far rivivere lo stile e 'l
gusto per le _Cantate da camera_ (_M. Ginguené Encycl. méthod_). Egli ha
posto in questo genere di musica le bellissime _canzonette_ del
Metastasio, e le ha espressamente composte per la voce de' Pacchiarotti,
de' Marchesi, e de' Rubinelli. Si comprende facilmente qual esser dee la
perfezione d'una musica da camera fatta da un simil maestro, ed eseguita
da tai cantanti. Racconta il _Carpani_, che Sarti si vantava d'insegnare
in poche lezioni a chiunque la maniera di comporre per basi numeriche;
ma chi ne fece la prova non ne ottenne che la persuasione, che nel Sarti
questo gioco altro non era che un facile mezzo per trarre di molto
danaro dai grandi con poca fatica; ma che i suoi capi d'opera con
tutt'altro venissero composti, che per via di fredde combinazioni
aritmetiche (_Lett. 3_). Narra egli inoltre che nel comporre voleva una
camera grande, vuota, ed oscura; funebremente rischiarata da una
solitaria lampada appesa nel mezzo, e soltanto nella più alta notte, e
nel più cupo silenzio trovava i pensieri musicali. Di questa fatta
scrisse il _Medonte_, tessè il rondò _mia speranza_, e la più bella aria
che si conosca, voglio dire, _la dolce compagna_ (_Lett. 13_). Il
tedesco _Gerber_ mostra di non fare gran stima del genio di Sarti: si sa
non per tanto che il cel. Haydn faceva il più gran caso di questo
compositore, e sopra tutto del suo _Giulio Sabino_. In Italia godè Sarti
della più alta celebrità, e le sue composizioni vengono ammirate per uno
stile or energico, or tenero, e sempre ben adattato alle parole. Carpani
lo chiama il _Domenichino della musica_, ed al pari del Paesiello, e
dell'Haydn eccellentissimo nell'unire alla verità delle idee, all'unità
del pensiero, alla convenienza dello sviluppo il pregio della
naturalezza. Sarti morì a Pietroburgo nel 1802, in età di 74 anni.
SARTI, fratello del precedente, e per quanto ho inteso dire, fu dapprima
gesuita. Venne quindi a stabilirsi in Pietroburgo, e divenne membro di
quell'accademia delle scienze. Negli atti della medesima trovansi dei
sperimenti, e delle osservazioni di Sarti sull'acustica, comunicate
all'accademia li 19 ottobre 1796 (_V. Nov. Act. Acad. Petropol., e
Chladni Acoust. p. 7, 84, 253_).
SAUNDERS è autore di un'opera, che ha per titolo _Treatise on theatres
including some experiments on sound_, London 1790 in 4º, cioè _Trattato
sui teatri contenente alcuni sperimenti intorno al suono_. M. Chladni lo
cita con elogio alla p. 302.
SAUVEUR (Joseph), professore di mattematiche a Parigi, e dell'Accademia
delle scienze, gli si dee la gloria di aver fatto della teoria delle
corde vibranti, e della sua applicazione alla musica, uno
degl'importanti rami della fisica, e di averlo unito alla meccanica.
Egli amava molto la musica, benchè non avesse avuta nè voce, nè
orecchio, e cercò di trovar i mezzi di semplificarla mediante l'idea di
uno stesso tuono generale e fisso per tutti i strumenti e tutte le
orchestre del mondo. Il suo sistema generale de' suoni si trova nelle
memorie della surriferita accademia. Aveva ancora proposto una maniera
di scrivere la musica sopra una sola linea, ed inventato un cronometro.
“Nuova lingua musicale più distesa, e più comoda; dice l' ab. Andres,
nuovi caratteri, nuove regole, nuove divisioni de' suoni, nuovo sistema
d'intervalli, ed in somma una nuova musica, o per dir meglio
un'acustica, di cui la musica non è che una sola parte, sono i frutti
delle sue speculazioni, e che voleva portare alla sua maturità e
perfezione. Egli era in verità un fenomeno strano e maraviglioso, che il
Sauveur, come dice il _Fontenelle_ (dans l'eloge) non aveva voce, nè
orecchio, e non ad altro pensava che alla musica, era ridotto a prendere
in prestito la voce e l'orecchio altrui e ne rendeva in cambio
dimostrazioni sconosciute a' musici, che gli prestavano quell'ajuto. Se
il Sauveur avesse potuto condurre al bramato termine le divisate teorie,
se la morte non l'avesse rapito nel corso delle sue meditazioni, sarebbe
egli stato il Newton dell'acustica, e noi avremmo questa scienza ridotta
alla perfezione dell'ottica. Or non di meno dobbiamo alla sua diligenza
molte scoperte su varj accidenti della propagazione del suono, molte
osservazioni su gli instromenti da corda e da fiato, e molte curiose ed
utili cognizioni su varie parti della musica e dell'acustica.”
(_Dell'origine ec. t. 4_). I trattati sulla musica di M. Sauveur sono
tutti inseriti nella storia dell'Accademia, eccone i titoli: _Principes
d'acoustique et de musique, ou Système général des intervalles des sons
et son application a tous les systèmes et instrumens de musique_, 1701.
_Application des sons harmoniques à la composition des jeux d'orgues_,
1702. _Méthode général pour former les systèmes tempérés de musique et
du choix de celui qu'on doit suivre_, 1707. _Table générale des systèmes
tempérés de musique_, 1711. _Rapport des sons des cordes d'instrumens de
musique aux flèches des cordes et nouvelle détermination des tons
fixes_, 1713. M. Sauveur morì nel 1716.
