Margherita Pusterla: Racconto storico - 09
Süzlärneñ gomumi sanı 4486
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1926
33.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
47.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
54.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
sua Rosalia, teneramente amata da Giroldello, più amata ancora dopo che
da lei lo distaccava la sventura.
Bellissima era cresciuta la Rosalia, e con quel prepotente bisogno di amore
che istillano negli animi dolci le sciagure dei primi anni, e che più si
accende quando mancano attorno le persone su cui sfogarlo.
Franciscolo Pusterla, giovanissimo allora, aveva conosciuto la coetanea
fanciulla, e ne compassionava la situazione, tanto più perchè la
vedeva così bella: qualità che ha tanta parte nei sentimenti destati
da una fanciulla. Riguardandola come vittima innocente delle civili
discordie, come martire d'una fazione, cui la sua famiglia stessa aveva
aderito, e che ora rimaneva nobilitata dalla sventura, volentieri trovavasi
con lei, le usava maniere di singolarmente amico, e con arti di delicata
beneficenza sapeva recarle opportuni soccorsi: tanto che i molti che han
costume di non credere alla generosità se non interessata, bucinavano
che Franciscolo l'amoreggiasse.
La conobbe anche Ramengo, e le pose amore.
Ma no: di questo sentimento, che in tanti è germe d'azioni generose, non
si deturpi il nome usandolo a significare quel che Ramengo provò per
Rosalia. Calcolo, mezzi, risultamenti egli vedeva solo colà, dove gli
altri dell'età sua vedono affetti, piaceri, illusioni. Unica meta d'ogni
suo operare era di togliersi alla nativa bassezza, ed avanzare negli
impieghi e alla Corte, fossero qualunque le vie. Tra le vicende d'allora
aveva egli veduto salire quando i Visconti, quando i Torriani: e sebbene
ora paresse assodato il dominio dei primi, non poteva un accidente
rimettere gli altri in potere? Collegarsi col Visconti nel tempo del loro
maggiore ascendente era idea che il desiderio poteva suscitargli, ma che la
ragione ributtava siccome un delirio. L'umiliazione presente all'incontro
porgeva il destro di amicarsi coi secondi; gran cose bollivano: il paese
era in guerra e la sorte delle armi va sempre dubbia: se mai tornasse
prospera ai Torriani, qual merito di essersi unito a loro in tempi di
sfortuna, quanta ragione per venirne ingrandito!
Ma sposare la causa loro apertamente sarebbe stato un mettersi a
repentaglio. Se invece prendesse per moglie la Rosalia, essa era tanto
meschina, tanto sola oggidì, da non ispirar gelosia a chi che fosse; da
non impedirlo d'esercitare il rigore contro chiunque desse segno di
devozione al nome torriano. Qualora poi i Visconti venissero sbalzati dal
dominio, la Rosalia non solo gli varrebbe di tavola per campare dal
naufragio, ma per approdare anche ad una riva fiorita.
Con questi calcoli si preparava ad un'unione, che solo l'accordo dei
caratteri e la virtù possono rendere beata: con questi e con altri
ancora più turpi. Aveva egli avuto sentore della predilezione di
Franciscolo per la Rosalia, e l'aveva creduta spinta chi sa fin dove. Ma
poco brigandosi di ciò, coglieva volontieri un'occasione di vendicarsi
del Pusterla coll'usurpargli l'amica. A lui, che si teneva per un gran che
nelle guerre, metteva astio quel trovarsi soggetto a un garzoncello, che
allora faceva le prime armi. È ben vero che questi interamente a lui
deferiva nelle cose di guerra, ma però aveva più volte posto freno
all'eccessivo rigore onde perseguitava la parte avversa; e principalmente
una volta gli aveva fatto seriissimi rimproveri perchè avesse mandato
uomini in traccia di Giroldello, venuto in Lecco a salutare nascostamente
la sorella, e ingiunto a loro che, non potendo vivo, il prendessero morto,
Ramengo cominciò da quel punto a considerare Franciscolo colla stizza
onde un fratello diseredato guarda l'altro dovizioso: a tenerlo per un
impaccio a' suoi progressi; a contrariarlo sott'acqua, aspettando luogo e
tempo di far peggio.
E per contrariarlo richiese la mano della Rosalia a certi lontani parenti,
alla cui custodia era stata commessa: i quali, tra per disgravarsi d'un
peso, tra per la speranza di cessare le persecuzioni contro Giroldello,
assentirono. Conchiuso il sì, Franciscolo sovvenne lautamente a quanto
occorreva pel corredo e per le nozze; dal che Ramengo a crescere i sospetti
e pigliarsene peggior talento: ma godeva di cavarne intanto alcun frutto:
quando l'avesse fatta sua, penserebbe a custodirla.
La Rosalia, come succedeva allora e come succede anche oggi al più delle
fanciulle, ne venne informata ad affare conchiuso, e consentì senza
sapere che si facesse. Non conosceva ella Ramengo, nè questi avea fatto
opera per meritarsene la benevolenza, ma quando si vide a lui congiunta di
un nodo che la morte sola può sciogliere, formò sua delizia di quel
ch'era precetto; e come fa l'amore, vedendo generosità e nobili
sentimenti e beneficenza in quanto aveva fatto e faceva Ramengo, andò
lieta di trovare uno su cui traboccare la piena di un affetto, che non
aveva sin allora avuto sfogo, e lo amò con tutto l'impeto d'una prima
passione.
Amare l'oggetto che si possiede: è pur divina cosa.
Per brutale che uno sia, non è possibile che, nei primi tempi almeno,
non ami la donna sua, quella con cui divide i piaceri, i dolori, le cure
della vita. E Ramengo pose anch'egli amore alla ingenua sua Rosalia, e
gustò le dolcezze del voler bene e dell'essere ben voluto; le quali
avrebbero anche potuto ridurlo a più miti pensieri, persuaderlo a cercar
quello, in cui solo è la felicità di quaggiù, il diffondere il
bene fra coloro che ne circondano, grande o piccolo che sia il circolo
nostro.
Ma da quei momenti di virtuosa concitazione ben tosto ricascava egli nelle
abitudini antiche, spoglie di ogni gentil sentire, e per cui sino i più
soavi affetti prendevano del fiero e dell'atroce. Severo, bisbetico, cane,
poi a sbalzi cortese ed affettuoso, or accarezzava la donna sua, ora ne
conculcava i sentimenti: oggi batteva villanamente chi avesse osato recarle
la più lieve noja od esitato nell'obbedirla: domani le comandava colla
rigidezza che soleva a' suoi soldati, sottraevasi alle dimostrazioni
gentili di lei; teneva insomma i modi più opportuni ad alienarsi un cuor
di donna.
Conosceva egli il suo torto, ma non che emendarsene, ne traeva ragione di
inviperire; non che farle merito della pazienza onde la meschina tollerava,
argomentò che ella se ne vendicasse col tradirlo; argomento vago affatto
ma che pure in lui divenne un bisogno, per trovar nella donna un nuovo
oggetto di livore. Gli antichi dubbj intorno al giovane Pusterla rinacquero
più forti; la pietà di esso parevagli segno di colpa: e poichè il
Pusterla tornava sovente da lei, e seco volentieri passeggiava talora lungo
quelle rive, colla compiacenza di un giovane che trovò un'anima ingenua
ed appassionata; e, qualora di lei parlasse, vi metteva l'ardore che suole
la gioventù, non anco avvezza a fingere, a temere, a dissimulare.
Ramengo ne divenne furiosamente geloso, o, a dir più proprio, ne colse
pretesto di resuscitare la rabbia che i benefizj passati e la presente
soggezione gli avevano messa in cuore contro del Pusterla. Con severi
rabbuffi adunque intimò alla donna come per conto nessuno volesse più
soffrire Franciscolo in sua casa, imponendole al tempo stesso che si
guardasse bene dal dire, nè lasciare intravedere a questo il comando del
marito. Ordine che costrinse Rosalia a quegli obliqui andamenti, cui tanto
spiace alle anime leali il vedersi ridotte dalla prepotenza e dalla
ingiustizia; e non isfuggendo questi all'occhio scrutatore del marito, ne
crescevano i biechi sospetti.
