Margherita Pusterla: Racconto storico - 06

Süzlärneñ gomumi sanı 4403
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1953
36.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
51.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
59.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
hanno per nulla tutto il resto del mondo, scarsissimi s'incontrano nelle
odierne società, il cui attrito, come fa coi ciottoli il torrente,
leviga e pareggia tutte le disuguaglianze della superficie. È un bene?
è un male? Chiedete se è bene o male la polvere di cannone, la quale,
ove saviamente si diriga, serve di potenza e di difesa; sregolata, diviene
micidiale.
Se a questo fare di violenza, mai non iscompagnata da generosità,
accoppiate la freschezza dei diciassette anni, una schiettezza ardita,
eppure educata alquanto dal conversare coi signori, una melanconia su tutti
i suoi sentimenti diffusa dall'ignorare i parenti suoi, comprenderete come
dovesse venir caro ai Milanesi, gente per natura d'ottimo sangue; nè
dico solo agli umili, ma a quelli ancora di alto grado. La stessa
incertezza dei natali, che il mondo, per una delle mille sue ingiustizie,
suole ascrivere a colpa, o almeno guardare colla superba compassione che
tanto si avvicina all'insulto, non che nuocere ad Alpinòlo, il rendeva
anzi più interessante a chi lo conoscesse, per la smania perpetua
ch'esso mostrava di trovare, di ricuperar suo padre, di togliersi dal volto
questa, ch'egli chiamava infamia, del non avere genitori. Se volta avveniva
che udisse narrare le angustie di qualche malarrivato,--Ma egli almeno ha
padre o madre», esclamava. Qualora mirasse un fanciulletto a mano o fra
le braccia dei genitori, struggevasi di pietà, di desiderio. Quante
fiate la Margherita il sorprese, che contemplando il suo Venturino e
blandendolo con melanconiche carezze, frenava le lagrime a stento!
Come la Margherita fosse opportuna a ispirar amore in chiunque le si
accostasse, già deve il lettore averlo compreso: e deve il lettore, per
poca esperienza che abbia del mondo, avere osservato come coloro che poco
hanno a lodarsi degli uomini, si volgano con entusiasmo di devozione alle
donne, in cui trovano la compassione, il disinteresse, l'affettuosità,
per così dire, che negli uomini rimangono o spente o soffocate dai
calcoli dell'amor proprio e dal tumulto delle faccende.
Perciò sopra la Margherita aveva Alpinòlo concentrato tutto l'affetto
che dapprima portava ad Uberto e ad Ottorino estinti, e ad altri due
fratelli di essa che allora combattevano in Palestina; non affetto qual
suole intendersi da uomo a donna; una specie di culto, tale da distruggere
tutti i computi della vanità, tutte le speranze della passione: e
considerandola come un punto lucente fra l'universale tenebria della
società, non avrebbe tampoco saputo pensarla capace d'azione men che
generosa e santa.
Se alcuno mai non ha versato lacrime sul seno di donna rispettata, se mai
non ha all'occhio di lei rivelato un cuore ferito e contristato, non
indovinerà quali momenti doveano esser quelli, in cui Alpinòlo,
sedendo vicino alla signora sua, coll'affetto di un fratello, colla
riverenza di un vassallo, le apriva le proprie ambasce. Su queste gli
uomini avrebbero sorriso sdegnosamente siccome di una debolezza, di una
fanciullaggine, di una esagerazione di sentimento: ma in lei trovavano un
eco, una simpatia, ed alcune di quelle parole che bastano a tornare per un
pezzo il sereno a chi più era da nubi ottenebrato.
Nell'anno precedente a quello in cui siamo col nostro racconto, i Visconti
erano stati ad un pelo di perdere il dominio. Lodrisio Visconti, nipote di
Matteo Magno, corrucciato di vedersi escluso dalla signoria, tentò fare
novità, fidando sui molti scontenti, sulle promesse di qualche vicino,
sul proprio ardire e sulla fortuna, e mosse contro Azone una banda di
mercenarj. Questa banda, composta di Tedeschi e guidata dal capitano
Malerba, fu chiamata la _Compagnia di San Giorgio_, ed è la prima delle
molte che poi resero il valore un mestiere, e che, terribili non meno agli
amici che ai nemici, tempestarono per due secoli la già abbastanza
afflitta patria nostra.
