Dizionario storico-critico degli scrittori di musica e de' più celebri artisti, vol. 4 - 05

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Anciens_: e nel t. 27 la descrizione di una macchina di Holfeld, per
notare i pezzi di musica a misura che si eseguiscono sul cembalo. Mr.
Sulzer morì in Berlino nel febbrajo del 1779.
SUREMAIN (Franc. Alessio), uffiziale d'artiglieria, nato a Dijon nel
1769, pubblicò a Parigi nel 1793 in età di soli 24 anni un'opera
analitica e filosofica intitolata: _Théorie acoustico-musicale ou de la
doctrine des sons rapportés aux principes de leur combinaison_, in 8º.
Questa teoria ha avuto l'approvazione dell'accademia delle scienze di
Parigi: essa infatti è piuttosto della giurisdizione de' geometri che
de' musici. L'autore ha formato l'impresa di sottoporre alla luce
dell'esperienza e del calcolo i principj elementari, e primordiali
dell'arte musicale: egli si è principalmente proposto di riunire i
differenti risultati, ai quali può condurre il calcolo de' suoni
ravvisati sotto questo punto di vista, di ricondurre tutti questi
risultati ad una teoria generale, e, finalmente di rendere più esatti,
più filosofici, e in conseguenza meno arbitrarj la nomenclatura ed i
primi elementi della musica. Egli dimostra che tutte codeste nozioni si
trovano assai volte confuse nel Dizionario di musica di Rousseau, di cui
rileva gli errori, e soprattutto nella sua teoria attacca altresì gli
_Elementi di musica del d'Alembert_, opera che a dirla daddovero, non è
secondo lui, nè teorica, nè filosofica. Bisogna confessare, egli dice,
che questo gran geometra non pretese se non rischiarare, e semplificare
_Rameau_; e non già fare un'opera che fosse sua, senza di che l'avrebbe
certamente egli fatta d'altra maniera. L'A. osserva con ragione, che
Rameau ne' suoi scritti sulla musica si era perduto in un labirinto di
proporzioni e progressioni d'ogni specie, aritmetiche, geometriche, ed
armoniche, e vi aveva sparso quel falso apparato scientifico, che non
impone che agl'ignoranti. _Rameau_ era stato assai poco filosofo per
avanzare che si trova nella musica il principio della geometria. M.
Suremain è assai ragionevole per combattere l'opinion di coloro i quali
si danno a credere che le matematiche posson servire a comporre della
buona musica. L'uno voleva innalzare la sua arte a spese del buon senso:
l'altro conosce abbastanza le scienze esatte, per non accordar loro un
potere che non hanno. Costui ha delle sane idee, quegli ha de'
pregiudizj da musico. Finalmente quest'opera è ben concepita, e messa in
buon ordine; connesse tutte ne sono le parti, tutte concorrono all'unità
del soggetto; l'autore ha saputo esser conciso senz'essere oscuro, se
non che nel presentar le sue idee d'una maniera troppo generica, farebbe
bramare in certi casi degli esempj e delle applicazioni particolari, che
sviluppassero ciò che egli detto non ha, se non in una maniera puramente
astratta (_V. Journal de Physique t. 42 a Paris 1793_). Questo profondo
matematico, benchè assai giovane, fu una delle vittime della
_guillotina_ lo stesso anno 1793 in cui pubblicò la sua opera.


T

TAGLINI (Carlo), professore nell'università di Pisa, pubblicò verso il
1650, _Lettere scientifiche sopra varii dilettevoli argomenti di
fisica_, nella prima delle quali parla de' suoni prodotti dal violino, e
vi dimostra in quale maniera la differenza loro proviene dalla
grossezza, lunghezza e varia tensione delle corde. Nella terza spiega
egli come si formano nella gola i suoni.
TAILLARD (Mr.), musico francese assai rinomato pel suo talento sul
flauto: viva era la sua esecuzione, brillante ed animata. Sin dall'età
di dodici anni fu ascoltato con piacere da più sovrani: negli anni 1760
e 1767 sono state impresse alcune collezioni di sue sonate per
quell'istromento pregiatissime. Vi ha di lui altresì: _Méthode pour
guider les compositeurs_. Morì egli in Parigi nel 1783.
