Annali d'Italia, vol. 1 - 03
Süzlärneñ gomumi sanı 4387
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1654
39.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
62.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
seguente. Ma opponendosi all'asserzione di Tertulliano la canonica di
s. Luca, da cui abbiamo che il censo fu fatto da _Cirino_ o sia
_Quirinio_, presidente della Siria o sia della Soria: e sapendosi che
a Saturnino nell'anno 38 di Augusto succedette nel governo della Siria
Quintilio Varo: altra via non s'è saputa fin qui trovare, che la
plausibile e molto ben fondata, di dire che _Quirinio_, siccome era
succeduto altre volte, fosse stato inviato colà con istraordinaria
podestà a far la descrizione dell'anime, nel tempo stesso che
Saturnino, o pur Varo con ordinaria podestà governava quella
provincia. O sì maligna o sì mal curata fu la ferita, da _Cajo Cesare_
riportata sotto Artagera, ch'egli non più si riebbe, e andò
peggiorando la sua sanità. Perchè egli[18] non poteva accudire agli
affari, gli uffiziali e cortigiani suoi, prevalendosi del tempo
propizio, sotto nome di lui vendevano la giustizia, e faceano continue
estorsioni ai popoli di quelle contrade. Ed acciocchè non finisse sì
presto una sì utile mercatura, indussero l'infelice principe, allorchè
Augusto il richiamava in Italia, a rispondere di non voler venire,
perchè l'intenzion sua era di passare quel che gli restava di vita, in
un ozio privato. Replicò Augusto, che il desiderava e voleva in
Italia, dove potrebbe egualmente, ma colla vicinanza ed assistenza de'
suoi, se pur così gli piacea, menar vita privata. Convenne ubbidire.
Ma mentre egli, benchè suo mal grado, se ne ritornava, giunto a Limira
città della Licia, quivi nel dì 24 febbraio dell'anno presente cessò
di vivere. Sicchè Augusto, a cui la morte avea rapito Marcello,
figliuolo di Ottavia sua sorella, nipote amatissimo, venne ancora
nello spazio di diciotto mesi a perdere questi due altri giovanetti
_Lucio_ e _Cajo_, nati nipoti suoi, e poscia adottati per figliuoli;
motivo a lui d'inesplicabil dolore. Tuttavia sofferì egli con più di
fortezza e pazienza queste perdite, che il disonore cagionatogli
dall'impudicizia di Giulia sua figliuola madre dei suddetti due
principi, e da lì a pochi anni dall'altra di Giulia sorella de'
medesimi. Tante disgrazie faceano ch'egli si augurasse di non essere
mai stato padre.
Per lo contrario ne fu ben lieto in suo cuore _Tiberio_, figliastro di
lui, al vedere tolti di mezzo questi due possenti ostacoli al corso
della sua fortuna. Livia Augusta sua madre[19], per l'estrema sua
ambizione da molti sospettata di aver avuta parte nella morte di que'
due principi, non tardò molto ad assalire ed espugnare il cuore del
marito Augusto in pro del figliuolo, proponendoglielo qual solo ormai
capace e meritevole di succedere a lui nella dignità imperiale. Gli
effetti della di lei eloquenza comparvero da lì a pochi mesi. Avea
Augusto negli anni addietro conferita ad esso Tiberio la podestà
tribunizia per cinque anni che già erano passati. Tornò nel presente
ad associarlo seco nel godimento della medesima podestà, nel dì 27
luglio; laonde nelle sue medaglie[20] si cominciò a notare la TRIB.
POT. VI. Quel che più importa, l'adottò ancora per suo figliuolo,
aprendogli la strada alla succession dei suoi beni, e insieme
dell'imperio. Però chi prima era _Tiberio Claudio Nerone_, cominciò ad
intitolarsi e ad essere intitolato _Tiberio Cesare figliuolo
d'Augusto_. Vellejo Patercolo, storico[21] suo grande amico, si stende
qui in immensi elogi di Tiberio, il qual forse allora sotto molte sue
virtù sapea nascondere i moltissimi suoi vizii. Nello stesso giorno fu
obbligato Tiberio ad adottare per suo figliuolo _Marco Agrippa_, nato
da Giulia figlia d'Augusto dopo la morte di M. Vipsanio Agrippa di lei
primo consorte. Ma questi tra per essersi scoperto giovanetto
stolidamente feroce, e per le spinte che gli diede Livia Augusta,
unicamente intenta ad esaltare i proprii figli, fu dipoi relegato
nell'isola della Pianosa, dove, appena morto Augusto, per ordine di
Tiberio tolta gli fu la vita. Inoltre nel medesimo giorno 27 di luglio
(così volendo Augusto), Tiberio adottò in figliuolo il suo nipote
_Germanico_, nato da _Claudio Druso_, suo fratello, cioè da chi al
pari di lui avea avuto per madre Livia Augusta. Nè pur questa adozione
internamente venne approvata da Tiberio; perchè egli avea un proprio
figliuolo per nome _Nerone Druso_, a lui partorito da Agrippina sua
prima moglie, verso il quale più si sentiva portato. Non erano mai
mancati ad Augusto dei nobili suoi secreti nemici, sì perchè la
memoria dell'antica libertà troppo spesso risvegliava lo sdegno contro
chi ora facea da signore in Roma, e sì perchè sui principii del suo
governo e potere, Augusto, con levare dal mondo non i soli avversari,
ma chiunque ancora veniva creduto atto ad interrompere la carriera de'
suoi ambiziosi disegni, s'era tirato addosso l'odio dei lor figliuoli
e parenti. Traspirò nel presente anno una congiura ordita contra di
lui da molti nobili. Capo di essa era _Gneo Cornelio Cinna Magno_, che
per essere nato da una figliuola di Pompeo il Grande, portava nelle
vene l'avversione ad Augusto; sì perchè Augusto era successore di chi
tanta guerra avea fatto all'avolo suo materno; e sì ancora per essere
stato persecutore anch'esso della medesima famiglia. In grande ansietà
per questo si trovava Augusto, giacchè il timore o sentore delle
congiure quello era spesso che non gli lasciava godere in pace il suo
felicissimo stato. Conferito con sua moglie l'affanno, gli diede ella
un saggio consiglio, cioè di ricorrere non già alla severità che potea
solo accrescere i nemici, ma sì bene ad una magnanima clemenza;
predicendogli che in tal maniera vincerebbe il cuore di Cinna, uomo
generoso, ed insieme quello di tutta la nobiltà. Così fece Augusto.
Dopo aver convinti i rei del meditato misfatto, perdonò a tutti; nè di
ciò contento, disegnò console per l'anno prossimo avvenire lo stesso
Cinna, benchè primario nell'attentato contra la di lui vita. Un atto
di sì bella generosità gli guadagnò non solamente l'affetto di Cinna e
degli altri, ma anche una tal gloria e stima presso d'ognuno, che nel
resto di sua vita niuno pensò mai più a macchinare contra di lui. Ed
ecco i frutti nobili della clemenza; ma ben diversi noi andremo
trovando quei della crudeltà e fierezza.
NOTE:
[16] Usserius, Annal. Noris, Cenotaph. Pisan.
[17] Tertullian., lib. 4, cap. 19, contra Marcionem.
[18] Vellejus, lib. 2. Zonaras, Hist. Svetonius in Aug., c. 68.
[19] Tacitus, lib. 1 Annal.
[20] Mediobarb., in Numismat.
[21] Vellejus, lib. 2. Dio, Histor., lib. 55.
Anno di CRISTO V. Indizione VIII.
CESARE AUGUSTO imper. 49.
_Consoli_
GNEO CORNELIO CINNA MAGNO, LUCIO VALERIO MESSALLA VOLUSO.
Di _Cinna_, console nell'anno presente, abbiam favellato nel
precedente. L'altro _Voluso_ taluno ha creduto che fosse piuttosto
cognominato _Voleso_, perchè una iscrizione rapportata dal
Fabretti[22] fu posta L. VALERIO VOLESO, CN. CINNA MAGNO COSS. Il
Grutero, riferendo la stessa iscrizione, lesse VOLSEO, ma con errore.
