Gli eretici d'Italia, vol. III - 69

Süzlärneñ gomumi sanı 4289
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1869
32.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
47.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
54.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
cardinale Riario Sforza, ch'era venerato come un san Carlo per l'immensa
carità, mostrata principalmente al tempo del cholera, quando dal
diuturno esiglio potè tornare, ottenne che le chiese, usurpate dai riti
evangelici o amministrate da apostati, fossero restituite al culto
cattolico, il che diede occasione a solennità, berteggiate da coloro che
chiamano vulgo e lazzaroni quando manifesta i proprj sentimenti quel
popolo, di cui jeri avean esaltata la sovranità co' plebisciti; e che,
come dagli altri tiranni, così ripugna da quelli che lo obbligano a
rinnegare la sua coscienza e le sue abitudini.
E l'_Eco della verità_ parla continuo di minaccie e dimostrazioni fatte
contro gli Evangelici, volendo con ciò farli compassionare come vittime,
mentre attesta che ripugnano al sentimento popolare, sicchè trovano
bisogno di provocare la forza contro i supposti persecutori. Chè
veramente ci corre fra il perseguitare e il non lasciarsi insultare; non
lasciarsi dire «Voi siete così scimuniti da credere... Voi villani
continuate la buffonata delle sagre»: il non lasciar vilipendere
l'intera nazione, come si fa secondo un patriotismo di moda[586]. Ma è
doloroso il vedere l'Italia dilaniata nell'intimità dei pensieri e de'
sentimenti; e incamminarsi a barbarie nuova per gli odj da cittadino a
cittadino e per reciproche nimistanze. Vero è che l'indignazione,
ispirata sulle prime da questi insulti de' privati e de' magistrati,
vien dissipata dall'abitudine, a nulla avvezzandosi gli uomini più
presto che all'ingiustizia: quegli stessi che dapprima non sapeano
parlarne che col labbro fremente, ora li scusano come colpa de' tempi,
come aberrazione politica, come conseguenza inevitabile de' cambiamenti
odierni.
È questo l'effetto del giornalismo, che infatuato dalla propria
inattaccabilità, non ha più duopo nè di arte nè di verità, bastandogli
d'abbassare gli scritti a livello del lettore, anzichè rialzar la mente
di questo, e di usar una lanterna cieca che lascia vedere in una sola
direzione. Come l'individuo resta ora annichilato nel panteismo dello
Stato, così l'aristocrazia dell'ingegno nella trivialità, i libri nel
diluvio de' giornali, dove s'affoga il senso comune; lo spirito perde
l'individuale libertà davanti all'audacia surrogatasi all'autorità;
l'esagerazione, che è il linguaggio delle società scadenti, sopprime la
verità ch'è il bisogno delle ordinate e rigenerantisi; spacciando
francamente la bugia che non inganna nessuno, neppure se stessa:
adoprando tutta l'arte della spudorata calunnia, dell'ipocrita
ritrattazione, della maligna interpretazione per iscassinare tutte le
credenze; al vizio accordando ogni perdono; alla virtù appena concedendo
di scusarsi: e a chi li confutasse apponendo di mancar della carità
cristiana, di fallire al precetto cristiano del soffrire e pregare.
