Gli eretici d'Italia, vol. III - 60
Süzlärneñ gomumi sanı 4233
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1849
33.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
48.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
56.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
doctrines gallicanes_. Nel 1862 si cominciò a Milano a pubblicare per
fascicoli una _Storia generale dell'Inquisizione del cavaliere_ PIETRO
TAMBURINI che forma quattro giusti volumi, con moltissime figure
intercalate, a gran rinforzo di colori neri e rossi, dove in modo
ciarlatanesco son rappresentati tutti i tormenti che mai l'Inquisizione
abbia inflitti o potuti infliggere, uomini sull'eculeo, sulla ruota,
alla gogna, sul fuoco, sempre con frati che fanno da manigoldi. In una
_Innocenzo III ordina a Domenico Guzman la strage degli Albigesi_: in
una _Clemente V e Filippo il bello stabiliscono l'eccidio de' Templari_;
così figuratevi delle altre, e comprenderete come quest'opera aduli
bassamente a basse passioni di moda. Vi si legge che «Dante fu accusato
d'eresia, più presto per ira sacerdotale che per altro» (II, 138) mentre
ognun sa che appunto d'eresia è lodato dai nemici dei preti. Fin
Giovanna d'Arco è vittima dell'Inquisizione; tanto più il Porcari, e Don
Carlos, e il Savonarola, al cui supplizio assiste un cardinale ridendo.
L'autore disapprova tutti gli Ordini religiosi, e il _sistema
misofisico, anticristiano e antisociale del celibato jeratico_, eppure
de' Gesuiti non vuol decider _se sieno stati utili o nocivi allo Stato e
a' costumi; ma non si può dissimulare che la loro istituzione fu
infinitamente vantaggiosa al cattolicismo_ (III, 591).
Vi precede una vita del Tamburini scritta col fiele, massime _contro
quei ribaldi del temporale_, e al fine di essa è detto che negli ultimi
suoi anni vergò questa storia dell'Inquisizione, e la confidò al nipote
del suo amico Zola.
Che c'è di vero in ciò? quest'opera deve essa pesar sulla memoria del
professore bresciano, col cui nome fu ed è annunziata sui muri delle
città fra le figure di miseri straziati, e di monaci strazianti?
Alcune frasi che ho citate già fecero sospettare al lettore un alito più
recente, se anche non avesse dubitato che un vecchio ottagenario,
potesse compiere un lavoro che, a quel tempo, richiedeva, a tacer il
resto, una ricerca di libri e documenti, non solita al Tamburini, al
quale il corredo storico, per rinfiancare le sue controversie era
esibito dallo Zola.
Il Tamburini poi potè errare nella mutilazione d'alcune verità,
nell'applicazione d'alcune dottrine, ma queste appartenendo alla scuola
che non rinnega il cattolicismo, e tanto meno il cristianesimo; e cui
carattere era di disobbedire protestando obbedienza: di spinger
all'eccesso il rigor della morale e gli atti di pietà, e assiderar col
gelo razionale il calor della vita cristiana, badando più alla giustizia
di Dio che alla sua misericordia.
Ora in quest'opera v'è capitoli che si direbbero d'un pio scrittore, ma
altre volte, e massime nella conclusione, v'è conculcata affatto la
credenza avita, come potrebbe fare qualunque folliculare odierno, con
assoluta intelligenza dei tempi ed ostinata mancanza di giudizio; non
solo col soffio, ma colla fraseologia di Quinet e Michelet, vi presenta
_il mostruoso simulacro chiamato il pontefice_: ripete le plebee
sciatterie contro il papa-re; e vuol perfino vedere nelle streghe un
sintomo della continua riconquista che il diavolo fa sopra Dio. E
computando tutte le persone che perirono, non già per l'Inquisizione, ma
pel cristianesimo conchiude che 17,899,600 _furono le vittime della
rabbia religiosa cristiana_.
Oltre questi sentimenti affatto consoni alle effervescenze d'oggi, molte
frasi tengono o del moderno come i profughi _tolti delle madri al caro
eloquio_: o affatto del forastiere come _Lancre che menò di galoppo il
processo a briglie sciolte_ (IV, 38). Un modo che caratterizza non solo
un autore, ma un tempo, si è l'esposizione drammatica, venuta a noi coi
romanzi di Walter Scott. E veri romanzi vi sono inseriti, come quello
d'un Rusconi di Como, di Menico e Agnese Sturlini, di Rosalione de'
Lambertenghi, probabilmente cavati da alcuno de' romanzi che imbrattano
oggi la letteratura. Donde può dedursi che questa storia è una
compilazione indigesta di opere, molte delle quali comparvero al fine
della vita del Tamburini o dopo la sua morte, per esempio il Lorente.
Ma fin nel compilare costui si dimentica dell'esser proprio e p. e.
chiama nostro regno il Napoletano (III, 504, 508, 515): e cita
Ferdinando del Pozzo e Carlo Botta (IV, 398) e perfino un breve di
Gregorio XVI. Più se ne dimentica ove, descrivendo a minuto e fuor
affatto di proposito la biblioteca Ambrosiana, vi indica il monumento
del Bossi, opera del Canova, i busti di Byron del Monti, del Pecis,
della Paravicini, del Branca, dell'Oriani, fin il pavimento donato dai
Litta Modignani.
La mia _Storia della Diocesi di Como_ è di qualche anno posteriore alla
morte del Tamburini, eppure mi troverei plagiario, poichè in quest'opera
leggesi parola per parola (IV, 38) quanto io narrai delle streghe del
Comasco e della Valtellina. Quel processo degli untori di cui tanto
parlare si fece in questi anni, lo avea riferito per disteso il
Tamburini molti anni prima (IV, 101) e, vedete combinazione, colle
identiche mie parole. Se non che io vi soggiungeva alcuni fatti di
pretesi avvelenatori, perseguitati a Parigi nel 1835, e il pseudo
Tamburini, questa volta ricordandosi d'esser morto assai prima, gli
applica (pensate con quali incoerenze) alla febbre gialla di Livorno nel
1800, sempre però colle mie parole.
Manzoni ha pubblicato uno de' più bei lavori apologetici sulla Morale
Cattolica, credendo ribattere il Sismondi. S'ingannò. Fu il Tamburini
che, per mostrare quanto malo gl'Italiani intendessero la libertà e
quanti danni abbia lor recato il cattolicismo, stese due capitoli, che
sono _ad verbum_ i due famosi che il Manzoni confutò trionfalmente,
supponendoli del Sismondi.
Non occorre di più per indurre ad assolvere il professore bresciano
dall'aver commesso un libro degno solo dell'invereconda letteratura di
bottega; un libro dettato collo sguajato disprezzo che oggi si usa verso
un pubblico abbandonantesi alla credulità, ch'è uno de' più generali
effetti delle rivoluzioni.
[514] _Esame della confessione auricolare e della vera Chiesa di Gesù
Cristo._ Anno III.
[515] _Della monarchia universale dei papi, discorso umiliato alla
maestà di Ferdinando IV, ed a tutti i sovrani del mondo cristiano._
Napoli 1789. Alcuno la crede opera del siciliano prevosto Minci, ajutato
dallo Scotti, il quale predicando allora nel duomo di Aversa, dovette
partirsene perchè credutone autore.
[516] Nel 1862 fu presentata al parlamento italiano una petizione
acciocchè si erigesse un monumento al Serrao, «uno di quei _pochi_
generosi che sfidarono i fulmini papali gridando alto la verità contro
gli abusi e la corruzione dei preti, minacciando fin d'allora ferire
codesta tenebrosa associazione di tristi, che da 1800 anni conculca le
leggi del pensiero e i diritti dell'uomo».
DISCORSO LV.
L'ERESIA POLITICA.
La rivoluzione francese, protesta e decisa rivolta contro la tradizione
civile e la dottrina teologica, colla smisurata tirannia che è resa
possibile dal surrogarsi della forza materiale al corso regolato della
forza morale, dapprima obbligò il clero a quell'abominio che s'intitolò
costituzione civile, giurata da molti, e in cui conformità molti preti
s'ammogliarono senza acquistare la fiducia del popolo, il quale la
riserbava a coloro che subirono povertà e martirio. Dappoi montata in
frenesia, avea tentato abolire con tutto il passato anche Dio, asserendo
doversi ricominciare da capo il corso dell'umanità secondo il tipo che,
facendo astrazione dai fatti, le esibivano i filosofisti; e provvidenza,
ordine, bene, immortalità dichiarando ipotesi, a cui surrogava le altre
di fatalità, male, forza, niente.