Certamente un marmo, veduto co' suoi occhi dal Fabretti, bastar
dovrebbe a stabilire il cognome di _Voleso_. Ma mi ritiene una
medaglia pubblicata da Fulvio Orsino e dal Patino[23], dove è la
figura d'Augusto, e nel rovescio VOLVSUS VALER. MESSAL. III. VIR. A.
A. A. F. F. Questi par certamente lo stesso che fu poi console o
almeno della stessa casa. Abbiamo da Vellejo[24], che nell'anno
secondo oppure terzo dell'Era nostra, s'era suscitata in Germania una
gran guerra, la qual durava tuttavia. Dappoichè nell'anno precedente
Augusto ebbe adottato Tiberio, e volendo accreditarlo maggiormente nel
mestiere delle armi e nel comando delle armate, nel quale si era egli
anche molti anni prima esercitato con mollo onore, poco stette a
spedirlo in Germania. Andò Tiberio, e con esso lui era Vellejo
Patercolo generale della cavalleria. Soggiogò i Caninefati, gli
Attuari e i Brutteri, e fece ritornare all'ubbidienza i Cherusci.
Terminata poi con reputazione la campagna, nel dicembre se ne ritornò
a Roma per visitare i genitori. Quindi nella primavera di quest'anno
di nuovo si portò in Germania. Le prodezze ivi fate da Tiberio si
veggono descritte ed esaltate da esso Vellejo istorico. Per attestato
di lui sottomise gran parte di quei feroci popoli, de' quali nè pur
dianzi si sapeva il nome. Fra gli altri domò i _Longobardi_, gente la
più fiera e valorosa dell'altre: il che è ben da avvertire: perchè
dopo alcuni secoli vedremo questa medesima nazione dominante in
Italia. Le conquiste di Tiberio arrivarono sino al fiume Elba; cosa
non mai tentata in addietro nè allora sperata da alcuno. Venuta poi la
stagion de' quartieri, volò Tiberio a Roma a ricevere i complimenti
de' genitori e il plauso del popolo, per così vantaggiosa e gloriosa
campagna.
Circa questi tempi, o pur nell'anno precedente, vennero a Roma gli
ambasciadori de' Parti, padroni allora della Persia, per chiedere un
re ad Augusto[25]. Volle egli che andassero anche in Germania ad
esporre la stessa dimanda a Tiberio Cesare, per avvezzar la gente al
rispetto e alla stima di questo suo figliuolo. Era stato ucciso
_Fraate re dei Parti_ da uno scellerato suo figlio, per iniqua voglia
di regnare, benchè egli poi non solo non conseguì il regno, ma vi
perdè la vita. Gli altri figliuoli di Fraate stavano in Roma da
qualche tempo, mandati colà per ostaggi della sua fede dal padre.
Aveano chiesto i Parti per loro re ad Augusto _Orode_, uno de'
figliuoli di Fraate; ma ottenutolo, fra poco l'uccisero. Richiesero
poscia un altro d'essi figliuoli, cioè _Venone_; e questi andò a
prendere il possesso di quella corona, per restare anche egli dopo
alcuni anni vittima del furore di quella barbara nazione. Ma non è
certo, se all'anno presente appartenga l'andata di esso _Venone_ colà.
Abbiamo varii regolamenti fatti da Augusto in questo anno[26].
Difficilmente s'inducevano allora i nobili a lasciar entrare nel
collegio delle vergini Vestali le lor figliuole, perchè presso i
Gentili non era in pregio, anzi era in dispregio il celibato; nè
mancavano disordini succeduti fra le stesse Vestali. Necessario fu un
decreto, per cui fosse lecito alle fanciulle discendenti da liberti di
entrarvi. Molte di queste si presentarono e furono elette a sorte; ma
niuna d'esse vi entrò. Lamentavasi anche la milizia romana della
tenuità della paga. Augusto, per animare i soldati a sostenere il peso
della guerra, e molto più per conciliarsi l'affetto loro, siccome
preventivamente accennai, volle che si accrescesse lo stipendio tanto
alle legioni mantenute in varii siti dell'imperio, quanto ai
pretoriani destinati a far la guardia dell'imperadore e del palazzo
pubblico. Colla sua propria borsa supplì egli per ora, e nell'anno
prossimo vi provvide con un altro ripiego. Dione ci dà il registro di
tutta la fanteria e cavalleria che allora continuamente era mantenuta
in piedi dalla repubblica romana; e questa andò poi crescendo e
calando, secondo la diversità de' bisogni, o pur della pubblica
felicità. Il pagamento allora de' soldati era ben superiore a quel
d'oggidì.
NOTE:
[22] Fabrettus, Inscription., pag. 703.
[23] Patinus, Famil. Roman.
[24] Vellejus, lib. 2.
[25] Sveton., in Tiber., cap. 16. Joseph., Antiq. Judaic., lib. 18.
[26] Dio, Histor. lib. 15.
Anno di CRISTO VI. Indizione IX.
CESARE AUGUSTO imper. 50.
_Consoli_
MARCO EMILIO LEPIDO e LUCIO ARRUNTIO.
Il Panvinio ed altri hanno scritto, che a questi consoli ne furono
sostituiti nel dì primo di luglio due altri cioè _Cajo Ateio Capitone_
e _Cajo Vibio Capitone_. Ma non è certo il fatto. Essendo mancante la
iscrizione rapportata da esso Panvinio, può restar sospetto che tai
consoli appartengano ad un altro anno. Vedemmo accresciute da Augusto
le paghe ai soldati[27]. Per soddisfare a tali spese, per le quali non
era bastante il privato erario d'Augusto, e nè pure il pubblico, si
pensò a mettere un nuovo aggravio. Fu dato ordine a tutti i senatori
di esporre il loro parere in iscritto. In ultimo col fingerne uno già
meditato da Giulio Cesare, si decretò che da lì innanzi si pagasse la
vigesima parte delle eredità e dei legali, eccettuate quelle che
pervenivano a' figliuoli ed altri stretti parenti, e quelle de'
poveri. Sebbene può dubitarsi, se tale eccezione venisse dipoi
mantenuta da lutti i susseguenti imperadori: certo è, che questo
pesante aggravio rincrebbe assaissimo al popolo romano, e, secondo
l'uso delle cose umane, se fu facile l'introdurlo, riuscì poi
difficilissimo il levarlo. E però nelle antiche iscrizioni s'incontra
talvolta l'uffizio di chi era impiegato in raccogliere questo tributo.
Ai lamenti del popolo se ne aggiunsero dei più gravi nell'anno
presente per cagione d'una fiera carestia che afflisse la città di
Roma[28]. Oltre ad altre provvisioni e spese fatte da Augusto in aiuto
de' cittadini poveri, fu preso lo spediente di cacciar fuori di città
i gladiatori e gli schiavi condotti per esser venduti, e la maggior
parte de' forestieri: la qual somma di persone ascese a più di
ottantamila. Finita poi quella angustia, cadde in pensiero ad Augusto
di abolir l'uso introdotto del frumento, che dai granai del pubblico
si donava alla plebe, e di cui talvolta erano partecipi dugento e più
mila persone, parendo a lui, che per cagione di questa liberalità si
trascurasse l'agricoltura. Non mutò poi questo uso, perchè pericoloso
sarebbe stato anche il solo tentarlo; ma attese ben da lì innanzi a
far più coltivar le campagne, e volea nota di tutti gli aratori, non
meno che di tutti i negozianti e del popolo. Più frequenti divennero
in questi tempi gli incendii in Roma, originati forse da chi cercava
coi rubamenti di sovvenire alla fame. Stabilì pertanto il provvido
Augusto sette corpi di guardia, chiamati i Vigili, che la notte
battessero la pattuglia: impiego, che egli pensava di abolire in
breve; ma ritrovato utile, anzi necessario, fu dipoi continuato anche
sotto gli altri imperadori.
Diversi guai parimente si provarono nelle provincie del romano imperio
in quest'anno per le sedizioni e ribellioni dei popoli[29]. In
Sardegna, nell'Isauria e nella Getulia dell'Africa, ebbero delle
faccende i soldati romani, per tenere in freno quelle barbare genti.
