Il ponte del paradiso: racconto - 16

Süzlärneñ gomumi sanı 4443
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1530
40.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
58.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
65.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
— Ma io non potevo fare diverso, essendo nella camera attigua.
— E neppur io, essendo nella stessa camera, e infilando la pelliccia. —
Erano pari e patta. Margherita conchiuse il giuoco, abbracciandolo
stretto, e stampandogli due baciozzi sulle guance.
— Sicchè?... — diss’egli.
— Scriverai.... scriveremo.... anzi scriverò io il biglietto. Si
guadagna tempo. Non l’ho mica da sposare domani. E gli parlerò un
pochino ancor io, per l’appunto domani.... se il babbo permetterà.
— Veramente....
— Veramente, al punto in cui siamo, anch’io debbo parlare. E poi che
cos’è? Dubiteresti della prudenza di tua figlia?
— No, questo, no. Ma siete prudenti in un certo modo, voialtre donne; e
prepotenti, poi!... Insomma, farai quel che vorrai. —
In quel punto venne un cameriere ad annunziare la visita del signor
Raimondo Zuliani.
— Ditegli che passi; — rispose il signor Cantelli.
— Ed io, babbo, passo di là, per iscrivere ancora una lettera; poi vengo
da voi. —
Leggera leggera, la fanciulla si trafugò nella camera attigua. Aveva già
richiuso l’uscio, quando il signor Zuliani entrò nel salotto.
Raimondo era calmo nell’aspetto, quasi severo. Gran forza di volontà in
quell’uomo, che la sventura aveva così duramente percosso! Si sarebbe
mostrato anche ilare, se non avesse dovuto dare, a scusa della sua
assenza mattutina all’arrivo di Anselmo, poco liete notizie della sua
signora. Nervosa all’eccesso, la sua Livia aveva sofferto nella notte un
potentissimo assalto del suo male, restandone molto abbattuta. Era a
letto, naturalmente, e n’avrebbe avuto per parecchi giorni. Egli
intanto, rinnovate le sue scuse, ringraziava caldamente l’amico di esser
venuto alla chiamata, e di mostrarsi tanto disposto ad accogliere il suo
disegno. Gli premeva di esser egli l’autore della felicità di un
carissimo giovine, che avrebbe presentato quella sera ad Anselmo
Cantelli. Un gentiluomo perfetto, quel conte Aldini, un’anima grande, un
cuor d’oro, degno di Margherita, almeno in quel modo e in quella misura
che un uomo poteva esser degno di un angelo. Ed anche a questi patti,
poteva l’angelica creatura esser certa di non trovar fallo presente in
quell’uomo. Tutti si è stati giovani, conchiudeva Raimondo, e qualche
antica debolezza, com’egli aveva avuto l’onore di dire alla signora
Eleonora dopo l’imprudenza di un certo discorso leggero, non doveva
assolutamente contare.
— Acqua passata non mácina; — disse il signor Anselmo; — e poi, bisogna
sempre passarne qualcuna, pensando che l’uomo è nato cacciatore. La mia
figliuola non ha poi badato molto ad un discorso che voi volete pur
ricordare, mio caro Zuliani, dicendolo anche leggero, mentre infine esso
non usciva dai limiti delle chiacchiere da salotto, urbane sempre e
graziose. E dopo tutto, la mia Margherita, senza essere un angelo, come
voi avete la bontà di chiamarla, è una donna forte, ve l’assicuro io,
una donna forte.
— Dunque, — riprese Raimondo, — è affar combinato?
— Eh, quasi. Bisognerà bene che questo giovinotto lo veda prima ancor
io, e ancor io me ne innamori; ne convenite?
— È giusto; — conchiuse Raimondo. — Ma di ciò sono più che sicuro. —
L’uscio della camera attigua si aperse, e Margherita comparve,
Margherita luminosamente bella, col sorriso sul labbro, e un mazzettino
di lettere nella destra, che fece scorrere prontamente nella sinistra,
per istender l’altra con atto cortese e sollecito al signor Raimondo
Zuliani. E strinse forte, quella mano delicata, strinse forte la mano di
quell’uomo, per cui sentiva una simpatia più viva e più profonda di
prima.
