Le rive della Bormida nel 1794 - 08

Süzlärneñ gomumi sanı 4643
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1818
36.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
50.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
58.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
all'altra, aspettandosi ad ogni istante di vederli irrompere; quando
cessò il vociare, e porgendo orecchio udirono la parola soave della
zia Maria, che si volgeva alla fiera brigata da una finestra del primo
piano. Costoro vedendo quel viso di donna cieca, dipinto di sicurtà,
d'innocenza e quasi di fanciullezza; stavano a bocca aperta
ascoltando: tornati in quel rispetto che avevano sempre avuto per la
famiglia del signor Fedele, e già vergognavano d'aver osato tanto. E
la cieca diceva:
«Buona gente, abbiate compassione delle mie nipoti e di me; già mi
pare alle voci di conoscervi tutti. State quieti, voi cercate di mio
cognato, ed egli non è qui...
«Come? Non l'abbiamo visto coi nostri occhi?--diceva uno della
brigata, quasi consigliandosi coi compagni. E un altro:
«Ehm! pareva anche a me che avessimo preso abbaglio.... Il signor
Fedele sarà a C.... nevvero signora damigella Maria?
«Sicuro è a C....--usciva a dire un terzo, togliendo alla cieca il
pericolo di dire una bugia:--passeremo là e lo cercheremo.... lei
capisce signora, che se alla fine delle fini non siamo guidati, noi
ignoranti siamo buoni a nulla....!
«A rivederla, signora Maria, stia di buona voglia, che i Francesi sin
qua non verranno; e se qualcuno volesse farle male, ci faccia chiamare
anche a mezzanotte, che siamo cose sue....»
Così diceva un quarto, e con questa e con altre scuse e profferte, si
allontanarono sberettandosi, come se la cieca avesse potuto vedere
quei loro atti rispettosi. E con essi volle partire il cascinaio,
conducendo seco il maggiore dei suoi figli, tra le strida della moglie
e delle figliuole, che fecero intorno alla casa un piagnisteo da non
potersi dire.
Tornati quei furiosi al convento, la compagnia potè mettersi in
cammino. Con alcuni dei frati in capo, presero la via di C....
cantando a squarciagola, e levando un polverio che pareva mosso da
vento di tempesta. Di tanto in tanto qualcuno dava nel corno e a quel
suono rispondevano altri corni da altre vie, dove si vedevano altre
brigate, volte del paro verso C.... Questo era luogo di gran convegno,
perchè il parroco vi aveva dignità di vicario foraneo; vi sedeva il
magistrato del Re per la giustizia; il borgo era come la capitale
delle Langhe, e giaceva in sito da potervisi raccogliere gli stormi di
tutta la vallata, per quindi moversi alla grande ventura.
Tra questi stormi, uno ne veniva numeroso per la via maestra,
lungh'esso l'opposta riva della Bormida; e se non fossero state le
armi, che si vedevano luciccare, pareva una di quelle processioni, le
quali si solevano fare appunto in quella stagione, per implorare dal
cielo i buoni ricolti. Cantavano litanie e salmi a verso a verso, e
ogni poco prorompevano in urli feroci, come a tener deste le ire; e
innanzi a tutti cavalcava un prete.
«Quelli là hanno a essere quei di D....; li conosco, conosco la
giumenta del pievano....»--dissero a un tempo due o tre della brigata
venuta dal convento:--se da tutte le pievi ne vengono tanti, ci
troveremo a C... parecchie migliaia. Viva il pievano di D...!
«Viva San Francesco!» risposero quelli che erano proprio di D...., e
il pievano levò in alto il cappello, a salutare tre volte, con atto
d'un generale.
Don Apollinare in quel momento eroico della sua vita, si rifaceva
gongolando delle cose patite nell'ultime settimane. Le sue pene erano
state tante, che dal giorno in cui gli era capitata la lettera del
rettore di Montefreddo, aveva perduta del tutto la bella pace goduta
tanti anni; e quando il padre Anacleto, dopo la domenica in Albis,
l'ebbe abbandonato per tornarsene al suo convento, si sentì cadere le
braccia. Il suo pasto si venne assottigliando; le notti si svegliava
scosso da visioni che avrebbero fatto incanutire un leone; il
presbiterio gli pareva un eculeo; Placidia, la mite Placidia, un
ingombro fastidioso tra piedi; la calata dei Francesi un'uggiosa
minaccia che gli faceva sclamare: «o dentro o fuori una buona volta!»
