Annali d'Italia, vol. 1 - 06

Süzlärneñ gomumi sanı 4376
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1660
36.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
52.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
62.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
TIBERIO imperadore 6.
_Consoli_
MARCO GIUNIO SILANO e LUCIO NORBANO BALBO.

Fece in quest'anno Germanico Cesare un viaggio in Egitto[95], per
curiosità di veder quelle rinomate antichità, e si portò sino ai
confini della Nubia, informandosi di tutto. Per cattivarsi que' popoli
abbassò il prezzo de' grani, e in pubblico nella città d'Alessandria
andò vestito alla greca, perchè quivi predominava quella nazione e la
loro lingua[96]. Tiberio, risaputolo, disapprovò la mutazion
dell'abito, e più l'essere entrato in Alessandria, afflitta allora
dalla carestia, senza sua licenza. Tornossene dipoi in Soria, dove
trovò che tutto quanto egli avea ordinato per l'armata e per le città,
era stato disfatto da Pisone. Pertanto divampando forte la loro
discordia, prese Pisone la risoluzione d'andarsene lungi dalla Soria;
ma sopravvenuta una malattia a Germanico già pervenuto ad Antiochia,
si fermò, finchè parve che il di lui male prendesse ottima piega; ed
allora si ritirò a Seleucia. Ma l'infermità di Germanico andò poscia
crescendo. Sparsesi voce, che per malie d'esso Pisone e di Plancina
sua moglie l'infelice principe venisse condotto a poco a poco alla
morte; e a tal voce si prestò fede, per essersi trovati vari
creduti maleficii. In somma se ne morì Germanico nell'età di
trentaquattr'anni, lasciando in una grande incertezza, se la morte sua
fosse naturale, oppure a lui procurata da Pisone e da Plancina sua
moglie; o per segreti ordini di Tiberio. Universalmente fu creduto
quest'ultimo. Non si può esprimere il dolore, non solo del popolo
romano e delle provincie tutte del romano impero, ma degli stessi re
dell'Asia per la perdita di questo generoso principe. Era egli ornato
delle più belle doti di corpo e d'animo, valoroso coi nemici[97],
clementissimo coi sudditi. Posto in tanta dignità, e con tanta
autorità, pure mai non insuperbì, trattando tutti con onorevolezza, e
vivendo più da privato che da principe. Già vedemmo, ch'egli ricusò
l'imperio, per non mancar di fede e di onor a Tiberio. Non mai fu
veduto abusarsi della sua podestà, non mai si lasciò torcere dalla
fortuna ad azioni sconvenevoli a personaggio virtuoso. Quel ch'è più,
con tutti i torti a lui fatti da Tiberio, suo zio paterno, e padre per
adozione, e con tutto il suo ben conosciuto mal talento, non mai si
lasciò uscir parola di bocca, per riprovar le azioni di lui. Perciò
era amatissimo da tutti, fuorchè dallo stesso Tiberio, anzi
maggiormente amato, appunto perchè il conoscevano odiato da esso suo
zio. Mirabil cosa fu l'osservare, come lo stesso Druso, figliuolo
natural di Tiberio, ancorchè Germanico potesse ostargli alla
succession dell'imperio, pure l'amasse sempre con sincero amore e come
vero fratello. Gran perdita fece Roma in Germanico, ma specialmente
perchè Tiberio sciolto dal timore di lui, cominciò ad imperversare,
con giugnere in fine a costumi crudeli e tirannici. Restarono di
Germanico tre figliuoli maschi, cioè _Nerone_, _Druso_, e _Cajo
Caligola_, e tre figlie, cioè _Agrippina_, che poi fu madre di Nerone
augusto, _Drusilla_ e _Livilla_. _Agrippina_ lor madre, figliuola di
Agrippa, e di Giulia nata da Augusto, donna, che ben diversa dalla
madre, s'era già fatta conoscere per ispecchio di castità, ed avea
dati segni di un viril coraggio, molto più ora abbisognò della sua
costanza, rimasta senza il generoso consorte, con dei figliuoli
piccioli, e odiata da Livia e forse poco men da Tiberio. Fu
consigliata da molti di non tornarsene a Roma: differente ben era il
desiderio suo, perchè ardeva di voglia di cercar vendetta di Pisone e
di Plancina, tenuti per autori delle sue disavventure. Però sul fine
dell'anno colle ceneri del marito e co' figliuoli spiegò le vele alla
volta di Roma.
