Annali d'Italia, vol. 1 - 09
Süzlärneñ gomumi sanı 4444
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1670
37.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
52.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
60.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
condannar e cacciare in esilio Abudio Rufo, cioè l'accusatore di
Lentulo Getulico. Videsi in questo anno in Grecia un giovane[167], che
spacciatosi per Druso figliuolo di Germanico, trovò di molti aderenti
in quelle contrade; e se gli riusciva di passare in Soria, a lui si
sarebbe verisimilmente unito quell'esercito. Ma preso da Pompeo Sabino
governator della Macedonia, fu inviato a Tiberio. Tacito scrive[168]
ciò avvenuto tre anni prima, quando era tuttavia vivente lo stesso
Druso in prigione: il che, se fosse vero, potrebbe questo avvenimento
aver dato impulso alla morte del medesimo Druso. Da esso Tacito fu
ancora scritto che nel presente anno si lasciò veder di nuovo dopo
alcuni secoli l'augello Fenice nell'Egitto, con rapportarne la mirabil
genealogia. A simili favole oggidì non si presta fede. Plinio e Dione
mettono due anni dappoi lo scoprimento di questo non mai più risorto
uccello.
NOTE:
[162] Dio, lib. 58.
[163] Seneca, de benefic., lib. 2, cap. 21.
[164] Sueton., in Vitellio, c. 2.
[165] Seneca, lib. 2 et 4 de Benefic.
[166] Dio, lib. 58. Tacit., lib. 4, cap. 19.
[167] Dio, lib. 58.
[168] Tacit., lib. 5, c. 10.
Anno di CRISTO XXXV. Indizione VIII.
PIETRO APOSTOLO papa 7.
TIBERIO imperadore 22.
_Consoli_
CAJO CESTIO GALLO e MARCO SERVILIO MONIANO.
Si celebrarono in quest'anno[169] le nozze di _Cajo Caligola_, nipote
per adozione di Tiberio, con _Claudilla_, figliuola di Marco Silano,
in Anzo. V'intervenne lo stesso Tiberio, non avendo voluto neppure per
occasion sì propria lasciarsi vedere in Roma, perchè non gli piacea di
trovarsi presente alle sanguinarie esecuzioni, che ivi tuttavia si
continuavano d'ordine di lui, non mai sazio di perseguitare chiunque
fu stretto d'amicizia con Sejano. Fin qui aveva egli sofferto Fulcinio
Trione, che fu console nell'anno della caduta del medesimo Sejano,
anzi la buona gente il riputava molto favorito da lui. Ora solamente
era per iscoppiare il fulmine sopra di lui; ma ciò presentito da
Trione, si uccise colle proprie mani dopo aver fatto un testamento, in
cui vomitò quante ingiurie potè contra di Tiberio e di Macrone, e dei
liberti della corte. Non si attentavano gli eredi suoi di pubblicare
un sì obbrobrioso scritto. Avutane contezza Tiberio, volle che si
portasse e leggesse nel senato per guadagnarsi il plauso di principe
sofferente dell'altrui libertà, giacchè punto non si curava della
propria infamia, nè che si scoprissero le iniquità da lui commesse per
mezzo di Sejano, ben sapendo che non erano cose ignote al pubblico.
Uso certamente suo fu il non mai volere che si occultassero i libelli
infamatorii fatti contra di lui, parendo quasi che riputasse sue lodi
le sue vergogne. Altri senatori ed altri nobili, annoverati da
Tacito[170] e da Dione, o per mano propria o per quella del carnefice
terminarono in quest'anno la lor vita; ed uno fra gli altri merita
d'essere rammentato, cioè Poppeo Sabino, poco fa da noi veduto, che
dopo il consolato, per ventiquattro anni avea governato la Macedonia,
l'Acaia e le due Mesie, e col darsi la morte schivò il giudizio.
Soggiornava in questi tempi Tiberio in vicinanza di Roma, per poter
più speditamente aver il piacere d'intendere l'esecuzione de' suoi
tirannici comandamenti[171]. Fu allora, che vennero a Roma alcuni
nobili Parti, segretamente, cioè senza saputa del re loro _Artabano_,
per chiedere a Tiberio _Fraate_, figliuolo del fu _Fraate_ re. Era
montato Artabano in gran superbia, dacchè la vecchiaia di Tiberio, e
il suo abborrimento alla guerra, aveano scemata in molti la stima e
paura dell'armi romane. Essendo mancato di vita _Zenone_ o sia
_Artassia_, già creato dai Romani _re dell'Armenia_, Artabano avea
occupato quel regno, e messovi _Arsace_, uno dei suoi figliuoli, per
re, con assalir dipoi la Cappadocia, e minacciar anche di peggio i
Romani. Inimicossi oltre a ciò i suoi colla soverchia alterigia, e lor
diede ansa che ricorressero a Tiberio. Fu dunque mandato _Fraate_ in
Soria per isperanza che i Parti si moverebbero in favore di lui; ma
perchè v'andò con poca fretta, ebbe tempo Artabano di premunirsi, e
Fraate ammalatosi morì. Non lasciò Tiberio per questo di accudire agli
affari dell'Armenia, e costituito Lucio Vitellio, cioè il padre di
_Vitellio_, che fu col tempo imperadore, per generale dell'armata
romana in Levante, mosse anche i re d'Iberia e i Sarmati contra di
Artabano. Lasciatisi corrompere i ministri di Arsace, già divenuto re
dell'Armenia, tolsero a lui la vita; ed entrate in quel paese le
truppe dell'Iberia sotto il comando del re _Farasmane_, presero
Artasata capitale del regno. Allora Artabano spedì Orode altro suo
figliuolo contra di Farasmane con parte delle sue forze[172]. I Parti,
benchè inferiori di gente, vollero battaglia; ma o sia che Orode vi
fosse ucciso, o che la nuova ch'egli fosse ferito passasse in credenza
di morte, la vittoria si dichiarò per Farasmane, al cui fratello
_Mitridate re dell'Iberia_ fu conceduta l'Armenia. Diedesi dipoi una
seconda battaglia da Artabano, ma svantaggiosa anch'essa per lui; e
perchè nello stesso tempo seppe che Lucio Vitellio coll'armi romane si
accingeva a passar l'Eufrate per entrar nella Mesopotamia, abbandonato
ogni pensier dell'Armenia, si ritirò alla difesa del proprio paese.
Era allora l'Eufrate il confine tra l'imperio romano e il partico o
sia persiano.
NOTE:
[169] Dio, lib. 58.
[170] Tacitus, lib. 6, c. 38.
[171] Tacitus, l. 6, c. 31. Dio, lib. 58.
[172] Joseph., Antiq. Judaicarum, lib. 18, c. 6.
Anno di CRISTO XXXVI. Indizione IX.
PIETRO APOSTOLO papa 8.
TIBERIO imperadore 23.
_Consoli_
SESTO PAPINIO ALLENIO e QUINTO PLAUTIO.
Non è ben chiaro, se Lucio Vitellio, fabbricato un ponte sull'Eufrate,
coll'esercito romano passasse in questo o nel precedente anno in
Mesopotamia. Certo è bensì che passò, e all'arrivo suo i primati de'
Parti si scoprirono allora alienati dall'ossequio verso del re
_Artabano_[173], e congiunsero le loro armi coi Romani. Trovavasi con
Vitellio anche _Tiridate_, parente del defunto re Fraate. Veduta così
bella disposizion dei Parti in suo favore, per consiglio di Vitellio,
prese il cammino alla volta di Seleucia, città potente, che gli aprì
con gran festa le porte, ed Artabano, veggendosi abbandonato de' suoi,
se ne fuggì. Intanto Vitellio, contento di aver fatta la sua sparata
con far conoscere a que' popoli la possanza romana, e credendo già
assicurato il regno a Tiridate, se ne tornò colle sue legioni in
Soria. Fu coronato Tiridate in Ctesifonte, capitale del regno dei
Parti. S'egli avesse proseguito il corso di sua fortuna con visitar
tutto il paese, e ridurre chiunque titubava alla sua fede, interamente
il regno sarebbe stato di lui. Ma essendosi egli impegnato
nell'assedio di un castello, dove Artabano avea ridotto il tesoro e le
concubine sue, alcuni di que' grandi, che non erano intervenuti alla
coronazione o per paura di Tiridate, o per invidia che portavano ad
Abdagese, ministro favorito di lui, andarono a trovar Artabano per
rimetterlo sul trono. S'era questi ritirato nell'Ircania, dove da
povero uomo vivea, guadagnandosi il vitto con la caccia. Credette egli
a tutta prima che fossero venuti costoro per assassinarlo. Rassicurato
da essi, e presa seco una mano di Sciti, si mise con loro in cammino,
e trovata la gente che senza difficoltà tornava alla sua divozione,
ingrossato di forze, s'indirizzò verso Seleucia. Stette in forse
Tiridate, se dovea andargli incontro per dargli battaglia. Prevalse
l'opinion dei dappoco, il primo de' quali era il medesimo Tiridate; e
però egli si ridusse in Soria, con isperanza che l'esercito romano
avesse da prestargli aiuto per ricuperare il perduto regno, di cui con
tutta facilità Artabano ripigliò il possesso. Vitellio non volle altro
impegno, ed all'incontro Artabano diventò più che mai orgoglioso, e
poco mancò che non portasse la guerra nel territorio romano. Non è
inverisimile, che questo fosse il tempo in cui egli scrisse una
lettera di fuoco a Tiberio[174], rinfacciandogli la sua crudeltà, la
vergognosa libidine e la poltroneria, ed esortandolo ad appagar
prontamente l'odio universale e giustissimo de' popoli con darsi la
morte da sè medesimo.