— Permette? — diss’ella poscia, accennando le sue lettere. — Le
consegno, e sono da Lei. —
Andava intanto alla parete, e toccava il bottone del campanello
elettrico.
— Subito queste lettere nella cassetta postale; — ordinò al cameriere,
che era comparso alla chiamata.
Poi, libera dalle sue piccole faccende, venne a sedersi accanto al
signor Raimondo, chiedendo anzitutto notizie della signora Livia, ed
ascoltando con molta attenzione quello che egli ne diceva; egli
poveraccio, che dalla mattina non era più ritornato al palazzo Orseolo.
Di quante piccole bugie necessarie non si compongono le nostre
conversazioni! Di lì, mutando argomento, la donna forte passò a
discorrere della mamma, che era in volta col suo Federigo, per
arricchirne il corredo. Sicuro, anche lì ci voleva un corredo di nozze;
non per la sposa, che non ne aveva bisogno, se non di carbone e di
munizioni da fuoco, essendo una bella corvetta, destinata a fare con
Federigo, per suo viaggio di nozze, il giro del globo. La lunghezza del
viaggio voleva adunque che fosse più ricco dell’usato il corredo dello
sposo.
In queste chiacchiere si consumò una mezz’ora; dopo di che il signor
Zuliani prese commiato, promettendo una visita più lunga per quella
medesima sera.
— Non so, — diss’egli, — se troverò il conte Aldini, per presentarlo io
al suo babbo. Ci siamo intesi per le nove. Ma se per caso egli avesse da
capitare prima di me, prego Lei, signorina, di far le mie veci.
— Con gran piacere; — rispose Margherita, stringendo ancora ben forte la
mano di Raimondo; — ed Ella me ne ricambierà con buone notizie della sua
signora, alla quale vorrà fare i nostri più caldi augurii per la sua
pronta guarigione. —
Non una fibra del volto di Raimondo Zuliani tradiva lo stato dell’animo
suo.
— Uomo forte davvero, e risoluto; — pensò Margherita, vedendolo partire;
— questo sarà duro a vincere, più che il babbo non pensi. —
Indi a poco arrivò Federigo con la mamma.
— Grandi acquisti, — disse la signora Eleonora al marito. — Quest’oggi
ti costiamo un capitale.
— Dài, dài dentro senza misericordia; — rispose il signor Anselmo,
stropicciandosi le mani. — Sei capace, scommetto, d’avermi speso un
dugento di lire.
— Sì, bravo; aggiungi uno zero.
— E che cos’è uno zero? Nulla, mia cara. Infatti, non si dice di un
uomo.... come me, verbigrazia, ch’egli conta come uno zero? —
Si rideva, così, aspettando l’ora del pranzo; e il signor Anselmo,
prendendo esempio da quella donna forte di sua figlia, le cercava tutte
per rallegrar la sua gente.
E la signora Eleonora, ottima pasta di donna, era lontana le mille
miglia dal sospettare che figlia e marito non avessero punto voglia di
star sulle celie, dopo tanti sopraccapi che avevano avuto in tre ore.
Bello, passare tra i drammi della vita senza avvedersene! Ma un gusto
simile è solamente capace d’intenderlo bene chi della vita ha saggiato
il disgusto.
Quella sera, alle nove in punto, ritornava Raimondo Zuliani, tranquillo,
sereno, anche ilare, secondo il suo vecchio costume, poichè della sua
signora poteva recare sempre migliori notizie. Con lui veniva Filippo
Aldini, che il signor Anselmo ebbe l’aria di vedere per la prima volta.
Così voleva la diplomazia, concertata tra loro.
L’Aldini non appariva ilare come Raimondo, tra perchè quello non era mai
stato il suo costume, e perchè allora come allora gli sarebbe parso un
insulto, o poco meno, all’interna pena del suo compagno di visita. Era
calmo, nondimeno, e garbato: un po’ umile, anzi un po’ vergognoso, si
accostò a Margherita, osando appena di toccarle la mano.
