Sofonisba - 3

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Tal mi reputi or tu?
MASSIN. Di Roma in mano
ti stai...
SOFON. Di Roma? Io di me stessa in mano
per anco stommi: o in mano tua, se in core
regal pietá per me tu ancor rinserri.
MASSIN. Inorridir mi fai... Sovra il tuo aspetto,
di risoluta morte alta foriera
veggo, una orribil securtá... Ma, trarti...
SOFON. Tutto fia vano: al mio voler, che figlio
è del dovere in me, forza non havvi
che a resistere vaglia. È la mia morte
necessaria, immutabile, vicina;
e fia libera, spero; ancor che inerme
io sia del tutto; ancor ch'io, stolta, in Cirta
l'amico sol dei vinti re lasciassi,
il mio fido veleno; ancor che un sacro
solenne giuro di sottrarmi a Roma
dal labro udissi del mio stesso amante;...
giuro, cui sparso ha tosto all'aure il vento.
Fra quest'aquile altere ancor regina,
figlia ancora d'Asdrubale, secura
in me medesma io quí non meno stommi,
che se in Cartago, o se in mia reggia io stessi.--
Ma, tu non parli?... disperati sguardi
pregni di pianto affiggi al suolo?... Ah! credi,
che il mio dolor si agguaglia al tuo...
MASSIN. Diverso
n'è assai l'effetto: io, di coraggio privo,
men che donna rimango; e tu...
SOFON. Diverso
lo stato nostro è assai: ma, non l'è il core...
Credilo a me: bench'io non pianga, io sento
strapparmi il cor: donna son io; né pompa
d'alma viril fo teco: ma non resta
partito a me nessuno, altro che morte.
S'io men ti amassi, entro a Cartagin forse
ti avria seguíto, e di mia fama a costo
avrei coll'armi tue vendetta breve
di Roma avuta: ma per me non volli
porti a inutile rischio. È omai maturo
il cader di Cartagine: discorde
citta corrotta, ah! mal resister puote
a Roma intera ed una. Avrei pur troppi
giorni vissuto, se la patria mia
strugger vedessi; e te con essa andarne,
per mia cagione, in precipizio. A Roma
fido serbarti, e al gran Scipion (qual dei)
amico grato; in gran possanza alzarti;
a tua vera virtú dar largo il campo;
ciò tutto or puote, e sol mia morte il puote.
Piú che il mio ben, mi sforza il tuo...
MASSIN. Mi credi
dunque sí vil, ch'io a te sorviver osi?
SOFON. Maggior di me ti voglio: esserlo quindi
tu dei, col sopravvivermi: ed in nome
della tua fama, a te il comando io prima.
Vergogna or fora a te il morir; che solo
vi ti trarrebbe amore: a me vergogna
il viver fora, a cui potria sforzarme
il solo amore. È necessario, il sai,
il mio morire: a me il giurasti; e ancora
sariami grato di tua man tal dono:
ma non puoi tormel tu, per quanto il nieghi.
In questo luogo, al campo in faccia, in muto
immobil atto, ancor tre giorni interi
ch'io aggiunga a questo, in cui né d'acqua un sorso
libai, vittoria a me daran di Roma.
Vedi s'è in te pietá, cosí lasciarmi
a morte lunga, allor che breve e degna
giurasti procacciarmela... Ahi me stolta!
che in te solo affidandomi, quí venni...
MASSIN. Tu dunque hai fermo il morir nostro...
SOFON. Il mio.
Se insano tu, contro a mia voglia espressa,
l'arme in te volgi; odi or minaccia fera,
e l'affronta, se ardisci; io viva in Roma
trarre mi lascio, e di mia infamia a parte
il tuo nome porrò... Deh! pria che rieda
a noi Scipione, in libertade appieno
tornami or tu; se non sei tu spergiuro.
MASSIN. Che chiedi?... oh ciel!... Del brando mio non posso
armar tua mano... Incerto il colpo...
SOFON. Il brando
vuol mano, è ver, usa a trattarlo. Un nappo
di velen ratto al femminil mio ardire
meglio confassi. Il tuo fedel Guludda
vegg'io non lungi; ei per te stesso il reca
sempre con se: chiamalo; il voglio.
MASSIN. --Oh giorno!--
Guludda, a me quel nappo.--Or va, mi aspetta
alle mie tende.--È questo dunque, è questo
il don primier, l'ultimo pegno a un tempo
dell'immenso mio amor, che a viva forza
tu vuoi da me?.. Pur troppo (io 'l veggo) in vita
tu non rimani, a nessun patto; e a lunga
morte stentata lasciarti non posso.--
Non piangerò,... poiché non piangi: a ciglio
asciutto, a te la feral tazza io stesso,
ecco, appresento... A patto sol, che in fondo
mia parte io n'abbia...
SOFON. E tu l'avrai, qual merti.
Or dell'alto amor mio sei degno al fine.
Donami dunque il nappo.
MASSIN. Oh ciel! mi trema
la mano, il core...
SOFON. A che indugiare? è forza,
pria che giunga Scipione...
MASSIN. Eccoti il nappo.
Ahi! che feci? me misero!...
SOFON. Consunto
ho il licor tutto: e giá Scipion quí riede.
MASSIN. Cosí m'inganni? Un brando ancor mi avanza;
e seguirotti.
(Sta per trafiggersi; Scipione robustamente
afferrandogli il braccio, lo tien costretto.)

SCENA SESTA
SCIPIONE, MASSINISSA, SOFONISBA.

SCIP. Ah! no; fin ch'io respiro...
MASSIN. Ahi traditor! dentro al tuo petto io dunque
della uccisa mia donna avrò vendetta.
SCIP. Eccoti inerme il petto mio: la destra
sprigionerotti, affin che me tu sveni;
ad altro, invan lo speri.
SOFON. O Massinissa,
ti abborrisco se omai...
SCIP. Me sol, me solo
uccider puoi; ma fin ch'io vivo, il ferro
non torcerai nel petto tuo.
MASSIN. --Rientro
al fine in me.--Scipion, tutto mi hai tolto;
perfin l'altezza de' miei sensi.
SOFON. Ingrato!...
Puoi tu offender Scipione? Ei mi concede,
come a Siface giá, libera morte;
mentre forse ei vietarcela potea:
a viva forza ei ti sottragge all'onta
di morte imbelle obbrobriosa: e ardisci,
ingrato ahi! tu, Scipio insultar? Deh! cedi,
cedi a Scipion; fratello, amico, padre
egli è per te.
MASSIN. Lasciami omai: tu invano
il furor mio rattieni. Morte,... morte...
io pur...
SOFON. Deh! Scipio... ah! nol lasciare: altrove
fuor della vista mia traggilo a forza.
Ei nato è grande, e il tuo sublime esemplo
il tornerá pur grande: a Roma, al mondo
sua debolezza ascondi... Io... giá... mi sento
gelar le vene, intorpidir la lingua.--
A lui non do,... per non strappargli il core,...
l'estremo addio.--Deh! va: fuor lo strascina...
ten prego;... e me... lascia or morir,... qual debbe
d'Asdrubal figlia, entro al... romano campo.
MASSIN. Ah!... Dalla rabbia, dal dolor... mi è tolta...
ogni mia possa... Io... respirare... appena,...
non che... ferir...
SCIP. Vieni: amichevol forza
usarti vo':
(Strascinandolo a forza verso le tende.)
non vo' lasciarti io mai...
né mai di vita il tuo dolor trarratti,
se il tuo Scipione teco ei non uccide.

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