Contro l'istante pericolo presero le armi tutti i Milanesi, i quali, se non
trovavano gran fatto a lodarsi dei presenti dominatori, avevano però
abbastanza lume d'intelletto per non credere alle promesse di libertà,
che Lodrisio voleva effettuare colla violenza; nè sperare che un branco
di masnadieri comprati venisse a raddrizzare i torti e rinsanichire la
giustizia in un paese straniero. Non avendo però saputo impedire che
Lodrisio passasse l'Adda a Rivolta, giungesse fin nel contado del Seprio,
al cui dominio pretendeva, e si accampasse a Legnano, i Milanesi mossero ad
incontrarlo colà con tremilacinquecento cavalli, duemila balestrieri,
quattordicimila fanti, ragguardevole esercito per sì piccolo Stato. Lo
comandava Luchino, non ancora principe, il quale dispose l'avanguardia a
Parabiago, a Nerviano il centro, la retroguardia a Rho; ma sorpreso di gran
mattino il 21 febbrajo (era domenica, e nevicava a fiocchi) ebbe un tale
tracollo, che rimase egli medesimo prigioniero, e fu legato ad un albero
finchè la giornata fosse decisa.
Lo vide in quest'arduo Alpinòlo, che dietro a Francesco Pusterla
combatteva: e tosto recatone avviso ai cavalieri più fidi d'arme, con
essi rinfrescò la battaglia; e raddoppiando gli sforzi, giunsero a
ricoverare il capitano. Se non fosse stile della storia il non riferire mai
che a persone illustri il merito delle illustri azioni, avrebbe essa
confessato che la principale parte in quel fatto l'ebbe Alpinòlo, il
quale, facendo meraviglie della sua persona, arrivò primo sino al
Visconti, e tagliatone i lacci, rimessolo a cavallo, e cacciatagli in mano
una mazza ferrata, tornò con esso a mostrare il volto ai nemici; i
quali, al fine d'una giornata in cui cinque volte si rintegrò la
battaglia, andarono in piena rotta, lasciando prigioniero lo stesso
Lodrisio, che stentò degli anni assai in un carcere a San Colombano.
È questa la battaglia di Parabiago, tanto celebrata fra i Milanesi, in
cui si narrò che sant'Ambrogio comparisse nell'aria con un poderoso
staffile, percotendo quei mercenarj[7]; e in memoria della quale si
fabbricò un insigne tempio sul luogo dove Luchino fu liberato, con
ordine che ogni anno, nel dì stesso, considerato come festivo, i dodici
signori della Provvisione vi tornassero in grande solennità a far
un'offerta in comune, per assistere ad una messa speciale, nel cui prefazio
si scagliavano imprecazioni contro quelle masnade: rito che seguitò fin
quando san Carlo Borromeo lo restrinse a una visita alla basilica
ambrosiana in città.
Per allora grandi feste, grandi falò si fecero in Milano, e Azone con
pomposo corteggio recatosi a Parabiago, vestì cavalieri quelli che
più si fossero nella battaglia segnalati. Un araldo d'arme chiamava un
dopo uno i prodi, coi nomi e i titoli della famiglia e dei genitori: e non
trovandosi macchie, gli diceva:--Vieni, e t'accosta a ricevere il cingolo
militare, di cui la patria e gli altri cavalieri ti credono meritevole».
In questa guisa furono da esso araldo nominati ed esaminati Ambrogio
Cotica, Protaso Caimi, Giovanni Scaccabarozzo milanesi, Lucio Vestarini
lodigiano, Inviziato di Alessandria, Lanzarotto Anguissola e Dondazio
Malvicino della Fontana piacentini, Rainaldo degli Alessandri mantovano,
Giovannolo da Monza, Sfolcada Melik tedesco: i quali un dietro all'altro si
presentavano ad Azone, che ricevendone il ligio omaggio, dava ad essi una
leggiera gotata, presentava la spada, e ne circondava i lombi colla cintura
cavalieresca; mentre due altri cavalieri allacciavano ai loro talloni gli
sproni d'oro. Fu poi chiamato Giovanni del Fiesco genovese, fratello della
signora Isabella moglie di Luchino, ma gli onori non poterono esser renduti
che al suo cadavere, là recato sopra ricca bara, accinto di tutte le
armi come quando, ai fianchi del cognato combattendo, era rimasto ucciso.