In luogo di Pisone era stato costituito progovernatore della Siria
Gneo Sentio Saturnino; ma Pisone, udita la morte di Germanico, dopo
averne fatta gran festa, si mise in viaggio con molti legni, e buona
copia di milizie, risoluto di ricuperare il suo governo, e di
adoperare, occorrendo, anche la forza. Si impadronì d'un castello; ma
avendolo Saturnino quivi assediato con forze maggiori, gli convenne
cedere, ed intanto fu chiamato a Roma. L'andata di _Druso Cesare_ in
Germania, secondo le apparenze, fu per pacificare i torbidi insorti
fra Arminio e Maroboduo. Altri documenti avendo ricevuto dall'astuto
suo padre, fece tutto il contrario, aggiungendo destramente olio a
quell'incendio, acciocchè i nemici si consumassero da sè stessi.
Abbandonato poi Maroboduo da' suoi, ricorse a Tiberio, che gli assegnò
per abitazione Ravenna, dove aspettando sempre qualche rivoluzione
nella Svevia, senza mai vederla, dopo diciotto anni, assai vecchio,
compiè la carriera de' suoi giorni. Fin qui Arminio in Germania avea
bravamente difesa la libertà della sua patria contro ai Romani; ma
avendola poi voluta egli stesso opprimere, fu in quest'anno ucciso dai
suoi, in età di soli trentasette anni di vita. Per un decreto
d'Augusto era già stato proibito in Roma l'esercizio della religione
egiziana con tutte le sue cerimonie; ma seppe essa mantenersi quivi ad
onta della legge sino al presente anno. Un'iniquità commessa da que'
falsi sacerdoti, collo ingannare Paolina, savia e nobilissima dama
romana, e darla per danari in preda a Decio Mondo, giovane perduto
dietro a lei, con farle credere che di lei fosse innamorato il falso
dio Anubi, siccome diffusamente narra Giuseppe storico[98], diede ansa
al senato di esiliar dall'Italia il culto d'Iside, di Osiride e degli
altri dii d'Egitto[99]. Comandò inoltre Tiberio, che si atterrasse il
tempio d'Iside, e si gittasse nel Tevere la sua statua. La medesima
disavventura toccò ai Giudei[100], che in gran numero abitavano allora
in Roma, a cagion di una baratteria usata da alcuni impostori di
quella nazione a Fulvia, nobile dama romana, che avea abbracciata la
lor religione; avendo essi convertito in uso proprio l'oro e le vesti
ricche, dalla medesima inviate a Gerusalemme, affinchè servissero in
onore del tempio. Scelsero i consoli quattromila giovani di essi
Giudei di razza libertina, e per forza arrolati li mandarono in
Sardegna a far guerra ai ladri ed assassini di quell'isola, senza
mettersi in pensiero, se quivi avessero da perire per l'aria che in
quei tempi veniva creduta maligna e mortifera. Il rimanente de' Giudei
fu cacciato di Roma, e disperso in varie provincie. _Vonone_, già re
de' Parti, volendo in questi tempi fuggir dalla Cilicia, preso da
Vibio Frontone, si trovò poi da un soldato privato di vita. Per
mettere freno all'impudicizia delle matrone romane[101], che ogni dì
più andava crescendo in Roma, città piena di lusso e di gente, a cui
poca paura faceano i falsi dii del Paganesimo, fu con pubblico editto
imposta la pena dell'esilio alle figliuole, nipoti e vedove de'
cavalieri Romani che cadessero in questo delitto.
NOTE:
[95] Tacitus, Ann., lib. 1, c. 59.
[96] Sueton., in Tiber., c. 52.
[97] Dio, in Excerptis, et lib. 57.
[98] Joseph., Antiq., lib. 18, cap. 4.
[99] Tacit., lib. 2, cap. 85.
[100] Sueton., in Tiber., cap. 36.
[101] Sueton., in Tiber., cap. 35.


Anno di CRISTO XX. Indizione VIII.
TIBERIO imperadore 7.
_Consoli_
MARCO VALERIO MESSALLA e MARCO AURELIO COTTA.

