Roberta - 3

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quasi ella sorgesse formalmente e sostanzialmente nuova da un bagno di
liquidi metalli....; mentre il dottor Noli e Roberta parevano due
livide caricature, che assistessero senza sospetto al mistero della
duplice ebbrezza, spellando gravemente le turgide pesche succose....
Quella fu la scena prediletta in cui Cesare volle conservare
l'immagine di Emilia, e le limpide acque della fantasia la ritennero
poi per sempre, in uno specchio senz'appannature.


V.

Roberta si svegliava di notte improvvisamente e si ascoltava
respirare: il respiro era tranquillo; sotto la scapola sinistra, il
dolore sordo non rodeva più. Se le piccole macchie rosse, i nuclei di
macchie sul petto e su le spalle non avessero rammentato la minaccia,
il gran male sarebbe parso dominato per intero.
Ma erano tuttavia frequenti le notti d'insonnia con la paura
dell'oscurità, in cui s'annidavano i pensieri che durante il giorno
non osavano prender figura e avvicinarsi.
Roberta stava distesa sul letto, ad occhi aperti; le visioni
pispigliavano nell'ombra, e se ne udiva il passo cauto o il volo
maligno d'arpia; qualche inesplicabile romore nella camera o in
giardino dava tal brivido alla fanciulla, che le tempia le
s'imperlavano di sudore, ed ella era incapace d'allungar la mano ad
accendere il lume.
Talvolta, lungo tutto il litorale, per tre giorni e tre notti di
sèguito urlava il vento; soffiasse dalla montagna o sibilasse dal
mare, aveva una voce straziante d'assassinato, una voce furiosa di chi
scuota la porta per ripararsi, e negli intervalli, una flebile voce di
sarcasmo, la quale prometteva nuovi assalti, nuove grida, nuove
violenze.
La fanciulla dimenticava le proprie angosce e viveva con l'anima al di
fuori, in ispirito nella campagna, tra le chiome convulse degli
alberi, che disperatamente si torcevano e ricadevano nell'aria.
Quando aveva ben teso l'orecchio ad assicurarsi la sinfonia notturna
non fosse soprannaturale, accendeva il lume e si guardava in giro. La
consolavano un poco gli oggetti con le loro forme conosciute, la
tavola, il divano carico di libri, il cassettone su cui posava un alto
specchio; ma a confortarsi meglio, scendeva dal letto e correva a
scrutar dalla finestra.
In quel mezzo-nudo virginale, l'unica bella cosa era la camicia dalle
tinte pallide, coi merletti intorno alle maniche e al collo, col
monogramma dominato da una coroncina senza significato gentilizio.
Sotto il tessuto azzurro si ricoverava la magrezza ch'era quasi
deformità, e fuori balzavano due spalle pungenti: due mani allacciate
con forza intorno all'esile busto della giovanetta, avrebbero potuto
ritorcerlo come un virgulto.
Ella guardava dalla finestra in giardino, cercando distinguere
attraverso la tenebra.
I confusi moti dei due palmizii rispondevano all'urlìo più accanito
del vento, al rombo più profondo del mare; v'era dunque la logica dei
fenomeni e nessuna vittima umana rantolava presso la villa, come
pareva.
La cosa era semplice ma rassicurante; e aprendo l'uscio della propria
camera, la fanciulla volgeva l'attenzione al silenzio della casa; di
là dal gran salotto centrale, la camera d'Emilia aveva la porta
spalancata, la soglia rischiarata mollemente da una rosea lampada
notturna.
Emilia godeva di tale incredulità per ogni cosa non verisimile, che
qualche volta Roberta n'era offesa; l'equilibrio de' suoi nervi era
assoluto e le avrebbe permesso di addormentarsi alla porta d'un
cimitero; gli usci bene assicurati, Emilia non temeva nulla di
soprannaturale, e non ammetteva ciò che sfuggiva alla logica.