Ma sul cuore sentiva il dolce conforto di una letterina, ricevuta quella
sera al Quadri; una cara letterina, che lo aveva miracolosamente aiutato
a mandar giù qualche boccone con minor reluttanza. La soprascritta era
di pugno del signor Anselmo; lo scritto interno di Margherita. Così
erano in due a dargli animo. Ed era la prima volta, quella, che Filippo
Aldini vedeva i caratteri della divina creatura, fini, svelti, e chiari
ad un tempo, non imitati, grazie al cielo, da certi uncini, arpioni e
rampini bislunghi e bistorti dei secoli barbari, come si usa oggidì
dalle graziose donne del mondo civile.
La letterina di Margherita diceva brevemente ed eloquentemente così:
“Il babbo ha molte faccende e non può scriverle, come sarebbe
suo desiderio vivissimo. Ma faccia conto che scriva egli in
persona, nel lasciare che fa il grato incarico a me di
significarle che si può passare senza pericolo; Ella sa dove.
“_Margherita„._
Certo il Povero Aldini sarebbe stato molto impacciato, quella sera, a
trovar materia di conversazione, così turbato com’era, e per parecchie
ragioni. Ma gli venne provvidamente in aiuto la signorina Margherita,
tirando il discorso sull’arte. Il ponte del Paradiso ebbe naturalmente
la parte sua; l’ebbe il pittore Longhi; l’ebbe il Pannini; l’ebbe
soprattutto il divino Correggio. Erano a Parma, buon Dio; frugarono
tutti i piani della Pilotta, dal museo archeologico al teatro Farnese;
poi fecero una serie di scorribande, alla rocca di Torrechiara, a quella
di San Secondo, a Montechiarugolo ed a tante altre castella
circonvicine, per andare a finire nelle alte solitudini del lago Santo.
Ci prese gusto anche il signor Anselmo, che sul territorio parmense
possedeva un latifondo da principe, e meditava di ampliarlo ancora,
tanto vedeva di quei luoghi invaghita la sua cara figliuola.
— Margherita, — diss’egli giubilante, — ha Parma sulla punta delle dita.
— Babbo, il tuo complimento sarebbe più bello in francese: _je la sais
par coeur_.
— Non è lo stesso?
— Sì: ma c’è quel cuore, che ha più sentimento delle dita; non ti
pare? —
Per la maggior bellezza della frase doveva aver ragione lei, se anche le
si potesse rispondere che il sapere una cosa _au bout des doigts_ aveva
corso libero in Francia. Quella sera faceva lei tutte le carte, ma
usando l’arte di far parlare più che potesse l’Aldini. Il signor Zuliani
notò con soddisfazione che il Cantelli non ispiccava mai gli occhi da
Filippo, se non forse per rivolgerli alla sua Margherita.
— Mi pare che il negozio cammini; sia lodato il cielo; — pensò egli in
cuor suo.
Quando egli fu sul punto di andarsene, Margherita gli disse con la sua
grazia adorabile:
— Signor Raimondo, io so che Lei mi vuol bene; e Lei sappia che io
gliene voglio ancora di più.
— Mi par difficile; — rispose egli con bella galanteria.
— Vedremo. Chi vive, ha tempo a vedere.... e a ricredersi. Vuole che
scommettiamo? —
Raimondo Sorrise, ma non accettò la scommessa.
Al conte Aldini, che era rimasto ancora qualche minuto, la donna forte
trovò il modo di dire in disparte:
— Ci si vede domani? L’aspetteremo alle tre, io e babbo. Si parlerà
d’alte cose. —
E perchè Filippo era rimasto un po’ sconcertato da quelle “alte cose„,
soggiunse:
— Ma sì, c’è da aggiustare quel benedetto ponte. Non pericola, lo so; ma
qualche restauro mi pare che lo richieda.... e lo meriti. —
Ah, birichina, quella donna forte! Ed aggiungeva per il buon peso:
— È anche un po’ angusto, quel povero ponte. Non già come quello che la
fantasia di Maometto ha saputo imaginare, fatto d’un filo di ragnatela,
che, guai alle anime, se non son più che leggere, perchè non ci si
potrebbero reggere e cascherebbero nella Geenna, fiammeggiante di sotto!
Ma al nostro dobbiamo pensare, da buoni architetti, facendolo ampio al
bisogno, e ben saldo. Sorrida intanto; sorrida almeno una volta! —
Filippo Aldini sorrise, e promise.


XVIII.

La giornata dei misteri.