Di grandi onori avea ricevuto in Roma la memoria di _Germanico_, per
ordine di Tiberio e del senato[102]; ed anche il popolo in varie guise
ne avea attestato il suo dolore. Si rinnovò il lutto in quest'anno
all'arrivo di _Agrippina_ sua moglie. Dopo essersi per qualche giorno
fermata in Corfù, sbarcò dipoi a Brindisi. _Druso Cesare_, che era
tornato a Roma, co' maggiori figliuoli del defunto Germanico, andò ad
incontrarla sino a Terracina. Innumerabil gente, massime de' militari,
si portò sino a Brindisi. Caldi furono i sospiri, universale il pianto
al comparire dell'urna funebre. Per tutta la via i magistrati e popoli
fecero a gara per onorar le di lui ceneri. Gli stessi consoli col
senato, e gran parte del popolo si portarono a riceverle con dirotte
lagrime; e poi queste vennero riposte nel mausoleo d'Augusto[103].
Giunse dipoi Pisone con sua moglie a Roma, orgoglioso come in
addietro; ma non tardarono a presentarsi al senato accusatori,
imputando a lui e a Plancina sua moglie la morte di Germanico. Neppure
a questo mal uomo mancavano dei difensori; e difficile era il provar
le accuse, siccome avviene in somiglianti casi. Tiberio, che ben sapea
le mormorazioni del popolo, quasi che fosse passata buona intelligenza
tra lui e Pisone, per levar di vita Germanico, da uomo disinvolto si
regolava in questa pendenza, mostrando sempre un vivo affanno per la
perdita del figliuolo adottivo, e di voler buona giustizia; ma nello
stesso tempo di non volere, che sopercheria si facesse all'accusato.
Creduto fu che segretamente a Pisone fosse fatto animo e sicurezza di
protezion da Sejano, e che per questo egli si astenesse dal produrre
gli ordini a lui dati da Tiberio. Ma se non si provava il reato
suddetto, si faceano ben constare altri reati di sedizione, d'ingiurie
fatte e dette a Germanico: cosa che mise in fiera apprension Pisone, e
tanto più perchè il popolazzo vicino la curia gridava contra di lui,
minacciando di menar le mani, qualora egli la scappasse netta dal
giudizio de' senatori. Perciò vinto dall'affanno, tenendosi tradito,
da sè stesso si diede la morte, liberando in tal guisa Tiberio da un
bel molesto pensiero. Plancina sua moglie, che era tutta di Livia
Augusta, per le raccomandazioni di lei seguitò a vivere in pace. Al di
lei figliuolo Marco Pisone fu conceduto un capitale di cento
venticinquemila filippi; il rimanente confiscato, ed egli mandato in
esilio. Risvegliossi intanto di nuovo in Africa la guerra, essendo
risorto più di prima vigoroso Tacfarinate. Per aver egli messa in fuga
una coorte di Romani, sì fatta collera montò a Lucio Apronio
proconsole allora in quelle contrade, che infierì contra de'
fuggitivi. Ciò fu cagione, che cinquecento soli de' suoi veterani sì
valorosamente combatterono dipoi contro l'armata di Tacfarinate, che
la misero in rotta. Giunto era all'età capace di matrimonio _Nerone_,
figliuolo primogenito del defunto Germanico[104]. Tiberio a lui diede
in moglie _Giulia_ figliuola di _Druso_ suo figlio: cosa che recò non
poca allegrezza al popolo romano. Per lo contrario si mormorò non
poco, perchè Tiberio avesse fatto contrarre gli sponsali ad una
figliuola del suo favorito Elio Sejano con _Druso_ figliuolo di
_Claudio_, cioè di un fratello di Germanico, di Claudio, dico, il qual
poi fu imperadore. A tutti parve avvilita con questo atto la nobiltà
della famiglia principesca; perchè era bensì nato Sejano di padre
aggregato all'ordine de' cavalieri, ma niuna proporzione si trovava
fra lui e Druso, discendente non meno dalla casa d'Augusto, che da
quella di Livia. Maggiormente ciò dispiacque per la apparenza che
Sejano, comunemente odiato pel predominio suo nel cuor di Tiberio,
potesse aspirare a voli più alti, cioè all'imperio. Ma non si
effettuarono poi queste meditate nozze, perchè il giovinetto _Druso_
mentre da lì a pochi giorni era in Campania, avendo gittato in aria
per giuoco un pero[105], e presolo a bocca aperta nel cadere, ne
rimase soffocato, non sussistendo, come dice Svetonio, ch'egli morisse
per frode di Sejano.
