Annali d'Italia, vol. 1 - 44
Süzlärneñ gomumi sanı 4445
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1687
37.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
61.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
senza qualche dubbio. Alle disgrazie che andava provando Roma pel
governo tirannico di Commodo e per gli altri mali di sopra accennati,
si aggiunse nel presente anno quello di un fiero incendio[1394].
Attaccatosi il fuoco al tempio della Pace, fabbricato da Vespasiano,
interamente lo consumò colle botteghe ricchissime delle specierie
contigue: tempio il più magnifico che si fosse allora in Roma.
Imperciocchè quivi erano conservate le più preziose spoglie del tempio
di Gerusalemme; quivi si faceano le assemblee dei letterati; e pare
che vi si conservassero anche i loro scritti, giacchè Galeno[1395] il
medico si duole che un gran numero de' suoi vi perisse in tal
congiuntura. Ma, quel che è più, colà si portavano in deposito i
danari e le cose più preziose de' Romani, come in luogo il più sicuro
d'ogni altro. Perciò, essendo succeduto di notte quel gravissimo
incendio, moltissimi, venuto il giorno, si trovarono poveri di ricchi
che erano la sera innanzi. Nè ivi si fermarono le fiamme, perchè
passarono ad altri assaissimi nobili edifizii romani, e fra gli altri
il tempio di Vesta col palazzo rimase anch'esso consunto. Durò molti
giorni il fuoco, dilatandosi qua e là, senza potersi fermare con arte
umana, finchè un'improvvisa dirotta pioggia gli troncò i passi.
Eusebio[1396] dice che gran parte della città di Roma restò preda
delle fiamme. Salvarono le Vestali il palladio, cioè la statua di
Pallade, la quale fama era che fosse stata portata da Troja. Dione
anch'egli attesta che il fuoco arrivò al palazzo, e vi bruciò la
maggior parte delle scritture spettanti al principato. Questa
gravissima sciagura moltiplicò l'odio di ognuno contra di Commodo,
credendo tale incendio un'ira palese del cielo per le di lui iniquità:
e giacchè era ito in rovina il tempio della Pace, giudicarono tutti
questa una predizion di guerra vicina per tutto il romano imperio.
Intanto la vanità di Commodo cominciava a degenerare in pazzia. Perchè
niuno l'uguagliava nella destrezza in uccidere le fiere, e molte e
grandi pruove di ciò aveva egli dato in Lanuvio, gli saltò in testa di
farsi appellare l'_Ercole Romano_[1397], gloriandosi di essere
figliuolo non più dell'ottimo imperadore Marco Aurelio, ma di Giove.
In abito d'Ercole volle che gli fossero alzate le statue. Una pelle di
lione e una clava gli erano portate innanzi, allorchè faceva viaggio;
e queste ne' teatri, intervenendovi egli o non intervenendovi, si
mettevano sopra la sedia d'oro imperatoria. Veggonsi ancora molte
medaglie[1398] dell'anno presente e susseguente, dov'è nominato
_Ercole Romano_, _Ercole Commodiano_. Oltre a ciò comandò che da lì
innanzi Roma si chiamasse _Commodiana_, e il senato istesso dovette
assumere il cognome di _Commodiano_. Per comandamento suo ancora
furono mutati i nomi a tutti i mesi, e si adattarono ad essi quei che
esprimevano titoli e nomi del medesimo folle Augusto. Dione[1399] gli
annovera con quest'ordine: _Amazonio_, _Invitto_, _Felice_, _Pio_,
_Lucio_, _Elio_, _Aurelio_, _Commodo_, _Augusto_, _Ercole_, _Romano_ e
_Superante_. Se crediamo a Lampridio[1400], il mese di agosto si
appellò _Commodo_: settembre _Ercole_: ottobre _Invitto_: novembre
_Superante_ o _Superatorio_: e dicembre _Amazonio_. Questi due ultimi
specialmente se gli teneva egli ben cari; quasichè egli in ogni cosa
superasse il resto degli uomini; tanto gli frullava il capo. Qui il
Casaubono e il Salmasio insorgono con allontanarsi dalla sentenza di
Lampridio, e pretendendo che ad altri mesi si applicassero que' nomi.
Poco a noi importa la frenesia del pazzo Augusto, volendo che si
formasse un decreto[1401], per cui da lì innanzi tutto il tempo
ch'egli regnasse, si appellasse il _Secolo d'oro_, e di questo si
facesse menzione in tutte le lettere del senato. Certo è che a sì
fatti ordini strignevano le labbra, inarcavano le ciglia i senatori;
ma conveniva chinare la testa. Altre pazzie mischiate colle crudeltà e
varie disonestà di questo principe si possono raccogliere da
Lampridio, che ne fa un lungo catalogo. Ma non si può tacere che
debbono parerci falsità la maggior parte degli elogi a lui dati nelle
monete. Sopra tutto in esse è chiamato _Pio_, ed anche _Autore_ e
_Ristoratore della Pietà_. Quando con questo nome si voglia
significare il culto della falsa religione gentile, abbiamo in fatti
da esso Lampridio[1402] che col capo raso nella festa d'Iside egli
portò la statua di Anubi, ma ridicolosamente, perchè con quella
medesima andava gravemente percotendo le teste dei sacerdoti vicini; e
voleva che que' sacri ministri d'Iside si battessero maledettamente il
petto colle pigne che portavano in mano. Non la perdonò poi la sua
sfrenata libidine nè pure ai templi: eccesso detestabile anche presso
i Gentili. Nei sagrifizii ancora di Mitra uccise un uomo. Ecco qual
fosse la religione di questo forsennato Augusto.
NOTE:
[1394] Herodianus, lib. 1, et Dio, lib. 72.
[1395] Galenus, de libris suis.
[1396] Euseb., in Chronic.
[1397] Lamprid., in Commodo. Dio, lib. 72. Herodianus Histor., lib. 1.
[1398] Mediobarbus, in Numismat. Imperat.
[1399] Dio, lib. 72.
[1400] Lampridius, in Commodo.
[1401] Dio, lib. 72.
[1402] Lampridius, in Commodo.
Anno di CRISTO CXCII. Indizione XV.
VITTORE papa 7.
COMMODO imperadore 13.
_Consoli_
MARCO AURELIO COMMODO AUGUSTO per la settima volta e PUBLIO ELVIO
PERTINACE per la seconda.
Guastandosi ogni dì più il cervello a Commodo imperadore, andavano
crescendo le sue perverse azioni e, per conseguente ancora, l'odio del
popolo, e specialmente de' buoni contra di lui. A capriccio egli
faceva uccidere le persone. Alcuni tolse dal mondo, perchè
incontratosi in loro, osservò ch'erano vestiti di abito
straniero[1403]; altri perchè parevano più belli di lui. Saputo che
certuno avea letta la vita di Caligola, scritta da Svetonio, il diede
in preda alle fiere, perchè egli era nato lo stesso dì che Caligola.
