Annali d'Italia, vol. 1 - 80
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61.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
[2966] Optatianus, Panegyr. Constant., cap. 32.
[2967] Du Cange, Hist. Byz.
[2968] Mediob., in Numismat. Imperator.
[2969] Lib. 1, de indulgen. crim., Cod. Theod.
[2970] Baron., in Annal.
[2971] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
Anno di CRISTO CCCXXIII. Indizione XI.
SILVESTRO papa 10.
COSTANTINO imperadore 17.
LICINIO imperadore 17.
_Consoli_
ACILIO SEVERO e VETTIO RUFINO.
Un'iscrizione dal Doni e da me[2972] data alla luce, fu posta a _Caio
Vettio Cossinio Rufino_, prefetto di Roma e proconsole dell'Acaia, che
sembra veramente spettante al secondo console di quest'anno, avendo in
fatti _Vettio Rufino_ esercitata la prefettura urbana nell'anno 315, e
non trovandosene altro di questo nome ornato di quella dignità. Per
più anni avea _Valerio Massimo_ tenuta la medesima carica; ma nel
presente a lui fu sostituito in essa _Lucerio_ ossia _Lucrio Verino_
nel dì 13 di settembre, come si ha ancora dall'antico Catalogo del
Cuspiniano[2973]. Una legge di Costantino Augusto, data nel gennaio o
febbraio di quest'anno, cel fa vedere in Tessalonica ossia Salonichi,
città della Macedonia. Il motivo, per cui egli si fosse portato colà,
l'abbiamo da Zosimo[2974], cioè per fabbricar quivi un porto,
essendone dianzi priva quella città. Abbiamo poi una sua legge[2975]
data in Sirmio nel dì 25 di maggio. Gli fu riferita una vessazione
recata dai Pagani ai Cristiani, con volere che ancor questi
intervenissero ai sagrifizii delle loro lustrazioni: azione
incompatibile colla purità della religione di Cristo. Perciò ordinò
esso Augusto, che chiunque del basso popolo facesse loro violenza in
materia di religione, fosse sonoramente bastonato, e gli altri di
condizione più alta fossero condannati a pene pecuniarie. Fu poi
questo un anno memorando per le imprese bellicose dell'imperadore
suddetto. Avvenne che i Goti[2976] nell'anno presente (se pur non fu
nel precedente) avendo osservata poca guardia nella Tracia e nella
Mesia Inferiore, provincia spettanti a Licinio Augusto, fecero colà
una grande incursione, saccheggiando e menando in ischiavitù una gran
moltitudine di gente. Fossero costoro passati anche nelle terre
dipendenti da Costantino, o pur temendo egli che vi passassero, nè
veggendo egli provvisione al bisogno dalla parte di Licinio, mosse
l'armi sue contra di que' Barbari da Tessalonica; e con tal empito
giunse loro addosso, ch'ebbero per grazia il poter impetrar da lui la
pace colla restituzion dei prigioni. Due leggi[2977] da lui date sul
fine di aprile, dove parla delle scorrerie de' Barbari e de' saccheggi
familiari a quelle nazioni, con imporre fra le altre cose gravissime
pene a chiunque tenesse mano alle loro violenze e bottini, han fatto
credere che ne' primi mesi dell'anno corrente succedesse questa
barbarica irruzione. Ma perciocchè Costantino o andasse ad assalir
costoro nelle giurisdizion di Licinio, o pur vi entrasse per necessità
d'inseguirli, Licinio, in vece di ringraziarlo pel benefizio fatto a'
sudditi suoi, con liberarli dall'oppression dei Goti, ne fece un'amara
querela, come se Costantino avesse violati i patti, ed esercitata una
prepotenza nel paese non suo. Fece quanto potè Costantino per
giustificar l'azione sua, e mostrar indiscreti que' lamenti. A nulla
giovarono le lettere e deputazioni. Licinio non ammettendo scuse, più
che mai parlava alto col cognato Augusto, di maniera che Costantino,
perduta la pazienza, alzò anch'egli la testa, e non facendo frutto le
minaccie, venne in fine a guerra aperta con esso Licinio.
Era già assai tempo che si conoscevano raffreddati gli animi di questi
due Augusti e cognati. Licinio, se crediamo all'apostata
Giuliano[2978], era odiato da Dio e dagli uomini per l'abbondanza ed
enormità de' suoi vizii. Imperocchè, per attestato d'Eusebio[2979] e
di Aurelio Vittore[2980], la brutalità sua nella libidine si tirava
dietro la detestazione d'ognuno, perchè non era sicura l'onestà di
persona alcuna o vergine o maritata, dalle di lui violenze; nè
bastando a lui di svergognar dal suo canto le famiglie più nobili,
permetteva anche ai suoi cortigiani di saziar, come volevano, le lor
voglie impure senza rispetto alcuno alle case più riguardevoli. Di
tutto ciò è da credere che fosse ben mal contento l'Augusto
Costantino, da che a lui avea conceduta Costanza sua sorella in
moglie. Superiore nulladimeno alla di lui sfrenata libidine era
l'avarizia, febbre sua oltre modo cocente. Da questa provenne
un'infinità di mali, perchè per adunar danari s'inventavano ogni dì
nuovi pretesti; e gran disavventura si riputava allora l'essere
facoltoso, perchè non mancavano mai accusatori e delitti da gastigare,
cioè da spogliare gl'innocenti de' loro beni. Non mancavano già
aggravii reali e personali ai popoli; ma Licinio sapea far ben
crescere questa gravosa mercatanzia, coll'inventar nuovi estimi, e far
trovare più campi dove non erano, e far risuscitare chi da gran tempo
più non si contava tra i vivi. Seppe anche trovar la sua avarizia
delle insolite gravezze per cavar dai testamenti e dai maritaggi
grosse somme di danaro. E pure con tutto il suo succiar continuamente
il sangue de' suoi popoli, ed ammassar tesori, il bello era che tutto
dì egli si lagnava di essere poverissimo e miserabile, come in fatti
son tutti gli avari, i quali non godono quel che hanno, e muoiono sol
di voglia di quel che non hanno. Osservavasi oltre a ciò in lui
un'esecrabile crudeltà, col non volere che alcuno assistesse ai
prigioni, sotto pena d'essere cacciato nelle medesime carceri, e
proibendo l'aver compassione d'essi, e il somministrar da mangiare a
chi si moriva di fame, facendo con ciò diventare un delitto le opere
della misericordia. Se un principe tale fosse amato da' sudditi suoi,
non occorre ch'io lo ricordi ai lettori. Tutto il rovescio era
l'Augusto Costantino, di modo che Eusebio[2981], scrittore che fioriva
in questi tempi, ebbe a dire che l'imperio romano, diviso allora fra
questi due principi, parea simile al dì e alla notte. La parte di
Costantino, cioè l'Occidente, compariva un bel giorno sereno; ma
l'Oriente, dominato da Licinio, si poteva affatto assomigliare alla
notte.
Ma ciò che maggiormente a Costantino riuscì dispiacevole, e da non
sofferire nell'indegno suo cognato Licinio, fu la persecuzione da lui
mossa contra dei Cristiani, il numero de' quali nelle provincie
dell'Asia e dell'Egitto di gran lunga a proporzione superava quei
dell'Occidente. Già dicemmo ch'egli cacciò di sua corte chiunque
professava la religione cristiana. Ordinò poscia che i vescovi non
potessero celebrar concilio alcuno; che il popolo cristiano non
potesse raccogliersi nelle chiese per fare le sue divozioni, ma che
loro fosse lecito solamente a cielo aperto: perchè si figurava che le
loro orazioni avessero per iscopo la salute e felicità di Costantino,
e non già la sua, e che tramassero sempre delle congiure contra di
lui. Fece inoltre cassare chiunque de' soldati non sagrificava
agl'idoli; cacciò in esilio i nobili professanti la legge di Cristo; e
passò in fine a minacciar la morte a chiunque abbracciasse questa
santa religione[2982]. Ma perciocchè la paura che egli aveva di
Costantino il riteneva dal muovere una pubblica persecuzione contra
de' Cristiani, prese a farla il più cautamente o segretamente che
poteva, con insidie e calunnie, le quali costarono la vita a molti
innocenti vescovi, e l'atterramento di non poche chiese in Amasia ed
in altre città, senza volersi riflettere all'infausto fine di tanti
suoi predecessori, persecutori della Chiesa di Dio. Tutto questo non
poteva se non dispiacere al piissimo Costantino, perchè contrario agli
editti concordemente pubblicati in favor della religione cristiana, ed
insieme ai patti della pace stipulata dopo la battaglia di Cibala; e
tanto più che ciò parea fatto per far dispetto ad esso Augusto,
professore e protettore di questa religione. Perciò a questi dissapori
aggiunto l'altro che di sopra accennai della guerra coi Goti, si venne
all'armi, ed ognun degli Augusti gran preparamento fece per terra e
per mare. Zosimo[2983] minutamente descrive la flotta allestita da
Licinio consistente in trecentocinquanta galee raccolte dall'Egitto,
Fenicia, Cipro, Bitinia ed altri luoghi, e in quasi centocinquanta
mila fanti, e quindici mila cavalli cavati dalla Frigia e Cappadocia.