Se non che Franciscolo abbandonò Lecco per correr colle armi dei
Brianzuoli in soccorso dei Visconti, i quali, dall'esercito guelfo crociato
incalzati vivamente, si videro fino assediati in Milano. Breve per altro
durò il buon vento ai Crociati, stantechè il Visconte, chiamate tutte
le forze disperse, non solo liberò Milano, ma a Vaprio diede un tale
tracollo ai nemici, che i Torriani da quell'ora perdettero ogni speranza di
principato, e i loro fautori andarono sbrancati in varie parti.
Ramengo, secondo che la fortuna delle armi gli faceva scorgere nella donna
sua un istrumento opportuno od inutile alle sue aspirazioni, l'aveva o
meglio o peggio trattata, ma quando seppe rovinate le speranze dei
Torriani, usò maniere di tal rigore, con quanti nel territorio si
potevano credere devoti a quella parte, che tutti ne stavano pessimamente.
La Rosalia, che erasi data a credere di poter qualche cosa sull'animo del
marito, osò interporre alcuna parola per mitigarlo almeno al suo
Giroldello, ma egli avea preso tanta insolenza, che più non si poteva
seco: ributtò villanamente la supplicante; poi, come d'un mezzo che
più non tornava ai suoi usi, la tolse a tedio, e di voglia se ne sarebbe
disfatto quando avesse potuto e celarlo agli occhi altrui, e trovare
qualche appiglio onde vincere il residuo di pietà che anche ai più
malvagi fa rincrescere l'immolare alcuno senza ombra di colpa.
CAPITOLO VII.
L'ANNEGATA.
Una mattina, la sentinella avanzata della rôcca di Lecco riferì a
Ramengo come, sul tardo della sera precedente, si fosse avvicinato alla
fortezza, un, non sapeva chi, e aveva vibrato uno strale sul verone dove
stava la Rosalia, la quale avealo raccolto.
Divampò alla notizia Ramengo, persuaso che colui fosse il Pusterla, il
quale continuasse in tal guisa la tresca colla donna sua per fargli scorno.
E gli balenò innanzi l'idea di potere, e disfarsi di lei, e procurare un
dolore atroce alla casa dei Pusterla, con un assassinio giustificato dal
dover suo di custode: sicchè commise alle guardie che, se mai ciò
avvenisse di nuovo, traessero senz'altro sopra lo sconosciuto temerario,
l'uccidessero, e zitti.
La sera, di fatto, ecco di nuovo l'uomo si avvicina alla rocchetta:
Rosalia, che stava affacciata al balcone, non appena lo vede, slancia di
tutta forza verso di lui un sasso; quegli lo raccoglie, ma non appena
prendeva la via del bosco per ritornarsene, un colpo di balestra al capo lo
stende morto stecchito. Gli furono subito addosso le guardie, e trovarono
che non era se non un valletto incognito: nessun segno, nessuna divisa dava
indizio dell'esser suo, ma gli rinvennero il sasso, a cui era legato un
viglietto.
Ramengo, il quale aspettava col feroce dispetto che provano gl'ingannatori
nel vedersi ingannati, quando ricevette la notizia e lo scritto, compose la
bocca ad un riso somigliante al ringhio di un lupo che avvisò la preda;
congedò gli uomini: sciolse il foglio:--non è indicato a chi sia
diretto, ma è la mano di sua moglie, e tra spasmodiche convulsioni, vi
legge queste parole:
/# _Che dolcezze, da gran tempo sconosciute mi fece provar in tua lettera!
Tu vuoi, dunque per amor mio avventurarti a nuovi pericoli? Stringerti
anche una volta al cuore, è consolazione, che appena io osavo sperare.
Ma se egli ti vede, ne va la vita. Però l'altro domani egli uscirà
alla notte a perlustrare i posti sul lago. Appena partito, io esporrò
sul verone, a levante, un pannolino, e tu scendi alla portella di soccorso
che conosci. Quante cose ti dirò! Sai? il mio seno è fecondo. Possa
quel che nascerà somigliare a te! Addio, addio! Come tripudio al solo
pensare che tra poco abbraccerò il mio diletto!_ #/
A gran pena Ramengo durò sino al fine; morsicò il viglietto,
morsicò le proprie mani, e sbuffando, bestemmiando, muggendo come un
toro ferito, correva di su, di giù, dall'occhio mezzo nascosto tra le
ciglia corrugate gettava faville, dalla bocca mandava spuma, colle dita
serrate in pugno percoteva i mobili, le pareti, sè stesso: poi rompeva
in esecrazioni infernali contro la donna sua, contro il drudo di lej.
Tanto è vero che può la gelosia sorgere anche dove tace
l'affetto;--la gelosia, primogenita dell'amor proprio, che non tanto
c'inviperisce per la temuta perdita della persona diletta, quanto per
l'onta di vederci posposti e svergognati.
Più Ramengo non sapeva dubitare che la Rosalia nol tradisse: chi fosse
il complice suo, l'argomentava; i sospetti vaghi erano ormai certezza; non
restava che un partito solo--la vendetta.
Il furor suo l'avrebbe tratto in quel punto medesimo a correre addosso alla
sciagurata.--Scannarla, cavarle il cuore, strapparle dalle viscere il feto
non ben vivo, e stritolarlo sotto ai piedi, erano immaginazioni in cui si
compiaceva--e si mosse per darvi effetto; e già ghermiva la spaventata
Rosalia, quando gli parve che questa punizione non fosse di lunga mano
proporzionata all'enormità dell'oltraggio. Anche il drudo avrebbe voluto
cogliere ad una rete:--Oh allora allora!» E si pentiva d'aver lacerato
il foglio:--Avrei potuto inviarlo, trar lui pure nel laccio... Ma...
inviarlo! a chi? dove? Se non avessero ucciso il vile mezzano, avrei ben
io, a forza di tormenti, straziandolo a membro a membro, avrei ben io
saputo strappargli il nome dell'infame. Ecco che vuol dire precipitar le
vendette! Ma ora, oh l'ho imparato ora: questa sarà lunga, tormentosa...
Tremate, o scellerati!»
Sperò che, quantunque non ricevesse la risposta, potrebbe l'amante
capitare ugualmente: e però l'altro domani, sull'ora bruna, accennò
di doversi partire. La Rosalia lo congedò col solito affetto,
coll'affetto che opponeva ai mali suoi tratti, lo accarrezzò:--Perchè
(gli diceva), perchè sempre così aggrondato? Io ho paura. Ramengo,
sta buono!» e colla delicata destra gli palpava le ispide gote, mentre
coll'altra mano abbracciandolo, stringevasi tutta lusinghiera contro il suo
fianco: e con quella più tenerezza che poteva, alzava gli occhi gonfi di
pianto, verso i torvi e cagneschi di lui.--Sta buono. Mi vuoi bene ancora?
Dimmelo! accarezzami: non sono la tua Rosalia? non porto qui dentro un
nostro figliuolo? via, un bacio innanzi partire...»
Chi colla pietra infernale gli avesse toccato la viva carne, non avrebbe
recato a Ramengo tanto strazio, quanto lei con simili parole.--La bugiarda!
la infame! vuol con carezze ricoprire il tradimento: baciarmi e vendermi.
Ma ti pagherò della moneta stessa: inganni per inganni».
Tentennò, divincolossi, parve voler proferire alcuna parola, ma non si
udì che un rantolo nella gola; tese le mani verso le braccia di lei,
quasi per trarsela al seno; indi, come preso d'insuperabile repugnanza,
coll'atto medesimo la ributtò fieramente da sè, e senza un'occhiata,
senza un motto andossene precipitoso.
Ella sospirò, pianse: erano stranezze pur troppo solite in lui: ma ella
non vi si era mai incallita.