SAY (Samuele), ecclesiastico di Londra, ivi morto nel 1745, si distinse
per le sue virtù, e per le vaste sue cognizioni: era molto perito delle
mattematiche, e buon letterato aveva sommo gusto per la musica e la
poesia. Egli avea scritto alle preghiere di Richardson due _Saggi
sull'armonia, sulla varietà e 'l potere de' numeri_, che furono
pubblicati dopo la di lui morte in un volume in 4º, Londra 1749.

SCARLATTI (cavalier Alessandro), nato in Napoli, fu allievo in Roma del
Carissimi, maestro della cappella pontificia. Egli si rese cel. come
compositore in tutti i generi: fu il primo che più contribuì a fissare e
perfezionare nel contrappunto la chiarezza, l'espressione e le grazie,
conservandovi sempre la nobiltà e semplicità convenevoli, onde dagli
italiani veniva chiamato _l'onor dell'arte, e il capo de' compositori_.
Fu egli altresì il primo a tentar di ritorre all'infanzia de' secoli la
musica instrumentale. Prima di lui non si sentivano sui teatri d'Italia
altre _ouverture_ o sinfonie che quelle di Lulli: Scarlatti scosse il
giogo, uscì in campo con _ouverture_ di suo conio, e rispondendo il
successo all'impresa, fu riputato un genio. Fu alla corte di Baviera, e
in quella di Vienna dove scrisse delle opere italiane per que' teatri
con esito felicissimo: venne poi in Roma e dopo aver molto composto pel
teatro e per la chiesa, divenne cavaliere, e maestro di cappella della
corte di Napoli, ove passò tranquillamente il resto de' suoi giorni, ed
impiegò i suoi talenti a formare degli allievi degni di lui. Tra questi
distinguonsi il Sassone, il Durante, ed altri rinomati maestri.
Scarlatti, fu singolarmente il compositore più fecondo, e più originale
di _cantate_ per camera. Il suo genio era effettivamente creatore;
alcune collezioni manoscritte, notate di sua mano con la data di ciascun
pezzo, provano ch'egli ne componeva assai volte una per giorno. Ad
eccezione di alcuni periodi, che hanno di già invecchiato, la sua
cantilena ha nondimeno la freschezza della novità; e vi si riconosce la
più parte de' motivi e de' tratti di melodia, di cui si sono serviti
dopo di lui i migliori compositori de' primi 40, o 50 anni dello scorso
secolo. _Durante_ ne ha formati de' duetti; _Sacchini_ se ne serviva per
dare scuola di canto nel conservatorio di Venezia, ed al fine di ogni
lezione, baciava rispettosamente il libro che le conteneva. Tutti i gran
maestri hanno avuta sempre somma stima per lo Scarlatti. _Hasse_
parlando di lui diceva, che _in riguardo ad armonia egli era il più gran
maestro dell'Italia_; Jommelli riguardava la sua musica di chiesa come
la migliore in questo genere: le sue messe sorpassano il numero di 200.
Nel 1725 _Quanz_ trovò Scarlatti in Napoli, che scriveva ancora per
chiesa all'età di 75 anni, e che sonava molto bene di arpa. A Roma se
gli attribuisce il merito di aver molto perfezionata la scuola di canto.
A lui si deve altresì l'invenzione de' recitativi obbligati. Alessandro
aveva una figlia per nome _Flaminia_, che cantava egregiamente: il cel.
pittore _Franc Solimena_ la ritrasse per amicizia frequentando la sua
casa, insieme con suo padre al cembalo, con tal grazia ed evidenza
involta in una veste da camera, che si mostra il di lei ritratto per
maraviglioso a' forestieri. (_V. Signorelli Coltura delle due Sicilie,
t. 6_).
SCARLATTI (Domenico), figlio del precedente, nato in Italia nel 1683, fu
mandato da suo padre a studiar musica in Roma sotto Francesco Gasparini
compositore e cembalista assai celebre, di cui aveva alta opinione il
vecchio Scarlatti. Domenico trovandosi in Venezia nel 1709, mentre eravi
il cel. Hendel, restò così preso de' suoi talenti, che venne seco in
Roma per godere più lungamente del piacere di sentirlo. Venne egli di
poi chiamato alla corte di Madrid per dar lezioni di musica alla
principessa dell'Asturie, che continuò ancora divenuta essa regina di
Spagna. Compose e dedicò alla medesima le sue opere di sonate per
cembalo che furono impresse a Venezia, e divenne cavalier di S. Giacomo.
Egli viveva sino nel 1757, e brillava in quella corte come gran sonatore
di cembalo e compositore insieme. Il _Sassone_, che lo aveva conosciuto
in Napoli, ne parlava ancora cinquant'anni dopo con molto entusiasmo, ed
ammirava sopra tutto la sua grande attitudine e l'abbondanza della sua
immaginazione. _Giuseppe Scarlatti_ suo figlio, nato in Napoli verso il
1718, passò la più gran parte di sua vita a Vienna, ove fu stimatissimo,
sì come compositore, che pel suo talento straordinario nell'insegnare il
cembalo. Differente dagli altri Scarlatti, il di lui stile si distingue
per la sua facilità e grazia. Egli ha scritto la musica di più drammi
italiani, e serj e burleschi, pel teatro di Vienna, ove morì nel 1776.
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