Due disavventure afflissero Roma nell'anno presente, cioè una fiera
inondazione del Tevere, per cagione di cui in molte parti della città
fu necessario l'andar colle barche, e un incendio che guastò gran
copia di case nel monte Aventino e la metà del Circo[175]. Tiberio in
questa occasione, dimenticata l'innata sua avarizia, sovvenne con
abbondanza d'oro al bisogno di chiunque avea patito. Che per altro
amava Tiberio di conservare e d'accrescere il suo tesoro, nè si sa che
egli lasciasse alcuna fabbrica insigne, fuorchè il tempio innalzato ad
Augusto, e la scena del teatro Pompeo. E neppur queste, se crediamo a
Svetonio, le perfezionò. Non passò l'anno presente, senza che si
vedessero le usate scene delle accuse e della crudeltà di Tiberio
contra de' nobili. Cajo Galba, già console e fratello di chi fu dipoi
imperadore, due Blesi ed Emilia Lepida prevennero, con darsi la morte,
i colpi del carnefice. Vibuleno Agrippa, cavalier romano, accusato,
prese in faccia del senato il veleno che portava in un anello. Caduto
a terra moribondo, e strascinato alle carceri, fu quivi
frettolosamente strozzato per occupargli i beni. _Tigrane_, già re
dell'Armenia[176], e nipote del fu Erode re della Giudea, detenuto
allora in Roma, ed accusato, lini anch'egli i suoi giorni per mano del
pubblico ministro. Trattenevasi in Roma allora anche suo fratello
_Agrippa_, ed avea contratta una famigliarità sì grande con Cajo
Caligola, nipote per adozion di Tiberio, che pareano due fratelli.
Racconta Giuseppe storico, che essendo un dì amendue a divertirsi
condotti in un cocchio, Agrippa per adular Cajo gli disse, essere ben
tempo che quel vecchio di Tiberio cedesse il luogo a lui, perchè
allora tornerebbe la felicità in Roma. Furono ascoltate queste parole
da Eutico liberto d'Agrippa, che gli serviva di carrozziere; e
perciocchè costui, per aver fatto un furto al padrone, fu
imprigionato, allora si lasciò intendere d'aver qualche cosa da
rivelare attinente alla conservazion della vita dell'imperatore. Fu
perciò inviato a Capri, dove era Tiberio, e tenuto un pezzo nelle
catene senza esaminarlo. Lo stesso Agrippa stoltamente tanto si
adoperò, che Tiberio trovandosi nel settembre di questo anno a
Tuscolo, oggidì Frascati, vicino a Roma, fece venir Eutico, il quale
alla presenza d'Agrippa rivelò quanto avea udito nel giorno suddetto.
Ordinò immantinente Tiberio a Macrone capitan delle guardie di far
incatenare Agrippa, a cui non valsero nè le negative, nè le suppliche
per esentarsi da quell'obbrobrio. Stette egli nelle carceri tanto che
Tiberio finì di vivere, ed allora ne uscì, siccome vedremo fra
poco[177]. Un augurio della morte d'esso Tiberio fu dai superstiziosi
Romani creduta quella di Trasullo, succeduta nell'anno presente[178].
Costui era il più favorito astrologo ed indovino che si avesse
Tiberio; imperciocchè oltre modo si dilettò questo imperadore della
strologia giudicaria, arte piena di vanità e d'imposture, che egli
stesso condannava in casa altrui. E quantunque scrivano Tacito,
Svetonio e Dione, che Tiberio, per mezzo di essa, predicesse a Galba
il suo corto imperio, e la morte del giovinetto Tiberio suo nipote per
ordine di Caligola, e ch'egli sapesse ciò che doveva avvenire a sè
stesso in cadauna giornata: simili racconti più sicuro è il crederli
dicerie del volgo. Allorchè Tiberio stette come esiliato in Rodi,
studiò forte quest'arte, che in que' tempi era spacciata dai Caldei
dappertutto. Quanti professori capitavano a Rodi, Tiberio,
accompagnato da un solo robusto liberto, li conduceva in un alto
scoglio, e metteali alla prova d'indovinargli il passato o l'avvenire.
Se non ci coglievano, dal liberto erano precipitati in mare, senza che
alcuno ne avesse contezza. Trasullo capitato colà, fu menato da
Tiberio in que' dirupi, e gli predisse l'imperio; ma soggiungendo
Tiberio che gli sapesse dire anche l'anno e il giorno della propria
natività, s'imbrogliò l'indovino, e confessò tremando di non saperlo,
ma che ben sapea d'essere imminente la propria morte. Tra per la buona
nuova dell'imperio, e la conoscenza del pericolo in cui si trovava
costui, Tiberio l'abbracciò, e il tenne dipoi sempre in sua corte.
Perchè la morte di costui facesse credere vicina quella di Tiberio,
qualche predizione di cui si dovea essere intesa.
NOTE:
[173] Tacitus, lib. 6, c. 42.
[174] Sueton., in Tiber. cap. 66.
[175] Tacitus, lib. 6, cap. 45. Dio, lib. 58.
[176] Tacitus, lib. 6, c. 40. Joseph., Antiquit. Judaic., lib. 18.
[177] Dio, lib. 58.
[178] Tacit., lib. 6, cap. 21.
Anno di CRISTO XXXVII. Indizione X.
PIETRO APOSTOLO papa 9.
CAJO CALIGOLA imperad. 1.
_Consoli_
GNEO ACERRONIO PROCOLO e CAJO PETRONIO PONTIO NEGRINO.
Ho aggiunto il nome di _Petronio_ al secondo di questi consoli, perchè
una iscrizione, riferita dal Fabretti[179], fu posta CN. ACERRONIO
PROCVLO, C. PETRONIO PONTIO NIGRINO COS. In vece di _Negrino_ egli è
appellato _Negro_ da Svetonio[180], siccome ancora una inscrizione da
me data alla luce[181]. Sino alle calende di luglio durò la dignità di
questi consoli. Appresso diremo a chi pervennero i fasci consolari.
