Gli eretici d'Italia, vol. III - 34

Süzlärneñ gomumi sanı 4436
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1654
37.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
51.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
58.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
questo per gli uffizj fatti dal padre commissario col signor
cardinale Barberino, che da se stesso, senza la Congregazione
dell'Indice, l'ha fatto liberare perchè possa riaversi dai disagi
e dalle sue indisposizioni _solite_ che lo tenevano continuamente
travagliato...
3 _maggio_. Il signor Galilei fu lasciato tornare in questa casa,
dove pare sia tornato in migliore stato di salute. E perchè
desidera che si venga all'ultima terminazione della sua causa, il
padre commissario del Sant'Uffizio gli ha data qualche intenzione
di venire a questo fine a trovarlo...
22 _maggio_. Parlai con sua santità della spedizione del negozio
del signor Galileo, e mi fu data intenzione che la sua causa si
terminerà facilmente nella seconda congregazione di giovedì a otto
giorni. Posso ben dubitare assai della proibizione del libro, se
non vi si rimediasse col fargli fare un'apologia da lui medesimo,
come io proponeva a sua beatitudine. Ed a lui toccherà anche
qualche penitenza salutare, pretendendo ch'egli abbia trasgrediti
gli ordini nel 1616 datigli dal cardinale Bellarmino sopra la
medesima materia del moto della terra. Io non gli ho ancor detto
ogni cosa, perchè intendo, _affine di non l'affliggere_,
d'andarvelo disponendo pian piano...
18 _giugno_. Ho di nuovo supplicato per la spedizione della causa
del signor Galilei, e sua santità mi ha significato ch'ella è di
già spedita, e che di quest'altra settimana _sarà chiamato una
mattina_ al Sant'Uffizio per sentirne la risoluzione... Aggiunge
che avea fatta volentieri ogni agevolezza al signor Galileo in
riguardo dell'amore che porta al granduca, ma quanto alla causa
non si potrà far di meno di non proibire quell'opinione perchè
erronea e contraria alle sacre scritture. E quanto alla persona,
dovrebbe egli per ordinario rimaner qui prigione per qualche
tempo, per aver contravenuto gli ordini che teneva fin dal 1616,
ma che, come sarà pubblicata la sentenza, mi rivedrà di nuovo, e
tratterà meco di quel che si possa fare per manco male e per
_manco affliggerlo_... ma che non si potrà far di meno di non lo
rilegare in qualche convento, come in Santa Croce, per alcun
tempo... Io non ho riferito al signor Galileo che la prossima
spedizione della causa e la proibizione del libro, ma della pena
personale non gliene ho detto niente _per non affliggerlo_, e
anche sua beatitudine mi ha ordinato di non gliene conferire _per
non lo travagliar_ ancora...
26 _giugno_. Il signor Galileo fu chiamato lunedì sera al
Sant'Uffizio, ove si trasferì martedì mattina per sentire quel che
potessero desiderare da lui, ed essendo stato ritenuto, fu
condotto mercoledì alla Minerva avanti alli signori cardinali e
prelati della Congregazione[332], dove non solamente gli fu letta
la sentenza, ma fatta anche abjurare la sua opinione. La sentenza
contiene la proibizione del suo libro, come ancora la sua propria
condannazione alle carceri del Sant'Uffizio a beneplacito di sua
santità, per essersi preteso ch'egli abbia trasgredito il precetto
fattogli sedici anni sono intorno a questa materia. La qual
condannazione gli fu solo permutata da sua beatitudine in una
relegazione o confine al giardino della Trinità de' Monti, dove io
lo condussi venerdì sera, e dove ora si trova, per aspettar quivi
gli effetti della clemenza della sua santità.
3 _luglio_. Mi disse sua santità che, sebbene era un poco presto
diminuirgli la pena, nondimeno s'era contentato di permutargliene
prima nel giardino del granduca, ed ora che potesse arrivar fino a
Siena, per star quivi in qualche convento a beneplacito... o
appresso monsignor arcivescovo. Pensa poi di permettergli fra
qualche tempo che se ne vada alla Certosa di Firenze.
