Annali d'Italia, vol. 1 - 07
Süzlärneñ gomumi sanı 4388
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1720
39.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
54.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
62.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
prestato. Perseguitò Tiberio in quest'anno alcuni de' nobili, non
d'altro delitto rei che d'aver mostrato il loro amore a Germanico e a'
suoi figliuoli; e ad alcuni per questo gran misfatto, tolta fu la
vita, crescendo ogni dì più la crudeltà del principe, e per
conseguente il comune odio contro di lui. Abbondavano allora le spie;
orecchio si dava a tutti gli accusatori, e niuno era sicuro. Nelle
contrade di Brindisi un Tito Cortisio, soldato pretoriano ne' tempi
addietro, mosse a sedizione i servi o, vogliam dire, gli schiavi di
quelle parti; e vi fu paura d'una guerra servile. Ma per la
sollecitudine di Tiberio e di Curzio Lupo questore, che con un corpo
di armati volò contro di loro, restò in breve estinto il nascente
incendio. Hanno osservato gli eruditi[123] che nell'anno presente
avendo Valerio Grato dato fine al suo governo della Giudea, Tiberio
spedì colà per procuratore e governatore _Ponzio Pilato_, di cui è
fatta menzione nel Vangelo.
NOTE:
[121] Dio, lib. 57.
[122] Tacitus, lib. 4, cap. 16.
[123] Noris, Cenotaph. Pisan., Dissert. 2, cap. 16. Blanch., in
Anastas. Schelestratus et alii.
Anno di CRISTO XXV. Indizione XIII.
TIBERIO imperadore 12.
_Consoli_
MARCO ASINIO AGRIPPA e COSSO CORNELIO LENTOLO.
Vien creduto che _Cosso_ sia un prenome particolare della casa de'
Cornelii Lentoli. Nuovo esempio dell'infelicità dei Romani, regnando
il crudele Tiberio e il prepotente Sejano, si vide nel presente
anno[124]. Cremuzio Cordo, uno de' migliori ingegni de' Romani
d'allora, avea composta[125] una storia delle guerre civili di Cesare
e Pompeo, conducendola anche ai tempi d'Augusto. Lo stesso Augusto
l'avea letta, e, siccome principe saggio e discreto, non se n'era
punto formalizzato. Ma avendo Cremuzio dipoi, forse con qualche
parola, disgustato Sejano, si trovarono in quella storia dei delitti
gravissimi. Egli avea lodato Bruto e Cassio uccisori di Cesare, e
chiamato lo stesso Cassio _l'ultimo dei Romani_. Male non avea detto
di Giulio Cesare, nè di Augusto, ma neppure stato era prodigo di lodi
verso di loro. Fu accusato per questo nel senato, e Tiberio con occhio
arcigno gli diede assai a conoscere d'essere indispettito contro di
lui. Si difese egli coll'esempio di Tito Livio e d'altri scrittori e
storici precedenti; ma tornato a casa, ed increscendogli di vivere
sotto un sì tirannico governo, si lasciò morir di fame. Sentenziati
furono al fuoco i di lui scritti; contuttociò avendone Marcia sua
figliuola conservata una copia, vennero dopo la morte di Tiberio alla
luce, accolti allora con ansietà maggiore dal pubblico appunto per la
persecuzione sofferta dall'autor d'essi, ma a noi poscia rubati dalla
voracità de' tempi. Osserva Tacito la mellonaggine di que' potenti,
che mal operando non vorrebbono che la memoria de' lor perversi fatti
passasse ai posteri; e tutto fanno per abolirla. Ma Iddio permette
ch'ella vi passi per castigare anche nel nostro mondo chi s'è abusato
della potenza in danno de' popoli. Ai Ciziceni in quest'anno levato fu
il privilegio di regolarsi colle proprie leggi e co' propri
magistrati; e ciò perchè non avevano per anche terminato un tempio
eretto ad Augusto ed avevano imprigionati alcuni cittadini romani. Le
città di Spagna in questi tempi, inclinate anch'esse all'adulazione,
inviarono ambasciatori a Tiberio, pregandolo di permettere che
innalzassero dei templi a lui e a Livia Augusta sua madre, siccome
egli avea conceduto alle città dell'Asia. Tacito mette le più belle
sentenze in bocca di Tiberio[126], con riferire il ragionamento di lui
fatto nel senato per cui nol volle loro permettere, riconoscendo sè
stesso per uno de' mortali, e bastando a lui di avere un tempio nel
cuore de' senatori per l'amore e la stima che sperava da essi. Salì
poi tanto alto l'ambizion di Sejano, che nel presente anno arditamente
supplicò per ottenere in moglie _Giulia Livilla_, vedova del fu _Cajo
Cesare_, figliuolo adottivo di Augusto, e poi del defunto _Druso
Cesare_, e nuora del medesimo Tiberio. Quantunque fosse eccessivo il
favore di Tiberio verso di lui, pure non si lasciò indurre l'astuto
principe ad accordargli tal grazia: il che sconcertò forte le misure
di Sejano, e lo rendè malcontento della propria per altro smoderata
fortuna. Tuttavia mise in ordine altre macchine, siccome vedremo
nell'anno seguente. Credono alcuni letterati[127], che in quest'anno
corresse l'_anno XV dell'impero di Tiberio_, enunziato da san Luca, in
cui san Giovanni Batista diede principio alle sue prediche. Prendesi
tal anno dal fine d'agosto dell'anno undecimo dell'Era cristiana, in
cui Tiberio colla podestà tribunizia fu costituito suo collega
nell'imperio d'Augusto.
NOTE:
[124] Tacitus, lib. 4, cap. 34.
[125] Dio, lib. 57.
[126] Tacitus, loc. cit.
[127] Pagius, in Critic. Baron., Stampa et alii.
Anno di CRISTO XXVI. Indizione XIV.
TIBERIO imperadore 13.
_Consoli_
CAJO CALVISIO SABINO e GNEO CORNELIO LENTOLO GETULICO.
Ebbero questi consoli nelle calende di luglio per successori nella
dignità _Quinto Marcio Barea_ e _Tito Rustio Nummio Gallo_. V'ha chi
crede non doversi attribuire il nome di _Cornelio_ a _Lentolo
Getulico_. Ma certamente i Lentoli soleano essere della famiglia
_Cornelia_, come si può vedere nei Trattati dell'Orsino e Patino, e di
Antonio Agostino. S'erano messi in armi[128] alcuni popoli della
Tracia, perchè non voleano sofferir che si facesse dai Romani leva di
soldati nei lor paesi; negavano anche ubbidienza a _Remetalce_ re
loro. A Poppeo Sabino fu data l'incombenza di marciar contro di loro
con quelle forze che potè raccogliere; e questi sì fattamente gli
strinse, che per la fame e più per la sete, parte rimasero uccisi, e
il rimanente se n'andò disperso. Per tal vittoria accordati furono a
Sabino gli onori trionfali. Crebbero in questo anno le amarezze fra
Tiberio ed Agrippina, vedova di Germanico, perchè fu condannata
Claudia Pulcra, o sia Bella, cugina di lei. Parlò alto Agrippina a
Tiberio, il pregò ancora di darle marito; ma egli, che temeva
competenza nel governo, la lasciò senza risposta. Fu poi gran lite in
Roma fra gli ambasciadori delle città dell'Asia, gareggiando cadauna
per aver l'onore di alzare un tempio ad Augusto. La decision del
senato cadde in favore della città di Smirna. Ritirossi nell'anno
presente Tiberio nella Campania, col pretesto di andare a dedicare un
tempio a Giove in Capoa, e un altro in Nola ad Augusto, morto in
quella città. Suo pensiero era di non ritornar più a Roma, e così fu
in fatti. Si misero tutti allora a scandagliare i motivi di questa
ritirata. Chi pensò ciò avvenuto per arte e suggestione di Sejano, che
voleva restar solo alla testa degli affari in Roma, e seppe così ben
dipingere gl'incomodi, a' quali era sottoposto il principe per tante
visite, suppliche e giudizii, che l'indusse a cercar la quiete nella
solitudine. Furono altri di parere, ch'egli se ne andasse, per non
poter più sofferire l'ambizion di Livia sua madre, giacchè ella
credeva a sè competente il far da padrona al pari di lui: cosa ch'egli
non sapea digerire, ma neppure assolutamente vietare, considerando la
signoria sua un dono di lei. Credettero finalmente altri, che si
movesse Tiberio a tal risoluzione solamente per impulso proprio
originato dall'infame sua libidine, in cui da gran tempo ero immerso,
e continuava più che mai il sozzo vecchio, ma con istudiarsi di
soddisfarla in segreto al che era più proprio un luogo ritirato. Si
aggiungeva l'esser egli d'alta, ma gracile statura, col capo calvo e
colla faccia sparsa d'ulcere, e coperta per lo più da empiastri. Hanno
perciò creduto alcuni, che ciò fosse un frutto della sua sordida
impudicizia, e che il morbo gallico somministrasse ancora in que'
tempi un castigo, benchè raro, ai perduti dietro alle femmine
prostitute. Vergognandosi egli di comparire in pubblico con sì deforme
figura, parve ad alcuni di trovare in lui bastante motivo di fuggire
dal consorzio degli uomini. In fatti anche dopo la morte della madre e
di Sejano, si tenne egli lontano da Roma, benchè talvolta andasse
burlando la gente credula, con ispargere voce del suo imminente
ritorno. Pochi cortigiani volle seco Tiberio. Fra essi furono Sejano e
Coccejo Nerva, personaggio pratico della giurisprudenza e
probabilmente avolo di Nerva, che fu dipoi imperadore. Ad assaissimi
lunari e ciarle senza fine dei Romani diede motivo la risoluzion presa
da Tiberio, nè queste furono a lui ignote. Con levar la vita ad
alcuni, forse anche innocenti, egli insegnò agli altri ad esaminare e
censurar con più riguardo le azioni de' tiranni.