Costantino, all'incontro, unì dugento grossi legni, due mila altri da
carico, cento venti mila pedoni, con circa dieci mila cavalli. Che nel
di lui esercito si contassero moltissimi Goti ausiliarii, lo abbiamo
da Giordano[2984]. Venne Licinio a postarsi ad Andrinopoli con tutte
le sue forze. Costantino anch'egli marciò da Tessalonica a quella
volta colle sue, menando seco non già de' maghi, indovini ed altri
ciurmatori, come facea Licinio, ma dei santi vescovi e ministri della
Chiesa, perchè delle orazioni loro più che mai avea allora bisogno, e
in queste più che nelle armi metteva la sua fidanza. Per lo contrario
strideva Licinio a tutto pasto della divozione di Costantino e de'
suoi cherici; e perchè a lui i suoi falsi aruspici e sacerdoti
promettevano senza fallo vittorie, tutto altero e coraggioso si
dispose alla pugna. Ma prima fece di molti sagrifizii in un sacro
bosco ai suoi idoli, e tenne un ragionamento ai suoi cortigiani,
proponendo che si vedrebbe ora chi avesse più forza, o tanti antichi
suoi dii, o pure il nuovo e vergognoso Dio di Costantino.
Stettero qualche dì le due armate a vista, ma separate dal fiume Ebro
nella Tracia. Costantino, impaziente di venir alle mani, finse di
voler gittare un ponte ad un passo stretto con preparar gran copia di
materiali[2985]; ma un dì condotta seco parte dell'esercito suo,
passando per mezzo ad una folta selva, andò a trovar un guado dianzi
adocchiato in quel fiume. Passò egli arditamente con soli dodici
cavalieri, ed immantinente si scagliò contro i primi delle guardie
nemiche ivi esistenti, che sbalordite per l'impensato assalto, parte
restarono trucidate, parte diedero alle gambe. Ebbe con ciò comodo la
di lui armata di passar tutta di là dal fiume; e in quello stesso
giorno, come sembra indicare lo storico Zosimo, o pure in altro dì,
egli è fuor di dubbio che si venne dipoi ad una giornata campale.
Secondo il calendario del Bucherio[2986], nel dì 3 di luglio accadde
quel memorabil e sanguinoso conflitto, in cui il segnale dato ai
soldati dalla parte di Costantino fu _Dio Salvator nostro_[2987], e
coll'aiuto d'esso il pio Augusto riportò in fine una segnalata
vittoria. Ci assicura Eusebio d'aver inteso dalla bocca del medesimo
imperadore, che cinquanta delle sue guardie, tutti cristiani, furono
scelti per portare l'insegna della Croce santa per mezzo l'esercito
suo, e che dovunque compariva questa sacra bandiera, restavano
sbaragliati i nemici. Trentaquattro mila persone rimasero estinte sul
campo, la maggior parte di quei di Licinio, e molti con arrendersi
salvarono le vite. Lo stesso Costantino che si cacciò anche egli nella
mischia, ne riportò una lieve ferita. Verso la sera furono presi gli
alloggiamenti nemici, e nel dì seguente essendosi trovati più branchi
di soldati fuggiti di Licinio qua e là sparsi, parte volontariamente
venne all'ubbidienza di Costantino, e parte ostinata fu messa a filo
di spada. Raccomandatosi alle gambe d'un poderoso destriero fuggì
Licinio a Bisanzio: e quivi si afforzò per sostenere un assedio[2988],
confidato spezialmente nella flotta sua, comandata da Abanto, ossia da
Amando, uffiziale di molta sperienza e valore. Ma lento non fu il
vittorioso Costantino ad inseguire co' suoi il fuggitivo nemico, e ad
imprendere l'assedio di Bisanzio. Conoscendo poi l'impossibilità di
riuscir nell'impresa, finchè l'armata navale di Licinio mantenesse la
comunicazion dell'Asia con quella città; ordinò a Crispo Cesare suo
figliuolo di far vela colla sua flotta, per venire a nuova battaglia
in mare. Trovaronsi a fronte le due armate navali nello stretto di
Gallipoli; quella di Licinio era composta di dugento navi; e i
capitani di Costantino ne scelsero solamente ottanta delle meglio
corredate e più forti. Derideva Abanto, generale di Licinio, il poco
numero dei legni nemici, e si credeva d'ingoiarli col tanto superiore
de' suoi; ma alle pruove si trovò ingannato. Con ordine procedevano
quei di Costantino alla pugna; senza ordine gli altri; e la
moltitudine di tante navi non servì loro se non d'imbroglio, perchè
urtandosi nel sito stretto l'una con l'altra, cagion fu che molte
d'esse coi soldati e marinari perissero. La notte separò la zuffa.
Fatto poi giorno, pensava Abanto di venire al secondo combattimento,
quando levatosi un vento furioso spinse la di lui flotta con tal
empito ne' sassi e lidi dell'Asia, che perirono cento e trenta delle
sue navi e circa cinque mila de' suoi soldati, combattendo in questa
maniera Dio contra di chi era nemico del suo nome[2989]. Se ne fuggì
Abanto, e lasciò aperto il varco alla flotta di Costantino, se voleva
inoltrarsi e passare anch'essa ad assediar Bisanzio per mare.
Ma Licinio, ravvisato il pericolo, colle migliori sue milizie e coi
tesori si ritirò, e andò a piantarsi in Calcedonia dell'Asia, con
isperanza di rimettere in piedi una nuova armata, e di trovare in
altri incontri più propizia la sorte. Aveva egli stando in Bisanzio,
secondo l'Anonimo del Valesio, dichiarato Cesare[2990] _Martiniano_
sopraintendente a tutti gli uffiziali della sua corte, per valersi di
questo campione a riparar le sue perdite. Zosimo[2991] e l'altro
Vittore[2992] scrivono che tal determinazione fu da lui presa,
dappoichè si fu ritirato a Calcedonia. Abbiamo medaglie[2993], dove il
troviamo appellato _Marco Martiniano_, e decorato, non solamente del
titolo di _Cesare_, ma anche d'_Augusto_: il che discordando dagli
antichi storici ci può far giustamente dubitar d'impostura in quelle
medaglie; giacchè (convien pure ripeterlo) non sono mancati ne' due
ultimi secoli fabbricatori d'iscrizioni e medaglie, rivolti a far
mercato della curiosità degli eruditi. Fu spedito Marciniano a
Lampsaco per impedire il passaggio della flotta di Costantino; ma
l'assennato e prode Augusto, in vece di valersi delle navi grosse da
carico, si servì di alcune centinaia di barchette, ed empiutele di
soldatesche, felicemente le fece passar lo Stretto, e andò a sbarcar
nella Bitinia circa trenta miglia lungi da Calcedonia, dove
soggiornava Licinio. Benchè Costantino desse tanto tempo al cognato da
ravvedersi e da chiedere pace, egli non si era saputo fin qui
umiliare; perchè tante volte ingannato dai suoi falsi dii e sacerdoti,
pure cercava dei nuovi dii che gli recassero aiuto: laddove Costantino
non di altro si fidava che della protezione del vero Dio, e a lui
continuamente ricorreva con preghiere. Contuttociò si raccoglie da
Eusebio[2994] che qualche trattato e concordia seguì fra loro; ma non
sincera dalla parte di Licinio, il quale cercò in questa maniera di
addormentar Costantino, per unire intanto una poderosa armata. Non
furono occulti i di lui disegni, e si venne a scoprire ch'egli da
tutte le nazioni barbare cercava soccorsi, ed in fatti ottenne un
grosso rinforzo dai Goti: il perchè Costantino determinò di schiacciar
la testa, se poteva, a questo serpente, con venire ad una nuova
battaglia, se pur non fu lo stesso Licinio il primo a volerla, siccome
risulta da Eusebio. Abbiamo da Zosimo[2995], che nell'armata di
Licinio si contavano cento trenta mila combattenti, avendo egli
richiamato Martiniano da Lampsaco colle milizie inviate colà. Con
quanta gente procedesse a quel fatto d'armi Costantino, nol sappiamo.