Anche nei primi mesi dell'anno presente si continuarono in Roma le
accuse contra d'altre persone nobili; e perchè non erano accompagnate
da lettere di Tiberio, credute furono manipolazioni di Macrone
prefetto del pretorio, imitator di Sejano, e forse peggiore. Fra gli
altri Lucio Arruntio, personaggio illustre, già stato console, non si
potè impedir dagli amici, che, tagliatesi le vene, non si desse la
morte, allegando che un vecchio par suo non sapea più vivere, battuto
in addietro da Sejano ed ora da Macrone; e massimamente non essendo da
sperare miglior tempo sotto il successor di Tiberio, che anzi
prometteva peggio, e sarebbe governato dal medesimo Macrone; siccome
in fatti avvenne. Intanto, dopo essersi fermato Tiberio alcuni mesi
nei contorni di Roma senza mai volervi entrare, o perchè non si fidava
de' Romani, o perchè qualche impostore gli avea predette delle
disgrazie entrandovi, o pure perchè non voleva tanti occhi addosso
alla sua scandalosa vita, determinò di tornarsene alla sua cara isola
di Capri. Finora, benchè giunto all'età di settantotto anni, e benchè
perduto in una nefanda lascivia, avea conservata la rubustezza del
corpo, ed una competente sanità, camminava diritto come un palo, senza
volersi servire di medicine, e con fare il medico a sè stesso: giacchè
solea dire che l'uomo giunto all'età di trent'anni, non dee più aver
bisogno di medici per saper ciò che conferisca o sia nocivo alla
sanità. Ma egli si ritrovò infine sorpreso da una lenta malattia,
arrivato che fu ad Astura[182]. Potè nondimeno continuare il viaggio
sino a Miseno[183], celebre porto, dissimulando sempre il suo male, e
non men di prima banchettando con gli amici. Deluso dal suo poco prima
defunto strologo Trasullo, che gli avea predetto anche dieci altri
anni di vita, tenea per lontanissima tuttavia la morte. Fu creduto che
Trasullo con buon fine il burlasse con quella predizione, acciocchè
persuaso di vivere sì lungo tempo, non si affrettasse a far morire
tanti nobili ch'egli avea in lista. E certo non pochi si salvarono per
questo saggio ripiego, e fra essi alcuni già condannati, perchè ne'
dieci giorni di vita che si lasciavano loro dopo la sentenza, arrivò
la nuova della morte di Tiberio.
Fingeva dunque, secondo lo stile della sua dissimulazione, Tiberio di
sentirsi bene, tuttochè aggravato dal male, e ridotto a fermarsi nella
villa e nel palazzo che fu di Lucullo. Ma Caricle medico insigne, e da
lui amato, non già perchè volesse de' medicamenti da lui, ma per li
suoi consigli, destramente nel congedarsi da lui gli toccò il polso e
conobbe che s'avvicinava al suo fine. Ne avvisò Macrone, e questi
sollecitamente cominciò a disporre le cose per far succedere _Cajo
Caligola_ nell'imperio. Tre persone viveano discendenti in qualche
guisa da Augusto, e però capaci di succedere a Tiberio, cioè esso
_Caligola_ figliuolo di Germanico, nato[184] nell'anno 12 dell'Era
volgare, e però nel fiore di sua età. Questi, avendo Tiberio adottato
Germanico di lui padre, veniva perciò ad essere di lui nipote
legittimo. Ma egli era di pessima inclinazione, violento, e tendente
anche alla follia; e se n'era facilmente accorto Tiberio, di modo che
un dì ridendosi Cajo di Silla, celebre nella storia romana, Tiberio
gli disse: «A quel ch'io veggo, tu sei per avere tutti i vizii di
Silla, ma niuna delle sue virtù.» L'altro era _Tiberio Gemello_,
figliuolo di _Druso_, cioè del figlio naturale dello stesso Tiberio,
così appellato perchè nato con un altro fratello da _Livilla_ nel
medesimo parto. Ma non avea che diciassette anni, e però non per anche
capace di governare un sì vasto imperio. Il terzo era _Tiberio
Claudio_, fratello del suddetto Germanico, in età bensì virile, ma di
poca testa, e di niun concetto fra i Romani. Discordano gli autori in
dire chi fosse eletto da Tiberio per suo successore. Giuseppe storico
racconta un fatto, che ha ciera di favola[185]. Cioè che Tiberio,
incerto qual dei due de' suddetti suoi nipoti avesse egli da eleggere,
ne rimise la decisione al caso, con destinare di preferir quello che
la mattina seguente fosse il primo ad entrar in sua camera; e questi
fu Caligola, a cui poscia raccomandò il giovinetto Tiberio, quantunque
scrivano che per astrologia antivedesse che Cajo Caligola gli dovea
levare la vita. Altri[186] hanno detto che Tiberio non antepose il suo
natural nipote, perchè la scoperta amicizia di Livilla di lui madre
gli fece dubitare se fosse veramente figliuolo di Druso suo figlio.
Tuttavia pare che si accordino Filone Ebreo[187], Svetonio e Dione in
dire, che Tiberio in due suoi testamenti lasciò egualmente eredi
_Caligola_ e il giovane _Tiberio_.
Ora _Cajo Caligola_, per assicurarsi di prendere la fortuna pel
ciuffo, facea la corte a Macrone, potentissimo ufficiale, perchè
capitano delle guardie, cioè di diecimila soldati che erano il terrore
di Roma. Nè men sollecito era a farla ad Ennia Nevia di lui moglie;
anzi fu creduto che passasse tra loro un'infame corrispondenza, e di
ciò non si mettesse pena Macrone, giacchè anch'egli dal suo canto avea
dei motivi di guadagnarsi l'affetto di Cajo, perchè parea più facile
che in lui cadesse l'imperio. Però parlava sempre bene di lui a
Tiberio, scusandone i difetti, in guisa che un dì Tiberio gli
rimproverò questo grande attaccamento a Cajo con dirgli «d'essersi ben
avveduto ch'egli abbandonava il sole d'Occidente, per seguitare il
sole d'Oriente.» Era cresciuto il male di Tiberio[188], ed avea già
patito alcuni sfinimenti. Gliene arrivò uno specialmente nel dì 16 di
marzo così gagliardo, che fu creduto morto. Caligola uscì del palazzo;
a folla corsero i cortigiani a rallegrarsi con lui: quand'ecco esce
uno di corte, che riferisce essere tornato in sè Tiberio, e chiedere
da mangiare. Allora spaventati, chi qua, chi là, colla testa bassa
sfumarono. Cajo senza poter parlare, più morto che vivo ricorre a
Macrone. Ma questi, nulla atterrito, sa ben trovar tosto la maniera di
calmare l'altrui spavento. Non van d'accordo gli scrittori nel dirci,
come Tiberio si sbrigasse dal mondo. Seneca, citato da Svetonio,
scrisse che o sia che Tiberio si sentisse venir meno, o che la sua
famiglia l'avesse abbandonato, come è succeduto in tanti altri casi di
principi morti senza parenti, chiamò; e niuno rispondendo, si alzasse
dal letto, e poco lungi di là caduto, spirasse. Raccontano altri, che
Cajo Caligola gli avesse dato un lento veleno che l'uccise. Altri, che
sotto pretesto di riscaldarlo, Macrone gli facesse metter addosso di
molti panni che il soffocarono; ovvero che gli negasse da mangiare, e
il lasciasse morire per mancanza d'alimento. Finalmente scrissero
altri, che veggendo Caligola[189] come Tiberio non la volea finir da
sè stesso, lo strangolasse con le sue mani, o pure con uno origliere o
sia guanciale gli turasse la bocca, e il facesse ammutolire per
sempre. Comunque fosse, morì Tiberio nel suddetto giorno 16 di marzo.
Dione scrive nel dì 26. O dell'uno o dell'altro il testo è mancante.
Così cessò di vivere questo imperadore, dotato di grande ingegno, ma
per servirsene solamente in male; che finchè ebbe paura d'Augusto e di
Germanico, nipote e figliuolo suo adottivo, stette in dovere; che
simulatore e dissimulator sopraffino si mostrò delle false virtù, ma
poi si abbandonò in fine a tutti i vizii; che divenne abbominevole per
l'infame sua libidine, ma più per le sue crudeltà ed ingiustizie; che
niuno amava fuorchè sè stesso, che fu udito chiamar felice Priamo, per
essere morto dopo aver veduti morti tutti i suoi.