Seguitò la guerra in Germania. Tiberio Cesare era ivi generale
dell'armata romana. Ma per attestato di Dione niuna rilevante impresa
vi fece, quantunque sì Augusto ch'egli prendessero, il primo, il
titolo d'imperadore per la quindicesima volta, ed il secondo per la
quarta volta: il che solo succedea, dappoichè s'era riportata qualche
vittoria. Potrebbe essere che i prosperosi successi delle armi romane
in Germania nell'anno precedente guadagnassero loro questo
accrescimento di lustro nel presente. Secondo Vellejo[30], s'era messo
Tiberio in procinto di procedere contro de' Marcomanni, gente per
numero e per bravura fin qui formidabile, e non mai vinta. Meroboduo,
re loro, alla potenza sapea unire la disciplina militare, e mandando
ambasciatori ai Romani, talora parlava da supplicante, talora da
eguale. Stendevasi il suo dominio non solamente per la Boemia, ma
molto più in là fino ai confini della Pannonia e del Norico, provincie
romane, di modo che poco più di dugento miglia era egli lungi
dall'Italia. Ma sul più bello de' suoi preparamenti contra di
Meroboduo, Tiberio intese che la Pannonia (oggidì Ungheria) e la
Dalmazia, per cagion dei tribuni ribellate, tal copia d'armati avevano
messo in piedi, che il terrore ne giunse a Roma stessa; giacchè que'
popoli, essendo in concordia coi Triestini, minacciavano di voler in
breve calare in Italia. Allora fu che Tiberio trattò e conchiuse, come
potè il meglio, la pace coi Germani, per accudire a questo incendio,
più importante di gran lunga dell'altro a cagione della maggior
vicinanza al cuore dell'imperio. Velleio fa conto, che fossero in armi
dugentomila fanti, e novemila cavalli di que' ribelli. Aveano
trucidato o carcerati i soldati, i cittadini e i mercatanti romani, e
già messa a ferro e fuoco la Macedonia. Gran commozione per questo fu
in Roma. I paurosi si figuravano che in dieci giornate veder si
potesse intorno a Roma il campo di quei sollevati. Perciò a furia si
arrolarono nuovi soldati, e Vellejo Patercolo fu incaricato di
condurre a Tiberio questi rinforzi. Una sì grossa armata di fanteria e
cavalleria si unì, che Tiberio fu costretto a licenziarne una parte.
Marciò egli contro i ribelli della Pannonia; presi i passi, li
ristrinse ed affamò. In somma li ridusse a tale, che molti di essi,
presso il fiume Batino, vennero a deporre l'armi, e a sottomettersi.
Dicono che il lor generale Batone o fu preso, o venne anch'egli
spontaneamente all'ubbidienza; e pure nell'anno seguente egli si trova
coll'altro Batone dalmatino in armi contro i Romani. Voltossi dipoi
Tiberio contro i ribelli dalmatini, alla testa dei quali era l'altro
Batone. Valerio Messalino, governatore di quella provincia, più di una
volta si azzuffò con loro, ora vincitore ed ora vinto. Tutto il
guadagno dei Romani si ridusse a frastornar i disegni fatti dai nemici
per passare in Italia, ma senza poter impedire ch'essi non dessero il
guasto ad un gran tratto di paese finchè arrivò il verno, che mise
fine alle azioni militari.
Dacchè mancò di vita nell'anno 41 d'Augusto _Erode il grande_, re
della Giudea[31], _Archelao_ suo figliuolo s'affrettò pel suo viaggio
a Roma, affin di succedere nel regno del padre in competenza di
_Antipa_ e degli altri suoi fratelli e parenti. Ottenne egli da
Augusto, non già il titolo di re, ma il solo di etnarca col dominio
della metà degli Stati del padre, consistente nella Giudea, Idumea e
Samaria. Per conseguente egli cominciò a dominare in Gerusalemme. Gli
avea promesso Augusto il titolo di re, qualora colle sue virtuose
azioni se ne facesse conoscere degno. Contrario all'espettazione, anzi
tirannico fu il di lui governo, di maniera che nell'anno presente i
primati della Giudea e di Samaria spedirono gravissime accuse contra
di lui ad Augusto[32]. Citato a Roma Archelao, e convinto de' suoi
reati, n'ebbe per gastigo la relegazione in Vienna del Delfinato, e la
perdita de' suoi patrimoni e tesori, che furono presi dal fisco. Ed
allora fu che la Giudea, l'Idumea e la Samaria furono ridotte alla
forma delle provincie del romano imperio, ed unite alla Siria o sia
alla Soria, e cominciarono ad essere governate dagli ufiziali
dell'imperadore: cosa dianzi desiderata dagli stessi Giudei, perchè
troppo aggravati dai propri re, speravano essi miglior trattamento dai
ministri imperiali. Così cessò lo scettro di Giuda, siccome avea
predetto Giacobbe[33], nella venuta del divino Salvatore del mondo. Il
padre Pagi mette all'anno seguente la caduta di Archelao. Dione ne
parla sotto il presente.
NOTE:
[27] Dio, lib. 55.
[28] Sveton., in August., cap. 42.
[29] Dio, Histor., lib. 55.
[30] Vellejus, lib. 2.
[31] Joseph., Antiq. Judaic., lib. 17.
[32] Dio, lib. 55. Strabo, lib. 16.
[33] Genes., cap. 49, v. 10.
Anno di CRISTO VII. Indizione X.
CESARE AUGUSTO imper. 51.
_Consoli_
AULIO LICINIO NERVA SILIANO e QUINTO CECILIO METELLO CRETICO SILANO.
Che il secondo di questi consoli usasse il cognome di _Silano_,
l'hanno dedotto gli eruditi dal trovarsi _Cretico Silano_ proconsole
della Siria nell'anno di Cristo 16. Se ciò sussista, nol so. Da un
antico marmo ancora ricavarono il Sigonio e il Panvinio che nelle
calende di luglio ai suddetti consoli ne furono sostituiti due altri,
cioè _Publio Cornelio Lentulo Scipione e Tito Quinzio Crispino
Valeriano_. Procedeva assai lentamente la guerra nella Dalmazia e
Pannonia, ed andavano a terminar tutte le prodezze dell'una e
dell'altra parte in saccheggi ed incendii[34]. Niuna cosa stava più a
cuore di Tiberio che il non esporre a rischio i suoi soldati,
parendogli troppo cara anche una vittoria, quando si avesse a comperar
colla vita di molti de' suoi. Ma non piaceva ad Augusto una sì melensa
maniera di guerreggiare; e dubitando egli che Tiberio non si curasse
di finir que' romori, per poter più lungamente godere del comando
dell'armi: mandò colà con un copioso rinforzo di genti _Germanico
Cesare_, nipote d'esso Tiberio, e figliuolo di lui per adozione,
giovane amatissimo dai soldati per la memoria del valoroso suo padre
Claudio Druso. Non vi spedì _Agrippa Cesare_, figliuolo di Giulia sua
figlia, perchè, siccome accennai, trovatolo di sregolati costumi, in
quest'anno il relegò nell'isola Pianosa vicina alla Corsica. Le
imprese fatte da Tiberio e Germanico in questa campagna furono di poca
conseguenza. Vero è che i due Batoni, iti ad assalire gli
alloggiamenti romani, furono con loro perdita respinti, e che
Germanico recò dei gravi danni ai Mazei e ad altri popoli della
Dalmazia; ma altro ci volea che questa, per ridurre al dovere quelle
feroci nazioni. Anche Marco Lepido, tenente generale di Tiberio,
s'acquistò grande onore, e meritò gli ornamenti trionfali, per essere
venuto ad unirsi con lui, aver tagliati a pezzi molti dei nemici che
se gli opposero nel viaggio, ed aver dato il sacco ad un gran tratto
del loro paese.
