Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 37
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concetto. Egli aveva ad essere infernale davvero; conciosiachè il
Luciani, che gli aveva porto ascolto con torbida faccia, la rasserenò
ad un tratto, e quasi sorridendo gli disse:
--Jacomuzzo andate là, chè voi farete passata.--Indi rivolto al
carnefice:--Sospendete pure i tormenti, mastro Alessandro,--proseguì a
dire,--anzi confortate la paziente, e ingegnatevi a farla
riavere.--Voi altri, prestantissimi signori colleghi, compiacetevi
aspettarmi seduti nei vostri seggi per breve ora di tempo.
Ciò detto sparì.
Quinci a poco più di venti minuti, nel corridore dond'erasi
allontanato il Luciani fu udito strepito di catene, e subito dopo
dalle aperte imposte comparvero Giacomo, Bernardino Cènci e Lucrezia
Petroni, attriti come gente che abbia fuori di misura sofferto, e non
siasi per anco rimessa dalle angosce durate. Il Luciani li seguitava
come il mandriano caccia dinanzi a se il bestiame, che spinge al
macello.
Dopo la notte dello arresto Giacomo e Bernardino Cènci non si erano
più veduti fra loro, e la Lucrezia Petroni nemmeno. All'improvviso
sentirono aprire l'uscio del carcere, e si trovarono, senza sapere nè
che nè come, l'uno frombolato nelle braccia dell'altro.
Ognuno pensi come per tutti cotesti malearrivati fosse pietosissima
cosa, e piena a un punto di sollievo e di affanno, incontrarsi, e
piangere, e baciarsi insieme, comecchè le braccia incatenate ogni
altra dimostrazione di affetto non concedessero.
Posciachè la piena della passione si fu sfogata quattro volte e sei,
al Luciani, il quale per contenere la inquieta impazienza si rodeva le
ugna, parve bene richiamarli, ed ammonirli di quella, ch'ei chiamava
invincibile caparbietà della Beatrice. Cotesta sua riprovevolissima
pertinacia, egli aggiungeva, formare ostacolo alla chiusura del
processo, e per conseguenza trattenere la grazia pontificia, pronta a
sgorgare, dopo cotesto atto di umiltà, come le acque scaturirono sotto
la verga del santo patriarca Moisè: in quanto a lui sentirsi
profondamente travagliato per le torture alle quali, così imponendo i
penosi uffici del suo ministero, aveva dovuto sottoporre la Beatrice;
ormai non gli reggere più l'animo di proseguire; venissero eglino in
suo aiuto per vincere cotesta mente ostinata; di ciò supplicarli da
verace amico, e da cristiano; qui il giudice non entrare per nulla: di
questo andassero persuasi, non poter eglino desiderare patrono od
avvocato che più fervorosamente di lui zelasse la causa loro presso
Sua Santità.
Egli è così lieve ingannare chi si assicura! Riesce tanto gradito
prestar fede a quello che si desidera! Così hanno i miseri sete di
conforto, che i fratelli Cènci e la Lucrezia Petroni si abbandonarono
affatto in balìa del Luciani; il quale, diventato mansueto, promise
loro di non farli separare più mai. Vinti e ingannati, adesso se li
spingeva davanti a se; e gli si leggeva manifesta nel volto la
superbia del trionfo.
Le vittorie della forza sono elleno forse più, o meno gloriose di
quelle della frode? Lo ignoro: io so unicamente, che forza e frode
nacquero gemelle nel ventre della ingiustizia.
