Ugo: Scene del secolo X - 7

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--Ma sono padre!... Perché ho valicato il Chiusone?... Vedete quella
cuna? Che c'è, che c'è, Dio mio, nel destino perchè la maledizione
debba pesare su quella creatura? e su voi? Tormenta me, se godi di
questa atroce potenza: io faccio sacramento di rendere un giorno agli
uomini quello che essi mi hanno fatto, col furore addoppiante della
vendetta! Ma una donna, una bimba! Ad esse fu dato il cuore per amare,
non per odiare!
--Ugo, tu bestemmii! Senti: castigo d'Iddio! il vento vuol sfasciare
la capanna! O Signore, la mia cuna!
--Non temere! Il tristo dono della vita non si ritoglie mai a tempo.
Gioisci? Muori. Ti strazii? La morte invocata non VIENE. Tutto è
martirio!
--Ugo! Ugo, tu piangi?
--Se Bonello venisse quassù?
--Tu hai la scure: io so pregare Iddio.
--Tu non temi l'ira del cielo, perché tu sai che in cielo Dio è
l'amore: io temo quella degli uomini, perché in terra Dio è l'oro!
--Ti dissi io: "Ugo, fuggiamo! I boscaiuoli già sono tutti al piano:
qui temo la bufera, la valanga, la morte" ti dissi?
--Ed io devo supplicarti: fuggiamo! Oggi lo seppi, sì; fu scoperto che
noi siamo quassù: fu giurato il nostro martirio, lo scempio della tua
creaturina, il tuo vitupero, la mia prigionia!
Bonello, forse domani, o solo col tradimento, o violentissimo con
cento armati, verrà su queste cime, a guadagnare la taglia! Io ho
udito il bando e la promessa in oggi stesso! Fuggiamo, Imilda!
Imilda è già soggiogata, non si lamenta, non si dibatte, non si
stringe ad Ugo, non prega Dio, ma solo geme col sospiro più
profondo:--E la nostra poverina?
Quel sospiro soffia in un grande inferno: perché Ugo
bestemmia:--Sempre un rimorso nella mia preghiera!
Ma Imilda se lo stringe a sè. Quando il boscaiuolo era entrato nella
capanna era Silverio, ora il cavaliero era Ugo. Con Silverio Imilda
amava la pace, con Ugo adorava il passato, il presente, l'avvenire.
--No, Ugo! Io ti seguii! Non ti seguii: ma ti volli, ti trascinai, ti
inebbriai! Oh com'era il tuo amore? Ch'io non ti abbia poi conosciuto
mai in tanti mesi? Che tu non sii forte come me?
--Imilda!
--Come sarà il tuo amore?
--Sarà come adesso! Ardente, santo, santissimo, pronto a tutto!


CAPITOLO XI.

L'indomani mattina era tempo assai sinistro. Nelle valli di
Fenestrelle stagnava un morto nebbione: i torrenti scrosciavano colle
note basse della loro più tetra solitudine, direcciando dai picchi
squallidissimi, o tra le rupi invetrate di gelo rotando colla schiuma
cinericcia: pendevano secchi e scarmigliati dai ciglioni a squarci gli
arbusti selvatici: gli abeti davano le loro tinte fosche a
quell'immenso cimitero della natura: cadevano foglie e cortecce e rami
e poveri uccelli migranti che non vedevano più cielo: il cielo era una
caligine sola e le montagne, che v'immergevano le cime, mostravano le
loro ossature di macigni profilate di nevi, disegnandosi come bigi
carcami raccosciati o caduti. Era forse il dì de' morti.... La notte
prima era dirupata la valanga? dove? come? Chi l'ha detto? Alla luce
scialba di questa tristissima mattina si sono fugate le imaginose
poesie del giullare della notte.... Dov'è Guidinga? Chi attende?... I
lividi pinnacoli del Monviso, del Meidassa, del Glaisa, del Genèvre,
del Chalierton, dell'Assietta, non conoscono donna alcuna!