Era stato inviato da Augusto per governatore nella Siria nell'anno
precedente _Publio Sulpicio Quirinio_, personaggio illustre, e stato
console nell'anno dodicesimo prima dell'Era volgare. Perchè la Giudea
ridotta in provincia romana, per la caduta di Archelao di sopra
accennata, dipendeva allora dalla Siria, Quirinio ebbe ordine di
portarsi colà, per confiscare i beni d'esso Archelao, e per fare il
censo, o sia la descrizion delle persone abitanti nella Giudea, e
l'estimo delle facoltà d'ognuno[35]. V'andò egli nell'anno presente,
ed eseguì puntualmente il suo impiego, ma non senza assaissimi lamenti
de' Giudei, a' quali parea una specie di schiavitù una tal novità. Nè
mancarono sedizioni in quel popolo, e copiosi ammazzamenti e saccheggi
per questo. Il suddetto Quirinio altri non fu che quel medesimo che in
san Luca[36] vien appellato _Cirino_, ed ebbe l'incumbenza di fare il
censo nella Giudea allorchè venne alla luce del mondo Cristo Signor
nostro. Indubitata cosa è che non può parlare il santo Evangelista del
censo fatto in quest'anno da Quirinio, essendo nato il Signore, quando
anche era vivente Erode il grande; ed avendo noi già accennato ch'esso
Erode diede fine alla sua vita nell'anno 41 d'Augusto, cioè quattro
anni prima dell'Era cristiana, per conseguente si dee ammettere un
altro censo anteriormente fatto nella Giudea dal medesimo Quirinio. Ed
ancorchè niun vestigio di ciò si trovi presso gli antichi storici
profani, pure è bastante l'autorità dell'Evangelista per istabilirne
la verità. E tanto più dicendo egli che: _Haec descriptio prima facta
est a praeside Cyrino_. Imperciocchè quel _prima_ acconciamente fa
dedurre, chiamarsi così quella descrizione, per distinguerla
dall'altra, fatta nell'anno presente. In qual anno poi precisamente
seguisse la prima delle suddette descrizioni, cioè se cinque, o sei, o
sette, o più anni prima dell'Era cristiana, non s'è potuto chiarire
finora.
NOTE:
[34] Dio, lib. 55. Vellejus, lib. 3.
[35] Joseph., Antiq., lib. 17.
[36] S. Lucas, in Evang., cap. 2.
Anno di CRISTO VIII. Indizione XI.
CESARE AUGUSTO imper. 52.
_Consoli_
MARCO FURIO CAMILLO e SESTO NONIO QUINTILIANO.
A questi consoli ordinari, nelle calende di luglio furono surrogati
_Lucio Apronio_ ed _Aulo Vibio Habito_. Trovavansi[37] già i ribellati
popoli della Pannonia e Dalmazia in grandi strettezze, perchè
penuriavano cotanto di viveri, che si erano ridotti a mangiar
dell'erbe. Sopravvenne ancora un'epidemia che, mietendo le vite di
molti, li ridusse ad un infelicissimo stato, in guisa che già erano i
più determinati di chiedere la pace; ma perchè s'opponevano a tal
risoluzione coloro che mostravano di credere inesorabili i Romani,
niuno osava di mandare ambasciatori al campo nemico. Assediò in questi
tempi Germanico una forte città, e la costrinse alla resa. Questo
colpo fu cagione che, senza più stare in bilancio, Batone, capo dei
Dalmatini ribelli, munito di salvocondotto, venne ad abboccarsi con
Tiberio per trattar di pace. Gli dimandò Tiberio i motivi della già
fatta e tanto sostenuta ribellione. «Ne siete in colpa voi altri
Romani, animosamente allora rispose Batone, perchè a custodir le
vostre gregge avete inviato non dei pastori e dei cani, ma sì bene dei
lupi:» chè non erano già allora cose pellegrine le violenze ed
ingiustizie degli uffiziali romani, per le quali anche altri popoli
cercarono di scuotere il giogo. Augusto intanto trovandosi inquieto
per questa guerra, la quale, per attestato di Svetonio[38], fu creduta
la più grave e pericolosa che, dopo quelle de' Cartaginesi, avesse
patito il popolo romano; e volendo egli essere più alla portata di
udirne le nuove, e di provvedere ai bisogni, era venuto nell'anno
precedente, o pure nel corrente, a Rimini. Approvò egli le
proposizioni della pace; e, in questa maniera, parte colla forza,
parte coll'uso della clemenza, que' popoli tornarono all'ubbidienza
primiera. Niun altro rilevante avvenimento ci porge sotto quest'anno
la Storia romana.
NOTE:
[37] Dio, lib. 55.
[38] Sueton., in Tiber., cap. 16.
Anno di CRISTO IX. Indizione XII.
CESARE AUGUSTO imper. 53.
_Consoli_
CAJO POMPEO SABINO e QUINTO SULPICIO CAMERINO.
Furono sostituiti ai suddetti consoli nelle calende di luglio _Marco
Papio Mutilo_ e _Quinto Popeo Secondo_, chiamato da alcuni
_Secondino_; ma più sicuro è il primo cognome. Dopo aver pacificata la
Pannonia e la Dalmazia, glorioso se ne tornò a Roma Tiberio
Cesare[39]. Augusto gli venne incontro fuori della città; il fece
entrare in Roma con corona d'alloro in capo; e in un palco, dove
amendue si misero a sedere in mezzo ai consoli, coi senatori in piedi,
mostrò al popolo questo suo vittorioso figliuolo. Furono in onor suo
celebrati alcuni spettacoli. In questi tempi Augusto, raunati i
cavalieri romani e trovato che in minor numero erano gli ammogliati
che gli altri, pubblicamente lodò i primi, biasimò i secondi. Dione
rapporta la di lui allocuzione, in cui egli mostrò appartenere non
meno al privato che al pubblico bene che tutti avessero moglie, e si
studiassero di mettere figliuoli al mondo, per mantenere le nobili
famiglie romane, e sostenere il decoro della repubblica, massimamente
ne' bisogni delle guerre, con inveire gagliardamente contra di tanti,
i quali non già per amore del celibato, ma per avere più libertà allo
sfogo della lor libidine, fuggivano il prender moglie. Pertanto in
vigore della legge Papia Poppea concedette varii privilegi a chi
avesse o prendesse moglie, e pene a chi dentro un convenevol termine
non si ammogliasse. Ed affinchè niuno si prevalesse dell'esempio delle
Vestali, le quali pure nel loro stato erano sì accreditate, disse, che
quando volessero imitarle, bisognava ancora che si contentassero
d'essere puniti al pari di quelle vergini, qualora contravvenissero
alle leggi della continenza. Fu poi sotto Tiberio mitigata questa
legge.
Poca durata ebbe la pace della Dalmazia[40]. Quel Batone, capo de'
Pannonii, che dianzi avea mossi alla ribellione anche i Dalmatini,
dopo aver preso ed ucciso l'altro Batone, tornò a cozzar coi Romani.
Vollero questi prendere la città di Retino, ma per uno stratagemma dei
sollevati ne riportarono una mala percossa. S'impadronirono bensì i
Romani di alcuni luoghi; ma perchè apparenza non v'era di poter così
presto terminar quella guerra, e Roma per quest'imbroglio scarseggiava
di viveri, Augusto tornò di bel nuovo ad inviar colà Tiberio con un
possente esercito. Nulla più bramavano i soldati, che di venire ad una
giornata campale. Tiberio, che non voleva espor le genti all'azzardo,
e temeva di qualche sollevazione, divise in tre corpi l'armata,
dandone l'uno a Silano (o sia Siliano), l'altro a Lepido, e ritenendo
il terzo per sè e per Germanico suo nipote. I due primi fecero
valorosamente tornare al suo dovere il paese loro assegnato. Tiberio
marciò contro Batone, ed essendosi costui salvato in un castello
s. Luca, da cui abbiamo che il censo fu fatto da _Cirino_ o sia
_Quirinio_, presidente della Siria o sia della Soria: e sapendosi che
a Saturnino nell'anno 38 di Augusto succedette nel governo della Siria
Quintilio Varo: altra via non s'è saputa fin qui trovare, che la
plausibile e molto ben fondata, di dire che _Quirinio_, siccome era
succeduto altre volte, fosse stato inviato colà con istraordinaria
podestà a far la descrizione dell'anime, nel tempo stesso che
Saturnino, o pur Varo con ordinaria podestà governava quella
provincia. O sì maligna o sì mal curata fu la ferita, da _Cajo Cesare_
riportata sotto Artagera, ch'egli non più si riebbe, e andò
peggiorando la sua sanità. Perchè egli[18] non poteva accudire agli
affari, gli uffiziali e cortigiani suoi, prevalendosi del tempo
propizio, sotto nome di lui vendevano la giustizia, e faceano continue
estorsioni ai popoli di quelle contrade. Ed acciocchè non finisse sì
presto una sì utile mercatura, indussero l'infelice principe, allorchè
Augusto il richiamava in Italia, a rispondere di non voler venire,
perchè l'intenzion sua era di passare quel che gli restava di vita, in
un ozio privato. Replicò Augusto, che il desiderava e voleva in
Italia, dove potrebbe egualmente, ma colla vicinanza ed assistenza de'
suoi, se pur così gli piacea, menar vita privata. Convenne ubbidire.