Quando i due Cènci e la Petroni videro l'osceno strazio del corpo
divino di Beatrice, e lei in sembianza di morta, proruppero in pianto
irrefrenato, e le s'inginocchiarono dintorno baciandole i lembi delle
vesti... non osavano toccarle le mani lacerate, per tema d'inasprirle i
suoi dolori. In verità di Dio stringeva il cuore contemplare quei
derelitti, con le mani legate di catene, starsene genuflessi intorno
alla donzella svenuta tutti in se raccolti, come se l'adorassero.--Così
per lunga ora rimasero: quando Beatrice rinvenne, e prima assai di
riaprire gli occhi alla luce, la percosse un rammarichìo doloroso, onde
tenne per certo di trovarsi colà dove si purga lo spirito umano, e
diventa degno di salire al cielo; la quale opinione tanto più le venne
confermata quando, riacquistato il senso della vista, si vide
circondata dalle care sì, ma squallide sembianze dei suoi diletti. Del
quale successo quasi contenta, esclamò:
--Finalmente, la Dio grazia, sono morta!
E richiuse gli occhi; ma gli spasimi, che cocentissimi la
travagliavano, l'avvertirono pur troppo com'ella fosse sempre in vita.
Riaperse pertanto le palpebre, e continuò:
--Ahi! diletti miei, come mai vi riveggo?...
--E noi come rivediamo te, Beatrice? Ahimè! ahimè!
Decorso alquanto tempo don Giacomo si levò in piedi, e lo strepito
delle catene intorno al suo corpo servì di esordio lugubre al seguente
discorso, ch'egli indirizzò alla sorella:
--Sorella io ti scongiuro, per la croce di nostro Signore Gesù Cristo,
a non lasciarti fare così acerbo governo del corpo tuo. Confessa
quello che pretendono sia confessato da noi, come noi abbiamo fatto.
Che vuoi tu? Per uscirne men peggio io non ci vedo altra strada; e,
dove non conducesse ad altro, questa pretesa confessione ci salverà da
martirii che non hanno fine, e con un colpo solo ci troncherà i
tormenti e la vita. La ira di Dio passeggia sopra le nostre teste:
ora, pretenderemo noi contrastare a quella forza terribile che svelle
le montagne dai loro fondamenti di granito, e le travolge come fa il
turbine i granelli di arena? Io mi piego alla sferza con la quale Dio
mi flagella, dinanzi a cui io mi atterro; e poichè contendere non
giova, io m'ingegno mitigare la rigidezza del destino con le
supplicazioni, la umiltà, e le lacrime.
Bernardino, fra i singhiozzi levando supplici le fanciullesche mani,
anch'ei raccomandava:
--Confessa per amor mio, Beatrice; di quello che questi signori
vogliono, chè poi il signor Presidente mi ha promesso farmi
sciogliere, e mandarci tutti per le vendemmie a casa.
Donna Lucrezia rassegnata, a sua posta:
--Confidate, figliuola mia, le diceva, nella Madonna santissima dei
dolori: ella sola è la consolatrice degli afflitti: e, a fin di conto,
chi di noi può vantarsi incolpevole? Tutti siamo peccatori...
Beatrice a mano a mano che la supplicavano volgeva intorno gli sguardi
minacciosi. Per sorte i suoi occhi vennero ad incontrarsi con quelli
del Luciani, i quali divampavano maligna esultanza: ormai sicuro
dell'esito del suo nuovo trovato, egli covava la nidiata dei traditi.
Ira, ribrezzo, e soprattutto senso di schifo infinito agitarono
l'anima di Beatrice, che per poco non proruppe: pur si contenne; non
tanto però, che queste diverse passioni non le si vedessero passare
per la fronte, a modo di nuvole traverso il disco della luna.