Poco appresso riconosceva la necessità d'un Dio; e dopo un secolo di
preparazione, dopo svigoriti i caratteri e invigoriti gli ordigni del
Governo, la ragione nel suo apogeo inventava una religione, che fu il
più stolido dei culti, subito inabissato sotto i fischi universali.
Revellière Lepeaux, uno dei direttori, che aveva inventato questo
assurdo culto teofilantropico, scriveva al giovane Buonaparte
conquistatore d'Italia, il 21 ottobre 1797: «Bisogna impedire che diasi
un successore a Pio VI: profittar della occasione per istabilire a Roma
un governo rappresentativo, e liberare l'Europa dalla supremazia
papale». Ma Buonaparte, genio dell'ordine e dell'autorità, invece di
_stancar la pazienza_ dei preti, come gli si ordinava, nè di secondare
le beffarde antipatie de' suoi amici, che rideano d'ogni abito diverso
dal loro, trattò col papa, bensì da vincitore, ma con riguardi _come se
avesse centomila bajonette_. Quando egli però fu partito, la repubblica
francese mandò Berthier ad occupare la _moderna Babilonia_, dove fu
gridata la repubblica romana, invocando i mani de' Catoni, de' Pompei,
de' Bruti, de' Ciceroni, degli Ortensj, e rapissi prigioniero in Francia
Pio VI, che vi morì. I filosofi e i soldati esclamarono, «Abbiam sepolto
l'ultimo papa»; i Cattolici temeano per lo meno una lunga vacanza;
eppure a Venezia, cui non lo stilo della romana curia, ma la democrazia
avea carpito l'essere e la libertà, fu raccolto il conclave, ed elettovi
Barnaba Chiaramonti che si chiamò Pio VII, e che presto ricomparve a
Roma, invocato dal popolo e dagli assennati.
L'esperienza sanguinosa anche in Francia strappava le empie illusioni;
gli stessi trionfanti si trovarono spossati dalla vittoria; senza Dio,
la natura parve schifosa, ironica la morale, impossibile la società
dacchè mancava ogni stabile credenza, che dirigesse gli uomini in un
accordo d'atti e d'opinioni; ripullulava il bisogno di fede, di
religiosi conforti; tanti fanciulli rimasti orfani, tante donne
vedovate, sentivano bisogno di rifuggirsi a Quello che è padre e sposo e
immortale; le anime angosciate invocavano i riti ove riconciliarsi col
Dio che consola; le amanti imploravano il Cristo che i loro affetti
santificasse; i soffrenti, la croce che insegnasse la pazienza, e desse
il conforto d'un giudizio, ove saranno rivedute le autorate iniquità dei
potenti. Anche il politico disingannato conoscea dover rintracciare
un'eguaglianza più reale, una libertà men fallace; il pensatore meditava
melanconicamente su quella demolizione del cristianesimo senza
sostituirvi una legge generale dell'uomo e del mondo, senza che nulla
s'interponesse fra il gran tutto che rapivasi all'umanità, e il nulla in
cui la si sobbissava.
Buonaparte, il quale, perchè si sentiva forte, reluttava alla tiranna
de' fiacchi, la pubblica ciarla, anche fra gli scoppj di sua collera e
le ubbriachezze di sua ambizione mostrò sempre e bisogno e desiderio di
riconciliarsi col papa. Pertanto, appena la frenesia di superbia e di
sangue diè luogo a qualche lampo di senso comune, si rannodò l'antico
col nuovo mediante il Concordato, fatto dalla repubblica col papa nel
1801, dove si ristabilivano reciproche relazioni fra la Chiesa e lo
Stato, non secondo astrazioni teoriche, ma in guise positive e pratiche.
Non era il re di Roma, sibbene il sovrano spirituale della società delle
anime che trattava col Governo della Francia; questo assumeva obblighi
affatto materiali, proteggere l'esercizio del culto cattolico,
assicurare un trattamento a' vescovi e parroci ecc., mentre la santa
sede faceva concessioni tutte spirituali; consentiva al magistrato
supremo di proporre i vescovi, e approvare i parroci, ed esigerne il
giuramento. Non fu chiesto che la cattolica tornasse ad essere religione
dello Stato, bastando ne fosse protetta la libertà. Benchè fossero stati
tolti gli Stati ai principi ecclesiastici della Germania, a lui le
Legazioni, alla curia i proventi di Francia, il papa rassegnavasi a
grandi sagrifizj per recuperare il regno primogenito del cristianesimo.
Non istette dunque difficile sui possessi usurpati alle manimorte, le
ricchezze non essendo essenziali al clero, e fu riconosciuta
l'alienazione di quattrocento milioni di beni nazionalizzati. Chiedeasi
il matrimonio dei preti, ma Pio VII, per quanto pien d'amore per la
Francia e d'ammirazione per l'uomo che la dirigeva, rispose potersi
assolvere quei che l'aveano contratto, non autorizzarlo per massima. Nel
1516 tra Francesco I e Leone X erasi convenuto che il re nominerebbe i
vescovi; non volendo nè che, fra la dominante corruzione, la nomina
restasse ai Capitoli, nè che fosse privilegio della Corte romana. Ora
Pio dovette riconoscere una nuova circoscrizione delle diocesi,
uniformata a quella delle provincie, e i vescovi nominati ad esse dal
Console: affinchè non rimanessero scoperte le loro sedi sollecitò egli
medesimo la rinunzia dei vescovi, profughi per aver ricusato il
giuramento; e tutti s'affrettarono ad aderire, colla generosità onde,
allo scoppio della Rivoluzione, gli aristocratici aveano rinunziato ai
loro titoli e privilegi.
Luciano Buonaparte presentando quell'atto al Corpo Legislativo
esclamava: «Avventurata Francia se quest'opera fosse potuta finirsi nel
1789! Chi può calcolare il numero delle vittime che avrebbe
risparmiato?»
Il concordato era un atto fra due potenze indipendenti, sicchè
riconosceva non solo la sovranità morale della Chiesa come società
spirituale visibile, ma anche il principato. Per esso la Chiesa si
rialzava, ma non grondante di martirio e colla croce di legno, bensì
all'ombra di una spada possente. Come indispettivano gli avvocati e i
soldati a tale atto di quel Buonaparte, che veniva intitolato la
rivoluzione fatta uomo! Eppure egli non solo ricostituì il cattolicismo
col Concordato, ma la supremazia del papa sui re col richiedere da esso
la sua consacrazione. In questa egli dovea giurare di mantenere la
libertà dei culti. Ne concepirono scrupolo i cardinali e il pontefice;
ma il cardinal Fesch, a nome di Buonaparte divenuto Napoleone, scriveva:
«La promessa di rispettare e far rispettare la libertà de' culti non è
che l'attuazione della tolleranza civile; non implica la tolleranza
religiosa teologica, che è l'atto interiore d'approvazione; nè la parità
delle altre sette. N'è prova lo stato della persona che deve prestar
giuramento. Il senato sa benissimo che l'imperatore è cattolico. Il
senato, che lo obbliga a seguir il Concordato, professione di fede di
esso imperatore, non volle obbligarlo a un rispetto che implichi la
tolleranza teologica, da cui sarebbe distrutta questa medesima fede e
per conseguenza non volle esigere se non la tolleranza civile»[517].
Ma poichè la Rivoluzione avea proclamato in Francia l'unica autorità
dello Stato, il che nel linguaggio ammodernato s'intitola libertà, la
Chiesa veniva rimessa nella legge, ma sotto la legge; non le restava più
nè personalità distinta, nè proprietà, nè potenza indipendenti; eppure
si mantenevano i sospetti e le esclusioni di cui era stata circondata
quando aveva e stato e potenza e proprietà e indipendenza. E stantechè
l'Italia si foggia sugli esempj di Francia, neppur qua si riuscì fin
adesso a trovarle luogo; riverendola anche, ma come una straniera;
proteggendola come una pupilla; stipendiandola come una dipendente.