Ma mentre egli, benchè suo mal grado, se ne ritornava, giunto a Limira
città della Licia, quivi nel dì 24 febbraio dell'anno presente cessò
di vivere. Sicchè Augusto, a cui la morte avea rapito Marcello,
figliuolo di Ottavia sua sorella, nipote amatissimo, venne ancora
nello spazio di diciotto mesi a perdere questi due altri giovanetti
_Lucio_ e _Cajo_, nati nipoti suoi, e poscia adottati per figliuoli;
motivo a lui d'inesplicabil dolore. Tuttavia sofferì egli con più di
fortezza e pazienza queste perdite, che il disonore cagionatogli
dall'impudicizia di Giulia sua figliuola madre dei suddetti due
principi, e da lì a pochi anni dall'altra di Giulia sorella de'
medesimi. Tante disgrazie faceano ch'egli si augurasse di non essere
mai stato padre.
Per lo contrario ne fu ben lieto in suo cuore _Tiberio_, figliastro di
lui, al vedere tolti di mezzo questi due possenti ostacoli al corso
della sua fortuna. Livia Augusta sua madre[19], per l'estrema sua
ambizione da molti sospettata di aver avuta parte nella morte di que'
due principi, non tardò molto ad assalire ed espugnare il cuore del
marito Augusto in pro del figliuolo, proponendoglielo qual solo ormai
capace e meritevole di succedere a lui nella dignità imperiale. Gli
effetti della di lei eloquenza comparvero da lì a pochi mesi. Avea
Augusto negli anni addietro conferita ad esso Tiberio la podestà
tribunizia per cinque anni che già erano passati. Tornò nel presente
ad associarlo seco nel godimento della medesima podestà, nel dì 27
luglio; laonde nelle sue medaglie[20] si cominciò a notare la TRIB.
POT. VI. Quel che più importa, l'adottò ancora per suo figliuolo,
aprendogli la strada alla succession dei suoi beni, e insieme
dell'imperio. Però chi prima era _Tiberio Claudio Nerone_, cominciò ad
intitolarsi e ad essere intitolato _Tiberio Cesare figliuolo
d'Augusto_. Vellejo Patercolo, storico[21] suo grande amico, si stende
qui in immensi elogi di Tiberio, il qual forse allora sotto molte sue
virtù sapea nascondere i moltissimi suoi vizii. Nello stesso giorno fu
obbligato Tiberio ad adottare per suo figliuolo _Marco Agrippa_, nato
da Giulia figlia d'Augusto dopo la morte di M. Vipsanio Agrippa di lei
primo consorte. Ma questi tra per essersi scoperto giovanetto
stolidamente feroce, e per le spinte che gli diede Livia Augusta,
unicamente intenta ad esaltare i proprii figli, fu dipoi relegato
nell'isola della Pianosa, dove, appena morto Augusto, per ordine di
Tiberio tolta gli fu la vita. Inoltre nel medesimo giorno 27 di luglio
(così volendo Augusto), Tiberio adottò in figliuolo il suo nipote
_Germanico_, nato da _Claudio Druso_, suo fratello, cioè da chi al
pari di lui avea avuto per madre Livia Augusta. Nè pur questa adozione
internamente venne approvata da Tiberio; perchè egli avea un proprio
figliuolo per nome _Nerone Druso_, a lui partorito da Agrippina sua
prima moglie, verso il quale più si sentiva portato. Non erano mai
mancati ad Augusto dei nobili suoi secreti nemici, sì perchè la
memoria dell'antica libertà troppo spesso risvegliava lo sdegno contro
chi ora facea da signore in Roma, e sì perchè sui principii del suo
governo e potere, Augusto, con levare dal mondo non i soli avversari,
ma chiunque ancora veniva creduto atto ad interrompere la carriera de'
suoi ambiziosi disegni, s'era tirato addosso l'odio dei lor figliuoli
e parenti. Traspirò nel presente anno una congiura ordita contra di
lui da molti nobili. Capo di essa era _Gneo Cornelio Cinna Magno_, che
per essere nato da una figliuola di Pompeo il Grande, portava nelle
vene l'avversione ad Augusto; sì perchè Augusto era successore di chi
tanta guerra avea fatto all'avolo suo materno; e sì ancora per essere
stato persecutore anch'esso della medesima famiglia. In grande ansietà
per questo si trovava Augusto, giacchè il timore o sentore delle
congiure quello era spesso che non gli lasciava godere in pace il suo
felicissimo stato. Conferito con sua moglie l'affanno, gli diede ella
un saggio consiglio, cioè di ricorrere non già alla severità che potea
solo accrescere i nemici, ma sì bene ad una magnanima clemenza;
predicendogli che in tal maniera vincerebbe il cuore di Cinna, uomo
generoso, ed insieme quello di tutta la nobiltà. Così fece Augusto.
Dopo aver convinti i rei del meditato misfatto, perdonò a tutti; nè di
ciò contento, disegnò console per l'anno prossimo avvenire lo stesso
Cinna, benchè primario nell'attentato contra la di lui vita. Un atto
di sì bella generosità gli guadagnò non solamente l'affetto di Cinna e
degli altri, ma anche una tal gloria e stima presso d'ognuno, che nel
resto di sua vita niuno pensò mai più a macchinare contra di lui. Ed
ecco i frutti nobili della clemenza; ma ben diversi noi andremo
trovando quei della crudeltà e fierezza.
NOTE:
[16] Usserius, Annal. Noris, Cenotaph. Pisan.
[17] Tertullian., lib. 4, cap. 19, contra Marcionem.
[18] Vellejus, lib. 2. Zonaras, Hist. Svetonius in Aug., c. 68.
[19] Tacitus, lib. 1 Annal.
[20] Mediobarb., in Numismat.
[21] Vellejus, lib. 2. Dio, Histor., lib. 55.
Anno di CRISTO V. Indizione VIII.
CESARE AUGUSTO imper. 49.
_Consoli_
GNEO CORNELIO CINNA MAGNO, LUCIO VALERIO MESSALLA VOLUSO.
Di _Cinna_, console nell'anno presente, abbiam favellato nel
precedente. L'altro _Voluso_ taluno ha creduto che fosse piuttosto
cognominato _Voleso_, perchè una iscrizione rapportata dal
Fabretti[22] fu posta L. VALERIO VOLESO, CN. CINNA MAGNO COSS. Il
Grutero, riferendo la stessa iscrizione, lesse VOLSEO, ma con errore.
Certamente un marmo, veduto co' suoi occhi dal Fabretti, bastar
dovrebbe a stabilire il cognome di _Voleso_. Ma mi ritiene una
medaglia pubblicata da Fulvio Orsino e dal Patino[23], dove è la
figura d'Augusto, e nel rovescio VOLVSUS VALER. MESSAL. III. VIR. A.
A. A. F. F. Questi par certamente lo stesso che fu poi console o
almeno della stessa casa. Abbiamo da Vellejo[24], che nell'anno
secondo oppure terzo dell'Era nostra, s'era suscitata in Germania una
gran guerra, la qual durava tuttavia. Dappoichè nell'anno precedente
Augusto ebbe adottato Tiberio, e volendo accreditarlo maggiormente nel
mestiere delle armi e nel comando delle armate, nel quale si era egli
anche molti anni prima esercitato con mollo onore, poco stette a
spedirlo in Germania. Andò Tiberio, e con esso lui era Vellejo
Patercolo generale della cavalleria. Soggiogò i Caninefati, gli
Attuari e i Brutteri, e fece ritornare all'ubbidienza i Cherusci.
