Paolo Pelliccioni, Volume 1 (of 2) - 06
Süzlärneñ gomumi sanı 4660
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1844
35.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
52.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
60.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
lo sapete, la incredulità è il peccato che offende massimamente Dio. E
adesso, potrò senza tremore offerire un mazzetto di gelsomini alla mia
signora? Si presentano gigli, e viole alla Madonna santissima dei sette
dolori, e non gli sdegna, per quanto io sappia, se offerti divotamente:
ora io mi dichiaro indegno sì, ma insuperabile divoto alla bellezza
divina della signoria vostra illustrissima...
-- Ma Cavaliere... Cavaliere, sono queste parole che possano intendersi
da me senza offesa della nostra santa religione...?
-- _Por las cuentas[11] de mi rosario_, santo Ignazio di Loiola non si
bandì cavaliere di Nostra Signora, madre di Dio? Forse si legge, che la
Madonna se ne arrecasse? Ovvero gli dicesse: -- cavaliere, statevi a
vostra posta a casa, che la nostra purità non ha mestiere di essere
provata con cappa e con spada?
-- Certo non ho letto in verun libro che questo gli dicesse la Madonna,
ma santo Ignazio non ardeva per la beatissima Vergine madre di Dio del
medesimo amore, che voi, signor Principe... ditemi, in grazia, siete
principe... o duca?
-- Duca, però che se la mia casa annovera parecchi cardinali di santa
Chiesa, non fu sortita fin qui all'altissimo onore di dare un Papa alla
cattedra di San Pietro....
-- Mentre voi, signor Duca... ardete... credo... m'immagino... di amore
legittimo certamente, ma profano.
-- Senza fallo; pure io credo, che se la stessa fonte di tutta purità
avesse mirato il povero santo Ignazio avvampare dello amore, ond'io ho
acceso il petto, non avrebbe consentito a farne un san Bartolomeo
durante il giorno, e un san Lorenzo la notte.
-- Lasciamo queste cose da canto, signor Duca: ciò che avete detto basta
a chiarire, che il paragone di santo Ignazio con la Madonna non tornava
in chiave...
-- Sì, ma pel corpo di santo Alfonso, che riposa in Zamora, come volete,
mia signora, ch'io vi ami? Lasciamo questo velo di terra che ci fascia,
e pure ci è caro; diventiamo anime, e come nudi spiriti amiamoci; allora
fieno nostri diletti correre sopra gli aliti della notte, i quali fanno
tentennare i fiori come capi d'innamorati, che si accostano per
baciarsi, o voleremo pei cieli a cavallo di quale stella più splende
amorosa; o meglio ancora ci avvolgeremo deliziando nell'onda armonica,
che esce dalle corde dell'arpa di David quando suona i salmi di laude al
trono di Dio... ma finchè questo connubio della materia con l'anima
dura, deh! non mi sia colpa amarvi come Adamo amò Eva, come i Patriarchi
amarono le mogli loro... e così essendo, perchè ricuserete la umile
offerta? Sara non respinse i doni di Faraone, e di Abimelec, e cotesti
doni diversi dai miei, ed anco dati per fine meno santo davvero.
-- No, Duca, nelle vostre parole non ci ha cosa che io non possa udire,
nè nelle profferte vostre, cosa che io non possa accettare; solo ci sono
cose che nè dovrei udire, nè posso accogliere prima del signor marchese
mio padre. La notte amica cuopre il mio rossore, però protetta dalle sue
ombre mi attento, signor Duca, porgervi la mia mano in pegno, che il
vostro affetto non mi torna sgradito.
La mano della Violante fu strinta bramosamente da entrambe le mani di
Paolo, e baciata con sì focosi baci, che per poco non ci levarono sopra
le galle; e tra un bacio e l'altro non si udivano che esclamazioni: -- _o
suma bondad! o muis contiento_! gioie maravigliose anzi divine! _o mia
querida prenda!_ anima dell'anima mia! _mio dulce cuidado!_ con altre
più voci di cui va composto il grande dizionario italiano e spagnolo
dello Amore. Fin qui, come avranno potuto notare i miei lettori, e
sopratutto le mie amabili leggitrici, i discorsi dei nostri amanti
sonarono perfettamente imbecilli: cotesto non si nega; ma non è mia
colpa; chi se ne intende mi accerta la imbecillità essere vizio proprio
dei colloquii di amore, il quale essi possiedono in comune co' discorsi
di apertura dei Parlamenti, che i ministri mettono su la bocca alla
corona, e co' discorsi dei ministri stessi, eccetto quando parlano di
gravarci con nuovi balzelli le spalle, nel medesimo modo che i favellii
di amore cessano di comparire vacui quando danno la stretta del
matrimonio; chè quanto a questa faccenda non ci ha femmina al mondo, la
quale non valga a reggere il bacile al più _involpito_ fra i
diplomatici; nè la Violante era donna da dimenticare il fatto suo; di
vero, appena riscossa la mano al rapace amatore che ne menava strazio
(già s'intende co' baci), ella mostrando vaghezza di allontanarsi
favellò:
-- Addio, signor Duca; il Signore vi tenga nella sua santa guardia...
continuate ad amarmi come io vi amo; -- di tanto vivete sicuro, che mi
sarà grato portare il vostro nome, e il titolo di Duchessa, ma al
medesimo tempo, non vogliate obliare mai che in questa casa non si entra
se non per la porta, e consenziente mio padre... intanto scrivete a
Roma, fate venire le prove della vostra nobiltà, le carte concernenti il
Principato... voleva dire la Duchea, i feudi, e i maggioraschi vostri, e
dopo che tutto questo sarà chiarito, ventilato e cribrato, persuadetevi,
mio signor Duca, che voi non potrete desiderare più zelante avvocato di
me presso il signor Marchese mio padre, perchè vi conceda la mia mano.
Detto questo, ella si allontanò intostita, piuttosto radendo che mutando
passi sul pavimento, come quelli che le videro, affermano costumare le
statue quando, scese dai coperchi dei sepolcri per fare le faccende
loro, si affrettano ritornare al posto. --
Paolo rimasto solo chiuse a pugno la destra e poi l'aperse di forza
avventando dietro costei una imprecazione che a cotesti tempi ricorreva
spesso sopra le labbra dei vassallacci di Roma, e vi s'incontra anco ai
nostri, ma che non può trovare onestamente luogo in questo libro.
La Violante condottasi nella sua camera si pose innanzi tratto
genuflessa davanti a bellissimo crocifisso di avorio, avvertendo bene,
che il cuscino di velluto non le cascasse di sotto le ginocchia, e quivi
si accusò, e si pentì del peccato commesso contro la religione, i
costumi di gentildonna cristiana, e soprattutto contro il decoro
d'_idalga_ spagnuola, concludendo col fermo proponimento di tornare da
capo alla prima occasione. Dopo ciò, parendole di avere saldato il conto
della giornata, si mise a giacere.
Ed ora che dorme guardiamola un po' adagio, e procuriamo in succinto
porgere idea della sua persona. Vi ricordate la cara statuetta di
Canova, che rappresenta Psiche con la farfalla tra le mani? Canova la
donò; altri la vendeva; adesso si trova in Baviera, ma voi ve ne
ricorderete. Or bene, nel modo che la farfalla sta tra le dita di
Psiche, l'anima della Violante si trovava imprigionata fra quelle della
Superbia; ma ohimè! con sorte quanto diversa; Psiche l'accarezza, e ne
scuote soavemente la tenue forfora dalle ali dorate, mentre la Superbia
mena strage dell'anima caduta nel suo fiero dominio. I tratti che la
benevolenza s'industriava condurre sopra cotesto sembiante, l'asperità
ostinavasi cancellare: le labbra di lei, comecchè vermiglie ignoravano
le molli curve onde la bocca di donna sorride quei placidi sorrisi
somiglievoli a sfumature di odore soverchiamente acuto, nè gli occhi
suoi conoscevano i lunghi sguardi e miti come le mestissime tinte della
luce che tramonta: anco per gioia i suoi sopraccigli aggrondavansi, e
guardavano il supplichevole del pari che lo irreverente; e quante volte
i suoi labbri si atteggiavano a sorriso facevano greppo come fanciullo
che si disponga a piangere. Dalla madre spagnuola ella ebbe i capelli
neri, lucidi quanto bitume giudaico, e la pelle colorita di un pallido
gentile arieggiante l'umore più puro che si cava dalla pingue oliva
toscana, altro da lei non ebbe, che la lasciò bambina; nè forse più nè
meglio avria potuto cavarne, allevata come fu in corte di Spagna, dove
respiravasi sempre un'aura di superstizione che emanava dall'arca
d'Isabella regina, tenuta aperta dalla sacra crudeltà dei frati.....