Pur di finirla in qualche modo, accadesse quel che doveva accadere, ma
alla lesta: e stava pronto, la giumenta colla bardella addosso, e la
briglia lì appiccata al chiodo; sicchè il bando reale lo trovò, sto
per dire, coi lembi cinti e col bastone in mano. Lo lesse una, due,
tre volte sospirando; ma fattosi animo, si picchiò sul petto una
palmata e proruppe:
«Oh! alla fin fine anche questo è un rimedio! Avvenga che può; meglio
morire d'una cannonata che a furia di punture di spillo!»
Venuto l'ordine di far la mossa, messosi d'accordo coi seniori del
borgo, i quali pur non volendo, mostravano i segni della mala voglia;
mandò gente per la pieve a dare la posta per l'indomani sul sagrato,
che tutti gli uomini atti alla guerra vi venissero con armi e
munizioni. Il tramestio fu grande, e la notte egli potè vedere
dall'alto del castello, correre i lumi in ogni parte della campagna.
Gli parve d'avere sulle braccia un mondo, e fatto venire a sè il
sagrestano gli disse:
«Mattia, domattina si va.... Un'ora prima dell'alba darete dentro a
suonar a stormo.... O perchè ciondolate....? che avete paura?
«Paura io, che ho fatto tremare mezze le Langhe?...» rispose Mattia
trascinando le parole.
«Dunque siete briaco?
«Oh, signor pievano--rimbeccò Mattia mostrandosi quasi offeso: e
spingendo innanzi un piede, si provò a reggersi ritto sull'altro; ma
vacillò, vacillò sicchè per poco non andò a cascargli addosso.
«Schifoso!--urlò il pievano levandosi in piedi;--briaco la vigilia
d'un giorno in cui potremmo morire! Levatevi di qui..., e se domani
non sarete a segno, mal per voi!»
Mattia partì; e camminando tastoni per l'andito, passò dinanzi
all'uscio della cucina. Placidia che stava là dentro, sospirando l'ora
di poter andare a letto, e dicendo il rosario colla coroncina tra le
mani sotto il grembiale; indovinò che Mattia era in disgrazia, e gli
disse dolcemente: «Tiratevi dietro la porta.» Egli obbedì, e tirata
l'imposta dell'uscio da via, misurò contro quella i pugni chiusi,
esclamando: «Non dà un Cristo a baciare in tutto l'anno; e se si beve,
pare che si beva del suo! Sta pure, che se andiamo alla guerra ti farò
vedere il diavolo nell'ampolla!»
Entrato nella sua catapecchia destò la moglie, e le comandò (comandava
anch'egli a qualcuno), tenesse l'orecchio all'ore, e un tratto prima
dell'alba lo destasse. Poi si coricò vestito sul giaciglio, e colle
tempia martellate dal vino, cominciò a russare.
Don Apollinare messosi a giacere per riposare quelle poche ore, le
passò fantasticando; e stava per addormentarsi, quando squillarono i
tocchi della campana martellata, a stormo da Mattia, il quale colla
spranghetta al capo, aguzzava dal campanile gli occhi nel crepuscolo
mattutino. Tutta la campagna era un moto di villici; là come nella
valletta dove giaceva la villa del signor Fedele, come sarà stato in
tutte le pievi; era un accorrere, un gridare, un chiamarsi, un suon di
corni che non finiva. Il pievano balzò dal letto, e si diede attorno a
vestirsi, stupito di sè stesso, perchè gli pareva sentirsi dentro un
cuore di guerriero, nascosto, sino a quel giorno, a sua insaputa,
sotto la zimarra del prete. Placidia venutagli in camera a vedere se
gli bisognasse nulla, maravigliava anch'essa dell'aspetto sgherro di
lui; ma come egli badava a vestirsi, si ritrasse vergognosa in cucina
ad ammanirgli il caffè, che poteva essere l'ultimo.
«Placidia, io parto--le diceva egli venendo sin sulla soglia della
cucina e abbotonandosi la sottoveste:--l'avvenire è nelle mani di Dio;
voi rimarrete qui, rispettata da tutti...; e ad ogni evento, nel mio
inginocchiatoio, troverete di che vivere...: ah! son pur venuti i
giorni amari!»