Egli stesso il Galileo dappoi, al 23 luglio, da Siena scriveva ad esso
balì Gioli:
Le scrivo spinto dal desiderio di liberarmi dal lungo TEDIO di una
carcere di più di sei mesi, aggiunto al travaglio ed AFFLIZION DI
MENTE di un anno intero, ed anco non senza molti incomodi e
PERICOLI corporali; e tutto addossatomi per quei miei demeriti che
son noti a tutti, fuorchè a quelii che mi hanno di questo e di
maggior castigo giudicato colpevole.
Dopo ciò, non so come basti fronte ai sofisti per supporre fin la
brutalità di sevizie personali[333]. La prigione stessa, che pur toccò
ai cardinali Polo e Moroni e al Caransa, fu risparmiata a lui[334],
perchè non trattavasi di un punto di fede, bensì di matematica. E
indegni figli d'Italia van supponendo che in Italia gli fosse inflitta
la tortura!
Eliseo Masini stimò bene di esporre in italiano il _Sacro Arsenale_,
ovvero _Pratica dell'ufficio della santa Inquisizione_ (Bologna 1675);
tanto poco si cercava di tener nascoste quelle procedure. Nella sesta
parte vien egli a parlare della tortura. «Avendo il reo negato i delitti
oppostigli, e non essendosi essi pienamente provati, s'egli, nel termine
assegnatogli a far le sue difese non avrà dedotto a sua discolpa cosa
alcuna, ovvero, fatta difesa, ad ogni modo non avrà purgato gl'indizj
che contro lui risultano dal processo, è necessario, per averne la
verità, venir contro di lui alla rigorosa esamina, essendo stata appunto
trovata la tortura per supplir al difetto di testimonj, quando non
possono intera prova portare contro il reo». E prosegue a dimostrare
come ciò «punto non sconviene all'ecclesiastica mansuetudine e
benignità».
Ora nel caso del Galilei, nessuna di queste circostanze interveniva. Il
Masini prosegue che, «perchè in negozio di tanta importanza si può
facilmente commettere errore, o in pregiudizio notabile della giustizia,
sicchè i delitti restino impuniti, o in danno gravissimo ed irreparabile
de' rei, fa di bisogno che l'Inquisizione proponga prima, nella
congregazione de' consultori del Sant'Offizio il processo offensivo e
difensivo, e col dotto e maturo consiglio di essi si governi e adopri
sempre»[335].
E spiegando a minuto le procedure varie, per ogni caso di tortura esige
il previo consenso della sacra Congregazione. Or nella sentenza di
Galileo è detto: _Judicavimus necesse esse venire ad rigorosum examen
tui, in quo respondisti catholice_. Volesse anche dir la tortura, poichè
rispose _catholice_ non gli fu inflitta. Galileo non si ostina: anche
testè Proudon, amava meglio Galileo in ginocchio che in carcere;
incalzato, non solo professa «non tener per vera la dannata opinione
copernicana, e tener per verissima e indubitata l'opinione di Tolomeo,
cioè la stabilità della terra e la mobilità del sole», ma fin dal primo
interrogatorio dichiara: «Del non aver io poi tenuta nè tener per vera
la dannata opinione della mobilità della terra e stabilità del sole, se
mi verrà conceduta, come io desidero, abilità e tempo di poterne fare
più chiara dimostrazione, io sono accinto a farla, e prometto di
ripigliare gli argomenti già recati (_per compiacenza di sottilizzare_,
ha detto innanzi) a favore della detta opinione falsa e dannata, e
confutarli in quel più efficace modo, che da Dio benedetto mi verrà
somministrato».
Abbastanza avrà patito quel grande nel vedersi obbligato a declinare le
sue opinioni davanti a persone incompetenti e prevenute: perocchè la
persecuzione ebbe i soliti effetti immorali; quei giudici disonorandosi
col presumersi autorevoli in materie ad essi estranee, disonorandosi
Galileo coll'abjurare opinioni di cui era convinto, e colla propria
disdetta facendo credere ragionevole la persecuzione.
