Annali d'Italia, vol. 1 - 81
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Cesariense, se non che egli si mostra in essa poco conoscente della
controversia de' cattolici con Ario, perchè probabilmente mal
informato da Eusebio vescovo di Nicomedia, gran protettore del
medesimo Ario, e sommo imbroglione, il quale si era, non ostante i
suoi demeriti, introdotto forte nella corte dell'imperadore. Venuta
dipoi una sincera informazione del fatto, scrisse egli un'altra
lettera piena di zelo contra dell'eresiarca. Ma indarno la scrisse.
Chiaritosi dipoi che non v'era mezzo per mettere in dovere
l'orgoglioso Ario, perchè assistito e fomentato da varii vescovi suoi
partigiani, non potè lo zelantissimo principe ritener le lagrime, e
ricorse poi al ripiego di far celebrar per questa causa nell'anno
seguente il famoso concilio di Nicea, di cui parleremo. Credono il
Baronio[3019] e il Tillemont[3020] che in questi tempi avvenisse ciò
che racconta s. Giovanni Grisostomo detto da san Flaviano a Teodosio
Augusto. Cioè che avendo i furiosi Ariani in Egitto scoperto l'Augusto
Costantino contrario all'empia loro opinione, sfogarono la loro rabbia
contra delle di lui statue, sfregiandole con una pioggia di sassate.
Saputo che l'ebbe, non se ne alterò punto il magnanimo imperadore; e
perchè i suoi cortigiani pur lo instigavano a farne vendetta, si mise
la mano al volto, e tastatoselo, sorridendo poi disse che non si
sentiva ferita alcuna: il che fece ammutolire gli adulatori
consiglieri.
Benchè poi, per quanto ho detto, poche leggi si riconoscano date
nell'anno presente da Costantino, pure Eusebio[3021] si stende a
raccontar varie nobilissime di lui azioni e costituzioni fatte,
dappoichè colla caduta di Licinio egli ebbe uniti gli imperii
d'Occidente e d'Oriente, tutte in favore del pubblico e della
professata da lui religione di Cristo. Molte furono le provvisioni da
lui fatte per rimettere la felicità nelle conquistate provincie
dell'Oriente e dell'Egitto, diffondendo spezialmente le rugiade della
sua munificenza sopra que' popoli cotanto in addietro estenuati dalle
estorsioni di Licinio: di modo che a tutti parve di rinascere da morte
a vita, e sembrava loro un miracolo tanta mutazione di cose. Ma
quello, a che maggiormente si applicò il piissimo imperadore, fu di
favorire i cristiani, e di dilatare la loro religione, scorgendo
provenuto dalla santità e verità di essa il conseguimento di tante sue
vittorie, e l'abbassamento di qualsivoglia persecutore della medesima.
Leggesi presso Eusebio l'ampio editto da lui pubblicato per i
cristiani in addietro oppressi, e per la ristituzion delle chiese e
dei loro beni. Poscia, per promuovere la cristiana religione, diede
fuori altre leggi di gran forza contro dei professori del
paganesimo[3022], con esortar ognuno, ma senza forzare alcuno, ad
abbracciar il culto del vero Dio. Cominciò ad inviar nelle provincie
governatori per lo più cristiani, o se pur gentili, loro era vietato
di sacrificare e di far alcun'altra azione d'idolatria, affinchè le
persone tuttavia dedite agl'idoli si disavvezzassero dal prestar loro
onore e fede. Ordinò che si ristabilissero le chiese già abbattute,
che se ne fabbricassero dell'altre e più magnifiche, sperando di
vedere un dì tutti i suoi sudditi adoratori di Gesù Cristo, e volle
che l'erario suo soccombesse a tutte le occorrenti spese. Abbiamo
inoltre un editto composto da lui stesso in latino, e tradotto in
greco da Eusebio, in cui, deplorando la cecità dei suoi predecessori
nell'adorare i falsi dii, esorta in forma patetica tutti i sudditi
suoi a riconoscere e venerare Iddio creatore del mondo, notando che
già in qualche paese erano stati aboliti gl'idoli, ed interamente
cessato il sacrilego lor culto: del che sommo piacere egli sentiva.
Proibì ancora le imposture degli aruspici e di altri indovini della
setta gentile, meritando ben più fede Eusebio storico contemporaneo,
che Zosimo[3023] gentile, vivuto quasi un secolo dopo, il quale
spaccia Costantino come tuttavia attaccato a quegl'ingannatori, e come
seguace delle superstizioni pagane. Che questo zelantissimo imperadore
giugnesse anche a far serrare i templi e spezzare gl'idoli in molti
paesi, l'abbiamo dal suddetto Eusebio[3024]; ma di questo tornerà
occasion di parlare; perciocchè non nel solo anno presente, ma in
altri susseguenti andò sempre più crescendo lo zelo di questo insigne
Augusto per isbarbicare la gramigna de' pagani: cosa nondimeno da lui
eseguita con destrezza, affinchè non nascessero sedizioni, e chiunque
voleva ridursi alla vera religione, spontaneamente e non per forza lo
facesse.
NOTE:
[3010] Idacius, in Fastis.
[3011] Pagius, Crit. Baron., ad hunc annum et seq.
[3012] Eusebius, in Chron.
[3013] Zosimus, lib. 2, cap. 28.
[3014] Eutropius, in Breviar.
[3015] Eusebius, in Vita Const., lib. 2, cap. 48.
[3016] Anonym. Valesianus.
[3017] Socrat., Hist. Eccl., lib. 1, cap. 4.
[3018] Baron., Annal. Eccl.
[3019] Baron., Annal. Eccl.
[3020] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[3021] Euseb., Vit. Constant., lib. 2, c. 19. Idem, Hist. Eccles.,
lib. 9, cap. 9.
[3022] Euseb., Vit. Constant., lib. 2, cap. 44.
[3023] Zosimus, lib. 2, cap. 29.
[3024] Euseb., Vit. Const., lib. 2, c. 48.
Anno di CRISTO CCCXXV. Indizione XIII.
SILVESTRO papa 12.
COSTANTINO imperadore 19.
_Consoli_
PAOLINO e GIULIANO.