La povera donna imbambolò, più pel suono della voce insolito ed
amorevole, che per le parole; e intanto la campana continuava a
suonare, e il sagrato a popolarsi, e il giorno a farsi chiaro, e l'ora
della partenza vicina. Allora il pievano mandò un ragazzo a prendere
il posto di Mattia sul campanile, e fece dire a costui che scendesse
ad arnesargli la giumenta, e al popolo che aspettando cantasse il
_Vexilla_.
Un urlo che parve di selvaggi tuonò sul piazzale, destando un'eco
solenne dalla chiesa; poi s'intese l'inno cantato da voci gravi,
diverse; e ad ogni tratto nuova gente, signori e villani alla rinfusa,
si mettevano in coro. In mezzo alla folla si vedeva Mattia, che teneva
a mano la cavalcatura del padrone, tastando cinghie, rivedendo
ordiglioni, parlando sommesso alla bestia, quasi per darle ad
intendere dove l'avrebbe portato.
Alfine, avendo bevuto il caffè, ed essendo l'ora di porsi in cammino,
il pievano apparve sulla soglia del presbiterio. Aveva indosso una
giubba smessa, in gamba certe brache vellose e rattoppate; e in un
fagottino recava la talare, che poteva accadere d'averne mestieri.
Appena fu visto, scoppiò un gran battimani; ed egli ringraziata co'
cenni la folla, aiutato alla meglio montò a cavallo. Poi data
un'occhiata a Placidia, rimasta alla finestra, piangente e sbalordita;
tese la mano e sclamò: «Dio è con noi! Ci siamo tutti? Andiamo!»
Discesero di castello, e trovarono al piano altra gente, con armi, e
forcoli e falci, cento maniere d'arnesi atti a far sangue. Le donne
benedicevano dalle finestre e dalle porte; i fanciulli si mettevano in
brigata, le madri li tiravano fuori sculacciandoli; e la signora
Maddalena, guardando dal suo piazzale quel moto confuso, ringraziava
il cielo, che Giuliano fosse lungi da casa. Vedeva quella turba irta
d'armi, e quegli stendali delle confraternite drappellati come dalle
braccia di pazzi, e raccapricciava: Marta, standole vicina, si doleva
di non essere un uomo, per poter andare contro i Francesi; e la
signora non fu quieta che quando lo stormo le uscì di vista, e la
campana cessò dal suonare.
Avesse suonato a lutto tutto quel giorno, e sarebbe stata giustizia.
Perchè la gente di D..., nel passare per la terricciola di R..., fu
come la maledizione di Dio. E sì che il villaggio si poteva dire
tutt'una cosa col loro borgo, tanto erano vicini; ma da rozzi si fa
presto a diventar malvagi; e trovate le case non difese, per avere gli
uomini di R.... fatta anch'essi la leva in massa verso C...;
cominciarono a pigliarsi brutti spassi, spaurire le donne, mandare a
male il vino nelle cantine, guastare alberi ed orti; e se don
Apollinare non si fosse adoperato a rabbonirli, certo sarebbe rimasto
poco da fare a quei Francesi, dei quali s'andava ad impedire la calata
e se ne dicevano tante ribalderie.
