Amelia Calani ed altri scritti - 07

Süzlärneñ gomumi sanı 4510
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1884
33.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
47.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
55.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
sempre felice sopra i fiori al tremolìo di stelle, ella te ne
raddoppierà lo incanto, imperciocchè gioia solitaria sia mezzo dolore; e
morire con la tua nella mano della tua donna quasi pegno di nozze
immortali, non ti par ella esultanza suprema? Certo sì, se avvertirai
come la scienza della lunga vita consista nel sapere morire un'ora.
Qualche volta la moglie non volle sopravvivere al dolce compagno, e la
sola volontà bastò ad ucciderla; quando poi non trovò la volontà potente
da tanto, allora ricorse a partiti estrinseci; e talora eziandio lo
precedè nella morte, insegnandogli con divina virtù come si deva alla
innocenza posporre la vita.
Vi ha tale che sostiene essere i figli un getto di dadi sul tavoliere
della fortuna; o asso o sei, senza che i tuoi accorgimenti valgano, o
poco a riparare come a promovere; e davvero qualche volta sembra per lo
appunto così, ma per ordinario non vi ha natura per trista che sia la
quale non ceda alla virtù del precetto, e meglio degli esempi buoni. La
natura che noi costumiamo considerare inanimata alle diligenze del
cultore s'immeglia, le belve stesse alle amorevolezze ammansiscono, ora
con quale consiglio o con quanta verità vorremo credere disperato con le
anime razionali quello che vediamo partorire ottimi effetti con le
piante e con le belve?
Ah! il figlio buono.... chiudi gli occhi e fingitelo in culla roseo e
come l'_ego dormio sed cor meum vigilat_ dello Albano; — fingitelo
giovancello quando il suo intelletto si apre ai raggi della scienza come
la magnolia a quelli del sole, e tramanda profumi di sapere; — fingitelo
poeta col capo incoronato da una luce che sprilla dai suoi medesimi
pensieri; — fingitilo nel foro, in campo, magistrato o soldato...... si
vide ella mai maggior copia di affetti? E bellissimi tutti e tutti
divini; nella somiglianza loro diversi, nella diversità concordi, pari
ai colori dell'iride, che uniti insieme compongono il fascio della luce,
essi formano Amore.
Comecchè tu sperimenti ottimi la consorte ed i figli, anzi per questa
loro bontà appunto, altri contrappone, ti si moltiplicheranno le
angoscie che tragge seco la famiglia, e lo scioperio, e il divagamento.
Certo se penserai cavare tutta la tua scienza dai libri, corri
grandissimo rischio che l'abbia ad andare così, ma bada che la natura è
il massimo dei libri, e gli uomini e le fortune loro ne fanno le pagine;
e coloro che durano nei tempi imperituri ad altro libro, per ordinario
non lessero se non in questo uno; e affanni, e gioie, e cure, e
necessità sono ale che impennano la fantasia e l'ingegno, non altramente
che per ogni vento blando o impetuoso vibrano le corde armoniche
dell'arpa eolia.
Dallo avvicendarsi uffici benevoli, dai soccorsi scambievoli, dalla
corrispondenza degli affetti, dalla comunione del riso, e più da quella
del pianto, dalla vita insomma per quanto n'è concesso unificata nasce
la sostanza della quale si alimentano gli amori perenni.
Dalla necessità di ben governare il censo avito, o di procacciarlo se
manca, da quella di allevare, nudrire, educare ed incamminare i
figliuoli, stringere parentadi, coltivare le clientele, gratificare le
amistanze, versarsi insomma entro ogni maniera di negozii domestici
oltre a disporre la tua mente a ben considerare le cose, l'arricchisce
del senso pratico senza del quale le teorie o non giovano, o le provi
fratte da scavezzartici il collo. E di questo hai a persuaderti, che chi
governa bene la famiglia, riuscirà eziandio ottimamente ad amministrare
i pubblici negozii; e col trattato del governo della buona famiglia di
Agnolo Pandolfini, o di Lionbattista Alberti che sia, ti capiterà di
mostrarti più atto al maneggio della repubblica, che non co' dogmi di
Aristotele, o co' ghiribizzi di Platone.