Non tardò _Cajo Caligola_ ad avvisare il senato dell'essere Tiberio
mancato di vita, con dimandare ancora che decretassero al medesimo gli
onori divini. Ma Tiberio era troppo odiato; e siccome il popolo romano
a questa nuova diede in risalti d'allegrezza, così commosso andava
lacerando la di lui memoria con tutte le maledizioni, e gridando _al
Tevere, al Tevere_, cioè il di lui corpo. Di questa commozione si
servì il senato per sospendere la risoluzion degli onori a Tiberio; e
Cajo venuto poi a Roma, più non ne parlò. Portato a Roma il cadavere
di Tiberio, fu bruciato secondo il costume d'allora; e con poca pompa
seppellito. Cajo fece l'orazione funebre; ma con poco encomio di lui,
impiegando le parole piuttosto in esaltare Augusto e Germanico suo
padre. Già si è detto, quanto fosse amato dai Romani esso Germanico
per le sue rare virtù, e Cajo appunto per essere di lui figliuolo,
comunemente era amato, giacchè non si erano per anche dati a conoscere
se non a pochi tutti i suoi vizii e difetti, che si trovarono poi
innumerabili. All'incontro, per l'odio d'ognuno contra di Tiberio, era
anche odiato _Tiberio Gemello_, natural nipote di lui. E però a Cajo
non fu difficile l'essere riconosciuto e confermato per imperadore, e
il fare che dal senato fosse cassato il testamento di Tiberio, per cui
egualmente lasciava ad esso Cajo e Tiberio Gemello l'amministrazion
dell'imperio. Così restò egli solo imperadore[190] colla podestà
tribunizia e coll'autorità ed arbitrio di far tutto, siccome attesta
Svetonio, benchè non usasse subito i titoli usati dai due precedenti
Augusti. Piena d'ammirazione e di giubilo rimase Roma tutta al vedere
con che mirabili e plausibili maniere Caligola desse principio al suo
governo; senza riflettere che diversa dal mattino suol essere la sera
di molti regnanti. _Caligola_, dissi, che così era volgarmente
chiamato con soprannome a lui dato, allorchè fanciullo trovandosi
all'armata in Germania, Germanico suo padre il facea vestir da
semplice soldato, e portare gli stivaletti, chiamati _Caligae_, e
usati allora nella milizia. Divenuto poi imperadore riputò egli come
ingiurioso e degno di gastigo un tal soprannome; e perciò dagli
storici vien mentovato per lo più col nome di _Cajo_. Affettò dunque
Cajo sulle prime di comparir popolare, siccome abbiamo da Svetonio e
da Dione; poichè, per conto di Tacito, periti seno i libri suoi, che
trattavano della vita di questo iniquissimo principe, e dei primi anni
del suo successore. Eseguì egli pontualmente tutti i legati lasciati
da Tiberio, e quegli ancora, che Livia Augusta nel suo testamento avea
ordinato; ma che l'ingrato suo figliuolo Tiberio non avea mai voluto
pagare. Diede subito la mostra alle compagnie de' soldati del
pretorio, con isborsar a tutti il danaro lasciato lor da Tiberio, ed
aggiugnerne altrettanto per ispontanea munificenza. Pagò parimente al
popolo romano l'insigne donativo di danaro ordinato da Tiberio colla
giunta di sessanta denari per testa, ch'egli non avea potuto pagare,
allorchè prese la toga virile, e inoltre quindici altri a titolo di
usura pel ritardo. Finalmente a tutti gli altri soldati di Roma, e
alle guardie notturne, cioè ai vigili, e alle legioni fuori d'Italia,
e ad altri soldati mantenuti nelle città minori, sborsò cinquecento
sesterzii ai primi, e trecento agli altri per testa.
Mellifluo fu in un certo giorno il suo ragionamento ai senatori con
dir loro, dopo aver toccati tutti i vizii del defunto Tiberio, di
volerli a parte nel comando e governo, e che farebbe tutto quanto
paresse loro il meglio, chiamandosi lor figliuolo ed allievo. Richiamò
gli esiliati, liberò tutti i prigioni, e fra gli altri Quinto
Pomponio, tenuto in quelle miserie per sette anni, dopo il suo
consolato. Annullò ogni processo criminale, con bruciar anche i
libelli lasciati da Tiberio. Queste prime azioni gli guadagnarono un
gran plauso, massimamente perchè fu creduto ch'egli fosse per mantener
la parola, che in quell'età il suo cuore andasse d'accordo con la
lingua. Volle tosto il senato far dimetter il consolato a Procolo e
Negrino per conferirlo a lui; ma egli ordinò che continuassero in
quella dignità, secondochè era dianzi stabilito, sino alle calende di
luglio, nel qual tempo poscia fu egli dichiarato console, ed amò di
aver per collega _Tiberio Claudio_ suo zio, che fin qui era stato
tenuto in basso stato e nell'ordine de' soli cavalieri, a cagion della
debolezza del suo capo. Nelle medaglie[191] Cajo si trova intitolato
CAJVS CAESAR AVGVSTVS GERMANICVS: ed in altre vi si aggiunge DIVI
AVGVSTI PRONEPOS. Fece ancora risplendere l'amor suo verso de' suoi,
con dare il titolo d'Augusta e di sacerdotessa d'Augusto ad _Antonia_
avola sua e madre di Germanico, e col concedere alle sue sorelle i
privilegi delle Vestali, e posto presso di sè negli spettacoli. A
_Tiberio Gemello_, nipote di Tiberio, diede il titolo di Principe
della Gioventù, e di più l'adottò per suo figliuolo. Andò in persona
alle isole Pandataria e Ponza a cercar le ceneri d'_Agrippina_ sua
madre, e di _Nerone_ suo fratello; e con funebre magnificenza
portatele a Roma, le collocò nel mausoleo d'Augusto, con determinare
in onore e memoria d'essi esequie e spettacoli annuali. Stava tuttavia
fra le catene[192] Agrippa, nipote di Erode il grande re della Giudea,
quando restò liberata Roma dal ferreo giogo di Tiberio. Cajo,
essendosene tosto ricordato, siccome amico suo caro, mandò ordine al
prefetto di Roma di trasferirlo dalla carcere alla casa dove abitava
prima; e da lì a pochi giorni fattoselo condurre davanti con abito
mutato, gli mise in capo un diadema, dichiarandolo re, e sottomettendo
a lui la Tetrarchia, già posseduta da Filippo suo zio, morto poco fa,
con aggiugnervi l'altra di Lisania, restando la Giudea come prima
sotto l'immediato governo dei Romani. Restituì ancora ad _Antioco_ il
regno della Comagene colla giunta della Cilicia marittima. Di gloria
medesimamente fu a Cajo l'aver cacciato fuori di Roma que' giovinetti
che faceano l'infame mercato de' lor corpi; e poco vi mancò che non li
mandasse a seppellir nel Tevere. Ordinò che si cercassero e
pubblicamente si potessero leggere le storie soppresse di _Tito
Labieno, Cordo Cremuzio e Cassio Severo_. Ai magistrati lasciò libera
la giurisdizione, senza che si potesse appellare a lui. Dalle
provincie d'Italia levò il dazio del centesimo denaro che si pagava
per tutte le cose vendute all'incanto. Sotto Tiberio, principe d'umor
tetro, le pubbliche allegrie, i giuochi, gli spettacoli erano divenuti
cose rare. Cajo non tardò a rimetter tutto in uso, e con grande
accrescimento: cose tutte stupendamente applaudite dal popolo[193].
Dopo aver tenuto il consolato per due mesi, lo rinunziò ai due consoli
destinati da Tiberio. Il nome loro non è noto. Stimò il Pighio, che
fossero _Tiberio Vinicio Quadrato_ e _Quinto Curzio Rufo_. Se di
queste maravigliose azioni di Cajo Caligola si rallegrasse Roma,
veggendo un aspetto sì bello con tanta differenza dal precedente
sanguinario governo, non è da chiederlo. Talmente si rallegrò quel
popolo a sì gran mutazione di scena, che, per testimonianza di
Svetonio, nei tre mesi seguenti dopo la morte di Tiberio, cento
sessantamila vittime furono svenate in rendimento di grazie ai loro
Lentulo Getulico. Videsi in questo anno in Grecia un giovane[167], che
spacciatosi per Druso figliuolo di Germanico, trovò di molti aderenti
in quelle contrade; e se gli riusciva di passare in Soria, a lui si
sarebbe verisimilmente unito quell'esercito. Ma preso da Pompeo Sabino
governator della Macedonia, fu inviato a Tiberio. Tacito scrive[168]
ciò avvenuto tre anni prima, quando era tuttavia vivente lo stesso
Druso in prigione: il che, se fosse vero, potrebbe questo avvenimento
aver dato impulso alla morte del medesimo Druso. Da esso Tacito fu
ancora scritto che nel presente anno si lasciò veder di nuovo dopo
alcuni secoli l'augello Fenice nell'Egitto, con rapportarne la mirabil
genealogia. A simili favole oggidì non si presta fede. Plinio e Dione
mettono due anni dappoi lo scoprimento di questo non mai più risorto
uccello.
