Annali d'Italia, vol. 1 - 08
Süzlärneñ gomumi sanı 4490
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1609
37.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
54.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
62.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
costui a gran passi tendeva al trono col deprimere i suoi nemici, e
guadagnarsi ogni dì più amici e clienti. E giacchè il senato e il
popolo erano giunti ad eguagliarlo a lui in più occasioni, ed
all'incontro ben sapea Tiberio d'essere poco amato, anzi odiato dai
più dei Romani; preso fu da gagliardo timore, che potesse scoppiar
qualche gran fulmine sopra il suo capo. Abbiamo ancora da Giuseppe
Ebreo[145] che Antonia madre di Germanico e di Claudio, che fu poi
imperadore, spedito a Capri Pallante suo fidatissimo servo, diede
avviso a Tiberio della congiura tramata da esso Sejano coi pretoriani
e con molti senatori e liberti d'esso Tiberio, di maniera che egli
restò accertato del pericolo suo. Ma come atterrare un uomo sì ardito
e intraprendente, e giunto a tanta possanza? La via di prevenirlo
tenuta da quell'astuto vecchio, fu quella di sempre più comparir
contento ed amante di Sejano, e di colmarlo di nuovi onori, per più
facilmente ingannarlo. Il creò console per l'anno presente, e affine
di maggiormente onorarlo, prese seco il consolato. Scrisse anche al
senato con raccomandargli questo suo fedele ministro. Potrebbe
chiedersi, perchè nol facesse strozzare in Capri, e come mai per
abbatterlo il facesse salire al consolato, cioè ad una dignità che
aumentava non solo il di lui fasto, ma anche la di lui autorità e
potere. Quanto a me vo' credendo, ch'egli non s'attentasse nè in Capri
nè in Roma di fargli alcun danno, finchè costui era prefetto del
pretorio, cioè capitan delle guardie imperiali, il che vuol dire di un
corpo di gente consistente in dieci mila de' migliori soldati fra i
Romani, ed abitante unito in Roma. Allorchè Tiberio volea farsi ben
rispettare e temere dai consoli e senatori, alla lor presenza dava la
mostra ai pretoriani. Ma anche a lui faceano essi paura, perchè
comandati da Sejano, e ubbidienti a' di lui cenni; ed esso Augusto era
attorniato da sì fatte guardie anche in Capri. Adunque con crear
Sejano console, ed inviarlo a Roma, se lo staccò dai fianchi,
disegnando di torgli a suo tempo la carica di prefetto del pretorio,
per conferirla a Nevio Sertorio Macrone.
Dopo pochi mesi gli fece dimettere il consolato, allettandolo intanto
colla speranza d'impieghi e premii maggiori[146], cioè di associarlo
nella podestà tribunizia, grado sicuro alla succession dell'imperio, e
di dargli moglie di sangue cesareo, verisimilmente Giulia Livilla,
figliuola di Germanico. E perciocchè Sejano, dappoichè ebbe deposto la
trabea consolare, facea istanza di tornarsene in Capri, per seguitar
ivi a far da padrone; Tiberio il fermò con dar ad intendere a lui, e
spacciar dappertutto, che fra poco voleva anch'egli tornarsene a Roma.
Ne' mesi seguenti andò Tiberio fingendo ora esser malato, ora di star
bene, e sempre venivano nuove ch'egli si preparava pel viaggio. Talor
lodava Sejano, ed altre volte il biasimava. In considerazione di lui
facea delle grazie ad alcuni de' suoi amici, ed altri pure amici di
lui maltrattava con varii pretesti: tutto per raccogliere segretamente
col mezzo delle spie, quali fossero i sentimenti e le inclinazioni del
senato e del popolo. Non andò molto che al non vedersi ritornar Sejano
a Capri e all'osservar certi segni di rallentato amore di Tiberio
verso di lui, molti cominciarono a staccarsi con buona maniera da lui,
e calò non poco il suo credito anche presso del popolo. Ma Sejano, tra
perchè non gli parea di mirar l'animo di Tiberio alienato punto da sè,
e perchè Tiberio conferì a lui e a suo figliuolo in questo mentre
l'onore del pontificato, non pensò, siccome avrebbe potuto, a far
novità alcuna. Fu poi ben pentito di non l'aver fatto, allorchè era
console. Nulladimeno viveva egli con delle inquietudini e con dei
sospetti; e strano gli parve che avendo Tiberio con una lettera recato
avviso al senato della morte di _Nerone_, figliuolo primogenito di
Germanico e di Agrippina, e suo nipote per adozione, niuna lode, come
era usato di fare, avesse fatta del medesimo Sejano. Relegato, siccome
già dissi, questo infelice principe nell'isola di Ponza, finì quivi
nell'anno presente la sua vita: chi disse per la fame, e chi perchè
essendo in sua camera il boja per istrangolarlo, egli da sè stesso si
uccise. Certo fu anch'egli vittima della crudeltà di Tiberio.
Ora informato abbastanza Tiberio, che l'affezion del senato e popolo
verso Sejano non era quale si figurava egli in addietro, volle passar
all'ultimo colpo, ma tremando per l'incertezza dell'esito. Nella notte
precedente il dì 18 di ottobre comparve a Roma Macrone, segretamente
dichiarato prefetto del pretorio, e ben istruito di quel che s'avea da
fare, mostrando di venir per altro negozio; e fu a concertare gli
affari con Memmio Regolo, l'uno de' consoli, perchè l'altro, cioè
Fulcino Trione, era tutto di Sejano. La mattina per tempo andò al
tempio di Apollo, dove s'avea da unire il senato, ed incontratosi a
caso con Sejano, che non era per anche entrato, fu richiesto se avesse
lettere per lui. Si annuvolò non poco Sejano all'udire che no; ma
avendolo tratto in disparte Macrone, e dettogli che gli portava la
podestà tribunizia, tutto consolato ed allegro andò a seder nella
curia. Macrone intanto, chiamati a sè i soldati pretoriani, una buona
mano de' quali facea sempre corteggio e guardia a Sejano, mostrò loro
le sue patenti di prefetto del pretorio, e in luogo d'essi alla
guardia del tempio distribuì le compagnie dei vigili, comandate da
Gracino Lacone consapevole del segreto. Entrato egli poscia colà,
presentò una lettera molto lunga, ma ingarbugliata, di Tiberio. Non
parlava egli seguitatamente contro di Sejano, ma sul principio
trattava di un differente affare; andando innanzi, si lamentava di
lui; poi ritornava ad altro negozio; e quindi passava a dir male di
Sejano, conchiudendo in fine, che si facessero morir due senatori
molto confidenti di lui, e Sejano fosse ritenuto sotto buona guardia.
Non si attentò di dire che il facessero morire, perchè temeva che si
svegliasse qualche tumulto da' suoi parziali. Confusi ed estatici
rimasero i più de' senatori ad ordini tali, perchè già preparati a far
de' complimenti ed elogi a Sejano per la promessa a lui podestà
tribunizia. Sejano stesso avvilito senza muoversi dal suo luogo, senza
mettersi ad aringare (il che se avesse fatto, forse altrimenti passava
la faccenda) pareva insensato; e chiamato tre volte dal console Memmio
Regolo, non si movea, siccome usato a comandare, e non ad ubbidire.
Entrato intanto Lacone colle coorti de' vigili, l'attorniò di guardie
e il menò prigione. Niun movimento fecero i pretoriani, perchè Macrone
li tenne a freno, con ispiegar loro la mente del principe, e
promettere ad essi alcuni premii per ordine del senato. Si mosse bensì
la plebe al mirare quel sì dianzi orgoglioso ministro condotto alle
carceri, prorompendo in villanie e bestemmie senza fine, e poi corse
ad abbattere e strascinar tutte le statue a lui poste, giacchè non
poteano infierir contro la persona di lui[147]. Raunatosi poi nel
medesimo giorno 18 di ottobre il senato nel tempio della Concordia,
veggendo che i pretoriani se ne stavano quieti, e intendendo qual
fosse il volere del popolo, condannarono a morte Sejano; e la sentenza
fu immediatamente eseguita col taglio della testa. Accorsa la plebe
gittò giù per le scale gemonie il di lui cadavere, e dopo essersi per
tre dì sfogata contra d'esso, facendone grande scempio, lo buttò in
Tevere. Anche due suoi figliuoli, l'uno maschio e l'altro femmina, per
ordine del senato furono privati di vita; ma perchè insolita cosa era
il far morire una fanciulla, il carnefice, prima di strozzar
quell'infelice, le tolse l'onore in prigione. Apicata moglie di
Sejano, benchè non condannata, si diede la morte da sè stessa, dopo
aver messo in iscritto il tradimento fatto dal marito e da Livilla a
Druso Cesare.