Si venne alle mani. Licinio facea portar fra le schiere le statue de'
suoi falsi dii per incoraggiare i suoi. Le insegne di Costantino colla
croce quelle erano che promettevano sicura vittoria a lui: e così fu.
S'affrontarono le armate a Crisopoli[2996] in poca distanza da
Calcedonia nel dì 18 di settembre; andò in rotta ben presto quella di
Licinio; e tale strage ne fu fatta, che Zosimo[2997] giunse ad aprir
ben la bocca con dire, esservi periti cento mila de' suoi. Ma più
sicuro sarà l'attenersi all'Anonimo di Valesio, che mette solamente
venticinque mila stesi morti sul campo. Questa insigne vittoria si
tirò dietro la presa di Bisanzio, e poi di Calcedonia.
Ritirossi _Licinio_ con que' pochi che potè raunare a Nicomedia; ma
incalzato dall'armi vittoriose di Costantino, senza dimora assediato
in quella città, altro scampo non ebbe che d'inviar supplichevole
Costanza sua moglie al fratello Costantino. Andò essa, ed ottenne
salva la vita al consorte. Venne poscia il medesimo Licinio nel campo
a' piedi di Costantino, in cui mano rimise la porpora imperiale;
riconobbe lui per suo signore ed imperadore, ed umilmente dimandò
perdono delle cose passate. Costantino il tenne seco a tavola, poscia
il mandò come in luogo di rilegazione a Tessalonica, essendosi, per
quanto scrive Zosimo, obbligato con giuramento alla sorella di
conservargli la vita. Per conto di _Martiniano Cesare_, Aurelio
Vittore[2998] e Zosimo[2999] scrivono che per ordine di Costantino
dalle guardie fu immediatamente tagliato a pezzi. L'Anonimo Valesiano
vuol che per allora gli fosse lasciata la vita, ma questa dopo qualche
tempo tolta gli fu nella Cappadocia. Così il giovane _Licinio_, nipote
di Costantino, perchè figliuolo di Costanza sua sorella, e di pochi
anni di età, se crediamo a Teofane[3000], restò spogliato della
porpora e del titolo di Cesare; ma dopo tre anni, siccome vedremo,
anch'egli fu ucciso. Alcune medaglie presso il Du-Cange[3001] ed
altri, cel rappresentano _Cesare_ anche dipoi; ma della legittimità
d'esse noi non siamo bastevolmente sicuri; e certo poco verisimile si
scorge che a lui fosse lasciato un titolo di tanto decoro. Che a molti
ancora de' ministri ed uffiziali di Licinio, principali in addietro
persecutori dei cristiani, fosse reciso il capo, non dimenticò di
dirlo Eusebio[3002]. Per tali vittorie in pochissimo tempo tutte le
provincie romane dell'Oriente coll'Egitto vennero all'ubbidienza di
Costantino: con che l'antico romano imperio, dopo tante divisioni e
vicende, si vide totalmente riunito sotto la signoria di un solo
Augusto. E tutto ciò nell'anno presente 323, giacchè non pare
sussistente l'opinione del Pagi[3003], che vuol cominciata in questo e
terminata nell'anno seguente la guerra suddetta. Che i popoli
dell'Oriente, liberati dal pesante giogo di Licinio, si rallegrassero
di tal mutazione, e che anche i pagani romani giubilassero al mirar
saldate tante piaghe del loro imperio, si può facilmente immaginare.
Ma non è già l'esprimere la allegrezza degl'innumerabili cristiani,
sparsi per tutte le terre d'esso imperio, in vedere vittoriosa la
Croce di tanti suoi nemici, e divenuto padrone di sì vasta monarchia
un adoratore della medesima. Nè già tardò Costantino a liberar dalle
carceri, a richiamar dall'esilio e dai metalli, e a rimettere in
possesso dei lor beni, tanti d'essi cristiani che aveane provata la
persecuzion di Licinio. Ed a coloro che, per esser seguaci di Cristo,
era stato tolto il cingolo militare, fu permesso il rientrar, se
volevano, nell'onore della milizia.
Intorno a questi tempi venne a mettersi sotto la protezione
dell'Augusto Costantino, _Ormisda_ figlio primogenito di Ormisda II,
re della Persia. Zosimo[3004] è quello che ci ha conservati gli
avvenimenti di questo principe. Perchè nel giorno natalizio del re suo
padre i grandi non gli fecero quell'onore che era dovuto ad un
principe ereditario, il giovane si lasciò scappar di bocca, che se
arrivava alla corona, voleva far loro provare le sorte di Marsia. Non
intesero quei magnati allora che volesse ciò dire; ma informati dipoi
da un Persiano stato nella Frigia, significar ciò che sarebbono
scorticati vivi, se la legarono al dito. Venuto dunque a morte il re
suo padre, quando Ormisda si pensava di succedergli, scoppiò la
congiura de' grandi, che lui preso confinarono in un castello, con
crear poscia re _Sapore_, suo fratello minore. Questi, se vogliam
credere ad Agatia[3005], non era per anche nato; ma perchè la regina
si trovava incinta, e i magi predicevano che nascerebbe un maschio, i
Persiani misero la tiara, ossia la corona sul ventre della madre, che
in fatti partorì un fanciullo. Ma dopo qualche tempo l'industriosa
moglie d'Ormisda trovò la maniera di liberarlo, inviandogli, per mezzo
di un fidato eunuco, un grosso pesce, nel cui ventre stava nascosa una
lima, e facendogli sapere di mangiarne, allorchè niun fosse presente,
e di valersi del ventre di quel pesce. Nello stesso tempo inviò gran
copia di vivande e di vini ai guardiani delle carceri, i quali
abborracchiati ben bene, ne rimasero tutti ubbriachi. Allora il
prigioniero Ormisda, aperto il pesce e trovata la lima, segò i ceppi,
e per mezzo de' balordi custodi uscì fuori, e si rifugiò nella
Armenia. Quivi fu ben ricevuto da quel re suo amico, e con una scorta
inviato a Costantino, che l'accolse con onore, e trattollo sempre da
par suo colla moglie, a lui, secondo Zonara[3006], rimandata dai
Persiani. Ma Costantino niun altro impegno volle mai prendere in
favore di lui. Attesta Ammiano[3007] che in molta considerazione fu
esso Ormisda anche sotto Costanzo Augusto per la sua saviezza.
Allorchè esso Costanzo, nell'anno di Cristo 356, fu a Roma, in
osservare la mirabil piazza di Traiano, e la suntuosa statua a cavallo
del medesimo Augusto, disse ad Ormisda, di voler fare per sè una
somigliante cavallo. Gli rispose Ormisda: _Signore, fate prima una
stalla uguale a questa, se potete, acciocchè vi stia bene il cavallo
che pensate di fare_. Interrogato ancora del suo sentimento intorno
alle grandiosità e alle mirabili cose di Roma rispose: _Solamente
essergli piaciuto_ (vi ha chi crede che dicesse _dispiaciuto_) _d'aver
imparato che anche in Roma gli uomini morivano_. Benchè ci sieno delle
dispute fra gli eruditi[3008] intorno al tempo, in cui Costanzo,
secondo figliuolo di Costantino Augusto e di Fausta, fu creato
_Cesare_ dal padre: pure sembra opinione più ricevuta il credere che
in quest'anno nel dì 3 di novembre fosse a lui conferita quella
dignità[3009]. Era egli in età di sei o sette anni, perchè nato
nell'agosto dell'anno 317.
