Roberta - 8

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--Va bene, glielo dirò.
Poscia si fece forza, e uscita rapida in giardino, entrò in casa,
risalì nella sua camera.
Non aveva trovato energia per protestare. Cesare Lascaris, agli occhi
di quei contadini, era il fidanzato d'Emilia; probabilmente, anche
agli occhi delle cameriere, agli occhi di chiunque avesse voluto
spiegar l'assiduità del giovane presso le due sorelle.
E fidanzato era certo l'eufemismo che significava l'amante.
In tal modo, Roberta veniva punita della sua pietà; poichè dal giorno
della crisi, quotidianamente s'era recata a visitar l'epilettica.
Nella famiglia de' massai, tutti piagnucolavano, per l'ereditaria
viltà delle razze inferiori; e tutti s'occupavano, guadagnavano,
spendevano avaramente; tenevano a fitto la terra circostante alla
villa, facevan da procaccia tra il paese e Genova, lavoravan da
falegname; e tutti piagnucolavano.
Pareva che il lamentìo sommesso della schiatta si fosse impersonato
nell'avolo, un vecchio d'ottantatrè anni, curvo e disseccato; il quale
non moveva piede, non si poneva a sedere, non girava lo sguardo, non
s'appoggiava alla lunga canna, senza trarre dal petto concavo un lagno
querulo e abitudinario.
Roberta s'era lasciata cogliere, e portava cibo, vesti, danaro.
Vigilava con gli occhi inteneriti la scialba fanciulla, che non
sembrava notarla mai al suo fianco. E scorrendo quasi l'intera
giornata in quella casupola, tanto malinconiosa da non credersi
piantata come la villa a oriente di una vaghissima costiera,--Roberta
intendeva di tempo in tempo qualche allusione, o coglieva qualche
sorriso, che le riuscivano strani e la facevan pensare. Senza dubbio,
lievi cose; ma l'animo di lei, dopo aver lavorato nella vacuità del
sospetto, era avido ormai d'indizii, e cercava inconsapevole una
traccia, una guida, purchè fosse.
--È il cane del diavolo, cotesto,--diceva la massaia, accenando
_Nero_, che andava a scodinzolare presso la fanciulla.--Abbaia
sempre..Vossignoria non l'ode, qualche volta?... Sveglia tutti quanti,
la notte.... Ma...., di guardia!... Oh, se è di guardia! Quando urla,
sa perchè.... Vien qua, _Nero!..._ Eh, gli piacciono i signori! I
signori, li rispetta....
Sorrideva, d'un sorriso decisamente sciocco; ma non sorrideva con lo
sguardo, irresoluto, fuggevole; e il piccolo corpo secco e magro della
femmina pareva allungarsi; e il collo s'allungava di certo, aiutando
la voce senile che fischiava il polifono dialetto ligure.
--Una notte, perfino, mio marito è dovuto scendere a vedere.... _Nero_
abbaiava.... Come abbaiava forte!... Ma sapeva perchè.... C'era
qualcuno in giardino....
--Qualcuno, di notte?--esclamò Roberta.--Chi, dunque?
--Eh, qualcuno!--ripetè l'altra, seguitando il suo ghigno melenso.
--Un ladro, un vagabondo, senza dubbio....
--Eh no, un ladro...! Qualcuno, insomma.... Basta: quando _Nero_
abbaia, sa perchè....
Ma Roberta, guidata da una bieca luce improvvisa, aveva voluto sapere,
aveva insistito, per combinar la data del trascurabile episodio con un
certo suo ricordo, esso pure, fino a quel giorno, trascurabile.
Poi, avvistasi della curiosità feroce cui si dava in pascolo, sentì
una nausea violenta, troncò l'interrogatorio, gettando alla femmina un
involto che le aveva portato. E non essendo riuscita a definir
tuttavia se la fanciulla avesse compreso o non avesse avuto bisogno di
comprendere, la femmina aveva allora tentato il colpo maestro,
fingendo l'ingenuità:
--Se la Signoria Vostra ci mandasse il fidanzato di sua sorella....