Tralascio altre simili sue crudeltà, narrate da Lampridio. Nè minori
di numero erano le sue inezie, che si tiravano dietro le risate di
ognuno. Guai nondimeno, se si accorgeva di chi il burlasse e
deridesse, perchè tosto il faceva consegnare alle bestie feroci. E pur
egli non si guardava dal comparire ridicolo in faccia di tutti,
lasciandosi vedere in pubblico vestito ora da donna, ora da Ercole
colla clava, ora da Mercurio col caduceo in mano. Ma il colmo delle
sue pazzie quel fu d'intestarsi di essere il più bravo ed esperto
gladiatore e cacciatore che fosse sopra l'universa terra[1404]. E
veramente confessano tutti gli storici, maravigliosa essere stata la
destrezza sua nell'uccidere le fiere o lanciando l'asta contra di
esse, o scagliando frecce e dardi. Con tal giustezza scaricava i colpi
che feriva quasi sempre dove avea presa la mira. Questo fu il solo de'
pregi ch'egli ebbe: che per altro differenza non si scorgeva tra lui e
un vero coniglio. S'era egli avvezzato a queste cacce in Lanuvio, e
ne' suoi palazzi di villa, dove dicono che ammazzò in varii tempi
migliaja di esse fiere. Per conto dei gladiatori infinite pruove avea
fatto in quell'infame mestiere, combattendo con essi armato di spada e
scudo, nudo o pur vestito, facendo anche tutti i giuochi de' reziarii
e dei secutori, ch'erano specie di gladiatori. Di sua mano uccise egli
talvolta i competitori, senza che alcun di essi ardisse di torcere a
lui un capello. Ordinariamente dopo aver quella canaglia sostenuto
alquanto gli assalti e riportata talora qualche ferita, se gli dava
per vinto, chiedendogli la vita in dono, ed acclamandolo pel più forte
imperadore che Roma avesse mai prodotto. S'invanì tanto per tante sue
lodi e per la stupenda sua bravura il folle Commodo, che, per
attestato di Mario Massimo, le cui storie si sono perdute, ma
esistevano a' tempi di Lampridio, ordinò che negli atti pubblici si
registrassero queste sue ridicole vittorie, come già si facea delle
campali riportate dagli eserciti romani; e queste ascendevano a
migliaja e migliaja. Arrivò egli sì oltre (cotanto si era ubbriacato
di questa vergognosa gloria), che più non curando il nome di Ercole,
s'invogliò di quello di primo fra i gladiatori, con prendere anche il
nome di un Paolo già defunto, e stato mirabile a' suoi dì nell'arte
obbrobriosa de' gladiatori.
Ma troppa lieve parve in fine quella gloria a Commodo, perchè
ristretta nei suoi privati palagi e nelle scuole gladiatorie. Gli
venne in capriccio di farsi anche ammirare da tutto il popolo romano;
e però fece precorrer voce, che nei giuochi saturnali, soliti a
celebrarsi nel dicembre[1405], egli solo volea uccidere tutte le
fiere, e combattere coi più bravi dell'arena. All'avviso di questa
gran novità, incredibile fu il concorso, non solo del popolo romano,
ma anche da varie parti d'Italia. Quattordici dì durarono questi
spettacoli. Innumerabili e di varie specie furono le fiere e le
bestie, fatte venir dall'India, dall'Africa e da altre contrade, che
comparvero nell'anfiteatro, e molte di esse conosciute dianzi
solamente in pittura. Si aspettava poi la gente di mirare il valoroso
Augusto affrontar nell'arena lioni, pantere, tigri, orsi e somiglianti
feroci animali. Ma il per altro pazzo Commodo ebbe tanto senno di far
guerra a tali fiere da un corridore alquanto alto, che girava intorno
alla platea dell'anfiteatro. Vero è nondimeno, ch'egli di là con tanta
maestria e forza scagliava aste e dardi che feriva e trapassava gli
animali, cogliendo nella fronte e nel cuor de' medesimi senza fallare.
Cento lioni in questa guisa per mano di lui rimasero estinti sul
campo. Il popolo tutto andava gridando _Bravo_ e _Viva_; per lo che si
ringalluzziva sempre più il balordo Augusto. E qualora egli si sentiva
stanco, Marzia, sua cara concubina, era pronta a porgergli una tazza
di buon vino rinfrescato; e il popolo, e i senatori stessi, uno de'
quali era lo stesso Dione storico, come si fa nei conviti, gli
auguravano salute e vita. Un altro dì lo spettacolo fu di lepri,
cervi, daini, tori e di altre bestie da corno. Commodo, calato nella
piazza dell'anfiteatro, ne fece una grande strage. In altri giorni
uccise una tigre, un cavallo marino, un elefante ed altre bestie. E
fin qui se gli potea pur perdonare. Ma da che spiegò di voler anche
combattere da gladiatore, non si potè contenere Marzia dal buttarsegli
ai piedi, e dal supplicarlo colle lagrime agli occhi di non
isvergognare la dignità di un imperadore con quell'infame mestiere. Se
la levò egli d'attorno con dirle delle villanie. Chiamati poi _Quinto
Emilio Leto_ prefetto del pretorio, ed _Eletto_ mastro di camera,
ordinò loro di preparar tutto il bisognevole. Anch'essi con forti
ragioni lo scongiurarono di non andarvi; ma indarno sempre. Ad altro
non servì la loro resistenza, se non a suscitargli un odio grave
contra di loro, quasi che gl'invidiassero la gloria che era per
acquistarsi. Erodiano non iscrive che Commodo andasse al
combattimento; ma Dione, che v'era presente, ci assicura che vi
comparve più volte, e combattè in quella indecente figura; e che i
gladiatori fecero battaglia fra loro colla morte di molti di essi, ed
anche di parecchi spettatori, che per la gran folla non poteano
tirarsi indietro. I senatori, siccome era stato loro imposto erano
forzati a gridare: _Viva il Signore: Viva il vincitor di tutti: Viva
l'Amazonio._ Per altro molti della plebe non si azzardarono
d'intervenire a quegli spettacoli, parte per l'orrore di mirar un
Augusto sì delirante ed avvilito, e parte per una voce corsa, che
Commodo volea regalarli di colpi di frecce, come Ercole avea fatto
alle Stinfalidi; e tanto più perchè ne' giorni addietro esso Augusto
raunati tutti i poveri mancanti di piedi, e fattili vestir da giganti,
colla clava gli avea tutti morti, per rassomigliarsi ad Ercole anche
in questo. Puossi egli immaginare un più bestiale ed impazzito
principe? Confessa Dione, che nè pur egli co' suoi colleghi senatori
andò esente da paura; imperciocchè Commodo, dopo aver tagliata la
testa ad un passero (se pur tale fu), con essa in mano, e colla spada
nell'altra andò alla volta dei senatori con torvo aspetto, ma senza
aprir bocca, volendo forse far intendere che potea far loro
altrettanto. A tutta prima molti di que' senatori non sapeano contener
la risa, ed erano perduti se Commodo se ne accorgea. Dione, col
mettersi a masticar delle foglie di lauro, insegnò agli altri di
moderarsi, e poco poi stettero ad avvedersi del corso pericolo. L'aver
Commodo in appresso comandato che i senatori venissero all'anfiteatro
nell'abito che solamente si usava nello scorruccio del principe, e
l'essere stata nell'ultimo dì dei giuochi portata la di lui celata
alla porta, per dove uscivano i morti, diede a pensare a tutti, che
fosse imminente il fine della di lui vita; e così fu. Altri augurii,
a' quali badavano forte i superstiziosi Romani, racconta
Lampridio[1406], ch'io tralascio come cose vane.
Non van d'accordo[1407] Erodiano e Dione[1408] in assegnare i motivi e
le circostanze della morte di _Commodo_. Scrive il primo, che irritato
il pazzo Augusto contro Marzia, Leto ed Eletto, perchè gli aveano
contrastata la sconvenevol comparsa nel campo de' gladiatori, scrisse
in un biglietto l'ordine della lor morte, colla giunta di parecchi
altri, e pose la carta sul letto. Entrato un nano suo carissimo in
camera, avendo preso quello scritto, uscì fuori, ed incontratosi in
Marzia, questa gliel tolse di mano, imaginandosi che fosse cosa
d'importanza. Vi trovò quel che non voleva. Avvisatine Leto ed Eletto,
concertarono tutti e tre di esentarsi da quel temporale con prevenire
la mala volontà dell'iniquo principe. Nulla dice Dione di questa
particolarità, ed intanto il lettore si ricorderà, aver quello storico
narrato un simil fatto nella morte di Domiziano. Certamente uno di
questi due racconti ha da essere falso; ed il presente ha qualche più
di verisimiglianza. Dione e Lampridio scrivono che Leto ed Eletto, per
timore della propria vita, sì perchè aveano davanti più specchi della
somma facilità con cui Commodo la toglieva ai capitani delle sue
guardie e a' suoi mastri di camera, e sì ancora perchè conoscevano di
averlo disgustato colla ripugnanza alle sue bestialità, unitisi a
Marzia, tentarono prima la via del veleno, con darglielo in una tazza
di vino ch'egli soleva prendere dopo il bagno. Occupato da lì a poco
da gravezza di capo e da sonnolenza, Commodo entrò in letto. Era
l'ultimo dì dell'anno. Venuta la notte, si svegliò, e fosse la sua
robusta complessione, o pure il molto mangiar e bere dianzi da lui
fatto, che l'aiutasse, cominciò a vomitare, e per secesso ancora ad
alleggerirsi dell'interno nemico. Allora i congiurati, apprendendo più
che mai il rischio loro, introdussero Narciso robustissimo atleta,
comperato con promessa di gran regalo, che serrategli le canne del
fiato, il soffocò. Sparsero poi voce, ch'egli fosse morto per
accidente apopletico. In questa maniera terminò _Commodo_ la vita sua
sì malamente menata, in età non più che di trentadue anni, senza
lasciar dopo di sè figliuoli. Fu poi detto, ch'egli avea comandato di
bruciar Roma, e che ne sarebbe seguito l'effetto, se Leto non lo
avesse trattenuto. Sparsero inoltre voce aver egli avuto in animo di
uccidere _Erucio Claro_ e _Socio Falcone_, consoli disegnati, che
doveano far l'entrata nel giorno seguente, e di proceder egli console
con prendere per collega uno dei gladiatori. Dione par che lo creda;
ma morto chi è odiato da tutti, nè più può far paura, a mille ciarle
si scioglie la lingua. In quest'anno probabilmente avvenne ciò che
narra Capitolino[1409]. Comandava _Clodio Albino_ alle armi romane
nella Bretagna. Fu portata colà una falsa nuova che Commodo era morto;
Commodo, dissi, quale il tanta fede avea in lui, che gli avea dianzi
mandato il titolo di Cesare, cioè un segno di volerlo per successore.