NOTE:
[102] Tacitus, lib. 3, cap. 1.
[103] Ibidem, c. 9.
[104] Sueton., in Tiber., cap. 29.
[105] Sueton., in Claudio, cap 27.


Anno di CRISTO XXI. Indizione IX.
TIBERIO imperadore 8.
_Consoli_
CLAUDIO TIBERIO NERONE AUGUSTO per la quarta volta e DRUSO CESARE suo
figliuolo per la seconda.

Ci assicura Svetonio[106], che Tiberio, il quale avea preso il
consolato per far onor al figliuolo, da lì a tre mesi lo rinunziò,
senza sapersi finora se alcuno subentrasse console in luogo suo. Niuno
probabilmente, scrivendo Dione[107], che Tiberio, _finito il suo
Consolato_, ritornò a Roma nè egli vi ritornò, se non alla fine
dell'anno. In fatti venuta la primavera dell'anno presente, trovandosi
esso Tiberio, o pure fingendo d'essere con qualche incomodo di sanità,
volle mutar aria, e se n'andò a Campania. Chi credette ciò fatto per
lasciar al figliuolo tutto l'onore del consolato, ed altri, perchè gli
cominciasse a rincrescere il soggiorno di Roma, essendogli
specialmente molesta l'ambizione di Livia Augusta sua madre, che
faceva di mani e di piedi per comandare anch'ella, e per dividere il
governo con lui: cosa ch'egli non sapea sofferire. Parve perciò che
fin d'allora egli meditasse di volontariamente esiliarsi da Roma,
siccome vedremo che succedette dipoi. Turbata fu anche nell'anno
presente l'Africa da Tacfarinate[108]; laonde si vide spedito colà
Giunio Bleso, zio materno di Sejano, per regolar quegli affari. Tentò
in questo anno Severo Cecina nel Senato di far rinnovar l'antica
disciplina de' Romani, che non permetteva ai governatori delle
provincie di condur seco le loro mogli. Ma Druso console e la maggior
parte de' senatori furono di contrario sentimento. Pericoloso era
troppo allora il lasciar le dame romane lungi dai mariti, e in loro
balìa: tanta era la corruttela de' costumi. Fu anche proposto di
rimediare all'abuso introdotto e troppo cresciuto, che chiunque de'
malfattori e degli schiavi fuggitivi si ricoverava alle immagini o
statue degl'imperadori, era in salvo. Da tanti asili proveniva la
moltiplicità de' misfatti, e l'impunità de' delinquenti. Druso
cominciò a far provare ad alcuni nobili rifuggiti colà il gastigo
meritato dai lor delitti, e ciò con plauso universale. Nella Tracia si
sollevarono alcuni di que' popoli, ed impresero anche l'assedio di
Filippopoli. Convenne inviare colà a reprimerli Publio Vellejo, forse
il medesimo che ci lasciò un pezzo di storia scritta con leggiadria,
ed insieme con penna adulatrice. Poca fatica occorse a dissipar quella
gentaglia. Neppure andò in quest'anno esente da ribellioni la Gallia.
Giulio Floro in Treveri, Giulio Sacroviro negli Edui, furono i primari
a commovere la sedizione in varie città, malcontente de' Romani, a
cagion della gravezza de' tributi e dei debiti fatti per pagarli.
Restò in breve talmente incalzato Floro da Visellio Varrone e da Cajo
Silio legati, o, vogliam dire, tenenti generali de' Romani, che con
darsi la morte diede anche fine alla guerra in quelle parti. Più da
far s'ebbe a domar Sacroviro, che, occupata la città d'Autun, capitale
degli Edui, menava in campo circa quarantamila persone armate.