TAILLER (Simone), domenicano scozzese verso il 1240, scrisse due libri
_de Pentacordis_, un altro _de Tenore musicali_, e _de Cantu
ecclesiastico corrigendo_, de' quali fa menzione il Fabricio nella
Biblioteca latina.
TALETE di Mileto nella Jonia, uno dei sette savj della Grecia, e uno dei
precettori di Pitagora, fiorì sette secoli prima di G. C. Oltre
all'essere egli stato il più antico filosofo e caposcuola tra' Greci,
sappiamo da _Plutarco_ aver tenuto anche scuola di musica. “Trovando
Licurgo, egli dice, a Creta un uomo savio e civile chiamato _Talete_, lo
persuase con l'amicizia e co' prieghi a passar seco in Sparta. _Era
Talete stimato musico lirico di ottimo gusto; e quivi insegnava l'arte
sua_, e faceva quegli ufficj, che sono soliti a fare gli ottimi
legislatori: perciocchè il canto suo si riduceva a certe preghiere, le
quali co' modi, e co' loro leggiadri e gravi ritmi conducevano gli
uomini all'ubbidienza de' loro maggiori, ed a stare bene uniti in
società, co' suoi canti s'infrenavano e si acchetavano le passioni, e
avvezzavansi gli uomini a lasciare la rustica malevolenza, e ad
abbracciare le cose oneste; e così esso preparolli in certo modo, e
disposeli all'osservanza degli onesti insegnamenti di Licurgo.” (_In
vit. Licurg._). Dal che chiaramente si rileva che l'antica educazione
era in mano de' musici, d'onde derivano quei tratti storici degli
antichi, ne' quali vien detto, che alcune greche provincie erano
divenute inselvatichite e feroci per avere unicamente negletta la
coltura della musica; essendo allora lo stesso il tralasciar questo
studio che il tralasciare la civile e religiosa educazione.
TANSUR (William), musico inglese, nel 1735 pubblicò un'opera col titolo:
_A complete melody_, in 3 vol. nel primo de' quali vi ha un'introduzione
ai veri elementi della musica vocale ed instrumentale, con un nuovo e
facil metodo: ella è, dice M. Gerber, una compilazione in dieci capitoli
di ciò, che si è scritto sulla musica da' Greci, Romani, Francesi, ed
Italiani. Gli altri due volumi contengono alcuni canti scelti a più
voci. Alcuni anni dopo diè egli al pubblico altre sue opere col titolo
di _Universal harmony_, ossia _Armonia universale_, e l'altra: _A new
musical grammar_, cioè: _nuova grammatica della musica_.
TARCHI (Angiolo), nato in Napoli nel 1760. Fu per lo spazio di tredici
anni nel _Conservatorio della Pietà de' turchini_, sotto i cel.
Tarantino e Sala, e due anni dopo esserne uscito, ne divenne il maestro,
compito avendo allora, secondo gli statuti, il vigesimo quarto anno
dell'età sua. Nel 1781, essendo ancora allievo nel Conservatorio scrisse
la sua prima opera buffa, _l'Architello_, di cui tale ne fu il successo,
che il sovrano Ferdinando volle sentirla nella sua villa di Caserta: nel
1783 avendo tuttora la tonaca di panno sbiavato come allievo _della
Pietà_, compose pel teatro nuovo di Napoli, la _Caccia di Enrico IV_,
opera burlesca, che ebbe grandissimo incontro, e fu incaricato di tre
altre opere pel teatro _del Fondo_. Passò quindi in Roma, in Milano, in
Firenze, a Mantova, a Venezia, a Padova, in Torino e scrisse per quei
teatri più opere serie con grandi applausi. Nel 1789 compose in Londra
il _Desertore_, e _Alessandro nell'Indie_ drammi serj, che incontrarono
moltissimo, e sino al 1793 era di ritorno in Italia, e diede gli oratorj
l'_Isacco_ a Mantova, e _l'Ester_ a Firenze. Dopo il 1796 era egli a
Parigi, ove ha composta molta musica pel teatro dell'opera comica. Il
successo, ch'egli vi ha ottenuto, sostiene in Francia l'alta riputazione
della scuola di Napoli, d'onde è sortito. In Napoli si sono anche
eseguite di Tarchi molte messe e vespri a più voci.