Se abbondano in te la tenerezza e la fantasia, la famiglia ti farà poeta
nuovo, ed invece di logorare l'estro a raccontarci amori, su i quali per
quanto Venere piova dallo aperto cinto grazie immortali, ella non può
impedire che dalla materia surgano, e nella materia si spengano, dirai
le gioie e gli affanni dei casti talami, della cuna e della bara de'
figliuoli, i riti, le solennità, le feste, e tutto quello infine che
nella famiglia si accende, e per istarvi celato non tramanda meno il
benefico calore dintorno. Poche di queste poesie abbiamo noi, e
dell'egregie pochissime. Gl'indiani ne posseggono in copia, e le donne
vi si mostrano, e non poteva essere altrimenti, valentissime;
degl'inglesi, degli americani e dei tedeschi non si parla nemmeno: or
come noi ne patiamo scarsezza? Arduo spiegarlo, ma di queste tre cose
una n'è colpa di certo, o manco di affetto svaporato nella tremenda
vanità, o natura vinta dal costume d'imitare poetando anzichè
significare quello che detta dentro l'amore, o difficoltà dello idioma
nostro, che eletto sopra ogni altro mai senza molto studio non risponde
al pensiero amico e franco: ma di questo più largamente altrove.
Se all'opposto soverchiano in te la meditazione e il calcolo, la
famiglia ti somministrerà larghissimo argomento a studii di economia, di
agricoltura, di architettura, di ammaestramento (base suprema e
trascurata troppo della famiglia del pari, che della società), e delle
discipline molteplici che ci mettono capo. Se sai, e se vuoi, gli studii
domestici ti vestiranno di tutte arme così, che uscendo di casa potrai
esercitarti nei certami dei Parlamenti e dei carichi pubblici senza pure
avere bisogno di abbassare la visiera, od allacciarti un fermaglio. I
cittadini si fanno in casa; operano in città.
Distratto in tanti e tanto gravi negozii il letterato nostro riuscirà
senza dubbio meno fecondo: che monta questo? Morire in cento tomi può
talora giovare a cui scrive, ma il fatto prova che nuoce sempre a chi
legge. I nostri vecchi, cessate le faccende fuori di casa, quelle di
dentro messe in sesto, riducevansi nello scrittoio, e quivi dopo molta
considerazione aggiungevano quattro fili o sei alla trama che ordivano
durante la intera loro vita; scarse in numero le opere, ma gemme della
patria letteratura. Quante volte fece, disfece, e rifece poi quel
benedetto Bernardo Davanzati le sue pagine! Però le ridusse a
perfezione, nè per molta industria tu ci adoperassi sopra sapresti o
torre, o apporre, o migliorare periodo; e dirimpetto alla sterile
fecondità moderna, che cosa sono i due volumi del Giannotti, il volume
del Gelli, o quello del Soderini, o l'altro del Vettori, le storie del
Segni, il trattato del Cavalcanti, anzi le stesse scritture del
Macchiavello e del Guicciardino, se ne sceveri quelle che spettano a
negozii pubblici, e dettate per ragione di officio? I diamanti si
lavorano sottilmente con lungo studio, su i macigni si tira giù la mazza
quanto portano i bracci. Nulla importa agli uomini possedere di molti
libri; a bruciarne cinque sesti sarebbe tanto guadagno; preme invece
moltissimo averli buoni.