Finchè qui dominò la Francia or come repubblica or come regno d'Italia,
di Napoli, d'Etruria, sulla Chiesa pesò tutta la prepotenza napoleonica,
che pretendeva arrolare la volontà e le coscienze sotto i decreti. Il
Concordato che venne conchiuso colla Repubblica Italiana non doveva
imporre tanti sagrifizj, perocchè non trattavasi di ristabilir la
religione, che mai qui non erasi abolita; laonde minori concessioni
occorsero, e vi s'inserì la promessa di non fare altre novità se non
d'accordo colla Santa Sede. Eppure anche qui si pubblicarono gli
articoli organici che Napoleone aveva arbitrariamente soggiunti al
Concordato, e che in tanta parte lo snaturavano: e se pei lamenti del
papa si finse ritirarli, nei decreti del vicepresidente Melzi e del
ministro del culto realmente sussisterono. Mutata quella repubblica in
Regno d'Italia, Napoleone vi soppresse molti conventi, poi tutti; scemò
le parrocchie; prefinì il numero de' seminaristi, e circondava
d'esploratori il Vaticano e i cardinali[518].
Il papa, mansueto e sollecito sopratutto di conservar la religione,
blandiva all'imperatore, ma le preghiere del sacerdote mal potevano
alzarsi a favore del prepotente, se anche la prudenza ratteneva dal
contrariarlo. Il governo pontificio spiaceva non meno ai rivoluzionarj
che ai monarchici, perchè serbava ancora le libertà storiche ch'essi
detestavano; non avea coscrizione, tributi moderatissimi, piene
franchigie municipali; non aspirava ad ampliare i possedimenti; vero
tipo d'un governo elettivo, facea vivo contrapposto all'irrequietudine
gloriosa e alla democratica tirannia de' governi nuovi. Il Consalvi
ministro di Stato ricusava prender parte alle guerre di Napoleone, non
meno che alle coalizioni ostili ad esso: ma avendo questi rotto
nimicizia al regno di Napoli, i capibanda comparvero nelle montagne
limitrofe al reame, eccitando le popolazioni alle armi; in Roma si
costituirono due comitati, e coglievasi ogni occasione di palesar odio
al prepotente francese. Napoleone se ne lagnava, ed è curioso il veder
quanto allora insistesse perchè il papa cacciasse da Roma Vittorio
Emanuele, i cui successori vorrebbero ora cacciare da Roma il papa.
Ormai nei concetti del conquistatore più non restava luogo a prudenza o
moderazione, più non sapeva arrestarsi sulla curva, che pareva
sollevarlo al vertice e lo portava all'abisso. Risoluto d'involger anche
le credenze e il culto nel despotismo amministrativo, pensava
impossessarsi del restante Stato pontifizio. A chi gli mostrava come un
papa senza regno sarebbe di necessità servo ad un re, e in conseguenza
repudiato dagli altri. Napoleone rispondeva: «Finchè l'Europa riconobbe
diversi signori,» certo non era decente che il papa fosse soggetto a uno
in particolare. «Ma ora che l'Europa non riconosce altro signore che
me?» Vale a dire che, dimenticando esser il papa capo non della sola
Europa, metteva come condizione necessaria della sudditanza di quello la
servitù di tutti i popoli[519].
Pure lo sbalzar di seggio un regnante, da cui testè egli aveva chiesta
la sacra unzione, produrrebbe impressione sinistra; per ciuffare un
piccolo territorio, per sottomettere il più debole e inoffensivo de'
principi, rischiava di veder scandolezzate le coscienze cattoliche,
dissipato il dogma dell'autorità, ch'egli tanto faticava a ripristinare:
e la Chiesa potrebbe colpire ancora di maledizioni la fronte che testè
aveva consacrata.
Che importa? più egli non tollera alcuna volontà reluttante alla sua;
Pio continui ad essere papa, ma non impacci i grandiosi divisamenti del
guerriero; nè Roma neghi all'imperatore quell'obbedienza che gli rendono
Milano, Venezia, Firenze, Napoli. «Tutta l'Italia sarà sottoposta a'
miei ordini (scriveva soldatescamente al papa). Di Roma voi siete il
sovrano, ma l'imperatore ne son io; i miei nemici devono esser nemici
vostri. La lentezza di Roma a dar le dispense e ad approvare i miei
vescovi, è insopportabile; io non posso trascinar per un anno ciò che
deve compiersi in quindici giorni».
Un papa politico avrebbe potuto simulare e dissimulare, guadagnar tempo,
condiscendere in qualche parte per assicurare il tutto; ma Pio VII era
un buon prete, altamente compreso della divina autorità del pontificato,
fedelissimo a quella morale che non capitola colla menzogna, e al dovere
di tramandar intatta l'autorità ricevuta in deposito. Consultò il sacro
collegio, e i cardinali, già da un pezzo persuasi che, o piegasse o
resistesse, Roma sarebbe travolta nel vortice, opinavano pel partito più
dignitoso; ricusare l'alleanza colla Francia, poichè essa condurrebbe a
guerra con tutta la cristianità, provocherebbe Russi e Inglesi a
perseguitare i Cattolici loro sudditi; repugnerebbe all'affezione che il
pontefice deve a tutti i credenti.
Napoleone se n'offendeva, come fa sempre il prepotente agli atti di
dignità, e presto procedette al segno di spossessare il pontefice,
allegando la donazione di Carlomagno, che certo fu non solo più giusto,
ma meno barbaro e men inurbano di lui, e trascinarlo prigioniero.
Questi ricusò allora d'investire nuovi vescovi, talchè le sedi
rimanevano vacanti, scarmigliate le Chiese, conturbate le coscienze.
Napoleone, la più magnifica personificazione di quel potere monarchico,
che avea raccolto dal fango e ingloriava di sangue, indignavasi contro
questi preti che tengono per sè l'azione sugli spiriti, pretendendo
lasciare ai re soltanto il corpo; e tentò rimediarvi col fare dall'alto
clero di Parigi dichiarare, che sta a ciascun Capitolo il conferire
l'amministrazione della diocesi al vescovo eletto dal principe, senza
bisogno dell'istituzione pontifizia. Allora obbliga tutti i Capitoli
dell'impero e del regno a rispondere a tal dichiarazione. I più in
Italia vi aderirono; tanto pareva impossibile resistere a un così forte:
anzi i nostri aggiungevano che il corpo dei vescovi in attività
rappresenta la Chiesa; che qualunque istituzione di Roma è affatto
estranea alla gerarchia ecclesiastica nel governo della Chiesa; che
l'istituzione canonica e la professione di fede e di obbedienza sono
restrizioni, messe tardi dai pontefici alla podestà vescovile, la quale
è d'origine divina al pari della papale[520].
Coloro che credono tutto novità perchè non vogliono la fatica di
guardare ciò che fu jeri, comprendano che, anche vivi noi, bollí quanto
oggi quel conflitto, deplorabile ma forse necessario, della potenza
materiale colla morale, del sistema politico col religioso, del popolo
vero col popolo letterato e officiale.
Forte dell'altrui pusillanimità, Napoleone intima a Parigi un Concilio
di tutti i prelati del regno e dell'impero, assumendosi la parte che
Costantino imperatore sostenne al Concilio di Nicea. A quell'assemblea
fu proposto: «Il papa può, per ragioni temporali, ricusar il suo
concorso agli affari spirituali? — Non sarebbe dicevole che il
concistoro fosse composto di prelati di tutte le nazioni? — Può il papa
rovinar la Chiesa col ricusare l'istituzione ai vescovi? — Come
prevenire che il papa non diffonda bolle di scomunica, eccessi
repugnanti alla carità cristiana e all'indipendenza dei troni?».
Ma i vescovi congregati ripigliarono quel coraggio che disgiunti aveano
perduto, e proposero una questione pregiudiziale; se avessero diritto a
radunarsi senza il beneplacito del pontefice. Per tanto elusero le
quistioni; spedirono al papa la loro sommessione, e l'imperatore
affrettossi a scioglierli. Così fu causato l'imminente pericolo d'uno
scisma.