Signore! Quando considero cotesta donna levata a cielo, non pure dai
vetusti, bensì anco dai moderni scrittori, e perfino da quelli che
nacquero e crebbero fra popoli liberissimi, la mia mente si
sbigottisce[12]. Per me mi sento ribollire il sangue alla ipocrita
ferocia, e alla stolida credulità di costei, la quale o fingeva, o
sperava spegnere con alcune poche lagrime lo incendio dei roghi della
Inquisizione, ch'ella pure aveva suscitato. Ormai a estinguere il
maledetto fuoco mantenuto vivo dalla cupida rabbia dei frati, non che
lacrime di donna, basterà appena il diluvio di sangue di cento
generazioni. --
Quali fossero le doti dell'animo di Violante d'Ayerba questo racconto
andrà significando a parte a parte; intanto, per terminare con quelle
del suo corpo, conchiuderemo, che bella appariva nel volto, e nelle
membra per eccellenza disposta, e non dimanco tale, che un pittore
antico l'avrebbe tolta a modello di Melpomene, la Musa della Tragedia,
mentre un moderno ci avrebbe cavato la immagine di Erodiade che, tra le
sorrise parolette brevi, e le blandizie proterve della voluttà,
domandava a Erode le s'imbandisse sopra la mensa il capo mozzo del
Battista, deliziosissimo sopra ogni frutto all'ira muliebre, che non
perdona mai.
NOTE.
[11] Per i grani del mio rosario.
[12] Il PRESCOTT americano. _Storia del Regno di Ferdinando e
Isabella_.
CAPITOLO QUINTO.
Contradizioni.
Paolo trovò Ciriaco alla svolta del canto, il quale se ne stava con ambo
le mani intrecciate dietro il capo, e fisso al muro come cariatide di
sasso: fattosigli da vicino, con voce cupa gli disse:
-- Andiamo. --
E l'altro:
-- Che nuove dei nostri amori?
-- Hanno messo i bordoni, ma non vogliono volare...
-- E allora come ci abbiamo a schermire? Noi siamo al verde con gli
scudi.
-- Come vedi io m'ingegno di cavare da questi amori tanto da rifornire la
borsa.
-- Io lo vedo; ma l'indugio piglia vizio, temo avvenga a noi come ho
udito intervenisse ai nostri padri, che mentre consultavano a Roma
abbruciava Sagunto.
-- Tu parli di oro, ma donde ho da spremere danari io?
-- Io ve lo diceva le mille volte, signor Paolo, vostra Signoria ha le
mani bucate più di un vaglio; e nè meno mi garbava quel pagare lì subito
come un banco, e peggio ancora senza il diffalco di un quattrino di tara
cotesti conti da speziali...
-- Ormai acqua passata non manda il mulino. --
-- E sì, che l'esempio di tirare innanzi falliti ce lo avevano dato i
gentiluomini romani, e i napolitani, e poi a voi che siete cima di
nobiltà non fanno mestieri insegnamenti; i creditori si scarrucolano di
mese in mese, e se menano chiasso si pestano di legnate... pare
impossibile, che abbiate voluto buttare proprio ai cani tutti i
privilegi della vostra illustre prosapia!
-- Eh! che vuoi tu? Del senno del poi ne vanno piene le fosse...
-- Mentre voi ragionavate di amore, io abbacava così tra me sul modo di
cavarci di pena, e parmi, secondo il mio povero giudizio, averlo
trovato.
-- O Ciriaco! tu leverai un'anima dal purgatorio.
-- O ne manderò un'altra nello inferno; questo non fa caso. Signor Paolo
io non ci vedo altra via, che quella di rubare.
-- Rubare? Esclamò Paolo agguantando con la manca l'elsa della spada, e
nella faccia avvampava come fiamma di fuoco.
-- O Signore benedetto, e che abbiamo fatto fin ora? Ammazzare e rubare.
Adesso invece di pigliarcela con due comandamenti della legge di Dio,
diamo addosso ad uno solo.
-- Noi abbiamo combattuto a viso aperto: lo assalito poteva difendersi, e
noi perdere: tra i sommi capitani e noi non cade disuguaglianza in
questo, forse il pericolo maggiore dalla parte nostra, chè noi non
perdonano mai; ma cogliere alla sprovvista chi dorme e spogliarlo, o
invadere con piè furtivo la casa altrui per rubarla gli è mestiere da
topi, non da banditi pari nostri.
-- Ma! bisogna adattarci; quel rubare e ammazzare di un tratto mi sembra
troppo di punto in bianco...
-- Per me penso, che l'omicidio non guasti; chi muore muore; quanto a
vivi ti perdonano la morte dei padri; se poi togli loro il podere non ti
perdonano mai. Anzi può succedere benissimo che qualche erede stantio
nel suo segreto ti benedica, però che tu sai il proverbio vecchio, che i
Padri eterni fanno i figliuoli crocifissi: a noi poi bastano i denari,
l'altro sì mobile che immobile lasciamo: ora qual figlio, comecchè
tenero o avaro, non vorrebbe pagare doppio il balzello della
successione, a patto di redare in giornata dall'amatissimo padre?
-- Vi domando mille volte perdono, illustrissimo signor padrone, ma il
nostro bisogno sta nel rubare molto, e a man salva; dunque, seguitate
bene il mio discorso. Assaltando una persona per via, poco le possiamo
trovare addosso; aggiungete, che di rado i gentiluomini camminano senza
compagnia; e per ultimo pensate che alla macchia il rumore delle
archibugiate non chiama soccorso; forse lo allontana, mentre in città
come questa fra i cittadini, che traggono al balcone, la Corte che
accorre per le strade, noi ci mettiamo al cimento di trovarci tra la
incudine e il martello.
-- Veramente, io non lo nego, queste tue avvertenze meritano
considerazione, e volendotele menare per buone giudico che il meglio
sarebbe svaligiare una chiesa...
-- Una chiesa!
-- Già; -- mira! nella chiesa non troveremo danari, ma ori, argenti e
gioie, i quali potremo vendere a qualche manutengolo, o esitare in
altromodo; veruno in chiesa ci contrasterà, persona ci vedrà...
-- E Dio?
-- Se non ci vorrà vedere si tapperà gli occhi.
-- Paolo!
-- Ciriaco! O non ti sembra più religioso immaginare ch'ei faccia a
cotesto modo, che supporre li tenga aperti, e ci lasci condurre a fine
le tante belle cose, che noi abbiamo operate fin qui?
-- Ma in chiesa poi!
-- Tonto che sei; o Dio si trova da per tutto, o in verun luogo; o vede
ogni cosa, o nulla.
-- E nondimanco in chiesa...
-- Non dubitare; libbra più libbra meno, la bilancia su la quale sarà
pesata la nostr'anima non si rimarrà da dare il tonfo giù nello inferno;
qui non giace il nodo, sibbene in quest'altra parte, che io non mi
adatterò mai a rubare in chiesa nè fuori; e nè anco a te lo
permetterei...
-- Quanto a questo il suo rimedio ci sarebbe ed io ci avrei pensato...