E tutto questo forse nello spirito di taluni varrà a cancellare le
ragioni esposte sul principio del capitolo, e persuaderli a torre
moglie: e ciò veramente per ora non si vorrebbe. Ci hanno periodi più o
meno lunghi nella vita dei popoli nei quali bisogna con ogni partito
richiamare la perduta virtù, ed anco la primitiva ferocia. Niccolò
Macchiavello parlò distesamente della necessità di ricondurre di tratto
in tratto gli Stati ai loro principii a fine di preservarli dalla
corruzione; questo è da intendersi ai loro contrarii, e così spiegata la
sentenza si accomoda agli Stati ugualmente bene che alla famiglia, ai
popoli che agl'individui. Ora siccome lo scopo non pure degli scritti e
dei pensieri, bensì fino dei palpiti dell'uomo ha da essere il bene
della Patria, in tale stremo ogni dipersione di energia vuolsi
riprendere come quasi delitto. E non direbbe la verità colui il quale
negasse gli affetti per la moglie e pei figli nulla potere sul cuore
dell'uomo. Il cacciatore quando ha messo le mani addosso al leoncello
già tiene il leone, e Tiberio la pensava come il cacciatore rispetto ai
figliuoli di coloro ch'ei disegnava a morire. Saul, quel sì acerbo
cuore, rimpiange di essere padre, però che se nol fosse già si sarebbe
tra i nemici ferri scagliato da gran tempo, e avria già tronco la vita
orribile che viveva; e gli affetti di padre e di marito pur troppo
inviliscono i petti umani, e li dissuadono dai proponimenti feroci. Chi
fra i moderni dotato di natura gentile reggerebbe alla donna sua, amata
del pari che venerata, di alta stirpe discesa, per alti sensi famosa,
farglisi incontra col figlio in braccio, unico frutto di santissimo
amore, su la soglia della porta donde si sorte al campo nemico, e dopo
averlo salutato co' nomi
Di padre, madre, fratello e marito,
scongiurarlo a non varcarla, e starsi seco? Tra i moderni non mi
sovviene alcuno, e tra gli antichi Ettore solo; per la quale cosa anco
dopo tanta onda di secolo la sua fama, comecchè vinto, con altre poche
siffatte costituisce lo scarso patrimonio della dignità umana, mentre la
fama del vincitore lusinga unicamente l'orgoglio del luogo che gli fu
patria. Conchiudesi giovare anzichè nuocere le sollecitudini e gli
affetti di famiglia così allo incremento come allo esercizio delle
facoltà intellettuali, e quelli doversi ricercare e contrarre; a tempi
ordinarii però: negli altri poi dove le necessità patrie t'impongano
stare sempre parato a mettere in isbaraglio la vita, sarà prudente
astenercene. Nello intelletto dello schiavo, che anela a rompere le
dolenti e vergognose catene, non può capire altro pensiero che non sia
libertà.

V.
Forte pertanto il letterato e civile deve esercitarsi in forte e nobile
palestra; le parole dalla sua bocca hanno da scoccare come dardi
dall'arco e ferire acutissime le male pesti che più da vicino
travagliano l'umano consorzio; di fatti si abbia in mente sempre, che
principale fra le imprese di Apollo fu saettare il Pitone. Ora le male
pesti vedemmo secondo i tempi varie, però quantunque diverse non
disgiunte mai dalla viltà; qui dunque importa rivolgere massimamente la
parola acuita, qui le magnanime ire.
Ma, ahimè! lo spirito umano tanto usa ed abusa della facoltà di
discorrere per diritto e per traverso l'interminabile spazio delle
cogitazioni, che ad ogni piè sospinto nella via che più ti appariva
retta tu inciampi in qualche contrasto. Di vero corre certa opinione (la
quale per essere stata professata dal Goëthe diventò quasi precetto)
dissuasora dal mescolare alle lettere qualsivoglia lega di passioni
popolesche:
..... orecchio ama pacato
La Musa, e mente arguta, e cor gentile.
Nella quiete stanno l'ordine e l'armonia, nel tumulto dissonanza;
gl'impeti disonestano i moti del corpo, le facoltà dell'intelletto
scompigliano. Linfe pure, incenso immacolato e spirito sereno desiderano
nei sacrifizii le Grazie. L'arte di sè si nudrisce, ed a sè stessa
soddisfa; non va dintorno a limosinare il plauso degli uomini; gli
aspetta al tempio dove detta leggi, non ne riceve nessuna; quando altri
non la curi o non l'attenda, che preme a lei? Ella suona o canta per le
Muse e per sè. Precetto e formula di cosiffatta opinione è la seguente:
esercitare l'arte per l'arte.