Intorno ai nomi di questi due consoli molta disputa è stata fra gli
eruditi[3025], ma senza che si possa conchiudere cosa alcuna; e però
non ho io voluto esporre se non l'ultimo loro sicuro cognome, per cui
erano comunemente conosciuti. Non è inverisimile che amendue fossero
della famiglia _Anicia_. Dal dì 4 di gennaio probabilmente sino al dì
3 di novembre dell'anno seguente la prefettura di Roma fu esercitata
da _Acilio Severo_[3026]. Famosissimo riuscì dipoi l'anno presente per
la celebrazione del sacro concilio di Nicea, primo dei concilii
generali, dove intervennero trecento e dieciotto vescovi, da' quali
concordemente fulminati furono gli anatemi contra dell'ostinato Ario e
della sua pestilente eresia. Non si può dire abbastanza quanto
sfavillasse l'ardore dell'ottimo Augusto Costantino per la purità
della dottrina della Chiesa di Dio e per l'unione della medesima. Egli
fu che promosse quella non mai veduta in addietro memorabil assemblea
di prelati, secondato in ciò anche dalle premure del santo pontefice
Silvestro. Assistè egli medesimo a quell'augusta raunanza, ed ebbe
parte a tutto ciò che vi si fece, ma con far sempre ammirare la sua
umiltà, e un gran rispetto ai vescovi, riconosciuti da lui per giudici
di tali controversie. Di più non ne dico io, perchè intorno a questo è
da consultare la storia ecclesiastica. Terminato poi il concilio,
ancorchè Eusebio vescovo di Nicomedia, e Teognide vescovo di Nicea
godessero dianzi non poco della grazia sua, pure perchè non si
acquetavano alle decisioni sacrosante del medesimo concilio, e
continuavano a sostenere l'empietà di Ario, li mandò in esilio. Per
tanti capi sarà sempre in benedizione nella cristianità la memoria di
Costantino il Grande; ma egli spezialmente per cagione di questo
importantissimo concilio si meritò una particolar venerazione presso
tutti i cattolici. Basta leggere le Storie di Eusebio e di Socrate e
gli Atti del concilio suddetto per conoscere qual fosse in tal
occasione il fervore di questo gran principe nel culto e nell'amore
della santa religione di Cristo. E però torno a dire, essere una
marcia bugia quella di Zosimo[3027] scrittore pagano, il quale circa
cento anni dipoi fiorì, allorchè scrisse che Costantino, anche dopo la
caduta di Licinio, continuò a seguitar il culto de' gentili, e a
valersi degli aruspici ed indovini del paganesimo, con abbracciar il
Cristianesimo solamente dopo la morte del figlio e della moglie. Da
troppe prove si vede smentito un tal racconto, nè occorre fermarsi a
confutarlo. Gli spettacoli de' gladiatori fin qui erano stati le
delizie del popolo romano, anzi di tutti i popoli del romano imperio,
benchè dappertutto non si facessero, perchè costavano troppo. Al
mirare quegl'infami combattenti, che l'un l'altro ferivano, o
scannavano solamente per vile interesse, giubilavano gli spettatori,
applaudendo alla destrezza ed agilità degli uni, senza punto
compassionare il sangue e la morte degli altri. Ora Costantino,
illuminato dai documenti della legge di Cristo, ravvisata la deformità
e barbarie di que' giuochi, pieno di giusto zelo, con suo
editto[3028], mentre dimorava in Berito, nel dì primo di ottobre, li
vietò da lì innanzi sotto rigorose pene. Pretese il Gotofredo che
quella legge fosse solamente locale, nè si stendesse per tutto il
romano imperio; e non per altro, se non perchè sotto i successori di
Costantino s'incontrano nè più nè meno gli spettacoli de'
gladiatori[3029]. Credo io di avere abbastanza dimostrato,
massimamente coll'autorità di Eusebio, che veramente fu universale
quel divieto di Costantino, ancorchè i di lui figliuoli non sapessero
poi sostenerlo: tanto erano impazziti i pagani dietro a que' barbarici
e sanguinarii giuochi. All'anno presente ancora appartiene un'altra
legge[3030] di Costantino, data nel dì 17 di aprile intorno alle
usure. Erano queste a dismisura cresciute, perchè, secondo le leggi
romane, non era proibito il cavar frutto dai prestiti, e perciò
abbondavano allora i prestatori. Secondo l'opinione del Gotofredo,
Costantino ridusse, per conto dei danari prestati, il frutto al dodici
per cento, cioè a pagare l'uno per cento ogni mese; e, per quel che
riguarda i naturali prestati, come sarebbe il grano, permise che il
frutto d'ogni anno uguagliasse il capitale. Le leggi del Vangelo
corressero dipoi sì fatte usure, e ne moderarono l'esorbitanza con
lodevoli provvisioni. Possono vedersi nel codice Teodosiano altre
leggi del medesimo Augusto, tutte correttrici degli abusi d'allora, o
pure testimoni della di lui munificenza verso le chiese e verso le
vergini sacre e le povere vedove, alle quali assegnò un'annua
prestazione di grano. Nobilissimo del pari fu un suo editto, per cui
si mostrò pronto ad ascoltare e ricevere le querele ed accuse
d'ognuno, purchè assistite da buone pruove, contra di tutti gli
uffiziali di corte, governatori delle provincie ed altri pubblici
ministri che si abusassero del loro ufficio, promettendo di punir le
loro ingiustizie e frodi, e di premiar chiunque gli scoprisse questi
traditori della giustizia e nemici del pubblico e privato bene.
NOTE:
[3025] Panvinius. Du-Cange. Pagius. Relandus. Tillemont.
[3026] Cuspinianus. Panvinius. Bucherius.
[3027] Zosimus, lib. 2, c. 29.
[3028] L. 1, de Gladiator., Cod. Theodos.
[3029] Thesaur. Novus Inscript., Tom. III, in fine.
[3030] L. 1, de Usuris, Cod. Theodos.
Anno di CRISTO CCCXXVI. Indizione XIV.
SILVESTRO papa 13.
COSTANTINO imperadore 20.
_Consoli_
FLAVIO VALERIO COSTANTINO AUGUSTO per la settima volta e FLAVIO GIULIO
COSTANZO CESARE.
Entrò nella prefettura di Roma _Anicio Giuliano_ nel dì 13 di
novembre[3031] in luogo di Acilio Severo, e in quella carica continuò
egli per i due seguenti anni. Un grande sfregio patì nell'anno
presente la riputazione di Costantino per quelle passioni ed inganni,
da' quali non va esente quasi mai alcuno de' potentati perchè uomini
anch'essi come gli altri, ed uomini che hanno men freno degli altri.
Prima nondimeno di palesar questo suo trascorso, convien dire che il
vittorioso imperadore determinò in questo anno di passare, dopo tanto
tempo di lontananza, a Roma, secondo tutte le apparenze, per celebrar
ivi i vicennali del suo augustale imperio con più solennità. Di
febbraio noi il troviamo[3032] in Eraclea di Tracia, nel marzo in
Sirmio di Pannonia, e nell'aprile in Aquileia. Ci comparisce nel
principio di luglio in Milano, e nel dì 8 di luglio in Roma, dove
abbiamo da Idacio[3033] ch'egli celebrò l'anno ventesimo del suo
imperio augustale, siccome nell'anno precedente egli avea solennizzato
in Nicomedia il ventesimo del cesareo. Per quel che riferisce
Zosimo[3034], il popolo romano con una sinfonia di maledizioni e
d'ingiurie lo accolse, non per altro, se non perchè sempre più si
accertarono ch'egli aveva dato un calcio al culto dei loro idoli. In
fatti solito era in quelle grandi solennità che gl'imperadori col
senato, esercito e popolo si portassero al Campidoglio, per far ivi
de' sacrifizii a Giove Capitolino; ma nulla di ciò volle far
Costantino; e perchè si scaldarono alcuni per l'osservanza di quel
sacrilego rito, non seppe ritenersi il pio imperadore dal prorompere
in parole di abborrimento e sprezzo della superstizione pagana: il che
gli tirò addosso l'odio del senato e popolo romano, costante per la
maggior parte nell'idolatria. Anzi, se crediamo al medesimo Zosimo,
l'esser egli restato mal soddisfatto di loro fece cader in mente il
pensiero di formare una nuova Roma, e veramente la formò dipoi,
siccome vedremo. Si vuol nondimeno ascoltare Libanio sofista[3035],
cioè un oratore di questo secolo, ben più di Zosimo vicino a
Costantino, allorchè asserisce aver questo imperadore trattato i
Romani con assai dolcezza, tuttochè le loro pasquinate e parole
pungenti paressero degne di un trattamento diverso. Accadde un dì che,
avendo egli stesso udita una salva d'insolentissime grida di quel
popolo in dispregio suo, dimandò ai suoi due fratelli (cioè
probabilmente a Delmazio ed Annibaliano, o pur Costanzo) che gli
stavano appresso, cosa in tal congiuntura fosse da fare. L'un di essi
fu di parere che s'inviassero i soldati a tagliare a pezzi que'
temerarii. L'altro rispose che così avrebbono fatto i principi
cattivi, ma che i buoni doveano dissimulare e sofferir le vane dicerie
e scappate della plebe senza giudizio. Se ne rise in fatti Costantino:
cosa che, a parer di Libanio, gli acquistò l'affezion de' Romani.
Anche Aurelio Vittore[3036] lasciò scritto che il dolore mostrato dal
popolo romano, allorchè questo glorioso principe venne a morte, assai
diede a conoscere ch'egli era molto amato da essi Romani. Dopo essersi
fermato in Roma Costantino per qualche tempo, sembra, secondo le
leggi[3037] che restano, aver egli di nuovo ripigliato il cammino alla
volta della Pannonia, giacchè una sua legge di settembre è data in
Spoleti, un'altra di ottobre in Milano, e una di dicembre in Sirmio.
Veniamo ora al passo più degli altri scabroso della vita di
Costantino. Abbiam più volte fatta menzione di _Crispo_ suo
primogenito, partorito a lui da Minervina sua prima moglie, già creato
_Cesare_, giovane di grande espettazione, e che avea anche dato saggi
del suo valore nella guerra coi Franchi e con Licinio. Questo infelice
principe nell'anno presente[3038], per ordine dello stesso Augusto suo
padre, tolto fu di vita, chi dice col veleno, e chi colla spada.