Intanto batteva forte il cuore a Tiberio nell'isola di Capri per
sospetto che non riuscisse bene la meditata impresa; ed avea ordinato
che, per fargli sapere il più presto possibile la nuova, si dessero
segnali da' luoghi alti, frapposti tra Roma e Capri; salì egli in quel
dì sul più eminente scoglio dell'isola, aspettando quivi il lieto
avviso. Per altro aveva egli preparato delle barchette, affinchè, se
il bisogno l'avesse richiesto, potesse ritirarsi in sicuro con esse ad
alcuna delle sue armate. Scrivono eziandio, aver egli dato ordine a
Macrone, che qualora fosse insorta qualche fiera sedizione in Roma,
cavasse dalle carceri _Druso_ figliuolo di Germanico, e il presentasse
al senato ed al popolo, con dichiararlo anche imperadore a nome suo.
Il fine della tragedia di Sejano fu poi principio d'altre gravi
turbolenze, che sconcertarono non poco il senato e la nobiltà romana.
Il popolo già commosso, a qualunque dei favoriti di Sejano, che gli
cadesse nelle mani, levava la vita. Anche i pretoriani sdegnati si
misero a saccheggiare e bruciar delle case. Cominciarono poi dei duri
processi contro dei senatori e d'altri nobili, che più degli altri
s'erano fatti conoscere parziali di Sejano. Molti furono condannati, e
con ignominiosa morte puniti; altri relegati; ed altri da sè stessi si
abbreviarono la vita. Tutto era pieno di accusatori, e si rivangavano
i processi e le condanne, gastigando chi avea giudicato come per
istigazion di Sejano. Si tenne per certo, che le tante adulazioni del
senato verso il medesimo Sejano, e gli onori straordinari a lui
vilmente accordati, contribuissero non poco ad ubbriacarlo e farlo
precipitare. Però lo stesso senato decretò che in avvenire si
procedesse con gran moderazione in onorar altrui, nè si potesse
giurare se non pel nome dell'imperadore. Contuttociò nel medesimo
tempo volle esso senato concedere a Macrone il grado di pretore, e a
Lacone quel di questore, oltre ad un regalo in danari; ma essi,
addottrinati dal recente esempio, nulla vollero accettare. Incredibil
fu la gioja di Tiberio, allorchè si vide sbrigato da Sejano. Ciò non
ostante, la sua mirabil politica gl'insegnò di non ammettere
all'udienza sua alcuno de' tanti senatori e cavalieri che erano corsi
o erano stati spediti dal senato, per significargli la fortunata
riuscita dell'affare. E il console Regolo, che l'avea in ciò ben
servito, fu costretto a tornarsene indietro senza poterlo vedere. Si
figuravano molti, che liberato Tiberio dal giogo, dai mali ufizj e da'
sospetti di Sejano, avesse da lì innanzi da fare un governo dolce.
Troppo s'ingannarono: sempre più egli imperversò. E giacchè era venuto
in cognizione, per la deposizion sopraccennata della moglie di Sejano,
degli autori della morte di Druso suo figliuolo, contro d'essi ancora
con tutto rigore procedette; e la primo a provarne la pena, fu la
stessa _Livilla_ che lasciatasi sovvertir da Sejano, avea tradito il
consorte Druso. Scrive Dione[148] d'aver inteso da alcuni, che Tiberio
non la facesse morire in grazia di Antonia madre di lei, e di
_Claudio_ che fu poi imperadore; ma che la medesima sua madre quella
fosse, che la privò di vita con lasciarla morir di fame.
NOTE:
[143] Norisius, Epist. Cens.
[144] Thesaurus Novus Inscription., pag. 302, num. 4.
[145] Joseph., Antiquit. Judaic., lib. 18.
[146] Dio, lib. 58.
[147] Tacitus, lib. 6, c. 25.
[148] Dio, lib. 58.
Anno di CRISTO XXXII. Indizione V.
PIETRO APOSTOLO papa 4.
TIBERIO imperadore 19.
_Consoli_
GNEO DOMIZIO ENOBARBO e MARCO FURIO CAMILLO SCRIBONIANO.
Il primo di questi consoli, marito di _Agrippina_ figliuola di
Germanico, siccome già dissi, ebbe per figliuolo _Nerone_, che divenne
poi imperadore. Al secondo de' consoli, che mancò di vita nel
consolato, fu sostituito _Aulo Vitellio_. Non si sa intendere, perchè
Svetonio[149], allorchè scrisse, essere nato sotto questi consoli
_Marco Salvio Ottone_, uno de' susseguenti imperadori, chiamasse
_Camillo Arruntio_ il collega di _Domizio Enobarbo_: e che parimente
si trova ne' fasti d'Idacio e del Cuspiniano. Forse fu sostituito a
Vitellio, o Vitellio a lui. Parve bene[150], che Tiberio volesse por
fine ai processi e condanne degli amici di Sejano, con permettere
ancora ad alcuni il lutto per la di lui morte; ma poco durò questo
barlume d'indulgenza, ed egli più che mai continuò la persecuzione,
trovando allora altre accuse ancora d'incesti e di parricidii, per
levar la vita a chi non godea di sua grazia. Crebbe perciò cotanto
l'universal odio contro di lui, che il poter divorare le di lui carni,
sarebbe sembrato un gustoso cibo ad ognuno. Fece anche il timore di
lui crescere l'adulazion nel senato. Costume era in addietro che nelle
calende di gennaio, un solo leggesse gli ordini di Tiberio con giurar
d'osservarli: al che gli altri acconsentivano. Fu creduto maggior
ossequio e finezza che cadauno prestasse espressamente quel
giuramento. Inoltre per far conoscere a Tiberio, quanto cara lor fosse
la vita di lui, decretarono che egli scegliesse chi de' senatori fosse
a lui in grado, e che venti d'essi colle spade servissero a lui di
guardia quando egli entrava nel senato. Trovò Tiberio assai ridicolo
un tal decreto; e quantunque ne rendesse loro grazie, pure non
l'approvò, perchè non essendogli ignoto d'essere in odio al senato,
non era sì pazzo da voler permettere intorno alla sua persona di sì
fatte guardie armate. E da lì innanzi molto più attese a conciliarsi
l'amore de' soldati pretoriani, per valersene occorrendo contro il
senato. Avea proposto Giunio Gallione che esso senato accordasse un
privilegio a quei che avessero compiuto il termine della lor milizia.
Tiberio, perchè non gli piacea che le genti militari fossero obbligate
se non a lui solo, mandò in esilio lo stesso Gallione fuori d'Italia,
e poscia il richiamò per metterlo a penare sotto la guardia de'
magistrati, dacchè intese aver egli meditato di passare a Lesbo, dove
sarebbe troppo deliziosamente vivuto. Raccontano Tacito[151] e Dione
che in quest'anno furono processati altri nobili per l'amicizia di
Sejano; e fra gli altri fu punito Latinio Laziare che, siccome abbiam
veduto di sopra, coll'usare un tradimento a Tizio Sabino, fu cagion di
sua morte. Fra gli accusati nondimeno miracolosamente la scappò netta
Marco Terenzio. Il suo reato consisteva nel solo essere stato amico di
Sejano. Lo confessò egli francamente, e con egual coraggio difese il
fatto, mostrando ch'egli così operando avea onorato Tiberio nel suo
favorito; e se Tiberio, signor così saggio, s'era ingannato in
dispensar tante grazie a chi n'era indegno meritavano bene scusa
gl'inferiori, caduti nel medesimo inganno. Nè doversi aver l'occhio
all'ultimo giorno di Sejano, ma bensì ai sedici anni della di lui
potenza, durante il qual tempo chi non volea perire, dovea studiarsi
d'essere a lui caro. E però chiunque volesse condannar chi non avea
fallato in altro che in amare ed onorar Sejano, verrebbe nello stesso
punto a condannar Tiberio. Fu assoluto, nè Tiberio se l'ebbe a male.