-- E sarebbe?
-- Renzo farebbe il servizio, e noi altri gli daremo spalla.
-- Credi, che ci sarebbe da fidarci di Renzo?
-- Io metto pegno per lui... ma in questo modo vi capacita?
-- Sicuro!... egli non appartiene... non fece mai parte di compagnia di
banditi, donde ne viene che per le sue opere noi non possiamo restarne
macchiati... non è vero?
-- Vero come il santo vangelo...
-- E tu pensi, che non ci sia pericolo di fidarci a lui?
-- Il garzone mi sembra del ferro che si fanno i coltelli, e voi signor
Paolo gli siete andato a genio, sicchè vi ha messo addosso un bene
pazzo. --
-- Con la paura non si arriva a capo di nulla: chi teme non ama, e del
male che puoi arrecare ogni uomo confida schermirsi; e questo si trova
accadere anco ai principi che tengono al servizio loro sbirri, giudici e
maestri di giustizia...
-- Sì, da questo lato vi siete condotto da quel valent'uomo che siete, ma
dall'altro non mi pare che meritate l'alloro...
-- E dove?
-- Nel beneficarlo troppo...
-- Non ti avrebbe per caso punto la invidia, Ciriaco?
-- Me! Voi mi uscite dal seminato, signor Paolo; lasciatevi servire, voi
ragionerete bene delle cose vostre come padrone, ma noi, come servitori,
delle nostre ce ne intendiamo meglio di voi. Il servo si attacca al
padrone, più che pel benefizio presente, per la speranza del benefizio
futuro; il benefizio presente, se minore dell'aspettativa, ti aliena
l'anima del servo, se pari, lo sazia come per soverchio di cibo; e
quando non ti resta altro da donare, se non ti taglia come legno secco e
non ti butta sul fuoco, almeno non viene più a ripararcisi sotto, perchè
brullo di fronde. Dà poco, e prometti molto, che la speranza allora si
conserva verde, perpetuamente rinfrescata dal desiderio. Questo vi ho
voluto dire, Paolo, perchè quanto al vostro Ciriaco egli vi ama senza
nulla sperare, e nulla temere da voi, eccetto perdere la grazia vostra,
ma caso mai voi aveste a rimanere privo di me, e' vi converrà avvertire
bene a non mettere il piede in fallo; se inciampate in un filo di paglia
vi aspetta una fune di canapa: badate a non dimenticarlo.
* * * * *
Nel colmo della notte, muniti di ferramenti, corde, e di quanto altro è
necessario al mestiere del ladro, o per dire più retto, ad una delle
infinite specie del mestiere del ladro, uscirono di casa Paolo
Pelliccioni, Ciriaco e Renzo il giovane di belle speranze. Pigliarono da
tre parti diverse per riunirsi poi, secondo che gli ottimi capitani
costumano, in un punto solo, il quale fu certa porticina di fianco della
chiesa del Carmine; colà Ciriaco e Renzo adoperando i loro arnesi
vennero agevolmente a capo di aprire la porta; Paolo con romana superbia
stava a mirarli con disprezzo. Ciriaco appena si fu intromesso in chiesa
con Renzo gli disse:
-- Va, figliuolo, e Dio ti aiuti; empi il sacco e vientene; io ti aspetto
qui fintantochè non torni; se la Corte capitasse da queste bande, il
padrone di fuori darà l'avviso, ed io te lo passerò con un fischio;
piglia del buono e del meglio, gemme e ori; l'argento lascia; ora
affrettati; rammentati che il pendolo del ladro è attaccato alla corda
del boia.
Andò il giovane, e Ciriaco attese un pezzo con pazienza, prima
immaginando la copiosa raccolta del bottino, poi con inquietudine; e
Paolo, il quale ostentava, e forse sentiva davvero spregio per l'atto,
ma molto gli premeva l'esito fortunato, due volte si accostò alla porta,
e dall'uscio socchiuso lanciò dentro queste parole: -- O che vi state a
donzellare? Gli è proprio un mettere a cimento la Provvidenza; mi sembra
di arrostirmi su la gratella come san Lorenzo.
-- E' non si vede ancora; io andrò per esso... che se a voi pare
arrostirvi come san Lorenzo, e a me sembra giacermi su la ruota come
santa Caterina.
Poco più che durassero a favellare i ladri recitavano intere le litanie
dei santi, ma Ciriaco lasciate le scarpe si avviò cauto e guardingo per
iscoprire quale accidente fosse mai successo, ed arrivato vicino
l'altare con maraviglia pari alla collera mirava Renzo, che in
ginocchioni sul primo gradino pregava divotamente.
-- Che fai tu costà, che ti pigli una saetta?
-- Recito il rosario.
-- E i voti?
-- Non mi riesce pigliarli... non posso.
-- Va via, o che ti ammazzo qui come un cane.
E Renzo: -- Perchè mi vuoi ammazzare come un cane? Va e staccali tu se ti
riesce. Poi si alzò ripigliando il cammino fatto, al termine del quale
avendo incontrato Paolo, questi gli disse:
-- E Ciriaco, onde non è teco?
-- Rimase a spogliare la Madonna, ma non potrà...
-- E perchè non potrà?
-- Perchè nè manco io ho potuto...
-- Non ti bastavano gli arnesi?
-- Degli arnesi ce ne avanzava; non mi è bastato il cuore.... appena io
aveva messo la mano sul vezzo delle perle, che la santissima Vergine ha
intorno al collo, ella, proprio ella, mi ha detto: perchè mi spogli
figliuolo? -- E queste parole ha favellato con la stessa, stessissima
voce con la quale mia madre morendo mi raccomandò che, caso mai entrassi
nella via della perdizione, poco premevano gli altri santi, e poco anco
Cristo, purchè badassi bene a non guastarmi con la Madonna; allora, che
vi ho da dire? Le gambe mi sono mancate sotto, e ho preso a recitare il
rosario. --
Ventura fu per Renzo, che in quel punto sopraggiunse Ciriaco stravolto
in vista, e gli occhi strabuzzati; richiesto a sua posta da Paolo se
avesse fornito la faccenda rispose:
-- Non si può; andiamo via. --
-- Anco tu hai avuto paura?
-- Io non ho avuto paura; ma non posso... la faccia della Madonna
rassomiglia la faccia di Maria... e quando sono stato lì per levarle il
vezzo ha chiuso gli occhi. --
Questo, già come s'intende, non era vero, ma facilmente gli parve, però
che in cotesto punto una delle lampade accese davanti alla immagine,
tirando a finire, mandasse un getto lungo di luce, e poi si spense; onde
in quel subito trapasso sembrò che la pittura stringesse le palpebre.
Paolo, forte indispettito, tratto meno dalla cupidità che dall'ira, e
dalla vanità di spuntare la prova fallita per l'altrui paura, non
avvertendo, o dannando, quanto prima aveva professato su le ragioni del
furto, diè una spinta ai compagni facendosi largo, e prorompendo in
bestemmie si cacciò in chiesa col sacco strappato di mano a Ciriaco.