Così, vuoti di carità perchè vuoti di fede, esercitano un'abilità senza
principj sopra una sincerità senza lumi, in un tempo dove il leggere è
divenuto un'infingardaggine mascherata. Ma troppo dell'indole loro
fuggevole e di circostanza tengono anche i tanti opuscoli venuti ad
appoggio dell'eresia; e dove la mancanza di calma attesta la mancanza di
fiducia. Lungo sarebbe l'annoverarli, e scegliendo fra' capi, ci
troviamo costretti registrarne uno, che altrove ponemmo fra i campioni
della verità, Vincenzo Gioberti. Per un tempo diede la parola all'Italia
cattolica, sicchè fu detto che i politici pareano seminaristi, guidati
al passeggio da un teologo. Ma già avvezzo a piegarsi secondo le
circostanze, dacchè, ubbriacato al vino della disobbedienza, smarrì il
lume della verità che era sua passione, s'implebejò in tempestose
discussioni e in pagine violente, ove diede sfoghi crudeli alla polemica
personale, nel tempo stesso che dall'arsenale teologico traeva
projettili contro la Chiesa. Peggio comparve quando un'amicizia più
ammiratrice che prudente mandò in luce postumi lavori che aveva appena
abbozzati, oppure scritti, come sempre soleva, sotto all'impressione del
momento e all'ira degli acerbissimi disinganni che colpirono la sua
vasta superbia; scritti che probabilmente avrebbe o distrutti o corretti
nei giorni della riflessione; o dove, riferite objezioni di pretto
razionalismo, si riservava forse di rispondere, mentre ora parrebbero
dottrine da lui concepite e adottate. Più dunque che l'autore, son le
opere stampate col nome di lui che meritano riprovazione. Massimamente
nella _Filosofia della Rivelazione_, come credere che, tra splendide
verità e un'insigne difesa del sopranaturale e del miracolo, uscisse
affatto dall'unità cattolica, professando che molti precetti del Vangelo
fossero meramente adatti al tempo: che i dogmi della predestinazione,
del piccol numero degli eletti, dell'eternità delle pene, del
perfezionamento e della espiazione nell'altra vita sono assurdi (p.
342); che la propaganda moderna dee essere principalmente laicale: che
l'epoca nostra si può definire la secolarizzazione intera dell'Evangelo?
Il dire vi siano tanti cattolicismi quanti gli spiriti umani è
conseguenza di quell'altro teorema che l'atto libero concretivo
dell'individuo fonda con un _fiat_ la sua fede, e con essa fede il suo
oggetto; crea a sè stesso la sua chiesa, il suo Dio, il suo culto, il
suo dogma (pag. 189); teoria troppo conosciuta di Hegel, ch'egli forse
intendeva confutare. In opposizione diametrale a' suoi primi libri,
insiste sulla decrepitezza del cattolicismo, in cui la mancanza di vita
è cento volte peggiore dell'eresia e dello scisma; tronco morto che si
sostiene pel suo proprio peso e per l'inerzia. Nella _Riforma Cattolica
della Chiesa_ mette che il cattolicismo è ridotto immobile da Roma,
dalla disciplina ecclesiastica, dalla teologia, onde a volerlo
svecchiare bisogna riformar Roma, la disciplina, la teologia. È errore
puerile il volere che tal riforma venga da fuor della Chiesa, come con
Montano e Lutero; bensì è legittima quando venga da Gregorio VII o dal
Concilio di Trento. Pure, qualvolta non possa ottenersi dalla gerarchia,
la procurino sopragerarchicamente, non contragerarchicamente gl'ingegni
cattolici, rivestiti della dittatura ideale.
Questo surrogare l'autorità dell'individuo o dell'opinione a quella
della Chiesa, mena dritto allo scisma e alla protesta. E di fatto egli
vede in Roma mancare l'armonia dialettica; il temporale nuocere allo
spirituale: ne critica il governo civile, senza suggerire come renderlo
perfetto; nè certo diverrebbe tale coll'imitar qualsiasi degli odierni.
Quanto all'ecclesiastico, vorrebbe entrasse in una fase di larghezza
teologica, di civiltà, di tolleranza, e molte riforme suggerisce alcune
buone, altre insensate come gli eroi di Hugo: dividere i preti in
sapienti e operanti, in celibi e no: abolire una quantità di pratiche
che fanno perdere il tempo; erigere atenei ecclesiastici, dove e il
vescovo e lo Stato istruissero; scegliere alle alte dignità scrittori di
opere insigni; disapprova le devozioni e le astinenze, dimenticando che
questa vita è preparazione ad una eterna. Così Kant, per paura del
misticismo, restringeasi a freddo stoicismo.