Ramengo salì in barca, allargossi, poi presa di nuovo la spiaggia e
tornato, si appiattò dietro una macchia donde potesse, non visto, vedere
la rôcca: ed ecco fra non molto, sciorinarsi il pannolino sul concertato
balcone. Al primo vederlo si rinnovarono, addoppiaronsi le furie di lui: il
cuore gonfiato non pareva gli potesse più reggere in petto: gettavasi
sul terreno, svelleva brancate di erba e le addentava, alzavasi, traeva la
sciabola, percoteva nelle piante, nei sassi, schiantava i rami, gli
arbusti, bestemmiava Dio, gli uomini, il cielo. La notte si offuscò;
egli, accostatosi di più, si appoggiò fra due piante vicine, e tra
quelle protese la faccia, come la jena quando aspetti al varco la gazzella:
fissato alternatamente al viottolo, alla porticina, al verone.
Ed ecco su questo apparire Rosalia, in una candida vesticciuola lina, e
mostrare di spingere lo sguardo via via per la pendice, come all'incerto
lume cercasse discernere un aspettato. Delusa, rientrava; usciva ancora:
sedevasi appoggiando il gomito sui balaustri del verone, e chinando la
bella faccia nella mano, in una ansiosa ma soave aspettazione. Qualche
volta alzando gli occhi alle stelle, sospirava: qualche altra li teneva per
alcun tempo coperti, poi più fisi gl'intendeva, se mai in quel mezzo
fosse comparso l'atteso: anche qualche canzone intonava, d'aria placida e
malinconica, che lene lene si perdeva tra i patetici silenzj della notte, e
si mescolava al fiottare lontano dell'onda, che frangeva al primo margine
del lago sottoposto.
Ma l'aspettazione della Rosalia e di Ramengo restò delusa. Non per
questo egli si stancò; ma e la seconda e la terza sera rimase alla
vedetta, e fin alla sesta soffrì quell'orribile tortura, sempre
lusingandosi di veder giungere il rivale, sempre colla rabbia in cuore,
coll'assassinio in mente: ma sempre invano. Ebbe tempo fra ciò di
stillarsi la sua libidine di vendetta: e fra le atroci veglie di quelle
notti, l'andò ruminando, pungendosela alla fantasia, raffinandola quanto
fosse mestieri per satollare quell'anima sua, ingorda di strazio e di
sangue. Il figlio che essa maturava nelle viscere doveva possedere la vita
per poterla perdere: lasciarlo nascere, metter lui pure a parte del
castigo, esacerbare le pene della madre, a cui dovessero giungere tanto
più micidiali, quanto meno aspettate.
Dissimulando pertanto, continuò verso la Rosalia col tenore di prima,
crescendo anzi di cortesie come chi medita un tradimento: se non che fra le
carezze, l'occhio suo fissavasi talvolta sopra di essa con un baleno
così sinistro, così cristallino, ch'ella, gettandogli le braccia al
collo gli domandava:--Cos'hai, Ramengo? tu mi guati così!»
Non rispondeva egli; ai baci di lei sentivasi correre dalle chiome ai piedi
un fuoco d'inferno: le dita sue irrigidite e convulse stringevano
involontariamente il pugnale, era duopo che la respingesse da sè, ed
uscisse all'aria aperta a sfogare l'indocile rabbia. Comprendeva la Rosalia
che una grave tempesta versava l'animo di lui: soffriva, taceva, non gli
scemava l'amore: consolavasi negli arcani godimenti della donna che sente
in sè stessa un altro essere, unito e pur diverso, vivente della
medesima vita, scosso da movimenti comuni, amato come sè e vagheggiato
come un altro: e tripudiava nel vedere avvicinarsi il tempo di metter alla
luce un bambino, pegno dell'amor loro, che l'amor loro crescerebbe colle
cure prodigategli d'accordo, coi vezzi infantili, colle speranze che
danzano intorno alla culla del primo figliuolo.
Maturato il tempo, ella espose un maschio: ed appena nel bacio primo ebbe
dimenticato il sofferto travaglio,--Recatelo (disse) a suo padre».
Gli recarono di fatto quella creaturina così gracile, che, sotto le
prime impressioni dell'aria e degli oggetti esterni, vagiva e agitava le
membra inferme: spettacolo d'affetto per tutti, d'ineffabile esultanza per
chi è padre. Ma l'occhio di Ramengo si fe' più feroce che mai;
digrignò i denti: un riso sinistro gli raggrinzò le labbra: tolse il
fanciullo sopra un braccio; coll'altra mano afferrò il pugnale, e trasse
al neonato.
La bambinaja fu abbastanza lesta per sottrarlo a quel colpo, diretto al
seno: ma non così affatto, che non gli recidesse, povera creaturina!
l'indice della mano sinistra. Alla vista del sangue che ne sprizzava, agli
strilli spasmodici del fantolino, il violento gettò lo stile, e
maledicendo e bestemmiando fuggì.
Che cuore l'amorosa Rosalia all'udir questo fatto! Affievolita dal
travaglio del parto, in quello stato in cui ogni commozione può divenire
micidiale, fu per soccombere. Però la ferita si trovò di facile
medicazione; donne venali prodigarono a lei quell'assistenza che le negava
il marito: questo ridivenne mansueto e pentito. Non del pentimento però
che avvia all'emenda: ma s'indispettiva seco medesimo d'essersi dall'ira
lasciato trasportare a tradir il secreto, che del suo scorno come della
vendetta volea fare con tutti, se fosse possibile fino coll'aria: onde
accagionando di quell'escandescenza certe sue cure penose, la fantasia
turbata da molesti pensieri fino il desiderio di cimentare l'amore di lei
colla pazienza e la costanza, si mostrò mitigato, venne al letto della
moglie, le parlò cortesemente.
Questa fu la medicina migliore, il miglior ristoro alla travagliata. Stese
la pallida mano tremante allo sposo, che gliela strinse nella sua: gli
mostrò il bambino che teneva al petto; e--Vedi (gli diceva) vedi
com'è bello! come poppa soavemente! È tuo figlio: è figlio nostro.
Di', non gli farai paura più? gli vorrai tu bene? Che viso d'alabastro!
come spira amore! Guarda: egli apre gli occhi.--Cari quegli occhietti! son
tutti gli occhi tuoi. Come ti somiglia! Prendi: levalo fra le braccia:
dagli un bacio»; e glielo sporgeva.
Ramengo, comunque fiottasse dentro, lo prese, il guardò fiso fiso, gli
accostò le labbra alla faccia, e lo baciò o ne fece le mostre. Ma una
furia di baci gli prodigava la madre, che in estasi d'amore, di
contentezza, sentendo tutta la beatitudine d'essere moglie e madre, amata e
amante, non poteva saziarsi d'osservarlo, di carezzarlo; lo fasciava, lo
snudava, l'adornava, l'atteggiava; traboccando sopra di esso quell'eccesso
d'affetto, che non le era dato versare sul marito.
Ma pel marito quella scena era una prolungata tortura: non vedeva nel
bambino che un frutto del delitto: non vedeva in lei che una infedele: e
più gli appariva tenera ed amorosa, più la esecrava come scaltrita
ingannatrice.--Tante carezze, per qual altro fine che per ingannarmi? È
sì affettuosa a quel fanciullo: qual meraviglia? Lo concepì dagli
infami suoi amori». E guardandolo, nol trovava per nulla somigliante a
sè: quegli occhi semichiusi, quel malatticcio pallore, quella cascante
gentilezza d'un neonato, punto non gli pareano ritrarre de' suoi robusti
lineamenti, del fuoco del suo sguardo.--No, no: non è mio figlio.
L'iniquo Pusterla m'ha oltraggiato. Mal per lui, giuro a Dio! Per ora
muojano madre e figlio, verrà l'ora, oh verrà anche per lui».
Così diceva tra il suo cuore; ma lo dissimulava, e in atti mostravasi
calmo colla moglie, le dava del buono per la pace, tanto che la Rosalia ne
rimase confortata, perdonò facilmente--e che non perdona l'amore? e come
non è ingegnoso a trovare scuse alla persona diletta?--Egli lo ama
certo: oh come non amare quest'angelo? l'ha baciato: e ogni giorno più
lo amerà. E quando col primo riso lo saluterà? e quando articolerà
una parola? E la prima che l'insegnerò sarà _babbo_. Appena potrà
mutare i passi, caro fanciullino! correrà da me a lui bamboleggiando,
gli si avvinghierà alle ginocchia, e gongolando gli ripeterà,
_babbo_. Esso dimentica per lui le cure, la guerra, le armi: umano si
curva, il toglie fra le braccia, lo paleggia, se lo leva sulle spalle, sul
capo, lo bacia e ribacia, poi viene a deporlo sul mio grembo. Crescerà
poi; verrà grande, bello, robusto come lui: tutti lo guarderanno; e gli
stranieri e le donne chiederanno; chi è quel pezzo di giovane? Ed io e
Ramengo ne esulteremo, e vedremo in lui il conforto dei nostri vecchi
giorni.