Anch'egli andò diritto all'altare, salì su la mensa, stese sicuro alla
immagine la mano, la guardò torvo in faccia quasi a sfidarla e di un
tratto le staccò dal lato destro il vezzo... poi si rimase... il vezzo
cascò giù da un capo pigliando a ciondolare appuntato dall'altro, e col
vezzo cadde il braccio di Paolo, nè più ebbe balía di rialzarlo; stette
alquanto a contemplare la faccia divinamente serena della Immagine, come
per attestarle, che s'ei si rimaneva non era per paura, e poi
borbottando si allontanò. --
Forse si sentiva costui meno ladro o più tristo di Caligola, il quale
non contento di spogliare le statue di Giove dei mantelli di oro,
aggiunse lo scherno dicendo: gli Dei non patire caldo nè freddo! Per me
penso, che non fosse meno tristo di lui. Forse il ribrezzo di rubare
senza assalire ed uccidere, vinto uno istante dalla stizza, tornava a
mulinargli pel capo, o la superstizione religiosa fece forza a lui come
agli altri; chè gli uomini vogliono essere considerati a mo' dei santi
dentro la nicchia loro; vale a dire di rimpetto ai tempi in cui
nacquero, e alle opinioni in mezzo alle quali essi vissero; non anco gli
aveva cullati la Enciclopedia, nè Voltaire nudriti, nè i più moderni
filosofi alemanni bagnati e cimati: perversi si sentivano, ed erano;
però persuasi delle iniquità che commettevano, da un lato tremanti di
averne a rendere conto a Dio, fiduciosi dall'altro di poterlo placare
con la penitenza, o co' suffragi; ed anco dopo la scuola d'incredulità,
che ho accennato (e un tempo fu più cosa di oggi, ma tuttavia dura),
molti pure rimangono divoti a Maria, nè a mio giudicio cesseranno. Maria
madre del Figlio del popolo, per la bontà sua venerato Dio, che lo
partorisce nel presepio per la persecuzione di un tiranno, e lo perde
sul patibolo per la persecuzione dei preti. Maria simbolo di ogni più
caro affetto, capace di vibrare le fibre del cuore, però che sempre
vergine ed immacolata ella ti rammenti colei, che prima ti destò
all'amore, quel divino fiore dell'anima che colto una volta non rinasce
più, e nel punto medesimo ti _riporta_[13] il vario ed inesausto tesoro
della bontà di madre; lei invocano con isperanza di soccorso i marinai
per le procelle del mare, e lei con uguale fiducia gli sbattuti dalle
tempeste troppo più perniciose suscitate dalle passioni proprie, o dalla
malignità altrui; i colpevoli in abominio agli uomini, quando non che
ricorrere a Dio non si attenterebbero di levare gli occhi al cielo, si
raccomandano con fiducia a Maria, e sperano di ottenere il perdono mercè
questa perpetua avvocata dei peccatori. -- Bene io so, e lo deploro, che
nell'idolo dipinto di tinte sfacciate, guarnito di oro e di gemme e
posto lì come l'uccellatore mette il richiamo per chiappare gli uccelli,
male possiamo ravvisare noi la fanciulla di Ges, la moglie del
falegname, la madre del condannato per amore del prossimo, ma tanto e
tanto non seppero guastare i sacerdoti questa sembianza d'infinita bontà
che non si accosti soavemente all'anima di quale nacque di donna, e per
battesimo diventò cristiano.
Paolo tornava anch'egli col sacco vuoto; non fiatò verbo se togli questi
pochi: -- Sì, andiamo, veramente non si può.
NOTA.
[13] Se anco dettando racconti, io mi studio, per quanto so,
pigliare cura della lingua, sia procurando rimondarla da modi e
voci barbari, sia rimettendo in uso parole obliate, sia
raccogliendone altre sfuggite alla diligenza dei Collettori,
confido non cavarne biasimo; molto più che per le scritture
degli ufficiali del Governo, le dicerie dei parlatori nel
Parlamento, e lo scombiccherare della più parte dei giornalisti,
se lo idioma nostro non diventa il _gergo franco_ adoperato su
per gli scali del Levante, e' vuol essere un vero miracolo di
Dio. Però parmi bene notare qui, che nelle pagine antecedenti
adoperai la parola _sgallinare_ la quale non mi occorse
registrata nei Vocabolari delle lingue; tu la troverai nel t.
VIII, pag. 81 delle opere di N. MACCHIAVELLI ed. Conti. --
Niccolò aveva domandato ai Signori Dieci, durante la legazione
al Valentino, gli mandassero 50 ducati, e 16 braccia di damasco
nero per farne presente, e questi mandarongli i ducati e il
damasco; Biagio Bonaccorsi scrivendo a Niccolò il 12 Dicembre
1502, rispetto a queste sedici braccia di damasco, avvertiva: =
voi _sgallinerete_ pure un farsetto da questo drappo,
tristaccio, che siete! = Onde e' sembra che stia a significare:
buscare su, o avvantaggiarsi con malizia; ed io lo reputo modo
vivo e pieno di acconciatezza da meritarsi che si rimetta in
onore.
Qui mi valsi della parola _riportare_ nel senso di richiamarti a
mente, o tornare a rappresentarti la idea di una cosa: nei
Vocabolari non trovai attribuito simile significato a questa
parola, bensì nella canzone su la Gatta di Francesco Coppetta
gentiluomo perugino, assai valoroso poeta del secolo
decimoquinto:
_«Se per casa giocondo al par di lei_
_«Qualche Gattino almeno mi restasse,_
_«Che me la_ riportasse
_«Nello andar, nella voce, al volto, e ai panni_.
CAPITOLO SESTO.
Nuove contradizioni.
Non gli sovvenendo partito migliore, Paolo alla stracca continuava i
colloquii notturni con la Violante, la quale ogni sera se ne pentiva,
ogni sera prometteva di non peccar mai più, ed ogni sera spasimava
rinnovare il dolce peccato: anzi, quanto più Paolo si uggisce, ella si
accalora, e sovente lo rimorchia co' motti pel suo tardo comparire, e
per le sollecite partenze, ed egli o non si scusa, o se ne scusa appena,
onde la donna chiama come per soccorso la consueta superbia, ma questa
male risponde, e ad ogni istante più pigra; così il piagato a morte, pel
sangue che suo malgrado gli sfugge, sente di momento in momento farglisi
grave il braccio. Voi fanciulle, che leggete, state in cervello che,
come vedete, appena nato si fa gigante Amore.
Per la festa di San Valente, secondo il costume della casa nobilissima
Ayerba di Arragona, si celebrò messa solenne nella cappella del palazzo,
e s'imbandirono mense; tenne dietro il festino dove alternaronsi balli,
colloquii e preziosi rinfreschi. La Violante, comecchè presuntuosissima
essendo, si reputasse nella danza uguale a Tersicore, o giù di lì, pure
capiva, che in fatto di dottrina poi e di facondia:
Potea dar trenta, e la caccia sul piede:
quindi con l'arte arguta, in cui le donne valgono la mano di Dio,
raccolse intorno al luogo dove sedeva il padre suo le dame, i cavalieri
e i magistrati più illustri, i quali di breve presero a favellare sopra
argomenti a quei tempi delizia delle Corti, ed oggi capaci di far
dormire ritti qualunque gli ascoltasse. Dopo avere parlato degli uffici
del perfetto gentiluomo, e degli altri troppo più meritorii della
gentildonna, non so nemmeno io come di punto in bianco venissero in
ballo i due Bruti, Giunio e Marco; e la quistione cadde intorno al
giudizio, che si aveva a profferire sul primo quando ammazzò i
figliuoli, e sul secondo quando partecipava alla strage del padre. -- Il
marchese Valente sentenziava:
-- Io aprirò schietto l'animo mio; quantunque comprenda ottimamente come
ciò non possa accadere senza mettere a repentaglio la mia reputazione:
ora il mio intelletto arriva a capire, che uomini senza religione, che
adesso, potrò senza tremore offerire un mazzetto di gelsomini alla mia
signora? Si presentano gigli, e viole alla Madonna santissima dei sette
dolori, e non gli sdegna, per quanto io sappia, se offerti divotamente:
ora io mi dichiaro indegno sì, ma insuperabile divoto alla bellezza
divina della signoria vostra illustrissima...
-- Ma Cavaliere... Cavaliere, sono queste parole che possano intendersi
da me senza offesa della nostra santa religione...?
-- _Por las cuentas[11] de mi rosario_, santo Ignazio di Loiola non si
bandì cavaliere di Nostra Signora, madre di Dio? Forse si legge, che la
Madonna se ne arrecasse? Ovvero gli dicesse: -- cavaliere, statevi a
vostra posta a casa, che la nostra purità non ha mestiere di essere
provata con cappa e con spada?