Zosimo[3039] pretende succeduto così funesto avvenimento in Roma nel
tempo che vi si trattenne Costantino; ma Ammiano Marcellino[3040],
scrittore più vicino a questi tempi, assegna la città di Pola
nell'Istria per luogo di tal tragedia. Perchè Costantino, principe sì
saggio e clemente, e nello stesso tempo sì crudo padre, giugnesse a
tanta severità, nol seppero dire di certo neppure gli antichi
scrittori, e solamente a noi tramandarono i loro sospetti. Zosimo
immaginò incolpato il misero giovane di tenere un'amicizia illecita
con Fausta Augusta sua matrigna; o, per dir meglio, che Fausta facesse
calunniosamente credere al marito d'essere stata tentata da questo suo
figliastro[3041]. Altri si figurarono che la medesima Augusta
inventasse delle cabale per persuadere a Costantino che il figlio
macchinasse contro la vita e lo stato del padre[3042]. Certamente i
più convengono in dire che per le accuse della matrigna Crispo
innocente perdè la vita. E ben probabile è che quell'ambiziosa donna,
la qual già avea tre suoi proprii figliuoli, mirasse di mal occhio il
figliastro Crispo anteposto per cagion dell'età ai suoi fratelli, per
timore ancora che a lui solo potesse un dì pervenire l'imperio, e però
si studiasse di screditarlo presso del padre, e le riuscisse di
precipitarlo. Ell'era figliuola di un gran cabalista, cioè di
Massimiano Erculio. Probabilmente profittò anch'essa di quell'indegna
scuola. Comunque sia, la morte di questo amabil nipote fu un coltello
al cuore di Elena madre dell'Augusto Costantino, nè potea essa darsene
pace. Andò ella dipoi tanto pescando, che dovette in fine far costare
al medesimo imperadore non men l'innocenza di Crispo, che la malvagità
e la calunnia di Fausta sua matrigna; e vuole Filostorgio[3043] che si
scoprisse allora, come l'iniqua donna avea tradito il talamo nuziale
con prostituirsi a delle vili persone. Un sicuro segnale che
Costantino la credesse rea, fu l'aver egli medesimamente ordinato che
a lei si fosse tolta la vita: il che si crede eseguito con farla
serrare in un bagno d'acqua bollente[3044]. Se un esecrando commercio
fosse stato fatto credere a Costantino fra la matrigna e Crispo,
contra di amendue nello stesso tempo sarebbe caduta la pena. Perciò
l'essersi differita la morte di Fausta rende assai verisimile che,
scoperte le sue trame ed iniquità, essa arrivasse al meritato gastigo.
Eutropio[3045] aggiugne che non si fermò qui l'ira di Costantino,
perchè egli appresso fece uccidere molti de' proprii amici, o
sospetti, o complici dei delitti verisimilmente di Fausta.
Ora questo lagrimevole avvenimento, di cui Eusebio non si attentò di
far parola, perchè tasto troppo delicato, non volendo egli dispiacere
ai figliuoli allora regnanti di Fausta, certo è che diede da mormorar
non poco a' grandi e piccoli, ed offuscò non poco la gloria di
Costantino, con esser giunto taluno[3046] ad assomigliare il governo e
secolo di lui a quel di Nerone; e senza trovarsi chi abbia saputo
scusare o giustificare la credulità soverchia, o il rigore estremo da
lui mostrato in tal occasione. Perciò Eutropio non ebbe difficoltà di
dire che Costantino ne' suoi primi anni meritò d'essere uguagliato ai
più insigni principi di Roma, ma che nel progresso egli potè
contentarsi d'essere annoverato fra i mediocri. Non sussiste poi ciò
che Zosimo[3047], dopo aver narrata questa tragedia, aggiugne con
dire, che rimordendo la coscienza ad esso Augusto per tali trascorsi,
e cercando la via di rimettersi in grazia di Dio, ricorse ai pagani,
che gli dissero di non aver maniera di purgare i parricidii (il che
Sozomeno[3048] mostra essere falso), ebbe allora ricorso ad un
Egiziano venuto di Spagna, cristiano di religione, che già s'era
introdotto in corte (vuol probabilmente dire Osio, vescovo di
Cordova), il quale l'assicurò che dal battesimo de' cristiani restava
cancellata qualsivoglia reità: e però Costantino da lì innanzi aderì
alla religione di Cristo. Più chiaro del sole è che molto prima di
questi tempi Costantino s'era rivolto al Dio vero, con abbandonar
gl'idoli. Che poi per tali fatti Dio permettesse che sopra Costantino
si affollassero da lì innanzi varie sciagure, e che ne' figli suoi
terminasse la sua discendenza, del che sembra essere persuaso il
Tillemont[3049]: tuttavia meglio è non voler entrare ne' gabinetti di
Dio, perchè le cifre de' suoi, sempre per altro giusti, giudizii
venerar si debbono anche senza intenderle, e massimamente per non
saper noi i veri reati di Costantino. Abbiamo poi da Eusebio[3050] e
da Eutropio[3051] che nell'anno stesso, in cui a Crispo tolta fu la
vita, anche il giovane _Licinio_, figliuolo del già Licinio Augusto,
fu, d'ordine di Costantino, ucciso, nulla avendo servito a lui
l'essere nato da Costanza sorella dell'imperadore medesimo. Qual
motivo influisse a farlo privar di vita, e s'egli tuttavia conservasse
il titolo di Cesare, a noi resta ignoto. Può ben temersi che anche per
tale azione s'aguzzassero contra di Costantino le lingue di chi fra i
pagani mirava lui di mal occhio. L'anno fu questo, in cui esso Augusto
con sua legge[3052] ordinò che i cherici ed altri ecclesiastici si
cavassero dalla classe de' poveri, e non se ne ordinasse se non quel
numero ch'era necessario alle chiese, acciocchè l'esenzione da lui
conceduta ai sacri ministri del Vangelo non riuscisse dannosa al
pubblico, cioè al corpo secolare. Con altra legge ancora[3053]
dichiarò che i privilegii da lui accordati alle persone ecclesiastiche
s'intendessero in favore de' soli cattolici, e che ne restassero
esclusi gli eretici e sismatici. Credesi finalmente[3054] che in
quest'anno fosse composto il poema in versi di Publilio Optaziano
Porfirio, che giunto sino a' dì nostri fu dato alla luce dal Velsero,
contenente le lodi di Costantino, ma formato con degli acrostici, e
con altre di quelle ingegnose, o, per dir meglio, laboriose
bagattelle, che erano anche nel secolo precedente al nostro il grande
sforzo degl'ingegni minori. Contuttociò anche tali rimasugli
dell'antichità son da tenere in pregio, sì per le cose che contengono,
come per farci intendere ancora il genio di que' secoli, nei quali per
altro fiorirono tanti uomini grandi nelle lettere e nella santità.
Augurando Optaziano in esso poema i vicennali felici a Costantino, e
non men felici i decennali ai di lui figliuoli; perciò si crede
composto quel poema prima della morte di Crispo.
NOTE:
[3031] Bucher., de Cyclo.
[3032] Gothofr., Chron. Codic. Theodos.
[3033] Idacius, in Fastis. Euseb., in Chron.
[3034] Zosimus, lib. 2, cap. 29.
[3035] Liban., Oration. 14 et 15.
[3036] Aurelius Victor, de Caesarib.
[3037] Gothofredus, Chronolog. Cod. Theod.
[3038] Idacius, in Fastis.
[3039] Zosimus, lib. 2, cap. 29.
[3040] Ammianus, lib. 14, cap. 11.
[3041] Zonaras, in Annalibus.
[3042] Aurel. Victor, in Epitome.
[3043] Philostorgius, in Histor.
[3044] Zosimus. Victor. Sidonius et alii.
[3045] Eutropius, in Breviar.
[3046] Sidonius Apollinaris, lib. 5, Epist. 8.
[3047] Zosimus, lib. 2, cap. 29.
[3048] Sozomenus, Histor., lib. 1, cap. 5.
[3049] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[3050] Eusebius, in Chron.
[3051] Eutrop., in Breviar.
[3052] L. 6, de Episc., Cod. Theodos.
[3053] L. 1, de Haereticis, Cod. Theodos.
[3054] Pagius. Tillemont.
Anno di CRISTO CCCXXVII. Indizione XV.
SILVESTRO papa 14.
COSTANTINO imperadore 21.