Ultimo si proclamò il nome di Alpinolo, ma quando fu chiesto chi fosse
il padre suo e quale la schiatta, nessuno potè renderne conto; egli
stesso ammutolì confuso, come al rimembrare d'una vergogna; e non
potendo provare di non uscire di stirpe non infamata, non venne ammesso
all'onore dei prodi. Se la cosa il pungesse nell'anima, consideratelo. Solo
la tirannia più sozza e sconsigliata parevagli che potesse badare alla
razza, anzichè alla personale virtù: paragonava sè a questo, a
quello, singolarmente al Melik, tedesco prezzolato, e da quell'ora si fece
più astioso contro i Visconti, più sempre smaniato di conoscer suo
padre; e somigliante a certe vergini involontarie dopo una serie di
desiderj delusi, era divenuto irritabile, stizzito colla società, a dir
suo, così mal regolata: e sempre più entusiasta per coloro che vi
formavano eccezione, sempre più bisognoso di nuovi sogni, di pericoli,
di prove rinascenti.
I Milanesi davanti a quasi tutte le case nobili costumavano un porticale,
dove poter accogliersi ad asolare, a discorrerla cogli amici, a carattarsi
l'un l'altro, così portando la vita pubblica e comune d'allora, come il
rinchiudersi e isolarsi è portato in altri tempi dal non vivere ciascuno
che per sè, dal non far più che sè stesso centro e periferia di
ogni azione. Di sessanta che erano questi luoghi di ritrovo, che chiamavano
_Coperti_, ora appena sussiste quello dei Figini, fabbricato poco dopo in
piazza del Duomo[8].
Appunto sotto uno di questi Alpinolo, in sul mangiare, barattava parole,
col fuoco che egli in ogni cosa poneva, allorchè se gli avvicinò un
tal Menclozzo Basabelletta, umore satirico, beffardo, e caldo popolano,
come quei tanti in cui lo sprezzo tiene luogo di libertà. Non so se per
amore di bene, o per dispettosa invidia, o per piaggiare la plebe, che
anch'essa ha i suoi adulatori, si faceva indagatore maligno, e sarcastico
detrattore dei nobili, dei ricchi, dei magistrati.
Salutato egli il giovane, e battendogli sulla spalla,--Oh! (gli disse)
quella cima di tutte le donne, quella coppa d'oro di cui non rifini di
contar miracoli, scusa assai bene la lontananza del marito col ricevere il
magnifico signor Luchino. L'ho visto io più volte uscire verso la villa
di lei».
Chi avesse veduto Alpinolo inalberarsi nell'udire trassinato fra un pieno
circolo quel nome a lui sacrosanto, l'avrebbe assomigliato a un basilisco
che s'avventa a chi gli trasse la pietra. Rosso come i bargigli d'un
tacchino, divampante negli occhi.--Menti per la gola, sparlatore
villano!» urlò con irte le chiome; e cacciando a mano la sciabola,
saltò senz'altro alla vita del petulante. I circostanti accorsi
aiutarono questo a sottrarsi; poi con parole, e più a forza di braccia
ritenendo Alpinolo, poterono alfine quietarlo. Pure, giurando a gran voce
vendetta, ripetendolo bugiardo, stringendo le dita in pugno, pestando de'
piedi, digrignando i denti, corse in furia a casa i Pusterla, e senza
proferire parola, che tra quell'ira non avrebbe potuto articolarne alcuna,
si difilò alle scuderie, e gettata la briglia al primo cavallo che gli
venne sotto la mano, vi saltò su di netto e via a spron battuto.
--Salva! salva!» esclamavano le madri nel vederlo venire di carriera, e
si affaccendavano a levare di mezzo alla strada i bambini trescanti. Egli
via, prestamente ebbe guadagnata la porta Comasina, situata poco oltre il
ponte Vetere: e uscitone per la strada allora angusta e bistorta, percoteva
in fuga il corridore, quando, non essendo molto lontano da Boisio, conobbe
di lontano la compagnia di Luchino, che tornava di Mombello.
Augurossi di non avere occhi, tanto gli trafiggeva il cuore quel trovar
vero ciò ch'egli aveva al Menclozzo con tanta sicurezza disdetto. Più
che mai fuori di sè, figgendo gli sproni nella pancia al cavallo, il
precipitò di foga traverso ai frumenti spigati, evitando la brigata
abborrita. Allora fu che lo notò Grillincervello, ma non potè
intendere le imprecazioni, che non solo col pensiero, ma colla voce, ossia
con un rantolo, con un gorgolìo inarticolato, slanciava contro di loro
Alpinolo.