Albino non l'accettò; venuta poi quella falsa voce, egli parlò
all'esercito britannico, esortando tutti a ritornare la repubblica
romana nell'antico suo stato, e ad abolir la monarchia, con toccar i
disordini venuti per cagion degl'imperadori, senza risparmiare lo
stesso Commodo. Di questa sua disposizione ed aringa avvertito
Commodo, ch'era ancor vivo, mandò _Giulio Severo_ al comando
dell'armata britannica, e richiamò Albino; ma per la morte d'esso
Commodo non dovette aver esecuzione quell'ordine. Gran credito con ciò
Albino si guadagnò presso il senato. Nè si dee tacere, che quando poi
da Roma furono spediti pubblici messaggeri alle provincie per dar
avviso che più non viveva Commodo, quasi tutti furono messi in
prigione dai governatori, per paura che questa fosse una nuova falsa a
fine di tentar la lor fede, quantunque tutti sospirassero che fosse
vera, siccome dipoi si trovò.
NOTE:
[1403] Lampr., in Commodo.
[1404] Herodianus, Histor., lib. 1. Dio, lib. 72.
[1405] Herodianus, Histor., lib. 1. Dio, lib. 72.
[1406] Lampridius, in Commodo.
[1407] Herodianus, Histor., lib. 3.
[1408] Dio, lib. 72.
[1409] Capitolin., in Clodio Albino.
Anno di CRISTO CXCIII. Indizione I.
VITTORE papa 8.
ELVIO PERTINACE imperad. 1.
DIDIO GIULIANO imperad. 1.
SETTIMIO SEVERO imperad. 1.
_Consoli_
QUINTO SOSIO FALCONE e CAJO GIULIO ERUCIO CLARO.
Nella notte precedente al dì primo di gennaio, siccome dissi, accadde
la morte di Commodo. Prima nondimeno che si divulgasse il fatto, Leto
ed Eletto[1410] furono a trovar _Publio Elvio Pertinace_, che tuttavia
era console[1411]. Egli dormiva, e sentendo che veniva a lui il
prefetto del pretorio, s'immaginò quella essere l'ultima sua ora,
perchè se lo aspettava, dicendosi che gli era stata predetta in
quest'anno. Intrepidamente accolse i due ministri, e rimase ben
sorpreso all'intendere che in vece della morte gli esibivano l'impero.
La credette a tutta prima una furberia; ma giurando essi, che Commodo
non era più vivo, se ne volle chiarire, con inviar uno de' suoi più
confidenti a mirar coi suoi occhi il cadavere dall'estinto principe.
Allora egli cedette alle lor persuasioni, e con essi andò al quartiere
dei pretoriani. Era molto inoltrata la notte, e fuorchè le sentinelle,
tutti riposavano. Leto, esposta la morte di Commodo, presentò loro
Pertinace, che dal canto suo promise il consueto regalo; e però tutti,
almeno in apparenza, consentirono; ma restarono amareggiati, perchè
egli, nell'arringa che fece loro, si lasciò scappar di bocca, che
v'erano molti abusi, i quali sperava di levar via collo aiuto di essi.
Sospettarono coloro, che volesse spogliarli di quanto avea loro
prodigamente donato il morto imperadore. Oltre di che, avvezzi colla
briglia sul collo sotto un principe giovinastro cattivo, che lor
permetteva di far quanto cadeva loro in capriccio, non potevano mirar
di buon occhio Pertinace, cioè un vecchio[1412], di costumi tanto
diversi dal precedente Augusto. Imperocchè è da sapere che _Elvio
Pertinace_, nato da povero padre nella villa di Marte del territorio
d'Alba Pompea, città oggidì del Monferrato, insegnò grammatica da
giovane; ma perchè gli fruttava poco il mestiere, si rivolse alla
milizia, e salendo di grado in grado con riputazione, sostenne de'
riguardevoli impieghi nella Mesia e nella Dacia. Per calunnie perdè la
grazia di Marco Aurelio Augusto, ma per opera di Claudio Pompejano,
genero d'esso imperadore, scoperta la falsità delle accuse, fu
Pertinace promosso all'ordine senatorio, ed anche al consolato. Ebbe
poscia il governo di varie provincie, e massimamente di Soria, dove
attese ad empiere la borsa. Sotto Commodo, abbassato dal prepotente
Perenne, si ritirò alla sua patria, dove comperò di molti stabili.
Dopo la morte di Perenne, siccome accennai di sopra, fu spedito da
Commodo in Bretagna, e di là passò al governo dell'Africa. Finalmente
tornato a Roma, vi esercitò, dopo _Fusciano_, uomo severo, la carica
di prefetto della città, con tale umanità e piacevolezza, che piacque
maggiormente a Commodo, e meritò di procedere di nuovo console con
esso lui[1413]. Passava Pertinace in questi tempi l'età di anni
sessantasei, perchè nato nell'anno 126 della nostra Era; ma era in
concetto d'uomo di onore, di molta saviezza ed amorevolezza, e
sperimentato nelle cose della guerra. Per attestato di Erodiano[1414],
la sua gravità ed anche la povertà il salvarono sotto Commodo, perchè
fra gli altri pregi si contava ancor questo, d'esser egli il più
povero dei senatori, ancorchè avesse esercitato molti riguardevoli
uffizii. Ma, secondo Capitolino[1415], si diceva aver egli sempre
atteso a raccogliere molto e spendere poco. Un uomo di tal probità, ma
insieme poco inclinato alla liberalità, non potea piacere ai soldati,
troppo male avvezzati sotto Commodo.