NOTE:
[2972] Thes. Novus Inscript., pag. 373.
[2973] Cuspinianus, Panvinius, Bucherius.
[2974] Zosimus, lib. 2, cap. 22.
[2975] L. 1, de Episcop., Cod. Theodos.
[2976] Anonymus Valesian.
[2977] Lib. 1, de re militar., et lib. 1, de comment., Cod. Theodos.
[2978] Julian., de Caesarib.
[2979] Euseb., Histor. Eccles., lib. 9, cap. 8; et Vita Const., lib.
1, cap. 55.
[2980] Aurel. Victor, in Epitome.
[2981] Euseb., in Vita Const., lib. 1, cap. 49.
[2982] Euseb., in Vita Const., lib. 2, cap. 3 et seq.
[2983] Zosimus, lib. 2, cap. 22.
[2984] Jordan., de Reb. Getic.
[2985] Zosimus, lib. 2, cap. 22.
[2986] Bucher., de Cyclo.
[2987] Euseb., in Vita Constan., lib. 2, cap. 6.
[2988] Anonym. Valesianus. Zosim., lib. 2, cap. 23.
[2989] Euseb., Hist. Eccles., lib. 10, cap. 9.
[2990] Anonymus Valesianus. Aurel. Victor, in Epitome.
[2991] Zosimus, lib. 2, cap. 25.
[2992] Victor, de Caesarib.
[2993] Mediobarb., in Numismat. Imperat.
[2994] Euseb., in Vita Costantini, lib. 2, cap. 15.
[2995] Zosimus, lib. 2, cap. 26.
[2996] Anonym. Valesianus.
[2997] Zosimus, lib. 2, cap. 26.
[2998] Aurelius Victor, in Epitome.
[2999] Zosimus, lib 2, cap. 28.
[3000] Theophan., Chronographia.
[3001] Du-Cange, Hist. Byz.
[3002] Euseb., in Vita Constant., lib. 2, cap. 18.
[3003] Pagius, in Crit. Baron.
[3004] Zosimus, lib. 2, cap. 27.
[3005] Agathias, Histor.
[3006] Zonaras, in Annalibus.
[3007] Ammianus, lib. 16, cap. 10.
[3008] Gothofredus, Valesius, Pagius, Tillemont et alii.
[3009] Idacius, in Fastis. Chron. Alexandrinum. Pagius, Critic. Baron.
Anno di CRISTO CCCXXIV. Indizione XII.
SILVESTRO papa 11.
COSTANTINO imperadore 18.
_Consoli_
FLAVIO GIULIO CRISPO CESARE per la terza volta, e FLAVIO VALERIO
COSTANTINO CESARE per la terza.
Prefetto di Roma nel Catalogo del Cuspiniano, ossia del Bucherio,
continuò ad essere nell'anno presente _Lucerio_ ossia _Lucerio Valerio
Verino_. Secondo l'asserzione d'Idacio[3010], che mette in un anno la
totale sconfitta di Licinio, e nel seguente la di lui morte, dovrebbe
Licinio, coerentemente a quanto s'è detto di sopra, essere giunto nel
presente al fine de' suoi giorni. Il Pagi[3011], che pretese atterrato
Licinio solamente nell'anno corrente, differisce la di lui morte al
seguente. Eusebio[3012], dopo aver detto che Costanzo fu creato
_Cesare_ (il che anche da esso padre Pagi vien riferito all'anno 323),
seguita a narrar la morte d'esso Licinio. Quello intanto che non cade
in controversia, si è che mentre Licinio inviato a soggiornare in
Tessalonica, dove si può credere che godesse libertà e buon
trattamento, quivi per ordine di Costantino fu strangolato. Non
solamente Zosimo[3013] ed Eutropio[3014] autori pagani, ma anche
Eusebio nella sua Cronica (se pur non è san Girolamo traduttore della
medesima) chiaramente dicono che Costantino, in torgli la vita, mancò
alla promessa e al giuramento da lui fatto a Costanza, sua sorella e
di lui moglie, di lasciarlo in vita. E Zosimo, autore per altro di
umore alterato contro le azioni di questo invitto principe, aggiunge
che non era in lui cosa insolita il violar la parola e i giuramenti.
Eusebio[3015], nella vita di esso Costantino, altro non dice, se non
che Licinio dal consiglio di guerra fu giudicato degno di non più
vivere. E l'Anonimo Valesiano[3016] pare che scriva, avere i soldati
in un tumulto dimandata la di lui morte, e che vi acconsentisse
Costantino per tema ch'egli, imitando Massimiano Erculio, un qualche
dì ripigliasse la porpora. Quel solo che può sembrar più verisimile,
si è il dirsi da Socrate[3017], che egli tolto fu dal mondo perchè
sollecitava i Barbari in suo favore. Qualche movimento d'essi in
questi tempi probabilmente fece sospettare che avesse origine dai
segreti impulsi di Licinio, e però piombò sopra di lui la sentenza di
morte, arrivando anch'egli, per giusto giudizio di Dio, al fine di
tanti altri persecutori della santa ed innocente religione di Cristo.
Furono perciò cassati i decreti ed altri atti di Licinio, fatti
durante la di lui tirannia. Poche sono le leggi di Costantino sotto
l'anno presente, e queste cel fanno vedere in Sirmio e Tessalonica. Nè
apparenza alcuna ci è ch'egli venisse a Roma, come s'avvisò il
cardinal Baronio[3018], il quale racconta succeduto in quella gran
città il battesimo d'esso Augusto, la sontuosa donazione che si
pretende da lui fatta alla Chiesa romana, la lepra del medesimo, con
altri assai strepitosi avvenimenti. Niuno v'ha oggi dei letterati che
non conosca essere tai fatti invenzioni favolose de' secoli
posteriori, nè io mi fermerò punto ad esporne la falsità, perchè
superfluo sarebbe il dirne di più. Quel sì che può appartenere
all'anno presente, si è la premura del piissimo Costantino per
soffocare la già insorta eresia d'Ario contraria alla divinità del
nostro Signor Gesù Cristo. Gran tumulto per questa bolliva in Egitto e
nei paesi circonvicini; ed Alessandro vescovo santo di Alessandria
avea già scomunicato l'ostinato eresiarca. Maraviglia è che Costantino
solamente catecumeno allora nella fede di Cristo, dopo aver vedute le
dissensioni de' cristiani nell'Africa per la petulanza de' Donatisti
senza poterle acquetare, trovando nato anche un più fiero scisma per
cagion d'Ario, non si scandalizzasse e formasse cattiva opinion de'
cristiani. Ma il saggio Augusto, ben riflettendo questi non essere
mali o difetti della religione in sè santissima, ma bensì dei mortali
troppo esposti al furor delle passioni; e sentendosi ben radicato
nell'amore d'essa religione, concepì anzi uno zelo grande per ismorzar
quell'incendio. Perciò da Nicomedia spedì un suo fedel deputato ad
Alessandria, che si crede essere stato Osio, insigne vescovo di
Cordova, per mettere la pace fra Alessandro ed Ario. Bellissima è la
lettera da lui scritta in questa occasione, rapportata da Eusebio
[2967] Du Cange, Hist. Byz.
[2968] Mediob., in Numismat. Imperator.
[2969] Lib. 1, de indulgen. crim., Cod. Theod.
[2970] Baron., in Annal.
[2971] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
Anno di CRISTO CCCXXIII. Indizione XI.
SILVESTRO papa 10.
COSTANTINO imperadore 17.
LICINIO imperadore 17.
_Consoli_
ACILIO SEVERO e VETTIO RUFINO.