-- Certo non ho letto in verun libro che questo gli dicesse la Madonna,
ma santo Ignazio non ardeva per la beatissima Vergine madre di Dio del
medesimo amore, che voi, signor Principe... ditemi, in grazia, siete
principe... o duca?
-- Duca, però che se la mia casa annovera parecchi cardinali di santa
Chiesa, non fu sortita fin qui all'altissimo onore di dare un Papa alla
cattedra di San Pietro....
-- Mentre voi, signor Duca... ardete... credo... m'immagino... di amore
legittimo certamente, ma profano.
-- Senza fallo; pure io credo, che se la stessa fonte di tutta purità
avesse mirato il povero santo Ignazio avvampare dello amore, ond'io ho
acceso il petto, non avrebbe consentito a farne un san Bartolomeo
durante il giorno, e un san Lorenzo la notte.
-- Lasciamo queste cose da canto, signor Duca: ciò che avete detto basta
a chiarire, che il paragone di santo Ignazio con la Madonna non tornava
in chiave...
-- Sì, ma pel corpo di santo Alfonso, che riposa in Zamora, come volete,
mia signora, ch'io vi ami? Lasciamo questo velo di terra che ci fascia,
e pure ci è caro; diventiamo anime, e come nudi spiriti amiamoci; allora
fieno nostri diletti correre sopra gli aliti della notte, i quali fanno
tentennare i fiori come capi d'innamorati, che si accostano per
baciarsi, o voleremo pei cieli a cavallo di quale stella più splende
amorosa; o meglio ancora ci avvolgeremo deliziando nell'onda armonica,
che esce dalle corde dell'arpa di David quando suona i salmi di laude al
trono di Dio... ma finchè questo connubio della materia con l'anima
dura, deh! non mi sia colpa amarvi come Adamo amò Eva, come i Patriarchi
amarono le mogli loro... e così essendo, perchè ricuserete la umile
offerta? Sara non respinse i doni di Faraone, e di Abimelec, e cotesti
doni diversi dai miei, ed anco dati per fine meno santo davvero.
-- No, Duca, nelle vostre parole non ci ha cosa che io non possa udire,
nè nelle profferte vostre, cosa che io non possa accettare; solo ci sono
cose che nè dovrei udire, nè posso accogliere prima del signor marchese
mio padre. La notte amica cuopre il mio rossore, però protetta dalle sue
ombre mi attento, signor Duca, porgervi la mia mano in pegno, che il
vostro affetto non mi torna sgradito.
La mano della Violante fu strinta bramosamente da entrambe le mani di
Paolo, e baciata con sì focosi baci, che per poco non ci levarono sopra
le galle; e tra un bacio e l'altro non si udivano che esclamazioni: -- _o
suma bondad! o muis contiento_! gioie maravigliose anzi divine! _o mia
querida prenda!_ anima dell'anima mia! _mio dulce cuidado!_ con altre
più voci di cui va composto il grande dizionario italiano e spagnolo
dello Amore. Fin qui, come avranno potuto notare i miei lettori, e
sopratutto le mie amabili leggitrici, i discorsi dei nostri amanti
sonarono perfettamente imbecilli: cotesto non si nega; ma non è mia
colpa; chi se ne intende mi accerta la imbecillità essere vizio proprio
dei colloquii di amore, il quale essi possiedono in comune co' discorsi
di apertura dei Parlamenti, che i ministri mettono su la bocca alla
corona, e co' discorsi dei ministri stessi, eccetto quando parlano di
gravarci con nuovi balzelli le spalle, nel medesimo modo che i favellii
di amore cessano di comparire vacui quando danno la stretta del
matrimonio; chè quanto a questa faccenda non ci ha femmina al mondo, la
quale non valga a reggere il bacile al più _involpito_ fra i
diplomatici; nè la Violante era donna da dimenticare il fatto suo; di
vero, appena riscossa la mano al rapace amatore che ne menava strazio
(già s'intende co' baci), ella mostrando vaghezza di allontanarsi
favellò:
-- Addio, signor Duca; il Signore vi tenga nella sua santa guardia...
continuate ad amarmi come io vi amo; -- di tanto vivete sicuro, che mi
sarà grato portare il vostro nome, e il titolo di Duchessa, ma al
medesimo tempo, non vogliate obliare mai che in questa casa non si entra
se non per la porta, e consenziente mio padre... intanto scrivete a
Roma, fate venire le prove della vostra nobiltà, le carte concernenti il
Principato... voleva dire la Duchea, i feudi, e i maggioraschi vostri, e
dopo che tutto questo sarà chiarito, ventilato e cribrato, persuadetevi,
mio signor Duca, che voi non potrete desiderare più zelante avvocato di
me presso il signor Marchese mio padre, perchè vi conceda la mia mano.
Detto questo, ella si allontanò intostita, piuttosto radendo che mutando
passi sul pavimento, come quelli che le videro, affermano costumare le
statue quando, scese dai coperchi dei sepolcri per fare le faccende
loro, si affrettano ritornare al posto. --
Paolo rimasto solo chiuse a pugno la destra e poi l'aperse di forza
avventando dietro costei una imprecazione che a cotesti tempi ricorreva
spesso sopra le labbra dei vassallacci di Roma, e vi s'incontra anco ai
nostri, ma che non può trovare onestamente luogo in questo libro.
La Violante condottasi nella sua camera si pose innanzi tratto
genuflessa davanti a bellissimo crocifisso di avorio, avvertendo bene,
che il cuscino di velluto non le cascasse di sotto le ginocchia, e quivi
si accusò, e si pentì del peccato commesso contro la religione, i
costumi di gentildonna cristiana, e soprattutto contro il decoro
d'_idalga_ spagnuola, concludendo col fermo proponimento di tornare da
capo alla prima occasione. Dopo ciò, parendole di avere saldato il conto
della giornata, si mise a giacere.
Ed ora che dorme guardiamola un po' adagio, e procuriamo in succinto
porgere idea della sua persona. Vi ricordate la cara statuetta di
Canova, che rappresenta Psiche con la farfalla tra le mani? Canova la
donò; altri la vendeva; adesso si trova in Baviera, ma voi ve ne
ricorderete. Or bene, nel modo che la farfalla sta tra le dita di
Psiche, l'anima della Violante si trovava imprigionata fra quelle della
Superbia; ma ohimè! con sorte quanto diversa; Psiche l'accarezza, e ne
scuote soavemente la tenue forfora dalle ali dorate, mentre la Superbia
mena strage dell'anima caduta nel suo fiero dominio. I tratti che la
benevolenza s'industriava condurre sopra cotesto sembiante, l'asperità
ostinavasi cancellare: le labbra di lei, comecchè vermiglie ignoravano
le molli curve onde la bocca di donna sorride quei placidi sorrisi
somiglievoli a sfumature di odore soverchiamente acuto, nè gli occhi
suoi conoscevano i lunghi sguardi e miti come le mestissime tinte della
luce che tramonta: anco per gioia i suoi sopraccigli aggrondavansi, e
guardavano il supplichevole del pari che lo irreverente; e quante volte
i suoi labbri si atteggiavano a sorriso facevano greppo come fanciullo
che si disponga a piangere. Dalla madre spagnuola ella ebbe i capelli
neri, lucidi quanto bitume giudaico, e la pelle colorita di un pallido
gentile arieggiante l'umore più puro che si cava dalla pingue oliva
toscana, altro da lei non ebbe, che la lasciò bambina; nè forse più nè
meglio avria potuto cavarne, allevata come fu in corte di Spagna, dove
respiravasi sempre un'aura di superstizione che emanava dall'arca
d'Isabella regina, tenuta aperta dalla sacra crudeltà dei frati.....