La mattina seguente il signor Anselmo diceva alla sua Margherita:
— Carina, siamo dunque alle porte coi sassi?
— Perchè? — domandò la fanciulla.
— Perchè mi è parso, ieri sera, che tu fossi molto contenta, tanto
contenta da avere certamente deposta l’idea di tirare le cose in lungo.
— No, babbo, non credere. Sono la donna forte, come tu dici; ma ho il
cuore.... come dirò io? il cuore piccin piccino. A vedere quel povero
signor Zuliani tanto padrone di sè, ho ben capito che sarà impossibile
smuoverlo. Ha fatta la sua risoluzione, e non la muta; almeno, se non
interviene un miracolo. —
Ella sospirava, e il signor Anselmo non seppe far altro che seguirne
l’esempio. Ah, un miracolo, un miracolo! Era più tempo da miracoli?
— Se si potesse.... — incominciò egli, dopo aver almanaccato un bel
poco, — se si potesse trovare il modo di apparire informati
dell’accaduto, senza averne avuto notizia da quel povero giovinetto....
oh, allora, sarebbe un affare più spiccio. Andrei dall’amico Zuliani, e
glielo parlerei io, il linguaggio della ragione. Il rispetto al suo buon
nome.... la sua probità e la sua riputazione bancaria in balia dei
peggiori sospetti.... la vergogna che ad ogni modo cadrebbe su lui,
quando si conoscesse il vero.... ecco parecchie cose che potrebbero
farlo pensare.
— E le avrà pensate, babbo, le avrà pensate e ripensate già tutte.
Figùrati se a questi danni morali non avrà trovato il rimedio!
Quell’uomo liquida, come dite voi altri banchieri, liquida i suoi
interessi in due o tre settimane, e buona notte a chi resta. Ragioni,
poi, o pretesti a spiegare un atto disperato, non ne mancano,
incominciando dalla malattia incurabile. Non ti confondere adunque a
cercare il modo di essere informato senza far sospettare del signor
Filippo; non lo troveresti, e non ti sarebbe creduto. Piuttosto, e per
tastar terreno, sarebbe da sapere che cosa accade al palazzo Orseolo.
Dopo la scena orribile di ieri mattina, si sono più visti, il signor
Zuliani e sua moglie? Si parlano? C’è stato un accordo tra loro, per
evitare gli scandali, e prima di tutto le chiacchiere della gente di
servizio? Se questo si potesse sapere....
— E da chi?
— Dal signor Brizzi, per esempio. Quello è il segretario, il braccio
destro del signor Zuliani. Tu hai pure saputo dal signor Filippo che
Raimondo, uscito da casa ieri mattina, andò al suo banco, dove stette a
lungo, in preda ad una grande agitazione d’animo. Possibile che al
signor Brizzi non abbia detto nulla? che il signor Brizzi, andato al
palazzo Orseolo, non abbia indagato per conto suo, scoperto qualche
cosa, almeno per ispiegarsi quel turbamento improvviso del suo
principale?
— È un’idea; — gridò il signor Anselmo. — Voglio andare al banco
Zuliani, con una scusa qualsiasi, e magari all’ora della colazione. Se
trovo il signor Brizzi solo, potrò farlo cantare. Egli vorrà pure aver
confidenza con me, col vecchio amico di Raimondo; e non inutile amico,
nè tiepido, com’egli certamente saprà.
— Vai dopo le undici; — suggerì Margherita. — È l’ora che il signor
Zuliani esce dal banco; e il signor Brizzi non vorrà andarsene alla
stessa ora del suo principale. So ancora che il signor Brizzi fa i suoi
pasti al _Cappello Nero_, in piazza San Marco. Se non lo trovi più al
banco, puoi appostarlo alla trattoria. Intanto mi permetti che per oggi,
se te ne arrivano durante la tua assenza, io apra i tuoi telegrammi?
— Non ne aspetto; — rispose il signor Anselmo. — Ma perchè?
— Perchè ne aspetto uno io.
— Diretto a me?
— Diretto a te; ho dato il tuo ricapito.
— Che cos’è questo mistero?