_Consoli_
FLAVIO VALERIO COSTANTINO e MASSIMO.
Nell'assegnare il nome del primo console ho io seguitato il padre
Pagi[3055] e il Relando[3056]; ma debbo ora dire che non abbiam
sicurezza d'esso, nè sappiam chi egli fosse: tanto son diverse le date
delle leggi di quest'anno e le asserzioni dei Fasti. Presso alcuni in
vece di _Costantino_ si legge _Costanzo_. Presso altri il puro suo
nome è scritto senza il titolo di _Cesare_, e in altri sì. Alcuni il
fanno console _per la prima volta_, altri _per la seconda_, ed altri
per la _quinta_. Fu creduto questo Costantino dal Panvinio[3057] un
parente di Costantino Augusto. Può essere che un dì salti fuori
qualche iscrizione che tolga ogni dubbio. Una[3058] ne ho io recato,
dove altra menzione non è fatta che di _Flavio Cesare_ e di _Massimo_.
Per conto di questo ultimo conghietturò il suddetto Panvinio ch'egli
non fosse diverso da _Valerio Massimo Basilio_, già da noi veduto
prefetto di Roma; ma nei Fasti si soleva notare il solo ultimo
cognome. Nella stessa prefettura seguitò ancora in questo anno _Anicio
Giuliano_. Truovavasi lo Augusto Costantino, per quanto apparisce
dalle date di varie sue leggi[3059], nell'anno presente in Tessalonica
ed Eraclea, cioè in città della Macedonia e Tracia. San Girolamo, che
dopo aver tradotta in latino la Cronica di Eusebio Cesariense[3060],
la continuò poi fino ai suoi giorni, fa verso a questi tempi menzione
di _Arnobio_ oratore africano. Era egli di credenza pagano, ed
insegnava agli scolari rettorica. Convertito alla religione di Cristo,
impugnò di poi la penna contro le superstizioni e follie del
gentilesimo con que' libri che tuttavia abbiamo gravi d'erudizion
pagana, e bisognosi di commento. Non è improbabile che circa questi
tempi _Elena_, madre dell'Augusto Costantino, donna santa e colma di
zelo per l'abbracciata religione di Cristo, andasse a Gerusalemme,
dove scoprì il sepolcro del divino nostro Salvatore, e la vera croce,
su cui egli morì. Portatone l'avviso a Costantino, ordinò che si
fabbricasse ivi un insigne tempio col titolo della Resurrezione. Altre
chiese a petizione della piissima Augusta egli piantò nel monte
Oliveto, in Betlemme ed altri luoghi, per onorar le memorie della
nascita e passion del Signore. Ma intorno a ciò è da consultare la
storia ecclesiastica, depurata nondimeno da alcuni racconti poco
sussistenti. L'anno preciso, in cui sant'Elena fu chiamata da Dio a
miglior vita, resta tuttavia ignoto o controverso. Potrebbe essere che
ciò succedesse nell'anno seguente. Eusebio[3061], dopo aver narrato le
suntuose chiese alzate da Costantino in quei santi luoghi, descrive
ancora le gloriose azioni di pietà, di munificenza e d'umiltà della
santa imperadrice, e quanto amore a lei professasse, quanto onore le
concedesse il figlio Augusto. Non solamente volle che foss'ella
riconosciuta per imperadrice, e che si battessero medaglie d'oro in
suo onore, ma le conferì ancora una piena balìa per valersi del tesoro
imperiale in opere di pietà. Appresso aggiugne, che essendo ella
mancata di vita in età di circa ottant'anni, Costantino fece portare
il suo corpo nella città regale, cioè a Roma, come comunemente vien
creduto, e deporlo in un magnifico sepolcro. Altri visibili segni
diede Costantino dell'amor suo verso la madre. Imperciocchè sotto
quest'anno nota san Girolamo[3062], ch'egli varie fabbriche alzò in
onore di san Luciano martire, seppellito nel borgo di Drepano nella
Bitinia, con farne una città, a cui diede il nome della madre, forse
tuttavia vivente, chiamandola Elenopoli. Ne parla ancora la Cronica
Alessandrina[3063]. Filostorgio[3064] attribuisce alla stessa Elena la
fabbrica di quella città e l'insigne tempio edificato in onore del
suddetto martire. Abbiamo anche da Sozomeno[3065] che una città di
Palestina prese il nome di Elenopoli da questa santa imperadrice.
Veggonsi iscrizioni, trovansi medaglie che confermano il gran credito
ch'ella meritamente godè, tanto in vita che dopo morte, per le sue
luminose virtù.
NOTE:
[3055] Pagius, Crit. Baron., ad hunc annum.
[3056] Reland., Fast. Consul.
[3057] Panvin., Fast. Consul.
[3058] Thes. Novus Inscript., pag. 354.
[3059] Gothofred., Chronolog. Cod. Theodos.
[3060] Hieronymus, in Chronico.
[3061] Euseb., in Vita Const., lib. 2, cap. 23 et seq.
[3062] Hieron., in Chronico.
[3063] Chron. Alexandrinum.
[3064] Philostorgius, Hist., lib. 2, cap. 13.
[3065] Sozomenus, lib. 2, cap. 2.
Anno di CRISTO CCCXXVIII. Indizione I.
SILVESTRO papa 15.
COSTANTINO imperadore 22.
_Consoli_
JANUARIO e GIUSTO.
S'incontra il primo console appellato anche _Januarino_. Seguitò
nell'anno presente ad esercitar la prefettura di Roma _Anicio
Giuliano_. Le poche leggi[3066] che abbiamo appartenenti a quest'anno
ci fan vedere Costantino in Nicomedia, capitale della Bitinia, e poi
in Oiscos, o Escos, luogo della Dacia, o piuttosto della Mesia
inferiore, oggidì Bulgaria. Qui la Cronica Alessandrina ci fa sapere
che Costantino passò più volte di là dal Danubio, e che sopra quel
fiume fece fabbricar un ponte di pietra. Anche l'uno e l'altro
Vittore[3067] attestano la fabbrica di questo ponte, nè si sa vedere
perchè il Tillemont[3068] la chiami affatto inverisimile. Noi sappiamo
che Costantino, più di quel che si possa credere, fu avidissimo della
lode e della gloria. Ben probabile è ch'egli non volesse essere da
meno di Traiano, da cui fu fabbricato un simil ponte su quel fiume
regale. Abbiamo anche medaglie[3069], dove si mira quel ponte col
motto SALVS REIPVBLICAE DANVBIVS. Questi movimenti di Costantino hanno
poi fatto pensare a qualche erudito[3070] che in quest'anno egli
avesse guerra coi Goti e Taifali, popoli abitanti di là dal Danubio in
controversia de' cattolici con Ario, perchè probabilmente mal
informato da Eusebio vescovo di Nicomedia, gran protettore del
medesimo Ario, e sommo imbroglione, il quale si era, non ostante i
suoi demeriti, introdotto forte nella corte dell'imperadore. Venuta
dipoi una sincera informazione del fatto, scrisse egli un'altra
lettera piena di zelo contra dell'eresiarca. Ma indarno la scrisse.
Chiaritosi dipoi che non v'era mezzo per mettere in dovere
l'orgoglioso Ario, perchè assistito e fomentato da varii vescovi suoi
partigiani, non potè lo zelantissimo principe ritener le lagrime, e
ricorse poi al ripiego di far celebrar per questa causa nell'anno
seguente il famoso concilio di Nicea, di cui parleremo. Credono il
Baronio[3019] e il Tillemont[3020] che in questi tempi avvenisse ciò
che racconta s. Giovanni Grisostomo detto da san Flaviano a Teodosio
Augusto. Cioè che avendo i furiosi Ariani in Egitto scoperto l'Augusto
Costantino contrario all'empia loro opinione, sfogarono la loro rabbia
contra delle di lui statue, sfregiandole con una pioggia di sassate.
Saputo che l'ebbe, non se ne alterò punto il magnanimo imperadore; e
perchè i suoi cortigiani pur lo instigavano a farne vendetta, si mise
la mano al volto, e tastatoselo, sorridendo poi disse che non si
sentiva ferita alcuna: il che fece ammutolire gli adulatori
consiglieri.