Questi sogni passavano per la mente della malata, intanto che porgeva
medicamenti e latte al fantolino; e da questi ricreata, a poco andare
tornava in vigore, lasciava il letto, ricompariva per la casa. Poichè
Ramengo le si offriva mansuefatto e gentile, la Rosalia, non che sgombrare
ogni corruccio, fin la memoria depose del maggior torto che ad una madre
possa recarsi, un insulto al suo bambino, e tornò tranquilla come prima,
e festiva nelle nuove cure, nel nuovo affetto.
Poco tempo dopo ch'ella fu risanata,--era sull'imbrunire d'un giorno di
maggio, bel tempo, quieto; il primo calore rendeva grazioso il soffiare
dell'aria vespertina, e Ramengo disse alla moglie:--Vedi bella sera. Che
non usciamo noi a far due passi? te ne dovresti trovar meglio».
--Volentieri», esclamò in tripudio la Rosalia, di nulla più
desiderosa che di cogliere ogni prova d'affezione venutale da lui, per
volergliene sempre più bene.
--E il bambino? (soggiungeva) Lo coricherò, è vero? Attendi tanto
ch'io l'abbia addormentato.
--Perchè nol recheremo anch'esso? (rispose Ramengo) O forse ti da noja
il portarlo?
--No! (esclamava ella affettuosa) «Oh non sai come ad una madre sia
gradito peso il proprio figliuolo? Non l'ho portato io tanto tempo qui?»
Così dicendo, l'avviluppava in un pannolino, e di costa al marito, si
avviava. Uscirono dalla rôcca, e presa la china, vennero verso il lago.
Era la prima volta che, dopo la sua malattia, essa rivedeva il cielo aperto
e sereno, il lago, i monti; tutta ne tripudiava, e come a chi esce da
prigione, il petto parea dilatarsele nel respirare quelle arie così
soavi, così vitali. Scesi laddove il lago slanciava quietamente le
ondate sovra le arene del margine, quietamente, benchè lo squagliarsi
delle nevi montane e la stagione oltre l'usato dritta alle pioggie,
l'avessero straordinariamente gonfiato, là sovra un muricciuolo
sedettero, contemplando quella pianura ondosa, che neppure da una barca era
solcata, perchè i sospetti guerreschi le avevano fatte colar tutte al
fondo. La Rosalia ora guardavasi alle spalle il Resegone, dalle cui cime
merlate il sole ritraeva gli ultimi raggi; ora dinanzi, il varco della
Valmadrera in cui la luce tramontando parea ricoverarsi, come il sangue al
cuore d'un moribondo; e accarezzava il lattante suo, lo vezzeggiava, e
parlandogli come se veramente egli potesse intenderla e risponderle,
diceva:--Apri gli occhi, amor mio: aprili, guarda questo bellissimo
spettacolo. Vedi là i monti? Un giorno li conoscerai ben tu. Sulle loro
coste, fin sulla vetta inseguirai i cavriuoli, lesto tu pure come un
cavriuolo, godendo l'aria pura, i lieti soli, la libertà. E quando sarai
di qui lontano, salirai su qualche poggio, su qualche torre, per discernere
ancora quelle creste: piene delle memorie di tua fanciullezza. E questo
lago? Mira: c'è dentro un altro bambino, bello come te. Ma un giorno tu
v'andrai per entro davvero a nuoto, lo solcherai in barca.
--E perchè (l'interruppe Ramengo), perchè non andiamo un tratto noi
pure in barca?
--Sibbene! (ella esclamò): purchè a te non ne incresca la fatica.
--Oh al contrario; è uno spasso, un esercizio.»
E in due salti fu al molo, ove sotto chiave si custodivano due navetti per
servigio del cartello, gli unici lasciati in tutta la riviera; e dati i
remi all'acqua, vi raccolse la Rosalia, che sedette sulla prora col
fanciullo, mentre Ramengo battea la voga. Scesero così giù giù per
la riva, su cui oggi va crescendo la città di Lecco: passarono sotto al
ponte, pochi anni prima gettato dal signor Azone, e seguitando fra Pescate
e Pescarenico, vennero dove l'acqua dilatavasi in ampio bacino. Intanto era
sparito affatto il giorno; le cime circostanti spiccavano nette e brune
dall'azzurro fosco d'un cielo senza nubi: e i naviganti, essendo nel mezzo,
appena distinguevano la riva: ma dalle finestre delle scarse casipole
vedevano esalare il fumo del fuoco a cui la povera gente coceva quel poco
di cena che l'interrotta pesca permetteva. Tutto era pace intorno e dentro
alla Rosalia, che inondata di soave giocondità, posava la bocca sulla
madida fronte del dormente bambino; allorchè d'improvviso Ramengo
batté fieramente del piede sul fondo del navetto, sicchè tutto lo
squassò, e fece trabalzar la madre e destare in sussulto il
fanciulletto. Indi urlò:--Traditrice infame! hai creduto celarmi le
sozze tue tresche. T'ingannasti. So tutto: e l'ora del castigo è
battuta. Scellerata, muori».
Sbigottita: cogli occhi, la bocca spalancati; pallido il viso; con una mano
serrandosi al seno il pargoletto, protendendo l'altra colle dita irrigidite
in atto istintivo di difesa, voleva la meschina rispondere, domandare,
pregare: ma non gliene lasciò tempo l'infellonito, il quale slanciati
nell'acqua i remi, si avventò egli pure nel lago. La Rosalia mise uno
strido, in cui sonava l'accento della disperazione; coperse gli occhi,
allorchè lo vide gettarsi dalla barca; scoprendoli poi, al fioco barlume
del crepuscolo potè vedere come, nuotando, egli guadagnasse la riva.
Cessato allora lo spavento pei giorni del marito, rimase dapprima attonita
e tolta di sè, dubbia se fosse un sogno; poi quando cominciò a
rinvenire, volse il pensiero sopra sè stessa, e sopra la sua situazione.
Sola, in mezzo d'un gonfio lago, in piccola barca, senza remi per aiutarsi,
sola con un bambino, la cui vita le era più cara della sua propria!
Ruppe alla prima in un pianto angoscioso, e le lacrime piovevano sulla
faccia dell'ignaro lattante. Ma tantosto la scosse dal doloroso letargo il
sentirsi bagnare le piante. Quel vendicativo avea strappato il capecchio
ond'ora calafatato il legno, sicchè l'acqua vi trapelava lenta lenta per
le commessure. Stette la tapina coll'occhio incantato sul fondo della
da lei lo distaccava la sventura.
Bellissima era cresciuta la Rosalia, e con quel prepotente bisogno di amore
che istillano negli animi dolci le sciagure dei primi anni, e che più si
accende quando mancano attorno le persone su cui sfogarlo.
Franciscolo Pusterla, giovanissimo allora, aveva conosciuto la coetanea
fanciulla, e ne compassionava la situazione, tanto più perchè la
vedeva così bella: qualità che ha tanta parte nei sentimenti destati
da una fanciulla. Riguardandola come vittima innocente delle civili
discordie, come martire d'una fazione, cui la sua famiglia stessa aveva
aderito, e che ora rimaneva nobilitata dalla sventura, volentieri trovavasi
con lei, le usava maniere di singolarmente amico, e con arti di delicata
beneficenza sapeva recarle opportuni soccorsi: tanto che i molti che han
costume di non credere alla generosità se non interessata, bucinavano
che Franciscolo l'amoreggiasse.
La conobbe anche Ramengo, e le pose amore.