Durava tuttavia la notte, quando si fece sparger voce per la città,
che _Commodo_ era morto, ed eletto imperador _Pertinace_. Saltò fuori
tutto il popolo con incredibil festa ed incessanti grida, caricando di
maladizioni e villanie il defunto Augusto, cantando i suoi vituperii,
e dandogli i nomi di tiranno, di gladiatore, di ernioso, perchè egli
patì di una ernia, ch'era visibile agli occhi del pubblico. Anche i
senatori, balzati dal letto, corsero, non sapendo dove stare per la
gioia, alla curia: e quivi si presentò loro Pertinace, ma senza
insegna alcuna d'imperadore e coll'animo assai agitato, perchè sapendo
la bassa sua condizione in confronto di tanti altri senatori delle
prime e nobili casate di Roma, sembrava a lui un'indecenza, ed anche
un passo pericoloso, il prendere un posto più ragionevolmente dovuto
ad altri. Però assiso in senato nella solita sua sedia, disse che egli
veramente era stato riconosciuto imperadore dai soldati, ma che
vecchio inabile ed immeritevole, rinunziava a quell'onore, e che
eleggessero chi loro piacesse, essendovi tanti nobili degni più di lui
del trono. Secondo Erodiano, prese anche pel braccio _Aulo Glabrione_,
creduto il più nobile de' Romani, e l'esortò a voler egli assumere la
dignità imperiale. Capitolino aggiunge, che fece lo stesso con
_Claudio Pompejano_, genero già di Marco Aurelio, e cognato di
Commodo; ma che anch'egli si scusò. E qui dee aver luogo ciò che
racconta Dione[1416], cioè che _Pompejano_, siccome persona di gran
prudenza, osservato ch'ebbe qual mala bestia fosse Commodo suo
cognato, di buon'ora si ritirò in villa, nè si lasciava se non rade
volte vedere in città, adducendo per iscusa varie sue indisposizioni,
e specialmente la vista sua troppo indebolita. Nè volle già egli
venire agli ultimi spettacoli di Commodo, per non essere spettator del
disonore della maestà imperatoria, essendosi solamente contentato che
v'intervenissero i suoi figliuoli. Creato poi Pertinace imperadore,
gli tornò la vista, svanirono i suoi malori; e Pertinace a lui e a
Glabrione fece sempre un distinto onore, nè risoluzione imprendeva
senza il loro consiglio. Lo stesso Pompejano poi, da che fu morto
Pertinace, e si videro imbrogliati forte gli affari, tornò ad
ammalarsi, a vedervi poco, e a battere la ritirata. Da ciò si
raccoglie essere adulterato il testo di Dione presso Zonara[1417] e
Sifilino, là dove è detto, che Claudio Pompejano, genero di Marco
Aurelio fu quegli che presentò a Commodo il pugnale per ammazzarlo.
Ora i senatori, veduta la umiltà e l'onorato procedere di Pertinace,
quasi tutti di buon cuore il confermarono imperadore, e convenne anche
fargli forza perchè accettasse l'imperio[1418], se non che _Falcone_,
il quale dovea la mattina seguente entrar console, gli si mostrò ora,
e peggio poi nel progresso, assai contrario, con dirgli di non sapere
come avesse da riuscire il di lui governo, da che il mirava sì
favorevole a Marzia e a Leto, stati ministri delle iniquità di
Commodo. Al che rispose quietamente Pertinace: _Voi siete console
giovane, nè sapete che cosa sia la necessità di ubbidire. Costoro
hanno ubbidito fin qui loro malgrado a Commodo. Subito che han potuto,
han dato a conoscere la lor buona volontà._
Quindi proruppe il senato in acclamazioni festose verso il novello
regnante, in detestazioni di Commodo, che si leggono a parola per
parola presso Lampridio[1419], prese dalla storia perduta di Mario
Massimo. Soprattutto dimandavano i senatori, che si facesse al
cadavero di Commodo il trattamento conveniente a chi era stato nemico
degli dii, boia del senato, parricida, nemico della patria, cioè che
fosse strascinato coll'uncino per la città, e gittato nel Tevere,
siccome si usava co' malfattori più esecrandi. Ma quel corpo, di
permissione di Pertinace, era già stato segretamente seppellito in
qualche sepolcro, e di là fra qualche tempo Pertinace lo fece
trasportare nel mausoleo d'Adriano, perchè non gli piaceva d'irritare
i pretoriani, troppo innamorati dell'estinto regnante. Fatta fu anche
istanza dal senato, che si rompessero tutte le statue di Commodo, e si
abolissero tutte le sue memorie. Non perdè tempo il popolo ad
eseguirne il decreto. A Pertinace furono nello stesso tempo accordati
tutti i titoli consueti degl'imperadori. Scrive Capitolino[1420], che
a _Flavia Taziana_ di lui moglie fu dato il titolo di _Augusta_; ma sì
egli, che Dione senatore, presente allora a tutti quegli affari,
aggiungono averle bensì il senato decretato questo onore, siccome
ancora al di lui figliuolo il titolo di _Cesare_; ma che Pertinace
ricusò l'uno e l'altro, perchè non mirava per anche abbastanza
assodato il suo imperio, conosceva l'umor petulante della moglie, nè
gli pareva che il figliuolo di età anche tenera fosse capace di tanto
onore. Diede egli principio al suo governo con ottime idee e
rettissima volontà. Dovea pagarsi il regalo promesso ai pretoriani e
agli altri soldati di Roma, e nell'erario non si trovò più di
venticinquemila scudi. Mise perciò[1421] in vendita le statue, l'armi
gioiellate, i cavalli, le carrozze, gli schiavi, le concubine, e tutte
le altre vane suppellettili di Commodo, tanto che ne ricavò danaro da
pagare in parte il regalo pattuito coi soldati, e da fare un donativo
al popolo di cento danari per testa. _Emilio Leto_ nello stesso tempo
spogliò d'ordine suo tanti buffoni, che Commodo avea smisuratamente
arricchiti coi beni dei senatori uccisi. Trattava il buon Pertinace,
uomo senza fasto, cortesemente con tutti, ed affabile era massimamente
coi senatori, ciascun de' quali potea liberamente dire il suo parere;
e dicea anche egli il suo, ma con tranquillità e rispetto a quello
degli altri. Or questi or quelli voleva alla sua tavola, tavola
propria di un principe, ma frugale. Per questa frugalità v'erano de'
ricchi e magnifici che il mettevano in burla; ma da tutta la gente
savia ne veniva egli ben commendato. Applicossi a riformar le spese
superflue, a levare gli abusi introdotti, a pagare i debiti del
pubblico. Ai pretoriani e alle altre milizie non fu più permesso di
rubare nè il far insolenze ed ingiurie a chicchessia. Cessarono le
spie e gli accusatori, furono cassate le ingiuste condanne; restituiti
i beni indebitamente confiscati; richiamati i banditi; e si potè dar
sepoltura convenevole a chi in addietro non la potè conseguire. Abolì
per le provincie vari dazi imposti dai cattivi principi alle rive de'
fiumi, ai ponti, alle strade. Promosse l'agricoltura per tutta
l'Italia, donando le terre abbandonate ed incolte, acciocchè si
coltivassero. In somma, sotto sì moderato e buon principe[1422]
cominciava a rifiorir Roma, ed ogni saggia persona benediceva il tempo
presente; ma questo tempo, che pareva così sereno, stette ben poco a
rannuvolarsi.
Malcontenti già erano, siccome dissi, del nuovo governo i
soldati[1423]; e molto più se ne disgustarono, da che si videro
imbrigliati e ritenuti dal far que' mali che solevano. Aveano insino
ne' primi giorni tentato di esaltare al trono _Triario Materno
Lascivio_ senatore; ma egli scappò lor dalle mani, e andato a trovar
Pertinace, si ritirò poi fuori di Roma. Mirarono ancor i pretoriani di
mal occhio l'abbattimento delle statue di Commodo, e ne fremevano.
Intanto aspettava Pertinace il giorno natalizio di Roma, per mutar la
famiglia di corte, che dianzi serviva a Commodo, non l'avendo egli
licenziata finora. Da tutti costoro ancora era egli odiato a morte, e
specialmente dai liberti, a' quali avea già tagliate le unghie sul
governo tirannico di Commodo e per gli altri mali di sopra accennati,
si aggiunse nel presente anno quello di un fiero incendio[1394].
Attaccatosi il fuoco al tempio della Pace, fabbricato da Vespasiano,
interamente lo consumò colle botteghe ricchissime delle specierie
contigue: tempio il più magnifico che si fosse allora in Roma.
Imperciocchè quivi erano conservate le più preziose spoglie del tempio
di Gerusalemme; quivi si faceano le assemblee dei letterati; e pare
che vi si conservassero anche i loro scritti, giacchè Galeno[1395] il
medico si duole che un gran numero de' suoi vi perisse in tal
congiuntura. Ma, quel che è più, colà si portavano in deposito i
danari e le cose più preziose de' Romani, come in luogo il più sicuro
d'ogni altro. Perciò, essendo succeduto di notte quel gravissimo
incendio, moltissimi, venuto il giorno, si trovarono poveri di ricchi
che erano la sera innanzi. Nè ivi si fermarono le fiamme, perchè
passarono ad altri assaissimi nobili edifizii romani, e fra gli altri
il tempio di Vesta col palazzo rimase anch'esso consunto. Durò molti
giorni il fuoco, dilatandosi qua e là, senza potersi fermare con arte
umana, finchè un'improvvisa dirotta pioggia gli troncò i passi.