Roberta uscì rapida in giardino, entrò in casa, risalì nella sua
camera.
Ella aveva toccato il colpo, quasi piegando sopra sè medesima; e
avvertiva lo scatenarsi d'un gran male fisico, non diversamente che
ne' suoi giorni di terrore.
Il fatto prendeva nella imaginazione mobile e ignara della giovanetta
le proporzioni d'un delitto, del quale sua sorella, la sua Emilia, si
fosse macchiata.
Ella ritrovava nella mente la figura incomparabile della donna, chiusa
in una leggera vestaglia con gran collare alla Stuart, i capelli
crespi snodati e lunghi fino oltre le reni; bella, giovane, fresca,
esultante per una delizia attesa; e finta, simularda, egoista come
tutti i felici.... Era entrata nella camera di Roberta; cosa strana,
non mai avvenuta prima; e aveva rassicurato la fanciulla, nervosa per
l'abbaiare, anche strano, di _Nero_; l'aveva così caramente ripresa
delle sue inquietudini; le aveva imposto le care mani sul volto,
l'aveva addormentata.
E un uomo, nel giardino, stava ad aspettarla!
Perchè non si poteva nutrir dubbio; e l'aneddoto narrato dalla
vecchia, rispondeva benissimo alla maraviglia interrogativa onde
Roberta era stata colpita quella notte.
In giardino? La donna era scesa in giardino, con la vestaglia piena di
fruscìo, coi capelli snodati?
Il cuore di Roberta cominciò a battere violentemente. Ricoveratasi
nella camera, era corsa al cassettone, vi aveva appoggiato i gomiti, e
secondo l'abitudine delle sue ore meditative, vi era rimasta,
guardandosi nello specchio, a pensare.... Una vampata calda di sangue
le affluì al volto....
In giardino era avvenuto il convegno? Non poteva dubitarne; non osava,
benchè tale convegno non fosse verosimile, con quell'abbigliamento,
col pericolo di essere uditi.... Ma dell'abbigliamento ella sapeva
alcuni particolari, i quali ritornatile alla memoria, le avevan
chiamato tutto il sangue al volto. Sotto la vestaglia, sua sorella era
indifesa....

Dunque, mentre Roberta credeva sè medesima ed Emilia serrate in un
inviolabile cerchio di sventura, la donna aveva spezzato il cerchio,
n'era uscita, abbandonando la fanciulla alle sue angosce, al suo male,
a' suoi spettri.... La voce della giovanezza l'aveva chiamata
all'amore.
E la parola magica sfolgorò un gran raggio, passando traverso la mente
di Roberta; a lungo fu assorta nella contemplazione del mistero, non
diversa dalla femminetta innanzi al Tabernacolo, timorosa della maestà
del luogo e impaziente di varcarne la soglia, per essere inondata di
luce.
L'amore, alle giovani veniva carico di promesse, ricco di secrete e di
palesi delizie, invitto di superba possanza nel ridente aspetto
d'Iddio; e nulla aveva più senso, nulla aveva più forza, nulla poteva
essere d'indugio o d'ostacolo alla sua via trionfale. Era l'Iddio
eternamente pagano; l'agile sua navicella varcava insommergibile gli
oceani del tempo, sfidava tutte le tempeste....
A lei, forse, povera, di sangue, attanagliata fra le branche del male
senza pietà, a lei non doveva giungere l'amore; non mai avrebbe avuto
potere di strapparla alla sua vita letargica, di lanciarla nelle spire
della passione, di farle obliare i presentimenti sconsolati....

--Ebbene?--disse Emilia, aprendo la porta.--Che fai lì, tutta sola?
Roberta sussultò, ritraendosi, e guardando la sorella. Vestiva Emilia
un abito chiaro, largo di gonne, aggraziato e snellissimo di busto;
portava un cappello di paglia con qualche piuma; attraverso il
veletto, gli occhi splendevano e le labbra apparivano tumide,
ingranate.