TARTAGLINI (Ippolito) di Modena, uno de' migliori professori di musica
nel secolo XVI, il dotto Cardinale Alessandro Farnese fu suo protettore.
Si crede però ch'egli sia stato il primo a ricondurre il canto sul
teatro coi cori. Alcuni suoi mottetti a 4, e 6 voci sono stampati in
Roma nel 1574. Morì egli nel 1580, in età di anni quarant'uno.
TARTINI (Giuseppe) nacque a Pirano nell'Istria di assai civile famiglia
nel 1692. Entrò dapprima nell'Oratorio di San Filippo Neri; ma
distinguendosi ben presto per le sue brillanti disposizioni, fu mandato
a Capo d'Istria, per terminare i suoi studj nel collegio dei Padri delle
Scuole-Pie: quivi egli ebbe le prime lezioni di musica e di violino. Nel
1710 i suoi parenti lo mandarono all'università di Padova per istudiarvi
la giurisprudenza, e formarsi nella profession di avvocato. Ma
invaghitosi di una giovinetta, ch'egli sposò di nascosto, abbandonò lo
studio del foro, e rovinò la sua fortuna. Questo matrimonio gli trasse
addosso l'indegnazione de' suoi parenti, che lo abbandonarono affatto.
Tartini tanto più trovossi smarrito, che essendo la sua moglie della
famiglia del vescovo di Padova il card. Giorgio Cornaro, aveva altresì a
temere il processo, che questi doveva intentargli. Non restogli altro
partito che di lasciare la sua donna in Padova, e di fuggirsene in Roma
travestito da pellegrino. Non trovando in niun luogo sicurezza, andò
vagando di paese in paese; finalmente il gran convento dei francescani
in Assisi, il di cui guardiano era suo parente, gli offrì un asilo
sicuro contro la persecuzione del cardinale. Restò egli quivi due anni,
ed applicossi allo studio del violino, che aveva quasi totalmente
negletto in Padova. Le lezioni del _P. Boemo_, celebre organista di quel
convento, terminarono d'iniziarlo nell'arte della musica. Un altro
vantaggio, ch'egli trasse da quel solitario soggiorno, fu una totale
mutazione del suo carattere. Di violento e collerico ch'egli era,
divenne moderato, e mercè questo genere di vita laborioso e tranquillo
perdette per sempre i difetti, che cagionato avevano la sua
disavventura. Il suo ritiro era lungamente rimasto ignoto; un non
previsto accidente il fè discoprire. Sonando di violino nel coro della
chiesa, un colpo di vento portò via la cortina, che ne impediva la vista
agli astanti, ed ei fu riconosciuto da un abitante di Padova. Tartini si
ebbe per perduto: ma qual fu la sua sorpresa, allorchè quegli gli diè
nuova, che il cardinale lo aveva perdonato, e cercava di lui per
condurlo in braccia alla sua sposa! Di ritorno a Padova, egli fu
chiamato in Venezia per esser membro di un'accademia, che doveva
formarsi sotto gli auspicj del re di Polonia. Egli vi si rese con la sua
sposa: ebbe colà occasione di sentire il cel. violinista _Veracini_ di
Firenze, e restò talmente sorpreso della sua maniera di sonare ardita e
nuova, che amò meglio lasciar l'indomani Venezia, anzicchè entrar con
lui in concorrenza. Mandò sua moglie a Pirano in casa di suo fratello, e
ritirossi ad Ancona per vie meglio attendere allo studio del suo
stromento. Fu da quest'epoca (nel 1714), ch'egli da se creossi un nuovo
modo di sonar di violino: fu anche allora che scoprì _il fenomeno del
terzo suono_, ossia della risonanza della terza nota dell'accordo,
allorchè si suonano le due note di sopra. Nel 1721, fu egli posto alla
testa dell'orchestra di S. Antonio di Padova: questa cappella, una delle
migliori d'Italia, aveva quaranta musici, dei quali sedici eran
cantanti. Nel 1723, fu chiamato a Praga per l'incoronazione
dell'imperatore Carlo IV, e vi restò per tre anni insieme col suo amico
Antonio Vandini, suonatore di violoncello al servigio del conte Kinsky.