— Non me lo domandare, babbo; abbi fede in me. Se quel telegramma
arriva, chi sa che non si trovi la via di salvezza? E ancora una
preghiera: — soggiunse Margherita. — Non uscire quest’oggi, quando avrai
fatto colazione; o almeno sii qui per le tre, facendo in modo che la
mamma sia fuori con Federigo.
— Un altro mistero?
— Non del tutto, babbo. Ho detto iersera al conte Aldini che lo avremmo
aspettato quest’oggi alle tre.
— Per che cosa?
— Ma.... per discorrere un poco. Ho da interrogarlo su qualche punto
oscuro della sua storia.
— E se questi non sono misteri, voglio perder la testa; — brontolò il
signor Anselmo, mezzo burbero e mezzo faceto.
— Li saprai tutti, via! Finalmente, di che si tratta? Di un interesse
tuo, anzi di due. Il primo è di salvare il signor Zuliani, al quale vuoi
bene.
— Non c’è che ridire. E l’altro?
— L’altro è di accasare la tua povera figliuola. Non hai paura che ti
sfiorisca in casa?
— Matterella! — esclamò il signor Anselmo, facendo bocca da ridere.
Alle undici, come aveva promesso di fare, il signor Anselmo uscì, e
stette fuori appena un tre quarti d’ora; di guisa che la colazione non
fu neanche ritardata. In quella vece, essendo presente la signora
Eleonora, fu ritardato a Margherita l’appagamento di una viva curiosità,
rispetto alle notizie che il babbo aveva certamente raccolte, come
infatti era dimostrato dal suo ammiccar frequente alla sua cara
figliuola. Fu un bel momento per lei, quando la mamma si alzò, per andar
nella sua camera a mutar veste e a mettersi in punto per uscire, appena
Federigo fosse arrivato dall’Arsenale.
Qui, stando nel vano d’una finestra in atto di contemplar la Laguna e
l’isola di San Giorgio Maggiore, il signor Anselmo snocciolò in fretta
la sua coroncina di notizie. Avviato al banco Zuliani, s’era imbattuto
nel signor Raimondo, che allora ne usciva. Accompagnatosi un tratto con
lui, e tirato sull’argomento dell’Aldini, non gli aveva negato che quel
giovinotto gli piaceva moltissimo, soggiungendo per altro che voleva
discorrer più a lungo con lui, e rigirarlo, come si suol dire, per tutti
i versi. Poi, col pretesto di non conoscere abbastanza le strade, e meno
ancora le straducole di Venezia, e di non volersi smarrire in quel
labirinto, aveva lasciato l’amico Zuliani tirar di lungo verso casa,
ritornandosene egli verso San Marco. Libero di andare dove voleva, si
era difilato al banco, trovandoci appunto il signor Brizzi, a cui aveva
detto di voler scrivere un biglietto; e il signor Brizzi si era
affrettato a cedergli il posto alla sua scrivania. Entratogli bel bello
in materia (e glie ne offriva un ragione voi pretesto l’aver notato una
grande alterazione di spirito dell’amico Zuliani), era venuto a sapere
tutto ciò che il signor Brizzi poteva raccontare a persona degna di
tanta fiducia come il banchiere Cantelli.
Non era molto quel che sapeva il signor Brizzi; ma era quello per
l’appunto che il signor Cantelli ignorava, e che gli premeva di
conoscere. Il signor Brizzi era il giorno innanzi andato due volte al
palazzo Orseolo; la prima, intorno alle nove, per far portare al suo
principale il pastrano, lasciato a casa con quel po’ di freddo, che
accapponava la pelle; la seconda per portare alla signora Livia un
biglietto, in cui suo marito l’avvertiva che non sarebbe andato a casa
per l’ora della colazione, bensì solamente per l’ora del pranzo. Una
commissione, questa, che il signor Raimondo aveva affidata al fattorino
del banco, ma che egli, il signor Brizzi, si era voluto accollare, per
riguardo delicato verso la signora Zuliani. Questa, infatti, la prima
volta che il signor Brizzi era stato in mattinata al palazzo Orseolo,
gli aveva accennato un fiero alterco avuto con suo marito, come cagione
del gran rimescolo di lui; era naturale adunque che andasse egli, e non
un fattorino.