--Niente,--rispose la fanciulla, sentendosi ancor tremare.--Tu esci?
--Andrò alla marina, un poco....; verso Nervi....
Roberta notò che Emilia non la fissava negli occhi, e le sembrò di
avvertire che un debole rossore salisse alla fronte della donna. Ebbe
una stranissima pietà per il lieve impaccio di lei; ebbe lo
stranissimo bisogno d'aiutarla a mentire.
--Va,--disse.--È una magnifica giornata.... Avrai forse un po'
d'emicrania?
--Sì, un po' d'emicrania,--confermò Emilia.--Vado; l'aria mi farà
bene. Addio, cara.
--Addio.
E in preda sempre al desiderio d'aiutarla, Roberta si mosse, andò a
posare un piccolo bacio sulla fronte della donna, e stringendone la
mano, le sorrise.

Dall'orrore temerario, decadeva quasi alla complicità; dallo sdegno,
si sentiva repentemente portata all'occulta simpatia. Non riusciva a
comprendere ella medesima come le fosse mancato ogni impeto di
rivolta. Il suo cuore stava muto; nulla che significasse lo sfacelo
d'un sogno, il precipitare d'un'illusione; l'abbandono d'Emilia la
lasciava fredda.... Di più; ascoltando bene il cuore bizzarro, una
voce pareva sorgerne: «Sono libera anch'io; debbo anch'io procedere
sola, vivere una vita mia, cercare altrove la mia strada.»
Ella volse in giro lo sguardo. Come aveva potuto credere che
l'esistenza intera fosse racchiusa fra le quattro pareti della sua
cameretta?
Andò a sedere sul divano, facendosi posto tra i libri ch'erano stati i
soli confidenti delle sue speranze tumultuose; e appoggiato il capo
alla spalliera, partì con l'anima dietro una selvaggia orda di
visioni, afferrando di tempio in tempo il filo d'un ragionamento
seguìto, e sùbito riperdendolo tra la baraonda.

Quanto era stata ingenua!... Da più mesi, sua sorella amava; sua
sorella godeva le squisitezze d'un sentimento immortale, ed ella,
Roberta, l'aveva supposta ancòra meschinamente chiusa nelle abitudini
quotidiane! Ella, Roberta, s'era lasciata sfuggire una infinità
d'indizii preziosi, che ora le tornavano ad uno ad uno, col loro
significato certo; e v'era stato bisogno che una contadina maligna
l'avviasse, quasi facendo i nomi, quasi offrendo le date! Mentre il
fatto era così manifesto, che Cesare Lascaris aveva tentato
addormentare i sospetti, traendola a un'amicizia bonaria,
fanciullesca, mostrandosi di lei più sollecito che di Emilia.
Sarebbe rimasta sola.
Era ricca; da tempo, ella poteva disporre liberamente della propria
agiatezza, e alla sua inesperta fantasia, l'indipendenza materiale
sembrava il càrdine d'una grande felicità.
Aveva cancellato d'un tratto le figure dei due amanti, e si fingeva
sola.
Innanzi alla finestra, fissando le acque sterminate, col mobilissimo
luccichìo solare, pensava:
--«Tutto ciò mi è indifferente; tutto ciò non ha ancòra senso per me.
In questo decembre, Milano, la città, i teatri, le feste, mi sarebbero
assai più cari. Io sono sola, e non posso godere cotesto spettacolo
magnifico, ma eterno e pieno di silenzio. No; v'è qualche cosa pronta
e facile, nella vita, che io non conosco: io non conosco i
sodisfacimenti dell'ambizione, la delizia di sentirsi ammirata, il
gaudio d'essere libera, padrona d'oggi, di domani, arbitra di restare
o di partire.... Sono bella?»--
Tornò allo specchio, e interrogò la propria imagine, un poco pallida,
con gli occhi febbrili, i capelli biondi e arruffati.