Un'iscrizione dal Doni e da me[2972] data alla luce, fu posta a _Caio
Vettio Cossinio Rufino_, prefetto di Roma e proconsole dell'Acaia, che
sembra veramente spettante al secondo console di quest'anno, avendo in
fatti _Vettio Rufino_ esercitata la prefettura urbana nell'anno 315, e
non trovandosene altro di questo nome ornato di quella dignità. Per
più anni avea _Valerio Massimo_ tenuta la medesima carica; ma nel
presente a lui fu sostituito in essa _Lucerio_ ossia _Lucrio Verino_
nel dì 13 di settembre, come si ha ancora dall'antico Catalogo del
Cuspiniano[2973]. Una legge di Costantino Augusto, data nel gennaio o
febbraio di quest'anno, cel fa vedere in Tessalonica ossia Salonichi,
città della Macedonia. Il motivo, per cui egli si fosse portato colà,
l'abbiamo da Zosimo[2974], cioè per fabbricar quivi un porto,
essendone dianzi priva quella città. Abbiamo poi una sua legge[2975]
data in Sirmio nel dì 25 di maggio. Gli fu riferita una vessazione
recata dai Pagani ai Cristiani, con volere che ancor questi
intervenissero ai sagrifizii delle loro lustrazioni: azione
incompatibile colla purità della religione di Cristo. Perciò ordinò
esso Augusto, che chiunque del basso popolo facesse loro violenza in
materia di religione, fosse sonoramente bastonato, e gli altri di
condizione più alta fossero condannati a pene pecuniarie. Fu poi
questo un anno memorando per le imprese bellicose dell'imperadore
suddetto. Avvenne che i Goti[2976] nell'anno presente (se pur non fu
nel precedente) avendo osservata poca guardia nella Tracia e nella
Mesia Inferiore, provincia spettanti a Licinio Augusto, fecero colà
una grande incursione, saccheggiando e menando in ischiavitù una gran
moltitudine di gente. Fossero costoro passati anche nelle terre
dipendenti da Costantino, o pur temendo egli che vi passassero, nè
veggendo egli provvisione al bisogno dalla parte di Licinio, mosse
l'armi sue contra di que' Barbari da Tessalonica; e con tal empito
giunse loro addosso, ch'ebbero per grazia il poter impetrar da lui la
pace colla restituzion dei prigioni. Due leggi[2977] da lui date sul
fine di aprile, dove parla delle scorrerie de' Barbari e de' saccheggi
familiari a quelle nazioni, con imporre fra le altre cose gravissime
pene a chiunque tenesse mano alle loro violenze e bottini, han fatto
credere che ne' primi mesi dell'anno corrente succedesse questa
barbarica irruzione. Ma perciocchè Costantino o andasse ad assalir
costoro nelle giurisdizion di Licinio, o pur vi entrasse per necessità
d'inseguirli, Licinio, in vece di ringraziarlo pel benefizio fatto a'
sudditi suoi, con liberarli dall'oppression dei Goti, ne fece un'amara
querela, come se Costantino avesse violati i patti, ed esercitata una
prepotenza nel paese non suo. Fece quanto potè Costantino per
giustificar l'azione sua, e mostrar indiscreti que' lamenti. A nulla
giovarono le lettere e deputazioni. Licinio non ammettendo scuse, più
che mai parlava alto col cognato Augusto, di maniera che Costantino,
perduta la pazienza, alzò anch'egli la testa, e non facendo frutto le
minaccie, venne in fine a guerra aperta con esso Licinio.
Era già assai tempo che si conoscevano raffreddati gli animi di questi
due Augusti e cognati. Licinio, se crediamo all'apostata
Giuliano[2978], era odiato da Dio e dagli uomini per l'abbondanza ed
enormità de' suoi vizii. Imperocchè, per attestato d'Eusebio[2979] e
di Aurelio Vittore[2980], la brutalità sua nella libidine si tirava
dietro la detestazione d'ognuno, perchè non era sicura l'onestà di
persona alcuna o vergine o maritata, dalle di lui violenze; nè
bastando a lui di svergognar dal suo canto le famiglie più nobili,
permetteva anche ai suoi cortigiani di saziar, come volevano, le lor
voglie impure senza rispetto alcuno alle case più riguardevoli. Di
tutto ciò è da credere che fosse ben mal contento l'Augusto
Costantino, da che a lui avea conceduta Costanza sua sorella in
moglie. Superiore nulladimeno alla di lui sfrenata libidine era
l'avarizia, febbre sua oltre modo cocente. Da questa provenne
un'infinità di mali, perchè per adunar danari s'inventavano ogni dì
nuovi pretesti; e gran disavventura si riputava allora l'essere
facoltoso, perchè non mancavano mai accusatori e delitti da gastigare,
cioè da spogliare gl'innocenti de' loro beni. Non mancavano già
aggravii reali e personali ai popoli; ma Licinio sapea far ben
crescere questa gravosa mercatanzia, coll'inventar nuovi estimi, e far
trovare più campi dove non erano, e far risuscitare chi da gran tempo
più non si contava tra i vivi. Seppe anche trovar la sua avarizia
delle insolite gravezze per cavar dai testamenti e dai maritaggi
grosse somme di danaro. E pure con tutto il suo succiar continuamente
il sangue de' suoi popoli, ed ammassar tesori, il bello era che tutto
dì egli si lagnava di essere poverissimo e miserabile, come in fatti
son tutti gli avari, i quali non godono quel che hanno, e muoiono sol
di voglia di quel che non hanno. Osservavasi oltre a ciò in lui
un'esecrabile crudeltà, col non volere che alcuno assistesse ai
prigioni, sotto pena d'essere cacciato nelle medesime carceri, e
proibendo l'aver compassione d'essi, e il somministrar da mangiare a
chi si moriva di fame, facendo con ciò diventare un delitto le opere
della misericordia. Se un principe tale fosse amato da' sudditi suoi,
non occorre ch'io lo ricordi ai lettori. Tutto il rovescio era
l'Augusto Costantino, di modo che Eusebio[2981], scrittore che fioriva
in questi tempi, ebbe a dire che l'imperio romano, diviso allora fra
questi due principi, parea simile al dì e alla notte. La parte di
Costantino, cioè l'Occidente, compariva un bel giorno sereno; ma
l'Oriente, dominato da Licinio, si poteva affatto assomigliare alla
notte.
Ma ciò che maggiormente a Costantino riuscì dispiacevole, e da non
sofferire nell'indegno suo cognato Licinio, fu la persecuzione da lui
mossa contra dei Cristiani, il numero de' quali nelle provincie
dell'Asia e dell'Egitto di gran lunga a proporzione superava quei
dell'Occidente. Già dicemmo ch'egli cacciò di sua corte chiunque
professava la religione cristiana. Ordinò poscia che i vescovi non
potessero celebrar concilio alcuno; che il popolo cristiano non
potesse raccogliersi nelle chiese per fare le sue divozioni, ma che
loro fosse lecito solamente a cielo aperto: perchè si figurava che le
loro orazioni avessero per iscopo la salute e felicità di Costantino,
e non già la sua, e che tramassero sempre delle congiure contra di
lui. Fece inoltre cassare chiunque de' soldati non sagrificava
agl'idoli; cacciò in esilio i nobili professanti la legge di Cristo; e
passò in fine a minacciar la morte a chiunque abbracciasse questa
santa religione[2982]. Ma perciocchè la paura che egli aveva di
Costantino il riteneva dal muovere una pubblica persecuzione contra
de' Cristiani, prese a farla il più cautamente o segretamente che
poteva, con insidie e calunnie, le quali costarono la vita a molti
innocenti vescovi, e l'atterramento di non poche chiese in Amasia ed
in altre città, senza volersi riflettere all'infausto fine di tanti
suoi predecessori, persecutori della Chiesa di Dio. Tutto questo non
poteva se non dispiacere al piissimo Costantino, perchè contrario agli
editti concordemente pubblicati in favor della religione cristiana, ed
insieme ai patti della pace stipulata dopo la battaglia di Cibala; e
tanto più che ciò parea fatto per far dispetto ad esso Augusto,
professore e protettore di questa religione. Perciò a questi dissapori
aggiunto l'altro che di sopra accennai della guerra coi Goti, si venne
all'armi, ed ognun degli Augusti gran preparamento fece per terra e
per mare. Zosimo[2983] minutamente descrive la flotta allestita da
Licinio consistente in trecentocinquanta galee raccolte dall'Egitto,
Fenicia, Cipro, Bitinia ed altri luoghi, e in quasi centocinquanta
mila fanti, e quindici mila cavalli cavati dalla Frigia e Cappadocia.