Deploriamo gli errori umani, condanniamo questa implacabile nimicizia
de' mediocri contro gli alti ingegni, e l'insanabile debolezza degli
amici contro l'operosità de' nemici[336], ma non facciamone aggravio
alla Chiesa, nè esageriamo i torti dell'Italia, attribuendo ad essa quel
ch'è della natura umana. Forse non ebbe ben più serj travagli il gran
Keplero? il quale in patria era atteggiato nelle burlette colla parte di
buffone. Newton, che stabilì la legge più universale, la gravitazione,
non solo fu combattuto da Fontenelle, da Cassini, da Bernouilli, ma il
gran Leibniz l'imputava di materialismo, e i principj neutoniani trovava
funesti alla religione. Nel caso nostro, Roma seppe rispettare un
grande, di cui credea dover disapprovare gl'insegnamenti; mentre l'età
nostra offrì ben diversi esempj in casi dove la persecuzione non era
tampoco giustificata da profonde convinzioni. Galileo fu condannato alla
prigione «per quanto tempo piacesse»; ma Urbano papa gliela commutò
subito in relegazione nel giardino de' Medici sul delizioso Pincio. Vi
si aggiungeva l'obbligo di recitar una volta la settimana i salmi
penitenziali; ma questo se lo assunse sua figlia suor Maria Celeste, le
cui lettere, scrittegli dal convento di San Matteo in Arcetri, tutte
d'affetto e di pietà, appajono come un soavissimo ruscello tra la motta
di quel processo[337]. Presto egli fu trasferito a Siena nel palazzo
dell'arcivescovo suo amicissimo; e appena a Firenze cessò la peste, fu
reso alla sua villa d'Arcetri, ove proseguì i lavori fin quando perdette
la vista. Quivi il Galilei usava frequente la compagnia di varj frati,
con altri era in amicizia, e principalmente con frà Bonaventura
Cavalieri[338]. Benedetto Castelli, ai 16 marzo del 1630 scrivevagli:
«Il padre Campanella, parlando i giorni passati con nostro signore, gli
ebbe a dire che aveva avuto certi gentiluomini tedeschi alle mani per
convertirli alla fede cattolica, e che erano assai ben disposti, ma che
avendo intesa la proibizione del Copernico, erano restati in modo
scandolezzati, che non ne aveva potuto far altro; e nostro signore
rispose le precise parole seguenti: _Non fu mai nostra intenzione, e se
fosse toccato a noi, non si sarebbe fatto quel decreto_»[339]. Vuol dire
che il papa era servo del regolamento, e rispettava l'indipendenza de'
tribunali, come si usa in ogni ben costituito reggimento. Galileo stesso
da Arcetri il 26 luglio 1636 scriveva a frà Fulgenzio Micanzio, l'amico
di frà Paolo Sarpi: «Di Roma intendo che l'eminentissimo cardinale
Antonio e l'ambasciadore di Francia hanno parlato a sua santità cercando
sincerarla come io mai non ho avuto pensiero di fare opera sì iniqua di
vilipendere la persona sua, come gli scellerati miei inimici le aveano
persuaso, CHE FU IL PRIMO MOTORE DI TUTTI I MIEI TRAVAGLI: e che a
questa mia discolpa rispose, _Lo crediamo, lo crediamo_; soggiungendo
però che la lettura del mio dialogo era alla cristianità
perniziosissima». Aggiungiamo che il cardinale Cajetano aveva commesso
al Campanella di scrivere l'apologia del Galilei; e quando questi era
moribondo, san Giuseppe Calasanzio gli mandò uno de' suoi preti ad
assisterlo: morto, fu deposto in Santa Croce.