Così avvenne che rivedendo la signora Livia (un po’ tardi, veramente,
perchè era uscita, ed egli aveva dovuto far due viaggi al palazzo
Orseolo), il signor Brizzi sapesse da lei che cosa conteneva il
biglietto. In freddo e reciso linguaggio, Raimondo le manifesteva il suo
proposito che niente apparisse mutato tra loro, agli occhi della gente
di servizio; quanto alla loro questione, egli l’avrebbe sciolta, e
presto, nel modo più netto e più degno, per la pace e l’onore
d’entrambi. In quella seconda visita il signor Brizzi aveva trovata la
signora Livia assai più agitata che non gli fosse apparsa nella prima.
Forse era effetto dell’aver troppo meditato sulle conseguenze
dell’accaduto. Comunque fosse, ella non ritornò sull’alterco di quella
mattina con nessuna giunta, con nessuno schiarimento che a lui desse
lume di quel dissidio coniugale.
Ancor più chiuso di sua moglie era stato il signor Zuliani con lui.
Solamente, all’opposto di sua moglie, appariva in giornata più calmo,
come l’uomo che ha presa una risoluzione e non ha più da stare
coll’animo sospeso tra mille dubbi e timori.
Il signor Brizzi, nondimeno, avrebbe amato vederlo inquieto, agitarsi,
dare nei lumi, anzi che tranquillo, quasi sereno, esporre a lui un pazzo
disegno, di cui pareva tutto invasato; ritirarsi dagli affari, cedere il
banco, o chiuderlo a dirittura; e ciò nel termine più breve, per levarsi
ogni noia. Che idee! per un dissidio coniugale, a cui non voleva neanche
accennare!
— Te lo dicevo io? — commentò Margherita. — Egli vuol liquidare i suoi
interessi, salvar l’onore del suo nome, evitare le ciarle del mondo, e
sparir da Venezia prima di mandare ad effetto il suo terribile
divisamento. Che uomo! Ma le ciarle del mondo, come le eviterà, colla
gente di servizio che ieri mattina avrà sentito ogni cosa?
— Nessuno ha sentito; — rispose il signor Anselmo: nessuno, almeno, di
quei servitori che potrebbero trovar gusto a rifischiare i segreti dei
padroni. Il signor Brizzi ha saputo anche questo dalla signora Zuliani.
La gente di servizio dorme al pian terreno, e non sale prima d’una
cert’ora al pian nobile, se non è chiamata. Anche la cameriera stava al
pian di sotto, facendo la sua prima colazione di caffè e latte, sapendo
che la padrona non aveva bisogno di lei fino alle nove. Al pian nobile
non dorme altri che il Giovanni, quel servitore che ricorderai d’aver
visto, alto, grosso e nerboruto, specie di maestro di casa, tutto devoto
al padrone, presso il quale è impiegato da trent’anni e più. “Paron
Nane„, come lo chiama il signor Zuliani quando è di buon umore, non apre
bocca se non per comando o per utilità del padrone; per tutto l’altro è
muto come un pesce. Di modo che, se ha sentito qualche cosa, si può star
certi che non ne fiaterà con anima viva. Le parrà che il bravo uomo sia
molto diverso da me; — mi diceva il signor Brizzi, conchiudendo; — ma io
parlo con Lei, non con altri; parlo con Lei, che so quanto ami il mio
principale, e quanto egli debba alla sua vecchia amicizia. Infine se non
ci mette la mano Lei, non vedo che altri possa far desistere il signor
Raimondo dal suo strano disegno. Ritirarsi dagli affari!... chiudere il
banco!... che pazzia! Ma sa, signor mio, che nel banco Zuliani, pure
andando coi piè di piombo, come è l’uso del principale, si fanno affari
per milioni e milioni, mettendo da parte anno per anno cento e più mila
lire, senza contar la levata mensile per le spese di famiglia?
— E tu gli hai promesso....
— Naturalmente, di sconsigliare l’amico, appena mi entrasse a parlare di
questa follia.
— Bene — conchiuse Margherita, tirando le somme.
— Sappiamo quel che si voleva sapere. C’è corda tesa, al palazzo
Orseolo, non ispezzata; così tesa, non può mica durare! A noi la cura di
rallentarla.
— In che modo? —
Margherita alzò le ciglia ed allungò le labbra.