Nulladimeno una battaglia datagli da Silio, con fortunato successo,
ridusse ancor lui ad abbreviarsi di sua mano la vita. Fu in quest'anno
chiamato in giudizio Cajo Lutorio Prisco cavalier romano, e celebre
poeta di questi tempi, il quale avea composto un lodatissimo poema in
morte di Germanico, per cui fu superbamente regalato. Avvenne che
anche Druso Cesare caduto infermo fece dubitar di sua vita; laonde
egli preparò un altro poema sopra la morte di lui. Guarì Druso; ma
Prisco, mosso dalla vanagloria, non volendo perdere il plauso
dell'insigne sua fatica, lesse quel poema in una conversazione di dame
romane. Questo bastò al senato per fargliene un delitto, e delitto che
fu immediatamente punito colla morte di lui: a tanta viltà
d'adulazione e di schiavitù oramai era giunto quell'augusto
consesso[109]. S'ebbe a male Tiberio, non già perchè l'avessero
condannato a morte, ma perchè aveano eseguita la sentenza, senza
ch'egli ne fosse informato. E però fu fatta una legge che da lì
innanzi non si potesse pubblicar nè eseguire sentenza di morte data
dal senato, se non dieci giorni dappoi, acciocchè se l'imperadore
fosse assente dalla città, potesse averne notizia. Teodosio il Grande,
augusto, prolungò poi questo termine sino a trenta giorni per li
condannati dall'imperadore, e verisimilmente ancora per le sentenze
del senato.
NOTE:
[106] Sueton., in Tib., cap. 26.
[107] Dio, lib. 57.
[108] Tacit., lib. 3, cap. 35.
[109] Dio, lib. 57. Tacitus, lib. 3, cap. 50.


Anno di CRISTO XXII. Indizione X.
TIBERIO imperadore 9.
_Consoli_
QUINTO HATERIO AGRIPPA e CAJO SULPICIO GALBA.

Questo Galba console, non so dire se padre o pur fratello fosse di
Galba, che fu poi imperadore, asserendo Svetonio[110] essere stato
console il padre d'esso Augusto, e poi soggiugnendo che Cajo fratello
d'esso imperadore, per non aver potuto conseguire il proconsolato da
Tiberio, si uccise da sè stesso nell'anno 36 dell'Era nostra. Ai
suddetti consoli nelle calende di luglio furono sostituiti _Marco
Coccejo Nerva_, creduto avolo di Nerva, poscia imperadore, e _Cajo
Vibio Ruffino_. Era cresciuto in eccesso[111] il lusso delle nozze,
ne' conviti, e per altri capi nella città di Roma, senza far più caso
delle leggi e prammatiche pubblicate da Augusto, e prima d'Augusto: il
che s'era tirato dietro l'aumento dei prezzi delle robe e dei viveri.
Fu proposto in senato di rimediare al disordine col moderar le spese.
Ma una lettera di Tiberio, che ne accennava le difficoltà, distrusse
tutta la buona intenzion degli edili. Tacito nota, che si continuò in
sì fatto scialacquamento fino ai tempi di Vespasiano imperadore, sotto
cui cominciarono i Romani a darsi alla parsimonia, non già per qualche
legge o comandamento del principe, ma perchè così facea lo stesso
Augusto: tanto può a regolare e sregolare i costumi l'esempio de'
regnanti. In quest'anno ancora Tiberio scrisse al senato, chiedendo la
podestà tribunizia per _Druso Cesare_ suo figliuolo, affine di
costituirlo in tal maniera compagno suo nell'autorità e metterlo in
istato d'essere suo successore nell'imperio. Fu prontamente ubbidito,
e con giunte di novità all'onore: al che nondimeno Tiberio non
consentì. Veggonsi medaglie[112] di _Druso_, nelle quali è espressa
questa podestà. Motivo di lungo e tedioso esame diedero dipoi al
senato gli asili delle città greche, tanto in Europa che in Asia. Ogni
tempio era divenuto un sicuro rifugio d'impunità ad ogni schiavo
fuggitivo, ad ogni debitore e a chiunque era in sospetto di delitti
capitali. Furono citate quelle città a produrre i loro privilegii. Si
trovò per la maggior parte insussistente in esse il diritto
dell'asilo; e però fu moderato quell'eccesso. Infermatasi intanto
gravemente Livia Augusta, conobbe Tiberio suo figliuolo la necessità
di tornarsene per visitarla. Gareggiarono a più non posso i senatori,
per inventar cadauno pubbliche dimostrazioni del loro affanno per vita
sì cara e della comun premura per la di lei salute; studiandosi di
placare gl'insensati loro dii. Andò tanto innanzi la vilissima loro
adulazione, che stomacò lo stesso Tiberio in guisa ch'ebbe a dire più
volte in uscir dalla curia: _Oh che gente inclinata alla servitù!_ Nè
a lui piaceano tanti sfoggi di una stima verso la sua madre, siccome
maggiore incentivo alla di lei natìa superbia e voglia di dominare.