Contro quel caparbio di papa che persisteva nel _non è lecito_ e
nell'asserire il diritto, gl'idolatri della forza non rifinivano di
declamare, quasi portasse la rovina d'Italia e della religione; essi che
applaudirebbero quando il vescovo di Cantorbery a nome del suo clero
s'inginocchia alla regina Vittoria per porgerle una supplica,
premettendo la professione di credere fermamente la supremazia della
Sovrana sulle materie ecclesiastiche. Pio VII, che ricordava sempre la
mano che rialzò gli altari, non quella che minacciava schiaffeggiarlo, e
che diceva, «Se non fosse dovere pel successore di san Pietro il
risedere in Roma, ameremmo fissarci in Francia», rassegnavasi agli
oltraggi del forte e dei vili; e «Se bisognerà rinunziare alla tiara,
vedano almeno gli avvenire che non ne eravamo indegni. Il mio
predecessore ne' giorni prosperi avea l'impeto d'un leone, e morì da
agnello: io vissi come un agnello, ma saprò difendermi e morire da
leone». E all'imperatore scriveva: «Sovvengavi che Dio è re sopra i re;
che non eccettuerà nessuno; che non risparmierà qualsiasi grandezza; si
mostrerà, e presto, in forma terribile, e i forti saranno giudicati
fortemente». Ai sudditi suoi ne' paesi occupati dichiarava non poter
esser lecito qualsiasi atto che direttamente o indirettamente tenda a
coadjuvare una usurpazione così notoriamente ingiusta e sacrilega, ed a
stabilirne e consolidarne l'esercizio»[521].
Intanto vescovi e cardinali stavano dispersi e relegati, come li vedemmo
noi testè. Roma deperiva, vedovata del papa e della Corte, che ne
alimentavano la vita: pochi traviarono; la fede produceva la speranza, e
«la resistenza di questi pretocoli (scrive Cesare Balbo) fu veramente
meravigliosa; fu la sola resistenza italiana di quel tempo».
Invano Napoleone fece pubblicare un catechismo che fosse unico per tutto
l'impero, dove l'obbedire a lui e il servirlo nel civile e nel militare
veniva posto fra i primarj comandamenti di Dio[522]. Le coscienze
restavano turbate; gli onest'uomini vacillavano nell'eseguire gli ordini
dello scomunicato; il popolo rabbrividiva e pensava quel che De Maistre
diceva alto: «Napoleone se la piglia col papa; la sua ruina è certa».
In fatto lo scontento de' popoli ispirò fidanza ai nemici, che presto
spezzarono il colosso. Nel congresso radunatosi nel 1815 per rassettare
l'Europa, si considerò come se il papa non fosse mai stato tocco, e gli
si restituirono i dominj, salvo alcuni brani pei quali esso protestò.
D'immensa letizia giubilarono gl'Italiani pel ritorno del pontefice. Ma
la rivoluzione che alla democrazia, alle forze molteplici, alla fede
avea sostituito la monarchia, la forza, l'unità materiale, conculcando
il municipio, l'autorità, il passato, obbligò ad accettare le novità
introdotte da essa, e stabilire un governo centrale, invece d'una
confederazione di municipj, quale fin allora era lo Stato pontifizio.
Quindi numerosi impiegati, imposte e tutto il resto, eccetto la
coscrizione; e del non aver voluto questo tributo di sangue si fece e si
fa principal carico ai papi, in un tempo ove gli Stati non ottengono
considerazione che pel numero de' soldati. Confondendo l'amministrazione
della città collo Stato, concentrando moltissimi affari e tutto il
potere esecutivo nella segreteria di Stato, si spense la vita
municipale, e si sminuì la partecipazione de' cardinali alla sovranità.
Di ciò vediamo le conseguenze.
Nell'ecclesiastico la cura primaria de' pontefici fu restaurare la
disciplina, e accordarsi coi principi per regolare le reciproche
relazioni della Chiesa collo Stato. Riusciva difficile il combinare
coll'inveterata disciplina le nuove pretensioni filosofiche e
giansenistiche, adottate dai regalisti; e i principi, che tanto aveano
bisogno di assodare l'autorità, la scassinavano col mostrare gelosia di
colui che n'è il simbolo e la fonte; e cercavano lode dai liberal-astri
coll'abbattere qualche ostacolo che i privilegi ecclesiastici mettesser
all'onnipotenza amministrativa.
Negli Stati pontifizj, dove il capo dello Stato è anche capo della
Chiesa, e sta in vigore il diritto canonico, non è possibile nasca
conflitto fra le due potestà; nè si aveva a pretendervi l'indifferenza
religiosa, benchè vi regnasse la tolleranza civile, avendo luoghi di
preghiera persino in Roma, non soltanto gli Ebrei, ma i varj culti
acattolici.
Negli altri paesi italici si fecero varj concordati con minori o
maggiori restrizioni alla podestà ecclesiastica. Più degli altri devoto
a questa il Piemonte, conservava le immunità reali e personali del
clero, benchè ripudiasse certe antiquate cerimonie; ottenne una nuova
circoscrizione delle sedi vescovili sotto i quattro metropoliti di
Vercelli, Torino, Genova, Ciambery.
Anche nel concordato col regno di Napoli del 1818, modificato da una
convenzione del 1839, lasciossi libertà ai vescovi di convocare sinodi,
di pubblicare istruzioni, di giudicare le cause benefiziarie e
matrimoniali, di rivedere i processi dei preti condannati a morte.
Ma la libertà della Chiesa non appariva che come una concessione; ad
essa toccava l'odiosità di dominante, senza i vantaggi d'essere
indipendente, poichè la burocrazia mostravasi gelosa dell'autorità sua,
e l'attraversava in ogni modo. «I venti vescovi della Toscana (diceva
Neri Corsini) se non sono assiduamente vigilati dal Governo, possono da
un giorno all'altro sovvoltare il paese a piacere di Roma. Continua vuol
essere la sorveglianza, circospetta, preventiva, onde evitare scandali e
clamori, i quali irritano i tanti devoti che credono e non ragionano». E
il presidente Peyretti, all'ambasciadore sardo a Roma scriveva: «Tutto
fascicoli una _Storia generale dell'Inquisizione del cavaliere_ PIETRO
TAMBURINI che forma quattro giusti volumi, con moltissime figure
intercalate, a gran rinforzo di colori neri e rossi, dove in modo
ciarlatanesco son rappresentati tutti i tormenti che mai l'Inquisizione
abbia inflitti o potuti infliggere, uomini sull'eculeo, sulla ruota,
alla gogna, sul fuoco, sempre con frati che fanno da manigoldi. In una
_Innocenzo III ordina a Domenico Guzman la strage degli Albigesi_: in
una _Clemente V e Filippo il bello stabiliscono l'eccidio de' Templari_;
così figuratevi delle altre, e comprenderete come quest'opera aduli
bassamente a basse passioni di moda. Vi si legge che «Dante fu accusato
d'eresia, più presto per ira sacerdotale che per altro» (II, 138) mentre
ognun sa che appunto d'eresia è lodato dai nemici dei preti. Fin
Giovanna d'Arco è vittima dell'Inquisizione; tanto più il Porcari, e Don
Carlos, e il Savonarola, al cui supplizio assiste un cardinale ridendo.
L'autore disapprova tutti gli Ordini religiosi, e il _sistema
misofisico, anticristiano e antisociale del celibato jeratico_, eppure
de' Gesuiti non vuol decider _se sieno stati utili o nocivi allo Stato e
a' costumi; ma non si può dissimulare che la loro istituzione fu
infinitamente vantaggiosa al cattolicismo_ (III, 591).
Vi precede una vita del Tamburini scritta col fiele, massime _contro
quei ribaldi del temporale_, e al fine di essa è detto che negli ultimi
suoi anni vergò questa storia dell'Inquisizione, e la confidò al nipote
del suo amico Zola.
Che c'è di vero in ciò? quest'opera deve essa pesar sulla memoria del
professore bresciano, col cui nome fu ed è annunziata sui muri delle
città fra le figure di miseri straziati, e di monaci strazianti?
Alcune frasi che ho citate già fecero sospettare al lettore un alito più
recente, se anche non avesse dubitato che un vecchio ottagenario,
potesse compiere un lavoro che, a quel tempo, richiedeva, a tacer il
resto, una ricerca di libri e documenti, non solita al Tamburini, al
quale il corredo storico, per rinfiancare le sue controversie era
esibito dallo Zola.
Il Tamburini poi potè errare nella mutilazione d'alcune verità,
nell'applicazione d'alcune dottrine, ma queste appartenendo alla scuola
che non rinnega il cattolicismo, e tanto meno il cristianesimo; e cui
carattere era di disobbedire protestando obbedienza: di spinger
all'eccesso il rigor della morale e gli atti di pietà, e assiderar col
gelo razionale il calor della vita cristiana, badando più alla giustizia
di Dio che alla sua misericordia.