Qual freddo deserto! Eppure non è deserto per Ugo e per Imilda, che
lentamente aprono la porta della loro capanna: quello curvo sotto un
fascio di povere robe, con pochissimi cibi, colla sua scure pesante:
la donna rimbaccuccata in dieci pelli di agnello, non a proteggere
lei, ma la creaturina, che amorosissimamente si aveva al petto.
Imilda trepidante guarda giù al sentiero per la valle, e, stringendosi
ad Ugo, mostra il viso affannato da una veglia tormentosa, come quella
che, cogli apparecchi non mai decisi, coi dubbi, coi rimpianti,
precedette il tristo giorno di un viaggio verso l'ignoto. Quale
veglia!--Ma è proprio vero che fuggiamo? Che mio padre è morto? Quante
cose con noi si dovrebbero portare! Quali? Ma il fardello sempre
cresce! Questa veste è necessaria? proprio? Se il freddo, se la
bimba.... Eravamo tanto tranquilli! Non si può pensare! Che succederà?
Abbiamo preso tutto. Tutto? Quell'oggetto qualunque è lì nella
casetta: non c'è fatica a staccarlo, aumenta di poco il peso al
fardello, lo porterò io, e potrebbe divenirci il più necessario: lo
portiamo sì o no? Lo abbiamo lasciato! Torniamo: si va: si ritorna....
Quell'oggetto è forse inutile. Se si potesse avere una culla! Dove
andremo, o Dio? Che abbiamo fatto?... Quale figlia fui rispetto a mio
padre?... Uno spavento grandissimo stringe sempre d'attorno la
casetta: i nemici, i pugnali, il tradimento! O Dio Signore! Passerà la
notte. Ma che non passi! Qui l'ore un giorno erano felici: di qui
dobbiamo esulare! Non passi e sia l'ultima in pace!--Fra l'angoscia, i
dolori dell'amore e l'amore dei dolori, è passata! E _bisogna_
fuggire. Imilda ha la mano tremante sulla porta, la tocca, e, come se
quella fosse di legno benedetto, la bacia, si fa segno di croce: esce,
e guarda giù. Sospira quasi liberata da un gran dubbio, il peggiore,
dicendo:--Bonello non viene!
Ugo tace. Ugo stette per tutta la notte senza pronunciare una parola.
La capanna aveva al suo lato posteriore l'orticello e una stalletta
con un finestrino a terra. Ugo e Imilda, uscendo per la porta
dinnanzi, senza nulla più vedere, incominciarono a salire il monte....
Si udì un belato.... La capra della massaia sporgeva dal finestrino
sull'erba il muso gemmato di brina, cogli occhioni sbarrati, col
campanaccio che suonava con grave lamento: levò la testa.... Addio!
I fuggitivi sentirono quel belato: ma nessuno ebbe tanta forza da
aprir bocca.... Addio, santa e tranquilla casetta dell'amore! Da te
ancora esce una voce per noi! E noi ritorneremo?... O travi, cui
recise e inchiodò la mano del boscaiuolo nelle lucenti mattine di
primavera, o travi, quanti ricordi ci sorridono nell'anima!... Due
anni prima, dopo il tormentoso esulare di giorni e di notti, dopo la
benedizione del romito di Malandaggio, dopo mille paure e troppe
gioie, al primo giungere su quelle cime sicure, Imilda era caduta
affannosissimamente nelle braccia di Ugo, aveva avuto da lui tanti
baci, quant'erano stelle nel cielo, a salutarli felici, ed aveva
incominciato a susurrare:--Ti ricordi com'erano fiacche le corde del
mio liuto?... Sai, non sento più suoni, nè più vedo.... Eppure la mia
mamma Adelasia anche lei mi diceva di volermi bene!... Ugo, che cosa
sono le stelle? Fuochi o anime che si adorano? Bisogna proprio morire
per diventar stelle? Quei fuochi palpitano, quell'anime baciano, ma
non hanno braccia per stringere forte forte.... Stringi!... L'edera e
la quercia sono cose di questa terra, e come sono felici!... Ugo, che
cosa dirà la Madonna santissima? Ma io l'ho sempre pregata: e,
pregandola, non sapevo che lei, una notte, la dovesse arrossire!... La
Madonna è su, su, su, lontana! Tu sei qui! Stelle, Madonne, baci,
fiori, sorrisi.... tutto io sogno. Tu non sei un sogno?... Un giorno
ti sognai bello, arcangelo mio, e coll'ali fiammanti e colla lancia
del trionfo.... Ora ti sento mio: e ti strapperei l'ali, per paura che
tu mi fuggissi! Ed ora sei vinto!... Ieri, l'altrieri, mi pareva di
morire nell'imaginarmi le gioie del tuo amore, ora vivo di vita
addoppiata!... Tu mi credi moribonda perchè ho il seno discinto e
ansante?... Voglio dirti...! Ricominciamo... il pellegrinaggio dove
vuoi, per giungere ancora qui, alla prima notte di nozze, per non
veder più stelle, nè cielo, nè sante protezioni, per cadere ancora
qui, e dirti ancora che sei mio!... Ricominciamo il pellegrinaggio....