Una notte in cui aveva udito lo scricchiolìo lento dei mobili, e il
passo cauto, e il volo maligno di visioni febbrili, Roberta balzò dal
letto e corse alla camera della sorella.
La lampada proiettava sopra Emilia dormente un raggio opaco e calmo;
gli occhi chiusi con le nere ciglia abbassate, la bocca chiusa con le
labbra raccolte a un'immobilità statuaria, le braccia nude e composte
lungo i fianchi, indicavano una pace secura, la vittoria della
giovinezza su gli abituali sogni voluttuosi. Si sarebbe detto ch'ella
si fosse abbandonata al sonno quasi sopra le acque inesplorabili e
serene d'un gran fiume che conducesse al nulla....
Roberta indugiò un istante a contemplarla, tra il rispetto e
l'invidia; ma mentre stava per tornare alla sua camera, rammentò
d'averla lasciata oscura, e si decise.
--Emilia,--disse cautamente,--Emilia, Emilia....--posando una mano sul
braccio della sorella e pensando che se qualcuno avesse chiamato lei
Roberta nella notte, ella avrebbe gettato un grido dì spavento.
Ma Emilia si drizzò a sedere, uscendo dal sonno per entrar con agile
prontezza nella realtà, senza stati intermedii. Le due punte dei seni
urgevano vigorosamente la camicia, quasi visibili; e le lenzuola
abbassate scoprivano la linea del busto fino ai fianchi.
--Sei tu?--chiese con la voce velata.--Che vuoi?... Non ti senti
bene?...
Roberta esitò, ancòra in contemplazione di quel bianco volto sotto le
trecce nerissime, di quegli òmeri giovanili e freschi; pensò che sua
sorella avrebbe potuto lasciare il letto così, vestirsi, e comparire
fra la gente, senza nemmeno rinfrescarsi il viso.
--Non hai udito un romore?--disse la fanciulla.--Un romore strano?
--Quando mai? Non è possibile: tutti gli usci sono chiusi....
Roberta crollò la testa a quell'argomento di prammatica: Emilia non
ammetteva i romori se non quali indizio di fatti comuni e di persone
vive.
--Avrai udito schioccar la frusta sulla strada,--ella riprese
sorridendo.--A quest'ora ci son sempre dei carri che passano....
--No.... Infine, ho paura,--dichiarò l'altra, più inquieta per quelle
ipotesi, ch'ella aveva già fatto e aveva dovuto respingere....--Ho una
paura terribile.... Mi permetti di dormire con te?... Solo fino a
quando si rifaccia chiaro, solo fino all'alba....
Gli sguardi d'Emilia non seppero dissimulare e percorsero tutto il
corpo infermiccio della sorella, il corpo madido d'un mador
contagioso. L'istinto non affievolito dalla vita diurna si ribellò
all'idea d'un sacrificio senza ragione, per le paure infantili della
ragazza. E, come a spegnere l'espressione di turbamento, girando
incerti gli occhi per la camera, Emilia rispose:
--Che pazzia, cara? Che cosa ti passa per la testa? Sai pure che non
c'è nulla, nulla affatto a temere.... E poi, non abbiamo mai dormito
insieme....
Ma Roberta aveva afferrato lo sguardo e l'aveva compreso con la
sagacità dei malati, sempre vigili a quanto può consolarli e a quanto
può ferirli....
--Hai paura?--disse con un gesto di sdegno, serrandosi nelle
spalle.--Hai paura di prendere il mio male, non è vero?... di diventar
brutta?... Non disturbarti: vado via....
Trovò nell'umiliazione il coraggio per sfidare le notturne
inquietudini, ed uscì prestamente, s'inoltrò nel buiore delle altre
camere, senza curar la sorella, che aveva steso un braccio a
trattenerla.
Emilia restò a sedere sul letto qualche tempo, meditando gli argomenti
offerti dall'istinto egoistico per giustificare il suo rifiuto: poi si
vinse, e gettò da un lato la leggera coperta.