NOTE:
[162] Dio, lib. 58.
[163] Seneca, de benefic., lib. 2, cap. 21.
[164] Sueton., in Vitellio, c. 2.
[165] Seneca, lib. 2 et 4 de Benefic.
[166] Dio, lib. 58. Tacit., lib. 4, cap. 19.
[167] Dio, lib. 58.
[168] Tacit., lib. 5, c. 10.
Anno di CRISTO XXXV. Indizione VIII.
PIETRO APOSTOLO papa 7.
TIBERIO imperadore 22.
_Consoli_
CAJO CESTIO GALLO e MARCO SERVILIO MONIANO.
Si celebrarono in quest'anno[169] le nozze di _Cajo Caligola_, nipote
per adozione di Tiberio, con _Claudilla_, figliuola di Marco Silano,
in Anzo. V'intervenne lo stesso Tiberio, non avendo voluto neppure per
occasion sì propria lasciarsi vedere in Roma, perchè non gli piacea di
trovarsi presente alle sanguinarie esecuzioni, che ivi tuttavia si
continuavano d'ordine di lui, non mai sazio di perseguitare chiunque
fu stretto d'amicizia con Sejano. Fin qui aveva egli sofferto Fulcinio
Trione, che fu console nell'anno della caduta del medesimo Sejano,
anzi la buona gente il riputava molto favorito da lui. Ora solamente
era per iscoppiare il fulmine sopra di lui; ma ciò presentito da
Trione, si uccise colle proprie mani dopo aver fatto un testamento, in
cui vomitò quante ingiurie potè contra di Tiberio e di Macrone, e dei
liberti della corte. Non si attentavano gli eredi suoi di pubblicare
un sì obbrobrioso scritto. Avutane contezza Tiberio, volle che si
portasse e leggesse nel senato per guadagnarsi il plauso di principe
sofferente dell'altrui libertà, giacchè punto non si curava della
propria infamia, nè che si scoprissero le iniquità da lui commesse per
mezzo di Sejano, ben sapendo che non erano cose ignote al pubblico.
Uso certamente suo fu il non mai volere che si occultassero i libelli
infamatorii fatti contra di lui, parendo quasi che riputasse sue lodi
le sue vergogne. Altri senatori ed altri nobili, annoverati da
Tacito[170] e da Dione, o per mano propria o per quella del carnefice
terminarono in quest'anno la lor vita; ed uno fra gli altri merita
d'essere rammentato, cioè Poppeo Sabino, poco fa da noi veduto, che
dopo il consolato, per ventiquattro anni avea governato la Macedonia,
l'Acaia e le due Mesie, e col darsi la morte schivò il giudizio.
Soggiornava in questi tempi Tiberio in vicinanza di Roma, per poter
più speditamente aver il piacere d'intendere l'esecuzione de' suoi
tirannici comandamenti[171]. Fu allora, che vennero a Roma alcuni
nobili Parti, segretamente, cioè senza saputa del re loro _Artabano_,
per chiedere a Tiberio _Fraate_, figliuolo del fu _Fraate_ re. Era
montato Artabano in gran superbia, dacchè la vecchiaia di Tiberio, e
il suo abborrimento alla guerra, aveano scemata in molti la stima e
paura dell'armi romane. Essendo mancato di vita _Zenone_ o sia
_Artassia_, già creato dai Romani _re dell'Armenia_, Artabano avea
occupato quel regno, e messovi _Arsace_, uno dei suoi figliuoli, per
re, con assalir dipoi la Cappadocia, e minacciar anche di peggio i
Romani. Inimicossi oltre a ciò i suoi colla soverchia alterigia, e lor
diede ansa che ricorressero a Tiberio. Fu dunque mandato _Fraate_ in
Soria per isperanza che i Parti si moverebbero in favore di lui; ma
perchè v'andò con poca fretta, ebbe tempo Artabano di premunirsi, e
Fraate ammalatosi morì. Non lasciò Tiberio per questo di accudire agli
affari dell'Armenia, e costituito Lucio Vitellio, cioè il padre di
_Vitellio_, che fu col tempo imperadore, per generale dell'armata
romana in Levante, mosse anche i re d'Iberia e i Sarmati contra di
Artabano. Lasciatisi corrompere i ministri di Arsace, già divenuto re
dell'Armenia, tolsero a lui la vita; ed entrate in quel paese le
truppe dell'Iberia sotto il comando del re _Farasmane_, presero
Artasata capitale del regno. Allora Artabano spedì Orode altro suo
figliuolo contra di Farasmane con parte delle sue forze[172]. I Parti,
benchè inferiori di gente, vollero battaglia; ma o sia che Orode vi
fosse ucciso, o che la nuova ch'egli fosse ferito passasse in credenza
di morte, la vittoria si dichiarò per Farasmane, al cui fratello
_Mitridate re dell'Iberia_ fu conceduta l'Armenia. Diedesi dipoi una
seconda battaglia da Artabano, ma svantaggiosa anch'essa per lui; e
perchè nello stesso tempo seppe che Lucio Vitellio coll'armi romane si
accingeva a passar l'Eufrate per entrar nella Mesopotamia, abbandonato
ogni pensier dell'Armenia, si ritirò alla difesa del proprio paese.
Era allora l'Eufrate il confine tra l'imperio romano e il partico o
sia persiano.
NOTE:
[169] Dio, lib. 58.
[170] Tacitus, lib. 6, c. 38.
[171] Tacitus, l. 6, c. 31. Dio, lib. 58.
[172] Joseph., Antiq. Judaicarum, lib. 18, c. 6.
Anno di CRISTO XXXVI. Indizione IX.
PIETRO APOSTOLO papa 8.
TIBERIO imperadore 23.
_Consoli_
SESTO PAPINIO ALLENIO e QUINTO PLAUTIO.
Non è ben chiaro, se Lucio Vitellio, fabbricato un ponte sull'Eufrate,
coll'esercito romano passasse in questo o nel precedente anno in
Mesopotamia. Certo è bensì che passò, e all'arrivo suo i primati de'
Parti si scoprirono allora alienati dall'ossequio verso del re
_Artabano_[173], e congiunsero le loro armi coi Romani. Trovavasi con
Vitellio anche _Tiridate_, parente del defunto re Fraate. Veduta così
bella disposizion dei Parti in suo favore, per consiglio di Vitellio,
prese il cammino alla volta di Seleucia, città potente, che gli aprì
con gran festa le porte, ed Artabano, veggendosi abbandonato de' suoi,
se ne fuggì. Intanto Vitellio, contento di aver fatta la sua sparata
con far conoscere a que' popoli la possanza romana, e credendo già
assicurato il regno a Tiridate, se ne tornò colle sue legioni in
Soria. Fu coronato Tiridate in Ctesifonte, capitale del regno dei
Parti. S'egli avesse proseguito il corso di sua fortuna con visitar
tutto il paese, e ridurre chiunque titubava alla sua fede, interamente
il regno sarebbe stato di lui. Ma essendosi egli impegnato
nell'assedio di un castello, dove Artabano avea ridotto il tesoro e le
concubine sue, alcuni di que' grandi, che non erano intervenuti alla
coronazione o per paura di Tiridate, o per invidia che portavano ad
Abdagese, ministro favorito di lui, andarono a trovar Artabano per
rimetterlo sul trono. S'era questi ritirato nell'Ircania, dove da
povero uomo vivea, guadagnandosi il vitto con la caccia. Credette egli
a tutta prima che fossero venuti costoro per assassinarlo. Rassicurato
da essi, e presa seco una mano di Sciti, si mise con loro in cammino,
e trovata la gente che senza difficoltà tornava alla sua divozione,
ingrossato di forze, s'indirizzò verso Seleucia. Stette in forse
Tiridate, se dovea andargli incontro per dargli battaglia. Prevalse
l'opinion dei dappoco, il primo de' quali era il medesimo Tiridate; e
però egli si ridusse in Soria, con isperanza che l'esercito romano
avesse da prestargli aiuto per ricuperare il perduto regno, di cui con
tutta facilità Artabano ripigliò il possesso. Vitellio non volle altro
impegno, ed all'incontro Artabano diventò più che mai orgoglioso, e
poco mancò che non portasse la guerra nel territorio romano. Non è
inverisimile, che questo fosse il tempo in cui egli scrisse una
lettera di fuoco a Tiberio[174], rinfacciandogli la sua crudeltà, la
vergognosa libidine e la poltroneria, ed esortandolo ad appagar
prontamente l'odio universale e giustissimo de' popoli con darsi la
morte da sè medesimo.