Fu creduto daddovero in quest'anno ch'esso Tiberio tornasse a
Roma[152]; imperciocchè da Capri venne nella Campania, e poscia
continuato il viaggio sino al Tevere, quivi imbarcatosi, arrivò agli
orti della Naumachia presso Roma, dove oggidì si vede il monistero
delle moniche de' santi Cosma e Damiano. Erano disposti sulla ripa del
fiume corpi di guardia, acciocchè il popolo non se gli accostasse. Ma
non entrò in città, senza che se ne sapesse il motivo, e se ne tornò
poco dappoi a Capri. Altro non seppe immaginar Tacito, se non che
fosse tirato colà del suo mal genio, per poter nasconder entro quello
scoglio il fetore delle immense sue laidezze. Non è certamente
permesso ad onesta penna il rammentare ciò ch'esso Tacito e Svetonio
non ebbero difficoltà di propalare della detestabil libidine di
quell'infame vecchio. Basterà a me di dire che nel postribolo di Capri
si praticarono ed inventarono tutte le più sozze maniere della
sensualità[153] che faceano orrore allora ad orecchie pudiche. E a
tale stato giunse un principe di Roma pagana, ma senza che ce ne
abbiamo a stupire, perchè non conoscevano i Romani d'allora se non
degli dii compagni della medesima sensualità; e per altro Tiberio era
di coloro che poco conto facevano de' medesimi, ne punto li temevano.
Del solo tuono egli avea paura, e correva a mettersi in testa la
corona d'alloro, per la credenza che quelle foglie fossero rispettate
dai fulmini. Morì in quest'anno _Lucio Pisone, prefetto di Roma_, che
per venti anni con lode avea esercitata quella carica, e in ricompensa
del suo merito il senato gli decretò un pubblico funerale. In luogo
suo fu posto da Tiberio _Lucio Elio Lamia_, il quale, nell'anno
seguente, diede anch'egli fine a' suoi giorni. Morì parimente
quest'anno Cassio Severo, oratore di gran credito, ma portato sempre
alla satira, e a lacerar la riputazione delle persone illustri. Per
questo mal genio era stato relegato da Augusto nell'isola di Creta, e
poscia nella picciola di Serifo, dove in estrema povertà, senza avere
neppur uno straccio da coprir le parti vergognose, terminò il suo
vivere.
NOTE:
[149] Suetonius, in Vitellio, cap. 2.
[150] Dio, lib. 58.
[151] Tacitus, Annal., lib. 6, cap. 2. Dio, ibid.
[152] Tacitus, ibidem. Sueton., in Tib., c. 72.
[153] Sueton., cap. 43.
Anno di CRISTO XXXIII. Indizione VI.
PIETRO Apostolo papa 5.
TIBERIO imperadore 20.
_Consoli_
LUCIO SULPICIO GALBA e LUCIO CORNELIO SULLA FELICE.
_Galba_, primo dei consoli porta il prenome di _Lucio_ in una
iscrizione riferita dal cardinal Noris, e da me inserita nella mia
raccolta[154]. In un'altra iscrizione che si legge nel Tesoro di
Grutero, il suo prenome è _Servio_: che così s'ha da intendere il SER.
abbreviato degli antichi, e non già _Sergio_, come ha creduto taluno.
Ma è lecito di sospettare, che nell'iscrizion gruteriana sia stato
mutato il prenome di _Lucio_ in _Servio_, perchè ben si sa che Galba
imperadore, cioè il medesimo che fu console in quest'anno, era
chiamato _Servio Galba_. Ma Svetonio[155] chiaramente scrive di lui:
_Lucium pro Servio usque ad tempus imperii usurpavit_: il che
giustifica quanto ha il marmo del Noris, e fa con fondamento temere
della corruttela nell'altro. Tacito e Dione diedero a Galba console
quel prenome ch'egli usò fatto imperadore; senz'avvertire ciò che
Svetonio avvertì. Nelle calende di luglio a Galba fu sostituito nel
consolato _Lucio Salvio Ottone_ creduto da alcuni figliuolo di Tiberio
Augusto, cotanto se gli rassomigliava nel volto. Da questo console
nell'anno precedente era nato _Ottone_, che fu poi imperadore di pochi
mesi. Volle far conoscere Tiberio in quest'anno ai senatori[156],
quanto egli poco si fidasse di loro, e che in breve era per venire a
Roma; cioè scrisse chiedendo che qualora egli entrava nel senato,
fosse permesso a Macrone capitan delle guardie del pretorio
d'accompagnarlo con alcuni tribuni e centurioni della milizia. Tosto
fu decretato che potesse menar seco quanta gente voleva. Erano
tuttavia serrati nelle carceri, _Druso_, figliuolo di Germanico e
nipote per adozion di Tiberio, ed _Agrippina_ di lui madre. Avea più
volte Tiberio fatto condurre questi infelici da un luogo ad un altro,
sempre incatenati e in una lettiga ben serrata[157], e con guardie che
faceano allontanar tutti i viandanti. Doveva egli paventar sempre
qualche risoluzione, e che avesse da correre il popolo a sprigionar
quell'infelice principe. Saziò poi il suo furore in quest'anno con far
morire di fame _Druso_. La savia _Agrippina_ diede anch'essa fine al
suo vivere, senza apparire, se mancasse per non volere il cibo, o pure
perchè il cibo le fosse negato[158]. Furono i lor corpi non già
portati nel mausoleo d'Augusto, ma sì segretamente seppelliti, che mai
non se ne seppe il sito. Tutta Roma si riempiè di dolore e lutto, ma
solamente nell'interno delle persone, per sì compassionevol fine della
famiglia di Germanico, principe tanto amato da ognuno. Eppur bisognò
che il senato rendesse grazie a Tiberio dell'avviso datogli della
morte di Agrippina, predicata da lui per sua nemica e adultera, quando
era notissima la di lei insigne onestà; ed inoltre convenne decretare
che essendo morta nel medesimo dì che Sejano fu ucciso, cioè nel di 18
d'ottobre, da lì innanzi in quel giorno si facesse un'offerta a Giove
in rendimento di grazie per la morte dell'uno e dell'altra.
Restava solo in vita dei figliuoli di Germanico _Cajo Caligola_[159],
giovinetto di costumi sommamente malvagi, ma provveduto di tanto senno
da farsi amare da Tiberio. Sapea coprir con finta modestia l'animo suo
inclinato alla crudeltà; non gli scappò mai una parola di dispiacere o
lamento per l'esilio e per la morte dei fratelli e della madre; ed
ottenne per grazia di poter accompagnare Tiberio a Capri, studiandosi
quivi di comparir sempre con vesti simili a quelle di lui, e d'imitare
per quanto poteva le di lui maniere di parlare; di modo che di lui,
divenuto poscia imperadore, ebbe a dire Passieno oratore: «Non esservi
stato mai nè miglior servo, nè peggior signore di lui.» Contrasse il
medesimo Cajo, di consenso di Tiberio in quest'anno gli sponsali con
_Claudia_ o _Claudilla_ figliuola di Marco Silano. Sotto il detestabil
governo di Tiberio, gran voga intanto aveano in Roma gli spioni e gli
accusatori, parte volontari, parte suscitati dal principe stesso.
Bastava per lo più l'accusare, perchè ne seguisse il condannare.