Nella fretta e nel bisogno di buttarsi qualche cosa su le spalle,
afferrò l'accappatoio bianco che giaceva sopra una sedia. Aveva,
l'accappatoio, una sottil fragranza di mare e di sole; conservava fra
le pieghe i sogni luccicanti pullulati dalla mollizie del bagno; era
un emblema di salute e di vigor giovanile. Emilia lo spiegazzò fra le
mani e lo indossò con furia, quasi tentasse far tacere quei ricordi
carnali.
Quando fu nella camera di Roberta, il singhiozzo prolungato e sommesso
della ragazza la guidò fino al letto, e trovatala nel buio, si chinò
ad abbracciarla.
--Perdonami,--disse Emilia;--mi hai colta nel sonno e ti ho risposto
bruscamente; non sapevo quel che rispondessi.... Vedi che sono qui,
ora?... Ti domando scusa....
Meglio sarebbe stato il fatto di coricarsi vicino a lei, di
consolarla, rassicurarla così; ma non appena presentatosi quel
pensiero, l'istinto lo combattè con tutte le forze, come un sacrificio
inutilmente dannoso e forse inapprezzato.
Roberta, aggomitolata e lagrimosa, massa oscura nell'oscurità più
tenera del luogo, non disse parola; Emilia, cercata una sedia a
tastoni, la trascinò presso il capezzale, e vi si sedette,
raccogliendosi intorno l'accappatoio.
Non pensò ad accendere il lume; rimase immota, sentendo calar sul
cuore l'ingiustizia della sorella, che non le aveva aperto sùbito le
braccia. I suoi occhi fissavano la giovanetta oscura e singhiozzante,
o vagavano tra le forme volubili del nero, desiderando invano che il
quadrato della finestra s'illuminasse a poco a poco della tenue alba
estiva.
Il sonno era svanito. Emilia riprese a parlare, e le parole fluivano
nel silenzio notturno, vibranti e squillanti sotto l'onda
d'un'irritazione contenuta.
--Suvvia, Roberta,--disse,--perchè continui a piangere?... Perchè hai
paura di tutto, come una bambina? Bisogna essere meno deboli, più
ragionevoli.... Non ti è mai venuto il dubbio d'essere ingiusta, con
me? E tuttavia lo sei, lo sei troppo.... Io non ho fatto nulla di bene
perchè conto poco sul tuo animo.... Ti ho dato solo dei consigli: ti
ho pregato di condurre una vita più attiva, di non rimaner l'intero
giorno nella tua camera, di non leggere fino a indebolirti; ti ho
pregato di tante cose semplici, che pure ti avrebbero giovato.... Ma
tu sorridi, quando parlo io; la mia buona volontà si spezza contro la
tua diffidenza.... Non ti sembra, Roberta, ch'io abbia diritto a
vivere una vita mia? Ora, invece io vivo solamente della tua, mi trovo
inceppata, schiava, ho sempre timore di spiacerti.... Non me ne lagno;
sarei felicissima se tutto questo avesse un resultato.... nella tua
affezione, per esempio.... Quando sono rimasta vedova....
Il ricordo che le si presentava così repentino l'arrestò a un tratto
perchè le doleva crudelmente. Ella era stata moglie innamorata, più
che affettuosa; l'amore era conseguito dal bisogno di trovare un senso
nuovo intorno a sè, il quale non fosse parso desiderio volgare; e
mentre l'uomo intendeva a crearle l'esistenza sognata, la morte era
sopraggiunta, e ogni cosa erasi ridotta a parvenza d'un'idealità
intravista, d'una rarità avvicinata e scomparsa...
Roberta non piangeva più, ma raddoppiando d'attenzione, tentava
figurarsi il volto e l'atteggiamento d'Emilia. La cercò a lungo con lo
sguardo senza muoversi e scoperse infine una forma chiara, diritta;
ascoltò il rimprovero, pensando che le parole erano inutili e rimaneva
il fatto, il ribrezzo mal celato; s'indugiò con gli occhi a quella
forma quasi chiara e diritta, indovinando l'ombra scesa sulla fronte
della donna.