NOTE:
[128] Tacitus, lib. 6, cap. 46.
Anno di CRISTO XXVII. Indizione XV.
TIBERIO imperadore 14.
_Consoli_
MARCO LICINIO CRASSO e LUCIO CALPURNIO PISONE.
Il primo di questi consoli in due iscrizioni riferite dal
Reinesio[129], vien chiamato MARCVS CRASSVS FRVGI. Queste iscrizioni,
senz'avvedermi ch'erano già pubblicate, le ho inserite ancor io nella
mia raccolta; e sono ben più da attendere, che la rapportata dallo
Sponio, per conoscere il vero cognome d'esso console. Andò in
quest'anno Tiberio Augusto a fissar la sua abitazione nell'amena isola
di Capri, otto miglia distante da Surrento, tre dalla terra ferma,
sprovveduta di porto, e solo accessibile a piccole barche, dove
ritirato, con suo comodo continuò a sfogare la infame sua lussuria.
Non si sa quante guardie egli menasse seco. Molto strano era
nondimeno, che un imperadore soggiornasse in sì piccolo sito per dieci
anni senza aver paura de' corsari, o di chi gli volesse male.
Fors'egli si assicurò sulla difficoltà di approdare colà per cagion
degli scogli. Pochi giorni dopo il suo arrivo un pescatore per mezzo
di essi scogli penetrò nell'isola[130], e gli presentò un bel mullo o
triglia, pesce allora stimatissimo. Perchè s'ebbe non poco a male
Tiberio, che costui per quella difficile via fosse entrato, fece
fregargli e lacerargli il volto col medesimo pesce; e buon per lui che
non gli accadde di peggio. Sejano intanto non tralasciava diligenza
alcuna per accendere sempre più la diffidenza e l'odio di Tiberio
contro di _Agrippina_, vedova di Germanico, e contro di _Nerone_
primogenito d'essa, non quello che fu poi imperadore. Secondo le
apparenze dovea questo giovane principe, siccome nipote per adozione
di Tiberio, succedere a lui nell'imperio. Sejano, che v'aspirava
anch'egli il tenea forte di vista; segretamente ancora inviava
persone, che sotto specie d'amicizia il gonfiavano, esortandolo a
mostrar più spirito; tale esser il desiderio del popolo romano; tale
quel degli eserciti. All'incauto giovane scappavano talvolta parole,
che meglio sarebbe stato il tenerle fra i denti. Tutto era riferito a
Sejano, e tutto passava, forse anche con delle giunte, alle orecchie
di Tiberio, con aggiungere sospetti a sospetti. Però nell'anno
presente furono messi soldati alla guardia del palazzo d'Agrippina,
affin di risapere chi v'andava e che vi si parlava: tutti segni
funesti di maggiore strepito e della futura ruina. Accadde in
quest'anno un caso quasi incredibile e sommamente lamentevole, che ha
pochi pari nella storia[131]. In Fidene, città lontana da Roma cinque
sole miglia, cadde in pensiero ad un uomo di bassa sfera, e neppur
ricchissimo, per nome Atilio, di schiatta libertina, di fabbricare un
anfiteatro di legno di gran mole, per dar al popolo lo spettacolo de'
gladiatori. Siccome non v'era divertimento, di cui fossero sì ghiotti
i Romani, come di questo; venuto quel dì, a folla vi corse da Roma la
gente, uomini e donne d'ogni età. Ma quella macchina era mancante di
buoni fondamenti, e peggio legata; però ecco sul più bello dell'azione
precipitar tutto l'anfiteatro. Vi restarono soffocate o per la caduta
sfracellate ventimila persone e trenta altre mila ferite in varie
guise, con braccia e gambe rotte e simili altri mali, con urli e grida
che andavano al cielo. Fu almeno considerabile la carità de' cittadini
romani, che nelle loro case accolsero tutti que' miseri,
somministrando loro vitto, medici e medicamenti, con isvegliarsi
l'antico lodevol costume degli antichi, i quali così trattavano dopo
le battaglie i soldati feriti. La pena data ad Atilio per la somma sua
balordaggine, fu l'esilio; ed uscì un editto, che da lì innanzi non
potesse dare il giuoco de' gladiatori, se non chi possedeva
quattrocentomila sesterzi di valsente, e che fosse approvato
l'anfiteatro da intendenti architetti. A questa disavventura tenne
dietro in Roma un grave incendio, che consumò tutte le case poste nel
monte Celio. Tiberio all'avviso di un tal danno spontaneamente si
mosse alla liberalità, inviando gran soccorso di danaro a chi avea
patito: il che gli fece assai onore, e ne fu anche ringraziato dal
senato.
NOTE:
[129] Reinesius, Inscription. Class. VII, n. 10, 18.
[130] Sueton., in Tiber., cap. 60.
[131] Tacitus, lib. 2 Annal., c. 62. Sueton., in Tiber., c. 40.
Anno di CRISTO XXVIII. Indizione I.
TIBERIO imperadore 15.
_Consoli_
APPIO GIULIO SILANO e SILIO NERVA.