Quivi fu, che il sentì Quanz che così ne parla: _Tartini è un violinista
di primo ordine; produce de' suoni bellissimi. Le sue dita, il suo arco
del pari gli ubbidiscono bene: eseguisce senza stento le più difficili
cose, fa a perfezione con tutte le dita dei trilli, e fin anco dei doppj
trilli, e suona molto negli acuti. Ma la sua esecuzione non tocca
affatto; non è nobile il suo gusto; ed assai volte ancora è tutto
opposto alla buona maniera_. Tartini senza dubbio seppe acquistar poi
dal canto dell'espressione, e del gusto quel, che a giudizio di Quanz,
mancavagli allora; poichè ogni volta che sentiva sonar con destrezza, ma
senz'anima, _quest'è bello!_ diceva, _quest'è difficile! ma non parla al
cuore_. Da Praga tornò coll'amico Vandini a Padova, e da quel tempo in
poi nulla potè risolverlo ad accettare un servigio straniero, malgrado
le più vive, e le più vantaggiose sollecitazioni. Nel 1728 fondò in
Padova, una scuola di musica, e pochi maestri hanno formato ormai così
bravi scolari. Gli Italiani chiaman Tartini _il maestro delle nazioni_.
La di lui scuola ha provveduto di gran musici la Francia, l'Inghilterra,
l'Alemagna, e l'Italia. Pagin intraprese espressamente il viaggio di
Padova per formarsi sotto la direzione di Tartini. Nardini, Alberghi,
Bini, Ferrari, Carminati, mad. Sirmen, Lahoussaye e Capuzzi, nomi
illustri, e tutti suoi allievi. Questo gran maestro si rese benemerito
dell'arte per tutti quei mezzi che contribuiscono all'avanzamento di
essa. Egli era per natura uom riflessivo, perspicace, voglioso
dell'ottimo, paziente de' penosi indugj, e non isbigottito delle
difficoltà, che convien vincere per conseguirlo. Sì nel _comporre_, che
nell'_eseguire_ egli è stato _vero inventore_; ed ecco fin dove il
condussero l'osservazione e la sperienza. Osservò egli in primo luogo,
che il violino è per natura uno stromento acuto e stridente; che chi lo
arma di cordicelle sottili non ne può trar altro, che un suono fievole e
smilzo. Si avvisò quindi di armarlo di corde grosse un pò più
dell'usato. Con questa leggiera mutazione sentì addolcirsi la crudezza
natía, ed uscirne più grato e più morbido il suono. Osservò poscia, che
l'arco usato dalla scuola Corelliana è troppo corto; che però uno appena
in venti di quella scuola riesce a cavar una voce piacevole, bella, e
pastosa. Laonde ei si pose ad usar arco più steso, non trovandovi niun
de' difetti, e tutt'i vantaggi dell'arco breve. Da questi saggi
cambiamenti passò egli tosto ad un doppio studio, l'uno del modo
d'adoprar l'arco, faticando per impadronirsene sì nel guidarlo allo in
su, che allo in giù, sì nel trar senza stento e secondo il bisogno or
lunghe e melodiose, or brevi e snelle le arcate. Con siffatte minute
attenzioni, delle quali ogni egregio suonatore, e niun mediocre o
cattivo ravviserà l'importanza, pervenne il Tartini a singolar
eccellenza nel suono. Vediamo or pure, quanto egli nel comporre siasi
dipartito altresì dall'uso comune: nel che riuscì meglio a riprendere e
schivare gli altrui difetti, che a vedere e correggere i suoi. Quando
Tartini cominciò ad apparire, dominava ancora tra gli scrittori d'Italia
quel barbaro gusto delle fughe, de' canoni, e di tutti in somma i più
avviluppati intrecci d'un ispido contrappunto. Questa increscevol pompa
di armonica perizia, questa gotica usanza d'indovinelli e di logogrifi
musicali: questa musica gradita agli occhi, e crudel per gli orecchi,
piena d'armonia e di romore, e vuota di gusto e di melodia, fatta
secondo le regole, seppure le regole hanno l'atrocità di permettere di
far cose dispiacevoli, fredde, imbrogliate, senz'espressione, senza