--Quando sono rimasta vedova....--continuò Emilia, dolorosamente
colpita che Roberta non l'avesse interrotta e l'obbligasse a compiere
la frase,--io ti ho promesso di non allontanarmi da te, e tu mi hai
promesso la tua affezione più devota.... Dovevamo percorrere la nostra
via insieme, veramente da sorelle.... Io non ho ancòra nulla da
rimproverarmi.... E tu, Roberta? Non hai nulla da rimproverarti? Ti
sembra di amarmi quanto ti amo io?... Roberta?... Non mi ascolti?...
Non vuoi rispondere?
Allungò la mano vivamente, incontrò sul tavolino la candela e
l'accese....
La fanciulla appoggiava un gomito al guanciale, stando coricata di
fianco sopra le coperte; alla luce inattesa si rannicchiò dentro la
camicia per nascondere le gambe smagrite. Ella andava macchinando
molte ragioni da obiettare, molte dure e taglienti parole, che avrebbe
pronunziato senza ritegno col favore dell'oscurità; ma il lume acceso
le smagò l'energia necessaria, e le ragioni e le parole si dispersero.
Guardò di nuovo Emilia avvolta nell'accappatoio bianco, da cui
sorgevano il collo tornito e la testa fiorente di vitalità; le gambe
chiuse nelle calze di seta nera erano accavallate l'una sull'altra; e
i piccoli piedi, seminascosti in piccole pantofole rosse. Quello
spettacolo di giovanezza, quella giovanezza piena, la quale pareva
dicesse:--«Io sfiorisco lentamente qui, ma qui non dovrei essere, e il
mio destino è più forte d'ogni calcolo pietoso,»--riattizzarono in
Roberta l'energia per le parole amare.
--Ecco,--rispose chinando la testa a osservarsi le mani, perchè non
osava sostenere lo sguardo interrogativo e dolente di Emilia,--senza
dubbio quanto tu dici è vero; ma io non ti aveva chiesto di ricordarmi
i tuoi beneficii.... Mi sentivo male, stasera, e avevo paura.... Sai
che io sono una sciocca e non ragiono bene come te.... Avevo paura,
son venuta nella tua camera, e tu mi hai mandata via....
--Ma è falso, Roberta!
--No, non è falso: mi hai mandata via.... Perchè? Potresti dirmelo, tu
che mi ami tanto, potresti dirmi il motivo pel quale non mi hai
concesso di passar teco la notte? Non è forse perchè ti faccio orrore,
perchè sai che la mia malattia è probabilmente contagiosa; perchè hai
ribrezzo di tua sorella, infine?...
--Roberta, che cosa dici?
--Hai ribrezzo di tua sorella, e sei stanca di doverle prestar le tue
cure.... Tutto ciò, io l'ho capito, l'ho visto ne' tuoi sguardi, non
soltanto questa notte, ma da tempo, dal giorno in cui ti è venuto il
dubbio ch'io fossi tisica, tisica, tisica!...
Nello sforzo di lanciare le terribili parole, s'era spinta innanzi col
busto, protendendo il collo scarno; e coi capelli sciolti per le
spalle, arruffati sugli occhi, sembrava una magra femmina selvaggia
che gettasse un grido lugubre nella notte; di sotto gli archi
sopraccigliari saettava una corrente d'odio.
--Ascolta, Roberta....,--disse Emilia, sgominata dalla subitanea
trasformazione della giovanotta in una energia fisica, urlante di
rivolta e di dolore.
--No, tutto questo mi fa peggio di qualunque malattia,--seguitò
Roberta senza curare l'interruzione.--Sei venuta a rassicurarmi, dici,
e resti lì, inchiodata sulla sedia, studiando di non avvicinarti....