--«Potrò essere elegante.... Ma perchè non soffro? Mio Dio, perchè non
soffro? Non amo più Emilia? Ci siamo ingannate ambedue, forse,
imponendoci una schiavitù senza ragione. Le sorelle non si amano come
noi volevamo amarci, chiusi gli occhi a tutto quanto non fosse del
nostro affetto.... Emilia se n'è avveduta la prima. Presto, ella dovrà
parlarmi e confessarsi: io la stringerò fra le braccia e le dirò
ch'ella è libera, che noi siamo libere. Poi, comincerò a vivere sola,
per me stessa, d'una vita elegante....»--
E, poichè era sempre la fanciulla angariata e attratta dai sogni un
po' umoristici del romanticismo, perdette ogni nozione della realtà,
cominciò a imaginare il mondo alla stregua delle sue fantasie. Vide
luce, molta luce sulla strada dell'avvenire, e vide sè medesima
incedere tra quei nimbi aurati, vergine superba e intatta.
Curva su gli abissi della disperazione, non aveva mai pensato
all'amore; e lo scoperto amore d'Emilia prendeva un significato di
giocondo auspicio anche per lei.
Aveva creduto morire, mentre non si moriva alla sua età; aveva
paventato che l'amore non fosse mai per giungere, e sarebbe giunto a
tutte. Ella avrebbe saputo farsi amare ed esser fedele quanto una
schiava; le sue gioie, le sue sciagure, si sarebbero confuse con un
altro destino, nell'ora dell'incontro.
Questi pensieri andò volgendo, su questi pensieri variando in
gradazioni infinite. Respirava come un'assetata d'aria pura in una
pinnacolata selva di balsamifere.

Alcuni giorni squallidi ed inutili seguirono, di cui Natura non dava
credito; li contava buoni sulla bilancia, e li avrebbe fatti pagar con
la morte.
Il giuoco di Cesare Lascaris appariva ormai così semplice agli occhi
di Roberta, ch'ella si stupiva di non averlo compreso avanti; e docile
alla solidarietà istintiva per la sorella, per la donna
innamorata,--pur rilevando ad ogni poco un cenno, uno sguardo, un
fatto, i quali sempre le erano prima sembrati differenti,--si prestava
all'inganno.
Le piaceva ridere; perdeva la sensibilità onde aveva trovato tutt'i
giorni un argomento di dolore: la fanciulla irriflessiva era risorta.
Non mai amicizia le era parsa più saporosa che quella di Cesare
Lascaris, dell'uomo caro alla sorella sua, destinato ad avviar
l'esistenza dell'una e dell'altra verso la strada piena di luce. Egli
le avrebbe tolte al malaticcio incubo del reciproco obbedire, legando
a sè la vita d'Emilia, liberando Roberta di fronte all'indomani.
Già aveva liberato questa dal fantasma della morte precoce; già la sua
prima apparizione in casa loro era stata salutare, provvidenziale.
Roberta gli doveva la vita, e più che la vita, la fede; e più che la
fede, l'avvicinamento insperato d'un sogno.
Perchè dalla nuova sorte d'Emilia, scaturiva naturale che Roberta
sarebbe rimasta sola, intutelata, arbitra di tutta sè medesima.
Tali vertiginose mutazioni s'eran fatte manifeste.
L'istante venne, in cui Cesare sentì che il cuore della giovinetta era
colmo di gratitudine, e ch'egli aveva imprigionato la fanciulla in una
schiavitù senza limiti, per sempre.
Ancòra lontana, l'idea dell'amore; limpido, il sentimento di lei; ma
ella era entrata nello stadio più favorevole alla suggestione, quando
l'anima femminile si confida, e dall'uomo aspetta la parola che la
calmi o che la inciti. Se Cesare si fosse lasciato trascinare a posar
le labbra sulla bocca di Roberta, ella non si sarebbe opposta,
concedendo senza sapere, forse come tributo d'obbedienza, in un oblio
fulmineo.