Costantino, all'incontro, unì dugento grossi legni, due mila altri da
carico, cento venti mila pedoni, con circa dieci mila cavalli. Che nel
di lui esercito si contassero moltissimi Goti ausiliarii, lo abbiamo
da Giordano[2984]. Venne Licinio a postarsi ad Andrinopoli con tutte
le sue forze. Costantino anch'egli marciò da Tessalonica a quella
volta colle sue, menando seco non già de' maghi, indovini ed altri
ciurmatori, come facea Licinio, ma dei santi vescovi e ministri della
Chiesa, perchè delle orazioni loro più che mai avea allora bisogno, e
in queste più che nelle armi metteva la sua fidanza. Per lo contrario
strideva Licinio a tutto pasto della divozione di Costantino e de'
suoi cherici; e perchè a lui i suoi falsi aruspici e sacerdoti
promettevano senza fallo vittorie, tutto altero e coraggioso si
dispose alla pugna. Ma prima fece di molti sagrifizii in un sacro
bosco ai suoi idoli, e tenne un ragionamento ai suoi cortigiani,
proponendo che si vedrebbe ora chi avesse più forza, o tanti antichi
suoi dii, o pure il nuovo e vergognoso Dio di Costantino.
Stettero qualche dì le due armate a vista, ma separate dal fiume Ebro
nella Tracia. Costantino, impaziente di venir alle mani, finse di
voler gittare un ponte ad un passo stretto con preparar gran copia di
materiali[2985]; ma un dì condotta seco parte dell'esercito suo,
passando per mezzo ad una folta selva, andò a trovar un guado dianzi
adocchiato in quel fiume. Passò egli arditamente con soli dodici
cavalieri, ed immantinente si scagliò contro i primi delle guardie
nemiche ivi esistenti, che sbalordite per l'impensato assalto, parte
restarono trucidate, parte diedero alle gambe. Ebbe con ciò comodo la
di lui armata di passar tutta di là dal fiume; e in quello stesso
giorno, come sembra indicare lo storico Zosimo, o pure in altro dì,
egli è fuor di dubbio che si venne dipoi ad una giornata campale.
Secondo il calendario del Bucherio[2986], nel dì 3 di luglio accadde
quel memorabil e sanguinoso conflitto, in cui il segnale dato ai
soldati dalla parte di Costantino fu _Dio Salvator nostro_[2987], e
coll'aiuto d'esso il pio Augusto riportò in fine una segnalata
vittoria. Ci assicura Eusebio d'aver inteso dalla bocca del medesimo
imperadore, che cinquanta delle sue guardie, tutti cristiani, furono
scelti per portare l'insegna della Croce santa per mezzo l'esercito
suo, e che dovunque compariva questa sacra bandiera, restavano
sbaragliati i nemici. Trentaquattro mila persone rimasero estinte sul
campo, la maggior parte di quei di Licinio, e molti con arrendersi
salvarono le vite. Lo stesso Costantino che si cacciò anche egli nella
mischia, ne riportò una lieve ferita. Verso la sera furono presi gli
alloggiamenti nemici, e nel dì seguente essendosi trovati più branchi
di soldati fuggiti di Licinio qua e là sparsi, parte volontariamente
venne all'ubbidienza di Costantino, e parte ostinata fu messa a filo
di spada. Raccomandatosi alle gambe d'un poderoso destriero fuggì
Licinio a Bisanzio: e quivi si afforzò per sostenere un assedio[2988],
confidato spezialmente nella flotta sua, comandata da Abanto, ossia da
Amando, uffiziale di molta sperienza e valore. Ma lento non fu il
vittorioso Costantino ad inseguire co' suoi il fuggitivo nemico, e ad
imprendere l'assedio di Bisanzio. Conoscendo poi l'impossibilità di
riuscir nell'impresa, finchè l'armata navale di Licinio mantenesse la
comunicazion dell'Asia con quella città; ordinò a Crispo Cesare suo
figliuolo di far vela colla sua flotta, per venire a nuova battaglia
in mare. Trovaronsi a fronte le due armate navali nello stretto di
Gallipoli; quella di Licinio era composta di dugento navi; e i
capitani di Costantino ne scelsero solamente ottanta delle meglio
corredate e più forti. Derideva Abanto, generale di Licinio, il poco
numero dei legni nemici, e si credeva d'ingoiarli col tanto superiore
de' suoi; ma alle pruove si trovò ingannato. Con ordine procedevano
quei di Costantino alla pugna; senza ordine gli altri; e la
moltitudine di tante navi non servì loro se non d'imbroglio, perchè
urtandosi nel sito stretto l'una con l'altra, cagion fu che molte
d'esse coi soldati e marinari perissero. La notte separò la zuffa.
Fatto poi giorno, pensava Abanto di venire al secondo combattimento,
quando levatosi un vento furioso spinse la di lui flotta con tal
empito ne' sassi e lidi dell'Asia, che perirono cento e trenta delle
sue navi e circa cinque mila de' suoi soldati, combattendo in questa
maniera Dio contra di chi era nemico del suo nome[2989]. Se ne fuggì
Abanto, e lasciò aperto il varco alla flotta di Costantino, se voleva
inoltrarsi e passare anch'essa ad assediar Bisanzio per mare.
Ma Licinio, ravvisato il pericolo, colle migliori sue milizie e coi
tesori si ritirò, e andò a piantarsi in Calcedonia dell'Asia, con
isperanza di rimettere in piedi una nuova armata, e di trovare in
altri incontri più propizia la sorte. Aveva egli stando in Bisanzio,
secondo l'Anonimo del Valesio, dichiarato Cesare[2990] _Martiniano_
sopraintendente a tutti gli uffiziali della sua corte, per valersi di
questo campione a riparar le sue perdite. Zosimo[2991] e l'altro
Vittore[2992] scrivono che tal determinazione fu da lui presa,
dappoichè si fu ritirato a Calcedonia. Abbiamo medaglie[2993], dove il
troviamo appellato _Marco Martiniano_, e decorato, non solamente del
titolo di _Cesare_, ma anche d'_Augusto_: il che discordando dagli
antichi storici ci può far giustamente dubitar d'impostura in quelle
medaglie; giacchè (convien pure ripeterlo) non sono mancati ne' due
ultimi secoli fabbricatori d'iscrizioni e medaglie, rivolti a far
mercato della curiosità degli eruditi. Fu spedito Marciniano a
Lampsaco per impedire il passaggio della flotta di Costantino; ma
l'assennato e prode Augusto, in vece di valersi delle navi grosse da
carico, si servì di alcune centinaia di barchette, ed empiutele di
soldatesche, felicemente le fece passar lo Stretto, e andò a sbarcar
nella Bitinia circa trenta miglia lungi da Calcedonia, dove
soggiornava Licinio. Benchè Costantino desse tanto tempo al cognato da
ravvedersi e da chiedere pace, egli non si era saputo fin qui
umiliare; perchè tante volte ingannato dai suoi falsi dii e sacerdoti,
pure cercava dei nuovi dii che gli recassero aiuto: laddove Costantino
non di altro si fidava che della protezione del vero Dio, e a lui
continuamente ricorreva con preghiere. Contuttociò si raccoglie da
Eusebio[2994] che qualche trattato e concordia seguì fra loro; ma non
sincera dalla parte di Licinio, il quale cercò in questa maniera di
addormentar Costantino, per unire intanto una poderosa armata. Non
furono occulti i di lui disegni, e si venne a scoprire ch'egli da
tutte le nazioni barbare cercava soccorsi, ed in fatti ottenne un
grosso rinforzo dai Goti: il perchè Costantino determinò di schiacciar
la testa, se poteva, a questo serpente, con venire ad una nuova
battaglia, se pur non fu lo stesso Licinio il primo a volerla, siccome
risulta da Eusebio. Abbiamo da Zosimo[2995], che nell'armata di
Licinio si contavano cento trenta mila combattenti, avendo egli
richiamato Martiniano da Lampsaco colle milizie inviate colà. Con
quanta gente procedesse a quel fatto d'armi Costantino, nol sappiamo.
Si venne alle mani. Licinio facea portar fra le schiere le statue de'
suoi falsi dii per incoraggiare i suoi. Le insegne di Costantino colla
croce quelle erano che promettevano sicura vittoria a lui: e così fu.