Su, su.... Eppure! mi alzo, dò un passo, non ho più forza e
ripiombo!--Aveva finito a susurrare così, e aveva dormito sotto un
padiglione di frasche, avvinta alla persona del suo cavaliero,
odorando l'effluvio dell'erbe aromatiche su cui posavano l'api: la
luna l'aveva vestita come d'una coltre di serico bianco, e, fra i
mille bisbigli del vastissimo silenzio, lì vicino il gemitìo d'un
ruscelletto le preparava nella schiuma iridescente le fuggitive perle
alle sue nozze. S'era svegliata, più stanca, soffogandosi gli occhi
leziosamente e domandando:--Dove sono?--per sentirsi rispondere:--Sei
ancora sul mio petto!--E sul petto di Ugo ella, che nel castello
d'Ildebrandino aveva vissuto dei giorni solitari e freddi come una
monaca, ella ad ora diveniva poetessa gentile, ad ora fremente, come
una sibilla, insaziata di baci e audace nelle profezie, ad ora
bambina, ingenua, tranquillissima, secondo i sonni della notte. Quando
Ugo, felice e infelice, le aveva detto:--O Imilda, qui su queste rupi
è morto tutto il mondo per noi! Qui siamo soli, e possiamo esser soli
per un secolo! Io scenderò giù giù coi boscaiuoli al lavoro....--No,
no!--ella aveva supplicato:--Rimani sempre con me!--poi aveva sorriso
sprezzantemente al cofanetto dei gioielli, soggiungendo:--Sì, tu
lavorerai e avremo il pane de' montanari, e lavorerò anch'io.--Ti
grava la solitudine? Monti e monti, e cielo e silenzi e voli d'aquile
superbe: intorno a te è il deserto.--Il deserto? Ugo, facciamo un
mondo, siamo creatori: monti e monti, e cielo e silenzi e Dio sparso
dappertutto: tra questo mistero facciamoci una casetta; vuoi nominarla
castello, romitorio, reggia, monistero, o mondo? Sia come vuoi: da
questi picchi noi pregheremo e regneremo.... Che? Ameremo! ecco la
idea della divinità.--Imilda aveva scelto il luogo per la casetta, con
grande importanza ciarlando della maggiore o minore probabilità dei
venti molesti, prevedendo l'inverno col caldo dell'amore (ma non
l'inverno vero!), occupandosi della comunicazione col ruscello, con un
prato fiorito per la preghiera del mattino, e col sentiero che
conducesse giù alla prima vallicella, e giù ancora e giù e giù a
qualche lontana capanna d'anima viva: e pel luogo aveva tratto placido
augurio da un sogno che aveva fatto.... Era sposa da tre o quattro
giorni e già amava le cose piccine, i fiorelli, le erbucce, simulava
la vocina capricciosa e la pronuncia ingenua, temeva le api; poi
riposava molto, cantava un'antica canzone, tutt'altro che
cavalleresca, lenta, sempre a ritornello, affrettava sempre più
l'opera della casetta, senza più chiamarla colle voci poetiche ma
volendola sicura e bella e pulita, desiderava una capretta da mungere,
con tanto latte e tanto pelo, pregava a notte, arrossiva dinnanzi a
Ugo. Spesso, quand'egli lavorava a tagliare, ad inchiodare, a
connettere, ella sedeva silenziosa, e finiva con un rimorso
castissimo:--Mi spiace ch'io non possa aiutarti!--e temeva
l'inverno.... Con scrupolo delicato si toglieva di collo la medaglia
della madre, dicendo:--Tu assisterai al battesimo.... Ma che? l'acqua
che ne manda Iddio nei ruscelli è tutta benedetta!--In quei primi mesi
dell'idillio il cielo era azzurro con cento azzurri, splendido,
diafano, e colla vita del suo sole, colla poesia della luna e delle
stelle, pioveva smeraldi alle selve, porpore alle rupi d'occidente,
diamanti all'acque, paci alle vallee, e amore a tutta la natura: tutto
bisbigliava, tutto si incoloriva, tutto scaldava, tutto fremeva....