Se l'esempio suo mostra come il ricalcitrare contro il centro vivente
dell'unità cristiana basta per far discendere successivamente tutta la
scala della protesta, le varie proposizioni sue convincono quanto, anche
astrattamente, sia difficile e complesso il problema del principato
temporale. Dopo averlo ne' primi libri esaltato come necessario,
benefico, insigne, in questo della _Riforma_, ch'è de' più ostili, nel §
II scrive che quel governo «ha difetti ma è capace di miglioramento»:
poi nel § XX che «nuoce all'Italia, alla religione, alla indipendenza
del papa» e quindi deve levarsi: nel § LXXV pone che «l'odio e la mala
contentezza de' popoli muove meno dal governo superiore del papa che
dalla amministrazione de' prelati: laonde, essendo il male non nel
principio ma nella oligarchia pretesca, vi rimedierebbe un sommo
sacerdozio, governato per mezzo del laicato»: e nel LXXVIII, che il
diritto temporale di Roma è tanto oggi superfluo e dannoso, quanto
dianzi opportuno; tiara e scettro sono contrari e incompatibili. Se nel
_Rinnovamento_ propone la spogliazione totale, nella _Riforma_ vuol
«lasciargli solo Roma e le sue pendici», oppure al § XC limitavasi alla
«secolarizzazione del governo con istatuto rappresentativo».
Bisogna non avere mai scritto per non sapere come all'ultima ripulitura
si serbi il dare simetria e accordo; sicchè tali palmari contraddizioni
noi attribuiamo all'esser quelle carte nulla più che materiali da
costruzione.
Anche quel poco che rimaneva di credenza e riti positivi sembrò
soperchio al genio negativo, che vuol unificare col ridurre la
convivenza civile e domestica a meri termini di natura, ponendo da banda
ogni religione rivelata; e s'annunziò a Milano una società de' _Liberi
Pensatori_, imitazione (già s'intende) d'una simile formatasi nel
Belgio, secondo la quale la religione sarà qual piacerà a ciascuno di
farla: ognuno carezzerà le ipotesi che gli convengano. E le ipotesi
ch'essi vogliono imporre sono: — La forza non può comprendersi fuor
della materia; non può esserci stata una forza creatrice, onde Dio non
fu nè è creatore; non è forza regolatrice, onde non è potente; e non può
esser nè buono, nè giusto. Non avendo dunque alcun attributo, non
esiste, come non esisterebbe una pietra la quale non avesse nè volume,
nè forma, nè peso, nè altra proprietà.
Sono le note teorie di Bruno Baur, di Feuerbach, di Steiner, che
diceano: «Non solo non credo all'esistenza del soggetto divino, ma
neppure delle qualità divine, alla giustizia, all'amore, alla saviezza
che altri immaginano veder nell'uomo: una sola essenza reale vive:
l'individuo nel godimento o nel patimento suo egoistico».
Come programma d'azione i Liberi Pensatori adottano: «Non più prete alla
nostra morte, al nostro matrimonio, alla nascita de' nostri figliuoli».
In conseguenza fin povere giovinette morenti si videro dai genitori
negata la consolazione di spirare con Cristo sulle labbra; i padri non
presentano i loro neonati al parroco; ai fanciulli non istillano veruna
idea superiore alla materia.
Vollero esplicare maggiormente il loro teorema quelli di Siena, il cui
manifesto, in ciò che concerne la costituzione civile, porta:
«La società democratica dei Liberi Pensatori procurerà diffondere nelle
menti di tutti, ed in ispecial modo della gioventù, i veri principj
della _sana morale_, scevre da ogni misticismo religioso, libera da ogni
legge di qualsiasi setta religiosa, e regolata solo dalla ragione e
dalla coscienza.
«Dimostrerà che al trionfo della sana morale è indispensabile la più
estesa educazione delle masse, che deve necessariamente affidarsi ai
Liberi Pensatori.
«Farà conoscere essere unico inciampo al trionfo della sana morale il
dominio che tuttora si esercita sulle coscienze dalle sette religiose, e
perciò aversi a distruggere questa preponderanza spirituale, dovendo
ogni cittadino rimaner libero nel santuario della propria coscienza.
«Informerà tutti dei diritti che ciascun cittadino può e deve avere,
quali sono: libertà di coscienza e di culto, inviolabilità di persona e
di domicilio, libero diritto d'associazione, istruzione gratuita ed
obbligatoria, suffragio universale, stampa libera, armamento nazionale.