Fioccavano in senato i libelli contro delle persone, e moltissimi
inviati dal medesimo Tiberio che col braccio del senato andava facendo
vendette, e pascendo I' avarizia sua colla morte e col confisco dei
beni de' condannati. A parecchi nobili toccò ancor nell'anno presente
la disavventura stessa; e massimamente ai senatori, tanti de' quali a
poco a poco andò egli levando dal mondo, che non si poteano più
provvedere i governi delle provincie[160]. Fra l'altre più memorabili
ingiustizie commesse in quest'anno degna è di menzione l'usata da
Tiberio contro di Sesto Mario, da lungo tempo suo amico che, col
favore principesco, giunto era ad essere il più ricco gentiluomo della
Spagna. Avendo egli una figliuola di bellissimo aspetto, per timore
che Tiberio non gliela facesse rapire, come solito era con altri, la
trafugò in luogo dove fosse sicura. Avvertitone dalle sue spie
Tiberio, fece accusar amendue d'incesto, e gittar giù della rupe
tarpeja i lor corpi, con far sue le immense ricchezze dell'infelice
Mario. Tacito racconta molti altri spettacoli di somiglianti crudeltà
accadute in quest'anno, senza che mai si saziasse il genio sanguinario
di Tiberio. Strano bensì parve ai più del popolo, ch'egli in un certo
dì facesse morire tutti i principali spioni ed accusatori, e proibisse
a tutte le persone militari il far questo infame uffizio, benchè lo
permettesse ai senatori e cavalieri. Ma si può ben credere ciò fatto
per comparire disapprovatore di que' maligni stromenti, dei quali si
serviva la stessa di lui malignità per far tanto male al pubblico.
Erano eziandio cresciute a dismisura le usure in Roma; e contro dei
debitori furono in quest'anno portate istanze ed accuse assaissime al
senato; nè piccolo era il numero di coloro che, ascondendo la pecunia
d'oro e d'argento, ne faceano scarseggiare la città. Si vide allora un
prodigio di Tiberio. Mise egli nel banco della repubblica una gran
somma d'oro e d'argento, da prestarsi a chiunque ne abbisognasse, e
desse idonea sigurtà, senza che per tre anni ne pagassero frutto:
azione applaudita da ognuno, ma che non fece punto sminuire il comune
odio contro del tiranno. Ad _Elio Lamia_ prefetto di Roma defunto
succedette in quell'uffizio _Cosso_, per attestato di Tacito e
Seneca[161]. E Marco Coccejo Nerva, giurisconsulto insigne di questi
tempi, ed uno del consiglio di Tiberio, non potendo più, siccome uomo
giusto, tollerar le iniquità di quel mostro, se ne liberò con
lasciarsi morir di fame: nè per quante preghiere gli facesse Tiberio,
per saper la cagione di tal risoluzione, e per tenerlo in vita, volle
mutare il fatto proponimento.
NOTE:
[154] Thesaur. Nov. Inscription., p. 303, n. 1.
[155] Sueton., in Galba, cap. 4.
[156] Tacitus, Annal., lib. 6.
[157] Suetonius, in Tiber., cap. 64.
[158] Dio, lib. 58.
[159] Tacit., lib. 6, cap. 20.
[160] Tacitus, ibid., cap. 49. Dio, eod. lib. 58.
[161] Seneca, epist. 81.
Anno di CRISTO XXXIV. Indizione VII.
PIETRO Apostolo papa 6.
TIBERIO imperadore 21.
_Consoli_
PAOLO FABIO PERSICO e LUCIO VITELLIO.
A questi consoli ordinari si crede che ne succedessero nelle calende
di luglio due altri[162], de' quali si è perduto il nome. E ciò perchè
avendo questi ultimi consoli celebrato l'anno ventesimo compiuto
dell'imperio di Tiberio, fecero anche dei voti agli dii pel decennio
venturo, come fu in uso a' tempi d'Augusto. Quella gelosa bestia di
Tiberio, che avea preso l'imperio non per dieci, nè per venti anni, ma
finchè a lui piacesse, parendogli che volessero far conoscere, che la
di lui potestà dipendea dall'arbitrio del senato, fece accusarli tutti
e due e condannarli, e pare che fosse anche abbreviata immediatamente
loro la vita. Questo Persico probabilmente è quello stesso che fu
mentovato da Seneca[163], per uomo di cattiva riputazione. Ma nulla di
un fatto tale, che avrebbe fatto più strepito di tant'altri, si ha
presso Tacito, il qual pure accenna le morti di molti altri di dignità
inferiore. Dione stesso attribuisce quei voti e quell'innocente fallo
ai consoli ordinari; e pure noi sappiam da Svetonio[164], che _Lucio
Vitellio_, console nel presente anno e padre di Aulo Vitellio che fu
poi imperadore, dopo il consolato ebbe il governo della Soria, e campò
molto dappoi. Parimente di _Fabio Persico_, sopravvissuto, s'ha
memoria presso Seneca[165]. Però la credenza dei consoli sostituiti, e
fors'anche il fatto narrato da Dione può patire dei dubbi. Non
mancarono all'anno presente le sue funeste scene, cioè molte condanne
e morti d'uomini illustri, avvenute per la crudeltà di Tiberio e per
la prepotenza di Macrone prefetto del pretorio; il quale imitando le
arti di Sejano ma più copertamente, si abusava anch'egli della sua
autorità e del favore del principe[166]. Pomponio Labeone, dopo essere
stato pretore di Mesia per otto anni, accusato d'essersi lasciato
corrompere con danari, tagliatosi le vene, si sbrigò da questa vita:
ed altrettanto fece sua moglie. Era anche stato in governo Marco,
ossia Mamerco Emilio Scauro, nè già era incolpato di cattiva
amministrazione, quantunque vergognosi fossero i suoi costumi.
Macrone, che l'odiava, trovò la maniera di precipitarlo, con
presentare a Tiberio una di lui tragedia intitolata _Atreo_, in cui
oltre al parlarsi di parricidio, uno era esortato a tollerar la pazzia
del regnante; è con fargli credere che sotto nome altrui si sparlasse
di lui. Di più non ci volle per far processare Scauro, il quale,
senz'aspettar la condanna, si privò da sè stesso di vita, nè da meno
di lui volle essere la moglie sua. Costumavasi allora dagli etnici
romani di darsi iniquamente la morte da sè medesimi, perchè i corpi
de' condannati non era lecito il seppellirli, e i lor beni andavano al
fisco; laddove prevenendo la sentenza, loro non si negava la
sepoltura: e sussistendo i testamenti, agli eredi pervenivano i loro
beni. Fra coloro eziandio che furono accusati si contò Lentulo
Getulico, stato già console nell'anno di Cristo 26. Altro a lui non
veniva imputato, se non che avesse trattato di dare una sua figliuola
in moglie a Sejano. Ma fu buon per questo personaggio ch'egli allora
si trovasse in Germania al comando di quelle legioni che l'amavano
forte per le sue dolci maniere. Dicono ch'egli scrivesse animosamente
una lettera a Tiberio, con ricordargli che non per elezione propria,
ma per consiglio di lui stesso, avea cercato di far parentela con
Sejano. Essersi ben egli ingannato nel procacciarsi l'amicizia di
quell'uomo indegno; ma che niuno più d'esso Tiberio avea amato Sejano:
nè essere perciò conforme alla ragione che il comun fallo fosse
innocente per lui, e peccaminoso per gli altri. Pertanto riflettendo
al pericolo di nuocere a chi aveva l'armi in mano, e poter rivoltarsi,
giudicò meglio il desistere dall'impresa; e per lo contrario fece
guadagnarsi ogni dì più amici e clienti. E giacchè il senato e il
popolo erano giunti ad eguagliarlo a lui in più occasioni, ed
all'incontro ben sapea Tiberio d'essere poco amato, anzi odiato dai
più dei Romani; preso fu da gagliardo timore, che potesse scoppiar
qualche gran fulmine sopra il suo capo. Abbiamo ancora da Giuseppe
Ebreo[145] che Antonia madre di Germanico e di Claudio, che fu poi
imperadore, spedito a Capri Pallante suo fidatissimo servo, diede
avviso a Tiberio della congiura tramata da esso Sejano coi pretoriani
e con molti senatori e liberti d'esso Tiberio, di maniera che egli
restò accertato del pericolo suo. Ma come atterrare un uomo sì ardito
e intraprendente, e giunto a tanta possanza? La via di prevenirlo
tenuta da quell'astuto vecchio, fu quella di sempre più comparir
contento ed amante di Sejano, e di colmarlo di nuovi onori, per più
facilmente ingannarlo. Il creò console per l'anno presente, e affine
di maggiormente onorarlo, prese seco il consolato. Scrisse anche al
senato con raccomandargli questo suo fedele ministro. Potrebbe
chiedersi, perchè nol facesse strozzare in Capri, e come mai per
abbatterlo il facesse salire al consolato, cioè ad una dignità che
aumentava non solo il di lui fasto, ma anche la di lui autorità e
potere. Quanto a me vo' credendo, ch'egli non s'attentasse nè in Capri
nè in Roma di fargli alcun danno, finchè costui era prefetto del
pretorio, cioè capitan delle guardie imperiali, il che vuol dire di un
corpo di gente consistente in dieci mila de' migliori soldati fra i
Romani, ed abitante unito in Roma. Allorchè Tiberio volea farsi ben
rispettare e temere dai consoli e senatori, alla lor presenza dava la
mostra ai pretoriani. Ma anche a lui faceano essi paura, perchè
comandati da Sejano, e ubbidienti a' di lui cenni; ed esso Augusto era
attorniato da sì fatte guardie anche in Capri. Adunque con crear
Sejano console, ed inviarlo a Roma, se lo staccò dai fianchi,
disegnando di torgli a suo tempo la carica di prefetto del pretorio,
per conferirla a Nevio Sertorio Macrone.