Eusebio[1396] dice che gran parte della città di Roma restò preda
delle fiamme. Salvarono le Vestali il palladio, cioè la statua di
Pallade, la quale fama era che fosse stata portata da Troja. Dione
anch'egli attesta che il fuoco arrivò al palazzo, e vi bruciò la
maggior parte delle scritture spettanti al principato. Questa
gravissima sciagura moltiplicò l'odio di ognuno contra di Commodo,
credendo tale incendio un'ira palese del cielo per le di lui iniquità:
e giacchè era ito in rovina il tempio della Pace, giudicarono tutti
questa una predizion di guerra vicina per tutto il romano imperio.
Intanto la vanità di Commodo cominciava a degenerare in pazzia. Perchè
niuno l'uguagliava nella destrezza in uccidere le fiere, e molte e
grandi pruove di ciò aveva egli dato in Lanuvio, gli saltò in testa di
farsi appellare l'_Ercole Romano_[1397], gloriandosi di essere
figliuolo non più dell'ottimo imperadore Marco Aurelio, ma di Giove.
In abito d'Ercole volle che gli fossero alzate le statue. Una pelle di
lione e una clava gli erano portate innanzi, allorchè faceva viaggio;
e queste ne' teatri, intervenendovi egli o non intervenendovi, si
mettevano sopra la sedia d'oro imperatoria. Veggonsi ancora molte
medaglie[1398] dell'anno presente e susseguente, dov'è nominato
_Ercole Romano_, _Ercole Commodiano_. Oltre a ciò comandò che da lì
innanzi Roma si chiamasse _Commodiana_, e il senato istesso dovette
assumere il cognome di _Commodiano_. Per comandamento suo ancora
furono mutati i nomi a tutti i mesi, e si adattarono ad essi quei che
esprimevano titoli e nomi del medesimo folle Augusto. Dione[1399] gli
annovera con quest'ordine: _Amazonio_, _Invitto_, _Felice_, _Pio_,
_Lucio_, _Elio_, _Aurelio_, _Commodo_, _Augusto_, _Ercole_, _Romano_ e
_Superante_. Se crediamo a Lampridio[1400], il mese di agosto si
appellò _Commodo_: settembre _Ercole_: ottobre _Invitto_: novembre
_Superante_ o _Superatorio_: e dicembre _Amazonio_. Questi due ultimi
specialmente se gli teneva egli ben cari; quasichè egli in ogni cosa
superasse il resto degli uomini; tanto gli frullava il capo. Qui il
Casaubono e il Salmasio insorgono con allontanarsi dalla sentenza di
Lampridio, e pretendendo che ad altri mesi si applicassero que' nomi.
Poco a noi importa la frenesia del pazzo Augusto, volendo che si
formasse un decreto[1401], per cui da lì innanzi tutto il tempo
ch'egli regnasse, si appellasse il _Secolo d'oro_, e di questo si
facesse menzione in tutte le lettere del senato. Certo è che a sì
fatti ordini strignevano le labbra, inarcavano le ciglia i senatori;
ma conveniva chinare la testa. Altre pazzie mischiate colle crudeltà e
varie disonestà di questo principe si possono raccogliere da
Lampridio, che ne fa un lungo catalogo. Ma non si può tacere che
debbono parerci falsità la maggior parte degli elogi a lui dati nelle
monete. Sopra tutto in esse è chiamato _Pio_, ed anche _Autore_ e
_Ristoratore della Pietà_. Quando con questo nome si voglia
significare il culto della falsa religione gentile, abbiamo in fatti
da esso Lampridio[1402] che col capo raso nella festa d'Iside egli
portò la statua di Anubi, ma ridicolosamente, perchè con quella
medesima andava gravemente percotendo le teste dei sacerdoti vicini; e
voleva che que' sacri ministri d'Iside si battessero maledettamente il
petto colle pigne che portavano in mano. Non la perdonò poi la sua
sfrenata libidine nè pure ai templi: eccesso detestabile anche presso
i Gentili. Nei sagrifizii ancora di Mitra uccise un uomo. Ecco qual
fosse la religione di questo forsennato Augusto.
NOTE:
[1394] Herodianus, lib. 1, et Dio, lib. 72.
[1395] Galenus, de libris suis.
[1396] Euseb., in Chronic.
[1397] Lamprid., in Commodo. Dio, lib. 72. Herodianus Histor., lib. 1.
[1398] Mediobarbus, in Numismat. Imperat.
[1399] Dio, lib. 72.
[1400] Lampridius, in Commodo.
[1401] Dio, lib. 72.
[1402] Lampridius, in Commodo.
Anno di CRISTO CXCII. Indizione XV.
VITTORE papa 7.
COMMODO imperadore 13.
_Consoli_
MARCO AURELIO COMMODO AUGUSTO per la settima volta e PUBLIO ELVIO
PERTINACE per la seconda.
Guastandosi ogni dì più il cervello a Commodo imperadore, andavano
crescendo le sue perverse azioni e, per conseguente ancora, l'odio del
popolo, e specialmente de' buoni contra di lui. A capriccio egli
faceva uccidere le persone. Alcuni tolse dal mondo, perchè
incontratosi in loro, osservò ch'erano vestiti di abito
straniero[1403]; altri perchè parevano più belli di lui. Saputo che
certuno avea letta la vita di Caligola, scritta da Svetonio, il diede
in preda alle fiere, perchè egli era nato lo stesso dì che Caligola.
Tralascio altre simili sue crudeltà, narrate da Lampridio. Nè minori
di numero erano le sue inezie, che si tiravano dietro le risate di
ognuno. Guai nondimeno, se si accorgeva di chi il burlasse e
deridesse, perchè tosto il faceva consegnare alle bestie feroci. E pur
egli non si guardava dal comparire ridicolo in faccia di tutti,
lasciandosi vedere in pubblico vestito ora da donna, ora da Ercole
colla clava, ora da Mercurio col caduceo in mano. Ma il colmo delle
sue pazzie quel fu d'intestarsi di essere il più bravo ed esperto
gladiatore e cacciatore che fosse sopra l'universa terra[1404]. E
veramente confessano tutti gli storici, maravigliosa essere stata la
destrezza sua nell'uccidere le fiere o lanciando l'asta contra di
esse, o scagliando frecce e dardi. Con tal giustezza scaricava i colpi
che feriva quasi sempre dove avea presa la mira. Questo fu il solo de'
pregi ch'egli ebbe: che per altro differenza non si scorgeva tra lui e
un vero coniglio. S'era egli avvezzato a queste cacce in Lanuvio, e
ne' suoi palazzi di villa, dove dicono che ammazzò in varii tempi
migliaja di esse fiere. Per conto dei gladiatori infinite pruove avea
fatto in quell'infame mestiere, combattendo con essi armato di spada e
scudo, nudo o pur vestito, facendo anche tutti i giuochi de' reziarii
e dei secutori, ch'erano specie di gladiatori. Di sua mano uccise egli
talvolta i competitori, senza che alcun di essi ardisse di torcere a
lui un capello. Ordinariamente dopo aver quella canaglia sostenuto
alquanto gli assalti e riportata talora qualche ferita, se gli dava
per vinto, chiedendogli la vita in dono, ed acclamandolo pel più forte
imperadore che Roma avesse mai prodotto. S'invanì tanto per tante sue
lodi e per la stupenda sua bravura il folle Commodo, che, per
attestato di Mario Massimo, le cui storie si sono perdute, ma
esistevano a' tempi di Lampridio, ordinò che negli atti pubblici si
registrassero queste sue ridicole vittorie, come già si facea delle
campali riportate dagli eserciti romani; e queste ascendevano a
migliaja e migliaja. Arrivò egli sì oltre (cotanto si era ubbriacato
di questa vergognosa gloria), che più non curando il nome di Ercole,
s'invogliò di quello di primo fra i gladiatori, con prendere anche il
nome di un Paolo già defunto, e stato mirabile a' suoi dì nell'arte
obbrobriosa de' gladiatori.