Signore! Quando considero cotesta donna levata a cielo, non pure dai
vetusti, bensì anco dai moderni scrittori, e perfino da quelli che
nacquero e crebbero fra popoli liberissimi, la mia mente si
sbigottisce[12]. Per me mi sento ribollire il sangue alla ipocrita
ferocia, e alla stolida credulità di costei, la quale o fingeva, o
sperava spegnere con alcune poche lagrime lo incendio dei roghi della
Inquisizione, ch'ella pure aveva suscitato. Ormai a estinguere il
maledetto fuoco mantenuto vivo dalla cupida rabbia dei frati, non che
lacrime di donna, basterà appena il diluvio di sangue di cento
generazioni. --
Quali fossero le doti dell'animo di Violante d'Ayerba questo racconto
andrà significando a parte a parte; intanto, per terminare con quelle
del suo corpo, conchiuderemo, che bella appariva nel volto, e nelle
membra per eccellenza disposta, e non dimanco tale, che un pittore
antico l'avrebbe tolta a modello di Melpomene, la Musa della Tragedia,
mentre un moderno ci avrebbe cavato la immagine di Erodiade che, tra le
sorrise parolette brevi, e le blandizie proterve della voluttà,
domandava a Erode le s'imbandisse sopra la mensa il capo mozzo del
Battista, deliziosissimo sopra ogni frutto all'ira muliebre, che non
perdona mai.
NOTE.
[11] Per i grani del mio rosario.
[12] Il PRESCOTT americano. _Storia del Regno di Ferdinando e
Isabella_.
CAPITOLO QUINTO.
Contradizioni.
Paolo trovò Ciriaco alla svolta del canto, il quale se ne stava con ambo
le mani intrecciate dietro il capo, e fisso al muro come cariatide di
sasso: fattosigli da vicino, con voce cupa gli disse:
-- Andiamo. --
E l'altro:
-- Che nuove dei nostri amori?
-- Hanno messo i bordoni, ma non vogliono volare...
-- E allora come ci abbiamo a schermire? Noi siamo al verde con gli
scudi.
-- Come vedi io m'ingegno di cavare da questi amori tanto da rifornire la
borsa.
-- Io lo vedo; ma l'indugio piglia vizio, temo avvenga a noi come ho
udito intervenisse ai nostri padri, che mentre consultavano a Roma
abbruciava Sagunto.
-- Tu parli di oro, ma donde ho da spremere danari io?
-- Io ve lo diceva le mille volte, signor Paolo, vostra Signoria ha le
mani bucate più di un vaglio; e nè meno mi garbava quel pagare lì subito
come un banco, e peggio ancora senza il diffalco di un quattrino di tara
cotesti conti da speziali...
-- Ormai acqua passata non manda il mulino. --
-- E sì, che l'esempio di tirare innanzi falliti ce lo avevano dato i
gentiluomini romani, e i napolitani, e poi a voi che siete cima di
nobiltà non fanno mestieri insegnamenti; i creditori si scarrucolano di
mese in mese, e se menano chiasso si pestano di legnate... pare
impossibile, che abbiate voluto buttare proprio ai cani tutti i
privilegi della vostra illustre prosapia!
-- Eh! che vuoi tu? Del senno del poi ne vanno piene le fosse...
-- Mentre voi ragionavate di amore, io abbacava così tra me sul modo di
cavarci di pena, e parmi, secondo il mio povero giudizio, averlo
trovato.
-- O Ciriaco! tu leverai un'anima dal purgatorio.
-- O ne manderò un'altra nello inferno; questo non fa caso. Signor Paolo
io non ci vedo altra via, che quella di rubare.
-- Rubare? Esclamò Paolo agguantando con la manca l'elsa della spada, e
nella faccia avvampava come fiamma di fuoco.
-- O Signore benedetto, e che abbiamo fatto fin ora? Ammazzare e rubare.
Adesso invece di pigliarcela con due comandamenti della legge di Dio,
diamo addosso ad uno solo.
-- Noi abbiamo combattuto a viso aperto: lo assalito poteva difendersi, e
noi perdere: tra i sommi capitani e noi non cade disuguaglianza in
questo, forse il pericolo maggiore dalla parte nostra, chè noi non
perdonano mai; ma cogliere alla sprovvista chi dorme e spogliarlo, o
invadere con piè furtivo la casa altrui per rubarla gli è mestiere da
topi, non da banditi pari nostri.
-- Ma! bisogna adattarci; quel rubare e ammazzare di un tratto mi sembra
troppo di punto in bianco...
-- Per me penso, che l'omicidio non guasti; chi muore muore; quanto a
vivi ti perdonano la morte dei padri; se poi togli loro il podere non ti
perdonano mai. Anzi può succedere benissimo che qualche erede stantio
nel suo segreto ti benedica, però che tu sai il proverbio vecchio, che i
Padri eterni fanno i figliuoli crocifissi: a noi poi bastano i denari,
l'altro sì mobile che immobile lasciamo: ora qual figlio, comecchè
tenero o avaro, non vorrebbe pagare doppio il balzello della
successione, a patto di redare in giornata dall'amatissimo padre?
-- Vi domando mille volte perdono, illustrissimo signor padrone, ma il
nostro bisogno sta nel rubare molto, e a man salva; dunque, seguitate
bene il mio discorso. Assaltando una persona per via, poco le possiamo
trovare addosso; aggiungete, che di rado i gentiluomini camminano senza
compagnia; e per ultimo pensate che alla macchia il rumore delle
archibugiate non chiama soccorso; forse lo allontana, mentre in città
come questa fra i cittadini, che traggono al balcone, la Corte che
accorre per le strade, noi ci mettiamo al cimento di trovarci tra la
incudine e il martello.
-- Veramente, io non lo nego, queste tue avvertenze meritano
considerazione, e volendotele menare per buone giudico che il meglio
sarebbe svaligiare una chiesa...
-- Una chiesa!
-- Già; -- mira! nella chiesa non troveremo danari, ma ori, argenti e
gioie, i quali potremo vendere a qualche manutengolo, o esitare in
altromodo; veruno in chiesa ci contrasterà, persona ci vedrà...
-- E Dio?
-- Se non ci vorrà vedere si tapperà gli occhi.
-- Paolo!
-- Ciriaco! O non ti sembra più religioso immaginare ch'ei faccia a
cotesto modo, che supporre li tenga aperti, e ci lasci condurre a fine
le tante belle cose, che noi abbiamo operate fin qui?
-- Ma in chiesa poi!
-- Tonto che sei; o Dio si trova da per tutto, o in verun luogo; o vede
ogni cosa, o nulla.
-- E nondimanco in chiesa...
-- Non dubitare; libbra più libbra meno, la bilancia su la quale sarà
pesata la nostr'anima non si rimarrà da dare il tonfo giù nello inferno;
qui non giace il nodo, sibbene in quest'altra parte, che io non mi
adatterò mai a rubare in chiesa nè fuori; e nè anco a te lo
permetterei...
-- Quanto a questo il suo rimedio ci sarebbe ed io ci avrei pensato...
-- E sarebbe?
-- Renzo farebbe il servizio, e noi altri gli daremo spalla.
-- Credi, che ci sarebbe da fidarci di Renzo?
-- Io metto pegno per lui... ma in questo modo vi capacita?
-- Sicuro!... egli non appartiene... non fece mai parte di compagnia di
banditi, donde ne viene che per le sue opere noi non possiamo restarne
macchiati... non è vero?
-- Vero come il santo vangelo...
-- E tu pensi, che non ci sia pericolo di fidarci a lui?
-- Il garzone mi sembra del ferro che si fanno i coltelli, e voi signor
Paolo gli siete andato a genio, sicchè vi ha messo addosso un bene
pazzo. --
-- Con la paura non si arriva a capo di nulla: chi teme non ama, e del
male che puoi arrecare ogni uomo confida schermirsi; e questo si trova
accadere anco ai principi che tengono al servizio loro sbirri, giudici e
maestri di giustizia...