Dopo pochi mesi gli fece dimettere il consolato, allettandolo intanto
colla speranza d'impieghi e premii maggiori[146], cioè di associarlo
nella podestà tribunizia, grado sicuro alla succession dell'imperio, e
di dargli moglie di sangue cesareo, verisimilmente Giulia Livilla,
figliuola di Germanico. E perciocchè Sejano, dappoichè ebbe deposto la
trabea consolare, facea istanza di tornarsene in Capri, per seguitar
ivi a far da padrone; Tiberio il fermò con dar ad intendere a lui, e
spacciar dappertutto, che fra poco voleva anch'egli tornarsene a Roma.
Ne' mesi seguenti andò Tiberio fingendo ora esser malato, ora di star
bene, e sempre venivano nuove ch'egli si preparava pel viaggio. Talor
lodava Sejano, ed altre volte il biasimava. In considerazione di lui
facea delle grazie ad alcuni de' suoi amici, ed altri pure amici di
lui maltrattava con varii pretesti: tutto per raccogliere segretamente
col mezzo delle spie, quali fossero i sentimenti e le inclinazioni del
senato e del popolo. Non andò molto che al non vedersi ritornar Sejano
a Capri e all'osservar certi segni di rallentato amore di Tiberio
verso di lui, molti cominciarono a staccarsi con buona maniera da lui,
e calò non poco il suo credito anche presso del popolo. Ma Sejano, tra
perchè non gli parea di mirar l'animo di Tiberio alienato punto da sè,
e perchè Tiberio conferì a lui e a suo figliuolo in questo mentre
l'onore del pontificato, non pensò, siccome avrebbe potuto, a far
novità alcuna. Fu poi ben pentito di non l'aver fatto, allorchè era
console. Nulladimeno viveva egli con delle inquietudini e con dei
sospetti; e strano gli parve che avendo Tiberio con una lettera recato
avviso al senato della morte di _Nerone_, figliuolo primogenito di
Germanico e di Agrippina, e suo nipote per adozione, niuna lode, come
era usato di fare, avesse fatta del medesimo Sejano. Relegato, siccome
già dissi, questo infelice principe nell'isola di Ponza, finì quivi
nell'anno presente la sua vita: chi disse per la fame, e chi perchè
essendo in sua camera il boja per istrangolarlo, egli da sè stesso si
uccise. Certo fu anch'egli vittima della crudeltà di Tiberio.
Ora informato abbastanza Tiberio, che l'affezion del senato e popolo
verso Sejano non era quale si figurava egli in addietro, volle passar
all'ultimo colpo, ma tremando per l'incertezza dell'esito. Nella notte
precedente il dì 18 di ottobre comparve a Roma Macrone, segretamente
dichiarato prefetto del pretorio, e ben istruito di quel che s'avea da
fare, mostrando di venir per altro negozio; e fu a concertare gli
affari con Memmio Regolo, l'uno de' consoli, perchè l'altro, cioè
Fulcino Trione, era tutto di Sejano. La mattina per tempo andò al
tempio di Apollo, dove s'avea da unire il senato, ed incontratosi a
caso con Sejano, che non era per anche entrato, fu richiesto se avesse
lettere per lui. Si annuvolò non poco Sejano all'udire che no; ma
avendolo tratto in disparte Macrone, e dettogli che gli portava la
podestà tribunizia, tutto consolato ed allegro andò a seder nella
curia. Macrone intanto, chiamati a sè i soldati pretoriani, una buona
mano de' quali facea sempre corteggio e guardia a Sejano, mostrò loro
le sue patenti di prefetto del pretorio, e in luogo d'essi alla
guardia del tempio distribuì le compagnie dei vigili, comandate da
Gracino Lacone consapevole del segreto. Entrato egli poscia colà,
presentò una lettera molto lunga, ma ingarbugliata, di Tiberio. Non
parlava egli seguitatamente contro di Sejano, ma sul principio
trattava di un differente affare; andando innanzi, si lamentava di
lui; poi ritornava ad altro negozio; e quindi passava a dir male di
Sejano, conchiudendo in fine, che si facessero morir due senatori
molto confidenti di lui, e Sejano fosse ritenuto sotto buona guardia.
Non si attentò di dire che il facessero morire, perchè temeva che si
svegliasse qualche tumulto da' suoi parziali. Confusi ed estatici
rimasero i più de' senatori ad ordini tali, perchè già preparati a far
de' complimenti ed elogi a Sejano per la promessa a lui podestà
tribunizia. Sejano stesso avvilito senza muoversi dal suo luogo, senza
mettersi ad aringare (il che se avesse fatto, forse altrimenti passava
la faccenda) pareva insensato; e chiamato tre volte dal console Memmio
Regolo, non si movea, siccome usato a comandare, e non ad ubbidire.
Entrato intanto Lacone colle coorti de' vigili, l'attorniò di guardie
e il menò prigione. Niun movimento fecero i pretoriani, perchè Macrone
li tenne a freno, con ispiegar loro la mente del principe, e
promettere ad essi alcuni premii per ordine del senato. Si mosse bensì
la plebe al mirare quel sì dianzi orgoglioso ministro condotto alle
carceri, prorompendo in villanie e bestemmie senza fine, e poi corse
ad abbattere e strascinar tutte le statue a lui poste, giacchè non
poteano infierir contro la persona di lui[147]. Raunatosi poi nel
medesimo giorno 18 di ottobre il senato nel tempio della Concordia,
veggendo che i pretoriani se ne stavano quieti, e intendendo qual
fosse il volere del popolo, condannarono a morte Sejano; e la sentenza
fu immediatamente eseguita col taglio della testa. Accorsa la plebe
gittò giù per le scale gemonie il di lui cadavere, e dopo essersi per
tre dì sfogata contra d'esso, facendone grande scempio, lo buttò in
Tevere. Anche due suoi figliuoli, l'uno maschio e l'altro femmina, per
ordine del senato furono privati di vita; ma perchè insolita cosa era
il far morire una fanciulla, il carnefice, prima di strozzar
quell'infelice, le tolse l'onore in prigione. Apicata moglie di
Sejano, benchè non condannata, si diede la morte da sè stessa, dopo
aver messo in iscritto il tradimento fatto dal marito e da Livilla a
Druso Cesare.
Intanto batteva forte il cuore a Tiberio nell'isola di Capri per
sospetto che non riuscisse bene la meditata impresa; ed avea ordinato
che, per fargli sapere il più presto possibile la nuova, si dessero
segnali da' luoghi alti, frapposti tra Roma e Capri; salì egli in quel
dì sul più eminente scoglio dell'isola, aspettando quivi il lieto
avviso. Per altro aveva egli preparato delle barchette, affinchè, se
il bisogno l'avesse richiesto, potesse ritirarsi in sicuro con esse ad
alcuna delle sue armate. Scrivono eziandio, aver egli dato ordine a
Macrone, che qualora fosse insorta qualche fiera sedizione in Roma,
cavasse dalle carceri _Druso_ figliuolo di Germanico, e il presentasse
al senato ed al popolo, con dichiararlo anche imperadore a nome suo.