Due disavventure afflissero Roma nell'anno presente, cioè una fiera
inondazione del Tevere, per cagione di cui in molte parti della città
fu necessario l'andar colle barche, e un incendio che guastò gran
copia di case nel monte Aventino e la metà del Circo[175]. Tiberio in
questa occasione, dimenticata l'innata sua avarizia, sovvenne con
abbondanza d'oro al bisogno di chiunque avea patito. Che per altro
amava Tiberio di conservare e d'accrescere il suo tesoro, nè si sa che
egli lasciasse alcuna fabbrica insigne, fuorchè il tempio innalzato ad
Augusto, e la scena del teatro Pompeo. E neppur queste, se crediamo a
Svetonio, le perfezionò. Non passò l'anno presente, senza che si
vedessero le usate scene delle accuse e della crudeltà di Tiberio
contra de' nobili. Cajo Galba, già console e fratello di chi fu dipoi
imperadore, due Blesi ed Emilia Lepida prevennero, con darsi la morte,
i colpi del carnefice. Vibuleno Agrippa, cavalier romano, accusato,
prese in faccia del senato il veleno che portava in un anello. Caduto
a terra moribondo, e strascinato alle carceri, fu quivi
frettolosamente strozzato per occupargli i beni. _Tigrane_, già re
dell'Armenia[176], e nipote del fu Erode re della Giudea, detenuto
allora in Roma, ed accusato, lini anch'egli i suoi giorni per mano del
pubblico ministro. Trattenevasi in Roma allora anche suo fratello
_Agrippa_, ed avea contratta una famigliarità sì grande con Cajo
Caligola, nipote per adozion di Tiberio, che pareano due fratelli.
Racconta Giuseppe storico, che essendo un dì amendue a divertirsi
condotti in un cocchio, Agrippa per adular Cajo gli disse, essere ben
tempo che quel vecchio di Tiberio cedesse il luogo a lui, perchè
allora tornerebbe la felicità in Roma. Furono ascoltate queste parole
da Eutico liberto d'Agrippa, che gli serviva di carrozziere; e
perciocchè costui, per aver fatto un furto al padrone, fu
imprigionato, allora si lasciò intendere d'aver qualche cosa da
rivelare attinente alla conservazion della vita dell'imperatore. Fu
perciò inviato a Capri, dove era Tiberio, e tenuto un pezzo nelle
catene senza esaminarlo. Lo stesso Agrippa stoltamente tanto si
adoperò, che Tiberio trovandosi nel settembre di questo anno a
Tuscolo, oggidì Frascati, vicino a Roma, fece venir Eutico, il quale
alla presenza d'Agrippa rivelò quanto avea udito nel giorno suddetto.
Ordinò immantinente Tiberio a Macrone capitan delle guardie di far
incatenare Agrippa, a cui non valsero nè le negative, nè le suppliche
per esentarsi da quell'obbrobrio. Stette egli nelle carceri tanto che
Tiberio finì di vivere, ed allora ne uscì, siccome vedremo fra
poco[177]. Un augurio della morte d'esso Tiberio fu dai superstiziosi
Romani creduta quella di Trasullo, succeduta nell'anno presente[178].
Costui era il più favorito astrologo ed indovino che si avesse
Tiberio; imperciocchè oltre modo si dilettò questo imperadore della
strologia giudicaria, arte piena di vanità e d'imposture, che egli
stesso condannava in casa altrui. E quantunque scrivano Tacito,
Svetonio e Dione, che Tiberio, per mezzo di essa, predicesse a Galba
il suo corto imperio, e la morte del giovinetto Tiberio suo nipote per
ordine di Caligola, e ch'egli sapesse ciò che doveva avvenire a sè
stesso in cadauna giornata: simili racconti più sicuro è il crederli
dicerie del volgo. Allorchè Tiberio stette come esiliato in Rodi,
studiò forte quest'arte, che in que' tempi era spacciata dai Caldei
dappertutto. Quanti professori capitavano a Rodi, Tiberio,
accompagnato da un solo robusto liberto, li conduceva in un alto
scoglio, e metteali alla prova d'indovinargli il passato o l'avvenire.
Se non ci coglievano, dal liberto erano precipitati in mare, senza che
alcuno ne avesse contezza. Trasullo capitato colà, fu menato da
Tiberio in que' dirupi, e gli predisse l'imperio; ma soggiungendo
Tiberio che gli sapesse dire anche l'anno e il giorno della propria
natività, s'imbrogliò l'indovino, e confessò tremando di non saperlo,
ma che ben sapea d'essere imminente la propria morte. Tra per la buona
nuova dell'imperio, e la conoscenza del pericolo in cui si trovava
costui, Tiberio l'abbracciò, e il tenne dipoi sempre in sua corte.
Perchè la morte di costui facesse credere vicina quella di Tiberio,
qualche predizione di cui si dovea essere intesa.
NOTE:
[173] Tacitus, lib. 6, c. 42.
[174] Sueton., in Tiber. cap. 66.
[175] Tacitus, lib. 6, cap. 45. Dio, lib. 58.
[176] Tacitus, lib. 6, c. 40. Joseph., Antiquit. Judaic., lib. 18.
[177] Dio, lib. 58.
[178] Tacit., lib. 6, cap. 21.
Anno di CRISTO XXXVII. Indizione X.
PIETRO APOSTOLO papa 9.
CAJO CALIGOLA imperad. 1.
_Consoli_
GNEO ACERRONIO PROCOLO e CAJO PETRONIO PONTIO NEGRINO.
Ho aggiunto il nome di _Petronio_ al secondo di questi consoli, perchè
una iscrizione, riferita dal Fabretti[179], fu posta CN. ACERRONIO
PROCVLO, C. PETRONIO PONTIO NIGRINO COS. In vece di _Negrino_ egli è
appellato _Negro_ da Svetonio[180], siccome ancora una inscrizione da
me data alla luce[181]. Sino alle calende di luglio durò la dignità di
questi consoli. Appresso diremo a chi pervennero i fasci consolari.
Anche nei primi mesi dell'anno presente si continuarono in Roma le
accuse contra d'altre persone nobili; e perchè non erano accompagnate
da lettere di Tiberio, credute furono manipolazioni di Macrone
prefetto del pretorio, imitator di Sejano, e forse peggiore. Fra gli
altri Lucio Arruntio, personaggio illustre, già stato console, non si
potè impedir dagli amici, che, tagliatesi le vene, non si desse la
morte, allegando che un vecchio par suo non sapea più vivere, battuto
in addietro da Sejano ed ora da Macrone; e massimamente non essendo da
sperare miglior tempo sotto il successor di Tiberio, che anzi
prometteva peggio, e sarebbe governato dal medesimo Macrone; siccome
in fatti avvenne. Intanto, dopo essersi fermato Tiberio alcuni mesi
nei contorni di Roma senza mai volervi entrare, o perchè non si fidava
de' Romani, o perchè qualche impostore gli avea predette delle
disgrazie entrandovi, o pure perchè non voleva tanti occhi addosso
alla sua scandalosa vita, determinò di tornarsene alla sua cara isola
di Capri. Finora, benchè giunto all'età di settantotto anni, e benchè
perduto in una nefanda lascivia, avea conservata la rubustezza del
corpo, ed una competente sanità, camminava diritto come un palo, senza
volersi servire di medicine, e con fare il medico a sè stesso: giacchè
solea dire che l'uomo giunto all'età di trent'anni, non dee più aver
bisogno di medici per saper ciò che conferisca o sia nocivo alla
sanità. Ma egli si ritrovò infine sorpreso da una lenta malattia,
arrivato che fu ad Astura[182]. Potè nondimeno continuare il viaggio
sino a Miseno[183], celebre porto, dissimulando sempre il suo male, e
non men di prima banchettando con gli amici. Deluso dal suo poco prima
defunto strologo Trasullo, che gli avea predetto anche dieci altri
anni di vita, tenea per lontanissima tuttavia la morte. Fu creduto che
Trasullo con buon fine il burlasse con quella predizione, acciocchè
persuaso di vivere sì lungo tempo, non si affrettasse a far morire
tanti nobili ch'egli avea in lista. E certo non pochi si salvarono per
questo saggio ripiego, e fra essi alcuni già condannati, perchè ne'
dieci giorni di vita che si lasciavano loro dopo la sentenza, arrivò
la nuova della morte di Tiberio.