Ma no: di questo sentimento, che in tanti è germe d'azioni generose, non
si deturpi il nome usandolo a significare quel che Ramengo provò per
Rosalia. Calcolo, mezzi, risultamenti egli vedeva solo colà, dove gli
altri dell'età sua vedono affetti, piaceri, illusioni. Unica meta d'ogni
suo operare era di togliersi alla nativa bassezza, ed avanzare negli
impieghi e alla Corte, fossero qualunque le vie. Tra le vicende d'allora
aveva egli veduto salire quando i Visconti, quando i Torriani: e sebbene
ora paresse assodato il dominio dei primi, non poteva un accidente
rimettere gli altri in potere? Collegarsi col Visconti nel tempo del loro
maggiore ascendente era idea che il desiderio poteva suscitargli, ma che la
ragione ributtava siccome un delirio. L'umiliazione presente all'incontro
porgeva il destro di amicarsi coi secondi; gran cose bollivano: il paese
era in guerra e la sorte delle armi va sempre dubbia: se mai tornasse
prospera ai Torriani, qual merito di essersi unito a loro in tempi di
sfortuna, quanta ragione per venirne ingrandito!
Ma sposare la causa loro apertamente sarebbe stato un mettersi a
repentaglio. Se invece prendesse per moglie la Rosalia, essa era tanto
meschina, tanto sola oggidì, da non ispirar gelosia a chi che fosse; da
non impedirlo d'esercitare il rigore contro chiunque desse segno di
devozione al nome torriano. Qualora poi i Visconti venissero sbalzati dal
dominio, la Rosalia non solo gli varrebbe di tavola per campare dal
naufragio, ma per approdare anche ad una riva fiorita.
Con questi calcoli si preparava ad un'unione, che solo l'accordo dei
caratteri e la virtù possono rendere beata: con questi e con altri
ancora più turpi. Aveva egli avuto sentore della predilezione di
Franciscolo per la Rosalia, e l'aveva creduta spinta chi sa fin dove. Ma
poco brigandosi di ciò, coglieva volontieri un'occasione di vendicarsi
del Pusterla coll'usurpargli l'amica. A lui, che si teneva per un gran che
nelle guerre, metteva astio quel trovarsi soggetto a un garzoncello, che
allora faceva le prime armi. È ben vero che questi interamente a lui
deferiva nelle cose di guerra, ma però aveva più volte posto freno
all'eccessivo rigore onde perseguitava la parte avversa; e principalmente
una volta gli aveva fatto seriissimi rimproveri perchè avesse mandato
uomini in traccia di Giroldello, venuto in Lecco a salutare nascostamente
la sorella, e ingiunto a loro che, non potendo vivo, il prendessero morto,
Ramengo cominciò da quel punto a considerare Franciscolo colla stizza
onde un fratello diseredato guarda l'altro dovizioso: a tenerlo per un
impaccio a' suoi progressi; a contrariarlo sott'acqua, aspettando luogo e
tempo di far peggio.
E per contrariarlo richiese la mano della Rosalia a certi lontani parenti,
alla cui custodia era stata commessa: i quali, tra per disgravarsi d'un
peso, tra per la speranza di cessare le persecuzioni contro Giroldello,
assentirono. Conchiuso il sì, Franciscolo sovvenne lautamente a quanto
occorreva pel corredo e per le nozze; dal che Ramengo a crescere i sospetti
e pigliarsene peggior talento: ma godeva di cavarne intanto alcun frutto:
quando l'avesse fatta sua, penserebbe a custodirla.
La Rosalia, come succedeva allora e come succede anche oggi al più delle
fanciulle, ne venne informata ad affare conchiuso, e consentì senza
sapere che si facesse. Non conosceva ella Ramengo, nè questi avea fatto
opera per meritarsene la benevolenza, ma quando si vide a lui congiunta di
un nodo che la morte sola può sciogliere, formò sua delizia di quel
ch'era precetto; e come fa l'amore, vedendo generosità e nobili
sentimenti e beneficenza in quanto aveva fatto e faceva Ramengo, andò
lieta di trovare uno su cui traboccare la piena di un affetto, che non
aveva sin allora avuto sfogo, e lo amò con tutto l'impeto d'una prima
passione.
Amare l'oggetto che si possiede: è pur divina cosa.
Per brutale che uno sia, non è possibile che, nei primi tempi almeno,
non ami la donna sua, quella con cui divide i piaceri, i dolori, le cure
della vita. E Ramengo pose anch'egli amore alla ingenua sua Rosalia, e
gustò le dolcezze del voler bene e dell'essere ben voluto; le quali
avrebbero anche potuto ridurlo a più miti pensieri, persuaderlo a cercar
quello, in cui solo è la felicità di quaggiù, il diffondere il
bene fra coloro che ne circondano, grande o piccolo che sia il circolo
nostro.
Ma da quei momenti di virtuosa concitazione ben tosto ricascava egli nelle
abitudini antiche, spoglie di ogni gentil sentire, e per cui sino i più
soavi affetti prendevano del fiero e dell'atroce. Severo, bisbetico, cane,
poi a sbalzi cortese ed affettuoso, or accarezzava la donna sua, ora ne
conculcava i sentimenti: oggi batteva villanamente chi avesse osato recarle
la più lieve noja od esitato nell'obbedirla: domani le comandava colla
rigidezza che soleva a' suoi soldati, sottraevasi alle dimostrazioni
gentili di lei; teneva insomma i modi più opportuni ad alienarsi un cuor
di donna.
Conosceva egli il suo torto, ma non che emendarsene, ne traeva ragione di
inviperire; non che farle merito della pazienza onde la meschina tollerava,
argomentò che ella se ne vendicasse col tradirlo; argomento vago affatto
ma che pure in lui divenne un bisogno, per trovar nella donna un nuovo
oggetto di livore. Gli antichi dubbj intorno al giovane Pusterla rinacquero
più forti; la pietà di esso parevagli segno di colpa: e poichè il
Pusterla tornava sovente da lei, e seco volentieri passeggiava talora lungo
quelle rive, colla compiacenza di un giovane che trovò un'anima ingenua
ed appassionata; e, qualora di lei parlasse, vi metteva l'ardore che suole
la gioventù, non anco avvezza a fingere, a temere, a dissimulare.
Ramengo ne divenne furiosamente geloso, o, a dir più proprio, ne colse
pretesto di resuscitare la rabbia che i benefizj passati e la presente
soggezione gli avevano messa in cuore contro del Pusterla. Con severi
rabbuffi adunque intimò alla donna come per conto nessuno volesse più
soffrire Franciscolo in sua casa, imponendole al tempo stesso che si
guardasse bene dal dire, nè lasciare intravedere a questo il comando del
marito. Ordine che costrinse Rosalia a quegli obliqui andamenti, cui tanto
spiace alle anime leali il vedersi ridotte dalla prepotenza e dalla
ingiustizia; e non isfuggendo questi all'occhio scrutatore del marito, ne
crescevano i biechi sospetti.
Se non che Franciscolo abbandonò Lecco per correr colle armi dei
Brianzuoli in soccorso dei Visconti, i quali, dall'esercito guelfo crociato
incalzati vivamente, si videro fino assediati in Milano. Breve per altro
durò il buon vento ai Crociati, stantechè il Visconte, chiamate tutte
le forze disperse, non solo liberò Milano, ma a Vaprio diede un tale
tracollo ai nemici, che i Torriani da quell'ora perdettero ogni speranza di
principato, e i loro fautori andarono sbrancati in varie parti.
Ramengo, secondo che la fortuna delle armi gli faceva scorgere nella donna
sua un istrumento opportuno od inutile alle sue aspirazioni, l'aveva o
meglio o peggio trattata, ma quando seppe rovinate le speranze dei
Torriani, usò maniere di tal rigore, con quanti nel territorio si
potevano credere devoti a quella parte, che tutti ne stavano pessimamente.
La Rosalia, che erasi data a credere di poter qualche cosa sull'animo del
marito, osò interporre alcuna parola per mitigarlo almeno al suo
Giroldello, ma egli avea preso tanta insolenza, che più non si poteva
seco: ributtò villanamente la supplicante; poi, come d'un mezzo che
più non tornava ai suoi usi, la tolse a tedio, e di voglia se ne sarebbe
disfatto quando avesse potuto e celarlo agli occhi altrui, e trovare
qualche appiglio onde vincere il residuo di pietà che anche ai più
malvagi fa rincrescere l'immolare alcuno senza ombra di colpa.