Benchè poi, per quanto ho detto, poche leggi si riconoscano date
nell'anno presente da Costantino, pure Eusebio[3021] si stende a
raccontar varie nobilissime di lui azioni e costituzioni fatte,
dappoichè colla caduta di Licinio egli ebbe uniti gli imperii
d'Occidente e d'Oriente, tutte in favore del pubblico e della
professata da lui religione di Cristo. Molte furono le provvisioni da
lui fatte per rimettere la felicità nelle conquistate provincie
dell'Oriente e dell'Egitto, diffondendo spezialmente le rugiade della
sua munificenza sopra que' popoli cotanto in addietro estenuati dalle
estorsioni di Licinio: di modo che a tutti parve di rinascere da morte
a vita, e sembrava loro un miracolo tanta mutazione di cose. Ma
quello, a che maggiormente si applicò il piissimo imperadore, fu di
favorire i cristiani, e di dilatare la loro religione, scorgendo
provenuto dalla santità e verità di essa il conseguimento di tante sue
vittorie, e l'abbassamento di qualsivoglia persecutore della medesima.
Leggesi presso Eusebio l'ampio editto da lui pubblicato per i
cristiani in addietro oppressi, e per la ristituzion delle chiese e
dei loro beni. Poscia, per promuovere la cristiana religione, diede
fuori altre leggi di gran forza contro dei professori del
paganesimo[3022], con esortar ognuno, ma senza forzare alcuno, ad
abbracciar il culto del vero Dio. Cominciò ad inviar nelle provincie
governatori per lo più cristiani, o se pur gentili, loro era vietato
di sacrificare e di far alcun'altra azione d'idolatria, affinchè le
persone tuttavia dedite agl'idoli si disavvezzassero dal prestar loro
onore e fede. Ordinò che si ristabilissero le chiese già abbattute,
che se ne fabbricassero dell'altre e più magnifiche, sperando di
vedere un dì tutti i suoi sudditi adoratori di Gesù Cristo, e volle
che l'erario suo soccombesse a tutte le occorrenti spese. Abbiamo
inoltre un editto composto da lui stesso in latino, e tradotto in
greco da Eusebio, in cui, deplorando la cecità dei suoi predecessori
nell'adorare i falsi dii, esorta in forma patetica tutti i sudditi
suoi a riconoscere e venerare Iddio creatore del mondo, notando che
già in qualche paese erano stati aboliti gl'idoli, ed interamente
cessato il sacrilego lor culto: del che sommo piacere egli sentiva.
Proibì ancora le imposture degli aruspici e di altri indovini della
setta gentile, meritando ben più fede Eusebio storico contemporaneo,
che Zosimo[3023] gentile, vivuto quasi un secolo dopo, il quale
spaccia Costantino come tuttavia attaccato a quegl'ingannatori, e come
seguace delle superstizioni pagane. Che questo zelantissimo imperadore
giugnesse anche a far serrare i templi e spezzare gl'idoli in molti
paesi, l'abbiamo dal suddetto Eusebio[3024]; ma di questo tornerà
occasion di parlare; perciocchè non nel solo anno presente, ma in
altri susseguenti andò sempre più crescendo lo zelo di questo insigne
Augusto per isbarbicare la gramigna de' pagani: cosa nondimeno da lui
eseguita con destrezza, affinchè non nascessero sedizioni, e chiunque
voleva ridursi alla vera religione, spontaneamente e non per forza lo
facesse.
NOTE:
[3010] Idacius, in Fastis.
[3011] Pagius, Crit. Baron., ad hunc annum et seq.
[3012] Eusebius, in Chron.
[3013] Zosimus, lib. 2, cap. 28.
[3014] Eutropius, in Breviar.
[3015] Eusebius, in Vita Const., lib. 2, cap. 48.
[3016] Anonym. Valesianus.
[3017] Socrat., Hist. Eccl., lib. 1, cap. 4.
[3018] Baron., Annal. Eccl.
[3019] Baron., Annal. Eccl.
[3020] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[3021] Euseb., Vit. Constant., lib. 2, c. 19. Idem, Hist. Eccles.,
lib. 9, cap. 9.
[3022] Euseb., Vit. Constant., lib. 2, cap. 44.
[3023] Zosimus, lib. 2, cap. 29.
[3024] Euseb., Vit. Const., lib. 2, c. 48.
Anno di CRISTO CCCXXV. Indizione XIII.
SILVESTRO papa 12.
COSTANTINO imperadore 19.
_Consoli_
PAOLINO e GIULIANO.
Intorno ai nomi di questi due consoli molta disputa è stata fra gli
eruditi[3025], ma senza che si possa conchiudere cosa alcuna; e però
non ho io voluto esporre se non l'ultimo loro sicuro cognome, per cui
erano comunemente conosciuti. Non è inverisimile che amendue fossero
della famiglia _Anicia_. Dal dì 4 di gennaio probabilmente sino al dì
3 di novembre dell'anno seguente la prefettura di Roma fu esercitata
da _Acilio Severo_[3026]. Famosissimo riuscì dipoi l'anno presente per
la celebrazione del sacro concilio di Nicea, primo dei concilii
generali, dove intervennero trecento e dieciotto vescovi, da' quali
concordemente fulminati furono gli anatemi contra dell'ostinato Ario e
della sua pestilente eresia. Non si può dire abbastanza quanto
sfavillasse l'ardore dell'ottimo Augusto Costantino per la purità
della dottrina della Chiesa di Dio e per l'unione della medesima. Egli
fu che promosse quella non mai veduta in addietro memorabil assemblea
di prelati, secondato in ciò anche dalle premure del santo pontefice
Silvestro. Assistè egli medesimo a quell'augusta raunanza, ed ebbe
parte a tutto ciò che vi si fece, ma con far sempre ammirare la sua
umiltà, e un gran rispetto ai vescovi, riconosciuti da lui per giudici
di tali controversie. Di più non ne dico io, perchè intorno a questo è
da consultare la storia ecclesiastica. Terminato poi il concilio,
ancorchè Eusebio vescovo di Nicomedia, e Teognide vescovo di Nicea
godessero dianzi non poco della grazia sua, pure perchè non si
acquetavano alle decisioni sacrosante del medesimo concilio, e
continuavano a sostenere l'empietà di Ario, li mandò in esilio. Per
tanti capi sarà sempre in benedizione nella cristianità la memoria di
Costantino il Grande; ma egli spezialmente per cagione di questo
importantissimo concilio si meritò una particolar venerazione presso
tutti i cattolici. Basta leggere le Storie di Eusebio e di Socrate e
gli Atti del concilio suddetto per conoscere qual fosse in tal
occasione il fervore di questo gran principe nel culto e nell'amore
della santa religione di Cristo. E però torno a dire, essere una
marcia bugia quella di Zosimo[3027] scrittore pagano, il quale circa
cento anni dipoi fiorì, allorchè scrisse che Costantino, anche dopo la
caduta di Licinio, continuò a seguitar il culto de' gentili, e a
valersi degli aruspici ed indovini del paganesimo, con abbracciar il
Cristianesimo solamente dopo la morte del figlio e della moglie. Da
troppe prove si vede smentito un tal racconto, nè occorre fermarsi a
confutarlo. Gli spettacoli de' gladiatori fin qui erano stati le
delizie del popolo romano, anzi di tutti i popoli del romano imperio,
benchè dappertutto non si facessero, perchè costavano troppo. Al
mirare quegl'infami combattenti, che l'un l'altro ferivano, o
scannavano solamente per vile interesse, giubilavano gli spettatori,
applaudendo alla destrezza ed agilità degli uni, senza punto
compassionare il sangue e la morte degli altri. Ora Costantino,
illuminato dai documenti della legge di Cristo, ravvisata la deformità
e barbarie di que' giuochi, pieno di giusto zelo, con suo
editto[3028], mentre dimorava in Berito, nel dì primo di ottobre, li
vietò da lì innanzi sotto rigorose pene. Pretese il Gotofredo che
quella legge fosse solamente locale, nè si stendesse per tutto il
romano imperio; e non per altro, se non perchè sotto i successori di
Costantino s'incontrano nè più nè meno gli spettacoli de'
gladiatori[3029]. Credo io di avere abbastanza dimostrato,
massimamente coll'autorità di Eusebio, che veramente fu universale
quel divieto di Costantino, ancorchè i di lui figliuoli non sapessero
poi sostenerlo: tanto erano impazziti i pagani dietro a que' barbarici
e sanguinarii giuochi. All'anno presente ancora appartiene un'altra
legge[3030] di Costantino, data nel dì 17 di aprile intorno alle
usure. Erano queste a dismisura cresciute, perchè, secondo le leggi
romane, non era proibito il cavar frutto dai prestiti, e perciò
abbondavano allora i prestatori. Secondo l'opinione del Gotofredo,
Costantino ridusse, per conto dei danari prestati, il frutto al dodici
per cento, cioè a pagare l'uno per cento ogni mese; e, per quel che
riguarda i naturali prestati, come sarebbe il grano, permise che il
frutto d'ogni anno uguagliasse il capitale. Le leggi del Vangelo
corressero dipoi sì fatte usure, e ne moderarono l'esorbitanza con
lodevoli provvisioni. Possono vedersi nel codice Teodosiano altre
leggi del medesimo Augusto, tutte correttrici degli abusi d'allora, o
pure testimoni della di lui munificenza verso le chiese e verso le
vergini sacre e le povere vedove, alle quali assegnò un'annua
prestazione di grano. Nobilissimo del pari fu un suo editto, per cui
si mostrò pronto ad ascoltare e ricevere le querele ed accuse
d'ognuno, purchè assistite da buone pruove, contra di tutti gli
uffiziali di corte, governatori delle provincie ed altri pubblici
ministri che si abusassero del loro ufficio, promettendo di punir le
loro ingiustizie e frodi, e di premiar chiunque gli scoprisse questi
traditori della giustizia e nemici del pubblico e privato bene.