«La società, forte dei diritti naturali civili, politici, sociali,
riconosciuti e garantiti pur dalle leggi, intende operare energicamente,
e disporre di tutti quei mezzi che troverà convenienti e sicuri a
raggiungere l'alto suo fine, che è il ristabilimento del progresso
morale, politico, sociale; mezzo unico a pervenire all'umana
rigenerazione».
Non si tratta dunque più di rivestire l'incredulità con formole
mistiche, siccome in Fourier o Saint-Simon, o di relegar Dio di là dalle
latitudini accessibili alla conoscenza; ma gli si intima «Vattene dal
tuo regno»: si nega la coscienza: riguardansi come quistioni oziose
l'anima o l'immortalità, come ipotesi per lo meno superflua la
creazione; è l'ironia succeduta all'oltraggio; è la comodità del non
credere senza tampoco esaminare, eppure straziar di sarcasmi chi pensa
altrimenti; a un popolo soffrente non parlar più d'un padre e d'un
giudice, e alla sociabilità, alla simpatia, alla solidarietà affidar
l'incarico d'asciugare tutte le lacrime; e far sottoscrivere di non
tornare neppure in morte alla religione di nostra madre, della nostra
famiglia.
Noi cattolici siam fortunati di essere costretti a difendere ciò che
v'ha di grande, di sacro, di nobile: ma il fatto spiacque anche agli
Evangelici, e da Milano scriveasi all'_Eco_ di Firenze: «Alcuni
corrispondenti di giornali religiosi avevano fatto credere in
Inghilterra che la società dei Liberi Pensatori avesse posto salde
radici in Italia, e Milano ne fosse il centro, dove contasse sessanta
mila adepti. I nostri fratelli d'Inghilterra nol credano. È vero che
s'invitò il pubblico alle adunanze, si cominciò a discutere lo statuto;
ma quando si giunse all'articolo, che obbliga i socj a rifiutare in
qualunque circostanza l'opera di qualsiasi ministro di religione, i
pochi intervenuti compresero che si volevano Liberi Pensatori schiavi
dello statuto, e lo combatterono, e lasciarono l'adunanza dicendo che
ognuno è libero pensatore in casa propria, si cesserebbe di esserlo
divenendo membri di una società, e giurando osservarne lo statuto».
Per verità il Caraibo è libero pensatore quanto cotesti; nè noi crediamo
miglior pensatore un di costoro che Vico e Galileo, che Dante e Manzoni,
che Gerdil e Rosmini. Perchè libero, io credo ai dogmi: ho studiato
almen quanto voi; e il mio libero pensiero mi portò a repudiare un
materialismo che non vuol solo corrompere, ma sedurre; un despotismo che
dice alla coscienza «Taci»: un'idolatria della forza che fa esecrare la
debolezza e la carità; mi portò ad aderire al cattolicismo che non
ammette una verità se non dopo accertato ch'essa viene da Dio; quel Dio
che, secondo una bella espressione della Scrittura, confidò a ciascuno
la cura del suo prossimo.
Fuor d'Italia, gli stessi Protestanti adoprarono le armi loro per
combattere il materialismo e il razionalismo, al quale già Bossuet avea
previsto che doveva riuscire inevitabilmente la Riforma. Guizot
considera il cristianesimo siccome concezione di filosofia divina, che
la ragion pura ha diritto di svolgere dalle credenze definite, le quali
sono imposte alla coscienza dei fedeli, e particolarmente dalla autorità
pastorale che le insegna, le trasmette e le perpetua. Ma i nostri
riformati o discutono ancora della giustificazione con Lutero, o col
Vergerio rinfacciano alla Chiesa i suoi traviamenti, o con Voltaire
ghignano di ciò che ha di più serio l'umanità. Dai giornali non solo, ma
dalle cattedre stipendiate si intima a gran voce che le religioni son
buone pel vulgo, acciocchè non veda nulla e soffra tutto: pei pensatori
sono anticaglie da museo; doversi dare ascolto alla ragion sola, alla
ragion pura. Che importa qual idea uno si formi dell'essenza e attività
di Dio, del come il mondo esiste? È l'uomo, che, pensando, fece Iddio,
questo nome che designa un'ipotesi: l'umanità è uno spettacolo, di cui
lo spettatore compone il dramma. La spontaneità creò i miti, poi le
legende; ora la riflessione le riconduce all'arte, e piacesi decomporre
queste affettuose illusioni. Che è mai la Bibbia se non una bella poesia
orientale?