Se ti chiedessi di stringermi forte fra le braccia, di mettere le tue
labbra sulle mie, rifiuteresti inorridita.... Sei la mia condanna, tu
che mi vuoi bene...! Ah sì, i medici mi confortano, mi dànno a
sperare, ma io vedo che le loro parole sono false, perchè tu me lo fai
capire ad ogni istante, me lo dici ogni giorno, ch'io sono ammalata
per sempre.... E non hai compreso, Emilia, non hai compreso che io non
voglio morire? che ho il terrore della morte, che non posso dormire
per quell'idea? Voglio vivere, vivere, vivere, come te, come gli
altri, perchè sono giovane, perchè ne ho il diritto, perchè....
E senza compiere la frase, spalancando, le braccia nell'aria
disperatamente, mandò tale un grido di rabbia e di desiderio, che
Emilia balzò in piedi quasi una scudisciata le avesse lacerata le
carni.... Corse a Roberta, la strinse pazzamente al seno,
appoggiandone la testa sulla propria spalla.
--Roberta,--mormorò quasi con febbre,--Roberta, non è vero che sei
malata e ch'io ho ribrezzo di te! Come hai potuto supporre?... Vuoi le
mie labbra, vuoi che ti stringa così? Senti che ti bacio? Senti che ti
chiedo perdono, se ti ho dato, motivo a dubitare di me? Dormirò con te
questa notte, dormirò ogni notte con te, purchè tu mi creda...!
Aspetta....
Con la mano che non sosteneva il corpo di Roberta, Emilia slacciò i
cordoni dell'accappatoio e adagiò la fanciulla per coricarsi a fianco
di lei; ma Roberta era pallida e anelante, e la donna tacque a un
tratto, e si chinò a guardarla spaurita....
--Roberta,--disse,--ti sentì male?
--No,--rispose la giovanetta,--ma sono stanca: ho bisogno di riposare;
lasciami sola....
--Che paura mi hai fatto, bambina! Perchè mi hai detto tante cose
tristi? Hai voluto punirmi?
Emilia stava in piedi accanto al letto. Roberta, aggomitolata nella
camicia azzurra, fissando gli occhi in alto, coi capelli sparsi
sull'origliere ascoltava giunger di fuori il ritmo quadruplice d'un
treno, il quale passava soffiando nella tenebra dei campi, lungo la
tenebra del mare.
--Bisogna resistere alle cattive idee,--continuò Emilia;--ho parlato
di te l'altro giorno al signor Lascaris: e anch'egli mi ha detto che
tu sei guarita.... Guarita, capisci?
--Oh, il signor Lascaris dirà tutto quanto vorrai,--osservò Roberta
con un riso stridulo.--Il signor Lascaris non sarà mai sincero con
te, ed io non credo a lui, come non credo agli altri....
Guarda,--aggiunse, facendo uno sforzo per tornare a sedersi sul
letto e rimboccando una manica della camicia,--guarda come sono
ridotta, come sono divorata dal male.... Ti paion queste le
braccia, il petto d'una ragazza di diciannove anni?... Non vedi
quante macchie? Fin che queste macchie non spariscano, io sarò
malata, avrò la morte qui dentro,--e si toccava il seno con le mani
febbrili.--Il signor Lascaris, il dottor Noli, tutti possono ben
parlare: nessuno oserebbe dire a me o a te, ch'io debbo morir
presto....
Si raccolse per seguire a testa bassa l'eco della frase spietata, che
le risonò nell'animo quasi non l'avesse pronunziata ella medesima.
La luce gialla della candela le stendeva sul volto una maschera cerea,
in cui gli occhi vitrei diventavano traslucidi e i capelli biondi si
snaturavano in un pallidissimo color d'ambra; la camicia cilestrina
così mite e ridente sopra un corpo rigoglioso, era sinistra su quel
corpo magro, pareva un drappo ilare avvoltolato per ischerno intorno a
un rigido fantoccio.