Questo ne sembra errore. Poichè le lettere formano il pane quotidiano
dell'anima umana, male possono e meno devono starsi superbe da parte, ma
come quelle che molto ritraggono della mente divina, e perciò della
bontà di Dio, hanno a farsi incontro ai derelitti, agli agitati, agli
oppressi, ed immedesimarsi con loro; dei palpiti loro palpitare, ai
fremiti fremere. Fra quanti conosciamo importuni consolatori veruno ci
apparisce più detestabile degli amici di Giobbe, i quali lo redarguivano
co' sofismi, o con rimbrotti lo aspreggiavano; diversamente i Côrsi, ed
anche oggi l'osservano: l'amico si conduce nella casa percossa dalla
sventura, vi penetra pian piano, si accosta al desolato, lo abbraccia,
lo bacia in bocca, e poi si accosta alla parete dove o piange sommesso,
o, piegata la faccia, tace. Per lo scrittore sviscerato della Patria si
para davanti troppo più nobile scopo, che quello di sentire lodare il
suo libro per bello, ed è di udirlo lodato per buono. Le statue si fanno
di marmo, e fredde, ed immobili; dentro ai musei ripongonsi, dove la
gente una o due volte nel corso della sua vita si fa ad ammirarle; non
così le lettere; queste con noi vivono: a mensa siedono con noi, sul
capezzale del nostro letto riposano, le nostre veglie consigliano, i
sogni stessi rallegrano, ammaestrano e dirigono, con noi scendono nel
foro, ci accompagnano nella curia, pellegrinano, esulano, s'imprigionano
con noi. Quale pertanto spetta ufficio alle lettere umane ai giorni
nostri? Quello della colonna di fuoco, che condusse gli ebrei fuori
dalla schiavitù dell'Egitto.
Può accadere benissimo, anzi sarà, che le lettere in questo modo ed a
simile intento professate scapitino di certa armonia nelle parti, nelle
forme ridondino, insomma presentino alquanto della indole tumultuaria;
ma che perciò? Esse troveranno compenso, che vale a mille doppi lo
scapito, nel maggior calore, nella vivezza delle tinte, negli sprilli
abbaglianti di subita luce. Ma la causa vera per la quale le lettere
devono agitarsi con le commozioni della vita dei popoli non è questa,
bensì quest'altra. Le lettere non appartano l'uomo dai doveri del
cittadino; al contrario, per esse, questi obblighi a dismisura crescono;
quindi in ciò si abbia sempre fisso il pensiero, che se piace alla
Patria che il cittadino detti buoni libri, molto più preme che egli
operi ottime azioni. Adesso azione di suprema bontà di cittadino fra
popolo libero e incivilito consiste nel persuadere, o ammaestrare come
la libertà bene si usi, e come il retaggio della sapienza si mantenga e
si accresca, fra popolo oppresso e barbaro, come possa la libertà
rivendicarsi, la ferocia correggersi, e i beni dello intelletto
conseguirsi. Chè se al cittadino tanto gli valga l'ingegno, e lo
sovvenga la fortuna da compiere a un punto una buona azione ed un'opera
egregia, allora dovremo celebrarlo meritissimo e felicissimo. Quando poi
il suo libro non riesca mirabile di dettato, sarà pur sempre opera
buona, e di queste massimamente pei tempi che corrono abbisognano la
Patria e l'Umanità. Noi siamo fronde di albero, queste vengono e vanno;
il punto sta che il ceppo si mantenga, e di giorno in giorno con la sua
vetta si avvicini al cielo. Che presunzione sarebbe mai quella, che ogni
sasso nelle basiliche volesse mostrare ai posteri la singola sua
apparenza? Trista celebrità è quella che resulta dal trovarsi separati
dalla fabbrica: imperciocchè dimostri che te come inetto o cattivo
scartarono, e adesso rimani sopra la pubblica strada inciampo a chi
passa.