Dopo, e invano, sarebbe venuto lo sguardo tragico, pazzo, col quale le
fanciulle sedotte si risvegliano dalla colpa.
Cesare palesavasi finalmlente a Roberta nel fàscino dell'uomo freddo;
ella scopriva d'aver creduto a lui solo, d'avere sperato solo per
opera di lui; non alcun altro medico, non Emilia avevano osato
irridere alle sue paure, al suo presentire, a' suoi vaticinii puerili.
Nessuno al mondo l'aveva avvicinata con tanta familiarità; a lui
nemmeno era balenato il pensiero d'adularla; il motto piacevole e
comune, la lusinga piccola, la meschina frasuccia erangli ignote.
L'aveva presa, collocata più alta delle convenzioni, dominata per
maschia semplicità, combattuta e salva.
Tutto ciò, nello spirito di Roberta, aveva prodotto un'eco lenta, che
saliva a poco a poco, ma tenace e prolungata; così come gli indizii
dell'amore di Cesare per Emilia erano stati torpidi a collegarsi nello
spirito di lei, e poi a poco a poco le si erano svelati agli occhi
della mente con una logica sicura.
E alla sua ammirazione anche la conquista d'Emilia giungeva quale
argomento. La donna pareva scusare la giovanetta; la donna aveva tutto
dimenticato; era scesa nel giardino, formidabile di ombra, a notte
alta. Roberta ammirava il romanticismo di quel colloquio, dell'amore
che a quel colloquio aveva concluso; e comprendendo che le
vicissitudini del dramma dovevano essere state per la giovane
altrettante ore di dubbio, d'angoscia, forse di rammarichi, la
fanciulla fu tutta nuova intorno a lei...
--È strano,--osservò Emilia, un di quei giorni, a Cesare.--In mia
sorella non trovate nulla di mutato? Vi pare ch'ella tema? Non l'ho
vista mai così affettuosa, in nessun tempo.... Mi parla con dolcezza,
mi ascolta con devozione, mi circonda di cure gentili....
Accennò presso all'uomo, sopra lo scaffale da ninnoli, una leggiadra
statuetta eburnea, rappresentante Diana in atto di scoccar la freccia,
un grosso cane avido ed intento al suo fianco.
--Ecco: ieri è andata a Genova e n'è tornata con codesta piccola
statua d'avorio, ch'io desiderava.... Quel mazzo di rose sulla tavola,
è stato colto e messo insieme da lei; è il suo regalo d'ogni
mattina.... V'è, infine, un mutamento senza causa, che mi turba....
Non avete notato nulla?
--È ancòra triste?--domandò Cesare.
--No, non è più triste. Poco fa, mi diceva che vuole andare a Parigi;
ella sogna Parigi, come potrebbe sognarla una bambina, la quale non
sappia che cosa sia una città. Ma una volta, io aveva parte a' suoi
disegni; ora mi dimentica, parla di sè, quasi volesse andare a Parigi
sola.... Poi, vi sono altre cose inesplicabili.... Non vi sembra, ad
esempio, che da qualche tempo moltiplichi le sue assenze e le
prolunghi? Appena giungete voi, trova un pretesto per allontanarsi.
Mentre la donna parlava, Cesare andava mentalmente enumerando i segni
delle mutazioni che in Roberta aveva egli pure afferrato; e sopra
tutti, certi sguardi fissi, poco meno che affettuosi e caldi, i quali
venivano a lui dall'amica incapace a simulare; e ancòra meglio, la
sommissione timida che impediva a Roberta di rifarsi alla confidenza,
una volta così audace, con Cesare.
--Chi può indagare il significato d'un capriccio?--egli disse.--Forse
noi diamo troppo peso alle variabilità del suo umore; e aspettando, ci
torturiamo. Suvvia, Emilia, bisogna affrontar gli ostacoli, d'un
colpo, e uscire da queste incertezze, che non muteranno nulla, poichè
io non rinunzierò mai a te.... Dovessi commettere la più strana
follìa, dovessi spingere il mio diritto fino alla crudeltà, non
esiterei.... Io ti amo, e il mio diritto è divino.