Come piacque al diavolo, ripresero la via verso C..., dove arrivarono,
come abbiamo veduto, che il sole era già alto. Il borgo pareva un
formicaio. Vi si lavorava a più non posso a far cartocci, ad affilare
vecchie armi d'ogni generazione. Di qua gli uni si facevano scrivere;
di là gli altri davano carta o la pigliavano, di loro negozi, dinanzi
ai notai, stando per andare tra la vita e la morte; sotto i filari
d'olmi si davano le cariche ai maggiorenti, che pigliavano diletto ad
essere elevati su su, grado grado, ai più alti onori della milizia,
generali, colonnelli, capitani; guai al popolo se avesse dovuto
provvederli tutti. Tuttavia le cose correvano onestamente; ma fra la
moltitudine s'aggiravano certi ceffi, furfanti da bosco e da riviera,
segnati nei libri della giustizia, e vissuti da anni mogi mogi; che
adesso ripigliavano ardimento e parevano i più valorosi. Alcuni
ribaldi affollavano la porta chiusa del caffè di Marocco. La moglie di
costui tribolava in mezzo ad essi lagrimosa, supplicando pel marito,
che poveretto stava morendo, e aveva in camera il prete che gli
raccomandava l'anima. Povero Marocco! Due giorni innanzi gli avevano
dato schioppo e cartocci, che stesse pronto a partire. Ma il meschino
a vedere quell'arme, s'era sentito giù per la schiena come un secchio
d'acqua diaccia; e fattala portar di sopra, stette un poco
rannicchiato vicino al fuoco; poi levatosi in piedi pallido come un
morto di tre giorni, prese la moglie in disparte, e le disse: «Tasta
che cuore! Sono un uomo morto!» Postosi a letto, chiamato il cerusico,
nè questi seppe trovargli il male, nè egli volle dirne la cagione; non
tolse più gli occhi da quello schioppo, la baionetta del quale
scintillava in un angolo della camera e gli pareva l'occhio d'un
assassino. Chi l'avrebbe mai detto! Un uomo par suo, che aveva sempre
avuti in casa soldati, s'era messo in capo che quello schioppo
l'avrebbe ucciso; e poveraccio moriva proprio in quel punto, che un
suon di tamburi, di corni, di trombe, un vociare di signori ornati di
grandi pennacchi, annunziava che lo stormo dei guerrieri della
religione e del trono, movevano a farla finita coi Francesi.
Movevano, ma fu gran fatica pei condottieri, montati sull'asine e
sulle giumente tutte nappe e sonagliere, meglio che nella festa di
Sant'Antonio. La moltitudine strepitava camminando come gualdana
infernale; miscuglio di entusiasmo, di vero valore, e di grosse
millanterie. Qua cantavano salmi o canzoni popolari: là procedeano
silenziosi ascoltando qualche vecchio novellatore; alcuni recitavano
il rosario tenendo in mano certe corone dai pippori così grossi, da
poterne all'occorrenza far palle da schioppo: e su tutte quelle teste
si vedevano l'armi appuntate al cielo. Erano più di due migliaia, e
avevano un'aria terribile e selvaggia.
Su su a quel modo per val di Bormida, si misero nelle strette, dove il
torrente rovina con voci strane, fra massi ispidi, smisurati,
precipitati dall'alto a frenare la collera dell'onda, che in tempo di
piena non dirompa le ripe.
Il sole andava sotto, quando i più volonterosi toccarono le vette del
monte di San Giacomo, sopra il Finale. Sul mare che si scopriva
innanzi, biancheggiavano vele verso Provenza, vele verso Portofino,
vele per tutto il golfo; mirabile alla vista pei mutamenti dei colori
onde s'andava tingendo. Quelle erano vele inglesi, napoletane e
francesi, che si davano la caccia in alto; mentre molti legni sottili
di genovesi avidi ed audaci, navigando marina marina, recavano
provvigioni verso la Francia affamata.
Lassù i nostri battaglioni, fecero la loro fermata in sul tramonto;
quasi stupiti che il sole osasse discendere come tutti gli altri
giorni. Dalla vetta del San Giacomo a quella del Settepani, non si
vedeva che gente, stendardi e croci; non s'udivano che grida; pareva
la tregenda. Don Apollinare seppe del rettore di Montefreddo, e
d'altri preti, suoi amici, venuti lassù coi popoli delle due vallate
della Bormida, e ne provò consolazione. Ma quel che più gli piacque fu
la notizia che i francesi non erano molto vicini, e prima d'arrivare
sino a lui avrebbero avuto a sbrigarsela colle soldatesche piemontesi
e alemanne. Gli parve di potersi riposare tranquillo a piè d'una rupe
trovatagli da Mattia. Tuttavia l'ora della sera gli volgeva il desio;
e la mente gli fuggiva al suo presbiterio, al desco, a Placidia;
persino a Placidia, per la quale sentiva in quel punto un affetto mai
più provato.