CAPITOLO VII.
L'ANNEGATA.
Una mattina, la sentinella avanzata della rôcca di Lecco riferì a
Ramengo come, sul tardo della sera precedente, si fosse avvicinato alla
fortezza, un, non sapeva chi, e aveva vibrato uno strale sul verone dove
stava la Rosalia, la quale avealo raccolto.
Divampò alla notizia Ramengo, persuaso che colui fosse il Pusterla, il
quale continuasse in tal guisa la tresca colla donna sua per fargli scorno.
E gli balenò innanzi l'idea di potere, e disfarsi di lei, e procurare un
dolore atroce alla casa dei Pusterla, con un assassinio giustificato dal
dover suo di custode: sicchè commise alle guardie che, se mai ciò
avvenisse di nuovo, traessero senz'altro sopra lo sconosciuto temerario,
l'uccidessero, e zitti.
La sera, di fatto, ecco di nuovo l'uomo si avvicina alla rocchetta:
Rosalia, che stava affacciata al balcone, non appena lo vede, slancia di
tutta forza verso di lui un sasso; quegli lo raccoglie, ma non appena
prendeva la via del bosco per ritornarsene, un colpo di balestra al capo lo
stende morto stecchito. Gli furono subito addosso le guardie, e trovarono
che non era se non un valletto incognito: nessun segno, nessuna divisa dava
indizio dell'esser suo, ma gli rinvennero il sasso, a cui era legato un
viglietto.
Ramengo, il quale aspettava col feroce dispetto che provano gl'ingannatori
nel vedersi ingannati, quando ricevette la notizia e lo scritto, compose la
bocca ad un riso somigliante al ringhio di un lupo che avvisò la preda;
congedò gli uomini: sciolse il foglio:--non è indicato a chi sia
diretto, ma è la mano di sua moglie, e tra spasmodiche convulsioni, vi
legge queste parole:
/# _Che dolcezze, da gran tempo sconosciute mi fece provar in tua lettera!
Tu vuoi, dunque per amor mio avventurarti a nuovi pericoli? Stringerti
anche una volta al cuore, è consolazione, che appena io osavo sperare.
Ma se egli ti vede, ne va la vita. Però l'altro domani egli uscirà
alla notte a perlustrare i posti sul lago. Appena partito, io esporrò
sul verone, a levante, un pannolino, e tu scendi alla portella di soccorso
che conosci. Quante cose ti dirò! Sai? il mio seno è fecondo. Possa
quel che nascerà somigliare a te! Addio, addio! Come tripudio al solo
pensare che tra poco abbraccerò il mio diletto!_ #/
A gran pena Ramengo durò sino al fine; morsicò il viglietto,
morsicò le proprie mani, e sbuffando, bestemmiando, muggendo come un
toro ferito, correva di su, di giù, dall'occhio mezzo nascosto tra le
ciglia corrugate gettava faville, dalla bocca mandava spuma, colle dita
serrate in pugno percoteva i mobili, le pareti, sè stesso: poi rompeva
in esecrazioni infernali contro la donna sua, contro il drudo di lej.
Tanto è vero che può la gelosia sorgere anche dove tace
l'affetto;--la gelosia, primogenita dell'amor proprio, che non tanto
c'inviperisce per la temuta perdita della persona diletta, quanto per
l'onta di vederci posposti e svergognati.
Più Ramengo non sapeva dubitare che la Rosalia nol tradisse: chi fosse
il complice suo, l'argomentava; i sospetti vaghi erano ormai certezza; non
restava che un partito solo--la vendetta.
Il furor suo l'avrebbe tratto in quel punto medesimo a correre addosso alla
sciagurata.--Scannarla, cavarle il cuore, strapparle dalle viscere il feto
non ben vivo, e stritolarlo sotto ai piedi, erano immaginazioni in cui si
compiaceva--e si mosse per darvi effetto; e già ghermiva la spaventata
Rosalia, quando gli parve che questa punizione non fosse di lunga mano
proporzionata all'enormità dell'oltraggio. Anche il drudo avrebbe voluto
cogliere ad una rete:--Oh allora allora!» E si pentiva d'aver lacerato
il foglio:--Avrei potuto inviarlo, trar lui pure nel laccio... Ma...
inviarlo! a chi? dove? Se non avessero ucciso il vile mezzano, avrei ben
io, a forza di tormenti, straziandolo a membro a membro, avrei ben io
saputo strappargli il nome dell'infame. Ecco che vuol dire precipitar le
vendette! Ma ora, oh l'ho imparato ora: questa sarà lunga, tormentosa...
Tremate, o scellerati!»
Sperò che, quantunque non ricevesse la risposta, potrebbe l'amante
capitare ugualmente: e però l'altro domani, sull'ora bruna, accennò
di doversi partire. La Rosalia lo congedò col solito affetto,
coll'affetto che opponeva ai mali suoi tratti, lo accarrezzò:--Perchè
(gli diceva), perchè sempre così aggrondato? Io ho paura. Ramengo,
sta buono!» e colla delicata destra gli palpava le ispide gote, mentre
coll'altra mano abbracciandolo, stringevasi tutta lusinghiera contro il suo
fianco: e con quella più tenerezza che poteva, alzava gli occhi gonfi di
pianto, verso i torvi e cagneschi di lui.--Sta buono. Mi vuoi bene ancora?
Dimmelo! accarezzami: non sono la tua Rosalia? non porto qui dentro un
nostro figliuolo? via, un bacio innanzi partire...»
Chi colla pietra infernale gli avesse toccato la viva carne, non avrebbe
recato a Ramengo tanto strazio, quanto lei con simili parole.--La bugiarda!
la infame! vuol con carezze ricoprire il tradimento: baciarmi e vendermi.
Ma ti pagherò della moneta stessa: inganni per inganni».
Tentennò, divincolossi, parve voler proferire alcuna parola, ma non si
udì che un rantolo nella gola; tese le mani verso le braccia di lei,
quasi per trarsela al seno; indi, come preso d'insuperabile repugnanza,
coll'atto medesimo la ributtò fieramente da sè, e senza un'occhiata,
senza un motto andossene precipitoso.
Ella sospirò, pianse: erano stranezze pur troppo solite in lui: ma ella
non vi si era mai incallita.
Ramengo salì in barca, allargossi, poi presa di nuovo la spiaggia e
tornato, si appiattò dietro una macchia donde potesse, non visto, vedere
la rôcca: ed ecco fra non molto, sciorinarsi il pannolino sul concertato
balcone. Al primo vederlo si rinnovarono, addoppiaronsi le furie di lui: il
cuore gonfiato non pareva gli potesse più reggere in petto: gettavasi
sul terreno, svelleva brancate di erba e le addentava, alzavasi, traeva la
sciabola, percoteva nelle piante, nei sassi, schiantava i rami, gli
arbusti, bestemmiava Dio, gli uomini, il cielo. La notte si offuscò;
egli, accostatosi di più, si appoggiò fra due piante vicine, e tra
quelle protese la faccia, come la jena quando aspetti al varco la gazzella:
fissato alternatamente al viottolo, alla porticina, al verone.
Ed ecco su questo apparire Rosalia, in una candida vesticciuola lina, e
mostrare di spingere lo sguardo via via per la pendice, come all'incerto
lume cercasse discernere un aspettato. Delusa, rientrava; usciva ancora:
sedevasi appoggiando il gomito sui balaustri del verone, e chinando la
bella faccia nella mano, in una ansiosa ma soave aspettazione. Qualche
volta alzando gli occhi alle stelle, sospirava: qualche altra li teneva per
alcun tempo coperti, poi più fisi gl'intendeva, se mai in quel mezzo
fosse comparso l'atteso: anche qualche canzone intonava, d'aria placida e
malinconica, che lene lene si perdeva tra i patetici silenzj della notte, e
si mescolava al fiottare lontano dell'onda, che frangeva al primo margine
del lago sottoposto.