Siffatto, per viette non usate egli giunse a Mombello: in mezzo al cortile
balzò dal cavallo, e senza por mente a questo, così come era
polveroso e affiatato si presentò alla Margherita. Era la prima volta
ch'e' si permettesse con lei simile eccesso di famigliarità: ma era
anche la prima volta che per lei concepisse altro sentimento che di
venerazione. Non appena però si vide incontro il soave e sicuro aspetto
di quella bellissima, ancora un non so che turbato dalla visita ricevuta, a
guisa d'un bel cielo sul cui zaffiro la passata bufera lasciò tuttavia
qualche nuvoletta, ogni sdegno fu quieto in Alpinolo, ogni sospetto
dileguato: e come era stato subito a supporre il male, altrettanto subito
rimproverava sè stesso acerbamente d'aver potuto un istante dubitare di
quell'angelo. Chinò dunque gli occhi, quasi indegno si credesse di
fissarla; ma pure non potè lasciare di dirle:--Anche qua Luchino?»
La Margherita, colla dignità della virtù a cui non giungono
gl'insulti direttile, alzò il capo, e in tono di dolce rimprovero
esclamò:--Alpinolo! questa parola avrebbe potuto venire da tutt'altri:
ma da voi non l'avrei mai temuta».
Ruppe in singhiozzi Alpinolo, e le si gettò ai piedi chiedendole
perdono: narrò il sospetto, intese la spiegazione: e il conchiuso dei
loro discorsi fu ch'egli subitamente istruisse d'ogni cosa frà
Buonvicino. Non era scorso il domani, che Buonvicino era venuto alla
Margherita, e persuasala a pigliare i passi innanzi, e ridarsi senza indugi
alla città, come ella fece, tenendovisi ignorata nel chiuso palazzo
finchè ritornasse il marito.
Luchino pochi giorni tardò a rivenire all'assalto, pieno di una
contumace fidanza. Accostandosi a Mombello, trova un silenzio perfetto: le
finestre chiuse: nessuna bandiera sulle torrette. Luchino comincia a
sbuffare dal dispetto, Grillincervello dalle risa: questo lancia il suo
somaro, e poco poi torna indietro riferendo:--L'uscio è imprunato,
domine, c'è la faccia di legno.» Sviano dunque, e venuti alla corte
rustica domandano al gastaldo che n'è della signora del luogo.
--È partita.
--Quando?
--Jer da sera, eccellentissimo.
--Per dove?
--I fatti dei padroni io non li cerco, io.
--Ma non aveva ella disposto per rimaner qua dei giorni molti?
--Anzi dei mesi, eccellentissimo.
--Onde dunque l'improvvisa risoluzione?
--I fatti dei padroni io non li cerco, io. Mio dovere è obbedire,
eccellentissimo».
Troppo rincresceva a Luchino che altri dovesse accorgersi d'un torto
fattogli, d'un mancatogli riguardo; sicchè mostrò di pigliare la cosa
in riso; e prese a celiarne egli stesso, a lasciar quasi intendere che
ciò fosse un accordo, un'intelligenza. Ma questa necessità del
fingere ne aizzava tanto più lo sdegno, e pieno di maltalento, giurava
pigliar vendetta di quello che chiamava oltraggio. Legna al fuoco
aggiungevano quinci i lazzi del bigherajo che non si rassegnava a comparire
ingannato, quindi il vile cortigiano Ramengo, che, per sue ragioni malvolto
verso la Pusterla, sapeva con arte fina esacerbare contro di lei il
principe, sperando addensare un turbine sul capo della innocente.
Nè la speranza scellerata gli fallì. Da quel punto l'amore, dirò
meglio, il voluttuoso capriccio di Luchino, attraversato, si converse in
fiera collera: e con profonda atrocità si propose, così in generale,
di perdere quella infelice. Occasioni di nuocere a un nemico non vengono
scarse al potente, e pur troppo gliene offrono talora le stesse vittime
designate, talora gli amici di quelle. Fu il caso.