— Mistero! — diss’ella, dando subito in uno scoppio di risa. — babbo,
non andare in collera; saprai tutto più tardi. —
Poco dopo giungeva Federigo, e si stette a chiacchierare con lui, che
doveva uscir tosto colla mamma. Il corredo dello sposo non era anche
finito.
— Non mi spendere altre dugento lire, mi raccomando, — disse il signor
Anselmo alla moglie.
— Eh, forse un po’ meno di ieri, speriamo; — rispose la signora
Eleonora. — Del resto, oggi si finisce di spendere. E non venite voi
altri?
— No, grazie; non amo girar botteghe, e sto in riposo; Margherita non ha
cuore di lasciarmi qui solo soletto. Usciremo più tardi, e da una parte
o dell’altra v’incontreremo di certo. Già, secondo l’uso, Schiavoni,
Ponte.... dei Sospiri, Piazzetta, Piazza, Procuratie vecchie, Procuratie
nuove, Merceria.... e non si esce di lì. —
Margherita e il babbo restarono soli, tratto tratto guardando l’ora; lei
al pendolo del caminetto, egli al suo _patek_, nel quale aveva più fede.
Poco dopo le tre, fu annunziato il conte Aldini, ed accolto a festa,
come prima. Egli appariva un po’ mesto, come sempre, ed anche triste,
come la sera innanzi; ma lo sguardo di Margherita possedeva la virtù del
raggio di sole, che, dovunque arriva, ravviva.
— Ed ora veniamo a noi; — disse Margherita, dopo qualche minuto di
ciarle preliminari. — Conte, so tutto, per bontà di mio padre; perdono
tutto, per bontà mia. Si contenta? Oh bene! Ma Ella deve appagare un mio
desiderio. Ecco là, sul noto tavolino da lavoro, carta e matita. Vuol
disegnarmi la pianta del suo quartierino? —
Filippo rimase un po’ sconcertato, guardandola, e non sapendo lì per lì
che cosa rispondere.
— Da bravo, mi contenti! — incalzò la fanciulla. — Le piacerà forse di
più che glielo comandi? Non so, e non voglio imparare quest’arte per
usarne con Lei; — soggiunse, con una espressione di grazia incantevole.
— Mi dirà che il disegno desiderato da me non è il Ponte del
Paradiso.... Ma questo lo possiedo. Non è neppure il Ponte.... dei
Sospiri, per servirmi della stessa sospensione che dianzi, come per
canzonarmi un pochino, ha usato mio padre. Del resto, il Ponte dei
Sospiri non mi va; sarebbe di malaugurio. Mi disegni a semplici tratti,
ma precisi, tutto il suo quartierino, che lo conosca nella disposizione
delle sue parti ancor io. Così, gentilissimo sempre! Ma badi, ci vorrei
tutto; la linea della strada, il punto dell’ingresso padronale, l’uscio
segreto, coll’andito che lo precede, come è lungo e largo, la scaletta
di servizio, finalmente, e il cortile dove questa riesce. —
Filippo Aldini era alla tortura. Ma dallo sguardo e dall’accento della
sua inquisitrice non traspariva nessuna intenzione di crudeltà
raffinate. Soltanto, non veniva a capo d’intendere la ragione di quel
capriccio donnesco.
— Ma perchè?... — domandò egli timidamente.
— Per una curiosità architettonica; — rispose la fanciulla. — Se sarò
Margherita Aldini, potrà bene saltarmi l’estro di fabbricare una casa; e
voglio sapere.... come non vada fatta una casa. Non si turbi, la prego;
ho tutto perdonato, le dissi, e presto avrò tutto dimenticato. Presto! —
ripetè Margherita con accento malinconico. — Dio voglia che sia così.
Quell’uomo dabbene, a cui siamo debitori di tanto, quell’uomo di cuore
non deve morire per cagion nostra.
— Nostra? — esclamò Filippo, sconcertato.
— Sì, — rispose Margherita, — perchè in verità ci ha un po’ di colpa
ancor io. Se non giungevo io, signor Filippo, io, povero astro, sul suo
quieto orizzonte, niente accadeva; ciò che doveva estinguersi coll’aiuto
del tempo e svanire, avrebbe fatta la sua fine tranquilla, senza scatti
d’orgoglio ferito, senza impeti d’ira selvaggia, e senza tutto l’altro
che dobbiamo piangere insieme, e scongiurare, se ci verrà fatto, nella
sua parte più triste per noi.