Emilia s'era collocata di fianco sul letto, a viso a viso con la
sorella, e la guardava inquieta.
--Non agitarti di nuovo,--ella pregò,--non esaltarti, non è vero nulla
di quanto tu dici....
--Morire, morire, capisci?--continuò Roberta.--Devo morire, presto. Tu
non credi alla morte; tu l'hai dimenticata, perchè sei sana, sei
bella.... Vedi come sei bella,--proruppe in aria di corruccio, mentre,
allungando le mani, apriva ad Emilia l'accappatoio già sciolto, e le
additava il collo rotondo, i seni tondi e duri, che si delineavano,
perspicui sotto la camicia. Emilia si ricoperse vivamente.--E anch'io
avrei voluto essere bella, e piacere.... Ogni cosa è per voi, che
siete belle e forti.... Io devo morire, morire!
La voce, dopo essere stata mordace, era divenuta sommessa,
desolatamente triste, ed Emilia non osò più resistere. Ella s'era ben
detto che doveva consolar la sorella e farla sperare e vincerne i
fantasmi; ma dove trovar le parole di conforto, le quali valessero
quelle parole disperate, e le superassero? Tacque; poi lentamente,
anche la voce di Roberta s'abbassò a un mormorìo lamentoso:
--Avrei voluto essere bella, e devo morire.... Non ho più nulla per
me: non posso nemmeno respirar l'aria che respiri tu, e goder l'ombra;
devo andare in cerca del sole....
--Fatti coraggio, Roberta; sono, idee....--tentò ancòra Emilia.
--Ho paura della morte....
--Perchè vuoi renderci tristi? Sei guarita....
--Ho paura della morte, e ogni giorno, essa può entrare in questa
camera....
--Sei così giovane.... La giovanezza è una forza...
--Quanti muoiono giovani! E come, come, dovrò morire?
--Roberta, Roberta, non esaltarti.
--Ma sono disperata! Non senti la disperazione nelle nostre parole?
--È la notte; domattina tornerà la speranza.
--Sarà peggio; e la morte continuerà il suo cammino, mentre noi
aspetteremo la vita....
--Silenzio, Roberta.... Pensa a domattina, col sole, col mare calmo e
illuminato....
--Tutto questo è così indifferente al mio male! E nessuno, anche i non
indifferenti, potranno giovarmi: dovranno assistere alla mia morte,
senza stendere la mano per allontanarla d'un'ora....
Nascose il volto tra i guanciali, piangendo liberamente; Emilia le
passò le braccia attorno al busto, mettendo il capo presso il capo di
lei.
Così piansero a lungo, rischiarate dalla luce giallastra della candela
elle si consumava: e l'alba trovò le due donne discinte, che parlavan
della morte, a testa china sul medesimo, guanciale.


VI.

La notìzia fu annunzìata con tanto ingenua serenità, che nessuno
avrebbe supposto fosse falsa. Per sospettarlo, bisognava conoscere
l'indole impulsiva di Roberta, la quale non trovava nulla così dolce
quanto inventare un fatto o raccontare una bugia. Qualche volta
rimaneva ella medesima colpita dalla propria abilità, dalla
spontaneità incomparabile con cui repentinamente, minutissimamente,
sapeva esporre una lunga favola di sua creazione; e in un attimo
stendeva una rete di menzogne inutili, sbizzarrendosi a saldar
l'allacciatura dei nodi, che potessero resistere a qualunque sforzo
d'obiezione. Spesso con Emilia aveva fatto il giuoco infantile, ma lo
aveva concluso con una risata, gettando le braccia al collo de la
sorella, e dicendole:--«Non è vero. Ho inventato tutto, per
divertirmi.»
Con Cesare Lascaris lo esperimentò un giorno in cui era piena di
speranze e si sentiva bene e aveva voglia di ridere a spese di
qualcuno. D'altra parte, Cesare non le piaceva: era bruno, coi tratti
del viso irregolari e forti, senza barba, ed evidentemente magro quasi
quanto lei.