I nostri, incapaci di creare, van dietro ai Tedeschi, nei quali le
condizioni d'ogni ricerca feconda, cioè ostinazione al lavoro e passione
della verità, son guaste da due difetti, cioè presunzione di sè e
sprezzo degli altri; onde riescono stitici nell'ammettere le prove di
ciò che è, e temerarj nel ricostruire ciò che dovrebb'essere. Per loro
la critica, non più ristretta nell'antico senso di esame e valutazione
d'opere d'arte, è il titolo d'una classe di filosofi, i quali, sotto il
nome di Kant e di Hegel, rinnovano la formola dell'antico nostro
Protagora, l'uomo esser la misura del tutto: tutto da lui comincia e in
lui finisce: colle sue idee crea il mondo e Dio: colla sua potenza
modifica gli esseri, inventa la società e il diritto e la giustizia: le
modifica col continuo e indefettibile progresso; non muore mai, ma la
materia di cui è composto si organizza in altre forme: non
s'investighino le cause: non si dà assoluto: noi non conosciamo che il
fenomeno: ogni verità è relativa; non v'è massime ma solo opinioni, le
quali si completano mediante le loro antitesi: bando alla metafisica,
all'ideale: solo storia e fisica e meri fatti, sui quali dobbiamo non
ragionare ma osservare, non aver ammirazione ma curiosità. Non tenere
per vero se non ciò ch'è dimostrato dalla tua ragione: di tutto cerca il
perchè e il come, e vedrai che nulla vi è sopra della materia, della
forma inintelligente.
Con questo grido di emancipazione, d'indipendenza, s'accordano le scuole
filosofiche nel toglier la distinzione fra il sensibile e il
soprasensibile, confondendoli nell'unità della sostanza che tutto fa da
sè; nello spiegar l'uomo senza il governo della providenza. V'è chi
crede che nessuno mai abusasse tanto della parola quanto Hegel, e la
travolgesse al suo senso, avendo dottrine ardite e linguaggio ritenuto,
sopprimendo le cose e ritenendo i nomi, pensando altrimenti da noi, e
affettando parlar come noi. Egli insegna l'identità del no col sì[587],
per atto del pensiero crearsi il me ed il non me, e fin la morale e la
religione, sicchè l'uomo è Dio a sè, è la legge stessa: società, patria,
mondo, devono servire a lui; diritto e dovere più non sono che un
calcolo di tornaconto. Di queste dottrine erasi fatto campione il
professore Vera, e perciò venne chiamato dal Governo a impiantarle nelle
scuole di Milano e di Napoli.
Non crediamo noi a chi ha gran scienza e forte telescopio esistere
stelle invisibili? Disapprovando le oziose disquisizioni, il Vico avea
detto la filosofia esser data «per intendere il vero e il degno di quel
che dee l'uomo in vita operare»; e, a differenza dei tanti, rivolti solo
ad esagerare la degradazione, sostenne che «la filosofia, per giovare al
genere umano, dee sollevare e reggere l'uomo caduto e debole, non
convellergli la natura, nè abbandonarlo nella sua corruzione»[588].
E appunto i Tedeschi applicarono man mano i sistemi delle loro scuole
alle origini del cristianesimo, ossia al valore storico de' libri sacri.