È natura dell'ingiustizia la difficoltà del ripararla, per non tornare
sul giudicato, per non confessar il torto, per non mortificare il nostro
amor proprio. E i libri di Galileo e quei che sostenevano il sistema
copernicano rimasero nell'Indice _donec corrigantur_, tanto che ancora
nel 1748 il celebre metereologo Toaldo avendo trovato nell'Università di
Padova il dialogo di Galileo _intorno al sistema copernicano_, lo
stampò, ma premettendovi la protesta dell'autore che il moto della terra
non possa sostenersi se non come ipotesi; emendando i passi ov'era dato
per teorema assoluto, e unendovi la dissertazione del Calmet, ove i
passi scritturali sono cattolicamente combinati colla scienza[340]. Nel
1820 nelle scuole romane liberamente trattavasi della mobilità della
terra non più in forma d'ipotesi; poi dall'Indice scomparve quella
deformità, viepiù sconveniente quando Roma e gli Ordini religiosi
diedero e danno tanti insigni astronomi e tanto favore a questa scienza.
Nè taciamo che la prova della mobilità della terra con indizj fisici,
vale a dire la deviazione progressiva del piano d'oscillazione d'un
pendolo sospeso a un punto fisso, non fu trovata che ai giorni nostri da
Foucault. Ma al vedere cotesta pertinacia in rinfacciare questo errore,
si sarebbe indotti a dire che altro non se ne sia commesso. Del resto un
giudizio erroneo di tribunal civile infirma forse la legge, o le
istituzioni giuridiche? E appunto qui s'ingannò un tribunale
ecclesiastico, non già il papa: foss'anche il papa, non pronunziava _ex
cathedra_. Perocchè della Chiesa vanno distinti i pronunziati assoluti
sulle verità di fede e morale, e quelli soltanto relativi ad esse o alla
disciplina. Ai primi il fedele sottomette affatto la sua ragione; gli
altri guarda con rispetto, senza però tenervisi obbligato di fede. In
questa nostra mistura poi di male e di bene, di dottrine eterne e di
opportune, c'è dei veri, pericolosi a un dato tempo, o che non voglionsi
accettare alla cieca perchè ancora disputati: s'incolperebbe a buon
dritto l'autorità tutrice che avvisa sopra di esse?
E poichè in questo discorso ci occupammo assai d'uomini insigni, sia
luogo a rammentare la conversione d'un illustre straniero. Nicolò Stenon
di Copenaghen, lodato naturalista, visitò l'Italia e Roma, dove i
discorsi di valenti persone lo fecero dubitare della religione
protestante in cui era cresciuto. Venuto a Firenze il 1666, per istanza
del Viviani fu dal granduca dato maestro al principe Ferdinando,
«ordinandomi (così scrive lo Stenon medesimo) con questi precisi
termini, che io gli insegnassi la filosofia cristiana; e venuto poi a
dar principio all'esecuzione di questi suoi comandi, un'altra volta mi
disse che io gli facessi ben capire, che v'era un altro principe
superiore, alla cui autorità stanno sottoposti tutti i principi».
Al convento d'Annalena tornò più volte per comprare manteche e simili
cose, ove suor Maria Flavia del Nero[341], udito ch'egli era eretico,
gli disse non potrebbe salvarsi, ed entrò seco in ragionamento
dell'anima: egli con essa recitava l'Ave Maria, ma solo la metà, non
potendo credere all'intercessione della beata vergine e de' santi: pure
s'asteneva dalle carni il venerdì e sabato, e visitava chiese, a
consiglio della pia, che lo mise in corrispondenza con dotti padri.
Sempre però egli era trattenuto dalla vergogna di parere apostato, e più
volentieri udiva la monaca parlarle del nostro Cristo, come le donne
sanno fare cioè col cuore. In ciò lo coadjuvava la signora Arnolfini,
moglie dell'ambasciadore di Lucca, finchè dopo lunghi discorsi e studio
de' Padri, abjurò.