Egli aveva meditato in quei giorni, e il terrore della solitudine, che
non ha grida, ma risuona dentro l'anima in vibrazioni echeggianti, lo
prendeva d'un tratto.... Egli soffriva la responsabilità della propria
solitudine; non aveva mai saputo meritarsi una pronta amicizia, un
tenero amore, una commovente solidarietà.
Non aveva saputo esser nulla fra le energie simpatiche le quali
attraggono; era stato piuttosto, quando per fatalità, quando per
orgoglio o per indifferenza, era stato un'energia repulsiva, un
solitario, un egoista, un nomade, un parassita, che gode la civiltà e
la disprezza, che ha bisogno degli altri e non se lo confessa, che
vive la vita di tutti e finge di vivere una vita speciale.
Ora, tra lui e Roberta, tra l'uomo forte, calcolatore, e la fanciulla
esile, quasi moribonda, inutile, impacciante, egli non doveva essere
sacrificato.
--Hai inteso, anima mia?--continuò.--Questo periodo di miraggi non
sarà distrutto, qualunque cosa sia per accadere.... Io ti voglio,
perchè tu devi essere la mia vita.
--Te ne prego, Cesare,--interruppe Emilia, avvertendo ch'egli
dimenticava il luogo ove si trovavano e il pericolo d'essere uditi
dalle persone di servizio.
Rapidamente, ella intuiva l'uomo, passionale e cupo sotto la maschera
della freddezza; capace d'arrivare al delitto per il chiuso egoismo
del possesso, per la difesa della conquista. Se ne sentiva atterrita e
sdegnata; l'ardore incontenibile dell'amante le pareva brutale, e
certo assai dubbio per il sèguito, quando l'ardore fosse stato
soddisfatto e Cesare non avesse saputo mitigarne la vuota fine con un
sentimento più puro.
--Dunque, parlerai, le annunzierai?--egli insisteva, baciando; le mani
della donna.
--Le annunzierò....--disse Emilia.
--Oggi, oggi stesso?
--Appena se ne offrirà l'occasione, Cesare....
--No, oggi stesso, quando sarò partito....
--Ebbene, oggi, quando sarai partito....
Ella sapeva avanti che non avrebbe trovato la forza di dire una parola
a Roberta.
Da tempo, aveva preso l'abitudine d'aspettare, paurosamente; sapeva
che a toglierla da quella incerta aspettazione, solo qualche fatto non
voluto e non cercato, avrebbe avuto potere....
Dopo un lampo d'esitanza, Cesare le si avvicinò, le prese la testa che
ricoperse di baci fitti e ardenti....
--E promettimi ancòra....--egli soggiunse.--Promettimi....
Terminò la frase presso l'orecchio di lei, sorridendo; mentr'ella ebbe
un gesto di diniego col capo e con la mano....
--Perchè?--implorò Cesare.--Dammi questa prova; non tenermi in
angoscia.... Vuoi?
--È inutile,--disse Emilia.
--No, non è inutile,--proruppe il giovane.--quando tu mi ami....
--Ma se oggi non potessi parlarle?--osservò la donna, risentendo, al
solo pensiero di quel colloquio, battere dolorosamente il cuore.
--Se vorrai, potrai parlarle.... E per ciò....
--Sta bene,--concluse Emilia.--Ti prometto anche questo.
Stranamente, concepiva in quell'ora contro il Lascaris un'ombra di
avversione; quasi l'insistenza di lui l'avvertisse che non era più
libera di sfuggire alle battaglie temute, e di adagiarsi nella sua
bella viltà femminile. Il periodo d'indugio veniva dunque a morire? La
dolce gioia di contemplar l'avvenire era finita? Ella avrebbe voluto
ancòra tuffarvisi, in un fiume d'oblio; laddove, più rudemente, l'uomo
desiderava la realtà, avvicinava il futuro tenue e roseo, si stancava
dell'aspettazione dubbiosa, non comprendeva neppur lontanamente la
delicata fragilezza di quei giorni, che non sarebbero tornati mai più.