Ma troppa lieve parve in fine quella gloria a Commodo, perchè
ristretta nei suoi privati palagi e nelle scuole gladiatorie. Gli
venne in capriccio di farsi anche ammirare da tutto il popolo romano;
e però fece precorrer voce, che nei giuochi saturnali, soliti a
celebrarsi nel dicembre[1405], egli solo volea uccidere tutte le
fiere, e combattere coi più bravi dell'arena. All'avviso di questa
gran novità, incredibile fu il concorso, non solo del popolo romano,
ma anche da varie parti d'Italia. Quattordici dì durarono questi
spettacoli. Innumerabili e di varie specie furono le fiere e le
bestie, fatte venir dall'India, dall'Africa e da altre contrade, che
comparvero nell'anfiteatro, e molte di esse conosciute dianzi
solamente in pittura. Si aspettava poi la gente di mirare il valoroso
Augusto affrontar nell'arena lioni, pantere, tigri, orsi e somiglianti
feroci animali. Ma il per altro pazzo Commodo ebbe tanto senno di far
guerra a tali fiere da un corridore alquanto alto, che girava intorno
alla platea dell'anfiteatro. Vero è nondimeno, ch'egli di là con tanta
maestria e forza scagliava aste e dardi che feriva e trapassava gli
animali, cogliendo nella fronte e nel cuor de' medesimi senza fallare.
Cento lioni in questa guisa per mano di lui rimasero estinti sul
campo. Il popolo tutto andava gridando _Bravo_ e _Viva_; per lo che si
ringalluzziva sempre più il balordo Augusto. E qualora egli si sentiva
stanco, Marzia, sua cara concubina, era pronta a porgergli una tazza
di buon vino rinfrescato; e il popolo, e i senatori stessi, uno de'
quali era lo stesso Dione storico, come si fa nei conviti, gli
auguravano salute e vita. Un altro dì lo spettacolo fu di lepri,
cervi, daini, tori e di altre bestie da corno. Commodo, calato nella
piazza dell'anfiteatro, ne fece una grande strage. In altri giorni
uccise una tigre, un cavallo marino, un elefante ed altre bestie. E
fin qui se gli potea pur perdonare. Ma da che spiegò di voler anche
combattere da gladiatore, non si potè contenere Marzia dal buttarsegli
ai piedi, e dal supplicarlo colle lagrime agli occhi di non
isvergognare la dignità di un imperadore con quell'infame mestiere. Se
la levò egli d'attorno con dirle delle villanie. Chiamati poi _Quinto
Emilio Leto_ prefetto del pretorio, ed _Eletto_ mastro di camera,
ordinò loro di preparar tutto il bisognevole. Anch'essi con forti
ragioni lo scongiurarono di non andarvi; ma indarno sempre. Ad altro
non servì la loro resistenza, se non a suscitargli un odio grave
contra di loro, quasi che gl'invidiassero la gloria che era per
acquistarsi. Erodiano non iscrive che Commodo andasse al
combattimento; ma Dione, che v'era presente, ci assicura che vi
comparve più volte, e combattè in quella indecente figura; e che i
gladiatori fecero battaglia fra loro colla morte di molti di essi, ed
anche di parecchi spettatori, che per la gran folla non poteano
tirarsi indietro. I senatori, siccome era stato loro imposto erano
forzati a gridare: _Viva il Signore: Viva il vincitor di tutti: Viva
l'Amazonio._ Per altro molti della plebe non si azzardarono
d'intervenire a quegli spettacoli, parte per l'orrore di mirar un
Augusto sì delirante ed avvilito, e parte per una voce corsa, che
Commodo volea regalarli di colpi di frecce, come Ercole avea fatto
alle Stinfalidi; e tanto più perchè ne' giorni addietro esso Augusto
raunati tutti i poveri mancanti di piedi, e fattili vestir da giganti,
colla clava gli avea tutti morti, per rassomigliarsi ad Ercole anche
in questo. Puossi egli immaginare un più bestiale ed impazzito
principe? Confessa Dione, che nè pur egli co' suoi colleghi senatori
andò esente da paura; imperciocchè Commodo, dopo aver tagliata la
testa ad un passero (se pur tale fu), con essa in mano, e colla spada
nell'altra andò alla volta dei senatori con torvo aspetto, ma senza
aprir bocca, volendo forse far intendere che potea far loro
altrettanto. A tutta prima molti di que' senatori non sapeano contener
la risa, ed erano perduti se Commodo se ne accorgea. Dione, col
mettersi a masticar delle foglie di lauro, insegnò agli altri di
moderarsi, e poco poi stettero ad avvedersi del corso pericolo. L'aver
Commodo in appresso comandato che i senatori venissero all'anfiteatro
nell'abito che solamente si usava nello scorruccio del principe, e
l'essere stata nell'ultimo dì dei giuochi portata la di lui celata
alla porta, per dove uscivano i morti, diede a pensare a tutti, che
fosse imminente il fine della di lui vita; e così fu. Altri augurii,
a' quali badavano forte i superstiziosi Romani, racconta
Lampridio[1406], ch'io tralascio come cose vane.
Non van d'accordo[1407] Erodiano e Dione[1408] in assegnare i motivi e
le circostanze della morte di _Commodo_. Scrive il primo, che irritato
il pazzo Augusto contro Marzia, Leto ed Eletto, perchè gli aveano
contrastata la sconvenevol comparsa nel campo de' gladiatori, scrisse
in un biglietto l'ordine della lor morte, colla giunta di parecchi
altri, e pose la carta sul letto. Entrato un nano suo carissimo in
camera, avendo preso quello scritto, uscì fuori, ed incontratosi in
Marzia, questa gliel tolse di mano, imaginandosi che fosse cosa
d'importanza. Vi trovò quel che non voleva. Avvisatine Leto ed Eletto,
concertarono tutti e tre di esentarsi da quel temporale con prevenire
la mala volontà dell'iniquo principe. Nulla dice Dione di questa
particolarità, ed intanto il lettore si ricorderà, aver quello storico
narrato un simil fatto nella morte di Domiziano. Certamente uno di
questi due racconti ha da essere falso; ed il presente ha qualche più
di verisimiglianza. Dione e Lampridio scrivono che Leto ed Eletto, per
timore della propria vita, sì perchè aveano davanti più specchi della
somma facilità con cui Commodo la toglieva ai capitani delle sue
guardie e a' suoi mastri di camera, e sì ancora perchè conoscevano di
averlo disgustato colla ripugnanza alle sue bestialità, unitisi a
Marzia, tentarono prima la via del veleno, con darglielo in una tazza
di vino ch'egli soleva prendere dopo il bagno. Occupato da lì a poco
da gravezza di capo e da sonnolenza, Commodo entrò in letto. Era
l'ultimo dì dell'anno. Venuta la notte, si svegliò, e fosse la sua
robusta complessione, o pure il molto mangiar e bere dianzi da lui
fatto, che l'aiutasse, cominciò a vomitare, e per secesso ancora ad
alleggerirsi dell'interno nemico. Allora i congiurati, apprendendo più
che mai il rischio loro, introdussero Narciso robustissimo atleta,
comperato con promessa di gran regalo, che serrategli le canne del
fiato, il soffocò. Sparsero poi voce, ch'egli fosse morto per
accidente apopletico. In questa maniera terminò _Commodo_ la vita sua
sì malamente menata, in età non più che di trentadue anni, senza
lasciar dopo di sè figliuoli. Fu poi detto, ch'egli avea comandato di
bruciar Roma, e che ne sarebbe seguito l'effetto, se Leto non lo
avesse trattenuto. Sparsero inoltre voce aver egli avuto in animo di
uccidere _Erucio Claro_ e _Socio Falcone_, consoli disegnati, che
doveano far l'entrata nel giorno seguente, e di proceder egli console
con prendere per collega uno dei gladiatori. Dione par che lo creda;
ma morto chi è odiato da tutti, nè più può far paura, a mille ciarle
si scioglie la lingua. In quest'anno probabilmente avvenne ciò che
narra Capitolino[1409]. Comandava _Clodio Albino_ alle armi romane
nella Bretagna. Fu portata colà una falsa nuova che Commodo era morto;
Commodo, dissi, quale il tanta fede avea in lui, che gli avea dianzi
mandato il titolo di Cesare, cioè un segno di volerlo per successore.