Mattia, intanto, sbocconcellava un po' di focaccia, e aveva intorno un
capannello di compaesani, che si facevano narrare da lui le prodezze
della sua vita; perchè egli era stato da giovane bravazzo ai servigi
dell'ultimo signorotto d'una terra vicina a D..., e in opera di trovar
costure aveva avuto gran nome. Dicevasi di lui che la mira
dell'archibugio l'avesse posta bene più d'una volta; ma le erano
memorie lontane più di quarant'anni; e di quelle sue ribalderie, egli
ne dava carico a personaggi di fantasia, o al suo padrone. Adesso
raccontava di costui la mala morte; e diceva ai villici, tutti orecchi
ad ascoltarlo:
«Era un vecchio, ponete come sono io, ma robusto e prepotente. Un
giorno certo giovinotto tornava da chiesa, dove s'era sposato alla più
bella ragazza della terra. Il marchese si fece sulla via incontro agli
sposi e alla comitiva, chiedendo i suoi diritti, i suoi diritti...
«Che diritti? gridò il giovane stizzito; quelli forse d'andarti
all'inferno?» E lanciandosi contro il marchese coi pugni stretti, gli
diede un punzone così forte nel petto, che il povero diavolo andò
ruzzoloni e precipitò in un borro, tutto rovi e sassi, sfracellato
morto, che non ebbe il tempo a dire _amen_! Beh! mi par di vederlo!»
Qui Mattia faceva colle labbra un versaccio, come avesse posti i denti
in un frutto lazzo ed amaro.
«E voi?--gli chiedevano gli uditori.
«Io? Io m'affacciai al precipizio, guardai, inchinai gli sposi: poi
feci nell'aria un gran crocione, e addio vicini, mi tramutai. E venni
nel vostro paese, dove mi acconciai col pievano defunto, e vi ho
seppelliti mezzi, e ho fatto gran bene all'anima mia. Nevvero, signor
pievano?
«Sta bene, sì, sì...»--disse don Apollinare vergognoso di vedersi
usare dal sagrestano tanta dimestichezza. Ma avendo mestieri di
tenerselo amico, trangugiò quel boccone.
A un tratto un gran parapiglia, un vociare rabbioso, un suono di colpi
menati, in luogo più basso furiosamente, fece sorgere lui, e Mattia, e
tutta quella gente che avevano intorno; ma egli con diverso animo,
perchè corso alla giumenta fece atto di voler montare in sella,
gridando: «I Francesi!»
«Stia, stia,--gli gridò il sagrestano--sono quei di A... che si
picchiano fra loro!
«Allora datemi l'orcio dell'acquasanta, vado a chetarli!
«Che!--rispose Mattia--vorrebbe scendere laggiù a buscarne? Faccia da
qui che l'acqua santa va da sè: Vede come si fa?»
E preso in mano l'aspersorio, che per volere del pievano aveva recato
dietro coll'orciolino e con altre carabattole; lo agitò in aria due o
tre volte, poi lo diede a lui che benedicesse quei furibondi. I quali
volendo accendere i fuochi, pel freddo che faceva su quelle alture,
avevano cominciato a contendere nel far legna e da ultimo a menar le
mani, a strapparsi code, a scaraventare cappellacci, sino a che la
pace potè tornare, che fu briga assai lunga.
Don Apollinare credette d'aver fatto col suo aspersorio assai; e
venuta la notte, s'avvolse per bene nel ferraiuolo, non senza aver
molto raccomandato a Mattia di vegliare. Questi gli si sdraiò vicino,
facendo conto di dormire con un occhio, e di contare le stelle
coll'altro: e noi lasciandogli a serenare, tirati dalla carità ci
rifaremo in fretta dal signor Fedele; che non avesse ad affogare sotto
quel tino, dovo l'abbiamo visto cacciarsi.


CAPITOLO VII.

Ho fatto tardi, e la carità che volevamo usare al signor Fedele, ci fu
tolta di mano da quel Minore Osservante, che aveva predicato a D....
la quaresima, e che trovammo in casa al pievano. Se ci fossimo
affrettati, l'avremmo visto sedere a mensa, nella palazzina, più lieto
che lungo, col padrone e colla famiglia in grande dimestichezza. Ma
per narrare come vi fosse venuto, converrà che io torni a parlare di
quella donnicciuola della cascinaia; la quale di certo non può aver
lasciato memoria di sè, salvo per la mala azione d'essersi messa ad
origliare i discorsi di Bianca, il primo giorno in cui le signore
erano venute alla villa. Se ne rammenta il lettore? Allora
proseguiamo.