NOTE:
[3025] Panvinius. Du-Cange. Pagius. Relandus. Tillemont.
[3026] Cuspinianus. Panvinius. Bucherius.
[3027] Zosimus, lib. 2, c. 29.
[3028] L. 1, de Gladiator., Cod. Theodos.
[3029] Thesaur. Novus Inscript., Tom. III, in fine.
[3030] L. 1, de Usuris, Cod. Theodos.
Anno di CRISTO CCCXXVI. Indizione XIV.
SILVESTRO papa 13.
COSTANTINO imperadore 20.
_Consoli_
FLAVIO VALERIO COSTANTINO AUGUSTO per la settima volta e FLAVIO GIULIO
COSTANZO CESARE.
Entrò nella prefettura di Roma _Anicio Giuliano_ nel dì 13 di
novembre[3031] in luogo di Acilio Severo, e in quella carica continuò
egli per i due seguenti anni. Un grande sfregio patì nell'anno
presente la riputazione di Costantino per quelle passioni ed inganni,
da' quali non va esente quasi mai alcuno de' potentati perchè uomini
anch'essi come gli altri, ed uomini che hanno men freno degli altri.
Prima nondimeno di palesar questo suo trascorso, convien dire che il
vittorioso imperadore determinò in questo anno di passare, dopo tanto
tempo di lontananza, a Roma, secondo tutte le apparenze, per celebrar
ivi i vicennali del suo augustale imperio con più solennità. Di
febbraio noi il troviamo[3032] in Eraclea di Tracia, nel marzo in
Sirmio di Pannonia, e nell'aprile in Aquileia. Ci comparisce nel
principio di luglio in Milano, e nel dì 8 di luglio in Roma, dove
abbiamo da Idacio[3033] ch'egli celebrò l'anno ventesimo del suo
imperio augustale, siccome nell'anno precedente egli avea solennizzato
in Nicomedia il ventesimo del cesareo. Per quel che riferisce
Zosimo[3034], il popolo romano con una sinfonia di maledizioni e
d'ingiurie lo accolse, non per altro, se non perchè sempre più si
accertarono ch'egli aveva dato un calcio al culto dei loro idoli. In
fatti solito era in quelle grandi solennità che gl'imperadori col
senato, esercito e popolo si portassero al Campidoglio, per far ivi
de' sacrifizii a Giove Capitolino; ma nulla di ciò volle far
Costantino; e perchè si scaldarono alcuni per l'osservanza di quel
sacrilego rito, non seppe ritenersi il pio imperadore dal prorompere
in parole di abborrimento e sprezzo della superstizione pagana: il che
gli tirò addosso l'odio del senato e popolo romano, costante per la
maggior parte nell'idolatria. Anzi, se crediamo al medesimo Zosimo,
l'esser egli restato mal soddisfatto di loro fece cader in mente il
pensiero di formare una nuova Roma, e veramente la formò dipoi,
siccome vedremo. Si vuol nondimeno ascoltare Libanio sofista[3035],
cioè un oratore di questo secolo, ben più di Zosimo vicino a
Costantino, allorchè asserisce aver questo imperadore trattato i
Romani con assai dolcezza, tuttochè le loro pasquinate e parole
pungenti paressero degne di un trattamento diverso. Accadde un dì che,
avendo egli stesso udita una salva d'insolentissime grida di quel
popolo in dispregio suo, dimandò ai suoi due fratelli (cioè
probabilmente a Delmazio ed Annibaliano, o pur Costanzo) che gli
stavano appresso, cosa in tal congiuntura fosse da fare. L'un di essi
fu di parere che s'inviassero i soldati a tagliare a pezzi que'
temerarii. L'altro rispose che così avrebbono fatto i principi
cattivi, ma che i buoni doveano dissimulare e sofferir le vane dicerie
e scappate della plebe senza giudizio. Se ne rise in fatti Costantino:
cosa che, a parer di Libanio, gli acquistò l'affezion de' Romani.
Anche Aurelio Vittore[3036] lasciò scritto che il dolore mostrato dal
popolo romano, allorchè questo glorioso principe venne a morte, assai
diede a conoscere ch'egli era molto amato da essi Romani. Dopo essersi
fermato in Roma Costantino per qualche tempo, sembra, secondo le
leggi[3037] che restano, aver egli di nuovo ripigliato il cammino alla
volta della Pannonia, giacchè una sua legge di settembre è data in
Spoleti, un'altra di ottobre in Milano, e una di dicembre in Sirmio.
Veniamo ora al passo più degli altri scabroso della vita di
Costantino. Abbiam più volte fatta menzione di _Crispo_ suo
primogenito, partorito a lui da Minervina sua prima moglie, già creato
_Cesare_, giovane di grande espettazione, e che avea anche dato saggi
del suo valore nella guerra coi Franchi e con Licinio. Questo infelice
principe nell'anno presente[3038], per ordine dello stesso Augusto suo
padre, tolto fu di vita, chi dice col veleno, e chi colla spada.
Zosimo[3039] pretende succeduto così funesto avvenimento in Roma nel
tempo che vi si trattenne Costantino; ma Ammiano Marcellino[3040],
scrittore più vicino a questi tempi, assegna la città di Pola
nell'Istria per luogo di tal tragedia. Perchè Costantino, principe sì
saggio e clemente, e nello stesso tempo sì crudo padre, giugnesse a
tanta severità, nol seppero dire di certo neppure gli antichi
scrittori, e solamente a noi tramandarono i loro sospetti. Zosimo
immaginò incolpato il misero giovane di tenere un'amicizia illecita
con Fausta Augusta sua matrigna; o, per dir meglio, che Fausta facesse
calunniosamente credere al marito d'essere stata tentata da questo suo
figliastro[3041]. Altri si figurarono che la medesima Augusta
inventasse delle cabale per persuadere a Costantino che il figlio
macchinasse contro la vita e lo stato del padre[3042]. Certamente i
più convengono in dire che per le accuse della matrigna Crispo
innocente perdè la vita. E ben probabile è che quell'ambiziosa donna,
la qual già avea tre suoi proprii figliuoli, mirasse di mal occhio il
figliastro Crispo anteposto per cagion dell'età ai suoi fratelli, per
timore ancora che a lui solo potesse un dì pervenire l'imperio, e però
si studiasse di screditarlo presso del padre, e le riuscisse di
precipitarlo. Ell'era figliuola di un gran cabalista, cioè di
Massimiano Erculio. Probabilmente profittò anch'essa di quell'indegna
scuola. Comunque sia, la morte di questo amabil nipote fu un coltello
al cuore di Elena madre dell'Augusto Costantino, nè potea essa darsene
pace. Andò ella dipoi tanto pescando, che dovette in fine far costare
al medesimo imperadore non men l'innocenza di Crispo, che la malvagità
e la calunnia di Fausta sua matrigna; e vuole Filostorgio[3043] che si
scoprisse allora, come l'iniqua donna avea tradito il talamo nuziale
con prostituirsi a delle vili persone. Un sicuro segnale che
Costantino la credesse rea, fu l'aver egli medesimamente ordinato che
a lei si fosse tolta la vita: il che si crede eseguito con farla
serrare in un bagno d'acqua bollente[3044]. Se un esecrando commercio
fosse stato fatto credere a Costantino fra la matrigna e Crispo,
contra di amendue nello stesso tempo sarebbe caduta la pena. Perciò
l'essersi differita la morte di Fausta rende assai verisimile che,
scoperte le sue trame ed iniquità, essa arrivasse al meritato gastigo.