Dalle quali premesse sembra potersi inferire con sicurezza, che si
versino in massimo errore quelli i quali sostengono la febbre politica e
le altre che in giornata agitano il consorzio sociale tornare in esizio
alla coltura delle lettere.
Se cessati i ragionamenti vogliamo consultare i fatti, troveremo come le
passioni, segnatamente le politiche, abbiano partorito le più nobili
composizioni o vogli in prosa, o vogli in versi, che onorino lo
intelletto umano. Poche poesie noi troviamo da contrapporre agli inni
splendidi di Moisè e di Debora. Moltissimi fra i salmi di David, i treni
di Geremia, le visioni dei Profeti, che cosa altro sono elleno mai,
tranne poesie politiche? Le canzoni che meglio tra le altre si stimino,
e che meritino veramente se ne faccia caso nelle rime del Petrarca,
spettano alla politica, alla politica i canti che nella _Divina
Commedia_ vanno cercandosi con maggiore divozione.
E messi alquanto in disparte i fatti per tornare ai ragionamenti,
volgiamo il pensiero a considerare le regole dell'arte; e innanzi
tratto, che cosa queste regole sono elleno mai? Sono raccolta di
precetti desunta dai libri dei meglio reputati scrittori perchè dieno
norma a quelli che vengono dopo per conseguire il senso di concepire e
la facoltà di ritrarre il bello. Ma qual bello? Per certo quello che
seppero comprendere ed effigiare fino a quel giorno; ma il bello rimase
esaurito con essi? Trovarono veramente, e trovate tentarono tutte le vie
che menano a quello? Si chiude ella la intelligenza umana, come Pier
Grandenigo fece la serrata del gran Consiglio di Venezia? Ancora nel
comporre questo decalogo del bello consultaronsi tutte le produzioni
dello spirito umano? Come furono rappresentati i popoli dell'Asia, come
i settentrionali, e per non dilungarci troppo, come i Germani e
gl'Inglesi? Ancora; qual fu il giudizio che presiedè alla scelta?
Diversi i modi di concepire il bello secondo l'età, i tempi e i luoghi,
onde farebbe mestieri che lo intelletto commesso fino dai primi giorni
in compagnia al sole avesse perlustrato co' suoi raggi, e perlustrasse
il globo: nè basterebbe, conciossiachè sapete voi come volerannno e come
canteranno i Cigni nelle età che il tempo tiene tuttavia chiuse nelle
sue mani? Chi diè la norma al Dante? Veramente si ignora; e chi
somministrò all'Ariosto il modello di dondolare pei campi del piacere
sempre vago e sempre vario ad ogni moto? Certo se non furono le nuvole
estive che vagano pel cielo tirreno quando tramonta il sole, noi non
sapremmo. E qui fa capo eziandio un altro riscontro di distinzione fra
le lettere e le arti. Le arti, come quelle che imitano suoni ed aspetti
di natura fisica, possono più o meno sottoporsi a certe discipline; ma
le lettere essendo espressione d'intelletto e di sentimento sconfinati
non conoscono forme, regole o discipline determinate: il finito mal può
comprendere l'infinito. Pari il firmamento e il bello; veruna traccia
fissa tu ci vedi per entro, e da per tutto smagliano stelle.
E poichè molte altre parole saranno dette intorno a questo argomento nel
proseguire del discorso, così sarà bene per ora rimanerci a tanto
ponendo in sodo che le lettere le quali non si mescolano alle nostre
gioie e ai nostri affanni non sono Angioli consolatori mandati da Dio,
bensì Lemuri e Spettri venuti ad atterrirci con la rimembranza del morto
passato, o co' presagi del dolente avvenire.
Le lettere mirano indietro come colui che piglia campo per avventarsi
più abbrivato nell'avvenire; vita, speranza sono le lettere, e
avviamento certo a quella perfettibilità alla quale consentirono i cieli
che l'uomo pervenisse quaggiù come ragione del vivere e ricompensa della
fatica.

VI.