--Mia sorella è uscita per il bagno,--ella disse non appena l'uomo
comparve in giardino.--Tornerà' forse fra un'ora.
Poi, mentre parlavano di cose indifferenti, la fanciulla trovò modo di
farvi sgusciar dentro la notizia falsa, a guisa di parentesi:
--.... Lei sa che mia sorella è fidanzata, non è vero?... Lo sa?...
Cesare stava fortunatamente a testa bassa, disegnando sulla sabbia una
serie di circoli concentrici; e sùbito, al colpo non atteso, ricordò
che la professione medica aveva saputo creargli una maschera di calma
impenetrabile, per i casi disperati.
Sollevò la testa, senza batter palpebra.
--Me ne congratulo sinceramente,--rispose.
--Non ne dica nulla a Emilia, però. Forse mi rimprovererebbe....
E per qualche minuto la ragazza continuò a parlare, enunziando tutte
le particolarità del fidanzamento. Si trattava d'un giovane signore di
Milano: il matrimonio sarebbe avvenuto nell'ottobre prossimo, in
Riviera, perchè Emilia non voleva abbandonar la sorella un sol giorno;
quanto a lei, Roberta, sarebbe rimasta presso gli sposi.
Cesare ascoltava immobile, non accorgendosi che dalle mani gli era
scivolato il portasigarette di tartaruga ed era caduto a terra.
Guardava la ragazza, scoprendole a un tratto qualche espressione
profondamente femminile, che gli era sempre sfuggita.
Con una gamba sull'altra in modo da lasciar vedere un po' delle calze,
con le braccia aperte sulla spalliera della panchetta rustica, la
testa portata indietro, le ciglia socchiuse, Roberta era in quel
giorno e in quell'atto molto sessualmente femmina, emanava
inconsapevole un'acredine sensuale, eccitava una cupidigia di violenza
bruta.
Il giovane aveva tentato a più riprese di sviar l'argomento; ma
Roberta era inflessibile, quantunque la mancanza d'obiezioni da parte
dell'ascoltatore le togliesse il meglio del suo piacere; pur tuttavia
seguitò a descrivere il carattere del fidanzato, un uomo eccezionale,
senza confronti.
Infine, Cesare si alzò per troncare la conversazione, e mise il piede
sul portasigarette, che schizzò in frantumi. Fu la sola prova di oblio
completo, ma fu anche quella la quale divertì immensamente Roberta,
che lanciò alcuni trilli di gioia puerile.
--Che cosa fa? Che cosa fa?--esclamò ridendo.--È il suo astuccio!...
Se n'era dimenticato?... Guardi come l'ha ridotto!
Le risatine perlate della ragazza lo ferirono anche peggio. Si chinò a
raccogliere i frantumi, e se li rovesciò macchinalmente in tasca
insieme a un po' di ghiaia e a qualche sigaretta, mentre Roberta
raddoppiava le risatine quasi maligne.
--Deve star molto bene, Lei, oggi?--domandò Cesare.
--Sì.... Perchè?--rispose la giovanetta oscurandosi subitamente in
volto,--Come mi trova?...--Sono pallida?
Tale era l'umile preghiera della voce, che Cesare non ardì spingere
oltre la sua vendetta.
--Appunto,--si affrettò a dire.--Non l'ho mai vista meglio: ha un
colorito splendido.
Roberta mandò un sospiro di conforto, e Cesare si limitò a pensare:
--«Con una parola potrei forse ucciderti.»
Ma sentì di repente che si svegliava da un sogno, e che tutte le cose
intorno a lui avevano ripreso il loro aspetto comune, laddove per
qualche tempo egli aveva visto il giardino grande come una foresta, e
i filari degli aranci profondi come i sentieri di quella foresta.