Eutropio[3045] aggiugne che non si fermò qui l'ira di Costantino,
perchè egli appresso fece uccidere molti de' proprii amici, o
sospetti, o complici dei delitti verisimilmente di Fausta.
Ora questo lagrimevole avvenimento, di cui Eusebio non si attentò di
far parola, perchè tasto troppo delicato, non volendo egli dispiacere
ai figliuoli allora regnanti di Fausta, certo è che diede da mormorar
non poco a' grandi e piccoli, ed offuscò non poco la gloria di
Costantino, con esser giunto taluno[3046] ad assomigliare il governo e
secolo di lui a quel di Nerone; e senza trovarsi chi abbia saputo
scusare o giustificare la credulità soverchia, o il rigore estremo da
lui mostrato in tal occasione. Perciò Eutropio non ebbe difficoltà di
dire che Costantino ne' suoi primi anni meritò d'essere uguagliato ai
più insigni principi di Roma, ma che nel progresso egli potè
contentarsi d'essere annoverato fra i mediocri. Non sussiste poi ciò
che Zosimo[3047], dopo aver narrata questa tragedia, aggiugne con
dire, che rimordendo la coscienza ad esso Augusto per tali trascorsi,
e cercando la via di rimettersi in grazia di Dio, ricorse ai pagani,
che gli dissero di non aver maniera di purgare i parricidii (il che
Sozomeno[3048] mostra essere falso), ebbe allora ricorso ad un
Egiziano venuto di Spagna, cristiano di religione, che già s'era
introdotto in corte (vuol probabilmente dire Osio, vescovo di
Cordova), il quale l'assicurò che dal battesimo de' cristiani restava
cancellata qualsivoglia reità: e però Costantino da lì innanzi aderì
alla religione di Cristo. Più chiaro del sole è che molto prima di
questi tempi Costantino s'era rivolto al Dio vero, con abbandonar
gl'idoli. Che poi per tali fatti Dio permettesse che sopra Costantino
si affollassero da lì innanzi varie sciagure, e che ne' figli suoi
terminasse la sua discendenza, del che sembra essere persuaso il
Tillemont[3049]: tuttavia meglio è non voler entrare ne' gabinetti di
Dio, perchè le cifre de' suoi, sempre per altro giusti, giudizii
venerar si debbono anche senza intenderle, e massimamente per non
saper noi i veri reati di Costantino. Abbiamo poi da Eusebio[3050] e
da Eutropio[3051] che nell'anno stesso, in cui a Crispo tolta fu la
vita, anche il giovane _Licinio_, figliuolo del già Licinio Augusto,
fu, d'ordine di Costantino, ucciso, nulla avendo servito a lui
l'essere nato da Costanza sorella dell'imperadore medesimo. Qual
motivo influisse a farlo privar di vita, e s'egli tuttavia conservasse
il titolo di Cesare, a noi resta ignoto. Può ben temersi che anche per
tale azione s'aguzzassero contra di Costantino le lingue di chi fra i
pagani mirava lui di mal occhio. L'anno fu questo, in cui esso Augusto
con sua legge[3052] ordinò che i cherici ed altri ecclesiastici si
cavassero dalla classe de' poveri, e non se ne ordinasse se non quel
numero ch'era necessario alle chiese, acciocchè l'esenzione da lui
conceduta ai sacri ministri del Vangelo non riuscisse dannosa al
pubblico, cioè al corpo secolare. Con altra legge ancora[3053]
dichiarò che i privilegii da lui accordati alle persone ecclesiastiche
s'intendessero in favore de' soli cattolici, e che ne restassero
esclusi gli eretici e sismatici. Credesi finalmente[3054] che in
quest'anno fosse composto il poema in versi di Publilio Optaziano
Porfirio, che giunto sino a' dì nostri fu dato alla luce dal Velsero,
contenente le lodi di Costantino, ma formato con degli acrostici, e
con altre di quelle ingegnose, o, per dir meglio, laboriose
bagattelle, che erano anche nel secolo precedente al nostro il grande
sforzo degl'ingegni minori. Contuttociò anche tali rimasugli
dell'antichità son da tenere in pregio, sì per le cose che contengono,
come per farci intendere ancora il genio di que' secoli, nei quali per
altro fiorirono tanti uomini grandi nelle lettere e nella santità.
Augurando Optaziano in esso poema i vicennali felici a Costantino, e
non men felici i decennali ai di lui figliuoli; perciò si crede
composto quel poema prima della morte di Crispo.
NOTE:
[3031] Bucher., de Cyclo.
[3032] Gothofr., Chron. Codic. Theodos.
[3033] Idacius, in Fastis. Euseb., in Chron.
[3034] Zosimus, lib. 2, cap. 29.
[3035] Liban., Oration. 14 et 15.
[3036] Aurelius Victor, de Caesarib.
[3037] Gothofredus, Chronolog. Cod. Theod.
[3038] Idacius, in Fastis.
[3039] Zosimus, lib. 2, cap. 29.
[3040] Ammianus, lib. 14, cap. 11.
[3041] Zonaras, in Annalibus.
[3042] Aurel. Victor, in Epitome.
[3043] Philostorgius, in Histor.
[3044] Zosimus. Victor. Sidonius et alii.
[3045] Eutropius, in Breviar.
[3046] Sidonius Apollinaris, lib. 5, Epist. 8.
[3047] Zosimus, lib. 2, cap. 29.
[3048] Sozomenus, Histor., lib. 1, cap. 5.
[3049] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[3050] Eusebius, in Chron.
[3051] Eutrop., in Breviar.
[3052] L. 6, de Episc., Cod. Theodos.
[3053] L. 1, de Haereticis, Cod. Theodos.
[3054] Pagius. Tillemont.
Anno di CRISTO CCCXXVII. Indizione XV.
SILVESTRO papa 14.
COSTANTINO imperadore 21.
_Consoli_
FLAVIO VALERIO COSTANTINO e MASSIMO.
Nell'assegnare il nome del primo console ho io seguitato il padre
Pagi[3055] e il Relando[3056]; ma debbo ora dire che non abbiam
sicurezza d'esso, nè sappiam chi egli fosse: tanto son diverse le date
delle leggi di quest'anno e le asserzioni dei Fasti. Presso alcuni in
vece di _Costantino_ si legge _Costanzo_. Presso altri il puro suo
nome è scritto senza il titolo di _Cesare_, e in altri sì. Alcuni il
fanno console _per la prima volta_, altri _per la seconda_, ed altri
per la _quinta_. Fu creduto questo Costantino dal Panvinio[3057] un
parente di Costantino Augusto. Può essere che un dì salti fuori
qualche iscrizione che tolga ogni dubbio. Una[3058] ne ho io recato,
dove altra menzione non è fatta che di _Flavio Cesare_ e di _Massimo_.