Era il maschio.
Ma intanto, Cesare la ringraziava con lo slancio, che la passione
faceva in lui ribollire; chinato sulle mani della donna, le baciava
minutamente. Egli così appariva, in vicenda alterna, or l'uomo cùpido,
inquieto, fosco; ora, per una lieve speranza o per una scarsa grazia,
il fanciullo entusiasta, sommesso, incurante del giogo. E vedendolo in
tal modo scendere e salir dolorosamente la scala del travaglio
amoroso, Emilia fu tòcca, e gli rendette i baci.

Più tardi, quando ella si trovò sola, il pensiero del colloquio con
Roberta sùbito l'agghiacciò.
Avrebbe dovuto addentrarsi in una difficile spiegazione; avrebbe
dovuto dire alla sorella, che aveva sull'affetto di lei fondato ogni
cara speranza:
--«Io amo Cesare Lascaris, e mi darò a lui per sempre; egli terrà nel
mio cuore un dominio invincibile e assoluto.... Senza interrogarti,
noi abbiam disposto anche del tuo avvenire: ci seguirai; vivrai, non
più nella calda intimità della sorella tua, ma presso la moglie d'un
uomo che tu appena conosci, e che per mio consenso avrà i diritti
poderosi della legge, il diritto di consiglio sopra di te, l'autorità
d'un fratello.... Io ho deciso del mio avvenire; e senza interrogarti,
ho deciso del tuo....»
Quantunque ella sapesse che nulla in simile procedere era strano o
inusitato, pure qualche cosa l'avvertiva sottilmente come la sua
potestà fosse falsa, come per Roberta le vicende future si riducessero
a una diminuzione di libertà.
E la critica spontanea faceva sì ch'Emilia presentisse le obiezioni
della giovinetta, contro le quali, in caso estremo, non avrebbe potuto
opporre se non la volgarità della solita prudenza, i ragionamenti
gretti e senza luce delle consuetudini sociali, che avevano statuito
la più severa tutela per le fanciulle minorenni, quasi la differenza
d'un anno o d'un giorno rappresentasse gran cosa in un'indole o nelle
inclinazioni d'una giovane anima.
Fu inquietissima, sentendo nascere da' suoi stessi dubbii la necessità
«d'affrontar gli ostacoli, d'un colpo», perchè ella medesima non
demolisse in breve le sue ragioni. Fu irrequieta, rifuggendo dalle
quotidiane abitudini, andando e venendo per l'appartamento, senza
posa; affacciandosi alle finestre, scendendo in giardino, cercando
aria diversa, cielo diverso, un sèguito di diverse libertà; arrossendo
del proprio necessario egoismo, ribellandosi all'idea antipatica di
giocar non l'esistenza sua, ma quella anche della giovanetta ignara,
sopra l'àlea d'un amore che doveva essere di lei sola.
Infine, tentò.
Si diresse alla camera di Roberta; ne spalanco l'uscio, decisa a uscir
d'angustia, e a parlare.
La fanciulla stava, tutta grave, raccolta a un suo leggiadro lavoro di
uncinetto; un gran lavoro, del quale non lasciava ad alcuno vedere il
disegno complicato, del quale non diceva ad alcuno lo scopo,
attendendovi instancabile; sebbene Emilia avesse compreso che l'opera
paziente era destinata a lei.
La fanciulla stava tutta raccolta, mentre viaggiava forse per qualche
città d'oro, nella sua prossima vita d'eleganza. Una buona finestrata
di sole erale intorno.