Rimessasi alquanto, con voce fioca, che poi a mano a mano le crebbe,
risoluta e gagliarda prese ad ammonire i suoi congiunti in questa
sentenza:
--Che voi non abbiate potuto resistere alla prova dei tormenti, e
piegato ai primi assalti del dolore, e fatto gettito della vostra
bella fama, come il soldato che abbandona l'arme nel giorno della
battaglia, io intesi con infinita amarezza dell'anima mia, ma mi
astengo di rimproverarvelo: solo mi sia concesso di volgermi
severamente a voi, e domandarvi perchè mi vogliate a parte della
vostra ignominia? Due avevano ad essere le Regine dei dolori; una in
cielo, l'altra in terra; ed io sono la terrena. Non m'invidiate, vi
supplico, la mia corona di martirio, dacchè io la porti più
gloriosamente che se fosse di gemme. Udite! Uomini santi ci hanno
ammaestrato come noi non possiamo volgere le mani micidiali contro il
nostro corpo, ch'è fattura di Dio, senza fare violenza alla volontà
suprema: ora, quanto a noi ha da parere maggiore peccato distruggere
con lingua dolosa la propria fama, ch'è la vita dell'anima? E notate,
che la vita sembra più cosa nostra, e però maggiormente facultati a
disfarcene, che non della fama; imperciocchè questa dobbiamo
tramandare ai nostri posteri, e per noi hassi ad aborrire ch'eglino
del proprio nome si vergognino, o vadano soggetti a sentirsi dire: «il
vostro casato rammenta un parricidio». Dunque Roma pagana vide una
femmina di partito durare costantissima inaudite torture, e tagliatasi
co' denti la lingua gittarla in faccia ai carnefici suoi, piuttostochè
scuoprire la congiura alla quale ella aveva partecipato pur troppo[6];
ed io, vergine ingenua e cristiana, non saprò sopportare i tormenti in
testimonio della mia innocenza? Sciagurati! E che cosa pensate con la
vostra viltà conseguire? Forse di conservare la vita? E non vi
accorgete, che la si vuole spenta non già come fine, bensì come via
che conduca a intento oggimai stabilito; nè a questo pare che basti la
nostra morte, la quale oggimai ci avrebbero dato, ma si richieda
eziandio la nostra infamia? Ora, avete voi pensato qual possa essere
questo intento? Chi può lanciare lo sguardo nello abisso d'iniquità
della Corte Romana, e distinguere tutti i disegni tenebrosi che si
ravvolgono là dentro? Nella passata agonia una larva traversò la
caligine della mia mente, e migliaia di voci le urlavano dietro:
avarizia! avarizia! La lupa sacerdotale già assaggiava la sostanza dei
Cènci; e trovatala buona, l'è cresciuta la fame, col pasto. Molti sono
i lupi dal muso affilato venutici da Firenze, che mostrando le costole
ignude, e battendo denti a denti, gridano preda. E il papa gliela
darà... I vostri delitti sono i vostri averi. Voi perderete tutto; la
buona rinomanza, che nessuno al mondo poteva torvi, avete da per voi
stessi gittato via; la vita e la roba, cose caduche ed in potestà
altrui, vi torranno quando loro torni in acconcio. Io, che tronchino i
giorni miei, e con la vita mi rapiscano gli averi, non contrasto; e
volendolo ancora, io non potrei; ma sta nel mio pugno la fama, e
questa non perverranno a rapirmi. Mentre tutto ciò che è della terra
mi abbandona, ecco che più mi si stringono allo spirito due angioli;
quello che ha in custodia la innocenza, e l'altro che premia la
costanza; e grande, miei diletti, sento il potere loro sopra di me,
avvegnadio non solo mi sostengano in mezzo all'atrocità dei miei
tormenti, ma mi promettano appena saranno compiti (il che avverrà
presto) di levarmi genuflessa sopra le santissime loro ale verso il
mio Creatore. Addio terra, limo stemperato di pianto e di sangue;
addio turbine di atomi maligni, che vi dite uomini; addio tempo,
sfregio brevissimo sopra la faccia della Eternità: un raggio delle
gioie celesti mi piove sopra la persona, e toglie via ogni pena...
come mi sento felice! come sono contenta! quanto è soave morire!...
E declinato il capo sopra la sinistra spalla, cadde di nuovo in
deliquio.