Continuavano tuttavia le turbolenze dell'Africa. Tacfarinate ribello
era giunto a tale alterigia, che, spediti suoi ambasciadori a Tiberio,
gli avea chiesto per sè e per l'esercito suo un determinato paese da
signoreggiare: minacciando, non esaudito, una fierissima guerra. Per
questa ardita dimanda fumò di collera Tiberio, e mandò ordine a Bleso
proconsole di tirar colle buone all'ubbidienza i sollevati, per far
poscia prigione, se mai poteva, quel temerario. Grande sforzo fece per
tale incitamento Bleso, e prese un di lui fratello, ma non fu già egli
stesso. Di poco rilievo furono le sue imprese; contuttociò Tiberio,
perchè egli era zio materno del favorito Sejano, gli fece accordare
gli ornamenti trionfali. Morì in quest'anno Asinio Salonino, figliuolo
d'Asinio Gallo e di Vipsania, ripudiata già da Tiberio Augusto, e però
fratello uterino di Druso Cesare.
NOTE:
[110] Sueton., in Galba, cap. 3.
[111] Tacitus, lib. 3, cap. 55.
[112] Mediobarb., in Num. Imperator.


Anno di CRISTO XXIII. Indizione XI.
TIBERIO imperadore 10.
_Consoli_
CAJO ASINIO POLLIONE e LUCIO ANTISTIO VETERE o sia VECCHIO.

Benchè gli autori de' fasti consolari comunemente dieno ad _Antistio
Vetere_ il prenome di _Cajo_, pure _Lucio_ vien da me nominato sul
fondamento d'una iscrizione della mia Raccolta[113], posta Q. IVNIO
BLASEO, L. ANTISTIO VETERE; dalla quale eziandio si può raccogliere
che nelle calende di luglio ad Asinio Pollione fu sostituito _Quinto
Giunio Bleso_, già da noi veduto governatore dell'Africa.
Probabilmente _Asinio Pollione_, fratello fu del poco fa defunto
Asinio Salonino. Mancò di vita sui primi mesi dell'anno presente, dopo
lunga malattia _Druso Cesare_[114], unico figliuolo di Tiberio
Augusto, giovane destinato a succedergli nell'imperio. Voce pubblica
fu che un lento veleno, fattogli dare da Elio Sejano, il conducesse a
morte. Tacito e Dione[115] danno questo fatto per certo. Druso,
giovane facilmente portato alla collera, non potendo digerir l'eccesso
del favore di cui godea Sejano presso il padre, un dì venne alle mani
con lui, e gli diede uno schiaffo, come vuol Tacito, parendo poco
verisimile che il percussore fosse lo stesso Sejano, come s'ha da
Dione. Questo affronto, ma più la segreta sete di Sejano di arrivare
all'imperio, a cui troppo ostava l'esser vivente Druso, gli fece
studiar le vie di levarlo dal mondo. Cominciò la tela, con adescar
_Giulia Livilla_, sorella del fu Germanico Cesare e moglie d'esso
Druso, traendola alle sue disoneste voglie. Dopo di che non gli riuscì
difficile colle promesse del matrimonio e dell'imperio a farla
precipitare in una congiura contro la vita del marito. Scelto Liddo,
uno degli eunuchi suoi più cari, un tal veleno gli diede che potesse
parer naturale la di lui malattia. Non si conobbe allora l'iniquo
manipolator di questo fatto; ma da lì ad otto anni nella caduta di
Sejano, ciò venne alla luce per confessione di Apicata sua moglie. Con
tal costanza nondimeno portò Tiberio la perdita del figliuolo, che i
maligni giunsero fino a sospettare lui stesso complice o autore del
veleno, quasichè Druso avesse prima pensato di avvelenare il padre.