-- Sì, da questo lato vi siete condotto da quel valent'uomo che siete, ma
dall'altro non mi pare che meritate l'alloro...
-- E dove?
-- Nel beneficarlo troppo...
-- Non ti avrebbe per caso punto la invidia, Ciriaco?
-- Me! Voi mi uscite dal seminato, signor Paolo; lasciatevi servire, voi
ragionerete bene delle cose vostre come padrone, ma noi, come servitori,
delle nostre ce ne intendiamo meglio di voi. Il servo si attacca al
padrone, più che pel benefizio presente, per la speranza del benefizio
futuro; il benefizio presente, se minore dell'aspettativa, ti aliena
l'anima del servo, se pari, lo sazia come per soverchio di cibo; e
quando non ti resta altro da donare, se non ti taglia come legno secco e
non ti butta sul fuoco, almeno non viene più a ripararcisi sotto, perchè
brullo di fronde. Dà poco, e prometti molto, che la speranza allora si
conserva verde, perpetuamente rinfrescata dal desiderio. Questo vi ho
voluto dire, Paolo, perchè quanto al vostro Ciriaco egli vi ama senza
nulla sperare, e nulla temere da voi, eccetto perdere la grazia vostra,
ma caso mai voi aveste a rimanere privo di me, e' vi converrà avvertire
bene a non mettere il piede in fallo; se inciampate in un filo di paglia
vi aspetta una fune di canapa: badate a non dimenticarlo.
* * * * *
Nel colmo della notte, muniti di ferramenti, corde, e di quanto altro è
necessario al mestiere del ladro, o per dire più retto, ad una delle
infinite specie del mestiere del ladro, uscirono di casa Paolo
Pelliccioni, Ciriaco e Renzo il giovane di belle speranze. Pigliarono da
tre parti diverse per riunirsi poi, secondo che gli ottimi capitani
costumano, in un punto solo, il quale fu certa porticina di fianco della
chiesa del Carmine; colà Ciriaco e Renzo adoperando i loro arnesi
vennero agevolmente a capo di aprire la porta; Paolo con romana superbia
stava a mirarli con disprezzo. Ciriaco appena si fu intromesso in chiesa
con Renzo gli disse:
-- Va, figliuolo, e Dio ti aiuti; empi il sacco e vientene; io ti aspetto
qui fintantochè non torni; se la Corte capitasse da queste bande, il
padrone di fuori darà l'avviso, ed io te lo passerò con un fischio;
piglia del buono e del meglio, gemme e ori; l'argento lascia; ora
affrettati; rammentati che il pendolo del ladro è attaccato alla corda
del boia.
Andò il giovane, e Ciriaco attese un pezzo con pazienza, prima
immaginando la copiosa raccolta del bottino, poi con inquietudine; e
Paolo, il quale ostentava, e forse sentiva davvero spregio per l'atto,
ma molto gli premeva l'esito fortunato, due volte si accostò alla porta,
e dall'uscio socchiuso lanciò dentro queste parole: -- O che vi state a
donzellare? Gli è proprio un mettere a cimento la Provvidenza; mi sembra
di arrostirmi su la gratella come san Lorenzo.
-- E' non si vede ancora; io andrò per esso... che se a voi pare
arrostirvi come san Lorenzo, e a me sembra giacermi su la ruota come
santa Caterina.
Poco più che durassero a favellare i ladri recitavano intere le litanie
dei santi, ma Ciriaco lasciate le scarpe si avviò cauto e guardingo per
iscoprire quale accidente fosse mai successo, ed arrivato vicino
l'altare con maraviglia pari alla collera mirava Renzo, che in
ginocchioni sul primo gradino pregava divotamente.
-- Che fai tu costà, che ti pigli una saetta?
-- Recito il rosario.
-- E i voti?
-- Non mi riesce pigliarli... non posso.
-- Va via, o che ti ammazzo qui come un cane.
E Renzo: -- Perchè mi vuoi ammazzare come un cane? Va e staccali tu se ti
riesce. Poi si alzò ripigliando il cammino fatto, al termine del quale
avendo incontrato Paolo, questi gli disse:
-- E Ciriaco, onde non è teco?
-- Rimase a spogliare la Madonna, ma non potrà...
-- E perchè non potrà?
-- Perchè nè manco io ho potuto...
-- Non ti bastavano gli arnesi?
-- Degli arnesi ce ne avanzava; non mi è bastato il cuore.... appena io
aveva messo la mano sul vezzo delle perle, che la santissima Vergine ha
intorno al collo, ella, proprio ella, mi ha detto: perchè mi spogli
figliuolo? -- E queste parole ha favellato con la stessa, stessissima
voce con la quale mia madre morendo mi raccomandò che, caso mai entrassi
nella via della perdizione, poco premevano gli altri santi, e poco anco
Cristo, purchè badassi bene a non guastarmi con la Madonna; allora, che
vi ho da dire? Le gambe mi sono mancate sotto, e ho preso a recitare il
rosario. --
Ventura fu per Renzo, che in quel punto sopraggiunse Ciriaco stravolto
in vista, e gli occhi strabuzzati; richiesto a sua posta da Paolo se
avesse fornito la faccenda rispose:
-- Non si può; andiamo via. --
-- Anco tu hai avuto paura?
-- Io non ho avuto paura; ma non posso... la faccia della Madonna
rassomiglia la faccia di Maria... e quando sono stato lì per levarle il
vezzo ha chiuso gli occhi. --
Questo, già come s'intende, non era vero, ma facilmente gli parve, però
che in cotesto punto una delle lampade accese davanti alla immagine,
tirando a finire, mandasse un getto lungo di luce, e poi si spense; onde
in quel subito trapasso sembrò che la pittura stringesse le palpebre.
Paolo, forte indispettito, tratto meno dalla cupidità che dall'ira, e
dalla vanità di spuntare la prova fallita per l'altrui paura, non
avvertendo, o dannando, quanto prima aveva professato su le ragioni del
furto, diè una spinta ai compagni facendosi largo, e prorompendo in
bestemmie si cacciò in chiesa col sacco strappato di mano a Ciriaco.
Anch'egli andò diritto all'altare, salì su la mensa, stese sicuro alla
immagine la mano, la guardò torvo in faccia quasi a sfidarla e di un
tratto le staccò dal lato destro il vezzo... poi si rimase... il vezzo
cascò giù da un capo pigliando a ciondolare appuntato dall'altro, e col
vezzo cadde il braccio di Paolo, nè più ebbe balía di rialzarlo; stette
alquanto a contemplare la faccia divinamente serena della Immagine, come
per attestarle, che s'ei si rimaneva non era per paura, e poi
borbottando si allontanò. --
Forse si sentiva costui meno ladro o più tristo di Caligola, il quale
non contento di spogliare le statue di Giove dei mantelli di oro,
aggiunse lo scherno dicendo: gli Dei non patire caldo nè freddo! Per me
penso, che non fosse meno tristo di lui. Forse il ribrezzo di rubare
senza assalire ed uccidere, vinto uno istante dalla stizza, tornava a
mulinargli pel capo, o la superstizione religiosa fece forza a lui come
agli altri; chè gli uomini vogliono essere considerati a mo' dei santi
dentro la nicchia loro; vale a dire di rimpetto ai tempi in cui
nacquero, e alle opinioni in mezzo alle quali essi vissero; non anco gli
aveva cullati la Enciclopedia, nè Voltaire nudriti, nè i più moderni
filosofi alemanni bagnati e cimati: perversi si sentivano, ed erano;
però persuasi delle iniquità che commettevano, da un lato tremanti di
averne a rendere conto a Dio, fiduciosi dall'altro di poterlo placare
con la penitenza, o co' suffragi; ed anco dopo la scuola d'incredulità,
che ho accennato (e un tempo fu più cosa di oggi, ma tuttavia dura),
molti pure rimangono divoti a Maria, nè a mio giudicio cesseranno. Maria
madre del Figlio del popolo, per la bontà sua venerato Dio, che lo
partorisce nel presepio per la persecuzione di un tiranno, e lo perde
sul patibolo per la persecuzione dei preti. Maria simbolo di ogni più
caro affetto, capace di vibrare le fibre del cuore, però che sempre
vergine ed immacolata ella ti rammenti colei, che prima ti destò
all'amore, quel divino fiore dell'anima che colto una volta non rinasce
più, e nel punto medesimo ti _riporta_[13] il vario ed inesausto tesoro
della bontà di madre; lei invocano con isperanza di soccorso i marinai
per le procelle del mare, e lei con uguale fiducia gli sbattuti dalle
tempeste troppo più perniciose suscitate dalle passioni proprie, o dalla
malignità altrui; i colpevoli in abominio agli uomini, quando non che
ricorrere a Dio non si attenterebbero di levare gli occhi al cielo, si
raccomandano con fiducia a Maria, e sperano di ottenere il perdono mercè
questa perpetua avvocata dei peccatori. -- Bene io so, e lo deploro, che
nell'idolo dipinto di tinte sfacciate, guarnito di oro e di gemme e
posto lì come l'uccellatore mette il richiamo per chiappare gli uccelli,
male possiamo ravvisare noi la fanciulla di Ges, la moglie del
falegname, la madre del condannato per amore del prossimo, ma tanto e
tanto non seppero guastare i sacerdoti questa sembianza d'infinita bontà
che non si accosti soavemente all'anima di quale nacque di donna, e per
battesimo diventò cristiano.