Alpinolo, coll'impeto sconsigliato a lui naturale non si limitò ad
adempiere la commissione di Margherita: la quale anzi gli aveva ingiunto di
risparmiare a suo marito la cognizione d'un oltraggio, per resistere al
quale ella sentiva abbastanza forte sè stessa, non abbastanza forte lo
sposo per accoglierlo come uom deve, o per legittimamente punirlo. Ma se a
lei la prudenza insegnava a rivelare il men che si può de' guai
irremediabili, Alpinolo era invece persuaso che il mostrare le piaghe
equivalga a rimediarvi. Non appena dunque ebbe inviato frà Buonvicino
alla signora, senza farne motto ad alcuno tornò fuori di città, e
tirò per la più breve a Verona.
Senza dar riposo mai al suo corpo, senza distinguere il fitto meriggio
dalla notte più fonda, stancando la cavalcatura, non l'indomito suo
corpo, scorreva paesi e paesi, ma ancora più a furia trasvolava il
pensiero, in un delirio di fantasie, vie più incitato dalle memorie dei
luoghi per cui traversava.
In Crescenzago era morto Matteo Visconti:--Anch'essi questi grandi, questi
prepotenti finiscono come l'ultimo della plebe. Oh se anche adesso il papa
volesse parlar alto, e quando uno si fa tiranno, negargli le consolazioni
della religione, la comunione coi fratelli!» A Gorgonzola il re Enzo era
caduto prigione dei prodi Lombardi:--Ora vanno essi a prigione dei
principi». Al ponte di Cassano i Milanesi avevano respinto Federico
Barbarossa; una lega benedetta dalla croce, v'avea fiaccato l'orgoglio di
Ezelino...; Treviglio stava libero ancora;--Possa conservarsi!»
Così al forte di Caravaggio, così a quelli di Mozzanica e d'Antignate
erano accoppiate ricordanze, vive perchè recenti, perchè ripetute dai
padri ai figliuoli.
Scorrendo il territorio bergamasco, Alpinolo si ricordava di quando
v'accorreano d'ogni parte gl'inviati della città, per giurare a Pontida
la reciproca difesa. Brescia gli tornava a mente i figliuoli, attaccati dal
Barbarossa innanzi alle macchine murali, e nullostante percossi dai
genitori, affinchè la pietà paterna non guastasse la patria
libertà. Il lago di Garda, le rôcche di Lonato, del Sirmione, di
Peschiera, di Castelnuovo per cui passò, le tante altre onde vedeva irte
le alture, gl'inspiravano un fiero coraggio, un orgoglioso dispetto,
paragonando il passato col presente; vedendo tutto oro in quello, in questo
tutto fango e sozzura.
Alle mura dei borghi e delle città, ai palazzi del Comune, ai tempj, ai
canali che crearono la fertilità d'intere provincie, egli
domandava:--Chi vi ha compiti?» e tutti pareangli rendere una sola
risposta:--La libertà. Ma ora (soggiungeva nella infervorata fantasia)
perchè non altrettanto? perchè le braccia non basterebbero ad
abbattere questi tirannetti che minacciano tremando? e render alla patria
le franchigie e il primitivo splendore?.... Perchè siamo divisi».
Al mezzo del seguente giorno pervenne a Verona, dove, per usar una frase
diplomatica, regnava l'ordine sotto la tirannia dei signori della Scala.
Capo della fazione guelfa in Italia era di quei tempi Roberto re di Napoli,
della ghibellina gli Scaligeri e i Visconti. I Guelfi (e chi nol sa?)
teneano col papa, i Ghibellini coll'imperatore, secondo credevano che l'un
o l'altro potesse meglio giovare alla patria ed alla libertà. Ma poi e
papa e imperatore erano stati messi da banda: il primo risedendo in
Avignone, allontanava la speranza di proteggere l'Italia o forse d'unirla
in un solo dominio: gli altri, senza nè forza, nè denari, nè
opinione, solo si reggevano in quanto erano sostenuti dai diversi
principotti; onde, conservando pure gli antichi titoli di fazione, e Guelfi
e Ghibellini non miravano che a crescere in dominazione.
Estendere la loro su tutta Italia era l'intento sì dei reali di Napoli,
sì dei signori di Milano e di Verona: ma appunto per ciò si
contrastavano gli uni gli altri; di modo che la politica, la quale, nei due
secoli precedenti, aveva operato a passioni ed entusiasmo, in questo era
ridotto a calcolo e ponderazioni; e gl'Italiani avevano inventata quella
bilancia di poteri, che divenne poi norma universale in Europa, e fu non
poche volte sostituita al diritto e alla giustizia.