Per conto di questo ultimo conghietturò il suddetto Panvinio ch'egli
non fosse diverso da _Valerio Massimo Basilio_, già da noi veduto
prefetto di Roma; ma nei Fasti si soleva notare il solo ultimo
cognome. Nella stessa prefettura seguitò ancora in questo anno _Anicio
Giuliano_. Truovavasi lo Augusto Costantino, per quanto apparisce
dalle date di varie sue leggi[3059], nell'anno presente in Tessalonica
ed Eraclea, cioè in città della Macedonia e Tracia. San Girolamo, che
dopo aver tradotta in latino la Cronica di Eusebio Cesariense[3060],
la continuò poi fino ai suoi giorni, fa verso a questi tempi menzione
di _Arnobio_ oratore africano. Era egli di credenza pagano, ed
insegnava agli scolari rettorica. Convertito alla religione di Cristo,
impugnò di poi la penna contro le superstizioni e follie del
gentilesimo con que' libri che tuttavia abbiamo gravi d'erudizion
pagana, e bisognosi di commento. Non è improbabile che circa questi
tempi _Elena_, madre dell'Augusto Costantino, donna santa e colma di
zelo per l'abbracciata religione di Cristo, andasse a Gerusalemme,
dove scoprì il sepolcro del divino nostro Salvatore, e la vera croce,
su cui egli morì. Portatone l'avviso a Costantino, ordinò che si
fabbricasse ivi un insigne tempio col titolo della Resurrezione. Altre
chiese a petizione della piissima Augusta egli piantò nel monte
Oliveto, in Betlemme ed altri luoghi, per onorar le memorie della
nascita e passion del Signore. Ma intorno a ciò è da consultare la
storia ecclesiastica, depurata nondimeno da alcuni racconti poco
sussistenti. L'anno preciso, in cui sant'Elena fu chiamata da Dio a
miglior vita, resta tuttavia ignoto o controverso. Potrebbe essere che
ciò succedesse nell'anno seguente. Eusebio[3061], dopo aver narrato le
suntuose chiese alzate da Costantino in quei santi luoghi, descrive
ancora le gloriose azioni di pietà, di munificenza e d'umiltà della
santa imperadrice, e quanto amore a lei professasse, quanto onore le
concedesse il figlio Augusto. Non solamente volle che foss'ella
riconosciuta per imperadrice, e che si battessero medaglie d'oro in
suo onore, ma le conferì ancora una piena balìa per valersi del tesoro
imperiale in opere di pietà. Appresso aggiugne, che essendo ella
mancata di vita in età di circa ottant'anni, Costantino fece portare
il suo corpo nella città regale, cioè a Roma, come comunemente vien
creduto, e deporlo in un magnifico sepolcro. Altri visibili segni
diede Costantino dell'amor suo verso la madre. Imperciocchè sotto
quest'anno nota san Girolamo[3062], ch'egli varie fabbriche alzò in
onore di san Luciano martire, seppellito nel borgo di Drepano nella
Bitinia, con farne una città, a cui diede il nome della madre, forse
tuttavia vivente, chiamandola Elenopoli. Ne parla ancora la Cronica
Alessandrina[3063]. Filostorgio[3064] attribuisce alla stessa Elena la
fabbrica di quella città e l'insigne tempio edificato in onore del
suddetto martire. Abbiamo anche da Sozomeno[3065] che una città di
Palestina prese il nome di Elenopoli da questa santa imperadrice.
Veggonsi iscrizioni, trovansi medaglie che confermano il gran credito
ch'ella meritamente godè, tanto in vita che dopo morte, per le sue
luminose virtù.
NOTE:
[3055] Pagius, Crit. Baron., ad hunc annum.
[3056] Reland., Fast. Consul.
[3057] Panvin., Fast. Consul.
[3058] Thes. Novus Inscript., pag. 354.
[3059] Gothofred., Chronolog. Cod. Theodos.
[3060] Hieronymus, in Chronico.
[3061] Euseb., in Vita Const., lib. 2, cap. 23 et seq.
[3062] Hieron., in Chronico.
[3063] Chron. Alexandrinum.
[3064] Philostorgius, Hist., lib. 2, cap. 13.
[3065] Sozomenus, lib. 2, cap. 2.
Anno di CRISTO CCCXXVIII. Indizione I.
SILVESTRO papa 15.
COSTANTINO imperadore 22.
_Consoli_
JANUARIO e GIUSTO.
S'incontra il primo console appellato anche _Januarino_. Seguitò
nell'anno presente ad esercitar la prefettura di Roma _Anicio
Giuliano_. Le poche leggi[3066] che abbiamo appartenenti a quest'anno
ci fan vedere Costantino in Nicomedia, capitale della Bitinia, e poi
in Oiscos, o Escos, luogo della Dacia, o piuttosto della Mesia
inferiore, oggidì Bulgaria. Qui la Cronica Alessandrina ci fa sapere
che Costantino passò più volte di là dal Danubio, e che sopra quel
fiume fece fabbricar un ponte di pietra. Anche l'uno e l'altro
Vittore[3067] attestano la fabbrica di questo ponte, nè si sa vedere
perchè il Tillemont[3068] la chiami affatto inverisimile. Noi sappiamo
che Costantino, più di quel che si possa credere, fu avidissimo della
lode e della gloria. Ben probabile è ch'egli non volesse essere da
meno di Traiano, da cui fu fabbricato un simil ponte su quel fiume
regale. Abbiamo anche medaglie[3069], dove si mira quel ponte col
motto SALVS REIPVBLICAE DANVBIVS. Questi movimenti di Costantino hanno
poi fatto pensare a qualche erudito[3070] che in quest'anno egli
avesse guerra coi Goti e Taifali, popoli abitanti di là dal Danubio in
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Nästa - Annali d'Italia, vol. 1 - 82
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- Annali d'Italia, vol. 1 - 62Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4237Totalt antal unika ord är 158739.7 av orden finns i de 2000 vanligaste orden55.4 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden63.1 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 63Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4180Totalt antal unika ord är 150138.8 av orden finns i de 2000 vanligaste orden54.8 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden62.5 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 64Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4222Totalt antal unika ord är 154839.9 av orden finns i de 2000 vanligaste orden55.5 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden62.5 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 65Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4203Totalt antal unika ord är 152841.2 av orden finns i de 2000 vanligaste orden55.7 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden63.5 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 66Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4369Totalt antal unika ord är 171141.7 av orden finns i de 2000 vanligaste orden57.1 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden64.5 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 67Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4351Totalt antal unika ord är 168639.2 av orden finns i de 2000 vanligaste orden56.0 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden64.0 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 68Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4382Totalt antal unika ord är 164138.2 av orden finns i de 2000 vanligaste orden53.9 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden62.4 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 69Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4298Totalt antal unika ord är 157838.9 av orden finns i de 2000 vanligaste orden55.8 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden64.0 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 70Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4172Totalt antal unika ord är 154538.5 av orden finns i de 2000 vanligaste orden53.7 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden61.4 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 71Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4090Totalt antal unika ord är 154337.6 av orden finns i de 2000 vanligaste orden53.1 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden60.7 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 72Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4164Totalt antal unika ord är 160037.2 av orden finns i de 2000 vanligaste orden52.1 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden60.5 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 73Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4243Totalt antal unika ord är 157339.4 av orden finns i de 2000 vanligaste orden54.5 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden62.5 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 74Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4229Totalt antal unika ord är 158538.7 av orden finns i de 2000 vanligaste orden53.2 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden59.8 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 75Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4191Totalt antal unika ord är 153640.0 av orden finns i de 2000 vanligaste orden54.0 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden62.9 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 76Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4393Totalt antal unika ord är 161439.5 av orden finns i de 2000 vanligaste orden56.9 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden64.8 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 77Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4360Totalt antal unika ord är 164739.3 av orden finns i de 2000 vanligaste orden55.3 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden63.3 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 78Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4261Totalt antal unika ord är 160240.0 av orden finns i de 2000 vanligaste orden55.1 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden62.9 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 79Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4124Totalt antal unika ord är 149237.9 av orden finns i de 2000 vanligaste orden52.3 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden59.6 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 80Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4300Totalt antal unika ord är 165539.3 av orden finns i de 2000 vanligaste orden53.7 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden61.8 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 81Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4207Totalt antal unika ord är 159138.4 av orden finns i de 2000 vanligaste orden52.4 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden60.2 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 82Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4151Totalt antal unika ord är 160436.8 av orden finns i de 2000 vanligaste orden52.3 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden59.9 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 83Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4188Totalt antal unika ord är 156537.4 av orden finns i de 2000 vanligaste orden53.1 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden60.5 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 84Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 4221Totalt antal unika ord är 165339.6 av orden finns i de 2000 vanligaste orden55.1 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden63.4 av orden finns i de 8000 vanligaste orden
- Annali d'Italia, vol. 1 - 85Varje stapel representerar procentandelen ord per 1000 vanligaste ord.Totalt antal ord är 748Totalt antal unika ord är 43251.1 av orden finns i de 2000 vanligaste orden63.2 av orden finns bland de 5000 vanligaste orden69.1 av orden finns i de 8000 vanligaste orden