Il sole, fino a quel momento coperto dalla nuvole, trasparì in cotesto
luogo oscuro da una finestra alta, e recinse con un raggio languido di
autunno il seno e la faccia di Beatrice. I capelli di oro sparsi per
le spalle della vergine, e rimasti irti, ed attorti sopra la fronte di
lei riflettendo quel raggio, la fasciarono intorno con la corona
luminosa, colla quale, costumiamo effigiare la immagine della Madre di
Cristo. Mirabile caso, che dimostrò come la Provvidenza incominciasse
a ricovrare la travagliata sotto il manto della sua misericordia;
imperciocchè nei capelli, adoperati in quel giorno per arnese
dell'osceno martirio. incominciasse ad apparire un segno manifesto
della prossima sua divinità.
Nessuno osava alitare. Il Luciani era sbigottito, avendo sorpreso
l'anima sua in atto d'intenerirsi: l'abborrita pietà aveva per un
momento cagionato in lui lo effetto, che i Gentili attribuivano al
teschio di Medusa. Il Ribaldella, con la faccia appoggiata sul banco,
osservava costretto una specie di tregua di Dio co' suoi perfidi
pensieri; e il notaro Grifo, per non parere, temperava macchinalmente
le penne, ma non vedeva lo spacco, però che una lacrima gli dondolasse
in su e in giù per la curva del ciglio diritto: povera lacrima! stava
in cotesto luogo come uno esiliato in Siberia.
Beatrice con un sospiro tornò agli uffici della vita, e i suoi
congiunti genuflessi innanzi a lei, presi da ammirazione, da pietà | e
da vergogna, esclamarono fra i singulti:
--Beatrice... angiolo santo... deh! tu ci addita il sentiero che noi
dobbiamo tenere per imitarti.
Beatrice si sollevò alcun poco, e, raccogliendo quanto potè di spiriti
vitali, con voce forte favellò:
--Sappiate morire!
--E noi morremo--gridò don Giacomo levandosi in piedi, e scuotendo su
la faccia ai giudici le catene ond'era avvinto--noi siamo innocenti;
noi nè uccidemmo, nè facemmo uccidere il padre nostro: noi confessammo
per forza di tormenti, ed in virtù delle insidie tese alla nostra
inesperienza.
E Giacomo Cènci poteva anch'egli chiamarsi immune della strage
paterna, imperciocchè il padre non fosse rimasto ucciso nel ratto di
Tagliacozzo: però la sua coscienza non era pura davanti agli uomini,
molto meno davanti a Dio. Ed invero se il disegno, o, come dicono i
curiali, il conato più o meno prossimo alla esecuzione meritamente
presso i primi si distingue dal delitto consumato, appo Dio il
pensiero criminoso scoccato appena torna indietro di ripicchio a
uccidere l'anima, che non lo seppe trattenere.
Beatrice, quasi trasmutata in faccia per la interna compiacenza, con
suono di voce dolce quanto la benedizione di una madre concluse:
--Il martirio sopra la terra si chiama gloria nei cieli: perseverate,
e morite come i fedeli di Cristo morivano.
Il Luciani aveva agevolmente cacciato da se lo insolito solletico di
umanità come una tentazione del demonio: anzi vedendo che nel nuovo
esperimento, invece di aver fatto profitto, com'egli divisava, era
venuto a scapitare non poco, riarse nella sua bile, che proruppe come
acqua bollente fuori del vaso, fragorosa e spumante.
--Con voi rifaremo i conti fra breve, e staremo a vedere se, come a
parole, vi manterrete prodi co' fatti. Intanto voi, mastro Alessandro,
fate di applicare alla esaminata la tortura del _taxillo_.
--Ho io bene inteso, illustrissimo signor Presidente? Avete voi detto
il _taxillo_?
--Il _taxillo_; per lo appunto il _taxillo_: ecci ella qualche nuovità
in proposito?
--Nulla, rispose mastro Alessandro stringendosi nelle spalle: solo
dubitava non avere bene inteso.
E andò pel _taxillo_.