Il protestantismo per abbattere l'autorità della Chiesa avea cresciuto
l'autorità della Scrittura, ma la disarmava isolandola dall'interprete
vero: oltre che il canone e l'ispirazione de' libri santi riposano sulla
garanzia dell'insegnamento tradizionale. Samler, poi dietro a lui
Eichhorn dissero che Cristo e gli apostoli dovettero acconciarsi alle
opinioni correnti, e interpretare al modo che dagli Ebrei usavasi
allora, il proprio pensiero mascherando per non urtare i pregiudizj. Or
come distinguere il pensier vero di Cristo da quel miscuglio? Samler
suggerisce a tal uopo il Talmud, gli scritti di Filone, gli apocrifi del
Vecchio Testamento: Eichhorn trova più giusto il chiedere tal
discernimento dalla sola ragione; ciò che non può ridursi alle leggi
immutabili dello spirito umano è concessione ai pregiudizj giudaici. Con
questa _interpretazione morale_ uniformavasi a Kant, pel quale la
religione non è che il complesso delle regole universali della morale.
Da qui partendo, gli elementi storici poco importano; non si badi a
critica o esegesi; la morale è indipendente dai fatti, siano miracolosi
o no, reali o immaginati.
A tale teorica s'adatta Paulus, francamente mettendo Cristo e gli
Apostoli sotto l'influsso delle idee popolari: pure annette qualche
importanza agli avvenimenti, spiegandoli al suo modo, e i miracoli
riducendo a fatti naturali, mal compresi dall'ignoranza o
dall'entusiasmo. Di tali interpretazioni arbitrarie non contento,
Strauss risolve il racconto evangelico in una leggenda, Cristo in un
mito. Da tutti risultava che gli scritti evangelici non appartengono nè
agli autori nè ai tempi a cui sono attribuiti, ma vennero
successivamente alterati in guisa, che a fatica vi si discerne qualche
traccia della primitiva redazione.
Ecco aperto campo vastissimo alla critica, e Baur e la scuola di Tubinga
v'applicarono l'ingegno, l'erudizione, la fantasia, formando cento
sistemi diversi, e tutti provati egualmente. I primi apostoli non
sarebbero stati che una setta giudaica fin quando Paolo (personaggio più
grande di Cristo) proclamò l'universalità della redenzione e
l'emancipazione della coscienza dalla legge cerimoniale. I tre Evangeli
sinoptici e gli Atti degli apostoli sarebbero scritture o fatte o
rimpastate all'occasione del conflitto che nacque fra i primi cristiani
ebraizzanti e Paolo, dalla cui tarda conciliazione venne la Chiesa
cattolica, che conservò il doppio carattere dei due partiti. Lo
spiritualismo rivalse al tempo della Riforma: oggi si compie
l'emancipazione del pensiero religioso, spezzando le forme antiquate per
ridestare il cristianesimo in ispirito e verità.
Nella primitiva Chiesa, Cristo passava per un uomo potente in parole e
in opere, eletto da Dio, colmo dei doni dello Spirito Santo. Solo a
mezzo del II secolo si desunse dai Neoplatonici l'idea del Verbo,
associandola a quella del Messia, e all'unione morale surrogando la
ipostatica; allora si scrissero l'evangelo di san Giovanni[589], le
epistole agli Efesi, ai Colossensi, agli Ebrei.
Seguendo questi dotti, si vedrebbe donde attinse a poca fatica Renan,
che col lenocinio retorico rese interessante il suo romanzo, quasi come
la _Capanna dello zio Tom_, e per altrettanto tempo. Di confutarlo non
han bisogno i Cattolici, perocchè essi non credono che sulla sola
Scrittura sia fondata la verità storica e morale del Cristo. Un libro di
frammenti sconnessi, fatti in diversi tempi, da persone diverse e senza
concerto, sotto circostanze speciali, che offre principj ma non
isviluppati, non sempre chiari, non coordinati, alcune cose tacendo,
altre appena indicando o con simboli e parabole e allusioni, basterebbe
egli qual codice della più estesa e incivilita società? potrebbe darsi
alla plebe cristiana come norma delle credenze e della condotta?