Paolo tornava anch'egli col sacco vuoto; non fiatò verbo se togli questi
pochi: -- Sì, andiamo, veramente non si può.
NOTA.
[13] Se anco dettando racconti, io mi studio, per quanto so,
pigliare cura della lingua, sia procurando rimondarla da modi e
voci barbari, sia rimettendo in uso parole obliate, sia
raccogliendone altre sfuggite alla diligenza dei Collettori,
confido non cavarne biasimo; molto più che per le scritture
degli ufficiali del Governo, le dicerie dei parlatori nel
Parlamento, e lo scombiccherare della più parte dei giornalisti,
se lo idioma nostro non diventa il _gergo franco_ adoperato su
per gli scali del Levante, e' vuol essere un vero miracolo di
Dio. Però parmi bene notare qui, che nelle pagine antecedenti
adoperai la parola _sgallinare_ la quale non mi occorse
registrata nei Vocabolari delle lingue; tu la troverai nel t.
VIII, pag. 81 delle opere di N. MACCHIAVELLI ed. Conti. --
Niccolò aveva domandato ai Signori Dieci, durante la legazione
al Valentino, gli mandassero 50 ducati, e 16 braccia di damasco
nero per farne presente, e questi mandarongli i ducati e il
damasco; Biagio Bonaccorsi scrivendo a Niccolò il 12 Dicembre
1502, rispetto a queste sedici braccia di damasco, avvertiva: =
voi _sgallinerete_ pure un farsetto da questo drappo,
tristaccio, che siete! = Onde e' sembra che stia a significare:
buscare su, o avvantaggiarsi con malizia; ed io lo reputo modo
vivo e pieno di acconciatezza da meritarsi che si rimetta in
onore.
Qui mi valsi della parola _riportare_ nel senso di richiamarti a
mente, o tornare a rappresentarti la idea di una cosa: nei
Vocabolari non trovai attribuito simile significato a questa
parola, bensì nella canzone su la Gatta di Francesco Coppetta
gentiluomo perugino, assai valoroso poeta del secolo
decimoquinto:
_«Se per casa giocondo al par di lei_
_«Qualche Gattino almeno mi restasse,_
_«Che me la_ riportasse
_«Nello andar, nella voce, al volto, e ai panni_.
CAPITOLO SESTO.
Nuove contradizioni.
Non gli sovvenendo partito migliore, Paolo alla stracca continuava i
colloquii notturni con la Violante, la quale ogni sera se ne pentiva,
ogni sera prometteva di non peccar mai più, ed ogni sera spasimava
rinnovare il dolce peccato: anzi, quanto più Paolo si uggisce, ella si
accalora, e sovente lo rimorchia co' motti pel suo tardo comparire, e
per le sollecite partenze, ed egli o non si scusa, o se ne scusa appena,
onde la donna chiama come per soccorso la consueta superbia, ma questa
male risponde, e ad ogni istante più pigra; così il piagato a morte, pel
sangue che suo malgrado gli sfugge, sente di momento in momento farglisi
grave il braccio. Voi fanciulle, che leggete, state in cervello che,
come vedete, appena nato si fa gigante Amore.
Per la festa di San Valente, secondo il costume della casa nobilissima
Ayerba di Arragona, si celebrò messa solenne nella cappella del palazzo,
e s'imbandirono mense; tenne dietro il festino dove alternaronsi balli,
colloquii e preziosi rinfreschi. La Violante, comecchè presuntuosissima
essendo, si reputasse nella danza uguale a Tersicore, o giù di lì, pure
capiva, che in fatto di dottrina poi e di facondia:
Potea dar trenta, e la caccia sul piede:
quindi con l'arte arguta, in cui le donne valgono la mano di Dio,
raccolse intorno al luogo dove sedeva il padre suo le dame, i cavalieri
e i magistrati più illustri, i quali di breve presero a favellare sopra
argomenti a quei tempi delizia delle Corti, ed oggi capaci di far
dormire ritti qualunque gli ascoltasse. Dopo avere parlato degli uffici
del perfetto gentiluomo, e degli altri troppo più meritorii della
gentildonna, non so nemmeno io come di punto in bianco venissero in
ballo i due Bruti, Giunio e Marco; e la quistione cadde intorno al
giudizio, che si aveva a profferire sul primo quando ammazzò i
figliuoli, e sul secondo quando partecipava alla strage del padre. -- Il
marchese Valente sentenziava:
-- Io aprirò schietto l'animo mio; quantunque comprenda ottimamente come
ciò non possa accadere senza mettere a repentaglio la mia reputazione:
ora il mio intelletto arriva a capire, che uomini senza religione, che
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Çirattagı - Paolo Pelliccioni, Volume 1 (of 2) - 07
- Büleklär
- Paolo Pelliccioni, Volume 1 (of 2) - 01Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4506Unikal süzlärneñ gomumi sanı 176938.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Paolo Pelliccioni, Volume 1 (of 2) - 02Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4629Unikal süzlärneñ gomumi sanı 188337.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Paolo Pelliccioni, Volume 1 (of 2) - 03Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4675Unikal süzlärneñ gomumi sanı 182838.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Paolo Pelliccioni, Volume 1 (of 2) - 04Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4697Unikal süzlärneñ gomumi sanı 182734.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Paolo Pelliccioni, Volume 1 (of 2) - 05Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4713Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186936.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Paolo Pelliccioni, Volume 1 (of 2) - 06Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4660Unikal süzlärneñ gomumi sanı 184435.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Paolo Pelliccioni, Volume 1 (of 2) - 07Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4561Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186334.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Paolo Pelliccioni, Volume 1 (of 2) - 08Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4524Unikal süzlärneñ gomumi sanı 183036.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Paolo Pelliccioni, Volume 1 (of 2) - 09Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4589Unikal süzlärneñ gomumi sanı 181334.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Paolo Pelliccioni, Volume 1 (of 2) - 10Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4667Unikal süzlärneñ gomumi sanı 175936.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Paolo Pelliccioni, Volume 1 (of 2) - 11Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4566Unikal süzlärneñ gomumi sanı 189036.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Paolo Pelliccioni, Volume 1 (of 2) - 12Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4655Unikal süzlärneñ gomumi sanı 190037.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Paolo Pelliccioni, Volume 1 (of 2) - 13Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 2009Unikal süzlärneñ gomumi sanı 96646.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.66.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.