Lunghi e fieri contrasti avevano tolto il re Roberto dalla speranza di
signoreggiare tutta Italia; ora a ciò avevano l'occhio Mastin della
Scala, e Luchino Visconti. Era Mastino succeduto a Cane suo zio, quel _gran
lombardo_, la cui cortesia fu il _primo rifugio e il primo ostello_
dell'esule Allighieri: e nessuna delle virtù, ma tutti i talenti n'aveva
ereditato e l'ambizione: comandava a nove città, state capitali
d'altrettante repubblichette, e ne traeva in gabelle settecentomila fiorini
d'oro; potè mandare a spedizioni lontane fin quattromila cavalli; e
chiesto dai Fiorentini di vender Lucca per trecensessantamila zecchini,
rispose non aver bisogno di quelle miserie.
Conveniente a tanta ricchezza era lo splendore di sua Corte, ove dava anche
magnifico ricetto agli uomini illustri, costretti ad esulare dalla patria,
assegnando a ciascuno agiati appartamenti, con dipinture allusive al loro
stato e grado; e sino a ventitrè signori vi si trovarono raccolti una
volta, i quali avevano tenuta, e per varie guise perduta la dominazione di
qualche città.
Non è qui il luogo di descrivere le arti, per cui andava acquistando
preponderanza sull'Italia, del cui dominio erasi lusingato a segno, che
fece preparare un diadema tutto gioje per coronarsene re. Ma una lega degli
altri principi, istigata dalla gelosia dei Visconti, gli ruppe il disegno;
del che egli voleva il maggior male ai signori di Milano, e non cessava di
scalzarne l'autorità. La mossa mal riuscita di Lodrisio fu tutta
maneggio di Mastino: ma fallita quella, perduta anche Padova, conobbe che
non era il caso di usare la forza aperta; e voltosi agli scaltrimenti,
propose patti. Per conchiudere questi era stato da Luchino, siccome
vedemmo, prescelto il Pusterla, sì per allontanarlo dalla moglie, sì
ancora perchè, conoscendo come costui non gli fosse troppo affezionato,
si persuadeva condurrebbe la cosa tanto tiepidamente, da non istringer un
nodo al quale nè egli era inclinato da vero, nè vi credeva inclinato
lo Scaligero, di cui anzi sempre nuove macchinazioni gli venivano
all'orecchio.
Che se Mastino cercava pace, v'era stato indotto anche dalla scomunica
lanciatagli dal papa, perchè, il 27 agosto 1338, esso e Alboino fratel
suo aveano per le vie di Verona, scannato il vescovo Bartolomeo della
Scala, per astio privato, dando poi voce ch'egli tenesse intelligenza coi
Veneziani e i Fiorentini per consegnare in man loro Verona, ed ammazzare i
due signori. Della scomunica ei si risero da principio; ma quando videro le
loro cose andar a fascio, pensarono davvero a torsela di dosso col
sottoporsi a pubblica penitenza.
Grave penitenza, giacchè richiedeva che, per quaranta giorni, portassero
dì e notte il cilizio, andassero scalzi e col cappuccio sugli occhi;
giacessero sul pavimento; non lavarsi, non radersi, non tagliare l'unghie,
non conversare, non accostarsi alla moglie, sedere per terra; sul desco
ignudo non mangiare, nè carni, nè uva, nè cacio, nè pesci; puro
pane e acqua tre giorni la settimana; levarsi al tocco del mattutino,
assistere agli uffici fuor di chiesa, oltre recitare certe orazioni.
Però non appena essi impetrarono perdono, la penitenza fu mitigata; e il
dì che Alpinolo vi giunse fu appunto quello in cui essi Scaligeri
facevano l'ammenda imposta. In camicia, a capo nudo, esso l'incontrò
fuori la porta di Verona, donde fino alla cattedrale andarono con in mano
un doppiere acceso, di sei libbre, e facendone portare innanzi a sè
altri cento somiglianti. Venuti poi alla chiesa (era domenica e tempo di
messa solenne) offersero quei ceri, chiesero perdono ai canonici, e furono
ribenedetti. In aggiunta dovevano, entro sei mesi, offrir a quella chiesa
un'immagine di nostra Donna d'argento e dieci lampade, con una rendita
bastante a tenerle accese: e istituirvi sei cappellanie con venti fiorini
d'entrata ciascuna. L'anniversario dell'uccisione del prelato, ciascuno dei
due peccatori dovea nodrire e vestire ventiquattro poveri: digiunare tutti
i venerdì: se mai si facesse il passaggio in Terrasanta, mandarvi venti
cavalieri, mantenuti per un anno. Il papa di rimpatto, oltre assolverli, li
nominava vicarj, essendo vacante l'impero, contro un annuo tributo di
cinquemila fiorini.