Albino non l'accettò; venuta poi quella falsa voce, egli parlò
all'esercito britannico, esortando tutti a ritornare la repubblica
romana nell'antico suo stato, e ad abolir la monarchia, con toccar i
disordini venuti per cagion degl'imperadori, senza risparmiare lo
stesso Commodo. Di questa sua disposizione ed aringa avvertito
Commodo, ch'era ancor vivo, mandò _Giulio Severo_ al comando
dell'armata britannica, e richiamò Albino; ma per la morte d'esso
Commodo non dovette aver esecuzione quell'ordine. Gran credito con ciò
Albino si guadagnò presso il senato. Nè si dee tacere, che quando poi
da Roma furono spediti pubblici messaggeri alle provincie per dar
avviso che più non viveva Commodo, quasi tutti furono messi in
prigione dai governatori, per paura che questa fosse una nuova falsa a
fine di tentar la lor fede, quantunque tutti sospirassero che fosse
vera, siccome dipoi si trovò.
NOTE:
[1403] Lampr., in Commodo.
[1404] Herodianus, Histor., lib. 1. Dio, lib. 72.
[1405] Herodianus, Histor., lib. 1. Dio, lib. 72.
[1406] Lampridius, in Commodo.
[1407] Herodianus, Histor., lib. 3.
[1408] Dio, lib. 72.
[1409] Capitolin., in Clodio Albino.
Anno di CRISTO CXCIII. Indizione I.
VITTORE papa 8.
ELVIO PERTINACE imperad. 1.
DIDIO GIULIANO imperad. 1.
SETTIMIO SEVERO imperad. 1.
_Consoli_
QUINTO SOSIO FALCONE e CAJO GIULIO ERUCIO CLARO.
Nella notte precedente al dì primo di gennaio, siccome dissi, accadde
la morte di Commodo. Prima nondimeno che si divulgasse il fatto, Leto
ed Eletto[1410] furono a trovar _Publio Elvio Pertinace_, che tuttavia
era console[1411]. Egli dormiva, e sentendo che veniva a lui il
prefetto del pretorio, s'immaginò quella essere l'ultima sua ora,
perchè se lo aspettava, dicendosi che gli era stata predetta in
quest'anno. Intrepidamente accolse i due ministri, e rimase ben
sorpreso all'intendere che in vece della morte gli esibivano l'impero.
La credette a tutta prima una furberia; ma giurando essi, che Commodo
non era più vivo, se ne volle chiarire, con inviar uno de' suoi più
confidenti a mirar coi suoi occhi il cadavere dall'estinto principe.
Allora egli cedette alle lor persuasioni, e con essi andò al quartiere
dei pretoriani. Era molto inoltrata la notte, e fuorchè le sentinelle,
tutti riposavano. Leto, esposta la morte di Commodo, presentò loro
Pertinace, che dal canto suo promise il consueto regalo; e però tutti,
almeno in apparenza, consentirono; ma restarono amareggiati, perchè
egli, nell'arringa che fece loro, si lasciò scappar di bocca, che
v'erano molti abusi, i quali sperava di levar via collo aiuto di essi.
Sospettarono coloro, che volesse spogliarli di quanto avea loro
prodigamente donato il morto imperadore. Oltre di che, avvezzi colla
briglia sul collo sotto un principe giovinastro cattivo, che lor
permetteva di far quanto cadeva loro in capriccio, non potevano mirar
di buon occhio Pertinace, cioè un vecchio[1412], di costumi tanto
diversi dal precedente Augusto. Imperocchè è da sapere che _Elvio
Pertinace_, nato da povero padre nella villa di Marte del territorio
d'Alba Pompea, città oggidì del Monferrato, insegnò grammatica da
giovane; ma perchè gli fruttava poco il mestiere, si rivolse alla
milizia, e salendo di grado in grado con riputazione, sostenne de'
riguardevoli impieghi nella Mesia e nella Dacia. Per calunnie perdè la
grazia di Marco Aurelio Augusto, ma per opera di Claudio Pompejano,
genero d'esso imperadore, scoperta la falsità delle accuse, fu
Pertinace promosso all'ordine senatorio, ed anche al consolato. Ebbe
poscia il governo di varie provincie, e massimamente di Soria, dove
attese ad empiere la borsa. Sotto Commodo, abbassato dal prepotente
Perenne, si ritirò alla sua patria, dove comperò di molti stabili.
Dopo la morte di Perenne, siccome accennai di sopra, fu spedito da
Commodo in Bretagna, e di là passò al governo dell'Africa. Finalmente
tornato a Roma, vi esercitò, dopo _Fusciano_, uomo severo, la carica
di prefetto della città, con tale umanità e piacevolezza, che piacque
maggiormente a Commodo, e meritò di procedere di nuovo console con
esso lui[1413]. Passava Pertinace in questi tempi l'età di anni
sessantasei, perchè nato nell'anno 126 della nostra Era; ma era in
concetto d'uomo di onore, di molta saviezza ed amorevolezza, e
sperimentato nelle cose della guerra. Per attestato di Erodiano[1414],
la sua gravità ed anche la povertà il salvarono sotto Commodo, perchè
fra gli altri pregi si contava ancor questo, d'esser egli il più
povero dei senatori, ancorchè avesse esercitato molti riguardevoli
uffizii. Ma, secondo Capitolino[1415], si diceva aver egli sempre
atteso a raccogliere molto e spendere poco. Un uomo di tal probità, ma
insieme poco inclinato alla liberalità, non potea piacere ai soldati,
troppo male avvezzati sotto Commodo.
Durava tuttavia la notte, quando si fece sparger voce per la città,
che _Commodo_ era morto, ed eletto imperador _Pertinace_. Saltò fuori
tutto il popolo con incredibil festa ed incessanti grida, caricando di
maladizioni e villanie il defunto Augusto, cantando i suoi vituperii,
e dandogli i nomi di tiranno, di gladiatore, di ernioso, perchè egli
patì di una ernia, ch'era visibile agli occhi del pubblico. Anche i
senatori, balzati dal letto, corsero, non sapendo dove stare per la
gioia, alla curia: e quivi si presentò loro Pertinace, ma senza
insegna alcuna d'imperadore e coll'animo assai agitato, perchè sapendo
la bassa sua condizione in confronto di tanti altri senatori delle
prime e nobili casate di Roma, sembrava a lui un'indecenza, ed anche
un passo pericoloso, il prendere un posto più ragionevolmente dovuto
ad altri. Però assiso in senato nella solita sua sedia, disse che egli
veramente era stato riconosciuto imperadore dai soldati, ma che
vecchio inabile ed immeritevole, rinunziava a quell'onore, e che
eleggessero chi loro piacesse, essendovi tanti nobili degni più di lui
del trono. Secondo Erodiano, prese anche pel braccio _Aulo Glabrione_,
creduto il più nobile de' Romani, e l'esortò a voler egli assumere la
dignità imperiale. Capitolino aggiunge, che fece lo stesso con
_Claudio Pompejano_, genero già di Marco Aurelio, e cognato di
Commodo; ma che anch'egli si scusò. E qui dee aver luogo ciò che
racconta Dione[1416], cioè che _Pompejano_, siccome persona di gran
prudenza, osservato ch'ebbe qual mala bestia fosse Commodo suo
cognato, di buon'ora si ritirò in villa, nè si lasciava se non rade
volte vedere in città, adducendo per iscusa varie sue indisposizioni,
e specialmente la vista sua troppo indebolita. Nè volle già egli
venire agli ultimi spettacoli di Commodo, per non essere spettator del
disonore della maestà imperatoria, essendosi solamente contentato che
v'intervenissero i suoi figliuoli. Creato poi Pertinace imperadore,
gli tornò la vista, svanirono i suoi malori; e Pertinace a lui e a
Glabrione fece sempre un distinto onore, nè risoluzione imprendeva
senza il loro consiglio. Lo stesso Pompejano poi, da che fu morto
Pertinace, e si videro imbrogliati forte gli affari, tornò ad
ammalarsi, a vedervi poco, e a battere la ritirata. Da ciò si
raccoglie essere adulterato il testo di Dione presso Zonara[1417] e
Sifilino, là dove è detto, che Claudio Pompejano, genero di Marco
Aurelio fu quegli che presentò a Commodo il pugnale per ammazzarlo.