Il fine della tragedia di Sejano fu poi principio d'altre gravi
turbolenze, che sconcertarono non poco il senato e la nobiltà romana.
Il popolo già commosso, a qualunque dei favoriti di Sejano, che gli
cadesse nelle mani, levava la vita. Anche i pretoriani sdegnati si
misero a saccheggiare e bruciar delle case. Cominciarono poi dei duri
processi contro dei senatori e d'altri nobili, che più degli altri
s'erano fatti conoscere parziali di Sejano. Molti furono condannati, e
con ignominiosa morte puniti; altri relegati; ed altri da sè stessi si
abbreviarono la vita. Tutto era pieno di accusatori, e si rivangavano
i processi e le condanne, gastigando chi avea giudicato come per
istigazion di Sejano. Si tenne per certo, che le tante adulazioni del
senato verso il medesimo Sejano, e gli onori straordinari a lui
vilmente accordati, contribuissero non poco ad ubbriacarlo e farlo
precipitare. Però lo stesso senato decretò che in avvenire si
procedesse con gran moderazione in onorar altrui, nè si potesse
giurare se non pel nome dell'imperadore. Contuttociò nel medesimo
tempo volle esso senato concedere a Macrone il grado di pretore, e a
Lacone quel di questore, oltre ad un regalo in danari; ma essi,
addottrinati dal recente esempio, nulla vollero accettare. Incredibil
fu la gioja di Tiberio, allorchè si vide sbrigato da Sejano. Ciò non
ostante, la sua mirabil politica gl'insegnò di non ammettere
all'udienza sua alcuno de' tanti senatori e cavalieri che erano corsi
o erano stati spediti dal senato, per significargli la fortunata
riuscita dell'affare. E il console Regolo, che l'avea in ciò ben
servito, fu costretto a tornarsene indietro senza poterlo vedere. Si
figuravano molti, che liberato Tiberio dal giogo, dai mali ufizj e da'
sospetti di Sejano, avesse da lì innanzi da fare un governo dolce.
Troppo s'ingannarono: sempre più egli imperversò. E giacchè era venuto
in cognizione, per la deposizion sopraccennata della moglie di Sejano,
degli autori della morte di Druso suo figliuolo, contro d'essi ancora
con tutto rigore procedette; e la primo a provarne la pena, fu la
stessa _Livilla_ che lasciatasi sovvertir da Sejano, avea tradito il
consorte Druso. Scrive Dione[148] d'aver inteso da alcuni, che Tiberio
non la facesse morire in grazia di Antonia madre di lei, e di
_Claudio_ che fu poi imperadore; ma che la medesima sua madre quella
fosse, che la privò di vita con lasciarla morir di fame.
NOTE:
[143] Norisius, Epist. Cens.
[144] Thesaurus Novus Inscription., pag. 302, num. 4.
[145] Joseph., Antiquit. Judaic., lib. 18.
[146] Dio, lib. 58.
[147] Tacitus, lib. 6, c. 25.
[148] Dio, lib. 58.
Anno di CRISTO XXXII. Indizione V.
PIETRO APOSTOLO papa 4.
TIBERIO imperadore 19.
_Consoli_
GNEO DOMIZIO ENOBARBO e MARCO FURIO CAMILLO SCRIBONIANO.
Il primo di questi consoli, marito di _Agrippina_ figliuola di
Germanico, siccome già dissi, ebbe per figliuolo _Nerone_, che divenne
poi imperadore. Al secondo de' consoli, che mancò di vita nel
consolato, fu sostituito _Aulo Vitellio_. Non si sa intendere, perchè
Svetonio[149], allorchè scrisse, essere nato sotto questi consoli
_Marco Salvio Ottone_, uno de' susseguenti imperadori, chiamasse
_Camillo Arruntio_ il collega di _Domizio Enobarbo_: e che parimente
si trova ne' fasti d'Idacio e del Cuspiniano. Forse fu sostituito a
Vitellio, o Vitellio a lui. Parve bene[150], che Tiberio volesse por
fine ai processi e condanne degli amici di Sejano, con permettere
ancora ad alcuni il lutto per la di lui morte; ma poco durò questo
barlume d'indulgenza, ed egli più che mai continuò la persecuzione,
trovando allora altre accuse ancora d'incesti e di parricidii, per
levar la vita a chi non godea di sua grazia. Crebbe perciò cotanto
l'universal odio contro di lui, che il poter divorare le di lui carni,
sarebbe sembrato un gustoso cibo ad ognuno. Fece anche il timore di
lui crescere l'adulazion nel senato. Costume era in addietro che nelle
calende di gennaio, un solo leggesse gli ordini di Tiberio con giurar
d'osservarli: al che gli altri acconsentivano. Fu creduto maggior
ossequio e finezza che cadauno prestasse espressamente quel
giuramento. Inoltre per far conoscere a Tiberio, quanto cara lor fosse
la vita di lui, decretarono che egli scegliesse chi de' senatori fosse
a lui in grado, e che venti d'essi colle spade servissero a lui di
guardia quando egli entrava nel senato. Trovò Tiberio assai ridicolo
un tal decreto; e quantunque ne rendesse loro grazie, pure non
l'approvò, perchè non essendogli ignoto d'essere in odio al senato,
non era sì pazzo da voler permettere intorno alla sua persona di sì
fatte guardie armate. E da lì innanzi molto più attese a conciliarsi
l'amore de' soldati pretoriani, per valersene occorrendo contro il
senato. Avea proposto Giunio Gallione che esso senato accordasse un
privilegio a quei che avessero compiuto il termine della lor milizia.
Tiberio, perchè non gli piacea che le genti militari fossero obbligate
se non a lui solo, mandò in esilio lo stesso Gallione fuori d'Italia,
e poscia il richiamò per metterlo a penare sotto la guardia de'
magistrati, dacchè intese aver egli meditato di passare a Lesbo, dove
sarebbe troppo deliziosamente vivuto. Raccontano Tacito[151] e Dione
che in quest'anno furono processati altri nobili per l'amicizia di
Sejano; e fra gli altri fu punito Latinio Laziare che, siccome abbiam
veduto di sopra, coll'usare un tradimento a Tizio Sabino, fu cagion di
sua morte. Fra gli accusati nondimeno miracolosamente la scappò netta
Marco Terenzio. Il suo reato consisteva nel solo essere stato amico di
Sejano. Lo confessò egli francamente, e con egual coraggio difese il
fatto, mostrando ch'egli così operando avea onorato Tiberio nel suo
favorito; e se Tiberio, signor così saggio, s'era ingannato in
dispensar tante grazie a chi n'era indegno meritavano bene scusa
gl'inferiori, caduti nel medesimo inganno. Nè doversi aver l'occhio
all'ultimo giorno di Sejano, ma bensì ai sedici anni della di lui
potenza, durante il qual tempo chi non volea perire, dovea studiarsi
d'essere a lui caro. E però chiunque volesse condannar chi non avea
fallato in altro che in amare ed onorar Sejano, verrebbe nello stesso
punto a condannar Tiberio. Fu assoluto, nè Tiberio se l'ebbe a male.
Fu creduto daddovero in quest'anno ch'esso Tiberio tornasse a
Roma[152]; imperciocchè da Capri venne nella Campania, e poscia
continuato il viaggio sino al Tevere, quivi imbarcatosi, arrivò agli
orti della Naumachia presso Roma, dove oggidì si vede il monistero
delle moniche de' santi Cosma e Damiano. Erano disposti sulla ripa del
fiume corpi di guardia, acciocchè il popolo non se gli accostasse. Ma
non entrò in città, senza che se ne sapesse il motivo, e se ne tornò
poco dappoi a Capri. Altro non seppe immaginar Tacito, se non che
fosse tirato colà del suo mal genio, per poter nasconder entro quello
scoglio il fetore delle immense sue laidezze. Non è certamente
permesso ad onesta penna il rammentare ciò ch'esso Tacito e Svetonio
non ebbero difficoltà di propalare della detestabil libidine di
quell'infame vecchio. Basterà a me di dire che nel postribolo di Capri
si praticarono ed inventarono tutte le più sozze maniere della
sensualità[153] che faceano orrore allora ad orecchie pudiche. E a
tale stato giunse un principe di Roma pagana, ma senza che ce ne
abbiamo a stupire, perchè non conoscevano i Romani d'allora se non
degli dii compagni della medesima sensualità; e per altro Tiberio era
di coloro che poco conto facevano de' medesimi, ne punto li temevano.