Ma Cristo nella coscienza della sua Chiesa ne scrisse il compimento
senza ambagi, senza lacune, collo sviluppo delle teoriche e delle
applicazioni, col pieno accordo dell'insieme e delle parti. Or che
critica è cotesta che, nell'interpretare quel libro, rifiuta un sì
valido ajuto? perchè vuol ricostituire tutta la dottrina del
cristianesimo senza tener conto dell'ulteriore svolgimento del pensiero
cristiano? Come chiamasi indipendente, se muove da un pregiudizio, dalla
negazione del sopranaturale? Così, non argomentando ma fantasticando, il
Dio personale, creatore, redentore è fotografato in una camera oscura,
sotto le varie pose dategli dall'artista; ed ora è il fatale assoluto di
Spinosa, ora il me di Fichte, ora l'identità di Schelling, or l'idea di
Hegel, or il mito di Strauss, ora il galileo di Renan, ora l'umanità di
Littré, ora la giustizia di Proudhon.
Dovevamo toccare di ciò perchè qui pure, se non si inventano, si
spacciano simili dottrine ai giovani, che ostentano poi un'incredulità,
non derivata da forti ricerche, ma cominciata a vent'anni, nelle
passioni e nell'ignoranza, e che rinega le verità della fede o della
metafisica perchè non hanno l'evidenza di quelle della chimica e della
geometria. Ma se vogliono accettare ciò solo che s'intende, non
comprendono che novanta su cento uomini non si capacitano come l'uomo
possa star sulla terra mentre gira?
Siccome alla ragione antica, la quale poneva come primo assioma che una
cosa non può essere e non essere contemporaneamente, si sostituì la
nuova che asserisce l'identità del sì e del no, così al diritto antico
ed eterno, fondato sulla ragione, sulla giustizia, sui patti,
surrogossene un nuovo, che ebbe acoliti e predicatori, ma non ancora una
teoria nè una sanzione, se non quella dei fatti compiuti, vale a dire
che ciò che riuscì è bene.
Così negli atti non meno che nella scienza viene a impiantarsi lo
scetticismo, che proviene dall'osservar le cose da un punto sconnesso,
veder le sole particolarità, percorrere una quantità di oggetti senza
approfondirne nessuno, senza ordine e serietà, senza l'energia che
raccoglie, avvicina, riassume, conchiude. Un tale scetticismo non può
esercitar la critica, poichè cerca le objezioni e le difficoltà, non mai
la soluzione, manca di quell'elevazione ingenua che indaga la verità per
se stessa, e vi trova l'appagamento. Alcuni affettano d'investigare
nell'avvenire le verità che da XVIII secoli son divenute patrimonio
della civiltà cristiana, mentre non si avrebbe che a difenderle,
chiarirne l'intelligenza, assodarne le fondamenta. Ma caduti in
un'incredulità che diventa il loro castigo dopo essere stata la loro
colpa, mostrano più sempre l'impossibilità di separar il problema
filosofico dal religioso, dovendo per sincerità confessare
l'insufficienza delle soluzioni scientifiche, e per superbia ricusare di
rimontar il corso del razionalismo. Resta dunque solo l'idolatria di se
stesso: egoismo dell'intelletto che genera il razionalismo; egoismo
della memoria che ripudia gli elementi tradizionali; egoismo della
fantasia che affoga nel realismo le arti belle; egoismo della volontà
che traducesi nella morale indipendente; egoismo della civiltà che vuol
separare lo Stato dalla Chiesa, e proclama il non intervento, cioè
l'indifferenza all'ingiustizia, l'opposto alla solidarietà di tutte le
nazioni civili nel difendere l'ordine, la proprietà, le tradizioni.