Ugo calava giù alle capanne dei boscaiuoli a lavorare, a guadagnarsi
le provvisioni, mostrava la crocetta che gli aveva dato il romito di
Malandaggio, si spacciava come uno che fosse tornato a' propri monti
dopo avere lavorato in Francia, senza parenti, solo, solissimo: giù
l'aria gli pareva più greve: i pochi aspetti degli uomini lo
conturbavano: quando risaliva alla sua donna non si volgeva più a
fissare la direzione delle sue terre, del suo castello, de' suoi
nemici. Dopo tanta passione, la pace sola aveva padroneggiata l'anima
sua desiosissima! Ugo si ricordava d'avere visto nascere il sole da
un'alta vetta, quando si sentiva rozzo, villano, cattivo, crudele,
fortissimo, libero: ma Ugo non rammentava più quello che aveva
operato.--Ho fatto il mio dovere, ed ecco la mia pace!--si diceva, non
cercando l'eccelse cime per indovinare coll'anima cupida di mistero,
per indovinare affannosamente il vasto sogno de' suoi deliri,
l'infinito! Egli, nato da un Oldrado che era precipitato nel nulla e
sempre aveva taciuto all'evocazione del figliuolo spronato, e da una
Guidinga che, colla potenza dei mali spiriti, aveva centuplicato
l'anima perversa dopo morte, una _madonna perduta_ che aveva
ascoltato, ascoltava, e doveva ascoltare fino al dì dell'universale
giudizio le supplicazioni dei montanari:--Non rotolate la
valanga!--Ascoltava, ma non esaudiva. E doveva essere castigata, dopo
quel giorno ultimo dell'uman genere, nei secoli dei secoli dei secoli!
Che cos'è la morte? Come si posa? Come si rivive? Oldrado aveva
finito? Perché Guidinga sghignazzava sempre? Cos'è l'anima? il
mistero? la condanna in vita e nell'avello? l'occulto delitto che si
sconta? Ma pure vi sono i gaudenti, i tripudianti, gli epuloni?--Ugo
non sapeva leggere, e poi allora c'erano pochi libri che sapessero
persuadere alle belle cose. Ugo parlava male, pensava male, senza
legame, senza logica, e soffriva peggio; di questo si accorgeva. Aveva
patito e patito! Che importava a lui dei grammatici e dei logici
paffuti? Ugo aveva avuto poca vita per la sua anima procellosa: eppure
era già stanco: amava ed odiava!--In questa prima parte del nostro
racconto il carattere d'Ugo l'abbiamo tracciato sconnesso, a sbalzi,
tristamente indecifrato, come i foglietti dell'archivio di Saluzzo
volevano, riferendo quelli unicamente le date e poche parole di quegli
avvenimenti descritti da noi: la colpa non fu nostra: l'analisi ci
avrebbe ghiacciato la penna fra le mani: né il romito di Malandaggio
fu più felice di noi: confessiamo che, seguendolo passo passo e
colorendo il nostro Ugo sul suo, dovemmo gettare il calamaio e la
carta. Nella seconda parte del nostro racconto, dopo di averci ben
pensato, speriamo di accontentare quei pochi che a ragione ci
domandano:--Chi è questo Ugo?--Ugo non cercava più l'eccelse cime per
indovinare il mare, ma si chinava dimesso alla sua donna per sentirsi
replicare:--Ho bisogno.... Abbiamo bisogno di poco: tanto così!