Fingeva dunque, secondo lo stile della sua dissimulazione, Tiberio di
sentirsi bene, tuttochè aggravato dal male, e ridotto a fermarsi nella
villa e nel palazzo che fu di Lucullo. Ma Caricle medico insigne, e da
lui amato, non già perchè volesse de' medicamenti da lui, ma per li
suoi consigli, destramente nel congedarsi da lui gli toccò il polso e
conobbe che s'avvicinava al suo fine. Ne avvisò Macrone, e questi
sollecitamente cominciò a disporre le cose per far succedere _Cajo
Caligola_ nell'imperio. Tre persone viveano discendenti in qualche
guisa da Augusto, e però capaci di succedere a Tiberio, cioè esso
_Caligola_ figliuolo di Germanico, nato[184] nell'anno 12 dell'Era
volgare, e però nel fiore di sua età. Questi, avendo Tiberio adottato
Germanico di lui padre, veniva perciò ad essere di lui nipote
legittimo. Ma egli era di pessima inclinazione, violento, e tendente
anche alla follia; e se n'era facilmente accorto Tiberio, di modo che
un dì ridendosi Cajo di Silla, celebre nella storia romana, Tiberio
gli disse: «A quel ch'io veggo, tu sei per avere tutti i vizii di
Silla, ma niuna delle sue virtù.» L'altro era _Tiberio Gemello_,
figliuolo di _Druso_, cioè del figlio naturale dello stesso Tiberio,
così appellato perchè nato con un altro fratello da _Livilla_ nel
medesimo parto. Ma non avea che diciassette anni, e però non per anche
capace di governare un sì vasto imperio. Il terzo era _Tiberio
Claudio_, fratello del suddetto Germanico, in età bensì virile, ma di
poca testa, e di niun concetto fra i Romani. Discordano gli autori in
dire chi fosse eletto da Tiberio per suo successore. Giuseppe storico
racconta un fatto, che ha ciera di favola[185]. Cioè che Tiberio,
incerto qual dei due de' suddetti suoi nipoti avesse egli da eleggere,
ne rimise la decisione al caso, con destinare di preferir quello che
la mattina seguente fosse il primo ad entrar in sua camera; e questi
fu Caligola, a cui poscia raccomandò il giovinetto Tiberio, quantunque
scrivano che per astrologia antivedesse che Cajo Caligola gli dovea
levare la vita. Altri[186] hanno detto che Tiberio non antepose il suo
natural nipote, perchè la scoperta amicizia di Livilla di lui madre
gli fece dubitare se fosse veramente figliuolo di Druso suo figlio.
Tuttavia pare che si accordino Filone Ebreo[187], Svetonio e Dione in
dire, che Tiberio in due suoi testamenti lasciò egualmente eredi
_Caligola_ e il giovane _Tiberio_.
Ora _Cajo Caligola_, per assicurarsi di prendere la fortuna pel
ciuffo, facea la corte a Macrone, potentissimo ufficiale, perchè
capitano delle guardie, cioè di diecimila soldati che erano il terrore
di Roma. Nè men sollecito era a farla ad Ennia Nevia di lui moglie;
anzi fu creduto che passasse tra loro un'infame corrispondenza, e di
ciò non si mettesse pena Macrone, giacchè anch'egli dal suo canto avea
dei motivi di guadagnarsi l'affetto di Cajo, perchè parea più facile
che in lui cadesse l'imperio. Però parlava sempre bene di lui a
Tiberio, scusandone i difetti, in guisa che un dì Tiberio gli
rimproverò questo grande attaccamento a Cajo con dirgli «d'essersi ben
avveduto ch'egli abbandonava il sole d'Occidente, per seguitare il
sole d'Oriente.» Era cresciuto il male di Tiberio[188], ed avea già
patito alcuni sfinimenti. Gliene arrivò uno specialmente nel dì 16 di
marzo così gagliardo, che fu creduto morto. Caligola uscì del palazzo;
a folla corsero i cortigiani a rallegrarsi con lui: quand'ecco esce
uno di corte, che riferisce essere tornato in sè Tiberio, e chiedere
da mangiare. Allora spaventati, chi qua, chi là, colla testa bassa
sfumarono. Cajo senza poter parlare, più morto che vivo ricorre a
Macrone. Ma questi, nulla atterrito, sa ben trovar tosto la maniera di
calmare l'altrui spavento. Non van d'accordo gli scrittori nel dirci,
come Tiberio si sbrigasse dal mondo. Seneca, citato da Svetonio,
scrisse che o sia che Tiberio si sentisse venir meno, o che la sua
famiglia l'avesse abbandonato, come è succeduto in tanti altri casi di
principi morti senza parenti, chiamò; e niuno rispondendo, si alzasse
dal letto, e poco lungi di là caduto, spirasse. Raccontano altri, che
Cajo Caligola gli avesse dato un lento veleno che l'uccise. Altri, che
sotto pretesto di riscaldarlo, Macrone gli facesse metter addosso di
molti panni che il soffocarono; ovvero che gli negasse da mangiare, e
il lasciasse morire per mancanza d'alimento. Finalmente scrissero
altri, che veggendo Caligola[189] come Tiberio non la volea finir da
sè stesso, lo strangolasse con le sue mani, o pure con uno origliere o
sia guanciale gli turasse la bocca, e il facesse ammutolire per
sempre. Comunque fosse, morì Tiberio nel suddetto giorno 16 di marzo.
Dione scrive nel dì 26. O dell'uno o dell'altro il testo è mancante.
Così cessò di vivere questo imperadore, dotato di grande ingegno, ma
per servirsene solamente in male; che finchè ebbe paura d'Augusto e di
Germanico, nipote e figliuolo suo adottivo, stette in dovere; che
simulatore e dissimulator sopraffino si mostrò delle false virtù, ma
poi si abbandonò in fine a tutti i vizii; che divenne abbominevole per
l'infame sua libidine, ma più per le sue crudeltà ed ingiustizie; che
niuno amava fuorchè sè stesso, che fu udito chiamar felice Priamo, per
essere morto dopo aver veduti morti tutti i suoi.
Non tardò _Cajo Caligola_ ad avvisare il senato dell'essere Tiberio
mancato di vita, con dimandare ancora che decretassero al medesimo gli
onori divini. Ma Tiberio era troppo odiato; e siccome il popolo romano
a questa nuova diede in risalti d'allegrezza, così commosso andava
lacerando la di lui memoria con tutte le maledizioni, e gridando _al
Tevere, al Tevere_, cioè il di lui corpo. Di questa commozione si
servì il senato per sospendere la risoluzion degli onori a Tiberio; e
Cajo venuto poi a Roma, più non ne parlò. Portato a Roma il cadavere
di Tiberio, fu bruciato secondo il costume d'allora; e con poca pompa
seppellito. Cajo fece l'orazione funebre; ma con poco encomio di lui,
impiegando le parole piuttosto in esaltare Augusto e Germanico suo
padre. Già si è detto, quanto fosse amato dai Romani esso Germanico
per le sue rare virtù, e Cajo appunto per essere di lui figliuolo,
comunemente era amato, giacchè non si erano per anche dati a conoscere
se non a pochi tutti i suoi vizii e difetti, che si trovarono poi
innumerabili. All'incontro, per l'odio d'ognuno contra di Tiberio, era
anche odiato _Tiberio Gemello_, natural nipote di lui. E però a Cajo
non fu difficile l'essere riconosciuto e confermato per imperadore, e
il fare che dal senato fosse cassato il testamento di Tiberio, per cui
egualmente lasciava ad esso Cajo e Tiberio Gemello l'amministrazion
dell'imperio. Così restò egli solo imperadore[190] colla podestà
tribunizia e coll'autorità ed arbitrio di far tutto, siccome attesta
Svetonio, benchè non usasse subito i titoli usati dai due precedenti
Augusti. Piena d'ammirazione e di giubilo rimase Roma tutta al vedere
con che mirabili e plausibili maniere Caligola desse principio al suo
governo; senza riflettere che diversa dal mattino suol essere la sera
di molti regnanti. _Caligola_, dissi, che così era volgarmente
chiamato con soprannome a lui dato, allorchè fanciullo trovandosi
all'armata in Germania, Germanico suo padre il facea vestir da
semplice soldato, e portare gli stivaletti, chiamati _Caligae_, e
usati allora nella milizia. Divenuto poi imperadore riputò egli come
ingiurioso e degno di gastigo un tal soprannome; e perciò dagli
storici vien mentovato per lo più col nome di _Cajo_. Affettò dunque
Cajo sulle prime di comparir popolare, siccome abbiamo da Svetonio e
da Dione; poichè, per conto di Tacito, periti seno i libri suoi, che
trattavano della vita di questo iniquissimo principe, e dei primi anni
del suo successore. Eseguì egli pontualmente tutti i legati lasciati
da Tiberio, e quegli ancora, che Livia Augusta nel suo testamento avea
ordinato; ma che l'ingrato suo figliuolo Tiberio non avea mai voluto
pagare. Diede subito la mostra alle compagnie de' soldati del
pretorio, con isborsar a tutti il danaro lasciato lor da Tiberio, ed
aggiugnerne altrettanto per ispontanea munificenza. Pagò parimente al
popolo romano l'insigne donativo di danaro ordinato da Tiberio colla
giunta di sessanta denari per testa, ch'egli non avea potuto pagare,
allorchè prese la toga virile, e inoltre quindici altri a titolo di
usura pel ritardo. Finalmente a tutti gli altri soldati di Roma, e
alle guardie notturne, cioè ai vigili, e alle legioni fuori d'Italia,
e ad altri soldati mantenuti nelle città minori, sborsò cinquecento
sesterzii ai primi, e trecento agli altri per testa.