Ella andava soffocando le fisiche ambasce con un'interpretazione
nuova; soffriva nel petto un'arsura di fiamma, le granfie d'un dolor
sordo a le spalle, per tutto il corpo la ripugnanza di vivere, di
muoversi, di agire? erano impressioni nervose, bizzarrie sensitive,
fantasticaggini. Tossiva, arrossando la pezzuola portata alle labbra?
perturbazioni fuggevoli della donna. Aveva la febbre? caldura della
pelle, generata dall'ansia di quei giorni.
Si sdoppiava, facendo a un tempo da malata e da medico ingannatore;
interrogandosi e rispondendosi.
--Hai bisogno di me?--chiese, al vedere Emilia così repentemente
comparsa.
--Debbo parlarti....--cominciò questa. S'interruppe bruscamente,
soggiogata dalla propria commozione.
Roberta si levò, riponendo i suoi arnesi nel panierino da lavoro, e
prendendo un atteggiamento non solito, quasi avesse aspettato
quell'ora, da tempo.
Ma trovata infine la formula per cominciare, Emilia sentì il desiderio
irresistibile di non usarne.
Già era per colorir qualche pretesto; già respirava, felice del
ritardo che poteva concedersi; già pensava a calmar l'impazienza di
Cesare; quando, nell'alzar lo sguardo in volto a Roberta, vide questa
sorridere mitemente e stendere le braccia verso lei....
La novissima êra di libertà pareva alla fanciulla dovesse principiar
da quel giorno.


XVII.

Con gli occhi chiusi, immobile, si fingeva addormentata....
Udì posar cautamente la bugìa sul tavolino; alcuni passi, non più
materiali che il fruscìo del velluto sul velluto.... Una pausa; certo,
Emilia la guardava dormire; e poco dopo s'appoggiava al letto,
lievissima, e si chinava fino al volto di Roberta.... Ancòra un attimo
d'esitanza; sopra i capelli della dormente lo sfiorar delicato delle
mani d'Emilia, il tatto appena d'una piuma, quant'era bastevole per
richiamarla se fingeva, per non turbarla se dormiva.... Poi, sempre
camminando così leggera da essere indovinata piuttosto che udita,
Emilia si ritraeva, sicura; tentava prudentemente la finestra, ad
assicurarsi fosse ben chiusa; riprendeva la bugìa sul tavolino,
riaccostava l'uscio.... Al di là, stava ancòra in ascolto; indi, osava
un passo più deciso, allontanandosi...
E tutto ripiombava nel silenzio.
S'era svelata da sè medesima, per la cautela soverchia di verificare
se Roberta dormisse: e sùbito, nel pensiero di questa lampeggiò la
certezza disgustosa:--«_Qualcuno_ ancòra l'aspetta in giardino!»--
La fanciulla si sciolse dalla immobilità forzata; si levò a sedere sul
letto, guardando con gli occhi fissi nel buio...
--«Che cosa si diranno?--pensò.--Certamente parleranno di me, faranno
dei disegni per l'avvenire; disporranno della mia vita e della mia
libertà, come di cosa loro!»
Allungò il braccio ad accendere una candela; s'intrattenne, fra la
luce giallognola, a riflettere, sentendosi a poco a poco tutta
conquidere dalla brama d'udire, mentre numerava i pericoli di quello
spionaggio, la probabilità d'essere sorpresa, la difficoltà di
raggiungere gli amanti senza incontrar _Nero_, che accusasse la
presenza di lei, latrando.
Ma pur nel tempo in cui meditava, si lasciava scivolar dal letto, e,
prese le sue vesti, le indossava rapidamente. Quando si trovò vestita,
la riflessione tacque; spense il lume, ed uscì, incontro alla morte
dell'anima.


XVIII.

Che qualche cosa di grave fosse avvenuto, Cesare capì, non appena
Emilia giunse al convegno e si liberò dalla stretta delle sue mani.
--No, no! Lasciatemi!--ella disse.--Ascoltatemi!
La luna circondava, magnifica di tralucente azzurro, la testa e il
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