Guarda: una casettina!--e Imilda diceva cose che uscivano da una
bocca, si ascoltavano da un orecchio, e domandava altre cose che si
misuravano colle mani, si toccavano, si mangiavano.... La vita
reale!--Nell'infinito sognato nelle notti temporalesche dell'anima, o
Dio o il mare o il mistero, c'è lo squallore del silenzio e sempre nel
povero cuore l'insoddisfatto bisogno dell'ali: ma invece, sotto
quattro travi lontane da tutti, se c'è Imilda che dica:--Ti amo!--c'è
nell'uomo, che anche creda Imilda immortale, il dovere sacrosanto di
domandarle:--Siamo soli. Hai fame? hai sete? Dimmi che vuoi! Il mio
amore starà nel risparmiarti, più che mi sarà dato, i sacrifici. Tu
devi vivere! Ti darò da mangiare, da bere, da difenderti dal freddo;
io sarò il tuo servo.--Alla poetica baldanza, solitaria, indagatrice,
spossatrice, per la vita del pensiero, succede per la vita del cuore,
per cagione della donna, una catena di obblighi concreti, santi,
prosaici e poetici, legata alla terra: una catena che avvince due
amanti di carne ed ossa, ma pure amantissimi. Vedendo _lei_ che morde
un frutto procuratole da noi, noi esultiamo di pienissima gioia.
Dio-mistero ha troppo inghiottito l'anima nostra: troppo la disperse
il mare: noi non siamo più noi.... Ma Imilda _voleva_ una casetta. E
fu fatta.... O travi, sì ripeto, o travi cui recise e inchiodò la mano
del boscaiuolo nelle lucenti mattine di primavera! O finestretta, che
parevi fatta apposta per la castellanina nascitura! Panca di bianco
abete, su cui gli sposi sedendo, ai loro desideri avevano per
calendario i fiori del pratello e per gnomone i fusti eretti dei pini!
Addio! O porta, che sì ti chiudevi gelosamente anche in certe ore di
giorno, e contro cui veniva importunissima a battere la testa la
capretta: o porta, che eri aperta da una manina fattasi tremante!
Addio!... E tu, scure, che spaccavi i tronchi, che carezzasti le
assicelle a connettere la culla, che là alla parete di legno baciavi
l'ulivo della pace! Voi, pietre del focolare, su cui posava a
tradimento quel piedino, liscio come cigno! Voi, misteri divinissimi
di gaudi, di tripudi, d'amore, di baldanze, di sfinimenti! Addio!...
Imilda _voleva_ una creaturina, a cui rendere placidissimi i baci,
ch'ella, roventi, riceveva da Ugo. Imilda fu beata: sentì il dolce
peso, i cari sussulti, la vita addoppiata da una vita arcana, il
rigoglio del seno, i santi dolori e il premio di gioie: Imilda fu
superba.... O capretta, capretta pezzata di bianco e di nero, che al
vagito della bimba rispondesti col belato tremulo e insistente! Addio!
I fuggitivi mossero pochi passi e si rivolsero.... O bambinella,
là dentro alla capanna tu saresti cresciuta la figlia di Maria la
montanara e di Silverio il boscaiuolo. Ugo e Imilda avevano presi
questi nomi. Senti, bella innocente, sì, saresti cresciuta e il
massimo tesoro sarebbe stato l'oro de' tuoi capegli, baciati da
mamma e da babbo. Senti, bellissima ritrosa: un dì, col grembiale
della festa, col viso sorridente di tutti i giorni, tu saresti
andata giù alla chiesuola della valle. Oh qual pace!... Ti colori
in volto? Dillo alla mamma che non lo vedi quel giovinetto che
cantava, cantava nei boschi, e non canta più!... Ma sì! sì, n'è
vero che canterete insieme? La ninnananna accanto ad una
culla.... Chi è nato? Se è un maschietto mettetegli in nome
Silverio: s'è una piccina, Maria.... E con voi la famiglia dei
boscaiuoli si continua nella casetta che fece il nonno di sue
mani, davanti al focolare che segnò la nonna colla croce... Il
nonno? la nonna? Non ci son più. Dio li abbia in pace. Sì, ma è
un pezzo che son morti.... I nonni diventano bisnonni, e i
bisnonni gli arcavoli, e.... Passarono gli anni, gli anni, gli
anni, eh! Non passò l'acqua del torrente? Non le nevi sulle cime?