Gran romore e compassione cagionò in quest'anno in Roma la caduta di
Tizio Sabino, illustre cavaliere romano[132]. Era egli de' più
affezionati alla famiglia di Germanico, praticava in casa d'Agrippina,
l'accompagnava in pubblico. Sejano gli tese le reti. Latinio Laziare,
d'ordine suo, s'insinuò nella di lui amicizia cominciando con
amichevoli ragionamenti intorno alle afflizioni di Agrippina, e del
mal trattamento a lei fatto e a' suoi figliuoli da Tiberio: del che
andava mostrando gran compassione. Non potè Sabino ritenere le
lagrime, e sdrucciolò in lamenti contro la crudeltà e superbia di
Sejano, non la perdonando neppure a Tiberio. Con tali ragionamenti si
strinse fra loro una stretta confidenza. In un giorno determinato
Laziare trasse in sua casa il mal accorto Sabino, per avvertirlo di
disgrazie che soprastavano ai figliuoli di Germanico. Stavano ascosi
nella camera vicina tre detestabili senatori per udir tutto, ed
udirono in fatti Sabino sparlar di Tiberio e di Sejano. L'accusa tosto
andò al senato, ed egli imprigionato, fu nel primo dì solenne
dell'anno condotto al supplicio con terrore di ognuno che seppe la
frode usata. Ebbe da lì innanzi ognuno sommo riguardo nel parlare del
governo, nè pur attentandosi d'ascoltare, nè fidandosi d'amici, e
sospettando fin delle stesse mura. Gittato il corpo di Sabino nel
Tevere, un suo cane, che lo avea seguitato alla prigione, e s'era
trovato alla sua morte, andò anch'esso a precipitarsi e a morire nel
fiume: del che altri esempi si son più volte veduti. Plinio anch'egli
parla[133] della fedeltà di questo cane, ma con pretendere che fosse
di un liberto di Sabino, condannato con lui alla morte. Mancò di vita
in quest'anno _Giulia_ figliuola di _Giulia_, e nipote d'Augusto, la
quale non men della madre convinta già d'adulterio, e relegata in
un'isola da esso imperadore, e sostenuta ivi da Livia Augusta, per
venti anni, avea fatto penitenza de' suoi falli. Ribellaronsi in
questi tempi i popoli della Frisia, per non poter sofferire i tributi
loro imposti, leggeri sul principio, e poscia accresciuti
dagl'insaziabili ministri colà inviati. Contra di loro marciò Lucio
Apronio vicepretore della Germania inferiore con un buon corpo di
armati; ma volendo perseguitarli per quel paese inondato dall'acque e
pieno di fosse, vi lasciò morti circa mille e trecento de' suoi in più
incontri, con gloria de' Frisj e vergogna sua. Tiberio, ancorchè
dolente ne ricevesse la nuova, pure per li suoi fini e timori politici
niun generale volle inviare colà. Troppa apprensione gli facea il
mettere in mano altrui il comando di grossa armata. Faceva istanza il
senato, perchè Tiberio e Sejano ritornassero; e in fatti vennero essi
in terra ferma della Campania; e colà si portò non solamente il
senato, ma gran copia della nobiltà e della plebe con ritornarsene poi
quasi tutti malcontenti o dell'alterigia di Sejano, o del non aver
potuto ottenere udienza dal principe. Diede nell'anno presente Tiberio
in moglie a Gneo Domizio Enobarbo _Agrippina_, figliuola di Germanico
e di Agrippina, più volte da noi memorata. Da loro poi nacque Nerone,
mostro fra gl'imperadori. Era già parente della casa d'Augusto questo
Gneo Domizio, avendo avuto per avola sua Ottavia, sorella d'Augusto.
Svetonio[134], parlando di costui, ci assicura ch'egli fu una sentina
di vizii; e però da meravigliarsi non è, se il suo figliuolo, divenuto
imperadore, non volle essere da meno del padre. Diceva lo stesso
Domizio, che da lui e da Agrippina nulla potea prodursi, se non di
cattivo e di pernicioso al pubblico. Convien credere che questa
Agrippina juniore, ben dissomigliante dalla madre, fosse in sinistro
concetto anche in sua gioventù.
NOTE:
[132] Tacitus, lib. 4, c. 68. Dio, lib. 58.
[133] Plinius, lib. 8, c. 40.
[134] Suet., in Neron., c. 5. Dio, in Neron.
Anno di CRISTO XXIX. Indizione II.
PIETRO APOSTOLO papa 1.
TIBERIO imperadore 16.
_Consoli_
LUCIO RUBELLIO GEMINO e CAJO RUFIO GEMINO.
Nelle calende di luglio furono sostituiti altri consoli. Ha creduto
taluno, che fossero _Quinto Pomponio Secondo_, e _Marco Sanquinio
Massimo_. Ma il cardinal Noris[135] con più fondamento mostrò essere
stati _Aulo Plauzio_ e _Lucio Nonio Asprenate_. Certamente egli è da
dubitare, che nell'assegnar i consoli sostituiti, si sieno talvolta
ingannati i fabbricatori de' fasti consolari. Più d'un esempio di ciò
si trova nel Panvinio. Ora sotto questi due consoli _Gemini_ han
tenuto e tengono tuttavia alcuni letterati, che seguisse la Passione
del divin nostro Salvatore: opinione fondatissima, perchè assistita da
una grande antichità, ed approvata da molti de' santi Padri. Se così
è, a noi sia lecito di metter qui l'anno primo del pontificato di san
Pietro Apostolo. Tertulliano[136], autore che fiorì nel secolo
seguente, chiaramente scrisse, che il Signore patì _sub Tiberio
Caesare, Consulibus Rubellio Gemino et Rufio Gemino_. Furono del
medesimo sentimento Lattanzio, Girolamo, Agostino, Severo Sulpizio ed
il Grisostomo. Altri poi han riferito ad alcuno degli anni seguenti un
fatto sì memorabile della santa nostra religione. All'istituto mio non
compete il dirne di più; e massimamente, perchè, con tutti gli sforzi
dell'ingegno e della erudizione, non s'è giunto fin qui, e
verisimilmente mai non si giugnerà a mettere in chiaro una così
tenebrosa quistione. A noi dee bastare la certezza del fatto, poco
importando l'incertezza del tempo. Sino a quest'anno era vissuta
_Livia_, già moglie d'Augusto, e madre di Tiberio[137], appellata
anche Giulia da Tacito e in varie iscrizioni, perchè dal medesimo
Augusto adottata. Morì essa in età assai avanzata, con lasciar dopo di
sè il concetto d'essere stata donna di somma ambizione, e non men
provveduta di sagacità per soddisfarla, con aver saputo, a forza di
carezze e di una allegra ubbidienza in tutto, guadagnarsi il cuore
d'Augusto. Con tali arti condusse al trono il figlio Tiberio, poco
amata, ma nondimeno rispettata da lui, e temuta da Sejano, finchè ella
visse, pochissimo poi compianta da loro in morte. Prima che Tiberio si
ritirasse a Capri[138], era insorto qualche nuvolo fra lui e la madre,
perchè facendo ella replicate istanze al figliuolo di aggregare ai
giudici una persona a lei raccomandata, le rispose Tiberio d'essere
pronto a farlo, purchè nella patente si mettesse, che la madre gli
avea estorta quella grazia. Se ne risentì forte Livia, e piena di
sdegno gli rinfacciò i suoi costumi scortesi ed insoffribili, i quali,
aggiunse, erano stati ben conosciuti da Augusto; e, in così dire, cavò
fuori una lettera conservata fin allora del medesimo Augusto, in cui
si lamentava dell'aspre maniere del di lei figliuolo. Ne restò sì
disgustato Tiberio, che alcuni attribuirono a questo accidente la sua
ritirata da Roma. In fatti nell'ultima di lei malattia neppur si mosse
per farle una visita; e dappoichè la seppe morta, andò tanto
differendo la sua venuta, ch'era putrefatto il di lei corpo allorchè
fu portato alla sepoltura. Avendo l'adulator senato decretato molti
onori alla di lei memoria, egli ne sminuì una parte, e sopra tutto
comandò che non la deificassero (benchè poi sotto l'imperio di Claudio
a lei fosse conceduto questo sacrilego onore) facendo credere che così
ell'avesse ordinato. Neppur volle eseguire il testamento da essa
fatto, e di poi perseguitò chiunque era stato a lei caro, e infin
quelli ch'essa avea destinati alla cura del suo funerale.
Soleva Tiberio ad ogni morte dei suoi diventar più cattivo. Ciò ancora
si verificò dopo la morte della madre, la cui autorità avea fin qui
servito di qualche freno alla maligna di lui natura, e agli arditi e
malvagi disegni di Sejano, con attribuirsi a lei la gloria di aver
salvata la vita a molti. Poco perciò stette a giugnere in senato
un'assai dura lettera di Tiberio contro _Agrippina_ vedova di
Germanico, e contro di _Nerone_ di lei primogenito. Erano tutti i
reati loro, non già di abbandonata pudicizia, non di congiure, non di
pensieri di novità, ma solamente di arroganza e di animo contumace
contro di Tiberio. All'avviso del pericolo, in cui si trovavano l'uno
e l'altra, la plebe, che sommamente gli amava, prese le loro immagini,
con esse andò alla curia, gridando essere falsa quella lettera, e che
si trattava di condannarli contro la volontà dell'imperadore. Faceano
istanza nel senato i senatori, venduti ad ogni voler di Tiberio, che
si venisse alla sentenza; ma gli altri tutti se ne stavano mutoli e
pieni di paura. Il solo Giunio Rustico, benchè uno de' più divoti di
Tiberio, consigliò che si differisse la risoluzione, per meglio
intendere le intenzioni del principe. Di questo ritardo, e
maggiormente per la commozione del popolo, si dichiarò offeso Tiberio;
ed insistendo più che mai nel suo proposito, fece relegar
_Agrippina_[139] nell'isola Pandataria, posta in faccia di Terracina e
di Gaeta. Dicono che non sapendosi ella contenere dal dir delle
ingiurie contro di Tiberio, un centurione la bastonò per comandamento
di lui sì sgarbatamente, che le cavò un occhio. I di lei figliuoli,
_Nerone_ e _Druso_, benchè nipoti per adozion di Tiberio, furono
anch'essi dichiarati nemici; il primo relegato nell'isola di Ponza, e
l'altro detenuto ne' sotterranei del palazzo imperiale. Qual fosse il
fine di questi infelici, lo vedremo andando innanzi.