Terminata poi con reputazione la campagna, nel dicembre se ne ritornò
a Roma per visitare i genitori. Quindi nella primavera di quest'anno
di nuovo si portò in Germania. Le prodezze ivi fate da Tiberio si
veggono descritte ed esaltate da esso Vellejo istorico. Per attestato
di lui sottomise gran parte di quei feroci popoli, de' quali nè pur
dianzi si sapeva il nome. Fra gli altri domò i _Longobardi_, gente la
più fiera e valorosa dell'altre: il che è ben da avvertire: perchè
dopo alcuni secoli vedremo questa medesima nazione dominante in
Italia. Le conquiste di Tiberio arrivarono sino al fiume Elba; cosa
non mai tentata in addietro nè allora sperata da alcuno. Venuta poi la
stagion de' quartieri, volò Tiberio a Roma a ricevere i complimenti
de' genitori e il plauso del popolo, per così vantaggiosa e gloriosa
campagna.
Circa questi tempi, o pur nell'anno precedente, vennero a Roma gli
ambasciadori de' Parti, padroni allora della Persia, per chiedere un
re ad Augusto[25]. Volle egli che andassero anche in Germania ad
esporre la stessa dimanda a Tiberio Cesare, per avvezzar la gente al
rispetto e alla stima di questo suo figliuolo. Era stato ucciso
_Fraate re dei Parti_ da uno scellerato suo figlio, per iniqua voglia
di regnare, benchè egli poi non solo non conseguì il regno, ma vi
perdè la vita. Gli altri figliuoli di Fraate stavano in Roma da
qualche tempo, mandati colà per ostaggi della sua fede dal padre.
Aveano chiesto i Parti per loro re ad Augusto _Orode_, uno de'
figliuoli di Fraate; ma ottenutolo, fra poco l'uccisero. Richiesero
poscia un altro d'essi figliuoli, cioè _Venone_; e questi andò a
prendere il possesso di quella corona, per restare anche egli dopo
alcuni anni vittima del furore di quella barbara nazione. Ma non è
certo, se all'anno presente appartenga l'andata di esso _Venone_ colà.
Abbiamo varii regolamenti fatti da Augusto in questo anno[26].
Difficilmente s'inducevano allora i nobili a lasciar entrare nel
collegio delle vergini Vestali le lor figliuole, perchè presso i
Gentili non era in pregio, anzi era in dispregio il celibato; nè
mancavano disordini succeduti fra le stesse Vestali. Necessario fu un
decreto, per cui fosse lecito alle fanciulle discendenti da liberti di
entrarvi. Molte di queste si presentarono e furono elette a sorte; ma
niuna d'esse vi entrò. Lamentavasi anche la milizia romana della
tenuità della paga. Augusto, per animare i soldati a sostenere il peso
della guerra, e molto più per conciliarsi l'affetto loro, siccome
preventivamente accennai, volle che si accrescesse lo stipendio tanto
alle legioni mantenute in varii siti dell'imperio, quanto ai
pretoriani destinati a far la guardia dell'imperadore e del palazzo
pubblico. Colla sua propria borsa supplì egli per ora, e nell'anno
prossimo vi provvide con un altro ripiego. Dione ci dà il registro di
tutta la fanteria e cavalleria che allora continuamente era mantenuta
in piedi dalla repubblica romana; e questa andò poi crescendo e
calando, secondo la diversità de' bisogni, o pur della pubblica
felicità. Il pagamento allora de' soldati era ben superiore a quel
d'oggidì.
NOTE:
[22] Fabrettus, Inscription., pag. 703.
[23] Patinus, Famil. Roman.
[24] Vellejus, lib. 2.
[25] Sveton., in Tiber., cap. 16. Joseph., Antiq. Judaic., lib. 18.
[26] Dio, Histor. lib. 15.
Anno di CRISTO VI. Indizione IX.
CESARE AUGUSTO imper. 50.
_Consoli_
MARCO EMILIO LEPIDO e LUCIO ARRUNTIO.
Il Panvinio ed altri hanno scritto, che a questi consoli ne furono
sostituiti nel dì primo di luglio due altri cioè _Cajo Ateio Capitone_
e _Cajo Vibio Capitone_. Ma non è certo il fatto. Essendo mancante la
iscrizione rapportata da esso Panvinio, può restar sospetto che tai
consoli appartengano ad un altro anno. Vedemmo accresciute da Augusto
le paghe ai soldati[27]. Per soddisfare a tali spese, per le quali non
era bastante il privato erario d'Augusto, e nè pure il pubblico, si
pensò a mettere un nuovo aggravio. Fu dato ordine a tutti i senatori
di esporre il loro parere in iscritto. In ultimo col fingerne uno già
meditato da Giulio Cesare, si decretò che da lì innanzi si pagasse la
vigesima parte delle eredità e dei legali, eccettuate quelle che
pervenivano a' figliuoli ed altri stretti parenti, e quelle de'
poveri. Sebbene può dubitarsi, se tale eccezione venisse dipoi
mantenuta da lutti i susseguenti imperadori: certo è, che questo
pesante aggravio rincrebbe assaissimo al popolo romano, e, secondo
l'uso delle cose umane, se fu facile l'introdurlo, riuscì poi
difficilissimo il levarlo. E però nelle antiche iscrizioni s'incontra
talvolta l'uffizio di chi era impiegato in raccogliere questo tributo.
Ai lamenti del popolo se ne aggiunsero dei più gravi nell'anno
presente per cagione d'una fiera carestia che afflisse la città di
Roma[28]. Oltre ad altre provvisioni e spese fatte da Augusto in aiuto
de' cittadini poveri, fu preso lo spediente di cacciar fuori di città
i gladiatori e gli schiavi condotti per esser venduti, e la maggior
parte de' forestieri: la qual somma di persone ascese a più di
ottantamila. Finita poi quella angustia, cadde in pensiero ad Augusto
di abolir l'uso introdotto del frumento, che dai granai del pubblico
si donava alla plebe, e di cui talvolta erano partecipi dugento e più
mila persone, parendo a lui, che per cagione di questa liberalità si
trascurasse l'agricoltura. Non mutò poi questo uso, perchè pericoloso
sarebbe stato anche il solo tentarlo; ma attese ben da lì innanzi a
far più coltivar le campagne, e volea nota di tutti gli aratori, non
meno che di tutti i negozianti e del popolo. Più frequenti divennero
in questi tempi gli incendii in Roma, originati forse da chi cercava
coi rubamenti di sovvenire alla fame. Stabilì pertanto il provvido
Augusto sette corpi di guardia, chiamati i Vigili, che la notte
battessero la pattuglia: impiego, che egli pensava di abolire in
breve; ma ritrovato utile, anzi necessario, fu dipoi continuato anche
sotto gli altri imperadori.
Diversi guai parimente si provarono nelle provincie del romano imperio
in quest'anno per le sedizioni e ribellioni dei popoli[29]. In
Sardegna, nell'Isauria e nella Getulia dell'Africa, ebbero delle
faccende i soldati romani, per tenere in freno quelle barbare genti.
Seguitò la guerra in Germania. Tiberio Cesare era ivi generale
dell'armata romana. Ma per attestato di Dione niuna rilevante impresa
vi fece, quantunque sì Augusto ch'egli prendessero, il primo, il
titolo d'imperadore per la quindicesima volta, ed il secondo per la
quarta volta: il che solo succedea, dappoichè s'era riportata qualche
vittoria. Potrebbe essere che i prosperosi successi delle armi romane
in Germania nell'anno precedente guadagnassero loro questo
accrescimento di lustro nel presente. Secondo Vellejo[30], s'era messo
Tiberio in procinto di procedere contro de' Marcomanni, gente per
numero e per bravura fin qui formidabile, e non mai vinta. Meroboduo,
re loro, alla potenza sapea unire la disciplina militare, e mandando
ambasciatori ai Romani, talora parlava da supplicante, talora da
eguale. Stendevasi il suo dominio non solamente per la Boemia, ma
molto più in là fino ai confini della Pannonia e del Norico, provincie
romane, di modo che poco più di dugento miglia era egli lungi
dall'Italia. Ma sul più bello de' suoi preparamenti contra di
Meroboduo, Tiberio intese che la Pannonia (oggidì Ungheria) e la
Dalmazia, per cagion dei tribuni ribellate, tal copia d'armati avevano
messo in piedi, che il terrore ne giunse a Roma stessa; giacchè que'
popoli, essendo in concordia coi Triestini, minacciavano di voler in
breve calare in Italia. Allora fu che Tiberio trattò e conchiuse, come
potè il meglio, la pace coi Germani, per accudire a questo incendio,
più importante di gran lunga dell'altro a cagione della maggior
vicinanza al cuore dell'imperio. Velleio fa conto, che fossero in armi
dugentomila fanti, e novemila cavalli di que' ribelli. Aveano
trucidato o carcerati i soldati, i cittadini e i mercatanti romani, e
già messa a ferro e fuoco la Macedonia. Gran commozione per questo fu
in Roma. I paurosi si figuravano che in dieci giornate veder si
potesse intorno a Roma il campo di quei sollevati. Perciò a furia si
arrolarono nuovi soldati, e Vellejo Patercolo fu incaricato di
condurre a Tiberio questi rinforzi. Una sì grossa armata di fanteria e
cavalleria si unì, che Tiberio fu costretto a licenziarne una parte.