Neppur Tacito, benchè inclinasse ad annerir tutte le azioni di
Tiberio, osò prestar fede a così inverisimil diceria. Del resto non
erano tali i costumi e le inclinazioni di Druso, che i Romani
internamente si affliggessero della di lui morte. Lasciò egli tre
figliuoli di tenera età, ma che l'un dietro all'altro furono rapiti
dalla morte, di modo che la succession dell'imperio cominciò a
destinarsi ai figliuoli di _Germanico_. In abbondanza furono fatti
onori alla memoria di Druso; ma Tiberio non ammise chi gareggiava per
passar seco atti di condoglianza, affinchè non gli si rinnovassero le
piaghe del dolore. E perchè da lì a non molto tempo gli ambasciadori
d'Ilio, o sia di Troja, venuti a Roma[116], gli spiegarono il lor
dispiacere a cagion della perdita del figliuolo, per deriderli
rispose: «Che anch'egli si condoleva con loro per la morte d'Ettore,»
ucciso mille e dugento anni prima.
Buone qualità avea Tiberio mostrato in addietro, e competente governo
avea fatto[117]. Già dicemmo che tolto di vita Germanico, cominciò
egli a declinar al male. Peggiorò anche dopo la morte di Druso.
Nondimeno a renderlo più cattivo contribuì non poco l'ambizioso e
perverso Sejano, le cui mire tendevano tutte a regnar solo col tempo.
Perchè gliene avrebbono impedito l'acquisto i figliuoli di Germanico,
nipoti per adozione di Tiberio, e raccomandati in quest'anno dallo
stesso Tiberio al senato, nè poteva Sejano sbrigarsi di loro col
veleno per la buona cura che avea di essi, e della propria pudicizia
Agrippina lor madre: si diede a fomentar ed accrescere l'odio di
Tiberio contro d'essi, e il mal animo di Livia Augusta contro
d'Agrippina. Chiunque ancora de' nobili sembrava a lui capace
d'interrompere i voli della sua fortuna, cominciò egli sotto vari
pretesti, e massimamente di aver essi sparlato di Tiberio, a
perseguitarli con accuse che in questi tempi ad alcuni, e col
progresso del tempo a moltissimi costarono la vita[118]. Succedeva
talvolta che gl'istrioni, o vogliam dire i commedianti, eccedevano
nell'oscenità, e tagliavano i panni addosso a determinate donne
romane, o pure porgevano occasioni a risse. Tiberio li cacciò di Roma,
e vietò l'arte loro in Italia. Alle persone di merito dopo morte erano
state alzate alcune statue da esso Tiberio. Videsi nel presente anno
questa deformità, cioè, ch'egli mise la statua di bronzo di Sejano nel
pubblico teatro. L'esempio del principe servì ad altri, per esporne
molte altre simili. E conoscendo già ognuno che costui era la ruota
maestra della fortuna e degli affari, risonavano dappertutto le sue
lodi ed anche nello stesso senato; piena sempre di nobili l'anticamera
di lui; i consoli stessi frequenti visite gli faceano; nulla in fine
si otteneva, se non passava per le mani di lui. Una bestialità di
Tiberio vien raccontata sotto quest'anno. Un insigne portico di Roma
minacciava rovina, essendosi molto inchinate le colonne che lo
sostenevano[119]. Seppe un bravo architetto con argani ed altri
ingegni ritornarlo al suo primiero sito. Maravigliatosene molto
Tiberio, il fece bensì pagare, ma il cacciò anche fuori di Roma.
Tornato un dì costui per supplicarlo di grazia, credendo di farsi del
merito, gittò un vaso di vetro in terra; poi raccoltolo fece vedere
che possedeva il secreto di racconciarlo. Gli fece Tiberio levar la
vita, senza sapersi il vero motivo di così pazza e crudele sentenza.
Scrive Plinio[120] lo stesso più chiaramente, dicendo che quel vetro
era molle e pieghevole, come lo stagno, con aggiugnere nulladimeno,
essere stata questa una voce di molti, ma poco creduta dai saggi.
NOTE:
[113] Thesaurus Novus Inscript., pag. 301, n. 4.
[114] Tacitus, lib. 4, c. 8.
[115] Dio, lib. 58.
[116] Sueton., in Tiber., cap. 52.