NOTE:
[135] Norisius, in epistola Consulari.
[136] Tertull. contra Jud., c. 8.
[137] Tacitus, lib. 5, c. 1.
[138] Sueton., in Tiber., c. 51.
[139] Sueton., in Tiber., cap. 53.
Anno di CRISTO XXX. Indizione III.
PIETRO APOSTOLO papa 2.
TIBERIO imperadore 17.
_Consoli_
LUCIO CASSIO LONGINO e MARCO VINICIO.
In luogo de' suddetti consoli nelle calende di luglio succederono
_Cajo Cassio Longino_ e _Lucio Nevio Sordino_. Qui vien meno la storia
romana, essendosi perduti molti pezzi di quella di Cornelio Tacito; e
l'altra di Dione si scuopre molto digiuna, perchè assassinata
anch'essa dalle ingiurie del tempo. Tuttavia è da dire essere stati sì
in grazia di Tiberio i due suddetti consoli ordinarii, cioè _Lucio
Cassio_ e _Marco Vinicio_, ch'egli da lì a tre anni diede loro in
moglie due figliuole di Germanico; a Cassio _Giulia Drusilla_, a
Vinicio _Giulia Livilla_. Appartiene poi a quest'anno il funesto caso
di Asinio Gallo, figliuolo di Asinio Pollione, celebre a' tempi
d'Augusto. Dacchè Tiberio dovette ripudiar _Vipsania_, figliuola
d'Agrippa, sua moglie primiera, che già gli avea partorito _Druso_,
per prendere _Giulia_ figliuola d'Augusto, questa Vipsania si maritò
col suddetto Asinio Gallo, e gli partorì dei figliuoli, i quali perciò
vennero ad essere fratelli uterini di Druso Cesare, ed uno d'essi era
stato promosso al consolato. Ma, per testimonianza di Tacito, Tiberio
mirò sempre di mal occhio Asinio Gallo per quel maritaggio. Tanto più
se la prese con lui[140], perchè osservò ch'egli facea una gran corte
a Sejano, e l'esaltava dappertutto, forse credendo che costui
arriverebbe un dì all'imperio, o pure cercando in lui un appoggio
contro le violenze di Tiberio. Dovendo il senato inviar degli
ambasciatori a Tiberio, fece egli negozio per essere un d'essi. Andò,
fu ricevuto con volto ben allegro da esso Tiberio, e tenuto alla sua
tavola, dove lietamente si votarono più bicchieri; ma nel medesimo
tempo ch'egli stava in gozzoviglia, il senato, che avea ricevuta una
lettera da Tiberio con alcune accuse immaginate dal suo maligno
capriccio, il condannò, con ispedir tosto un pretore a farlo prigione.
S'infinse Tiberio d'essere sorpreso all'avviso di quella sentenza, ed
esortato Asinio a star di buona voglia, e a non darsi la morte, come
egli desiderava, il lasciò condurre a Roma, con ordine di custodirlo
sino al suo ritorno in città. Ma non vi ritornò mai più Tiberio; ed
egli intanto senza servi, e senza poter parlare se non con chi gli
portava tanto di cibo, che bastasse a non lasciarlo morire, andò
languendo in una somma miseria, con finir poscia i suoi guai, non si
sa se per la fame o per altro verso, nell'anno 33 della nostra Era,
siccome attesta Tacito. Eusebio[141], che mette la sua morte nell'anno
primo di Tiberio, non è da ascoltare. Anche Siriaco, uomo insigne pel
suo sapere, tolto fu di vita non per altro delitto, che per quello
d'essere amico del suddetto Asinio. In quest'anno appunto scrisse la
sua storia, di cui buona parte s'è perduta, _Vellejo Patercolo_, con
indirizzarla a Marco Vinicio, uno dei due consoli di quest'anno; però
non merita scusa la prostituzione della sua penna in caricar di tante
lodi Tiberio e Sejano. Le loro iniquità davano negli occhi di tutti; e
quegl'incensi sì mal impiegati, sempre più ci convincono di che animi
servili fosse allor pieno il senato e la nobiltà romana. Abbiamo da
Dione, che sempre più crescendo l'autorità e l'orgoglio di Sejano,
tanto più per paura o per adulazione crescevano le pubbliche e le
private dimostrazioni di stima verso di lui. Già in ogni parte di Roma
si miravano statue alzate in suo onore[142]. Fu anche decretato in
senato, che si celebrasse il di lui giorno natalizio. E a lui
separatamente, e non più al solo Tiberio, si mandavano gli
ambasciatori dal senato, dai cavalieri, dai tribuni della plebe e
dagli edili. Cominciossi ancora ne' voti e sagrifizii che si facevano
agli dii del Paganesimo per la salute di Tiberio, ad unir seco Sejano;
si udivano grandi e piccioli giurare per la fortuna di amendue; il che
era riserbato in addietro per gli soli imperadori. Non lasciava
quell'astuta volpe di Tiberio, benchè si stesse nell'infame suo
postribolo di Capri, d'essere informato di tutto questo; e tutto anche
dissimulava, ma coll'andar intanto ruminando quel che convenisse di
fare.
NOTE:
[140] Dio, in Excerptis Vales.
[141] Euseb., in Chron.
[142] Dio, lib. 58.
Anno di CRISTO XXXI. Indizione IV.
PIETRO APOSTOLO papa 3.
TIBERIO imperadore 18.
_Consoli_
Lo stesso TIBERIO AUGUSTO per la quinta volta, LUCIO ELIO SEJANO.
Non ritennero Tiberio e Sejano lungo tempo il consolato, perciocchè,
siccome avvertì il cardinale Noris[143], nel dì 9 di maggio
subentrarono in quella dignità _Fausto Cornelio Sulla_ e _Sestidio
Catullino_, ciò apparendo da un'iscrizione. Da un'altra ancora da me
rapportata[144] apparisce il loro nome, ma con qualche mio dubbio, che
SEXTEIDIVS possa essere _Sex. Teidius_. Il non trovar io vestigio
della famiglia _Sestidia_, ma bensì della _Tidia_, mi ha fatto nascere
un tal dubbio. All'uno di questi due consoli fu surrogato nelle
calende di luglio _Lucio Fulcinio Trione_, e all'altro nelle calende
di ottobre, _Publio Memmio Regolo_, che non era amico di Sejano, come
Fulcinio Trione. Con occhi aperti vegliava Tiberio sopra gli andamenti
del suo favorito Sejano, pentito ormai d'averlo tanto esaltato. Già
s'era accorto che costui avea serrati i passi ai ricorsi, nè gli
lasciava sapere, se non ciò ch'egli voleva. Molto più appariva che
d'altro delitto rei che d'aver mostrato il loro amore a Germanico e a'
suoi figliuoli; e ad alcuni per questo gran misfatto, tolta fu la
vita, crescendo ogni dì più la crudeltà del principe, e per
conseguente il comune odio contro di lui. Abbondavano allora le spie;
orecchio si dava a tutti gli accusatori, e niuno era sicuro. Nelle
contrade di Brindisi un Tito Cortisio, soldato pretoriano ne' tempi
addietro, mosse a sedizione i servi o, vogliam dire, gli schiavi di
quelle parti; e vi fu paura d'una guerra servile. Ma per la
sollecitudine di Tiberio e di Curzio Lupo questore, che con un corpo
di armati volò contro di loro, restò in breve estinto il nascente
incendio. Hanno osservato gli eruditi[123] che nell'anno presente
avendo Valerio Grato dato fine al suo governo della Giudea, Tiberio
spedì colà per procuratore e governatore _Ponzio Pilato_, di cui è
fatta menzione nel Vangelo.