Marciò egli contro i ribelli della Pannonia; presi i passi, li
ristrinse ed affamò. In somma li ridusse a tale, che molti di essi,
presso il fiume Batino, vennero a deporre l'armi, e a sottomettersi.
Dicono che il lor generale Batone o fu preso, o venne anch'egli
spontaneamente all'ubbidienza; e pure nell'anno seguente egli si trova
coll'altro Batone dalmatino in armi contro i Romani. Voltossi dipoi
Tiberio contro i ribelli dalmatini, alla testa dei quali era l'altro
Batone. Valerio Messalino, governatore di quella provincia, più di una
volta si azzuffò con loro, ora vincitore ed ora vinto. Tutto il
guadagno dei Romani si ridusse a frastornar i disegni fatti dai nemici
per passare in Italia, ma senza poter impedire ch'essi non dessero il
guasto ad un gran tratto di paese finchè arrivò il verno, che mise
fine alle azioni militari.
Dacchè mancò di vita nell'anno 41 d'Augusto _Erode il grande_, re
della Giudea[31], _Archelao_ suo figliuolo s'affrettò pel suo viaggio
a Roma, affin di succedere nel regno del padre in competenza di
_Antipa_ e degli altri suoi fratelli e parenti. Ottenne egli da
Augusto, non già il titolo di re, ma il solo di etnarca col dominio
della metà degli Stati del padre, consistente nella Giudea, Idumea e
Samaria. Per conseguente egli cominciò a dominare in Gerusalemme. Gli
avea promesso Augusto il titolo di re, qualora colle sue virtuose
azioni se ne facesse conoscere degno. Contrario all'espettazione, anzi
tirannico fu il di lui governo, di maniera che nell'anno presente i
primati della Giudea e di Samaria spedirono gravissime accuse contra
di lui ad Augusto[32]. Citato a Roma Archelao, e convinto de' suoi
reati, n'ebbe per gastigo la relegazione in Vienna del Delfinato, e la
perdita de' suoi patrimoni e tesori, che furono presi dal fisco. Ed
allora fu che la Giudea, l'Idumea e la Samaria furono ridotte alla
forma delle provincie del romano imperio, ed unite alla Siria o sia
alla Soria, e cominciarono ad essere governate dagli ufiziali
dell'imperadore: cosa dianzi desiderata dagli stessi Giudei, perchè
troppo aggravati dai propri re, speravano essi miglior trattamento dai
ministri imperiali. Così cessò lo scettro di Giuda, siccome avea
predetto Giacobbe[33], nella venuta del divino Salvatore del mondo. Il
padre Pagi mette all'anno seguente la caduta di Archelao. Dione ne
parla sotto il presente.
NOTE:
[27] Dio, lib. 55.
[28] Sveton., in August., cap. 42.
[29] Dio, Histor., lib. 55.
[30] Vellejus, lib. 2.
[31] Joseph., Antiq. Judaic., lib. 17.
[32] Dio, lib. 55. Strabo, lib. 16.
[33] Genes., cap. 49, v. 10.
Anno di CRISTO VII. Indizione X.
CESARE AUGUSTO imper. 51.
_Consoli_
AULIO LICINIO NERVA SILIANO e QUINTO CECILIO METELLO CRETICO SILANO.
Che il secondo di questi consoli usasse il cognome di _Silano_,
l'hanno dedotto gli eruditi dal trovarsi _Cretico Silano_ proconsole
della Siria nell'anno di Cristo 16. Se ciò sussista, nol so. Da un
antico marmo ancora ricavarono il Sigonio e il Panvinio che nelle
calende di luglio ai suddetti consoli ne furono sostituiti due altri,
cioè _Publio Cornelio Lentulo Scipione e Tito Quinzio Crispino
Valeriano_. Procedeva assai lentamente la guerra nella Dalmazia e
Pannonia, ed andavano a terminar tutte le prodezze dell'una e
dell'altra parte in saccheggi ed incendii[34]. Niuna cosa stava più a
cuore di Tiberio che il non esporre a rischio i suoi soldati,
parendogli troppo cara anche una vittoria, quando si avesse a comperar
colla vita di molti de' suoi. Ma non piaceva ad Augusto una sì melensa
maniera di guerreggiare; e dubitando egli che Tiberio non si curasse
di finir que' romori, per poter più lungamente godere del comando
dell'armi: mandò colà con un copioso rinforzo di genti _Germanico
Cesare_, nipote d'esso Tiberio, e figliuolo di lui per adozione,
giovane amatissimo dai soldati per la memoria del valoroso suo padre
Claudio Druso. Non vi spedì _Agrippa Cesare_, figliuolo di Giulia sua
figlia, perchè, siccome accennai, trovatolo di sregolati costumi, in
quest'anno il relegò nell'isola Pianosa vicina alla Corsica. Le
imprese fatte da Tiberio e Germanico in questa campagna furono di poca
conseguenza. Vero è che i due Batoni, iti ad assalire gli
alloggiamenti romani, furono con loro perdita respinti, e che
Germanico recò dei gravi danni ai Mazei e ad altri popoli della
Dalmazia; ma altro ci volea che questa, per ridurre al dovere quelle
feroci nazioni. Anche Marco Lepido, tenente generale di Tiberio,
s'acquistò grande onore, e meritò gli ornamenti trionfali, per essere
venuto ad unirsi con lui, aver tagliati a pezzi molti dei nemici che
se gli opposero nel viaggio, ed aver dato il sacco ad un gran tratto
del loro paese.
Era stato inviato da Augusto per governatore nella Siria nell'anno
precedente _Publio Sulpicio Quirinio_, personaggio illustre, e stato
console nell'anno dodicesimo prima dell'Era volgare. Perchè la Giudea
ridotta in provincia romana, per la caduta di Archelao di sopra
accennata, dipendeva allora dalla Siria, Quirinio ebbe ordine di
portarsi colà, per confiscare i beni d'esso Archelao, e per fare il
censo, o sia la descrizion delle persone abitanti nella Giudea, e
l'estimo delle facoltà d'ognuno[35]. V'andò egli nell'anno presente,
ed eseguì puntualmente il suo impiego, ma non senza assaissimi lamenti
de' Giudei, a' quali parea una specie di schiavitù una tal novità. Nè
mancarono sedizioni in quel popolo, e copiosi ammazzamenti e saccheggi
per questo. Il suddetto Quirinio altri non fu che quel medesimo che in
san Luca[36] vien appellato _Cirino_, ed ebbe l'incumbenza di fare il
censo nella Giudea allorchè venne alla luce del mondo Cristo Signor
nostro. Indubitata cosa è che non può parlare il santo Evangelista del
censo fatto in quest'anno da Quirinio, essendo nato il Signore, quando
anche era vivente Erode il grande; ed avendo noi già accennato ch'esso
Erode diede fine alla sua vita nell'anno 41 d'Augusto, cioè quattro
anni prima dell'Era cristiana, per conseguente si dee ammettere un
altro censo anteriormente fatto nella Giudea dal medesimo Quirinio. Ed
ancorchè niun vestigio di ciò si trovi presso gli antichi storici
profani, pure è bastante l'autorità dell'Evangelista per istabilirne
la verità. E tanto più dicendo egli che: _Haec descriptio prima facta
est a praeside Cyrino_. Imperciocchè quel _prima_ acconciamente fa
dedurre, chiamarsi così quella descrizione, per distinguerla
dall'altra, fatta nell'anno presente. In qual anno poi precisamente
seguisse la prima delle suddette descrizioni, cioè se cinque, o sei, o
sette, o più anni prima dell'Era cristiana, non s'è potuto chiarire
finora.