[117] Dio, lib. 57.
[118] Tacitus, lib. 4, cap. 14.
[119] Dio, lib. 57.
[120] Plinius, lib. 36, cap. 26.


Anno di CRISTO XXIV. Indizione XII.
TIBERIO imperadore 11.
_Consoli_
SERVIO CORNELIO CETEGO e LUCIO VISELIO VARRONE.

Ancorchè Tiberio non chiedesse al senato la confermazione della sua
suprema autorità[121], finito il decennio di essa, come usò Augusto,
perchè egli non l'avea dianzi ricevuta per un determinato tempo: pure
si solennizzarono i decennali del suo imperio con varii giuochi
pubblici e feste. E perciocchè[122] i pontefici e sacerdoti aveano
fatto dei voti per la conservazione della vita di Tiberio, unendo
anche con lui _Nerone_ e _Druso_, cioè i due maggiori figliuoli del
defunto _Germanico_, se l'ebbe a male il geloso Tiberio. Volle sapere,
se così avessero fatto per preghiere o per minacce d'Agrippina lor
madre; ed inteso che no, li rimandò, non senza qualche riprensione.
Poscia nel senato si lasciò meglio intendere, con dire che non si avea
con prematuri onori da eccitare od accrescere la superbia de' giovani
per lo più sconsigliati. Sejano anch'egli non lasciava di fargli
paura, ripetendo essere già divisa Roma in fazioni; una d'esse portare
il nome di Agrippina; e doversi perciò prevenire maggiori disordini.
Dato fu quest'anno fine alla guerra, già mossa da Tacfarinate in
Africa. Era proconsole di quelle provincie Publio Dolabella, e
tuttochè fosse stata richiamata in Italia la legione nona che era in
quelle parti, pure raccolti quanti soldati romani potè, all'improvviso
assalì i Numidi, mentre sotto il comando di esso Tacfarinate stavano
raccolti sotto un castello mezzo smantellato. Fatta fu strage di loro,
e fra gli uccisi vi restò il medesimo Tacfarinate, per la cui morte
ritornò la quiete fra que' popoli. Fu in quella azione aiutato
Dolabella da Tolomeo figliuolo di Giuba, re della Mauritania. Erano
dovuti al vincitore proconsole gli onori trionfali, ed egli ne fece
istanza; ma non gli ottenne, perchè a Sejano non piacque di vederlo
uguagliato nella lode a Bleso suo zio, predecessore di Dolabella nel
governo che pure avea ricevuto quel premio, con aver operato tanto
meno. A _Tolomeo_ re fu inviato da Tiberio in dono uno scettro
d'avorio, e una veste ricamata in segno del gradimento dello aiuto
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4388
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1643
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4314
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1603
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1463
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4226
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1488
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4193
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1489
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1587
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4180
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1501
    38.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4222
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1548
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  • Annali d'Italia, vol. 1 - 75
    Süzlärneñ gomumi sanı 4191
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1536
    40.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Annali d'Italia, vol. 1 - 76
    Süzlärneñ gomumi sanı 4393
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1614
    39.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    56.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Annali d'Italia, vol. 1 - 77
    Süzlärneñ gomumi sanı 4360
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1647
    39.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    63.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Annali d'Italia, vol. 1 - 78
    Süzlärneñ gomumi sanı 4261
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1602
    40.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Annali d'Italia, vol. 1 - 79
    Süzlärneñ gomumi sanı 4124
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1492
    37.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    52.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    59.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Annali d'Italia, vol. 1 - 80
    Süzlärneñ gomumi sanı 4300
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1655
    39.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    61.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Annali d'Italia, vol. 1 - 81
    Süzlärneñ gomumi sanı 4207
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1591
    38.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    52.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    60.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Annali d'Italia, vol. 1 - 82
    Süzlärneñ gomumi sanı 4151
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1604
    36.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    52.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    59.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Annali d'Italia, vol. 1 - 83
    Süzlärneñ gomumi sanı 4188
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1565
    37.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    60.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Annali d'Italia, vol. 1 - 84
    Süzlärneñ gomumi sanı 4221
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1653
    39.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    63.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Annali d'Italia, vol. 1 - 85
    Süzlärneñ gomumi sanı 748
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 432
    51.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    63.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    69.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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