Del solo tuono egli avea paura, e correva a mettersi in testa la
corona d'alloro, per la credenza che quelle foglie fossero rispettate
dai fulmini. Morì in quest'anno _Lucio Pisone, prefetto di Roma_, che
per venti anni con lode avea esercitata quella carica, e in ricompensa
del suo merito il senato gli decretò un pubblico funerale. In luogo
suo fu posto da Tiberio _Lucio Elio Lamia_, il quale, nell'anno
seguente, diede anch'egli fine a' suoi giorni. Morì parimente
quest'anno Cassio Severo, oratore di gran credito, ma portato sempre
alla satira, e a lacerar la riputazione delle persone illustri. Per
questo mal genio era stato relegato da Augusto nell'isola di Creta, e
poscia nella picciola di Serifo, dove in estrema povertà, senza avere
neppur uno straccio da coprir le parti vergognose, terminò il suo
vivere.
NOTE:
[149] Suetonius, in Vitellio, cap. 2.
[150] Dio, lib. 58.
[151] Tacitus, Annal., lib. 6, cap. 2. Dio, ibid.
[152] Tacitus, ibidem. Sueton., in Tib., c. 72.
[153] Sueton., cap. 43.
Anno di CRISTO XXXIII. Indizione VI.
PIETRO Apostolo papa 5.
TIBERIO imperadore 20.
_Consoli_
LUCIO SULPICIO GALBA e LUCIO CORNELIO SULLA FELICE.
_Galba_, primo dei consoli porta il prenome di _Lucio_ in una
iscrizione riferita dal cardinal Noris, e da me inserita nella mia
raccolta[154]. In un'altra iscrizione che si legge nel Tesoro di
Grutero, il suo prenome è _Servio_: che così s'ha da intendere il SER.
abbreviato degli antichi, e non già _Sergio_, come ha creduto taluno.
Ma è lecito di sospettare, che nell'iscrizion gruteriana sia stato
mutato il prenome di _Lucio_ in _Servio_, perchè ben si sa che Galba
imperadore, cioè il medesimo che fu console in quest'anno, era
chiamato _Servio Galba_. Ma Svetonio[155] chiaramente scrive di lui:
_Lucium pro Servio usque ad tempus imperii usurpavit_: il che
giustifica quanto ha il marmo del Noris, e fa con fondamento temere
della corruttela nell'altro. Tacito e Dione diedero a Galba console
quel prenome ch'egli usò fatto imperadore; senz'avvertire ciò che
Svetonio avvertì. Nelle calende di luglio a Galba fu sostituito nel
consolato _Lucio Salvio Ottone_ creduto da alcuni figliuolo di Tiberio
Augusto, cotanto se gli rassomigliava nel volto. Da questo console
nell'anno precedente era nato _Ottone_, che fu poi imperadore di pochi
mesi. Volle far conoscere Tiberio in quest'anno ai senatori[156],
quanto egli poco si fidasse di loro, e che in breve era per venire a
Roma; cioè scrisse chiedendo che qualora egli entrava nel senato,
fosse permesso a Macrone capitan delle guardie del pretorio
d'accompagnarlo con alcuni tribuni e centurioni della milizia. Tosto
fu decretato che potesse menar seco quanta gente voleva. Erano
tuttavia serrati nelle carceri, _Druso_, figliuolo di Germanico e
nipote per adozion di Tiberio, ed _Agrippina_ di lui madre. Avea più
volte Tiberio fatto condurre questi infelici da un luogo ad un altro,
sempre incatenati e in una lettiga ben serrata[157], e con guardie che
faceano allontanar tutti i viandanti. Doveva egli paventar sempre
qualche risoluzione, e che avesse da correre il popolo a sprigionar
quell'infelice principe. Saziò poi il suo furore in quest'anno con far
morire di fame _Druso_. La savia _Agrippina_ diede anch'essa fine al
suo vivere, senza apparire, se mancasse per non volere il cibo, o pure
perchè il cibo le fosse negato[158]. Furono i lor corpi non già
portati nel mausoleo d'Augusto, ma sì segretamente seppelliti, che mai
non se ne seppe il sito. Tutta Roma si riempiè di dolore e lutto, ma
solamente nell'interno delle persone, per sì compassionevol fine della
famiglia di Germanico, principe tanto amato da ognuno. Eppur bisognò
che il senato rendesse grazie a Tiberio dell'avviso datogli della
morte di Agrippina, predicata da lui per sua nemica e adultera, quando
era notissima la di lei insigne onestà; ed inoltre convenne decretare
che essendo morta nel medesimo dì che Sejano fu ucciso, cioè nel di 18
d'ottobre, da lì innanzi in quel giorno si facesse un'offerta a Giove
in rendimento di grazie per la morte dell'uno e dell'altra.
Restava solo in vita dei figliuoli di Germanico _Cajo Caligola_[159],
giovinetto di costumi sommamente malvagi, ma provveduto di tanto senno
da farsi amare da Tiberio. Sapea coprir con finta modestia l'animo suo
inclinato alla crudeltà; non gli scappò mai una parola di dispiacere o
lamento per l'esilio e per la morte dei fratelli e della madre; ed
ottenne per grazia di poter accompagnare Tiberio a Capri, studiandosi
quivi di comparir sempre con vesti simili a quelle di lui, e d'imitare
per quanto poteva le di lui maniere di parlare; di modo che di lui,
divenuto poscia imperadore, ebbe a dire Passieno oratore: «Non esservi
stato mai nè miglior servo, nè peggior signore di lui.» Contrasse il
medesimo Cajo, di consenso di Tiberio in quest'anno gli sponsali con
_Claudia_ o _Claudilla_ figliuola di Marco Silano. Sotto il detestabil
governo di Tiberio, gran voga intanto aveano in Roma gli spioni e gli
accusatori, parte volontari, parte suscitati dal principe stesso.
Bastava per lo più l'accusare, perchè ne seguisse il condannare.
Fioccavano in senato i libelli contro delle persone, e moltissimi
inviati dal medesimo Tiberio che col braccio del senato andava facendo
vendette, e pascendo I' avarizia sua colla morte e col confisco dei
beni de' condannati. A parecchi nobili toccò ancor nell'anno presente
la disavventura stessa; e massimamente ai senatori, tanti de' quali a
poco a poco andò egli levando dal mondo, che non si poteano più
provvedere i governi delle provincie[160]. Fra l'altre più memorabili
ingiustizie commesse in quest'anno degna è di menzione l'usata da
Tiberio contro di Sesto Mario, da lungo tempo suo amico che, col
favore principesco, giunto era ad essere il più ricco gentiluomo della
Spagna. Avendo egli una figliuola di bellissimo aspetto, per timore
che Tiberio non gliela facesse rapire, come solito era con altri, la
trafugò in luogo dove fosse sicura. Avvertitone dalle sue spie
Tiberio, fece accusar amendue d'incesto, e gittar giù della rupe
tarpeja i lor corpi, con far sue le immense ricchezze dell'infelice
Mario. Tacito racconta molti altri spettacoli di somiglianti crudeltà
accadute in quest'anno, senza che mai si saziasse il genio sanguinario
di Tiberio. Strano bensì parve ai più del popolo, ch'egli in un certo
dì facesse morire tutti i principali spioni ed accusatori, e proibisse
a tutte le persone militari il far questo infame uffizio, benchè lo
permettesse ai senatori e cavalieri. Ma si può ben credere ciò fatto
per comparire disapprovatore di que' maligni stromenti, dei quali si
serviva la stessa di lui malignità per far tanto male al pubblico.