Passarono le gioie e i dolori.... E poi?... Noi poveri morti
preghiamo Dio che ci lasci tornare un minuto ai nostri cari: e
torniamo alla capanna, che ci pare quella sì e no, e domandiamo
alla gente che c'è:--Chi siete?--Boscaiuoli.--Lui come si
chiama?--Enzo si chiama.--Lei?--Agnese.--Non si chiamano Silverio
e Maria?--No.--....Oh come? Anche il nome si è perduto! E noi
vogliamo raccontare di noi, e incominciamo a raccontare, ma siamo
interrotti: così:--O buona gente, voi non sapete l'istoria? C'era
una volta in questa casetta....--Le si è rifatto ancora il
tetto l'anno scorso.--C'era una massaia che aveva in nome
Maria....--L'uscio vecchio schiodato dall'uragano s'è messo nuovo
con tavole robuste.--E un boscaiuolo c'era chiamato mastro
Silverio, e una piccina. E dovete sapere che lui.... Vi dico
l'istoria di un conte, di un capitano, di un famoso che ha patito
tanto e....--Quanti anni sono passati? Che ci importa?... O buoni
vecchietti che veniste su a cantare le vecchie storie, volete le
limosine? Chi siete?
Quanti anni sono passati? È venuto l'oblìo!... Io non so quanti anni,
ma sono passati in pace, in pace, in pace!... O bimba, saluta la
nostra casetta! Noi fuggiamo! Addio!,.. Addio!...
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

I fuggitivi si rivolsero ancora. Valicato un torrente profondo e
rabbiosissimo su un ponticello di legno, che Ugo aveva gittato un
giorno dall'una all'altra dell'aspre rive, un unico troncone
barcollante, Ugo e Imilda s'allontanavano più che potevano lentamente,
tenendo alle alture di sinistra, inverso Francia! Oh la capanna
presentava il lato più bruno, su cui s'appoggiava la stalletta di
strame bigio e l'abbeveratoio muscoso: dinnanzi a quello, ed era il
più caro perché aveva un balconcino di quattr'assi a buchi tondi,
fatto apposta e apposta ornato di un prunello selvatico per la
massaìna, c'era l'orto ricinto da tanti scheggioni ammucchiati....
Dalla stalletta chiusa, per la finestruccia, come prima, la capra
sporgeva la testa.... S'udì ancora un belato....
Imilda, che seguiva Ugo alla lontana, colla testa chinata,
stringendo la bambina, non resse più allo schianto del cuore, si
arrestò, volse indietro la faccia, e chiamando:--Ugo!
Ugo!--lamentò due volte:--Quella povera bestiuola pare la ci
saluti!... Perché non l'abbiamo condotta con noi? Ella forse
cerca la padroncina....
Ugo per tre passi finse di non intendere: quando udì il sospiro dì
Imilda e un nuovo belato gemebondo, dovette fermarsi: e disse:--Quando
troverà la casa vuota!
Incominciò Imilda con un dolce rimprovero, ma pure felicissima
di sgroppare a lui colla parola il muto dolore di quei
momenti:--Volgiamoci indietro!... Ugo, io credevo che tu la
conducessi con noi, e perciò stamane non me ne ho preso
pensiero... ma....
--Non la volle venire--rispose Ugo forse per iscusa.
--Perchè? Se è così obbediente! Se è la nostra amica da due anni! Con
me, Ugo, la verrà: le mostrerò un poco di fieno nelle mie mani.
--Tu vuoi che noi torniamo ancora là? Oh, Imilda, risparmiaci il
dolore!
Pensò Imilda un poco, e poi timidamente:--Ebbene ci andrò sola: tu
attendimi qui.
--Lasciala!
--Poverina!