Non tutto concedesi a tutti, ed è parte di sapienza non piccola credere
così, e chiamarsi soddisfatti che così sia; imperciocchè laddove
all'anima i desiderii donassero ali sarebbe piuttosto colpa che viltà
astenersi dal volo, il quale con le sue ampissime ruote comprendesse
quanto uomo può sapere, ed anco più oltre. Questo la Provvidenza non
volle; però battere col desiderio ad una porta che non si aprirà mai, è
tale agonia che mena alla demenza od alla disperazione.
Difficile sopra modo penetrare gli arcani di Dio, però quanto più l'uomo
si terrà lontano da siffatta prosunzione tanto meglio farà, e tuttavolta
se disegno di lui fu che gli uomini uno dell'altro abbisognassero
affinchè il consorzio appetissero, per gli scambievoli offici si
ricercassero e prediligessero, certo non senza alto consiglio era creata
la varietà degl'ingegni e dei talenti, affinchè dove quegli mancava
questi supplisse.
Non per ciò si deve intendere che l'uomo si mantenga tanto chiuso nella
sua arte o scienza che le altre dispettoso ripudii; mai no, bensì
s'intenda in questo altro modo che ponendo egli il fondamento in una
cosa le altre più o meno da lontano saluti, o tanto cerchi, quanto
conferiscano a somministrargli migliore notizia della sua. Inoltre
occorrono certe maniere di arti e di scienze che arieggiano fra loro
come figliuole genuine dei medesimi parenti: arti e scienze di cui una
non può levare la voce senza che l'altra non vi risponda, e queste
talora vedemmo ospitate sotto un medesimo tetto, e con santo amore e
pari prestanza coltivate tutte. Fra gli artisti Michelangiolo le
universe arti, che chiamansi belle, esercitando lasciò incerto il
giudizio dei posteri in quale primeggiasse. Lionardo da Vinci oltre a
questo lasciò libri su la pittura, intorno alla statica, e delle cose
fisiche molto scrisse o poco noto ai suoi tempi, o affatto ignorato, e
per virtù sua da lui solo conosciuto; inventò strumenti nuovi e musicò
egli stesso soavissimamente. Terribilissimi per moltiplice e svariato
sapere, come lo furono coi fatti, anco i frati tra noi, massime Tommaso
Campanella e fra Paolo Sarpi, storici, matematici, di ogni arcano di
natura ricercatori solerti e scuopritori spesso felici; e per non
dilungarci troppo basti allegare per tutti Giovanni Pico della
Mirandola.
Ma se comparisce naturale che in messere Francesco Guicciardino e in
Niccolò Macchiavello il maneggio dei pubblici negozii accenda
l'attitudine a bene comprenderli e l'arte di vestirli con accomodate
parole, può parere in altri ostentazione di talento, e diremmo quasi
d'jattanza, sciorinare opere fra loro disparatissime. Così non troviamo
niente a riprendere alloraquando Goethe canta inni su tutte le corde
della lira alemanna, e tesse drammi a foggia di quante scuole comparvero
fin qui; taluni, nuovi, ricavati dal proprio intelletto e detta romanzi
e memorie; regge teatri ed amministra lo Stato; ma sembra che non
isfugga allo spruzzo di vanità quando egli imprende a trattare di
mineralogia, e, secondo che ci affermano, anco di anatomia. Nasce dubbio
eziandio, che talora il versarsi in discipline troppo diverse sia segno
di mente piuttostochè ampia, sformata, come a modo di esempio ne
comparisce quella dell'Hoffmann, il quale sedeva giudice in tribunale e
immaginava racconti di cui la creazione contendonsi le Muse e la Pazzia,
dipingeva vôlte, intagliava modelli di smerletti, e presiedeva alla
orchestra di teatro. Però badisi che non senza disegno qui più che
altrove si adoperarono formule dubitative, conciossiachè se vanità
espressa o follia questo moltiplice trasformarsi si ha da reputare nei
mediocri (com'era quel tale giureconsulto che, conferendo col Montaigne,
invece di parlare di leggi gli tenne discorso continuo di
fortificazioni), la esperienza e l'ossequio in cui meritamente si devono
avere gl'ingegni rari ci renda rispettivi a giudicarli; chè la
temerarietà è quasi vaiolo, il quale se incolga ai giovani, stante