Ora in quest'opera v'è capitoli che si direbbero d'un pio scrittore, ma
altre volte, e massime nella conclusione, v'è conculcata affatto la
credenza avita, come potrebbe fare qualunque folliculare odierno, con
assoluta intelligenza dei tempi ed ostinata mancanza di giudizio; non
solo col soffio, ma colla fraseologia di Quinet e Michelet, vi presenta
_il mostruoso simulacro chiamato il pontefice_: ripete le plebee
sciatterie contro il papa-re; e vuol perfino vedere nelle streghe un
sintomo della continua riconquista che il diavolo fa sopra Dio. E
computando tutte le persone che perirono, non già per l'Inquisizione, ma
pel cristianesimo conchiude che 17,899,600 _furono le vittime della
rabbia religiosa cristiana_.
Oltre questi sentimenti affatto consoni alle effervescenze d'oggi, molte
frasi tengono o del moderno come i profughi _tolti delle madri al caro
eloquio_: o affatto del forastiere come _Lancre che menò di galoppo il
processo a briglie sciolte_ (IV, 38). Un modo che caratterizza non solo
un autore, ma un tempo, si è l'esposizione drammatica, venuta a noi coi
romanzi di Walter Scott. E veri romanzi vi sono inseriti, come quello
d'un Rusconi di Como, di Menico e Agnese Sturlini, di Rosalione de'
Lambertenghi, probabilmente cavati da alcuno de' romanzi che imbrattano
oggi la letteratura. Donde può dedursi che questa storia è una
compilazione indigesta di opere, molte delle quali comparvero al fine
della vita del Tamburini o dopo la sua morte, per esempio il Lorente.
Ma fin nel compilare costui si dimentica dell'esser proprio e p. e.
chiama nostro regno il Napoletano (III, 504, 508, 515): e cita
Ferdinando del Pozzo e Carlo Botta (IV, 398) e perfino un breve di
Gregorio XVI. Più se ne dimentica ove, descrivendo a minuto e fuor
affatto di proposito la biblioteca Ambrosiana, vi indica il monumento
del Bossi, opera del Canova, i busti di Byron del Monti, del Pecis,
della Paravicini, del Branca, dell'Oriani, fin il pavimento donato dai
Litta Modignani.
La mia _Storia della Diocesi di Como_ è di qualche anno posteriore alla
morte del Tamburini, eppure mi troverei plagiario, poichè in quest'opera
leggesi parola per parola (IV, 38) quanto io narrai delle streghe del
Comasco e della Valtellina. Quel processo degli untori di cui tanto
parlare si fece in questi anni, lo avea riferito per disteso il
Tamburini molti anni prima (IV, 101) e, vedete combinazione, colle
identiche mie parole. Se non che io vi soggiungeva alcuni fatti di
pretesi avvelenatori, perseguitati a Parigi nel 1835, e il pseudo
Tamburini, questa volta ricordandosi d'esser morto assai prima, gli
applica (pensate con quali incoerenze) alla febbre gialla di Livorno nel
1800, sempre però colle mie parole.
Manzoni ha pubblicato uno de' più bei lavori apologetici sulla Morale
Cattolica, credendo ribattere il Sismondi. S'ingannò. Fu il Tamburini
che, per mostrare quanto malo gl'Italiani intendessero la libertà e
quanti danni abbia lor recato il cattolicismo, stese due capitoli, che
sono _ad verbum_ i due famosi che il Manzoni confutò trionfalmente,
supponendoli del Sismondi.
Non occorre di più per indurre ad assolvere il professore bresciano
dall'aver commesso un libro degno solo dell'invereconda letteratura di
bottega; un libro dettato collo sguajato disprezzo che oggi si usa verso
un pubblico abbandonantesi alla credulità, ch'è uno de' più generali
effetti delle rivoluzioni.
[514] _Esame della confessione auricolare e della vera Chiesa di Gesù
Cristo._ Anno III.
[515] _Della monarchia universale dei papi, discorso umiliato alla
maestà di Ferdinando IV, ed a tutti i sovrani del mondo cristiano._
Napoli 1789. Alcuno la crede opera del siciliano prevosto Minci, ajutato
dallo Scotti, il quale predicando allora nel duomo di Aversa, dovette
partirsene perchè credutone autore.
[516] Nel 1862 fu presentata al parlamento italiano una petizione
acciocchè si erigesse un monumento al Serrao, «uno di quei _pochi_
generosi che sfidarono i fulmini papali gridando alto la verità contro
gli abusi e la corruzione dei preti, minacciando fin d'allora ferire
codesta tenebrosa associazione di tristi, che da 1800 anni conculca le
leggi del pensiero e i diritti dell'uomo».
DISCORSO LV.
L'ERESIA POLITICA.
La rivoluzione francese, protesta e decisa rivolta contro la tradizione
civile e la dottrina teologica, colla smisurata tirannia che è resa
possibile dal surrogarsi della forza materiale al corso regolato della
forza morale, dapprima obbligò il clero a quell'abominio che s'intitolò
costituzione civile, giurata da molti, e in cui conformità molti preti
s'ammogliarono senza acquistare la fiducia del popolo, il quale la
riserbava a coloro che subirono povertà e martirio. Dappoi montata in
frenesia, avea tentato abolire con tutto il passato anche Dio, asserendo
doversi ricominciare da capo il corso dell'umanità secondo il tipo che,
facendo astrazione dai fatti, le esibivano i filosofisti; e provvidenza,
ordine, bene, immortalità dichiarando ipotesi, a cui surrogava le altre
di fatalità, male, forza, niente.
Poco appresso riconosceva la necessità d'un Dio; e dopo un secolo di
preparazione, dopo svigoriti i caratteri e invigoriti gli ordigni del
Governo, la ragione nel suo apogeo inventava una religione, che fu il
più stolido dei culti, subito inabissato sotto i fischi universali.
Revellière Lepeaux, uno dei direttori, che aveva inventato questo
assurdo culto teofilantropico, scriveva al giovane Buonaparte
conquistatore d'Italia, il 21 ottobre 1797: «Bisogna impedire che diasi
un successore a Pio VI: profittar della occasione per istabilire a Roma
un governo rappresentativo, e liberare l'Europa dalla supremazia
papale». Ma Buonaparte, genio dell'ordine e dell'autorità, invece di
_stancar la pazienza_ dei preti, come gli si ordinava, nè di secondare
le beffarde antipatie de' suoi amici, che rideano d'ogni abito diverso
dal loro, trattò col papa, bensì da vincitore, ma con riguardi _come se
avesse centomila bajonette_. Quando egli però fu partito, la repubblica
francese mandò Berthier ad occupare la _moderna Babilonia_, dove fu
gridata la repubblica romana, invocando i mani de' Catoni, de' Pompei,
de' Bruti, de' Ciceroni, degli Ortensj, e rapissi prigioniero in Francia
Pio VI, che vi morì. I filosofi e i soldati esclamarono, «Abbiam sepolto
l'ultimo papa»; i Cattolici temeano per lo meno una lunga vacanza;
eppure a Venezia, cui non lo stilo della romana curia, ma la democrazia
avea carpito l'essere e la libertà, fu raccolto il conclave, ed elettovi
Barnaba Chiaramonti che si chiamò Pio VII, e che presto ricomparve a
Roma, invocato dal popolo e dagli assennati.
L'esperienza sanguinosa anche in Francia strappava le empie illusioni;
gli stessi trionfanti si trovarono spossati dalla vittoria; senza Dio,
la natura parve schifosa, ironica la morale, impossibile la società
dacchè mancava ogni stabile credenza, che dirigesse gli uomini in un
accordo d'atti e d'opinioni; ripullulava il bisogno di fede, di
religiosi conforti; tanti fanciulli rimasti orfani, tante donne
vedovate, sentivano bisogno di rifuggirsi a Quello che è padre e sposo e
immortale; le anime angosciate invocavano i riti ove riconciliarsi col
Dio che consola; le amanti imploravano il Cristo che i loro affetti
santificasse; i soffrenti, la croce che insegnasse la pazienza, e desse
il conforto d'un giudizio, ove saranno rivedute le autorate iniquità dei
potenti. Anche il politico disingannato conoscea dover rintracciare
un'eguaglianza più reale, una libertà men fallace; il pensatore meditava
melanconicamente su quella demolizione del cristianesimo senza
sostituirvi una legge generale dell'uomo e del mondo, senza che nulla
s'interponesse fra il gran tutto che rapivasi all'umanità, e il nulla in
cui la si sobbissava.