Acconciatosi anche col pontefice, tanto meno si sentiva Mastino la voglia
di accettare i gravi patti proposti dal Visconte. Era dunque mancato il
principale oggetto dell'ambasceria del Pusterla, sebbene riuscisse in una
commissione segretamente affidatagli da Luchino; ed era di ottenere che lo
Scaligero non lasciasse più uscire dai suoi Stati Matteo Visconte,
fratello di Barnabò e di Galeazzo, inviato anch'esso in aspetto di
ambasciatore, ma in fatto perchè a Milano egli dava ombra allo zio.
Fino a servire alle segrete intenzioni ed ai sottofini di Luchino erasi
lasciato indurre il Pusterla dall'ambizione, dal piacere di piacer al
padrone. Ora pensate qual dovesse egli rimanere allorquando Alpinolo, colle
vive tinte somministrategli da un'esagerata immaginazione, a sbalzi, a
scosse gli espose gli osceni tentativi di Luchino. Nessun maggiore dispetto
che sperimentare ingrato colui, per cui vantaggio siasi commesso
un'ingiustizia, un peccato. Lo provava Franciscolo, il quale esacerbato
contro Luchino quanto dianzi trovavasi a lui ben vôlto, scoprendo essere
un nuovo oltraggio quello ch'esso aveva accettato per una riparazione degli
oltraggi antichi, risolse senza più di abbandonare il suo posto e
tornare alla città, pieno di truci pensieri, e della speranza non solo
di ovviare lo scorno, ma di potersene vendicare.


CAPITOLO V.
LA CONGIURA.

--Buon Gesù, che foste anche voi pargoletto, e sin d'allora cominciaste
a soffrire, e crescevate in età e sapienza, soggetto ai vostri genitori,
ed acquistando grazia presso Dio e presso gli uomini, deh vogliate
custodire la mia fanciullezza, fare che io non contamini l'innocenza; e che
le opere mie, conformi al voler vostro, promettano bene di me ai parenti ed
ai cittadini miei.
--Buon Gesù, che tanto bene voleste ai vostri genitori, vi sieno
raccomandati i miei; benediteli, date loro pazienza nei travagli, forza
nell'obbedienza, e la consolazione di veder crescere me quale essi
desiderano nel timor vostro.
--Buon Gesù, che amaste la patria sebbene ingrata, e piangeste
prevedendo i mali che le sovrastavano, guardate pietoso alla mia;
sollevatene i mali; convertite coloro che colle frodi o colla forza la
contristano; alimentatele la fiducia del bene, e fate che io possa divenire
un giorno cittadino probo, onorevole, operoso».
Così faceva ripetere la Margherita al suo Venturino, che le stava
inginocchiato davanti, tenendogli le manine giunte fra le sue mani. Una
madre che insegna pregare al suo figlioletto, è l'imagine più sublime
insieme ed affettuosa che possa figurarsi. Allora la donna, elevata sopra
le cose terrene, somiglia agli angeli che, compagni della vita,
suggeriscono il bene e ritraggono dal peccato. Al bambino poi, coll'idea
della madre, si stampa in cuore la preghiera ch'essa gl'insegnò,
l'invocazione al Padre che è nei cieli.
Giovinetto, allorchè le lusinghe del mondo vogliono avvoltolarlo nelle
voluttà, esso trova il coraggio di resistere, invocando quel Padre che
è nei cieli.
Va tra gli uomini; scontra, la frode sotto al velo della lealtà, illusa
la virtù, beffeggiata la generosità, caldi nemici e tepidi amici;
freme e maledirebbe l'umana razza, ma si ricorda di quel Padre che è nei
cieli.