l'avventatezza della età, non si giudica mortale, diversamente negli
anni maturi: tuttavolta si può riputare provato che chi troppo si spande
meno si addentra, e ne abbiamo prova nel Brugham, il quale non pago alla
gloria di avvocato chiarissimo, di uomo di stato insigne, volle
esercitarsi nelle discipline pedagogiche, nella chimica, nella fisica e
via discorrendo: per modo che in taluna gli avvenne di mostrarsi meno
che mediocre, e non poteva fare a meno. Imporre limite al corso
dell'umano intelletto non sarebbe prudente, poichè quello a cui non
arrivò una generazione pervenne l'altra; e quantunque anche a questo
corso presentiamo un fine, pure ci torna difficile determinarlo, onde
fie meglio non assegnargli limite alcuno, massime perchè non sapremmo
come si potesse impedire all'uomo di oltrepassarlo quante volte gliene
pigliasse vaghezza: lasciando pertanto liberissimo il corso alle
inquisizioni della umanità, fie senno appunto per renderle più efficaci
che l'intelletto del singolo uomo, piuttostochè sperperarle in troppe
più cose che la sua natura comporti, si affatichi virtuosamente ad
approfondire uno o due dei problemi, che tanti e tanto difficili si
vanno di giorno in giorno moltiplicando intorno al suo miglioramento.
Questa dottrina umilia la presunzione di parecchi, ma non è da farne
caso, imperciocchè la prosunzione indichi la presenza della ignoranza,
come l'odore dello zolfo una volta quella del demonio: gli uomini umili
di cuore e sapienti di spirito assai di leggeri si persuadono non essere
ognuno di loro libro compito, bensì tomo scompagnato di tale opera a cui
non sarà dato fine che coll'ultima vita della umanità.

VII.
Agitarono un tempo con molta caldezza nelle scuole la questione se deva
prima attendersi allo studio delle arti della parola, ossivvero
all'altro di acquisire e di ordinare le idee: fra tutte le oziose
dispute oziosissima questa; dacchè le idee nella mente umana sorgano
delineate dalla parola, come gli oggetti sporgono fuori dall'ombra
contornati per virtù della luce. La idea scevrata dal modo di
significarla noi non sapremmo concepire, eccetto che come un dolore del
cervello, e sarebbe peggio della moneta nell'arca dello avaro;
imperciocchè la moneta quantunque chiusa possederà forma, contorno, e la
sua testa e l'arme, ma la idea sarà meno che embrione; la prima, aperto
il serrame, uscirà a fecondare dei commerci qualunque tocchi; la
seconda, per quanto tu volga la chiave, non spillerà fuori della
conserva. Nè possiamo separare nella nostra mente la vita dalla parola,
o almanco dalla voce, e per ciò dalla idea; e questo così nell'uomo come
nella bestia, restando omai posto in sodo presso lo universale che le
bestie, per possedere organi più difettivi dei nostri, non perciò furono
dotate meno del talento di manifestare gl'interni moti dell'animo giusta
le loro necessità. Quando Dio animò l'uomo certamente gli disse quello
che Michelangiolo dando del mazzuolo sul ginocchio a Moisè gridava:
_parla!_ Chè a ragione nel concetto di quel divino ingegno la vita si
comprendeva nella parola. E forse senza paura d'inciampare potrebbe
arrisicarsi di più, affermando che Dio stesso per rivelarsi ai mortali
diventò parola: _Deus autem erat verbum._ Ma ciò poniamo per buoni
rispetti da parte, e da parte mettiamo altresì quello che da altri
egregiamente, e da noi nella guisa che potemmo migliore, fu detto
intorno alla dignità, virtù e potenza della lingua, contenti di
aggiungere questo che parrà a taluni soverchio e non pertanto si trova
verissimo: valere la lingua a conservare la nazionalità dei popoli,
meglio dei pensieri; anzi i pensieri conferire a dissolverla, quanto a
stabilirla la favella; di vero i pensieri sono cosmopoliti, e corrono
corrono senza guardarsi mai addietro, riuscendo magnifici e copiosi
quanto più si allontanano dalla sorgente, mentre all'opposto le lingue
compiaccionsi dell'aria paesana, e sovente per ritemprarsi amano di
ritornare ai loro principii.