Costei sin da quel giorno, aveva disegnato di correre al convento, per
dire ogni cosa al suo confessore; di quei tempi usando molto confidare
al confessionale i propri peccati e le faccende altrui. Ma in tante
volte che vi era andata, non aveva potuto trovarlo, e la mattina della
partenza dello stormo, la poveraccia teneva tuttavia sullo stomaco il
gran peso di quel suo segreto. N'era tribolata come dal peccato
mortale; e pensando al marito, al maggiore de' figli, andati chi sa a
quali sbaragli, non potè più reggere. S'affrettò verso il convento
decisa a non moversi più, senza aver visto il padre Anacleto, senza
essersi confessata a lui, senza averlo pregato a porre i suoi uomini
nella guardia di Dio.
Dalla palazzina del signor Fedele, si poteva andare in pochissimo
tempo al convento; che sorgeva a piedi di una collina, formante una
fondura a guisa di conchiglia, la quale pareva far atto di tirare a sè
l'edificio, in solitudine più sicura. E il valloncello era alberato di
querce antichissime, le quali, dalla cresta che girava intorno un par
di miglia, alla più bassa piaggia, coprivano di loro macchie la terra
per modo, che non vi poteva nè luna, nè sole: meravigliose alla vista,
perchè da quella infuori per tutta la costa della collina, l'occhio
non scopriva altro verde. Il bosco si chiamava dei frati: e perchè
pareva nato appunto per essi, la fantasia paesana vi aveva lavorato
sopra di curiose leggende. Fra l'altre questa, che San Francesco,
capitato là attorno, per edificare un convento; avendo avuto da Ottone
del Carretto feudatario della terra, quel sito; subito si pose
all'opera aiutato da sì gran numero di contadini, che il diavolo ne fu
geloso. Un dì che i manovali si affaccendavano a murare, se ne
scoperse tra essi uno che tentava i compagni e gli scioperava, osando
persino dar la berta al Santo, che s'affaticava a recar pietre sulle
sue spalle delicate. Fu badato a costui dai compagni; e come ogni
mattina accadeva di trovare il lavoro del giorno innanzi buttato gran
parte a terra; il Santo gli mise gli occhi addosso a quel manovale e
s'avvide alfine a certi segni, che egli era un soggettaccio da non
poterlo nominare senza segnarsi tre volte. Fattoglisi cautamente
vicino, gli gettò al collo il suo cordone benedetto, e a furia di
croci lo costrinse a darsi per quel che era, e a portar calce, e
sabbia, e pietre quanto bisognava per l'edificio, di che prima di
notte vi fu d'avanzo ogni cosa. Il Santo non fu contento a tutto quel
servizio, e dacchè il diavolo ci era cascato, volle giovarsi quanto
potè dell'opera sua. Però menandoselo dietro a cavezza per lungo giro
chiese che ad ogni passo facesse germogliare una quercia, o non
l'avrebbe sciolto mai. Il diavolo, nato per amare la libertà tanto da
ribellarsi a Dio, non istette a perfidiare per la miseria di quattro
arboscelli: chè anzi San Francesco non chiedeva uno ch'egli non desse
dieci e cento; e delle querce ne fece nascere tante che il Santo non
aveva finito di torgli il cordone dal collo, e il bosco era, come
fosse sorto da secoli, bello, diffuso e forte. Così il popolo di
quelle parti dava ragione a sè stesso, del come quella selva fosse
sorta in mezzo al tufo brullo della collina.
Il convento poi, parlando sul serio, crebbe e durò più che cinque
secoli e mezzo; e forse durerebbe tuttavia se il generale Victor, nel
1799 non v'avesse appiccato il fuoco; e Napoleone nel 1805 non ne
avesse cacciata la frateria, che rifatta ogni cosa v'era tornata a
star bene. I terrieri dissero che fu gran peccato, perchè i frati
erano buoni, l'edificio bello, e la chiesa anche più. Questa era di
tre navate, partite in molte cappelle, tenute in patronato dai
maggiorenti del borgo di C..., larghi donatori ai frati e alla chiesa.
Ognuna delle cappelle aveva nel pavimento un coperchio di tomba; e la
prima in capo alla navata sinistra, diversa dalle altre per lo stile e
per gli ornamenti, apparteneva ai Marchesi della terra, come è
mostrato dal coperchio della sepoltura, il quale reca un arme
coll'impresa di un carro e d'un'aquila imperiale a graffito. In quella
tomba avvenne cosa, che se non ha che fare colla mia storia, nè coi
tempi di essa; ne ebbe molto coi teschi, raccolti là dentro: poveri
teschi, che pur avendo portato elmo e corona, somigliano a tutti i
teschi umani; calvi, smascellati, hanno viso di ridere d'aver vissuto
questa vita.