Buonaparte, il quale, perchè si sentiva forte, reluttava alla tiranna
de' fiacchi, la pubblica ciarla, anche fra gli scoppj di sua collera e
le ubbriachezze di sua ambizione mostrò sempre e bisogno e desiderio di
riconciliarsi col papa. Pertanto, appena la frenesia di superbia e di
sangue diè luogo a qualche lampo di senso comune, si rannodò l'antico
col nuovo mediante il Concordato, fatto dalla repubblica col papa nel
1801, dove si ristabilivano reciproche relazioni fra la Chiesa e lo
Stato, non secondo astrazioni teoriche, ma in guise positive e pratiche.
Non era il re di Roma, sibbene il sovrano spirituale della società delle
anime che trattava col Governo della Francia; questo assumeva obblighi
affatto materiali, proteggere l'esercizio del culto cattolico,
assicurare un trattamento a' vescovi e parroci ecc., mentre la santa
sede faceva concessioni tutte spirituali; consentiva al magistrato
supremo di proporre i vescovi, e approvare i parroci, ed esigerne il
giuramento. Non fu chiesto che la cattolica tornasse ad essere religione
dello Stato, bastando ne fosse protetta la libertà. Benchè fossero stati
tolti gli Stati ai principi ecclesiastici della Germania, a lui le
Legazioni, alla curia i proventi di Francia, il papa rassegnavasi a
grandi sagrifizj per recuperare il regno primogenito del cristianesimo.
Non istette dunque difficile sui possessi usurpati alle manimorte, le
ricchezze non essendo essenziali al clero, e fu riconosciuta
l'alienazione di quattrocento milioni di beni nazionalizzati. Chiedeasi
il matrimonio dei preti, ma Pio VII, per quanto pien d'amore per la
Francia e d'ammirazione per l'uomo che la dirigeva, rispose potersi
assolvere quei che l'aveano contratto, non autorizzarlo per massima. Nel
1516 tra Francesco I e Leone X erasi convenuto che il re nominerebbe i
vescovi; non volendo nè che, fra la dominante corruzione, la nomina
restasse ai Capitoli, nè che fosse privilegio della Corte romana. Ora
Pio dovette riconoscere una nuova circoscrizione delle diocesi,
uniformata a quella delle provincie, e i vescovi nominati ad esse dal
Console: affinchè non rimanessero scoperte le loro sedi sollecitò egli
medesimo la rinunzia dei vescovi, profughi per aver ricusato il
giuramento; e tutti s'affrettarono ad aderire, colla generosità onde,
allo scoppio della Rivoluzione, gli aristocratici aveano rinunziato ai
loro titoli e privilegi.
Luciano Buonaparte presentando quell'atto al Corpo Legislativo
esclamava: «Avventurata Francia se quest'opera fosse potuta finirsi nel
1789! Chi può calcolare il numero delle vittime che avrebbe
risparmiato?»
Il concordato era un atto fra due potenze indipendenti, sicchè
riconosceva non solo la sovranità morale della Chiesa come società
spirituale visibile, ma anche il principato. Per esso la Chiesa si
rialzava, ma non grondante di martirio e colla croce di legno, bensì
all'ombra di una spada possente. Come indispettivano gli avvocati e i
soldati a tale atto di quel Buonaparte, che veniva intitolato la
rivoluzione fatta uomo! Eppure egli non solo ricostituì il cattolicismo
col Concordato, ma la supremazia del papa sui re col richiedere da esso
la sua consacrazione. In questa egli dovea giurare di mantenere la
libertà dei culti. Ne concepirono scrupolo i cardinali e il pontefice;
ma il cardinal Fesch, a nome di Buonaparte divenuto Napoleone, scriveva:
«La promessa di rispettare e far rispettare la libertà de' culti non è
che l'attuazione della tolleranza civile; non implica la tolleranza
religiosa teologica, che è l'atto interiore d'approvazione; nè la parità
delle altre sette. N'è prova lo stato della persona che deve prestar
giuramento. Il senato sa benissimo che l'imperatore è cattolico. Il
senato, che lo obbliga a seguir il Concordato, professione di fede di
esso imperatore, non volle obbligarlo a un rispetto che implichi la
tolleranza teologica, da cui sarebbe distrutta questa medesima fede e
per conseguenza non volle esigere se non la tolleranza civile»[517].
Ma poichè la Rivoluzione avea proclamato in Francia l'unica autorità
dello Stato, il che nel linguaggio ammodernato s'intitola libertà, la
Chiesa veniva rimessa nella legge, ma sotto la legge; non le restava più
nè personalità distinta, nè proprietà, nè potenza indipendenti; eppure
si mantenevano i sospetti e le esclusioni di cui era stata circondata
quando aveva e stato e potenza e proprietà e indipendenza. E stantechè
l'Italia si foggia sugli esempj di Francia, neppur qua si riuscì fin
adesso a trovarle luogo; riverendola anche, ma come una straniera;
proteggendola come una pupilla; stipendiandola come una dipendente.
Finchè qui dominò la Francia or come repubblica or come regno d'Italia,
di Napoli, d'Etruria, sulla Chiesa pesò tutta la prepotenza napoleonica,
che pretendeva arrolare la volontà e le coscienze sotto i decreti. Il
Concordato che venne conchiuso colla Repubblica Italiana non doveva
imporre tanti sagrifizj, perocchè non trattavasi di ristabilir la
religione, che mai qui non erasi abolita; laonde minori concessioni
occorsero, e vi s'inserì la promessa di non fare altre novità se non
d'accordo colla Santa Sede. Eppure anche qui si pubblicarono gli
articoli organici che Napoleone aveva arbitrariamente soggiunti al
Concordato, e che in tanta parte lo snaturavano: e se pei lamenti del
papa si finse ritirarli, nei decreti del vicepresidente Melzi e del
ministro del culto realmente sussisterono. Mutata quella repubblica in
Regno d'Italia, Napoleone vi soppresse molti conventi, poi tutti; scemò
le parrocchie; prefinì il numero de' seminaristi, e circondava
d'esploratori il Vaticano e i cardinali[518].
Il papa, mansueto e sollecito sopratutto di conservar la religione,
blandiva all'imperatore, ma le preghiere del sacerdote mal potevano
alzarsi a favore del prepotente, se anche la prudenza ratteneva dal
contrariarlo. Il governo pontificio spiaceva non meno ai rivoluzionarj
che ai monarchici, perchè serbava ancora le libertà storiche ch'essi
detestavano; non avea coscrizione, tributi moderatissimi, piene
franchigie municipali; non aspirava ad ampliare i possedimenti; vero
tipo d'un governo elettivo, facea vivo contrapposto all'irrequietudine
gloriosa e alla democratica tirannia de' governi nuovi. Il Consalvi
ministro di Stato ricusava prender parte alle guerre di Napoleone, non
meno che alle coalizioni ostili ad esso: ma avendo questi rotto
nimicizia al regno di Napoli, i capibanda comparvero nelle montagne
limitrofe al reame, eccitando le popolazioni alle armi; in Roma si
costituirono due comitati, e coglievasi ogni occasione di palesar odio
al prepotente francese. Napoleone se ne lagnava, ed è curioso il veder
quanto allora insistesse perchè il papa cacciasse da Roma Vittorio
Emanuele, i cui successori vorrebbero ora cacciare da Roma il papa.
Ormai nei concetti del conquistatore più non restava luogo a prudenza o
moderazione, più non sapeva arrestarsi sulla curva, che pareva
sollevarlo al vertice e lo portava all'abisso. Risoluto d'involger anche
le credenze e il culto nel despotismo amministrativo, pensava
impossessarsi del restante Stato pontifizio. A chi gli mostrava come un
papa senza regno sarebbe di necessità servo ad un re, e in conseguenza
repudiato dagli altri. Napoleone rispondeva: «Finchè l'Europa riconobbe
diversi signori,» certo non era decente che il papa fosse soggetto a uno
in particolare. «Ma ora che l'Europa non riconosce altro signore che
me?» Vale a dire che, dimenticando esser il papa capo non della sola
Europa, metteva come condizione necessaria della sudditanza di quello la
servitù di tutti i popoli[519].
Pure lo sbalzar di seggio un regnante, da cui testè egli aveva chiesta
la sacra unzione, produrrebbe impressione sinistra; per ciuffare un
piccolo territorio, per sottomettere il più debole e inoffensivo de'
principi, rischiava di veder scandolezzate le coscienze cattoliche,
dissipato il dogma dell'autorità, ch'egli tanto faticava a ripristinare:
e la Chiesa potrebbe colpire ancora di maledizioni la fronte che testè
aveva consacrata.