Ma l'aspettazione della Rosalia e di Ramengo restò delusa. Non per
questo egli si stancò; ma e la seconda e la terza sera rimase alla
vedetta, e fin alla sesta soffrì quell'orribile tortura, sempre
lusingandosi di veder giungere il rivale, sempre colla rabbia in cuore,
coll'assassinio in mente: ma sempre invano. Ebbe tempo fra ciò di
stillarsi la sua libidine di vendetta: e fra le atroci veglie di quelle
notti, l'andò ruminando, pungendosela alla fantasia, raffinandola quanto
fosse mestieri per satollare quell'anima sua, ingorda di strazio e di
sangue. Il figlio che essa maturava nelle viscere doveva possedere la vita
per poterla perdere: lasciarlo nascere, metter lui pure a parte del
castigo, esacerbare le pene della madre, a cui dovessero giungere tanto
più micidiali, quanto meno aspettate.
Dissimulando pertanto, continuò verso la Rosalia col tenore di prima,
crescendo anzi di cortesie come chi medita un tradimento: se non che fra le
carezze, l'occhio suo fissavasi talvolta sopra di essa con un baleno
così sinistro, così cristallino, ch'ella, gettandogli le braccia al
collo gli domandava:--Cos'hai, Ramengo? tu mi guati così!»
Non rispondeva egli; ai baci di lei sentivasi correre dalle chiome ai piedi
un fuoco d'inferno: le dita sue irrigidite e convulse stringevano
involontariamente il pugnale, era duopo che la respingesse da sè, ed
uscisse all'aria aperta a sfogare l'indocile rabbia. Comprendeva la Rosalia
che una grave tempesta versava l'animo di lui: soffriva, taceva, non gli
scemava l'amore: consolavasi negli arcani godimenti della donna che sente
in sè stessa un altro essere, unito e pur diverso, vivente della
medesima vita, scosso da movimenti comuni, amato come sè e vagheggiato
come un altro: e tripudiava nel vedere avvicinarsi il tempo di metter alla
luce un bambino, pegno dell'amor loro, che l'amor loro crescerebbe colle
cure prodigategli d'accordo, coi vezzi infantili, colle speranze che
danzano intorno alla culla del primo figliuolo.
Maturato il tempo, ella espose un maschio: ed appena nel bacio primo ebbe
dimenticato il sofferto travaglio,--Recatelo (disse) a suo padre».
Gli recarono di fatto quella creaturina così gracile, che, sotto le
prime impressioni dell'aria e degli oggetti esterni, vagiva e agitava le
membra inferme: spettacolo d'affetto per tutti, d'ineffabile esultanza per
chi è padre. Ma l'occhio di Ramengo si fe' più feroce che mai;
digrignò i denti: un riso sinistro gli raggrinzò le labbra: tolse il
fanciullo sopra un braccio; coll'altra mano afferrò il pugnale, e trasse
al neonato.
La bambinaja fu abbastanza lesta per sottrarlo a quel colpo, diretto al
seno: ma non così affatto, che non gli recidesse, povera creaturina!
l'indice della mano sinistra. Alla vista del sangue che ne sprizzava, agli
strilli spasmodici del fantolino, il violento gettò lo stile, e
maledicendo e bestemmiando fuggì.
Che cuore l'amorosa Rosalia all'udir questo fatto! Affievolita dal
travaglio del parto, in quello stato in cui ogni commozione può divenire
micidiale, fu per soccombere. Però la ferita si trovò di facile
medicazione; donne venali prodigarono a lei quell'assistenza che le negava
il marito: questo ridivenne mansueto e pentito. Non del pentimento però
che avvia all'emenda: ma s'indispettiva seco medesimo d'essersi dall'ira
lasciato trasportare a tradir il secreto, che del suo scorno come della
vendetta volea fare con tutti, se fosse possibile fino coll'aria: onde
accagionando di quell'escandescenza certe sue cure penose, la fantasia
turbata da molesti pensieri fino il desiderio di cimentare l'amore di lei
colla pazienza e la costanza, si mostrò mitigato, venne al letto della
moglie, le parlò cortesemente.
Questa fu la medicina migliore, il miglior ristoro alla travagliata. Stese
la pallida mano tremante allo sposo, che gliela strinse nella sua: gli
mostrò il bambino che teneva al petto; e--Vedi (gli diceva) vedi
com'è bello! come poppa soavemente! È tuo figlio: è figlio nostro.
Di', non gli farai paura più? gli vorrai tu bene? Che viso d'alabastro!
come spira amore! Guarda: egli apre gli occhi.--Cari quegli occhietti! son
tutti gli occhi tuoi. Come ti somiglia! Prendi: levalo fra le braccia:
dagli un bacio»; e glielo sporgeva.
Ramengo, comunque fiottasse dentro, lo prese, il guardò fiso fiso, gli
accostò le labbra alla faccia, e lo baciò o ne fece le mostre. Ma una
furia di baci gli prodigava la madre, che in estasi d'amore, di
contentezza, sentendo tutta la beatitudine d'essere moglie e madre, amata e
amante, non poteva saziarsi d'osservarlo, di carezzarlo; lo fasciava, lo
snudava, l'adornava, l'atteggiava; traboccando sopra di esso quell'eccesso
d'affetto, che non le era dato versare sul marito.
Ma pel marito quella scena era una prolungata tortura: non vedeva nel
bambino che un frutto del delitto: non vedeva in lei che una infedele: e
più gli appariva tenera ed amorosa, più la esecrava come scaltrita
ingannatrice.--Tante carezze, per qual altro fine che per ingannarmi? È
sì affettuosa a quel fanciullo: qual meraviglia? Lo concepì dagli
infami suoi amori». E guardandolo, nol trovava per nulla somigliante a
sè: quegli occhi semichiusi, quel malatticcio pallore, quella cascante
gentilezza d'un neonato, punto non gli pareano ritrarre de' suoi robusti
lineamenti, del fuoco del suo sguardo.--No, no: non è mio figlio.
L'iniquo Pusterla m'ha oltraggiato. Mal per lui, giuro a Dio! Per ora
muojano madre e figlio, verrà l'ora, oh verrà anche per lui».
Così diceva tra il suo cuore; ma lo dissimulava, e in atti mostravasi
calmo colla moglie, le dava del buono per la pace, tanto che la Rosalia ne
rimase confortata, perdonò facilmente--e che non perdona l'amore? e come
non è ingegnoso a trovare scuse alla persona diletta?--Egli lo ama
certo: oh come non amare quest'angelo? l'ha baciato: e ogni giorno più
lo amerà. E quando col primo riso lo saluterà? e quando articolerà
una parola? E la prima che l'insegnerò sarà _babbo_. Appena potrà
mutare i passi, caro fanciullino! correrà da me a lui bamboleggiando,
gli si avvinghierà alle ginocchia, e gongolando gli ripeterà,
_babbo_. Esso dimentica per lui le cure, la guerra, le armi: umano si
curva, il toglie fra le braccia, lo paleggia, se lo leva sulle spalle, sul
capo, lo bacia e ribacia, poi viene a deporlo sul mio grembo. Crescerà
poi; verrà grande, bello, robusto come lui: tutti lo guarderanno; e gli
stranieri e le donne chiederanno; chi è quel pezzo di giovane? Ed io e
Ramengo ne esulteremo, e vedremo in lui il conforto dei nostri vecchi
giorni.
Questi sogni passavano per la mente della malata, intanto che porgeva
medicamenti e latte al fantolino; e da questi ricreata, a poco andare
tornava in vigore, lasciava il letto, ricompariva per la casa. Poichè
Ramengo le si offriva mansuefatto e gentile, la Rosalia, non che sgombrare
ogni corruccio, fin la memoria depose del maggior torto che ad una madre
possa recarsi, un insulto al suo bambino, e tornò tranquilla come prima,
e festiva nelle nuove cure, nel nuovo affetto.
Poco tempo dopo ch'ella fu risanata,--era sull'imbrunire d'un giorno di
maggio, bel tempo, quieto; il primo calore rendeva grazioso il soffiare
dell'aria vespertina, e Ramengo disse alla moglie:--Vedi bella sera. Che
non usciamo noi a far due passi? te ne dovresti trovar meglio».