Anche qui lasciamo la parola a lui stesso, che così scrive ad essa
Arnolfini:
Nell'ultima venuta costà di questa Corte, a cui ho l'onore di
servire, promisi a vossignoria di spiegarle in carta le ragioni
che mi aveano persuaso ad abbandonare la credenza luterana di cui
era stato tenacissimo, e ad abbracciare la fede cattolica romana,
da me per l'addietro aborrita. Ho tardato molto a soddisfare a
questo mio debito; perchè stimavo di esser tenuto ad esporle
tuttociò che appartiene a sì gran causa. Un tale assunto era
materia piuttosto da volumi che da una lettera: e questo pensiere
mi ha sospeso la penna più lungamente di quel che richiedevano e
la mia promessa e il mio desiderio. Finalmente per servir più che
posso la brevità, ho risoluto di restringermi a un solo articolo;
ed a quello appunto, sopra del quale Iddio mi diede i primi
impulsi per cercare sinceramente la verità di quel ch'egli avea
rivelato alla sua Chiesa, e che dovea credersi da noi con fede
divina, non soggetta ad errori. Certificato che fui della verità
dell'articolo di cui le parlerò, non ebbi più dubbio veruno di
esser tenuto ad abbandonare la credenza luterana: poichè, dove una
religione erra in un punto sostanziale della fede, al certo non
può essere da Dio, il quale, siccome per la sua infinita sapienza
è incapace di errore, così per la somma sua veracità è incapace di
mentire in quel che dice, ed ingannarci co' suoi detti; onde non
può non essere una mera invenzione degli uomini qualunque sètta
che discordi da quello che a noi consta essere stato rivelato da
Dio alla sua Chiesa. E benchè io mi restringa ad un sol punto
nella presente, non avrò difficoltà a render ragione degli altri,
sopra de' quali piacesse a vossignoria di chiedermela.
Mi ritrovava io in Livorno, dove ella si ritrovava, nel tempo
della solennità del _Corpus Domini_; ed al veder portare in
processione con tanta pompa quell'ostia per la città, sentii
svegliarmisi nella mente quest'argomento: O quell'ostia è un
semplice pezzo di pane, e pazzi sono costoro che gli fanno tanti
ossequj; o quivi si contiene il vero corpo di Cristo, e perchè non
l'onoro ancor io? A questo pensiero, che mi scorse l'animo, da un
canto non sapea indurmi a credere ingannata tanta parte del mondo
cristiano, qual è quella de' Cattolici romani, numerosa d'uomini
svegliati e dotti; dall'altro non volea condannare la credenza in
cui era nato ed allevato. E pure era forza il dire o l'uno
l'altro: poichè non vi era nè vi è modo di conciliare insieme due
proposizioni che si contraddicono, nè di poter reputar vera quella
religione, che in un punto tanto sostanziale della fede cristiana
andasse errata, e facesse errare i suoi seguaci.
In questo stato capitai in Firenze per dimorarvi qualche spazio di
tempo, a cagione della lingua italiana che qui si parla con fama
di pulizia, e proseguir dipoi il mio viaggio a vedere il resto
delle principali città dell'Italia. Qui, per soddisfare
all'incertezza dell'animo mio agitato nell'accennato mistero
dell'eucaristia, adoperai ogni possibile diligenza nel cercare la
verità, confidato in Dio che mi avrebbe scorta la mente col suo
lume a conoscere il vero che io cercava con sincerità di cuore;
comunque l'educazione avuta fin dalla mia nascita nella credenza
luterana mi facesse forza, e mi animasse al contrasto ed
all'ostinazione nelle mie antiche opinioni. Non contento di
trattare sopra tal materia con persone dotte, delle quali niuno
può negare che molte non ve ne sieno fra i Cattolici, volli con
mio agio chiarirmi de' testi originali della sacra scrittura e
degli autori antichissimi, ed in più modi, e particolarmente in
una famosa libreria di antichissimi manoscritti greci ed ebrei, a
fine di non fidarmi delle versioni latine senz'altro esame, ma di
riscontrarle co' testi originali delle accennate due lingue,
giacchè per lo studio già fattone le possedevo. Insomma, dopo il
molto conferire, il molto leggere ed un lungo esaminare e
riscontrare quanto leggevo ed udivo, non potei non rimaner
convinto e della verità che in fatti professano i Cattolici
romani, e della falsità nella quale vivono ingannati i Luterani.