Che importa? più egli non tollera alcuna volontà reluttante alla sua;
Pio continui ad essere papa, ma non impacci i grandiosi divisamenti del
guerriero; nè Roma neghi all'imperatore quell'obbedienza che gli rendono
Milano, Venezia, Firenze, Napoli. «Tutta l'Italia sarà sottoposta a'
miei ordini (scriveva soldatescamente al papa). Di Roma voi siete il
sovrano, ma l'imperatore ne son io; i miei nemici devono esser nemici
vostri. La lentezza di Roma a dar le dispense e ad approvare i miei
vescovi, è insopportabile; io non posso trascinar per un anno ciò che
deve compiersi in quindici giorni».
Un papa politico avrebbe potuto simulare e dissimulare, guadagnar tempo,
condiscendere in qualche parte per assicurare il tutto; ma Pio VII era
un buon prete, altamente compreso della divina autorità del pontificato,
fedelissimo a quella morale che non capitola colla menzogna, e al dovere
di tramandar intatta l'autorità ricevuta in deposito. Consultò il sacro
collegio, e i cardinali, già da un pezzo persuasi che, o piegasse o
resistesse, Roma sarebbe travolta nel vortice, opinavano pel partito più
dignitoso; ricusare l'alleanza colla Francia, poichè essa condurrebbe a
guerra con tutta la cristianità, provocherebbe Russi e Inglesi a
perseguitare i Cattolici loro sudditi; repugnerebbe all'affezione che il
pontefice deve a tutti i credenti.
Napoleone se n'offendeva, come fa sempre il prepotente agli atti di
dignità, e presto procedette al segno di spossessare il pontefice,
allegando la donazione di Carlomagno, che certo fu non solo più giusto,
ma meno barbaro e men inurbano di lui, e trascinarlo prigioniero.
Questi ricusò allora d'investire nuovi vescovi, talchè le sedi
rimanevano vacanti, scarmigliate le Chiese, conturbate le coscienze.
Napoleone, la più magnifica personificazione di quel potere monarchico,
che avea raccolto dal fango e ingloriava di sangue, indignavasi contro
questi preti che tengono per sè l'azione sugli spiriti, pretendendo
lasciare ai re soltanto il corpo; e tentò rimediarvi col fare dall'alto
clero di Parigi dichiarare, che sta a ciascun Capitolo il conferire
l'amministrazione della diocesi al vescovo eletto dal principe, senza
bisogno dell'istituzione pontifizia. Allora obbliga tutti i Capitoli
dell'impero e del regno a rispondere a tal dichiarazione. I più in
Italia vi aderirono; tanto pareva impossibile resistere a un così forte:
anzi i nostri aggiungevano che il corpo dei vescovi in attività
rappresenta la Chiesa; che qualunque istituzione di Roma è affatto
estranea alla gerarchia ecclesiastica nel governo della Chiesa; che
l'istituzione canonica e la professione di fede e di obbedienza sono
restrizioni, messe tardi dai pontefici alla podestà vescovile, la quale
è d'origine divina al pari della papale[520].
Coloro che credono tutto novità perchè non vogliono la fatica di
guardare ciò che fu jeri, comprendano che, anche vivi noi, bollí quanto
oggi quel conflitto, deplorabile ma forse necessario, della potenza
materiale colla morale, del sistema politico col religioso, del popolo
vero col popolo letterato e officiale.
Forte dell'altrui pusillanimità, Napoleone intima a Parigi un Concilio
di tutti i prelati del regno e dell'impero, assumendosi la parte che
Costantino imperatore sostenne al Concilio di Nicea. A quell'assemblea
fu proposto: «Il papa può, per ragioni temporali, ricusar il suo
concorso agli affari spirituali? — Non sarebbe dicevole che il
concistoro fosse composto di prelati di tutte le nazioni? — Può il papa
rovinar la Chiesa col ricusare l'istituzione ai vescovi? — Come
prevenire che il papa non diffonda bolle di scomunica, eccessi
repugnanti alla carità cristiana e all'indipendenza dei troni?».
Ma i vescovi congregati ripigliarono quel coraggio che disgiunti aveano
perduto, e proposero una questione pregiudiziale; se avessero diritto a
radunarsi senza il beneplacito del pontefice. Per tanto elusero le
quistioni; spedirono al papa la loro sommessione, e l'imperatore
affrettossi a scioglierli. Così fu causato l'imminente pericolo d'uno
scisma.
Contro quel caparbio di papa che persisteva nel _non è lecito_ e
nell'asserire il diritto, gl'idolatri della forza non rifinivano di
declamare, quasi portasse la rovina d'Italia e della religione; essi che
applaudirebbero quando il vescovo di Cantorbery a nome del suo clero
s'inginocchia alla regina Vittoria per porgerle una supplica,
premettendo la professione di credere fermamente la supremazia della
Sovrana sulle materie ecclesiastiche. Pio VII, che ricordava sempre la
mano che rialzò gli altari, non quella che minacciava schiaffeggiarlo, e
che diceva, «Se non fosse dovere pel successore di san Pietro il
risedere in Roma, ameremmo fissarci in Francia», rassegnavasi agli
oltraggi del forte e dei vili; e «Se bisognerà rinunziare alla tiara,
vedano almeno gli avvenire che non ne eravamo indegni. Il mio
predecessore ne' giorni prosperi avea l'impeto d'un leone, e morì da
agnello: io vissi come un agnello, ma saprò difendermi e morire da
leone». E all'imperatore scriveva: «Sovvengavi che Dio è re sopra i re;
che non eccettuerà nessuno; che non risparmierà qualsiasi grandezza; si
mostrerà, e presto, in forma terribile, e i forti saranno giudicati
fortemente». Ai sudditi suoi ne' paesi occupati dichiarava non poter
esser lecito qualsiasi atto che direttamente o indirettamente tenda a
coadjuvare una usurpazione così notoriamente ingiusta e sacrilega, ed a
stabilirne e consolidarne l'esercizio»[521].
Intanto vescovi e cardinali stavano dispersi e relegati, come li vedemmo
noi testè. Roma deperiva, vedovata del papa e della Corte, che ne
alimentavano la vita: pochi traviarono; la fede produceva la speranza, e
«la resistenza di questi pretocoli (scrive Cesare Balbo) fu veramente
meravigliosa; fu la sola resistenza italiana di quel tempo».
Invano Napoleone fece pubblicare un catechismo che fosse unico per tutto
l'impero, dove l'obbedire a lui e il servirlo nel civile e nel militare
veniva posto fra i primarj comandamenti di Dio[522]. Le coscienze
restavano turbate; gli onest'uomini vacillavano nell'eseguire gli ordini
dello scomunicato; il popolo rabbrividiva e pensava quel che De Maistre
diceva alto: «Napoleone se la piglia col papa; la sua ruina è certa».
In fatto lo scontento de' popoli ispirò fidanza ai nemici, che presto
spezzarono il colosso. Nel congresso radunatosi nel 1815 per rassettare
l'Europa, si considerò come se il papa non fosse mai stato tocco, e gli
si restituirono i dominj, salvo alcuni brani pei quali esso protestò.
D'immensa letizia giubilarono gl'Italiani pel ritorno del pontefice. Ma
la rivoluzione che alla democrazia, alle forze molteplici, alla fede
avea sostituito la monarchia, la forza, l'unità materiale, conculcando
il municipio, l'autorità, il passato, obbligò ad accettare le novità
introdotte da essa, e stabilire un governo centrale, invece d'una
confederazione di municipj, quale fin allora era lo Stato pontifizio.
Quindi numerosi impiegati, imposte e tutto il resto, eccetto la
coscrizione; e del non aver voluto questo tributo di sangue si fece e si
fa principal carico ai papi, in un tempo ove gli Stati non ottengono
considerazione che pel numero de' soldati. Confondendo l'amministrazione
della città collo Stato, concentrando moltissimi affari e tutto il
potere esecutivo nella segreteria di Stato, si spense la vita
municipale, e si sminuì la partecipazione de' cardinali alla sovranità.
Di ciò vediamo le conseguenze.