Faranno vent'anni, e un giovedì di quaresima, tre scolaretti
maninconiosi, erano andati a quel convento ruinato, col proposito di
rubarvi un teschio: avendo udito alle prediche di quei giorni, che
niuno ornamento migliore, e nulla di meglio contro il peccato potesse
avere in camera un giovinetto. I tre adolescenti si fermarono sopra la
lapide blasonata; trovarono a ridire sul cattivo latino
dell'inscrizione; poi fecero alle pagliuzze cui toccasse discendere
nel sepolcro in cerca del cranio. Come ebbero fatto, i due vincitori
recatisi in mano le campanelle del coperchio, lo levarono a gran
fatica sull'un dei lati, quanto il compagno potesse passare nel vano
la sua persona: e questi, messe le gambe nella buca, peritoso,
peritoso, si calò con forte batticuore, a frugare il sepolcro.
I teschi erano laggiù in fondo, raccolti come ad amarsi, a
consigliarsi; e alla poca luce che poteva là dentro, biancheggiavano
in forme incerte. Più in là si vedeva buio, e pareva che ne venisse
un'aria tetra, greve, umida, forse quella dell'eternità. Il giovinetto
si spinse avanti carponi, e già stendeva la mano sopra uno dei teschi;
quando i due del coperchio udirono una voce di donna gridare
arrangolata dando loro dei monelli, disturbatori di morti! Subito la
pietra del sepolcro ricadde con un tonfo pauroso; e i passi dei due
fuggenti compagni suonarono cupi, sul capo del tapinello, rimastovi
chiuso. Egli non osò movere un dito dalla paura d'urtare in qualche
morto, levatosi a vedere che fosse; ma nè allora nè mai, seppe quanto
rimase a quella tortura. Il fatto finì, che i compagni ritornarono; la
tomba fu scoperchiata un'altra volta; egli agile come un tigrotto, ne
fu fuori di lancio; e giù sui due menò tanti colpi e tanti n'ebbe, che
se non fosse stata a chetarli a colpi di rastrello, quella donna
istessa ch'era cagione del guaio, qualcuno dei tre finiva ridotto a
mal partito. Ritornarono mesti, mogi, a mani vuote da quella
spedizione; e per lunga pezza non ebbero più pensiero nè di quei
crani, nè del convento.
Tornando al quale, ed alla chiesa, qual era in sul finire del secolo
passato: seguiterò a dire come fosse ricca di marmi, e avesse un coro
di legno di ciliegio, lavoro antico d'un intagliatore Lombardo,
stralevigato dai dorsi de' frati a segno che i novizi vi andavano a
specchiarsi. V'era una cantoria angusta, tarmata, e un pulpito
pitturato, bigoncia e pilastro, di certi simboli rossi su fondo
giallo; ed io immagino che moltissime volte saranno stati scambiati
per papaveri, o per qualche altra pianta sonnifera, dai fedeli dei
tempi, in cui i frati vi salivano a predicare.
Dalla chiesa per una porticina, si passava nel chiostro. Questo come
tutti i chiostri, era bello davvero. Le sue colonnine di pietra
verdastra sorreggono ancora gli archi leggiadri e severi; a ognuno dei
quali corrisponde nelle pareti intorno, sotto le volte, un affresco.
Ivi sono rappresentati i miracoli operati sulla terra dal Santo
Fondatore; piedi troncati colla scure e colla scure rappiccati; uomini
storpi raddrizzati; ciechi illuminati, tanti che sarebbe lunga
litania, a voler descrivere tutti quei gesti maravigliosi.