Nauseato, stava per andarsene quando Emilia sopraggiunse; aveva il suo
solito abito, lilla, e in testa portava un cappello rotondo, di grossa
paglia; le mani erano nude. Cesare la guardò appena, rifuggendo
dall'analizzare anco una volta lo spettacolo di bellezza che non era
per lui; Roberta prestamente gli gettò un'occhiata per implorarlo a
tacere; e la conversazione s'avviò con una svogliatezza inabituale.
--Ebbene, che cosa è accaduto?--domandò Emilia a Roberta, quando
Cesare ebbe preso commiato.--Eravate così confusi tutti e due....
Roberta scoppiò a ridere.
--Ha rotto il suo astuccio da sigarette,--rispose.--Null'altro....
Poi, più tardi, in casa, non potè trattenersi e narrò ad Emilia la sua
menzogna.
--Sono vere sciocchezze,--osservò la donna bruscamente.--Quale
intimità abbiamo noi col signor Lascaris per prendercene giuoco? E
perchè inventare una storia di genere così delicato? È orribile, che
tu non possa vivere un giorno senza dire una bugia, a qualunque costo,
al primo venuto....
Parlava con voce un po' alta, mentre andava preparando alla sorella
una tazza di cioccolata di cui Roberta aveva abitudine; ma le sue mani
tremavano, e con un movimento maldestro rovesciò la tazza di
porcellana e la ruppe.
Per la prima volta, Roberta ebbe a pentirsi quel giorno d'una sua
favola; perchè Emilia andò a rinchiudersi in camera e non si mostrò
fino all'ora di pranzo. Roberta non l'aveva mai vista così agitata:
fosse imaginazione o realtà, le parve che la sorella avesse pianto.


VII.

Si arrampicò per il monte dietro il paese, dove la straducola mancava
del muro, e apparivano, come da uno squarcio, le acque, il paesaggio,
il verde, il grigio.
Là, Cesare sedette; restò a guardar lo spettacolo fantastico, in una
posa d'attenzione totale, sdraiato sopra un piano d'erba, all'ombra
d'alcuni folti ulivi.
E lo spettacolo era così raro, che l'uomo ne fu per qualche istante
tutto assorbito, e cominciò a osservar da lontano, avvicinandosi con
lo sguardo a poco a poco fin dov'egli si trovava.
Da lontano, il mare in un'invasione di luce singolarmente nebulosa e
dorata, aveva smarrito la linea d'orizzonte, unendosi col cielo dorato
e nebuloso; talchè non si sarebbe potuto dire, nella falsa rifrazione,
se le vele piccoline danzassero sul mare, o non piuttosto fossero tra
cielo e mare sospese. In quella sterminata dovizie di luce impalpabile
o dentro le acque animate dal formidabile riverbero, due scogli neri
sorgevano, apparenti e scomparenti a capriccio dell'onda, circonvoluti
da un rigoglio di spuma gialla. Le coste lontane, che nei giorni
d'aria lucida si disegnavano perdutamente, stavan celate dietro il
velario d'oro. Ma verso le rocce violette di Portofino, a levante, le
acque avevan disperso il pulviscolo solare, e una violenta chiazza
azzurra restituiva la solita visione col limite ben netto
dell'orizzonte. Ancòra là, otto o dieci vele bianche, l'una accosto
all'altra, erano farfalle posate con le ale trepide sul pelo delle
acque; e due o tre, più basse, avevano una tinta bruna, quasi la luce
non fosse giunta a tangerle. Così lungi, le imbarcazioni peschereccie,
tenevan forma e significato di giuocattoli; nè si poteva credere
portassero uomini massicci, curvi sul liquido specchio o stesi sulle
tavole umide in aspettazione.
Poi, ad un tratto, diminuendo di molti gradi la lontananza
prospettica, s'apriva agli occhi di Cesare la costeggiante verzura del
paese, fitta e spessa come un vello, in numerose gamme di colore, in
diverse altezze, da cui s'ergevano, i cipressi cuspidali. E ridenti di
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