NOTE:
[121] Dio, lib. 57.
[122] Tacitus, lib. 4, cap. 16.
[123] Noris, Cenotaph. Pisan., Dissert. 2, cap. 16. Blanch., in
Anastas. Schelestratus et alii.
Anno di CRISTO XXV. Indizione XIII.
TIBERIO imperadore 12.
_Consoli_
MARCO ASINIO AGRIPPA e COSSO CORNELIO LENTOLO.
Vien creduto che _Cosso_ sia un prenome particolare della casa de'
Cornelii Lentoli. Nuovo esempio dell'infelicità dei Romani, regnando
il crudele Tiberio e il prepotente Sejano, si vide nel presente
anno[124]. Cremuzio Cordo, uno de' migliori ingegni de' Romani
d'allora, avea composta[125] una storia delle guerre civili di Cesare
e Pompeo, conducendola anche ai tempi d'Augusto. Lo stesso Augusto
l'avea letta, e, siccome principe saggio e discreto, non se n'era
punto formalizzato. Ma avendo Cremuzio dipoi, forse con qualche
parola, disgustato Sejano, si trovarono in quella storia dei delitti
gravissimi. Egli avea lodato Bruto e Cassio uccisori di Cesare, e
chiamato lo stesso Cassio _l'ultimo dei Romani_. Male non avea detto
di Giulio Cesare, nè di Augusto, ma neppure stato era prodigo di lodi
verso di loro. Fu accusato per questo nel senato, e Tiberio con occhio
arcigno gli diede assai a conoscere d'essere indispettito contro di
lui. Si difese egli coll'esempio di Tito Livio e d'altri scrittori e
storici precedenti; ma tornato a casa, ed increscendogli di vivere
sotto un sì tirannico governo, si lasciò morir di fame. Sentenziati
furono al fuoco i di lui scritti; contuttociò avendone Marcia sua
figliuola conservata una copia, vennero dopo la morte di Tiberio alla
luce, accolti allora con ansietà maggiore dal pubblico appunto per la
persecuzione sofferta dall'autor d'essi, ma a noi poscia rubati dalla
voracità de' tempi. Osserva Tacito la mellonaggine di que' potenti,
che mal operando non vorrebbono che la memoria de' lor perversi fatti
passasse ai posteri; e tutto fanno per abolirla. Ma Iddio permette
ch'ella vi passi per castigare anche nel nostro mondo chi s'è abusato
della potenza in danno de' popoli. Ai Ciziceni in quest'anno levato fu
il privilegio di regolarsi colle proprie leggi e co' propri
magistrati; e ciò perchè non avevano per anche terminato un tempio
eretto ad Augusto ed avevano imprigionati alcuni cittadini romani. Le
città di Spagna in questi tempi, inclinate anch'esse all'adulazione,
inviarono ambasciatori a Tiberio, pregandolo di permettere che
innalzassero dei templi a lui e a Livia Augusta sua madre, siccome
egli avea conceduto alle città dell'Asia. Tacito mette le più belle
sentenze in bocca di Tiberio[126], con riferire il ragionamento di lui
fatto nel senato per cui nol volle loro permettere, riconoscendo sè
stesso per uno de' mortali, e bastando a lui di avere un tempio nel
cuore de' senatori per l'amore e la stima che sperava da essi. Salì
poi tanto alto l'ambizion di Sejano, che nel presente anno arditamente
supplicò per ottenere in moglie _Giulia Livilla_, vedova del fu _Cajo
Cesare_, figliuolo adottivo di Augusto, e poi del defunto _Druso
Cesare_, e nuora del medesimo Tiberio. Quantunque fosse eccessivo il
favore di Tiberio verso di lui, pure non si lasciò indurre l'astuto
principe ad accordargli tal grazia: il che sconcertò forte le misure
di Sejano, e lo rendè malcontento della propria per altro smoderata
fortuna. Tuttavia mise in ordine altre macchine, siccome vedremo
nell'anno seguente. Credono alcuni letterati[127], che in quest'anno
corresse l'_anno XV dell'impero di Tiberio_, enunziato da san Luca, in
cui san Giovanni Batista diede principio alle sue prediche. Prendesi
tal anno dal fine d'agosto dell'anno undecimo dell'Era cristiana, in
cui Tiberio colla podestà tribunizia fu costituito suo collega
nell'imperio d'Augusto.
NOTE:
[124] Tacitus, lib. 4, cap. 34.
[125] Dio, lib. 57.
[126] Tacitus, loc. cit.
[127] Pagius, in Critic. Baron., Stampa et alii.
Anno di CRISTO XXVI. Indizione XIV.
TIBERIO imperadore 13.
_Consoli_
CAJO CALVISIO SABINO e GNEO CORNELIO LENTOLO GETULICO.
Ebbero questi consoli nelle calende di luglio per successori nella
dignità _Quinto Marcio Barea_ e _Tito Rustio Nummio Gallo_. V'ha chi
crede non doversi attribuire il nome di _Cornelio_ a _Lentolo
Getulico_. Ma certamente i Lentoli soleano essere della famiglia
_Cornelia_, come si può vedere nei Trattati dell'Orsino e Patino, e di
Antonio Agostino. S'erano messi in armi[128] alcuni popoli della
Tracia, perchè non voleano sofferir che si facesse dai Romani leva di
soldati nei lor paesi; negavano anche ubbidienza a _Remetalce_ re
loro. A Poppeo Sabino fu data l'incombenza di marciar contro di loro
con quelle forze che potè raccogliere; e questi sì fattamente gli
strinse, che per la fame e più per la sete, parte rimasero uccisi, e
il rimanente se n'andò disperso. Per tal vittoria accordati furono a
Sabino gli onori trionfali. Crebbero in questo anno le amarezze fra
Tiberio ed Agrippina, vedova di Germanico, perchè fu condannata
Claudia Pulcra, o sia Bella, cugina di lei. Parlò alto Agrippina a
Tiberio, il pregò ancora di darle marito; ma egli, che temeva
competenza nel governo, la lasciò senza risposta. Fu poi gran lite in
Roma fra gli ambasciadori delle città dell'Asia, gareggiando cadauna
per aver l'onore di alzare un tempio ad Augusto. La decision del
senato cadde in favore della città di Smirna. Ritirossi nell'anno
presente Tiberio nella Campania, col pretesto di andare a dedicare un
tempio a Giove in Capoa, e un altro in Nola ad Augusto, morto in
quella città. Suo pensiero era di non ritornar più a Roma, e così fu
in fatti. Si misero tutti allora a scandagliare i motivi di questa
ritirata. Chi pensò ciò avvenuto per arte e suggestione di Sejano, che
voleva restar solo alla testa degli affari in Roma, e seppe così ben
dipingere gl'incomodi, a' quali era sottoposto il principe per tante
visite, suppliche e giudizii, che l'indusse a cercar la quiete nella
solitudine. Furono altri di parere, ch'egli se ne andasse, per non
poter più sofferire l'ambizion di Livia sua madre, giacchè ella
credeva a sè competente il far da padrona al pari di lui: cosa ch'egli
non sapea digerire, ma neppure assolutamente vietare, considerando la
signoria sua un dono di lei. Credettero finalmente altri, che si
movesse Tiberio a tal risoluzione solamente per impulso proprio
originato dall'infame sua libidine, in cui da gran tempo ero immerso,
e continuava più che mai il sozzo vecchio, ma con istudiarsi di
soddisfarla in segreto al che era più proprio un luogo ritirato. Si
aggiungeva l'esser egli d'alta, ma gracile statura, col capo calvo e
colla faccia sparsa d'ulcere, e coperta per lo più da empiastri. Hanno
perciò creduto alcuni, che ciò fosse un frutto della sua sordida
impudicizia, e che il morbo gallico somministrasse ancora in que'
tempi un castigo, benchè raro, ai perduti dietro alle femmine
prostitute. Vergognandosi egli di comparire in pubblico con sì deforme
figura, parve ad alcuni di trovare in lui bastante motivo di fuggire
dal consorzio degli uomini. In fatti anche dopo la morte della madre e
di Sejano, si tenne egli lontano da Roma, benchè talvolta andasse
burlando la gente credula, con ispargere voce del suo imminente
ritorno. Pochi cortigiani volle seco Tiberio. Fra essi furono Sejano e
Coccejo Nerva, personaggio pratico della giurisprudenza e
probabilmente avolo di Nerva, che fu dipoi imperadore. Ad assaissimi
lunari e ciarle senza fine dei Romani diede motivo la risoluzion presa
da Tiberio, nè queste furono a lui ignote. Con levar la vita ad
alcuni, forse anche innocenti, egli insegnò agli altri ad esaminare e
censurar con più riguardo le azioni de' tiranni.