S'affrontarono le armate a Crisopoli[2996] in poca distanza da
Calcedonia nel dì 18 di settembre; andò in rotta ben presto quella di
Licinio; e tale strage ne fu fatta, che Zosimo[2997] giunse ad aprir
ben la bocca con dire, esservi periti cento mila de' suoi. Ma più
sicuro sarà l'attenersi all'Anonimo di Valesio, che mette solamente
venticinque mila stesi morti sul campo. Questa insigne vittoria si
tirò dietro la presa di Bisanzio, e poi di Calcedonia.
Ritirossi _Licinio_ con que' pochi che potè raunare a Nicomedia; ma
incalzato dall'armi vittoriose di Costantino, senza dimora assediato
in quella città, altro scampo non ebbe che d'inviar supplichevole
Costanza sua moglie al fratello Costantino. Andò essa, ed ottenne
salva la vita al consorte. Venne poscia il medesimo Licinio nel campo
a' piedi di Costantino, in cui mano rimise la porpora imperiale;
riconobbe lui per suo signore ed imperadore, ed umilmente dimandò
perdono delle cose passate. Costantino il tenne seco a tavola, poscia
il mandò come in luogo di rilegazione a Tessalonica, essendosi, per
quanto scrive Zosimo, obbligato con giuramento alla sorella di
conservargli la vita. Per conto di _Martiniano Cesare_, Aurelio
Vittore[2998] e Zosimo[2999] scrivono che per ordine di Costantino
dalle guardie fu immediatamente tagliato a pezzi. L'Anonimo Valesiano
vuol che per allora gli fosse lasciata la vita, ma questa dopo qualche
tempo tolta gli fu nella Cappadocia. Così il giovane _Licinio_, nipote
di Costantino, perchè figliuolo di Costanza sua sorella, e di pochi
anni di età, se crediamo a Teofane[3000], restò spogliato della
porpora e del titolo di Cesare; ma dopo tre anni, siccome vedremo,
anch'egli fu ucciso. Alcune medaglie presso il Du-Cange[3001] ed
altri, cel rappresentano _Cesare_ anche dipoi; ma della legittimità
d'esse noi non siamo bastevolmente sicuri; e certo poco verisimile si
scorge che a lui fosse lasciato un titolo di tanto decoro. Che a molti
ancora de' ministri ed uffiziali di Licinio, principali in addietro
persecutori dei cristiani, fosse reciso il capo, non dimenticò di
dirlo Eusebio[3002]. Per tali vittorie in pochissimo tempo tutte le
provincie romane dell'Oriente coll'Egitto vennero all'ubbidienza di
Costantino: con che l'antico romano imperio, dopo tante divisioni e
vicende, si vide totalmente riunito sotto la signoria di un solo
Augusto. E tutto ciò nell'anno presente 323, giacchè non pare
sussistente l'opinione del Pagi[3003], che vuol cominciata in questo e
terminata nell'anno seguente la guerra suddetta. Che i popoli
dell'Oriente, liberati dal pesante giogo di Licinio, si rallegrassero
di tal mutazione, e che anche i pagani romani giubilassero al mirar
saldate tante piaghe del loro imperio, si può facilmente immaginare.
Ma non è già l'esprimere la allegrezza degl'innumerabili cristiani,
sparsi per tutte le terre d'esso imperio, in vedere vittoriosa la
Croce di tanti suoi nemici, e divenuto padrone di sì vasta monarchia
un adoratore della medesima. Nè già tardò Costantino a liberar dalle
carceri, a richiamar dall'esilio e dai metalli, e a rimettere in
possesso dei lor beni, tanti d'essi cristiani che aveane provata la
persecuzion di Licinio. Ed a coloro che, per esser seguaci di Cristo,
era stato tolto il cingolo militare, fu permesso il rientrar, se
volevano, nell'onore della milizia.
Intorno a questi tempi venne a mettersi sotto la protezione
dell'Augusto Costantino, _Ormisda_ figlio primogenito di Ormisda II,
re della Persia. Zosimo[3004] è quello che ci ha conservati gli
avvenimenti di questo principe. Perchè nel giorno natalizio del re suo
padre i grandi non gli fecero quell'onore che era dovuto ad un
principe ereditario, il giovane si lasciò scappar di bocca, che se
arrivava alla corona, voleva far loro provare le sorte di Marsia. Non
intesero quei magnati allora che volesse ciò dire; ma informati dipoi
da un Persiano stato nella Frigia, significar ciò che sarebbono
scorticati vivi, se la legarono al dito. Venuto dunque a morte il re
suo padre, quando Ormisda si pensava di succedergli, scoppiò la
congiura de' grandi, che lui preso confinarono in un castello, con
crear poscia re _Sapore_, suo fratello minore. Questi, se vogliam
credere ad Agatia[3005], non era per anche nato; ma perchè la regina
si trovava incinta, e i magi predicevano che nascerebbe un maschio, i
Persiani misero la tiara, ossia la corona sul ventre della madre, che
in fatti partorì un fanciullo. Ma dopo qualche tempo l'industriosa
moglie d'Ormisda trovò la maniera di liberarlo, inviandogli, per mezzo
di un fidato eunuco, un grosso pesce, nel cui ventre stava nascosa una
lima, e facendogli sapere di mangiarne, allorchè niun fosse presente,
e di valersi del ventre di quel pesce. Nello stesso tempo inviò gran
copia di vivande e di vini ai guardiani delle carceri, i quali
abborracchiati ben bene, ne rimasero tutti ubbriachi. Allora il
prigioniero Ormisda, aperto il pesce e trovata la lima, segò i ceppi,
e per mezzo de' balordi custodi uscì fuori, e si rifugiò nella
Armenia. Quivi fu ben ricevuto da quel re suo amico, e con una scorta
inviato a Costantino, che l'accolse con onore, e trattollo sempre da
par suo colla moglie, a lui, secondo Zonara[3006], rimandata dai
Persiani. Ma Costantino niun altro impegno volle mai prendere in
favore di lui. Attesta Ammiano[3007] che in molta considerazione fu
esso Ormisda anche sotto Costanzo Augusto per la sua saviezza.
Allorchè esso Costanzo, nell'anno di Cristo 356, fu a Roma, in
osservare la mirabil piazza di Traiano, e la suntuosa statua a cavallo
del medesimo Augusto, disse ad Ormisda, di voler fare per sè una
somigliante cavallo. Gli rispose Ormisda: _Signore, fate prima una
stalla uguale a questa, se potete, acciocchè vi stia bene il cavallo
che pensate di fare_. Interrogato ancora del suo sentimento intorno
alle grandiosità e alle mirabili cose di Roma rispose: _Solamente
essergli piaciuto_ (vi ha chi crede che dicesse _dispiaciuto_) _d'aver
imparato che anche in Roma gli uomini morivano_. Benchè ci sieno delle
dispute fra gli eruditi[3008] intorno al tempo, in cui Costanzo,
secondo figliuolo di Costantino Augusto e di Fausta, fu creato
_Cesare_ dal padre: pure sembra opinione più ricevuta il credere che
in quest'anno nel dì 3 di novembre fosse a lui conferita quella
dignità[3009]. Era egli in età di sei o sette anni, perchè nato
nell'agosto dell'anno 317.
NOTE:
[2972] Thes. Novus Inscript., pag. 373.
[2973] Cuspinianus, Panvinius, Bucherius.
[2974] Zosimus, lib. 2, cap. 22.
[2975] L. 1, de Episcop., Cod. Theodos.
[2976] Anonymus Valesian.
[2977] Lib. 1, de re militar., et lib. 1, de comment., Cod. Theodos.
[2978] Julian., de Caesarib.
[2979] Euseb., Histor. Eccles., lib. 9, cap. 8; et Vita Const., lib.
1, cap. 55.
[2980] Aurel. Victor, in Epitome.
[2981] Euseb., in Vita Const., lib. 1, cap. 49.
[2982] Euseb., in Vita Const., lib. 2, cap. 3 et seq.
[2983] Zosimus, lib. 2, cap. 22.
[2984] Jordan., de Reb. Getic.
[2985] Zosimus, lib. 2, cap. 22.
[2986] Bucher., de Cyclo.
[2987] Euseb., in Vita Constan., lib. 2, cap. 6.