canto, senza leggiadría, qual altro pregio veracemente aver può, che
quel di abbagliar gli eruditi, e di uccidere per la fatica il
compositore, e per la noja i dormigliosi ascoltanti? Tartini sedotto sul
principio dall'amor del difficile, si logorò anch'egli per qualche
tempo, e stese alcune sonate in questo gergo enigmatico e sibillino. Ma
di poi avvedutosi, che tal profusione di scienza, ben raro è il caso,
che riesca opportuna, e ancor più raro che ella rechi diletto, se prima,
come fa il pittore, aveva cercato il maraviglioso aggiugnendo; si volse
poscia a cercare il bello, come lo scultore, togliendo. E in fatti
quanto egli ha scritto dopo tal suo ravvedimento, tutto spira la nobile
semplicità, linda e schietta è pur sempre l'armonia: intelligibile e
andante il pensiero; sgombra di rancidumi la cantilena. (_V. Cont. S.
Raffael. lett. 2_). Egli ebbe inoltre due pregi insigni, dov'egli non
soffre eguali. Il primo d'aver un metodo esatto, e limpidissimo
d'insegnar l'arte. I suoi precetti eran sì chiari, e sì precisi, che lo
scolare, seppur non era un gonzo madornale, preveniva il maestro, e
godea di suggerirgliene gli esempli. L'altro suo pregio raro ben anco e
prestante si era l'essere scevro affatto d'invidia, di gir sommamente
guardingo nel dar giudizio dell'altrui valore, di largheggiar nelle lodi
senz'adulazione, e di accennare i difetti senza livore, da solo a solo,
non pel piacer inumano di riprendere, ma pel vero vantaggio del ripreso,
cui moderatamente avvertiva, dicendogli i motivi della sua
disapprovazione, udendone chetamente le discolpe, cedendo se si trovava
convinto, soffrendo in pace, che non gli si desse ragione da quegli
ostinati, che non credono mai d'aver torto. Tal era l'indole, e il
merito di questo eminente caposcuola nell'arte del suono. Ci resta ora a
considerarlo come _autore_, ed _inventore_ di un nuovo sistema di teoria
musicale, sotto il quale riflesso, se censure piuttosto che lodi
verranno da me riferite, il farò protestandomi di non voler in nulla
derogare al rispetto, che per altri titoli a sì grand'uomo è dovuto.
All'epoca in cui si credeva non poter dare alla musica un fondamento
nella natura, se non con darlene uno nella fisica, Tartini ebbe la
debolezza, come in Francia Rameau, di cedere a questa bizzarría. Volle
egli creare un sistema, prendendo per la sua base _il fenomeno del terzo
suono_, sistema, che non è stato possibile a capirsi da niuno per le
folte profonde tenebre che lo involvono, e che l'autore senza dubbio non
ha saputo egli stesso comprendere. A tale oggetto diè egli fuori il suo
_Trattato di musica secondo la vera scienza dell'armonia_, Padova 1754,
in 4º. Tartini sin dal 1714, aveva osservato la coesistenza di un suono
grave uguale all'unità, e se ne serviva come di base alla sua scuola: ma
non rese pubblica questa sua scoverta, che nel 1754 in quel suo
trattato; onde è che se gli ha voluto torre l'onor dell'invenzione, con
attribuirla alcuni a M. Sorge, altri a M. Romieu. “Ma il suo libro, dice
M. d'Alembert, è scritto in una maniera così oscura, che ci è
impossibile il recarne alcun giudizio; e ben si sa averne in tal guisa
altresì giudicato Letterati di gran nome.” Tali furono il Rousseau, che
dandone un estratto nel suo Dizionario sembra tuttavia preferir le idee
di Tartini a quelle di Rameau; tali il Scheibe, il Forkel tra i
tedeschi, l'Eximeno, il Bettinelli e più altri. M. Serre di Ginevra nel
2º cap. delle sue _Osservazioni su i principj dell'armonia_ fece delle
oggezioni al sistema del Tartini, a cui oppose egli: _Risposta di G.