--Sul cammino ci sarà d'impaccio; di qua, di là sbandandosi.... Dove
trovare un filo d'erba?
--Ella ci sarà sempre accosto, e poi....--Imilda si scosse vivamente a
un tratto, giungendo le mani sopra la sua creaturina:--Sì, Ugo, questo
pensiero me lo manda la provvidenza! Senti: per due, per tre giorni...
forse più... io non so dove e come andremo... e tu non m'hai
detto....--e la gentilissima s'affisava in Ugo, collo sguardo quasi
dicendogli:--Perchè hai taciuto tutta la notte? Che amore il tuo nei
tristi momenti?
--Dove andremo? Imilda!--Ugo si compresse fieramente il cuore, come se
in esso sentisse il serpe di un rimorso. Non sapeva quale passo; quale
cima, quale direzione scegliere: dappertutto squallore, ostacoli,
morte! E bisognava fuggire! Un pensiero gli era venuto: scendere
diritto alle sue valli, al suo castello per pietà d'Imilda, e....
--La nostra piccina potrebbe domandarci.... Le nostre provvisioni
nella capanna erano già troppo scarse: ora che abbiamo con noi?...
Ugo, se il mio seno si inaridisse?--e Imilda straziata nell'anima sua,
ma coll'aria rassegnata sul volto, e quasi umile da chiedere
perdono:--Ugo, forse per lo spavento di questa notte...? Oh no, il
Signore è buono!--e, già fidente, si scoperse il seno: se diede un
brivido, fu brivido d'amore: perché la baciò la bimba, le sorrise con
invito soave di madre e se la strinse: la bimba aprì gli occhi, sembrò
spaurata di non trovarsi nella sua culla, ma in quella grigia
solitudine, agitò le manine, posò la testina, tentò suggere le
mammelle, e vagì.--Sono già inaridite!--pianse Imilda, volgendosi a
Ugo, alla bimba, a Dio. Poi, già fidentissima, ricorse al primo
pensiero:--Ugo, questa è ispirazione della provvidenza! Conduciamo con
noi la capra: almeno la nostra creaturina avrà del latte, non morrà di
fame.
All'atroce dubbio s'era mescolato un raggio di speranza. Almeno per un
giorno, o due, la bimba non morrà di fame! E poi?
Imilda incalzava:--Tu, Ugo, deponi il fardello. La capra sarà la sua
vita.
--Sì--disse Ugo: e il suo volto a un tratto s'illuminò d'immenso
affetto.--Andrò alla capanna. Voglio quella povera bestiuola.
E Imilda con dolce violenza:--No! Con te non la volle venire e non
verrà. E poi tu vedresti ancora quelle pareti!--e, sorridendo, con
tutta l'aureola santa di una mamma:--Io voglio ancora baciare quella
culla. Sì, Ugo: tu non sai. Staccando la creaturina dal mio seno, ho
fatto un voto. Per questo Dio ci vede e tu devi sperare.
--Un voto?
--Credi tu in me? Ho pregato il cielo, e noi ritroveremo un tetto, una
culla, del pane, e i nostri giorni felici!
--Imilda! E il tuo voto?
--Devo pregare in luogo santo. Ebbene? Nella capanna abbiamo
abbandonato un altare di gioie e di memorie.... Ugo, lasciami tornare
là....
--Se hai speranza!
--Speranza e fede. Deponi il fardello, pigliati la bimba, ma non farle
prender freddo, ve'--e la mamma si spogliò delle pelli con studio
d'amore soave, e fra esse avvolse la bimba, e gaiamente
scherzando:--Sta qui. La mamma? Sai, è andata a prenderti la nutrice.
Tu sei figlia di gran signori e i signori sono allevati da petti
venduti. Noi ti diamo una nutrice da imperatori e da regine.... Fammi
un bacio, inviziatella, un altro, un altro, un altro. T'ho scaldata a
baci?