Mellifluo fu in un certo giorno il suo ragionamento ai senatori con
dir loro, dopo aver toccati tutti i vizii del defunto Tiberio, di
volerli a parte nel comando e governo, e che farebbe tutto quanto
paresse loro il meglio, chiamandosi lor figliuolo ed allievo. Richiamò
gli esiliati, liberò tutti i prigioni, e fra gli altri Quinto
Pomponio, tenuto in quelle miserie per sette anni, dopo il suo
consolato. Annullò ogni processo criminale, con bruciar anche i
libelli lasciati da Tiberio. Queste prime azioni gli guadagnarono un
gran plauso, massimamente perchè fu creduto ch'egli fosse per mantener
la parola, che in quell'età il suo cuore andasse d'accordo con la
lingua. Volle tosto il senato far dimetter il consolato a Procolo e
Negrino per conferirlo a lui; ma egli ordinò che continuassero in
quella dignità, secondochè era dianzi stabilito, sino alle calende di
luglio, nel qual tempo poscia fu egli dichiarato console, ed amò di
aver per collega _Tiberio Claudio_ suo zio, che fin qui era stato
tenuto in basso stato e nell'ordine de' soli cavalieri, a cagion della
debolezza del suo capo. Nelle medaglie[191] Cajo si trova intitolato
CAJVS CAESAR AVGVSTVS GERMANICVS: ed in altre vi si aggiunge DIVI
AVGVSTI PRONEPOS. Fece ancora risplendere l'amor suo verso de' suoi,
con dare il titolo d'Augusta e di sacerdotessa d'Augusto ad _Antonia_
avola sua e madre di Germanico, e col concedere alle sue sorelle i
privilegi delle Vestali, e posto presso di sè negli spettacoli. A
_Tiberio Gemello_, nipote di Tiberio, diede il titolo di Principe
della Gioventù, e di più l'adottò per suo figliuolo. Andò in persona
alle isole Pandataria e Ponza a cercar le ceneri d'_Agrippina_ sua
madre, e di _Nerone_ suo fratello; e con funebre magnificenza
portatele a Roma, le collocò nel mausoleo d'Augusto, con determinare
in onore e memoria d'essi esequie e spettacoli annuali. Stava tuttavia
fra le catene[192] Agrippa, nipote di Erode il grande re della Giudea,
quando restò liberata Roma dal ferreo giogo di Tiberio. Cajo,
essendosene tosto ricordato, siccome amico suo caro, mandò ordine al
prefetto di Roma di trasferirlo dalla carcere alla casa dove abitava
prima; e da lì a pochi giorni fattoselo condurre davanti con abito
mutato, gli mise in capo un diadema, dichiarandolo re, e sottomettendo
a lui la Tetrarchia, già posseduta da Filippo suo zio, morto poco fa,
con aggiugnervi l'altra di Lisania, restando la Giudea come prima
sotto l'immediato governo dei Romani. Restituì ancora ad _Antioco_ il
regno della Comagene colla giunta della Cilicia marittima. Di gloria
medesimamente fu a Cajo l'aver cacciato fuori di Roma que' giovinetti
che faceano l'infame mercato de' lor corpi; e poco vi mancò che non li
mandasse a seppellir nel Tevere. Ordinò che si cercassero e
pubblicamente si potessero leggere le storie soppresse di _Tito
Labieno, Cordo Cremuzio e Cassio Severo_. Ai magistrati lasciò libera
la giurisdizione, senza che si potesse appellare a lui. Dalle
provincie d'Italia levò il dazio del centesimo denaro che si pagava
per tutte le cose vendute all'incanto. Sotto Tiberio, principe d'umor
tetro, le pubbliche allegrie, i giuochi, gli spettacoli erano divenuti
cose rare. Cajo non tardò a rimetter tutto in uso, e con grande
accrescimento: cose tutte stupendamente applaudite dal popolo[193].
Dopo aver tenuto il consolato per due mesi, lo rinunziò ai due consoli
destinati da Tiberio. Il nome loro non è noto. Stimò il Pighio, che
fossero _Tiberio Vinicio Quadrato_ e _Quinto Curzio Rufo_. Se di
queste maravigliose azioni di Cajo Caligola si rallegrasse Roma,
veggendo un aspetto sì bello con tanta differenza dal precedente
sanguinario governo, non è da chiederlo. Talmente si rallegrò quel
popolo a sì gran mutazione di scena, che, per testimonianza di
Svetonio, nei tre mesi seguenti dopo la morte di Tiberio, cento
sessantamila vittime furono svenate in rendimento di grazie ai loro
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- Annali d'Italia, vol. 1 - 39Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4282Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161637.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 40Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4300Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162738.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 41Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4177Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157538.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 42Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4253Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160439.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 43Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4315Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161539.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 44Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4445Unikal süzlärneñ gomumi sanı 168737.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 45Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4413Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162339.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 46Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4382Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162038.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 47Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4285Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160939.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 48Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4299Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154639.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 49Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4268Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165738.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 50Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4398Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162639.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 51Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4422Unikal süzlärneñ gomumi sanı 166539.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 52Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4259Unikal süzlärneñ gomumi sanı 153340.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 53Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4408Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160537.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 54Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4445Unikal süzlärneñ gomumi sanı 167437.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 55Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4362Unikal süzlärneñ gomumi sanı 167738.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 56Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4283Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157341.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.65.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 57Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4388Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164339.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 58Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4314Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160340.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 59Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4150Unikal süzlärneñ gomumi sanı 146339.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 60Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4226Unikal süzlärneñ gomumi sanı 148840.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 61Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4193Unikal süzlärneñ gomumi sanı 148941.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 62Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4237Unikal süzlärneñ gomumi sanı 158739.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 63Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4180Unikal süzlärneñ gomumi sanı 150138.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 64Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4222Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154839.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 65Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4203Unikal süzlärneñ gomumi sanı 152841.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 66Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4369Unikal süzlärneñ gomumi sanı 171141.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 67Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4351Unikal süzlärneñ gomumi sanı 168639.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 68Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4382Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164138.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 69Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4298Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157838.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 70Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4172Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154538.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 71Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4090Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154337.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 72Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4164Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160037.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 73Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4243Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157339.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 74Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4229Unikal süzlärneñ gomumi sanı 158538.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 75Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4191Unikal süzlärneñ gomumi sanı 153640.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 76Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4393Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161439.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 77Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4360Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164739.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 78Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4261Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160240.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 79Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4124Unikal süzlärneñ gomumi sanı 149237.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 80Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4300Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165539.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 81Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4207Unikal süzlärneñ gomumi sanı 159138.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 82Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4151Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160436.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 83Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4188Unikal süzlärneñ gomumi sanı 156537.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 84Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4221Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165339.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 85Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 748Unikal süzlärneñ gomumi sanı 43251.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.69.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.