Lo stesso avverrà a chiunque de' Luterani sinceramente si farà a
cercare il vero: poichè Iddio non lascerà d'illuminare chi cerca
la vera fede con cuor sincero, siccome per sua bontà ho
sperimentato in me stesso.
E perchè la fede divina, quale è quella con cui si crede nella
vera Chiesa di Cristo, si dee fondare sulla parola divina, ecco a
vossignoria come sopra tal fondamento mi son io fermissimamente
persuaso di tre verità, che sono le sostanziali intorno al
sagramento dell'Eucaristia, sopra del quale furono i miei primi
dubbj, conforme le ho accennato.
La prima che, in virtù delle parole della consacrazione per la
forza onnipotente di Gesù Cristo nostro signore, il quale istituì
il sagramento dell'Eucaristia, si fa la mutazione sostanziale del
pane nel corpo di Gesù Cristo, e del vino nel sangue di lui:
La seconda, che il corpo di Cristo non solo si ritrovi nel pane
consacrato nel tempo dell'uso di tal sacramento, e fino alla
comunione; ma ancora dipoi, e fuori dell'uso attuale; e lo stesso
dee intendersi del sangue in ordine al vino consacrato, dove
questo si conservasse:
La terza, che non è contro la sacra scrittura, ossia la parola di
Dio, l'amministrarsi il sagramento dell'Eucaristia solamente sotto
una specie qual è quella del pane, anzi ciò è un rito
convenevolissimo.
Per discorrere distintamente incomincierò dalla prima verità.
Questa con ogni chiarezza viene esposta nell'evangelio di san
Giovanni al capo 6, dove si legge, come detto da Cristo N. S.,
_Panis quem ego dedero, caro mea est pro mundi vita_; e più sotto
nel medesimo capo, dice il medesimo Signore: _Caro mea vere est
cibus, et sanguis meus, vere est potus_. San Matteo poi, nel
riferire l'istituzione di questo divinissimo sagramento nel capo
26, parla come segue: _Cœnantibus autem eis, accepit Jesus panem,
et benedixit ac fregit, deditque discipulis suis, et ait: Accipite
et comedite; hoc est Corpus meum. Et accipiens calicem, gratias
egit, et dedit illis dicens: Bibite ex hoc omnes; hic est enim
sanguis meus novi testamenti, qui pro multis effundetur in
remissionem peccatorum_. Parimente san Marco parla dell'istesso
tenore al capo 14. _Et manducantibus illis, accepit Jesus panem,
et benedicens fregit, et dedit eis, et ait, Sumite; hoc est Corpus
meum. Et accepto calice gratias agens dedit eis, et biberunt ex
illo omnes, et ait illis: Hic est sanguis meus novi testamenti qui
pro multis effundetur._ Così fa anche san Luca nel capo 22 del suo
Evangelio. _Et accepto pane, gratias egit, et fregit, et dedit eis
dicens: Hoc est corpus meum quod pro vobis datur. Similiter et
calicem, postquam cœnavit dicens: Hic est calix novum testamentum
in sanguine meo, qui pro vobis fundetur._ Finalmente l'Apostolo
san Paolo, nell'epistola prima a' Corinti al capo 11 parla nel
modo seguente: _Ego enim accepi a Domino, quod et tradidi vobis
quoniam Dominus Jesus, in qua nocte tradebatur accepit panem, et
gratias agens fregit, et dixit: Accipite et manducate, hoc est
corpus meum, quod pro vobis tradetur: hoc facite in meam
commemorationem. Similiter et calicem, postquam cœnavit, dicens:
Hic calix novum testamentum est in meo sanguine_; e dopo
soggiunge: _Itaque quicumque manducaverit panem hunc, vel biberit
calicem Domini indigne, reus erit corporis et sanguinis Domini_.