NOTE:
[128] Tacitus, lib. 6, cap. 46.
Anno di CRISTO XXVII. Indizione XV.
TIBERIO imperadore 14.
_Consoli_
MARCO LICINIO CRASSO e LUCIO CALPURNIO PISONE.
Il primo di questi consoli in due iscrizioni riferite dal
Reinesio[129], vien chiamato MARCVS CRASSVS FRVGI. Queste iscrizioni,
senz'avvedermi ch'erano già pubblicate, le ho inserite ancor io nella
mia raccolta; e sono ben più da attendere, che la rapportata dallo
Sponio, per conoscere il vero cognome d'esso console. Andò in
quest'anno Tiberio Augusto a fissar la sua abitazione nell'amena isola
di Capri, otto miglia distante da Surrento, tre dalla terra ferma,
sprovveduta di porto, e solo accessibile a piccole barche, dove
ritirato, con suo comodo continuò a sfogare la infame sua lussuria.
Non si sa quante guardie egli menasse seco. Molto strano era
nondimeno, che un imperadore soggiornasse in sì piccolo sito per dieci
anni senza aver paura de' corsari, o di chi gli volesse male.
Fors'egli si assicurò sulla difficoltà di approdare colà per cagion
degli scogli. Pochi giorni dopo il suo arrivo un pescatore per mezzo
di essi scogli penetrò nell'isola[130], e gli presentò un bel mullo o
triglia, pesce allora stimatissimo. Perchè s'ebbe non poco a male
Tiberio, che costui per quella difficile via fosse entrato, fece
fregargli e lacerargli il volto col medesimo pesce; e buon per lui che
non gli accadde di peggio. Sejano intanto non tralasciava diligenza
alcuna per accendere sempre più la diffidenza e l'odio di Tiberio
contro di _Agrippina_, vedova di Germanico, e contro di _Nerone_
primogenito d'essa, non quello che fu poi imperadore. Secondo le
apparenze dovea questo giovane principe, siccome nipote per adozione
di Tiberio, succedere a lui nell'imperio. Sejano, che v'aspirava
anch'egli il tenea forte di vista; segretamente ancora inviava
persone, che sotto specie d'amicizia il gonfiavano, esortandolo a
mostrar più spirito; tale esser il desiderio del popolo romano; tale
quel degli eserciti. All'incauto giovane scappavano talvolta parole,
che meglio sarebbe stato il tenerle fra i denti. Tutto era riferito a
Sejano, e tutto passava, forse anche con delle giunte, alle orecchie
di Tiberio, con aggiungere sospetti a sospetti. Però nell'anno
presente furono messi soldati alla guardia del palazzo d'Agrippina,
affin di risapere chi v'andava e che vi si parlava: tutti segni
funesti di maggiore strepito e della futura ruina. Accadde in
quest'anno un caso quasi incredibile e sommamente lamentevole, che ha
pochi pari nella storia[131]. In Fidene, città lontana da Roma cinque
sole miglia, cadde in pensiero ad un uomo di bassa sfera, e neppur
ricchissimo, per nome Atilio, di schiatta libertina, di fabbricare un
anfiteatro di legno di gran mole, per dar al popolo lo spettacolo de'
gladiatori. Siccome non v'era divertimento, di cui fossero sì ghiotti
i Romani, come di questo; venuto quel dì, a folla vi corse da Roma la
gente, uomini e donne d'ogni età. Ma quella macchina era mancante di
buoni fondamenti, e peggio legata; però ecco sul più bello dell'azione
precipitar tutto l'anfiteatro. Vi restarono soffocate o per la caduta
sfracellate ventimila persone e trenta altre mila ferite in varie
guise, con braccia e gambe rotte e simili altri mali, con urli e grida
che andavano al cielo. Fu almeno considerabile la carità de' cittadini
romani, che nelle loro case accolsero tutti que' miseri,
somministrando loro vitto, medici e medicamenti, con isvegliarsi
l'antico lodevol costume degli antichi, i quali così trattavano dopo
le battaglie i soldati feriti. La pena data ad Atilio per la somma sua
balordaggine, fu l'esilio; ed uscì un editto, che da lì innanzi non
potesse dare il giuoco de' gladiatori, se non chi possedeva
quattrocentomila sesterzi di valsente, e che fosse approvato
l'anfiteatro da intendenti architetti. A questa disavventura tenne
dietro in Roma un grave incendio, che consumò tutte le case poste nel
monte Celio. Tiberio all'avviso di un tal danno spontaneamente si
mosse alla liberalità, inviando gran soccorso di danaro a chi avea
patito: il che gli fece assai onore, e ne fu anche ringraziato dal
senato.
NOTE:
[129] Reinesius, Inscription. Class. VII, n. 10, 18.
[130] Sueton., in Tiber., cap. 60.
[131] Tacitus, lib. 2 Annal., c. 62. Sueton., in Tiber., c. 40.
Anno di CRISTO XXVIII. Indizione I.
TIBERIO imperadore 15.
_Consoli_
APPIO GIULIO SILANO e SILIO NERVA.
Gran romore e compassione cagionò in quest'anno in Roma la caduta di
Tizio Sabino, illustre cavaliere romano[132]. Era egli de' più
affezionati alla famiglia di Germanico, praticava in casa d'Agrippina,
l'accompagnava in pubblico. Sejano gli tese le reti. Latinio Laziare,
d'ordine suo, s'insinuò nella di lui amicizia cominciando con
amichevoli ragionamenti intorno alle afflizioni di Agrippina, e del
mal trattamento a lei fatto e a' suoi figliuoli da Tiberio: del che
andava mostrando gran compassione. Non potè Sabino ritenere le
lagrime, e sdrucciolò in lamenti contro la crudeltà e superbia di
Sejano, non la perdonando neppure a Tiberio. Con tali ragionamenti si
strinse fra loro una stretta confidenza. In un giorno determinato
Laziare trasse in sua casa il mal accorto Sabino, per avvertirlo di
disgrazie che soprastavano ai figliuoli di Germanico. Stavano ascosi
nella camera vicina tre detestabili senatori per udir tutto, ed
udirono in fatti Sabino sparlar di Tiberio e di Sejano. L'accusa tosto
andò al senato, ed egli imprigionato, fu nel primo dì solenne
dell'anno condotto al supplicio con terrore di ognuno che seppe la
frode usata. Ebbe da lì innanzi ognuno sommo riguardo nel parlare del
governo, nè pur attentandosi d'ascoltare, nè fidandosi d'amici, e
sospettando fin delle stesse mura. Gittato il corpo di Sabino nel
Tevere, un suo cane, che lo avea seguitato alla prigione, e s'era
trovato alla sua morte, andò anch'esso a precipitarsi e a morire nel
fiume: del che altri esempi si son più volte veduti. Plinio anch'egli
parla[133] della fedeltà di questo cane, ma con pretendere che fosse
di un liberto di Sabino, condannato con lui alla morte. Mancò di vita
in quest'anno _Giulia_ figliuola di _Giulia_, e nipote d'Augusto, la
quale non men della madre convinta già d'adulterio, e relegata in
un'isola da esso imperadore, e sostenuta ivi da Livia Augusta, per
venti anni, avea fatto penitenza de' suoi falli. Ribellaronsi in
questi tempi i popoli della Frisia, per non poter sofferire i tributi
loro imposti, leggeri sul principio, e poscia accresciuti
dagl'insaziabili ministri colà inviati. Contra di loro marciò Lucio
Apronio vicepretore della Germania inferiore con un buon corpo di
armati; ma volendo perseguitarli per quel paese inondato dall'acque e
pieno di fosse, vi lasciò morti circa mille e trecento de' suoi in più
incontri, con gloria de' Frisj e vergogna sua. Tiberio, ancorchè
dolente ne ricevesse la nuova, pure per li suoi fini e timori politici
niun generale volle inviare colà. Troppa apprensione gli facea il
mettere in mano altrui il comando di grossa armata. Faceva istanza il
senato, perchè Tiberio e Sejano ritornassero; e in fatti vennero essi
in terra ferma della Campania; e colà si portò non solamente il
senato, ma gran copia della nobiltà e della plebe con ritornarsene poi
quasi tutti malcontenti o dell'alterigia di Sejano, o del non aver
potuto ottenere udienza dal principe. Diede nell'anno presente Tiberio
in moglie a Gneo Domizio Enobarbo _Agrippina_, figliuola di Germanico
e di Agrippina, più volte da noi memorata. Da loro poi nacque Nerone,
mostro fra gl'imperadori. Era già parente della casa d'Augusto questo
Gneo Domizio, avendo avuto per avola sua Ottavia, sorella d'Augusto.