Tartini alla critica del di lui trattato di musica di M. Serre_, Venezia
1767, in 8º. E cercando di evitare i difetti oppostigli da M. Serre, diè
al pubblico: _Dissertazione de' principj dell'armonia musicale,
contenuta nel diatonico genere_, Padova 1767, in 4º. M. Mercadier nel
Discorso preliminare al suo _Nouveau système de musique_ fa la
confutazione dell'algebra posta in uso dal Tartini nel suo sistema:
finalmente il dottissimo Eximeno impiega un capitolo della sua opera per
confutare i raziocinj di fisica e di metafisica, i calcoli e le
singolari dimostrazioni geometriche della sua teoria. “Tartini non
avendo avuto, egli dice, che un lume superficiale di matematica e di
filosofia, si abusò dei vocaboli di queste scienze per iscrivere un
_Trattato dell'armonia_, che niuno ha potuto finora intendere, e credo
che neppur l'A. intendesse se stesso. Se altri più avveduti filosofi
hanno vaneggiato, ognun può figurarsi, qual caos d'illusioni si formi il
Sig. Tartini. Comincia a vedersi qualche lume allorchè fa egli
utilissime riflessioni circa l'accompagnamento, ed altre materie di
pratica, dalle quali si scorge, che il Tartini avrebbe potuto illustrar
la teorica, come illustrò la pratica, se la matematica e la fisica non
avessero sconcertata la sua fantasia.” (_l. 1 c. 4_). L'illusione del
suo spirito giunse al segno di credere che avesse nel suo sistema _la
prova dell'uno e trino_, com'egli stesso lo affermò all'ab. Bettinelli
(_V. Risorgiment. c. 4_). Egli conservò sino alla morte queste idee
metafisico-teologiche, e lasciò morendo al P. Colombo la cura di
pubblicare un suo _Trattato sulla teoria del suono_, ove essendosi
trovate siffatte chimere, fu stimato miglior consiglio il non darlo a
luce. Maggior profitto può trarsi dagli altri libri, che ci restan di
lui, in riguardo alla pratica del suono. Nel t. V dell'Europa letteraria
1770, è stata inserita una sua _Lettera alla Sig. Maddalena Lombardini_
(mad. Sirmen), _inserviente ad una importante lezione per i suonatori di
violino_. M. Fayolle ne ha dato l'originale in francese nel 1810. In
fronte alle sue nove opere si trova impressa altresì _l'arte dell'arco_,
di cui ne ha data una nuova edizione M. Cartier nel 1812. L'ab. Fanzago
parla di un manoscritto che ha per titolo: _Lezioni sopra i varj generi
di appoggiature, di trilli, tremoli, e mordenti ec._ Mr Denis ne ha
pubblicata una traduzione in francese. Per la musica vocale non
conosciamo altro di Tartini, che il _Miserere_ eseguito il mercordì
santo del 1768 nella cappella Sistina in Roma dinanzi il papa Clemente
XIII, che il barone Ag. Forno palermitano, il quale era presente, dice
nel suo elogio di Tartini, che questa composizione merita il primo luogo
tra tutte quelle dell'autore. Tartini morì in Padova tra le braccia del
suo favorito allievo Nardini, a dì 16 Febbraio 1770. Il carattere morale
di questo grand'uomo merita somma lode. Egli usò sempre la moderazione
di Socrate verso la moglie, che era a suo riguardo una vera Santippe,