Erano eziandio cresciute a dismisura le usure in Roma; e contro dei
debitori furono in quest'anno portate istanze ed accuse assaissime al
senato; nè piccolo era il numero di coloro che, ascondendo la pecunia
d'oro e d'argento, ne faceano scarseggiare la città. Si vide allora un
prodigio di Tiberio. Mise egli nel banco della repubblica una gran
somma d'oro e d'argento, da prestarsi a chiunque ne abbisognasse, e
desse idonea sigurtà, senza che per tre anni ne pagassero frutto:
azione applaudita da ognuno, ma che non fece punto sminuire il comune
odio contro del tiranno. Ad _Elio Lamia_ prefetto di Roma defunto
succedette in quell'uffizio _Cosso_, per attestato di Tacito e
Seneca[161]. E Marco Coccejo Nerva, giurisconsulto insigne di questi
tempi, ed uno del consiglio di Tiberio, non potendo più, siccome uomo
giusto, tollerar le iniquità di quel mostro, se ne liberò con
lasciarsi morir di fame: nè per quante preghiere gli facesse Tiberio,
per saper la cagione di tal risoluzione, e per tenerlo in vita, volle
mutare il fatto proponimento.
NOTE:
[154] Thesaur. Nov. Inscription., p. 303, n. 1.
[155] Sueton., in Galba, cap. 4.
[156] Tacitus, Annal., lib. 6.
[157] Suetonius, in Tiber., cap. 64.
[158] Dio, lib. 58.
[159] Tacit., lib. 6, cap. 20.
[160] Tacitus, ibid., cap. 49. Dio, eod. lib. 58.
[161] Seneca, epist. 81.
Anno di CRISTO XXXIV. Indizione VII.
PIETRO Apostolo papa 6.
TIBERIO imperadore 21.
_Consoli_
PAOLO FABIO PERSICO e LUCIO VITELLIO.
A questi consoli ordinari si crede che ne succedessero nelle calende
di luglio due altri[162], de' quali si è perduto il nome. E ciò perchè
avendo questi ultimi consoli celebrato l'anno ventesimo compiuto
dell'imperio di Tiberio, fecero anche dei voti agli dii pel decennio
venturo, come fu in uso a' tempi d'Augusto. Quella gelosa bestia di
Tiberio, che avea preso l'imperio non per dieci, nè per venti anni, ma
finchè a lui piacesse, parendogli che volessero far conoscere, che la
di lui potestà dipendea dall'arbitrio del senato, fece accusarli tutti
e due e condannarli, e pare che fosse anche abbreviata immediatamente
loro la vita. Questo Persico probabilmente è quello stesso che fu
mentovato da Seneca[163], per uomo di cattiva riputazione. Ma nulla di
un fatto tale, che avrebbe fatto più strepito di tant'altri, si ha
presso Tacito, il qual pure accenna le morti di molti altri di dignità
inferiore. Dione stesso attribuisce quei voti e quell'innocente fallo
ai consoli ordinari; e pure noi sappiam da Svetonio[164], che _Lucio
Vitellio_, console nel presente anno e padre di Aulo Vitellio che fu
poi imperadore, dopo il consolato ebbe il governo della Soria, e campò
molto dappoi. Parimente di _Fabio Persico_, sopravvissuto, s'ha
memoria presso Seneca[165]. Però la credenza dei consoli sostituiti, e
fors'anche il fatto narrato da Dione può patire dei dubbi. Non
mancarono all'anno presente le sue funeste scene, cioè molte condanne
e morti d'uomini illustri, avvenute per la crudeltà di Tiberio e per
la prepotenza di Macrone prefetto del pretorio; il quale imitando le
arti di Sejano ma più copertamente, si abusava anch'egli della sua
autorità e del favore del principe[166]. Pomponio Labeone, dopo essere
stato pretore di Mesia per otto anni, accusato d'essersi lasciato
corrompere con danari, tagliatosi le vene, si sbrigò da questa vita:
ed altrettanto fece sua moglie. Era anche stato in governo Marco,
ossia Mamerco Emilio Scauro, nè già era incolpato di cattiva
amministrazione, quantunque vergognosi fossero i suoi costumi.
Macrone, che l'odiava, trovò la maniera di precipitarlo, con
presentare a Tiberio una di lui tragedia intitolata _Atreo_, in cui
oltre al parlarsi di parricidio, uno era esortato a tollerar la pazzia
del regnante; è con fargli credere che sotto nome altrui si sparlasse
di lui. Di più non ci volle per far processare Scauro, il quale,
senz'aspettar la condanna, si privò da sè stesso di vita, nè da meno
di lui volle essere la moglie sua. Costumavasi allora dagli etnici
romani di darsi iniquamente la morte da sè medesimi, perchè i corpi
de' condannati non era lecito il seppellirli, e i lor beni andavano al
fisco; laddove prevenendo la sentenza, loro non si negava la
sepoltura: e sussistendo i testamenti, agli eredi pervenivano i loro
beni. Fra coloro eziandio che furono accusati si contò Lentulo
Getulico, stato già console nell'anno di Cristo 26. Altro a lui non
veniva imputato, se non che avesse trattato di dare una sua figliuola
in moglie a Sejano. Ma fu buon per questo personaggio ch'egli allora
si trovasse in Germania al comando di quelle legioni che l'amavano
forte per le sue dolci maniere. Dicono ch'egli scrivesse animosamente
una lettera a Tiberio, con ricordargli che non per elezione propria,
ma per consiglio di lui stesso, avea cercato di far parentela con
Sejano. Essersi ben egli ingannato nel procacciarsi l'amicizia di
quell'uomo indegno; ma che niuno più d'esso Tiberio avea amato Sejano:
nè essere perciò conforme alla ragione che il comun fallo fosse
innocente per lui, e peccaminoso per gli altri. Pertanto riflettendo
al pericolo di nuocere a chi aveva l'armi in mano, e poter rivoltarsi,
giudicò meglio il desistere dall'impresa; e per lo contrario fece
Sez İtalian ädäbiyättän 1 tekst ukıdıgız.
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- Annali d'Italia, vol. 1 - 40Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4300Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162738.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 41Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4177Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157538.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 42Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4253Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160439.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 43Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4315Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161539.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 44Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4445Unikal süzlärneñ gomumi sanı 168737.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 45Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4413Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162339.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 46Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4382Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162038.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 47Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4285Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160939.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 48Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4299Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154639.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 49Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4268Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165738.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 50Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4398Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162639.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 51Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4422Unikal süzlärneñ gomumi sanı 166539.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 52Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4259Unikal süzlärneñ gomumi sanı 153340.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 53Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4408Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160537.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 54Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4445Unikal süzlärneñ gomumi sanı 167437.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 55Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4362Unikal süzlärneñ gomumi sanı 167738.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 56Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4283Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157341.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.65.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 57Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4388Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164339.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 58Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4314Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160340.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 59Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4150Unikal süzlärneñ gomumi sanı 146339.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 60Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4226Unikal süzlärneñ gomumi sanı 148840.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 61Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4193Unikal süzlärneñ gomumi sanı 148941.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 62Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4237Unikal süzlärneñ gomumi sanı 158739.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 63Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4180Unikal süzlärneñ gomumi sanı 150138.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 64Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4222Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154839.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 65Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4203Unikal süzlärneñ gomumi sanı 152841.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 66Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4369Unikal süzlärneñ gomumi sanı 171141.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 67Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4351Unikal süzlärneñ gomumi sanı 168639.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 68Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4382Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164138.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 69Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4298Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157838.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 70Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4172Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154538.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 71Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4090Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154337.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 72Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4164Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160037.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 73Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4243Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157339.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 74Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4229Unikal süzlärneñ gomumi sanı 158538.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 75Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4191Unikal süzlärneñ gomumi sanı 153640.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 76Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4393Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161439.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 77Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4360Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164739.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 78Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4261Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160240.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 79Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4124Unikal süzlärneñ gomumi sanı 149237.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 80Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4300Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165539.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 81Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4207Unikal süzlärneñ gomumi sanı 159138.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 82Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4151Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160436.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 83Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4188Unikal süzlärneñ gomumi sanı 156537.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 84Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4221Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165339.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 85Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 748Unikal süzlärneñ gomumi sanı 43251.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.69.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.