Svetonio[134], parlando di costui, ci assicura ch'egli fu una sentina
di vizii; e però da meravigliarsi non è, se il suo figliuolo, divenuto
imperadore, non volle essere da meno del padre. Diceva lo stesso
Domizio, che da lui e da Agrippina nulla potea prodursi, se non di
cattivo e di pernicioso al pubblico. Convien credere che questa
Agrippina juniore, ben dissomigliante dalla madre, fosse in sinistro
concetto anche in sua gioventù.
NOTE:
[132] Tacitus, lib. 4, c. 68. Dio, lib. 58.
[133] Plinius, lib. 8, c. 40.
[134] Suet., in Neron., c. 5. Dio, in Neron.
Anno di CRISTO XXIX. Indizione II.
PIETRO APOSTOLO papa 1.
TIBERIO imperadore 16.
_Consoli_
LUCIO RUBELLIO GEMINO e CAJO RUFIO GEMINO.
Nelle calende di luglio furono sostituiti altri consoli. Ha creduto
taluno, che fossero _Quinto Pomponio Secondo_, e _Marco Sanquinio
Massimo_. Ma il cardinal Noris[135] con più fondamento mostrò essere
stati _Aulo Plauzio_ e _Lucio Nonio Asprenate_. Certamente egli è da
dubitare, che nell'assegnar i consoli sostituiti, si sieno talvolta
ingannati i fabbricatori de' fasti consolari. Più d'un esempio di ciò
si trova nel Panvinio. Ora sotto questi due consoli _Gemini_ han
tenuto e tengono tuttavia alcuni letterati, che seguisse la Passione
del divin nostro Salvatore: opinione fondatissima, perchè assistita da
una grande antichità, ed approvata da molti de' santi Padri. Se così
è, a noi sia lecito di metter qui l'anno primo del pontificato di san
Pietro Apostolo. Tertulliano[136], autore che fiorì nel secolo
seguente, chiaramente scrisse, che il Signore patì _sub Tiberio
Caesare, Consulibus Rubellio Gemino et Rufio Gemino_. Furono del
medesimo sentimento Lattanzio, Girolamo, Agostino, Severo Sulpizio ed
il Grisostomo. Altri poi han riferito ad alcuno degli anni seguenti un
fatto sì memorabile della santa nostra religione. All'istituto mio non
compete il dirne di più; e massimamente, perchè, con tutti gli sforzi
dell'ingegno e della erudizione, non s'è giunto fin qui, e
verisimilmente mai non si giugnerà a mettere in chiaro una così
tenebrosa quistione. A noi dee bastare la certezza del fatto, poco
importando l'incertezza del tempo. Sino a quest'anno era vissuta
_Livia_, già moglie d'Augusto, e madre di Tiberio[137], appellata
anche Giulia da Tacito e in varie iscrizioni, perchè dal medesimo
Augusto adottata. Morì essa in età assai avanzata, con lasciar dopo di
sè il concetto d'essere stata donna di somma ambizione, e non men
provveduta di sagacità per soddisfarla, con aver saputo, a forza di
carezze e di una allegra ubbidienza in tutto, guadagnarsi il cuore
d'Augusto. Con tali arti condusse al trono il figlio Tiberio, poco
amata, ma nondimeno rispettata da lui, e temuta da Sejano, finchè ella
visse, pochissimo poi compianta da loro in morte. Prima che Tiberio si
ritirasse a Capri[138], era insorto qualche nuvolo fra lui e la madre,
perchè facendo ella replicate istanze al figliuolo di aggregare ai
giudici una persona a lei raccomandata, le rispose Tiberio d'essere
pronto a farlo, purchè nella patente si mettesse, che la madre gli
avea estorta quella grazia. Se ne risentì forte Livia, e piena di
sdegno gli rinfacciò i suoi costumi scortesi ed insoffribili, i quali,
aggiunse, erano stati ben conosciuti da Augusto; e, in così dire, cavò
fuori una lettera conservata fin allora del medesimo Augusto, in cui
si lamentava dell'aspre maniere del di lei figliuolo. Ne restò sì
disgustato Tiberio, che alcuni attribuirono a questo accidente la sua
ritirata da Roma. In fatti nell'ultima di lei malattia neppur si mosse
per farle una visita; e dappoichè la seppe morta, andò tanto
differendo la sua venuta, ch'era putrefatto il di lei corpo allorchè
fu portato alla sepoltura. Avendo l'adulator senato decretato molti
onori alla di lei memoria, egli ne sminuì una parte, e sopra tutto
comandò che non la deificassero (benchè poi sotto l'imperio di Claudio
a lei fosse conceduto questo sacrilego onore) facendo credere che così
ell'avesse ordinato. Neppur volle eseguire il testamento da essa
fatto, e di poi perseguitò chiunque era stato a lei caro, e infin
quelli ch'essa avea destinati alla cura del suo funerale.
Soleva Tiberio ad ogni morte dei suoi diventar più cattivo. Ciò ancora
si verificò dopo la morte della madre, la cui autorità avea fin qui
servito di qualche freno alla maligna di lui natura, e agli arditi e
malvagi disegni di Sejano, con attribuirsi a lei la gloria di aver
salvata la vita a molti. Poco perciò stette a giugnere in senato
un'assai dura lettera di Tiberio contro _Agrippina_ vedova di
Germanico, e contro di _Nerone_ di lei primogenito. Erano tutti i
reati loro, non già di abbandonata pudicizia, non di congiure, non di
pensieri di novità, ma solamente di arroganza e di animo contumace
contro di Tiberio. All'avviso del pericolo, in cui si trovavano l'uno
e l'altra, la plebe, che sommamente gli amava, prese le loro immagini,
con esse andò alla curia, gridando essere falsa quella lettera, e che
si trattava di condannarli contro la volontà dell'imperadore. Faceano
istanza nel senato i senatori, venduti ad ogni voler di Tiberio, che
si venisse alla sentenza; ma gli altri tutti se ne stavano mutoli e
pieni di paura. Il solo Giunio Rustico, benchè uno de' più divoti di
Tiberio, consigliò che si differisse la risoluzione, per meglio
intendere le intenzioni del principe. Di questo ritardo, e
maggiormente per la commozione del popolo, si dichiarò offeso Tiberio;
ed insistendo più che mai nel suo proposito, fece relegar
_Agrippina_[139] nell'isola Pandataria, posta in faccia di Terracina e
di Gaeta. Dicono che non sapendosi ella contenere dal dir delle
ingiurie contro di Tiberio, un centurione la bastonò per comandamento
di lui sì sgarbatamente, che le cavò un occhio. I di lei figliuoli,
_Nerone_ e _Druso_, benchè nipoti per adozion di Tiberio, furono
anch'essi dichiarati nemici; il primo relegato nell'isola di Ponza, e
l'altro detenuto ne' sotterranei del palazzo imperiale. Qual fosse il
fine di questi infelici, lo vedremo andando innanzi.
NOTE:
[135] Norisius, in epistola Consulari.
[136] Tertull. contra Jud., c. 8.
[137] Tacitus, lib. 5, c. 1.
[138] Sueton., in Tiber., c. 51.
[139] Sueton., in Tiber., cap. 53.
Anno di CRISTO XXX. Indizione III.
PIETRO APOSTOLO papa 2.
TIBERIO imperadore 17.
_Consoli_
LUCIO CASSIO LONGINO e MARCO VINICIO.