Ugo da tanto amore si lasciò soggiogare: disse di sì, depose il
fardello e la scure: si trovò la bimba sul petto. Quell'alito
innocente, tranquillo, purissimo, come l'olezzo dei fiori, parve gli
penetrasse al cuore, refrigerando la piaga che v'aveva, più e più
squarciata dall'immensa passione: la mente sua che prima in un caos
tumultuante rifletteva, per così dire, quel cielo uggioso, quella
natura squallida, senza avere un pensiero distinto, tutta
presentimenti e tristezze, la mente accolse una idea di pace. Imilda
l'aveva guardato negli occhi, e nelle pupille della donna c'era più
che lo sguardo della madre e della moglie. Ugo fremette
dolcissimamente, e, quasi meravigliato di sè, vezzeggiò la bimba, con
garbi fanciulleschi, come nei giorni felici, e sorridendo spiò Imilda
che si allontanava.... Quante memorie, sì, ma quante speranze rinate!
Quando l'uomo, anche perseguitato dal più perverso destino, ha con sè
i suoi tesori, una donna, una creaturina, che gli hanno ridato una
pace e una fede gentile! Sì, quali e quante speranze! Ugo in quello
sterminato deserto si sentì a un tratto contento....
--Bada al ponte!--Ugo gridò dietro a Imilda. Imilda era al ponte: la
si volse, come dicendo:--Sta tranquillo!--si fece il segno della
croce, passò al di sopra delle acque fragorose, e lesta lesta fu alla
capanna. Quanto avrà pianto e sorriso! Quanto avrà pregato per Ugo,
per la figlia, per lei! E, solissima, finalmente avrà supplicato--O
padre! o padre, mi perdona!... Padre, ero nata da te, ma ero nata per
l'amore!... Non mi guardi più?
Ugo, non trovandosi per un momento Imilda al fianco, provò d'amarla
doppiamente.--O mia donna!--proruppe:--La mia grande sventura è la mia
ventura! Sì, se gli uomini mi condannarono alla fuga, alla solitudine,
all'esiglio, la mia stella mi concesse la ferma, la piena, l'unica
vita dell'affetto! Come ho amato! Come amo! Laggiù in mezzo agli
uomini, all'armi, alla potenza, avrei provato tutto lo squallore del
deserto! Trista era l'anima mia più che l'avello dei morti! Volevo
vivere e morivo, volevo morire e vivevo! L'odio e l'amore!... In poco
tempo s'era squassata l'anima mia.... Quassù ho dimenticato i miei
nemici, i miei più fieri, Oldrado e Guidinga, il mio fìerissimo Ugo ho
dimenticato, e sono Silverio.... O mia donna! Che cos'è Dio? l'anima?
il bene? Io non so: so che tu sei il mio Dio, l'anima mia, il mio
bene! Tu il mio riposo!... Vieni, ch'io ti voglio: e con un
ardentissimo bacio voglio sul tuo cuore suggellare le care speranze
che ti allietano questi dirupi dell'esiglio!... Quando in me vedi il
boscaiuolo, eccomi pronto a sfidare la valanga, fosse pure per
coglierti un solo filo d'erba che ami: quando in me ricordi e
compiangi e susciti il cavaliere, eccomi, armato come vedesti, audace
senza l'elmo, insignito di sproni d'oro, tremendo figlio d'una
traditrice e di un tradito, non quale fui, meschino in confronto alla
tempesta che mi ruggeva in petto, ma quale avrei voluto essere,
eccomi.... come un paggio a' tuoi piedi.... e tu comanda! Tu non
comandi mai, Imilda! Tu desideri, tu guardi, tu baci.... Tu mi hai
donato una bimba.... O fanciullina mia, non sai come si chiami tuo
babbo? Silverio? Ugo? Si chiama felice: e ti basti. E qual vita ebbe?
Nessuno mai te lo racconterà, perché andremo in terra straniera: noi
taceremo gli strazi di un dì, perchè non turbino le famigliari gioie
della nostra povertà!... C'è Bonello? c'è Oberto? c'è Adalberto
laggiù? Io, fuggendoli, li oblìo!... O fanciullina, che so del mio
ieri, del nostro domani? So che ti amo, ti bacio, e ti supplico:--Tu
chiuderai gli occhi a tuo padre!--O mia donna! o mia bimba!... È
triste momento questo, ma io non so perché provo nell'anima unicamente
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