Su questi testi sì chiari della Scrittura divina fondano i
Cattolici la loro dottrina ed indubitabile credenza intorno alla
presenza reale del corpo di Gesù Cristo sotto le specie del pane,
e del suo sangue sotto le specie del vino; nè si può dire
altrimenti se non si vuol fare una manifesta violenza a' sensi
chiarissimi di tali testi, conforme l'han fatta i Sacramentarj,
gli Zuingliani, i Calvinisti e simili, i quali contro la verità
hanno insegnato, che tali testi parlino metaforicamente e
figuratamente, sicchè si abbia ad intendere che il pane sia una
figura del corpo di Cristo, ed il vino lo sia del suo sangue. Niun
uomo disappassionato si può figurare un tal senso in tali
proposizioni per se stesse chiarissime, e quando non altro, una
tale spiegazione si convince falsissima da ciò che si dice del
corpo, _Quod pro vobis tradetur_; del sangue, _Qui pro vobis, qui
pro multis effundetur_; poichè non la figura, ma il vero corpo e
il vero sangue di Gesù Cristo fu quello che fu dato e fu sparso
sulla Croce per la redenzione del genere umano, e per la
remissione de' nostri peccati. Di più, come si possono accordare
con tale spiegazione quelle altre parole in san Giovanni: _Panis,
quem ego dedero, caro mea est pro mundi vita; Caro mea vere est
cibus et sanguis meus vere est potus_? Posta l'accennata
spiegazione, come poteva dire il Signore, che il pane che egli
avrebbe dato è la sua carne, e che la sua carne e 'l suo sangue
sono veramente cibo e veramente bevanda, se tutto si riduce ad una
figura, ad un segno, ad un simbolo?
Fondano ancora sopra de' medesimi testi i Cattolici romani
quest'altra verità, che, in virtù della consacrazione, cessino le
sostanze del pane e del vino, ed in vece loro succedono sotto
quelle specie il corpo ed il sangue di Gesù Cristo. Lutero in
questo punto ha parlato in diverse maniere, conforme può vedersi
nelle sue scritture a que' di Argentina, a' Valdesi ed altri,
discordando da se medesimo. I suoi primi discepoli hanno
insegnato, e dietro ad essi insegnano e credono i seguaci della
loro credenza, che nel tempo dell'uso del sagramento vi sia bensì
la reale presenza del corpo e del sangue di Cristo, ma unitamente
anche le sostanze del pane e del vino; il che è negato
costantemente da' Cattolici, e si prova naturalissimamente da'
medesimi testi soprallegati, a non voler cavillare ed interpretare
di capriccio la parola di Dio, ma secondo il suo vero e naturale
senso, conforme è di ragione che se ne intenda il significato.
Imperocchè, come si può verificare in senso reale (non avendo più
luogo il mistico o figurato de' Sacramentarj e loro partigiani,
impugnati da' medesimi Luterani, non che da' Cattolici romani) il
detto di Cristo, _Il pane che io vi darò è la mia carne: questo è
il mio corpo: questo è il mio sangue_; siccome egli disse del pane
che aveva in mano, e del vino che era nel calice da lui tenuto in
mano? Imperocchè sarebbe stato necessario, per avverarsi ciò in
senso reale, che veramente il pane fosse il suo corpo, ed il vino
fosse il suo sangue; rimanendo quello pane, e questo dell'essere
sostanziale di vino: il che ognun vede che è cosa impossibile, e
che rinchiude implicanza. Adunque il senso legittimo e naturale di
tali testi è quello che insegnano i Cattolici, secondo il quale le
predette proposizioni della sacra scrittura portano la vera e
reale mutazione del pane nel corpo, e del vino nel sangue del
Signore; sicchè il senso sincero sia: _Quello che vi do sotto
l'apparenza, o specie del pane, non è più pane ma il mio corpo
sotto le specie del pane_; e lo stesso si dica del vino
consacrato; siccome nelle nozze di Cana Galilea, mutata l'acqua in
vino per l'onnipotenza del Signore, non rimase già la stessa cosa
acqua e vino, ma quella fu tramutata in questo. Certo sarebbe una
mostruosa interpretazione di quelle parole dell'evangelio di san
Luca al capo 7, _Cœci vident, claudi ambulant etc._, se si desse
loro questo senso che coloro fossero insieme ciechi e veggenti,
storpi e raddrizzati a camminare; mentre il senso vero naturale
delle citate parole è: _Quei che erano ciechi, ora non son più
ciechi, ma veggono; quei che erano storpj o zoppi, ora non sono
più storpj o zoppi, ma sono abilitati nella persona a poter
camminare_.