riottosa e caparbia. Sosteneva molte indigenti famiglie, e molti orfani
a sue spese: dava anche delle lezioni gratuite a quegli, che volevano
imparar la musica, e non avevano i mezzi onde pagare i maestri. Il posto
ch'egli occupò per trent'anni non gli valeva che 400 ducati, e non era
obbligato a sonare che nelle grandi festività. Non lasciava tuttavia
passar settimana in cui non sonasse più volte. Giulio Meneghini suo
succesore dispose in suo onore la funebre pompa che celebrossi nella
chiesa de' Serviti. L'ab. Fanzago profferì il suo elogio, e la cappella
di S. Antonio eseguì un _Requiem_ composto dal P. Vallotti. Il conte
Algarotti attesta, che il Tartini prima di comporre era uso leggere un
qualche sonetto del Petrarca, cui somigliava moltissimo nella
delicatezza del sentimento, affinchè avesse un oggetto determinato a
dipignere; e non perdesse mai di vista il motivo, o soggetto. Così in
fatti nelle sue sonate la più gran varietà vien sempre sposata alla più
perfetta unità.
TAUSHER (J. G.), morto verso il 1787, si crede esser l'autore di un
_Saggio d'istruzione sulla disposizione de' registri dell'organo, e la
maniera di perfezionare in generale questi instromenti_, Waldenburgo
1775. Vi si trova in fine una relazione di un soffietto, nuovamente
inventato dai fratelli Wagner, costruttori di organi, e di cui si è
fatto uso nella costruzione dell'organo di Hohenstein.
TAYLOR (John Brook), cel. matematico inglese, e secretario della Società
reale di Londra, fu il primo che nella sua opera, _Methodus
incrementorum directa et inversa_ (Londra 1715), giunse a dimostrare con
esattezza e con rigore geometrico il problema su le vibrazioni delle
corde sonore, e sottomettere al calcolo il moto delle corde oscillanti.
Taylor morì in Londra nel 1731.

TEDESCHI (Giov.), detto _Amadori_, e più conosciuto sotto questo nome,
fu uno de' più gran cantanti della cel. scuola di Bernacchi. Dopo aver
figurato moltissimo ne' più rinomati teatri dell'Italia e della
Germania, prese in Napoli nell'anno 1773 l'impresa del R. teatro di S.
Carlo. Conoscitore ch'egli era della buona musica, e fissar volendo la
volubilità del gusto napoletano, indusse Jommelli a scrivere per quel
teatro l'_Armida_, e un pò dopo il _Demofoonte_. Amadori avendo per se
tratto gran profitto dall'ottima riuscita della musica di questi due
drammi, andò in Roma, dove era ito a scriver Jommelli, non avendolo
potuto persuadere per lettere, che gli componesse un terzo, che fu
l'_Ifigenia_, e gli offerse doppia ricognizione. Ma per una fatalità
incredibile essendo in teatro caduta questa musica, Jommelli restituì
generosamente all'impresario Amadori i scudi seicento, prezzo convenuto
dell'Ifigenia, col dire, che avendo sbagliata l'opera, doveva aver
riguardo al di lui interesse nel metterne un'altra; atto magnanimo e
virtuoso, dice il Mattei, che vale per la sua gloria più assai di cento
opere ben incontrate. Tedeschi viveva ancora nel 1775.