--Volentieri», esclamò in tripudio la Rosalia, di nulla più
desiderosa che di cogliere ogni prova d'affezione venutale da lui, per
volergliene sempre più bene.
--E il bambino? (soggiungeva) Lo coricherò, è vero? Attendi tanto
ch'io l'abbia addormentato.
--Perchè nol recheremo anch'esso? (rispose Ramengo) O forse ti da noja
il portarlo?
--No! (esclamava ella affettuosa) «Oh non sai come ad una madre sia
gradito peso il proprio figliuolo? Non l'ho portato io tanto tempo qui?»
Così dicendo, l'avviluppava in un pannolino, e di costa al marito, si
avviava. Uscirono dalla rôcca, e presa la china, vennero verso il lago.
Era la prima volta che, dopo la sua malattia, essa rivedeva il cielo aperto
e sereno, il lago, i monti; tutta ne tripudiava, e come a chi esce da
prigione, il petto parea dilatarsele nel respirare quelle arie così
soavi, così vitali. Scesi laddove il lago slanciava quietamente le
ondate sovra le arene del margine, quietamente, benchè lo squagliarsi
delle nevi montane e la stagione oltre l'usato dritta alle pioggie,
l'avessero straordinariamente gonfiato, là sovra un muricciuolo
sedettero, contemplando quella pianura ondosa, che neppure da una barca era
solcata, perchè i sospetti guerreschi le avevano fatte colar tutte al
fondo. La Rosalia ora guardavasi alle spalle il Resegone, dalle cui cime
merlate il sole ritraeva gli ultimi raggi; ora dinanzi, il varco della
Valmadrera in cui la luce tramontando parea ricoverarsi, come il sangue al
cuore d'un moribondo; e accarezzava il lattante suo, lo vezzeggiava, e
parlandogli come se veramente egli potesse intenderla e risponderle,
diceva:--Apri gli occhi, amor mio: aprili, guarda questo bellissimo
spettacolo. Vedi là i monti? Un giorno li conoscerai ben tu. Sulle loro
coste, fin sulla vetta inseguirai i cavriuoli, lesto tu pure come un
cavriuolo, godendo l'aria pura, i lieti soli, la libertà. E quando sarai
di qui lontano, salirai su qualche poggio, su qualche torre, per discernere
ancora quelle creste: piene delle memorie di tua fanciullezza. E questo
lago? Mira: c'è dentro un altro bambino, bello come te. Ma un giorno tu
v'andrai per entro davvero a nuoto, lo solcherai in barca.
--E perchè (l'interruppe Ramengo), perchè non andiamo un tratto noi
pure in barca?
--Sibbene! (ella esclamò): purchè a te non ne incresca la fatica.
--Oh al contrario; è uno spasso, un esercizio.»
E in due salti fu al molo, ove sotto chiave si custodivano due navetti per
servigio del cartello, gli unici lasciati in tutta la riviera; e dati i
remi all'acqua, vi raccolse la Rosalia, che sedette sulla prora col
fanciullo, mentre Ramengo battea la voga. Scesero così giù giù per
la riva, su cui oggi va crescendo la città di Lecco: passarono sotto al
ponte, pochi anni prima gettato dal signor Azone, e seguitando fra Pescate
e Pescarenico, vennero dove l'acqua dilatavasi in ampio bacino. Intanto era
sparito affatto il giorno; le cime circostanti spiccavano nette e brune
dall'azzurro fosco d'un cielo senza nubi: e i naviganti, essendo nel mezzo,
appena distinguevano la riva: ma dalle finestre delle scarse casipole
vedevano esalare il fumo del fuoco a cui la povera gente coceva quel poco
di cena che l'interrotta pesca permetteva. Tutto era pace intorno e dentro
alla Rosalia, che inondata di soave giocondità, posava la bocca sulla
madida fronte del dormente bambino; allorchè d'improvviso Ramengo
batté fieramente del piede sul fondo del navetto, sicchè tutto lo
squassò, e fece trabalzar la madre e destare in sussulto il
fanciulletto. Indi urlò:--Traditrice infame! hai creduto celarmi le
sozze tue tresche. T'ingannasti. So tutto: e l'ora del castigo è
battuta. Scellerata, muori».
Sbigottita: cogli occhi, la bocca spalancati; pallido il viso; con una mano
serrandosi al seno il pargoletto, protendendo l'altra colle dita irrigidite
in atto istintivo di difesa, voleva la meschina rispondere, domandare,
pregare: ma non gliene lasciò tempo l'infellonito, il quale slanciati
nell'acqua i remi, si avventò egli pure nel lago. La Rosalia mise uno
strido, in cui sonava l'accento della disperazione; coperse gli occhi,
allorchè lo vide gettarsi dalla barca; scoprendoli poi, al fioco barlume
del crepuscolo potè vedere come, nuotando, egli guadagnasse la riva.
Cessato allora lo spavento pei giorni del marito, rimase dapprima attonita
e tolta di sè, dubbia se fosse un sogno; poi quando cominciò a
rinvenire, volse il pensiero sopra sè stessa, e sopra la sua situazione.
Sola, in mezzo d'un gonfio lago, in piccola barca, senza remi per aiutarsi,
sola con un bambino, la cui vita le era più cara della sua propria!
Ruppe alla prima in un pianto angoscioso, e le lacrime piovevano sulla
faccia dell'ignaro lattante. Ma tantosto la scosse dal doloroso letargo il
sentirsi bagnare le piante. Quel vendicativo avea strappato il capecchio
ond'ora calafatato il legno, sicchè l'acqua vi trapelava lenta lenta per
le commessure. Stette la tapina coll'occhio incantato sul fondo della
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Çirattagı - Margherita Pusterla: Racconto storico - 10
- Büleklär
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 01Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4366Unikal süzlärneñ gomumi sanı 201835.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 02Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4394Unikal süzlärneñ gomumi sanı 196435.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 03Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4461Unikal süzlärneñ gomumi sanı 183233.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 04Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4448Unikal süzlärneñ gomumi sanı 205032.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 05Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4478Unikal süzlärneñ gomumi sanı 194036.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 06Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4403Unikal süzlärneñ gomumi sanı 195336.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 07Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4490Unikal süzlärneñ gomumi sanı 192936.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 08Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4559Unikal süzlärneñ gomumi sanı 196035.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 09Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4486Unikal süzlärneñ gomumi sanı 192633.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 10Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4536Unikal süzlärneñ gomumi sanı 187730.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.42.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 11Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4473Unikal süzlärneñ gomumi sanı 198934.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 12Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4462Unikal süzlärneñ gomumi sanı 196632.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 13Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4446Unikal süzlärneñ gomumi sanı 185934.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 14Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4449Unikal süzlärneñ gomumi sanı 187935.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 15Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4492Unikal süzlärneñ gomumi sanı 188435.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 16Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4451Unikal süzlärneñ gomumi sanı 191632.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.45.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 17Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4401Unikal süzlärneñ gomumi sanı 194533.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 18Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4543Unikal süzlärneñ gomumi sanı 187236.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 19Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4523Unikal süzlärneñ gomumi sanı 196435.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 20Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4452Unikal süzlärneñ gomumi sanı 202531.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 21Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4502Unikal süzlärneñ gomumi sanı 196137.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 22Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4433Unikal süzlärneñ gomumi sanı 193536.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 23Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4419Unikal süzlärneñ gomumi sanı 195335.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 24Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4571Unikal süzlärneñ gomumi sanı 188434.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 25Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4421Unikal süzlärneñ gomumi sanı 196333.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 26Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4490Unikal süzlärneñ gomumi sanı 190633.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 27Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4484Unikal süzlärneñ gomumi sanı 195532.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.45.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 28Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4475Unikal süzlärneñ gomumi sanı 183835.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 29Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4445Unikal süzlärneñ gomumi sanı 189333.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 30Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4450Unikal süzlärneñ gomumi sanı 193033.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 31Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4463Unikal süzlärneñ gomumi sanı 180832.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 32Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4232Unikal süzlärneñ gomumi sanı 207730.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.43.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Margherita Pusterla: Racconto storico - 33Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 320Unikal süzlärneñ gomumi sanı 24652.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.68.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.