Nè questo intendimento avuto per vero e legittimo da' Cattolici
romani contro gl'insegnamenti de' Sacramentarj e loro simili, e
de' Luterani, è una cosa nuova nella Chiesa di Cristo, come han
preteso que' che sono contrarj alla Chiesa romana, ma è
antichissimo nella Chiesa, e tramandato a noi di secolo in secolo
fino dal primo in che Gesù Cristo la fondò, come cosa
chiarissimamente fondata nella parola di Dio, espressa nei testi
sopracitati, alla quale non si può dare altra legittima
spiegazione. Per isfuggire lunghezze maggiori porterò qui a
vossignoria alcune autorità di quelli che hanno scritto ne' primi
cinque secoli, uomini dottissimi e che sono venerati anche da'
Luterani, come gran maestri della Chiesa di Dio; per le quali si
vede che la Chiesa romana di mano in mano ha sempre seguita e
insegnata la vera fede insegnataci da Cristo, e che le sue
dottrine non sono inventate dagli uomini dopo più secoli dalla
fondazione della Chiesa, per politica, o per altri motivi e
disegni umani, conforme senza ragione han preteso i suoi
avversarj.
Tralascio quello che si ha negli atti del martirio di sant'Andrea
apostolo descritti da' suoi discepoli, che furono presenti alla
sua passione e morte, per ristringermi a' soli dottori. Nel primo
secolo scrissero adunque sant'Ignazio vescovo e martire, e san
Dionisio areopagita, ancor esso illustre per i medesimi pregi,
ambedue contemporanei degli apostoli.
Il primo, nella sua epistola a' cittadini di Smirne, scrivendo di
quegli eretici, i quali negavano che Cristo avesse vera carne,
così dice: _Eucharistias et oblationes non admittunt, quod non
confiteantur eucharistiam esse carnem Salvatoris, quæ pro peccatis
nostris passa est, quam pater sua benignitate suscitavit_. Il
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Çirattagı - Gli eretici d'Italia, vol. III - 35
  • Büleklär
  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 01
    Süzlärneñ gomumi sanı 4243
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1962
    33.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 03
    Süzlärneñ gomumi sanı 4227
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1850
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4387
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4170
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4294
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4364
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1939
    34.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4125
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 2132
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4136
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4296
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1894
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4288
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1884
    33.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    48.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4354
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1979
    33.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    46.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4351
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1912
    34.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4326
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1929
    33.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    47.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4338
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1893
    34.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4339
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1892
    33.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    47.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4385
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1908
    34.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    49.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4241
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 2036
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4217
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1899
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4357
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 2002
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4393
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1864
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    49.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4436
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1654
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4182
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 2008
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4425
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1708
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    47.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4332
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1838
    32.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4275
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1958
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    46.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1565
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4254
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1960
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1889
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1867
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 78
    Süzlärneñ gomumi sanı 4163
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1986
    29.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    43.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 79
    Süzlärneñ gomumi sanı 4309
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1868
    31.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    45.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 80
    Süzlärneñ gomumi sanı 4149
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1839
    34.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    47.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 81
    Süzlärneñ gomumi sanı 4109
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 2002
    30.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    44.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    50.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 82
    Süzlärneñ gomumi sanı 4441
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1596
    39.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 83
    Süzlärneñ gomumi sanı 4098
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1944
    33.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    46.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 84
    Süzlärneñ gomumi sanı 4118
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 2021
    30.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    41.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 85
    Süzlärneñ gomumi sanı 4192
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1901
    34.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    47.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 86
    Süzlärneñ gomumi sanı 3172
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1419
    33.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    47.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    53.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 87
    Süzlärneñ gomumi sanı 2726
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1044
    27.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    38.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    43.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Gli eretici d'Italia, vol. III - 88
    Süzlärneñ gomumi sanı 66
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 60
    33.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    46.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    51.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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