Ora i senatori, veduta la umiltà e l'onorato procedere di Pertinace,
quasi tutti di buon cuore il confermarono imperadore, e convenne anche
fargli forza perchè accettasse l'imperio[1418], se non che _Falcone_,
il quale dovea la mattina seguente entrar console, gli si mostrò ora,
e peggio poi nel progresso, assai contrario, con dirgli di non sapere
come avesse da riuscire il di lui governo, da che il mirava sì
favorevole a Marzia e a Leto, stati ministri delle iniquità di
Commodo. Al che rispose quietamente Pertinace: _Voi siete console
giovane, nè sapete che cosa sia la necessità di ubbidire. Costoro
hanno ubbidito fin qui loro malgrado a Commodo. Subito che han potuto,
han dato a conoscere la lor buona volontà._
Quindi proruppe il senato in acclamazioni festose verso il novello
regnante, in detestazioni di Commodo, che si leggono a parola per
parola presso Lampridio[1419], prese dalla storia perduta di Mario
Massimo. Soprattutto dimandavano i senatori, che si facesse al
cadavero di Commodo il trattamento conveniente a chi era stato nemico
degli dii, boia del senato, parricida, nemico della patria, cioè che
fosse strascinato coll'uncino per la città, e gittato nel Tevere,
siccome si usava co' malfattori più esecrandi. Ma quel corpo, di
permissione di Pertinace, era già stato segretamente seppellito in
qualche sepolcro, e di là fra qualche tempo Pertinace lo fece
trasportare nel mausoleo d'Adriano, perchè non gli piaceva d'irritare
i pretoriani, troppo innamorati dell'estinto regnante. Fatta fu anche
istanza dal senato, che si rompessero tutte le statue di Commodo, e si
abolissero tutte le sue memorie. Non perdè tempo il popolo ad
eseguirne il decreto. A Pertinace furono nello stesso tempo accordati
tutti i titoli consueti degl'imperadori. Scrive Capitolino[1420], che
a _Flavia Taziana_ di lui moglie fu dato il titolo di _Augusta_; ma sì
egli, che Dione senatore, presente allora a tutti quegli affari,
aggiungono averle bensì il senato decretato questo onore, siccome
ancora al di lui figliuolo il titolo di _Cesare_; ma che Pertinace
ricusò l'uno e l'altro, perchè non mirava per anche abbastanza
assodato il suo imperio, conosceva l'umor petulante della moglie, nè
gli pareva che il figliuolo di età anche tenera fosse capace di tanto
onore. Diede egli principio al suo governo con ottime idee e
rettissima volontà. Dovea pagarsi il regalo promesso ai pretoriani e
agli altri soldati di Roma, e nell'erario non si trovò più di
venticinquemila scudi. Mise perciò[1421] in vendita le statue, l'armi
gioiellate, i cavalli, le carrozze, gli schiavi, le concubine, e tutte
le altre vane suppellettili di Commodo, tanto che ne ricavò danaro da
pagare in parte il regalo pattuito coi soldati, e da fare un donativo
al popolo di cento danari per testa. _Emilio Leto_ nello stesso tempo
spogliò d'ordine suo tanti buffoni, che Commodo avea smisuratamente
arricchiti coi beni dei senatori uccisi. Trattava il buon Pertinace,
uomo senza fasto, cortesemente con tutti, ed affabile era massimamente
coi senatori, ciascun de' quali potea liberamente dire il suo parere;
e dicea anche egli il suo, ma con tranquillità e rispetto a quello
degli altri. Or questi or quelli voleva alla sua tavola, tavola
propria di un principe, ma frugale. Per questa frugalità v'erano de'
ricchi e magnifici che il mettevano in burla; ma da tutta la gente
savia ne veniva egli ben commendato. Applicossi a riformar le spese
superflue, a levare gli abusi introdotti, a pagare i debiti del
pubblico. Ai pretoriani e alle altre milizie non fu più permesso di
rubare nè il far insolenze ed ingiurie a chicchessia. Cessarono le
spie e gli accusatori, furono cassate le ingiuste condanne; restituiti
i beni indebitamente confiscati; richiamati i banditi; e si potè dar
sepoltura convenevole a chi in addietro non la potè conseguire. Abolì
per le provincie vari dazi imposti dai cattivi principi alle rive de'
fiumi, ai ponti, alle strade. Promosse l'agricoltura per tutta
l'Italia, donando le terre abbandonate ed incolte, acciocchè si
coltivassero. In somma, sotto sì moderato e buon principe[1422]
cominciava a rifiorir Roma, ed ogni saggia persona benediceva il tempo
presente; ma questo tempo, che pareva così sereno, stette ben poco a
rannuvolarsi.
Malcontenti già erano, siccome dissi, del nuovo governo i
soldati[1423]; e molto più se ne disgustarono, da che si videro
imbrigliati e ritenuti dal far que' mali che solevano. Aveano insino
ne' primi giorni tentato di esaltare al trono _Triario Materno
Lascivio_ senatore; ma egli scappò lor dalle mani, e andato a trovar
Pertinace, si ritirò poi fuori di Roma. Mirarono ancor i pretoriani di
mal occhio l'abbattimento delle statue di Commodo, e ne fremevano.
Intanto aspettava Pertinace il giorno natalizio di Roma, per mutar la
famiglia di corte, che dianzi serviva a Commodo, non l'avendo egli
licenziata finora. Da tutti costoro ancora era egli odiato a morte, e
specialmente dai liberti, a' quali avea già tagliate le unghie sul
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Çirattagı - Annali d'Italia, vol. 1 - 45
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- Annali d'Italia, vol. 1 - 40Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4300Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162738.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 41Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4177Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157538.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 42Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4253Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160439.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 43Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4315Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161539.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 44Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4445Unikal süzlärneñ gomumi sanı 168737.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 45Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4413Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162339.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 46Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4382Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162038.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 47Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4285Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160939.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 48Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4299Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154639.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 49Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4268Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165738.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 50Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4398Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162639.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 51Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4422Unikal süzlärneñ gomumi sanı 166539.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 52Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4259Unikal süzlärneñ gomumi sanı 153340.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 53Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4408Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160537.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 54Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4445Unikal süzlärneñ gomumi sanı 167437.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 55Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4362Unikal süzlärneñ gomumi sanı 167738.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 56Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4283Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157341.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.65.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 57Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4388Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164339.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 58Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4314Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160340.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 59Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4150Unikal süzlärneñ gomumi sanı 146339.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 60Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4226Unikal süzlärneñ gomumi sanı 148840.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 61Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4193Unikal süzlärneñ gomumi sanı 148941.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 62Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4237Unikal süzlärneñ gomumi sanı 158739.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 63Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4180Unikal süzlärneñ gomumi sanı 150138.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 64Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4222Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154839.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 65Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4203Unikal süzlärneñ gomumi sanı 152841.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 66Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4369Unikal süzlärneñ gomumi sanı 171141.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 67Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4351Unikal süzlärneñ gomumi sanı 168639.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 68Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4382Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164138.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 69Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4298Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157838.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 70Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4172Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154538.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 71Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4090Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154337.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 72Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4164Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160037.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 73Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4243Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157339.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 74Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4229Unikal süzlärneñ gomumi sanı 158538.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 75Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4191Unikal süzlärneñ gomumi sanı 153640.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 76Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4393Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161439.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 77Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4360Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164739.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 78Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4261Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160240.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 79Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4124Unikal süzlärneñ gomumi sanı 149237.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 80Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4300Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165539.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 81Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4207Unikal süzlärneñ gomumi sanı 159138.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 82Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4151Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160436.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 83Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4188Unikal süzlärneñ gomumi sanı 156537.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 84Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4221Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165339.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 85Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 748Unikal süzlärneñ gomumi sanı 43251.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.69.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.