Qui vuolsi considerare la lingua come strumento, e sotto questo aspetto
mirate un po' come il muratore prima d'imprendere il suo lavoro
apparecchi la cazzuola, la squadra, l'archipendolo, la calce e i
mattoni; lo scalpellino, i mazzuoli e le subbie; altri, altri arnesi;
ora lo scrittore per chiarire gl'interni sensi non dovrà fare procaccio
di buono e fido arnese com'è per lui la favella? Il gran-cancelliere
d'Inghilterra Francesco Bacone insegnò con la profondità che in esso era
natura, che l'uomo il quale sa tutto compendia tutto: adesso come
potrebbe egli arrivare a questo se non conoscesse nelle più riposte
viscere il valore delle parole per appropriarle alla più breve, efficace
potente manifestazione del suo pensiero?
La sapienza umana, per quello che spetta all'uso che si può fare di lei,
somministra strumenti, i quali forse non tornerebbe inopportuno
distinguere in primi e secondi, a cagione non tanto della genesi quanto
della importanza loro, e fra i primi pare che si possano riporre la
lingua e la logica, nei secondi la religione, la poesia, le scienze
fisiche e morali, la politica, il commercio, le industrie, seppure
questi studii non devano, come si ha da credere, comprendersi nella
denominazione generica di scienze fisiche e morali.
Non reca punto di maraviglia pertanto se la massima parte delle
scritture italiane compaiano arruffate, e quasi diremmo orride, se gli
studii della favella non solo si trascurino per negligenza, ma a disegno
detestinsi; piuttosto dovremmo maravigliarci che non si mostrino
peggiori. Appena poi reputiamo necessario avvertire che la retta
intelligenza delle parole, quantunque ne sia massima parte, non
costituisca però lo intero studio delle lingue; questo studio consiste
eziandio nel venusto formare delle locuzioni, nello svariato ed elegante
trapasso di periodo in periodo, di membro in membro e d'inciso in
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    50.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    58.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Amelia Calani ed altri scritti - 02
    Süzlärneñ gomumi sanı 4585
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1949
    32.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    47.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Amelia Calani ed altri scritti - 03
    Süzlärneñ gomumi sanı 4573
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 2068
    31.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    45.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    52.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Amelia Calani ed altri scritti - 04
    Süzlärneñ gomumi sanı 4533
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1991
    32.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    48.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    56.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Amelia Calani ed altri scritti - 05
    Süzlärneñ gomumi sanı 4401
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1783
    33.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    47.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    56.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Amelia Calani ed altri scritti - 06
    Süzlärneñ gomumi sanı 4547
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1963
    33.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    48.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    57.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Amelia Calani ed altri scritti - 07
    Süzlärneñ gomumi sanı 4510
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1884
    33.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    47.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Amelia Calani ed altri scritti - 08
    Süzlärneñ gomumi sanı 4555
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1902
    33.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    49.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    57.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Amelia Calani ed altri scritti - 09
    Süzlärneñ gomumi sanı 4583
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1988
    35.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    50.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    58.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Amelia Calani ed altri scritti - 10
    Süzlärneñ gomumi sanı 4519
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 2003
    32.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    46.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Amelia Calani ed altri scritti - 11
    Süzlärneñ gomumi sanı 4651
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1887
    33.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    50.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    58.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Amelia Calani ed altri scritti - 12
    Süzlärneñ gomumi sanı 4550
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1891
    34.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    49.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    57.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Amelia Calani ed altri scritti - 13
    Süzlärneñ gomumi sanı 4458
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1879
    35.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    50.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    58.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Amelia Calani ed altri scritti - 14
    Süzlärneñ gomumi sanı 3909
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1641
    37.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    51.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    59.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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