NOTE:
[34] Dio, lib. 55. Vellejus, lib. 3.
[35] Joseph., Antiq., lib. 17.
[36] S. Lucas, in Evang., cap. 2.
Anno di CRISTO VIII. Indizione XI.
CESARE AUGUSTO imper. 52.
_Consoli_
MARCO FURIO CAMILLO e SESTO NONIO QUINTILIANO.
A questi consoli ordinari, nelle calende di luglio furono surrogati
_Lucio Apronio_ ed _Aulo Vibio Habito_. Trovavansi[37] già i ribellati
popoli della Pannonia e Dalmazia in grandi strettezze, perchè
penuriavano cotanto di viveri, che si erano ridotti a mangiar
dell'erbe. Sopravvenne ancora un'epidemia che, mietendo le vite di
molti, li ridusse ad un infelicissimo stato, in guisa che già erano i
più determinati di chiedere la pace; ma perchè s'opponevano a tal
risoluzione coloro che mostravano di credere inesorabili i Romani,
niuno osava di mandare ambasciatori al campo nemico. Assediò in questi
tempi Germanico una forte città, e la costrinse alla resa. Questo
colpo fu cagione che, senza più stare in bilancio, Batone, capo dei
Dalmatini ribelli, munito di salvocondotto, venne ad abboccarsi con
Tiberio per trattar di pace. Gli dimandò Tiberio i motivi della già
fatta e tanto sostenuta ribellione. «Ne siete in colpa voi altri
Romani, animosamente allora rispose Batone, perchè a custodir le
vostre gregge avete inviato non dei pastori e dei cani, ma sì bene dei
lupi:» chè non erano già allora cose pellegrine le violenze ed
ingiustizie degli uffiziali romani, per le quali anche altri popoli
cercarono di scuotere il giogo. Augusto intanto trovandosi inquieto
per questa guerra, la quale, per attestato di Svetonio[38], fu creduta
la più grave e pericolosa che, dopo quelle de' Cartaginesi, avesse
patito il popolo romano; e volendo egli essere più alla portata di
udirne le nuove, e di provvedere ai bisogni, era venuto nell'anno
precedente, o pure nel corrente, a Rimini. Approvò egli le
proposizioni della pace; e, in questa maniera, parte colla forza,
parte coll'uso della clemenza, que' popoli tornarono all'ubbidienza
primiera. Niun altro rilevante avvenimento ci porge sotto quest'anno
la Storia romana.
NOTE:
[37] Dio, lib. 55.
[38] Sueton., in Tiber., cap. 16.
Anno di CRISTO IX. Indizione XII.
CESARE AUGUSTO imper. 53.
_Consoli_
CAJO POMPEO SABINO e QUINTO SULPICIO CAMERINO.
Furono sostituiti ai suddetti consoli nelle calende di luglio _Marco
Papio Mutilo_ e _Quinto Popeo Secondo_, chiamato da alcuni
_Secondino_; ma più sicuro è il primo cognome. Dopo aver pacificata la
Pannonia e la Dalmazia, glorioso se ne tornò a Roma Tiberio
Cesare[39]. Augusto gli venne incontro fuori della città; il fece
entrare in Roma con corona d'alloro in capo; e in un palco, dove
amendue si misero a sedere in mezzo ai consoli, coi senatori in piedi,
mostrò al popolo questo suo vittorioso figliuolo. Furono in onor suo
celebrati alcuni spettacoli. In questi tempi Augusto, raunati i
cavalieri romani e trovato che in minor numero erano gli ammogliati
che gli altri, pubblicamente lodò i primi, biasimò i secondi. Dione
rapporta la di lui allocuzione, in cui egli mostrò appartenere non
meno al privato che al pubblico bene che tutti avessero moglie, e si
studiassero di mettere figliuoli al mondo, per mantenere le nobili
famiglie romane, e sostenere il decoro della repubblica, massimamente
ne' bisogni delle guerre, con inveire gagliardamente contra di tanti,
i quali non già per amore del celibato, ma per avere più libertà allo
sfogo della lor libidine, fuggivano il prender moglie. Pertanto in
vigore della legge Papia Poppea concedette varii privilegi a chi
avesse o prendesse moglie, e pene a chi dentro un convenevol termine
non si ammogliasse. Ed affinchè niuno si prevalesse dell'esempio delle
Vestali, le quali pure nel loro stato erano sì accreditate, disse, che
quando volessero imitarle, bisognava ancora che si contentassero
d'essere puniti al pari di quelle vergini, qualora contravvenissero
alle leggi della continenza. Fu poi sotto Tiberio mitigata questa
legge.
Poca durata ebbe la pace della Dalmazia[40]. Quel Batone, capo de'
Pannonii, che dianzi avea mossi alla ribellione anche i Dalmatini,
dopo aver preso ed ucciso l'altro Batone, tornò a cozzar coi Romani.
Vollero questi prendere la città di Retino, ma per uno stratagemma dei
sollevati ne riportarono una mala percossa. S'impadronirono bensì i
Romani di alcuni luoghi; ma perchè apparenza non v'era di poter così
presto terminar quella guerra, e Roma per quest'imbroglio scarseggiava
di viveri, Augusto tornò di bel nuovo ad inviar colà Tiberio con un
possente esercito. Nulla più bramavano i soldati, che di venire ad una
giornata campale. Tiberio, che non voleva espor le genti all'azzardo,
e temeva di qualche sollevazione, divise in tre corpi l'armata,
dandone l'uno a Silano (o sia Siliano), l'altro a Lepido, e ritenendo
il terzo per sè e per Germanico suo nipote. I due primi fecero
valorosamente tornare al suo dovere il paese loro assegnato. Tiberio
marciò contro Batone, ed essendosi costui salvato in un castello
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- Annali d'Italia, vol. 1 - 42Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4253Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160439.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 43Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4315Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161539.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 44Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4445Unikal süzlärneñ gomumi sanı 168737.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 45Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4413Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162339.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 46Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4382Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162038.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 47Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4285Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160939.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 48Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4299Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154639.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 49Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4268Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165738.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 50Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4398Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162639.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 51Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4422Unikal süzlärneñ gomumi sanı 166539.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 52Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4259Unikal süzlärneñ gomumi sanı 153340.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 53Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4408Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160537.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 54Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4445Unikal süzlärneñ gomumi sanı 167437.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 55Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4362Unikal süzlärneñ gomumi sanı 167738.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 56Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4283Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157341.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.65.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 57Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4388Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164339.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 58Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4314Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160340.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 59Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4150Unikal süzlärneñ gomumi sanı 146339.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 60Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4226Unikal süzlärneñ gomumi sanı 148840.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 61Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4193Unikal süzlärneñ gomumi sanı 148941.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 62Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4237Unikal süzlärneñ gomumi sanı 158739.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 63Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4180Unikal süzlärneñ gomumi sanı 150138.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 64Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4222Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154839.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 65Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4203Unikal süzlärneñ gomumi sanı 152841.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 66Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4369Unikal süzlärneñ gomumi sanı 171141.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 67Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4351Unikal süzlärneñ gomumi sanı 168639.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 68Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4382Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164138.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 69Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4298Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157838.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 70Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4172Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154538.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 71Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4090Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154337.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 72Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4164Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160037.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 73Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4243Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157339.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 74Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4229Unikal süzlärneñ gomumi sanı 158538.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 75Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4191Unikal süzlärneñ gomumi sanı 153640.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 76Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4393Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161439.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 77Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4360Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164739.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 78Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4261Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160240.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 79Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4124Unikal süzlärneñ gomumi sanı 149237.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 80Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4300Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165539.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 81Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4207Unikal süzlärneñ gomumi sanı 159138.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 82Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4151Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160436.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 83Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4188Unikal süzlärneñ gomumi sanı 156537.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 84Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4221Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165339.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 85Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 748Unikal süzlärneñ gomumi sanı 43251.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.69.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.