Se, mai il mondo lo vince, se l'egoismo, la viltà germogliano nell'animo
suo, vive però in fondo al suo cuore una voce amorevolmente austera,
come quella della madre allorchè gl'insegnava la preghiera a quel Padre
che è nei cieli.
Così traversa la vita, poi sul letto dell'agonia, deserto dagli uomini,
non accompagnato che dalle opere sue, volge ancora il pensiero ai giovanili
suoi giorni, a sua madre, e muore con una fiducia serena in quel Padre che
è nei cieli.
E questa preghiera faceva ripetere la Margherita al devoto pargoletto:
indi, spogliatolo ella stessa colle pietose cure che alle madri vere non
sono un peso ma la soavissima delle dolcezze, lo coricava, il baciava, e
coll'effusione della materna compiacenza, gli esclamava sopra,--Tu sarai
buono!»
Non appena giù. Venturino aveva chiuse le pupille a quel caro sonno
della fanciullezza, che in braccio agli angeli si addormenta senza un
pensiero, senza un pensiero si desta.... Beati giorni! i più belli nella
vita:--e non sono avvertiti.
Margherita contemplava l'accelerato anelito del bambino: il vivido
incarnato, che il sonno gli diffondeva sulle guance, la invitò a
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Çirattagı - Margherita Pusterla: Racconto storico - 07
  • Büleklär
  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 01
    Süzlärneñ gomumi sanı 4366
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 2018
    35.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    49.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 02
    Süzlärneñ gomumi sanı 4394
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1964
    35.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    50.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    57.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 03
    Süzlärneñ gomumi sanı 4461
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1832
    33.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    48.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 04
    Süzlärneñ gomumi sanı 4448
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 2050
    32.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    47.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 05
    Süzlärneñ gomumi sanı 4478
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1940
    36.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    51.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 06
    Süzlärneñ gomumi sanı 4403
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1953
    36.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    51.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 07
    Süzlärneñ gomumi sanı 4490
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1929
    36.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    50.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 08
    Süzlärneñ gomumi sanı 4559
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1960
    35.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    48.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 09
    Süzlärneñ gomumi sanı 4486
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1926
    33.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    47.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 10
    Süzlärneñ gomumi sanı 4536
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1877
    30.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    42.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 11
    Süzlärneñ gomumi sanı 4473
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1989
    34.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    48.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 12
    Süzlärneñ gomumi sanı 4462
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1966
    32.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    46.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 13
    Süzlärneñ gomumi sanı 4446
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1859
    34.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    49.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    56.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 14
    Süzlärneñ gomumi sanı 4449
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1879
    35.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    50.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    58.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 15
    Süzlärneñ gomumi sanı 4492
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1884
    35.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    49.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 16
    Süzlärneñ gomumi sanı 4451
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1916
    32.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    45.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 17
    Süzlärneñ gomumi sanı 4401
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1945
    33.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    47.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 18
    Süzlärneñ gomumi sanı 4543
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1872
    36.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    49.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 19
    Süzlärneñ gomumi sanı 4523
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1964
    35.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    49.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 20
    Süzlärneñ gomumi sanı 4452
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 2025
    31.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    46.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 21
    Süzlärneñ gomumi sanı 4502
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1961
    37.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    52.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    59.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 22
    Süzlärneñ gomumi sanı 4433
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1935
    36.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    50.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    58.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 23
    Süzlärneñ gomumi sanı 4419
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1953
    35.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    49.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    57.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 24
    Süzlärneñ gomumi sanı 4571
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1884
    34.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    49.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    56.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 25
    Süzlärneñ gomumi sanı 4421
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1963
    33.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    48.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    56.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 26
    Süzlärneñ gomumi sanı 4490
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1906
    33.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    47.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 27
    Süzlärneñ gomumi sanı 4484
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1955
    32.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    45.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 28
    Süzlärneñ gomumi sanı 4475
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1838
    35.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    49.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    57.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 29
    Süzlärneñ gomumi sanı 4445
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1893
    33.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    48.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    57.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 30
    Süzlärneñ gomumi sanı 4450
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1930
    33.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    46.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 31
    Süzlärneñ gomumi sanı 4463
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1808
    32.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    46.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 32
    Süzlärneñ gomumi sanı 4232
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 2077
    30.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    43.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    49.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
  • Margherita Pusterla: Racconto storico - 33
    Süzlärneñ gomumi sanı 320
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 246
    52.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    62.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    68.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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