TELEFANE di Samo, celebre maestro di canto e suonator di flauto fu
amicissimo dell'oratore Demostene. Narra costui che dovendo per incarico
della sua tribù mandare al concorso del premio ne' pubblici giuochi i
giovani più abili nel canto, stava per esser tradito dalla trascuratezza
di _Midia_, che loro aveva dato per maestro. Pochi giorni prima del
concorso avvisato dell'inganno, Demostene licenziato _Midia_ dalla
scuola, scongiurò l'amico Telefane a fare in modo, che sotto la sua cura
supplissero in que' giorni le lezioni, che i ragazzi avevano perdute
fino a quell'ora, acciocchè non facessero disonore alla sua tribù. La
maestria di Telefane fu tale, che li dispose con sugose lezioni di
armonìa; ed i ragazzi e Demostene fecero bella figura. Viaggiando
Pausania per la Grecia trovò un magnifico mausoleo innalzato con una
eccellente iscrizione in Megara da Cleopatra sorella del grande
Alessandro alla memoria di questo cel. suonatore. Plutarco riferisce,
che egli non solo non faceva uso d'imboccatura nel suonare il flauto, ma
che cercava di persuadere eziandio i costruttori a non metterne nei loro
strumenti. Fu per questa ragione ch'egli non volle entrar mai in lizza
ne' giuochi pitici (_V. Requeno t. 1_).
TELEMANN (Giorgio Filippo), nato a Magdeburgo fu uno de' più fecondi
compositori. Hendel diceva di lui, che scriveva un pezzo di musica a
otto parti colla stessa facilità con cui un altro scriverebbe una
lettera. Egli mostrò principalmente nella musica di chiesa uno
straordinario talento: ma avea più scienza, che gusto, e le sue opere
per teatro sono del tutto obliate. Morì in Hamburgo nel 1767. Egli fu
membro della Società musicale di Mitzler, che gli diè un vasto campo a
far delle ricerche sulla teoria. Abbiamo di lui: 1. _Descrizione
dell'organo di Castelli_; 2. _Istruzione sul trasporto_; 3. _Sistema de'
suoni, e degli intervalli, con ispiegazioni_, Hambourg 1767.
TELEMANN (Michele), nipote del precedente nato nel 1748 fu precettore
nella scuola musicale della cattedrale di Riga. Degno del suo avo non fu
men di lui profondo teorico. Nel 1773 diè egli al pubblico _Unterricht_
ossia _Elementi del basso continuo_. Nel 1785 fece stampare a Lipsia
un'altra opera in fol. col titolo di _Memorie sulla musica di chiesa_,
in tedesco. Vi si trovano delle _Messe_ a gran cori, e _Sanctus_ di sua
composizione.
TELESTE di Selinunte in Sicilia, cel. musico e poeta lirico nel quinto
secolo prima dell'era cristiana. Ateneo (_l. 14_) fa di lui menzione, e
reca un frammento di un suo Poema sull'avventura di Pallade, che sonando
la tibia si avvide in un fonte, che il suo volto divenivane sconcio, e
la gittò via. E poco appresso adduce ancora un passo del di lui _Imeneo
Ditirambico_ dove ei favella di uno istromento musico di cinque corde,
chiamato _Magade_.
TEMPELHOF (Giorgio-Feder.), dopo il 1786 precettore del R. principe di
Prussia per le matematiche, pubblicò a Berlino _Riflessioni sul
temperamento di Kirnberger, con una Istruzione per accordare di una
facil maniera gli organi, i cembali e li forte-piano_, 1775.
TEOFRASTO, nativo di Eresia città di Lesbo, filosofo greco. Platone fu
il primo suo precettore, dalla cui scuola passò a quella di Aristotile.
Costui invaghito della facilità del suo spirito, e della leggiadria
della sua elocuzione, cambiò il suo primo nome di Tirtamo in quello di
Eufrasto, che _buon parlatore_ significa, e un tal nome non rispondendo
abbastanza all'alta stima, ch'egli concepito avea della bellezza del suo
ingegno, e del suo dire, lo chiamò _Teofrasto_, cioè un _uomo di lingua
divina_. Aristotile, obbligato a sortire d'Atene, lasciò la sua scuola,
l'anno 322 prima di G. C. a Teofrasto. Il di lui nome divenne così
celebre in tutta la Grecia, ch'egli giunse ad aver nel suo liceo oltre a
due mila scolari: ebbe la stima e la familiarità di più Sovrani:
Cassandro re di Macedonia fu suo amico, e Tolomeo figlio di Lago primo
re dell'Egitto trattenne sempre seco uno stretto commercio. Teofrasto
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