— Signorina, — disse Filippo Aldini, profondamente commosso, —
quell’uomo dabbene, quell’uomo di cuore, mi ha ripetuto tante volte:
Margherita Cantelli è un angelo del paradiso. Come la conosceva bene! —
Si era commossa anche lei, a quelle parole di Filippo; si era commosso
anche il signor Anselmo, che diede prudentemente le spalle per asciugar
di nascosto una lagrima.
Il disegno, a semplici tratti, e senza indicazione di spessori, non
richiedeva un lungo lavoro. In un quarto d’ora il destro disegnatore se
n’era sbrigato, aggiungendovi ancora ai luoghi opportuni le indicazioni
per iscritto, che Margherita gli veniva chiedendo via via.
Verso le quattro entrò un cameriere, portando al commendatore Cantelli
un messaggio sul vassoio di rito. Era un telegramma; il signor Anselmo,
sbadatamente o pensatamente che fosse, lo aperse e lo lesse, facendo un
atto di grande stupore. Ma lo chetò prontamente uno sguardo
supplichevole di Margherita.
— Le tue amiche.... milanesi; — diss’egli allora, porgendo il telegramma
a sua figlia.
— Sta bene, sta bene; sono tanto carine! — rispose Margherita, leggendo.
E dopo aver letto, richiuse diligentemente il foglio giallo, lo ripiegò
in quattro doppi, quanti ne occorrevano per farlo capire in una tasca
del suo portafogli minuscolo. Frattanto, aveva levate le pupille al
cielo, in atto di ringraziare il Dio delle misericordie.
Filippo aveva finito il disegno. Margherita lo ringraziò della sua
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Çirattagı - Il ponte del paradiso: racconto - 17
  • Büleklär
  • Il ponte del paradiso: racconto - 01
    Süzlärneñ gomumi sanı 4423
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1609
    39.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    60.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Il ponte del paradiso: racconto - 02
    Süzlärneñ gomumi sanı 4489
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1662
    37.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    60.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Il ponte del paradiso: racconto - 03
    Süzlärneñ gomumi sanı 4456
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1570
    41.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    56.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    64.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Il ponte del paradiso: racconto - 04
    Süzlärneñ gomumi sanı 4535
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1741
    36.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    51.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    59.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Il ponte del paradiso: racconto - 05
    Süzlärneñ gomumi sanı 4487
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1705
    37.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    62.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Il ponte del paradiso: racconto - 06
    Süzlärneñ gomumi sanı 4439
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1591
    37.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    59.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Il ponte del paradiso: racconto - 07
    Süzlärneñ gomumi sanı 4432
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1563
    38.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    61.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Il ponte del paradiso: racconto - 08
    Süzlärneñ gomumi sanı 4568
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1517
    39.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    62.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Il ponte del paradiso: racconto - 09
    Süzlärneñ gomumi sanı 4477
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1560
    39.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    63.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Il ponte del paradiso: racconto - 10
    Süzlärneñ gomumi sanı 4551
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1590
    39.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    61.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Il ponte del paradiso: racconto - 11
    Süzlärneñ gomumi sanı 4492
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1580
    38.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    61.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Il ponte del paradiso: racconto - 12
    Süzlärneñ gomumi sanı 4450
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1660
    35.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    51.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    58.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Il ponte del paradiso: racconto - 13
    Süzlärneñ gomumi sanı 4408
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1588
    39.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    63.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Il ponte del paradiso: racconto - 14
    Süzlärneñ gomumi sanı 4371
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1641
    38.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    62.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Il ponte del paradiso: racconto - 15
    Süzlärneñ gomumi sanı 4480
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1540
    39.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    63.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Il ponte del paradiso: racconto - 16
    Süzlärneñ gomumi sanı 4443
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1530
    40.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    58.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    65.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Il ponte del paradiso: racconto - 17
    Süzlärneñ gomumi sanı 4391
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1669
    38.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    59.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Il ponte del paradiso: racconto - 18
    Süzlärneñ gomumi sanı 2996
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1246
    41.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    57.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    63.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.