Il dubbio universale, lo scetticismo scientifico, la negazione di quanto
non si vede e si tocca, sono l'insegnamento di Giuseppe Ferrari
milanese. Non ammettendo stabilità di fede o di dinastie, neppur di
grammatica o retorica, predica la legge agraria; fuor del mondo
fenomenale la scienza umana non riconoscere che il nulla: essere è
parere; pregiudizio l'idea della causalità; vanno abbattuti il Dio
personale e il Cristo; «L'uomo è il solo Dio dell'uomo, e questo Dio
risiede nella nostra vita — L'errore è sempre immanente nel nostro
pensiero — La fede in Dio è l'errore più primitivo, più naturale del
genere umano — La logica rende impossibili, come la natura, così il
dovere e gl'interessi: se la logica esiste tutto deve perire — La
critica ci lega alla terra, e ci vieta d'uscirne — La ragione non ha
nulla a cercare, nulla ad apprendere di là dell'apparenza — L'interesse
misura la morale — La ragione sta serva all'istinto, e il suo vantato
regno si riduce ad una chimera della metafisica — Ardirete negar la
ragione alle bestie? esse hanno tutte le nozioni che i razionalisti
credono riservate all'uomo — Non abbisogna alcuna voce soprannaturale
per insegnarci che i frutti della terra debbono nutrirci, e che la donna
ci chiama all'opera dell'amore».
Per lui «la santa irreligione» è l'unico mezzo di liberar l'Italia; «non
dimenticando un solo momento che il nostro capital nemico è il papa, che
il papa è nemico eterno del genere umano, e la rivoluzione deve balzar
dal trono il Cristo, congedare i santi, rinnovare il calendario»; senza
ipocrisie annunzia che «emancipare l'Italia è distruggere la
cristianità; è un abbattere i due poteri imperiale e papale in tutta
quanta Europa»; vorrebbe imitati gli Stati Uniti, dove ogni uomo è a se
stesso pontefice e imperatore, e dove i Mormoni si propagano come i
Buddisti[590].
«La rivoluzione non è che la guerra contro Cristo e contro Cesare... Non
equivoci, non incertezze o confuse dottrine semi-cattoliche,
semi-cristiane, semi-pontificali. Adori pure ciascuno in casa propria i
suoi idoli, i suoi penati: la religione della rivoluzione è quella che
divinizza l'uomo, la sua ragione, i suoi diritti, disconosciuti,
insultati dalla Chiesa... L'Europa ha intimato a Roma una guerra di
religione, nè potremo avanzare d'un passo senza rovesciare la croce». La
stessa guerra egli vuole intentata ai principi, perocchè «chi lavora pel
re lavora per la ristaurazione della Chiesa: Cristo, Cesare, il papa,
l'imperatore, ecco le quattro pietre sepolcrali della libertà
italiana... Ultimo termine del progresso la legge agraria e
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Çirattagı - Gli eretici d'Italia, vol. III - 70
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4227
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4354
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1979
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1892
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4264
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1968
    34.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 41
    Süzlärneñ gomumi sanı 4314
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1921
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4323
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1913
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4218
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1996
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1736
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4301
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1961
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 46
    Süzlärneñ gomumi sanı 4235
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1998
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4299
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1988
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4289
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1939
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1967
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1931
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1970
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4367
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1827
    33.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    48.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4112
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1950
    33.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    47.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 57
    Süzlärneñ gomumi sanı 4108
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1691
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4152
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1466
    33.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    49.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 59
    Süzlärneñ gomumi sanı 4180
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1565
    33.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    49.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4233
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1849
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    48.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4254
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1960
    31.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    46.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1858
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4363
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1766
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4318
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1850
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4310
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1889
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4244
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1867
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1913
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4247
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1986
    29.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    43.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 79
    Süzlärneñ gomumi sanı 4309
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1868
    31.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    45.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 80
    Süzlärneñ gomumi sanı 4149
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1839
    34.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    47.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 81
    Süzlärneñ gomumi sanı 4109
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 2002
    30.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    44.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 82
    Süzlärneñ gomumi sanı 4441
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1596
    39.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 83
    Süzlärneñ gomumi sanı 4098
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1944
    33.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    46.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 84
    Süzlärneñ gomumi sanı 4118
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 2021
    30.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    41.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 85
    Süzlärneñ gomumi sanı 4192
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1901
    34.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    47.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 86
    Süzlärneñ gomumi sanı 3172
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1419
    33.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    47.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 87
    Süzlärneñ gomumi sanı 2726
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1044
    27.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    38.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    43.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 88
    Süzlärneñ gomumi sanı 66
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 60
    33.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    46.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    51.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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