In luogo de' suddetti consoli nelle calende di luglio succederono
_Cajo Cassio Longino_ e _Lucio Nevio Sordino_. Qui vien meno la storia
romana, essendosi perduti molti pezzi di quella di Cornelio Tacito; e
l'altra di Dione si scuopre molto digiuna, perchè assassinata
anch'essa dalle ingiurie del tempo. Tuttavia è da dire essere stati sì
in grazia di Tiberio i due suddetti consoli ordinarii, cioè _Lucio
Cassio_ e _Marco Vinicio_, ch'egli da lì a tre anni diede loro in
moglie due figliuole di Germanico; a Cassio _Giulia Drusilla_, a
Vinicio _Giulia Livilla_. Appartiene poi a quest'anno il funesto caso
di Asinio Gallo, figliuolo di Asinio Pollione, celebre a' tempi
d'Augusto. Dacchè Tiberio dovette ripudiar _Vipsania_, figliuola
d'Agrippa, sua moglie primiera, che già gli avea partorito _Druso_,
per prendere _Giulia_ figliuola d'Augusto, questa Vipsania si maritò
col suddetto Asinio Gallo, e gli partorì dei figliuoli, i quali perciò
vennero ad essere fratelli uterini di Druso Cesare, ed uno d'essi era
stato promosso al consolato. Ma, per testimonianza di Tacito, Tiberio
mirò sempre di mal occhio Asinio Gallo per quel maritaggio. Tanto più
se la prese con lui[140], perchè osservò ch'egli facea una gran corte
a Sejano, e l'esaltava dappertutto, forse credendo che costui
arriverebbe un dì all'imperio, o pure cercando in lui un appoggio
contro le violenze di Tiberio. Dovendo il senato inviar degli
ambasciatori a Tiberio, fece egli negozio per essere un d'essi. Andò,
fu ricevuto con volto ben allegro da esso Tiberio, e tenuto alla sua
tavola, dove lietamente si votarono più bicchieri; ma nel medesimo
tempo ch'egli stava in gozzoviglia, il senato, che avea ricevuta una
lettera da Tiberio con alcune accuse immaginate dal suo maligno
capriccio, il condannò, con ispedir tosto un pretore a farlo prigione.
S'infinse Tiberio d'essere sorpreso all'avviso di quella sentenza, ed
esortato Asinio a star di buona voglia, e a non darsi la morte, come
egli desiderava, il lasciò condurre a Roma, con ordine di custodirlo
sino al suo ritorno in città. Ma non vi ritornò mai più Tiberio; ed
egli intanto senza servi, e senza poter parlare se non con chi gli
portava tanto di cibo, che bastasse a non lasciarlo morire, andò
languendo in una somma miseria, con finir poscia i suoi guai, non si
sa se per la fame o per altro verso, nell'anno 33 della nostra Era,
siccome attesta Tacito. Eusebio[141], che mette la sua morte nell'anno
primo di Tiberio, non è da ascoltare. Anche Siriaco, uomo insigne pel
suo sapere, tolto fu di vita non per altro delitto, che per quello
d'essere amico del suddetto Asinio. In quest'anno appunto scrisse la
sua storia, di cui buona parte s'è perduta, _Vellejo Patercolo_, con
indirizzarla a Marco Vinicio, uno dei due consoli di quest'anno; però
non merita scusa la prostituzione della sua penna in caricar di tante
lodi Tiberio e Sejano. Le loro iniquità davano negli occhi di tutti; e
quegl'incensi sì mal impiegati, sempre più ci convincono di che animi
servili fosse allor pieno il senato e la nobiltà romana. Abbiamo da
Dione, che sempre più crescendo l'autorità e l'orgoglio di Sejano,
tanto più per paura o per adulazione crescevano le pubbliche e le
private dimostrazioni di stima verso di lui. Già in ogni parte di Roma
si miravano statue alzate in suo onore[142]. Fu anche decretato in
senato, che si celebrasse il di lui giorno natalizio. E a lui
separatamente, e non più al solo Tiberio, si mandavano gli
ambasciatori dal senato, dai cavalieri, dai tribuni della plebe e
dagli edili. Cominciossi ancora ne' voti e sagrifizii che si facevano
agli dii del Paganesimo per la salute di Tiberio, ad unir seco Sejano;
si udivano grandi e piccioli giurare per la fortuna di amendue; il che
era riserbato in addietro per gli soli imperadori. Non lasciava
quell'astuta volpe di Tiberio, benchè si stesse nell'infame suo
postribolo di Capri, d'essere informato di tutto questo; e tutto anche
dissimulava, ma coll'andar intanto ruminando quel che convenisse di
fare.
NOTE:
[140] Dio, in Excerptis Vales.
[141] Euseb., in Chron.
[142] Dio, lib. 58.
Anno di CRISTO XXXI. Indizione IV.
PIETRO APOSTOLO papa 3.
TIBERIO imperadore 18.
_Consoli_
Lo stesso TIBERIO AUGUSTO per la quinta volta, LUCIO ELIO SEJANO.
Non ritennero Tiberio e Sejano lungo tempo il consolato, perciocchè,
siccome avvertì il cardinale Noris[143], nel dì 9 di maggio
subentrarono in quella dignità _Fausto Cornelio Sulla_ e _Sestidio
Catullino_, ciò apparendo da un'iscrizione. Da un'altra ancora da me
rapportata[144] apparisce il loro nome, ma con qualche mio dubbio, che
SEXTEIDIVS possa essere _Sex. Teidius_. Il non trovar io vestigio
della famiglia _Sestidia_, ma bensì della _Tidia_, mi ha fatto nascere
un tal dubbio. All'uno di questi due consoli fu surrogato nelle
calende di luglio _Lucio Fulcinio Trione_, e all'altro nelle calende
di ottobre, _Publio Memmio Regolo_, che non era amico di Sejano, come
Fulcinio Trione. Con occhi aperti vegliava Tiberio sopra gli andamenti
del suo favorito Sejano, pentito ormai d'averlo tanto esaltato. Già
s'era accorto che costui avea serrati i passi ai ricorsi, nè gli
lasciava sapere, se non ciò ch'egli voleva. Molto più appariva che
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- Annali d'Italia, vol. 1 - 39Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4282Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161637.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 40Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4300Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162738.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 41Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4177Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157538.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 42Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4253Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160439.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 43Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4315Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161539.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 44Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4445Unikal süzlärneñ gomumi sanı 168737.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 45Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4413Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162339.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 46Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4382Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162038.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 47Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4285Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160939.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 48Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4299Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154639.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 49Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4268Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165738.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 50Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4398Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162639.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 51Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4422Unikal süzlärneñ gomumi sanı 166539.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 52Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4259Unikal süzlärneñ gomumi sanı 153340.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 53Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4408Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160537.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 54Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4445Unikal süzlärneñ gomumi sanı 167437.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 55Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4362Unikal süzlärneñ gomumi sanı 167738.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 56Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4283Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157341.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.65.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 57Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4388Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164339.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 58Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4314Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160340.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 59Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4150Unikal süzlärneñ gomumi sanı 146339.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 60Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4226Unikal süzlärneñ gomumi sanı 148840.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 61Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4193Unikal süzlärneñ gomumi sanı 148941.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 62Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4237Unikal süzlärneñ gomumi sanı 158739.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 63Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4180Unikal süzlärneñ gomumi sanı 150138.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 64Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4222Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154839.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 65Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4203Unikal süzlärneñ gomumi sanı 152841.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 66Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4369Unikal süzlärneñ gomumi sanı 171141.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 67Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4351Unikal süzlärneñ gomumi sanı 168639.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 68Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4382Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164138.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 69Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4298Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157838.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 70Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4172Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154538.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 71Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4090Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154337.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 72Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4164Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160037.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 73Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4243Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157339.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 74Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4229Unikal süzlärneñ gomumi sanı 158538.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 75Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4191Unikal süzlärneñ gomumi sanı 153640.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 76Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4393Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161439.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 77Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4360Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164739.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 78Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4261Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160240.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 79Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4124Unikal süzlärneñ gomumi sanı 149237.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 80Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4300Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165539.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 81Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4207Unikal süzlärneñ gomumi sanı 159138.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 82Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4151Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160436.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 83Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4188Unikal süzlärneñ gomumi sanı 156537.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 84Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4221Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165339.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 1 - 85Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 748Unikal süzlärneñ gomumi sanı 43251.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.69.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.