[2988] Anonym. Valesianus. Zosim., lib. 2, cap. 23.
[2989] Euseb., Hist. Eccles., lib. 10, cap. 9.
[2990] Anonymus Valesianus. Aurel. Victor, in Epitome.
[2991] Zosimus, lib. 2, cap. 25.
[2992] Victor, de Caesarib.
[2993] Mediobarb., in Numismat. Imperat.
[2994] Euseb., in Vita Costantini, lib. 2, cap. 15.
[2995] Zosimus, lib. 2, cap. 26.
[2996] Anonym. Valesianus.
[2997] Zosimus, lib. 2, cap. 26.
[2998] Aurelius Victor, in Epitome.
[2999] Zosimus, lib 2, cap. 28.
[3000] Theophan., Chronographia.
[3001] Du-Cange, Hist. Byz.
[3002] Euseb., in Vita Constant., lib. 2, cap. 18.
[3003] Pagius, in Crit. Baron.
[3004] Zosimus, lib. 2, cap. 27.
[3005] Agathias, Histor.
[3006] Zonaras, in Annalibus.
[3007] Ammianus, lib. 16, cap. 10.
[3008] Gothofredus, Valesius, Pagius, Tillemont et alii.
[3009] Idacius, in Fastis. Chron. Alexandrinum. Pagius, Critic. Baron.
Anno di CRISTO CCCXXIV. Indizione XII.
SILVESTRO papa 11.
COSTANTINO imperadore 18.
_Consoli_
FLAVIO GIULIO CRISPO CESARE per la terza volta, e FLAVIO VALERIO
COSTANTINO CESARE per la terza.
Prefetto di Roma nel Catalogo del Cuspiniano, ossia del Bucherio,
continuò ad essere nell'anno presente _Lucerio_ ossia _Lucerio Valerio
Verino_. Secondo l'asserzione d'Idacio[3010], che mette in un anno la
totale sconfitta di Licinio, e nel seguente la di lui morte, dovrebbe
Licinio, coerentemente a quanto s'è detto di sopra, essere giunto nel
presente al fine de' suoi giorni. Il Pagi[3011], che pretese atterrato
Licinio solamente nell'anno corrente, differisce la di lui morte al
seguente. Eusebio[3012], dopo aver detto che Costanzo fu creato
_Cesare_ (il che anche da esso padre Pagi vien riferito all'anno 323),
seguita a narrar la morte d'esso Licinio. Quello intanto che non cade
in controversia, si è che mentre Licinio inviato a soggiornare in
Tessalonica, dove si può credere che godesse libertà e buon
trattamento, quivi per ordine di Costantino fu strangolato. Non
solamente Zosimo[3013] ed Eutropio[3014] autori pagani, ma anche
Eusebio nella sua Cronica (se pur non è san Girolamo traduttore della
medesima) chiaramente dicono che Costantino, in torgli la vita, mancò
alla promessa e al giuramento da lui fatto a Costanza, sua sorella e
di lui moglie, di lasciarlo in vita. E Zosimo, autore per altro di
umore alterato contro le azioni di questo invitto principe, aggiunge
che non era in lui cosa insolita il violar la parola e i giuramenti.
Eusebio[3015], nella vita di esso Costantino, altro non dice, se non
che Licinio dal consiglio di guerra fu giudicato degno di non più
vivere. E l'Anonimo Valesiano[3016] pare che scriva, avere i soldati
in un tumulto dimandata la di lui morte, e che vi acconsentisse
Costantino per tema ch'egli, imitando Massimiano Erculio, un qualche
dì ripigliasse la porpora. Quel solo che può sembrar più verisimile,
si è il dirsi da Socrate[3017], che egli tolto fu dal mondo perchè
sollecitava i Barbari in suo favore. Qualche movimento d'essi in
questi tempi probabilmente fece sospettare che avesse origine dai
segreti impulsi di Licinio, e però piombò sopra di lui la sentenza di
morte, arrivando anch'egli, per giusto giudizio di Dio, al fine di
tanti altri persecutori della santa ed innocente religione di Cristo.
Furono perciò cassati i decreti ed altri atti di Licinio, fatti
durante la di lui tirannia. Poche sono le leggi di Costantino sotto
l'anno presente, e queste cel fanno vedere in Sirmio e Tessalonica. Nè
apparenza alcuna ci è ch'egli venisse a Roma, come s'avvisò il
cardinal Baronio[3018], il quale racconta succeduto in quella gran
città il battesimo d'esso Augusto, la sontuosa donazione che si
pretende da lui fatta alla Chiesa romana, la lepra del medesimo, con
altri assai strepitosi avvenimenti. Niuno v'ha oggi dei letterati che
non conosca essere tai fatti invenzioni favolose de' secoli
posteriori, nè io mi fermerò punto ad esporne la falsità, perchè
superfluo sarebbe il dirne di più. Quel sì che può appartenere
all'anno presente, si è la premura del piissimo Costantino per
soffocare la già insorta eresia d'Ario contraria alla divinità del
nostro Signor Gesù Cristo. Gran tumulto per questa bolliva in Egitto e
nei paesi circonvicini; ed Alessandro vescovo santo di Alessandria
avea già scomunicato l'ostinato eresiarca. Maraviglia è che Costantino
solamente catecumeno allora nella fede di Cristo, dopo aver vedute le
dissensioni de' cristiani nell'Africa per la petulanza de' Donatisti
senza poterle acquetare, trovando nato anche un più fiero scisma per
cagion d'Ario, non si scandalizzasse e formasse cattiva opinion de'
cristiani. Ma il saggio Augusto, ben riflettendo questi non essere
mali o difetti della religione in sè santissima, ma bensì dei mortali
troppo esposti al furor delle passioni; e sentendosi ben radicato
nell'amore d'essa religione, concepì anzi uno zelo grande per ismorzar
quell'incendio. Perciò da Nicomedia spedì un suo fedel deputato ad
Alessandria, che si crede essere stato Osio, insigne vescovo di
Cordova, per mettere la pace fra Alessandro ed Ario. Bellissima è la
lettera da lui scritta in questa occasione, rapportata da Eusebio
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Çirattagı - Annali d'Italia, vol. 1 - 81
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- Annali d'Italia, vol. 1 - 38Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4339Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162838.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 39Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4282Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161637.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 40Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4300Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162738.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 41Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4177Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157538.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 42Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4253Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160439.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 43Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4315Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161539.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 44Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4445Unikal süzlärneñ gomumi sanı 168737.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 45Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4413Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162339.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 46Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4382Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162038.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 47Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4285Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160939.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 48Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4299Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154639.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 49Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4268Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165738.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 50Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4398Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162639.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 51Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4422Unikal süzlärneñ gomumi sanı 166539.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 52Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4259Unikal süzlärneñ gomumi sanı 153340.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 53Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4408Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160537.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 54Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4445Unikal süzlärneñ gomumi sanı 167437.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 55Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4362Unikal süzlärneñ gomumi sanı 167738.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 56Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4283Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157341.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.65.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 57Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4388Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164339.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 58Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4314Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160340.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 59Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4150Unikal süzlärneñ gomumi sanı 146339.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 60Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4226Unikal süzlärneñ gomumi sanı 148840.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 61Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4193Unikal süzlärneñ gomumi sanı 148941.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 62Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4237Unikal süzlärneñ gomumi sanı 158739.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 63Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4180Unikal süzlärneñ gomumi sanı 150138.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 64Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4222Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154839.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 65Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4203Unikal süzlärneñ gomumi sanı 152841.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 66Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4369Unikal süzlärneñ gomumi sanı 171141.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 67Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4351Unikal süzlärneñ gomumi sanı 168639.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 68Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4382Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164138.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 69Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4298Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157838.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 70Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4172Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154538.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 71Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4090Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154337.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 72Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4164Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160037.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 73Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4243Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157339.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 74Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4229Unikal süzlärneñ gomumi sanı 158538.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 75Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4191Unikal süzlärneñ gomumi sanı 153640.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 76Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4393Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161439.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 77Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4360Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164739.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 78Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4261Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160240.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 79Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4124Unikal süzlärneñ gomumi sanı 149237.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 80Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4300Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165539.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 81Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4207Unikal süzlärneñ gomumi sanı 159138.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 82Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4151Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160436.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 83Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4188Unikal süzlärneñ gomumi sanı 156537.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 84Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4221Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165339.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 85Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 748Unikal süzlärneñ gomumi sanı 43251.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.69.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.