Nell'ecclesiastico la cura primaria de' pontefici fu restaurare la
disciplina, e accordarsi coi principi per regolare le reciproche
relazioni della Chiesa collo Stato. Riusciva difficile il combinare
coll'inveterata disciplina le nuove pretensioni filosofiche e
giansenistiche, adottate dai regalisti; e i principi, che tanto aveano
bisogno di assodare l'autorità, la scassinavano col mostrare gelosia di
colui che n'è il simbolo e la fonte; e cercavano lode dai liberal-astri
coll'abbattere qualche ostacolo che i privilegi ecclesiastici mettesser
all'onnipotenza amministrativa.
Negli Stati pontifizj, dove il capo dello Stato è anche capo della
Chiesa, e sta in vigore il diritto canonico, non è possibile nasca
conflitto fra le due potestà; nè si aveva a pretendervi l'indifferenza
religiosa, benchè vi regnasse la tolleranza civile, avendo luoghi di
preghiera persino in Roma, non soltanto gli Ebrei, ma i varj culti
acattolici.
Negli altri paesi italici si fecero varj concordati con minori o
maggiori restrizioni alla podestà ecclesiastica. Più degli altri devoto
a questa il Piemonte, conservava le immunità reali e personali del
clero, benchè ripudiasse certe antiquate cerimonie; ottenne una nuova
circoscrizione delle sedi vescovili sotto i quattro metropoliti di
Vercelli, Torino, Genova, Ciambery.
Anche nel concordato col regno di Napoli del 1818, modificato da una
convenzione del 1839, lasciossi libertà ai vescovi di convocare sinodi,
di pubblicare istruzioni, di giudicare le cause benefiziarie e
matrimoniali, di rivedere i processi dei preti condannati a morte.
Ma la libertà della Chiesa non appariva che come una concessione; ad
essa toccava l'odiosità di dominante, senza i vantaggi d'essere
indipendente, poichè la burocrazia mostravasi gelosa dell'autorità sua,
e l'attraversava in ogni modo. «I venti vescovi della Toscana (diceva
Neri Corsini) se non sono assiduamente vigilati dal Governo, possono da
un giorno all'altro sovvoltare il paese a piacere di Roma. Continua vuol
essere la sorveglianza, circospetta, preventiva, onde evitare scandali e
clamori, i quali irritano i tanti devoti che credono e non ragionano». E
il presidente Peyretti, all'ambasciadore sardo a Roma scriveva: «Tutto
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Çirattagı - Gli eretici d'Italia, vol. III - 61
- Büleklär
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 01Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4243Unikal süzlärneñ gomumi sanı 196233.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 02Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4434Unikal süzlärneñ gomumi sanı 198935.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 03Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4227Unikal süzlärneñ gomumi sanı 185034.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 04Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4286Unikal süzlärneñ gomumi sanı 168334.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 05Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4387Unikal süzlärneñ gomumi sanı 187834.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 06Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4097Unikal süzlärneñ gomumi sanı 206928.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.39.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.45.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 07Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4421Unikal süzlärneñ gomumi sanı 189532.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 08Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4371Unikal süzlärneñ gomumi sanı 199432.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.45.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 09Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4161Unikal süzlärneñ gomumi sanı 226723.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.33.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.39.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 10Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4210Unikal süzlärneñ gomumi sanı 199132.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 11Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4406Unikal süzlärneñ gomumi sanı 198434.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 12Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4183Unikal süzlärneñ gomumi sanı 194130.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.42.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 13Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4170Unikal süzlärneñ gomumi sanı 196930.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.44.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 14Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4227Unikal süzlärneñ gomumi sanı 193931.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.45.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 15Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4294Unikal süzlärneñ gomumi sanı 194234.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 16Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4342Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186833.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 17Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4364Unikal süzlärneñ gomumi sanı 193934.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 18Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4241Unikal süzlärneñ gomumi sanı 189531.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.45.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 19Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4125Unikal süzlärneñ gomumi sanı 213224.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.32.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.36.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 20Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4136Unikal süzlärneñ gomumi sanı 218524.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.33.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.39.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 21Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4296Unikal süzlärneñ gomumi sanı 189433.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 22Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4288Unikal süzlärneñ gomumi sanı 188433.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 23Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4354Unikal süzlärneñ gomumi sanı 197933.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 24Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4351Unikal süzlärneñ gomumi sanı 191234.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 25Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4326Unikal süzlärneñ gomumi sanı 192933.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 26Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4338Unikal süzlärneñ gomumi sanı 189334.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 27Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4339Unikal süzlärneñ gomumi sanı 189233.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 28Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4385Unikal süzlärneñ gomumi sanı 190834.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 29Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4241Unikal süzlärneñ gomumi sanı 203634.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 30Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4217Unikal süzlärneñ gomumi sanı 189935.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 31Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4235Unikal süzlärneñ gomumi sanı 198531.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.45.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 32Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4357Unikal süzlärneñ gomumi sanı 200232.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.45.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 33Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4393Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186435.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 34Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4436Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165437.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 35Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4182Unikal süzlärneñ gomumi sanı 200828.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.39.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.45.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 36Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4425Unikal süzlärneñ gomumi sanı 170834.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 37Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4332Unikal süzlärneñ gomumi sanı 183832.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 38Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4275Unikal süzlärneñ gomumi sanı 195833.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 39Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4292Unikal süzlärneñ gomumi sanı 208531.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 40Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4264Unikal süzlärneñ gomumi sanı 196834.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 41Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4314Unikal süzlärneñ gomumi sanı 192132.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 42Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4323Unikal süzlärneñ gomumi sanı 191333.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 43Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4218Unikal süzlärneñ gomumi sanı 199630.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.43.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 44Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4261Unikal süzlärneñ gomumi sanı 173631.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.44.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 45Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4301Unikal süzlärneñ gomumi sanı 196133.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 46Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4235Unikal süzlärneñ gomumi sanı 199830.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.43.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 47Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4299Unikal süzlärneñ gomumi sanı 205430.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.44.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 48Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4191Unikal süzlärneñ gomumi sanı 198830.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.43.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 49Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4289Unikal süzlärneñ gomumi sanı 193933.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 50Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4291Unikal süzlärneñ gomumi sanı 196733.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 51Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4291Unikal süzlärneñ gomumi sanı 193132.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 52Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4168Unikal süzlärneñ gomumi sanı 176838.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 53Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4371Unikal süzlärneñ gomumi sanı 197035.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 54Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4105Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186030.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.44.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 55Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4367Unikal süzlärneñ gomumi sanı 182733.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 56Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4112Unikal süzlärneñ gomumi sanı 195033.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 57Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4108Unikal süzlärneñ gomumi sanı 169135.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 58Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4152Unikal süzlärneñ gomumi sanı 146633.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 59Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4180Unikal süzlärneñ gomumi sanı 156533.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 60Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4233Unikal süzlärneñ gomumi sanı 184933.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 61Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4254Unikal süzlärneñ gomumi sanı 196031.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 62Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4256Unikal süzlärneñ gomumi sanı 185830.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.44.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 63Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4363Unikal süzlärneñ gomumi sanı 176634.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 64Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4318Unikal süzlärneñ gomumi sanı 185035.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 65Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4310Unikal süzlärneñ gomumi sanı 188935.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 66Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4244Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186734.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 67Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4310Unikal süzlärneñ gomumi sanı 191333.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 68Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4224Unikal süzlärneñ gomumi sanı 190332.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 69Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4289Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186932.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 70Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4295Unikal süzlärneñ gomumi sanı 196031.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 71Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4304Unikal süzlärneñ gomumi sanı 185531.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 72Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4317Unikal süzlärneñ gomumi sanı 194930.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.43.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 73Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4247Unikal süzlärneñ gomumi sanı 190733.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 74Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4229Unikal süzlärneñ gomumi sanı 192330.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.44.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 75Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4299Unikal süzlärneñ gomumi sanı 184930.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.44.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 76Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4382Unikal süzlärneñ gomumi sanı 181231.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 77Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4213Unikal süzlärneñ gomumi sanı 180223.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.32.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.37.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 78Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4163Unikal süzlärneñ gomumi sanı 198629.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.43.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 79Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4309Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186831.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.45.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 80Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4149Unikal süzlärneñ gomumi sanı 183934.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 81Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4109Unikal süzlärneñ gomumi sanı 200230.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.44.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 82Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4441Unikal süzlärneñ gomumi sanı 159639.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 83Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4098Unikal süzlärneñ gomumi sanı 194433.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 84Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4118Unikal süzlärneñ gomumi sanı 202130.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.41.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 85Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4192Unikal süzlärneñ gomumi sanı 190134.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 86Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 3172Unikal süzlärneñ gomumi sanı 141933.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 87Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 2726Unikal süzlärneñ gomumi sanı 104427.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.38.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.43.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Gli eretici d'Italia, vol. III - 88Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 66Unikal süzlärneñ gomumi sanı 6033.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.