Per un'altra postierla, aperta traverso un muro grosso come di
castello; si poteva entrare dal chiostro nella cucina: e il visitatore
stupiva dell'ampiezza inaspettata di questa. Faceva contrasto
l'angustia delle finestre, munite di sode inferriate, le quali colla
poca luce che mettevano dentro, davano un aspetto tetro alla vòlta e
alle pareti, tralucenti pel fumo venutosi aggrumando a guisa di
vernice nerissima: e più di tutto dava nell'occhio la smisurata cappa
del camino, la quale aveva l'aria d'un mostro, che spalancasse la gola
a divorare là dentro ogni cosa. La porta maggiore della cucina, del
paro che quella del chiostro, mettevano sotto un portichetto, che
formava un angolo retto colla facciata della chiesa, e aveva dinanzi
un piazzale, dove i contadini si raccoglievano la domenica, a
chiaccherare del tempo e dei ricolti, fin che entrando le messe i
campanelli dalla chiesa ne li facessero avvisati. Stando sotto quel
portichetto, a sedere su d'una cassapanca di legno grossolano lavorato
a colpi di scure, e vecchia di chi sa quanti secoli; i conversi, i
cuochi ricreavano la vista, in due lunghi e bellissimi pergolati; le
travicelle dei quali erano sorrette dai muriccioli degli orti, e da
due ordini di pilastrini; e in mezzo a questi correva la via, per cui
dalla valle si veniva al convento. Sotto i pergolati solevano
passeggiare i frati coi loro amici delle terre vicine, che venivano
soventi a visitarli, per desinare assieme, per consigli, o per deporre
il peso delle scrupolose coscienze: e se le pietre parlassero, quei
pilastrini ci potrebbero narrare chi sa che allegre cose, dette
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Çirattagı - Le rive della Bormida nel 1794 - 09
  • Büleklär
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 01
    Süzlärneñ gomumi sanı 4586
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1694
    39.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    60.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 02
    Süzlärneñ gomumi sanı 4779
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1719
    41.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    57.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    64.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 03
    Süzlärneñ gomumi sanı 4782
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1768
    39.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    62.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 04
    Süzlärneñ gomumi sanı 4603
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1750
    38.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    52.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    60.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 05
    Süzlärneñ gomumi sanı 4710
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1710
    37.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    60.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 06
    Süzlärneñ gomumi sanı 4624
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1780
    38.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    61.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 07
    Süzlärneñ gomumi sanı 4662
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1801
    38.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    60.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Le rive della Bormida nel 1794 - 08
    Süzlärneñ gomumi sanı 4643
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1818
    36.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    50.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    58.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 09
    Süzlärneñ gomumi sanı 4731
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1686
    39.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    61.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 10
    Süzlärneñ gomumi sanı 4626
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1810
    38.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    61.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 11
    Süzlärneñ gomumi sanı 4660
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1730
    38.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    60.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 12
    Süzlärneñ gomumi sanı 4649
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1638
    39.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    63.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Le rive della Bormida nel 1794 - 13
    Süzlärneñ gomumi sanı 4685
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1604
    39.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    59.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 14
    Süzlärneñ gomumi sanı 4728
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1705
    38.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    61.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Le rive della Bormida nel 1794 - 15
    Süzlärneñ gomumi sanı 4752
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1744
    36.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    52.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    59.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 16
    Süzlärneñ gomumi sanı 4695
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1805
    38.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    62.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 17
    Süzlärneñ gomumi sanı 4692
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1684
    38.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    52.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    60.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 18
    Süzlärneñ gomumi sanı 4637
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1783
    36.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    52.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    59.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 19
    Süzlärneñ gomumi sanı 4670
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1741
    38.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    61.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 20
    Süzlärneñ gomumi sanı 4705
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1852
    34.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    48.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    56.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 21
    Süzlärneñ gomumi sanı 4689
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1762
    38.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    60.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 22
    Süzlärneñ gomumi sanı 4665
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1689
    41.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    56.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    64.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Le rive della Bormida nel 1794 - 23
    Süzlärneñ gomumi sanı 4672
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1678
    39.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    61.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Le rive della Bormida nel 1794 - 24
    Süzlärneñ gomumi sanı 4643
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1699
    38.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    60.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Le rive della Bormida nel 1794 - 25
    Süzlärneñ gomumi sanı 4625
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1715
    39.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    60.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 26
    Süzlärneñ gomumi sanı 4619
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1724
    37.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    51.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    58.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 27
    Süzlärneñ gomumi sanı 4596
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1645
    38.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    52.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    59.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Le rive della Bormida nel 1794 - 28
    Süzlärneñ gomumi sanı 3855
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1432
    42.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    57.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    64.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.