Era il _taxillo_ una specie di bietta di pino tagliata a modo di
cuneo, larga su la base, acuta in cima, e intrisa di trementina e di
pece. Il diavolo trasformato in frate domenicano inventò nella Spagna
cosifatto tomento. Spagna! Infelice paese dove la superstizione arò
così profondo, che, anche in questo moto maraviglioso dei popoli verso
il meglio, gl'Iberi paiono condannati a rappresentare per lungo tempo
nel mondo la parte di centauro, mezzo uomo e mezzo bestia. Dove sono i
figli dei prodi cavalieri, sempre pronti a ferire torneamenti e a
correre giostre in onore delle dame? Dove i discendenti degli
avventurosi baroni, capaci di sostenere mirabili imprese per uno
sguardo della bellezza? Dove i baccellieri di armi, che co' loro gesti
famosi somministrarono gentile argomento ai versi di romanzo? Tacciono
le armi e gli armori; gli Arabi scomparvero sotto le rovine dello
Alambra; a questi splendidi cavalieri subentrarono gl'incappucciati
fratelli del Santo Uffizio, nobil gente avvilita, la quale non trovò
mezzo altro più acconcio per ripararsi dai tormenti, che farsi
anch'ella tormentatrice.--Mirate, di grazia, dove l'hanno condotta i
frati: nuda fino alla cintura, coperta dello scapulare la faccia, con
fruste armate di triboli, stupida e insana si flagella sotto le
gelosie delle donne amate, nè si rimane finchè dalle aperte vene non
le sia sgorgata larga pozza di sangue, e di sangue non abbia resa nera
la sferza, che poi manderà loro in dono come pegno di costanza, che nè
per tempo verrà mai meno, nè per morte. Così, mercè il governo
fratesco, avvinsero insieme le Grazie e le Furie, nodo mostruoso da
disgradarne quello dell'antico Mezenzio[7]. Lo stesso piacere
cospersero di fiele, e, contrariando Dio e la natura, lo mutarono in
tormento. Tanto possono i frati imbestiare gli uomini!
I fratelli Cènci e la Lucrezia Petroni come smemorati consideravano
quanto sotto i loro occhi avveniva, (mastro Alessandro recatasi in
mano la zeppa, scalzò il piede sinistro di Beatrice. Breve, asciutto e
rotondo, egli pareva opera di greco scalpello condotta in alabastro
rosato) e vedono... figgere la parte aguzza della bietta tra la carne
e l'unghia del pollice: bene a quella vista sentivano raccapriccio, ma
qual nuovo modo di tormentare fosse cotesto non bene comprendevano. In
breve saranno chiariti. Mastro Alessandro trasse fuori una candeletta,
e andò ad accenderla alla lampada, che ardeva davanti la immagine
santa del Redentore; poi l'accostò alla scheggia, che subito
crepitando prese fuoco. La fiamma si accosta rapidissima alle dita, e
qualche lingua si avventa precorrendo come famelica di carne e di
sangue.
Atrocissimi dolori erano quelli, che da cotesto tormento derivavano;
la natura umana non li poteva sopportare, molto più se consideriamo lo
strazio fatto della misera fanciulla: e nondimeno Beatrice, temendo da
un lato sconfortare i suoi, e dall'altro desiderando porgere loro lo
esempio del come si abbia a soffrire, domava lo spasimo, e taceva.
Taceva, sì; e insinuata la carne delle guance fra i denti stringeva
forte fino ad empirsi la bocca di sangue, per divertire un'ambascia
con l'altra; ma non era potestà in lei d'impedire il brivido intenso
che le increspava la pelle di tutto il corpo, nè lo stralunamento
delle pupille smarrite, nè il mugolìo convulso, che travaglia la
creatura nella suprema ora del transito:--nè fu in lei, misera!
trattenere uno strido disperatamente acuto, nel quale parve le si
troncasse la vita, e declinare la testa giù come morta.
Anche il coniglio, ridotto alla disperazione, dimentica la naturale
timidità, e morde. Don Giacomo non dubita accostarsi con la faccia al
tassillo imfiammato, ed azzannatolo tenta staccarlo; ma da una
scottatura in fuori non ne trasse altro vantaggio. Allora tutti, non
esclusa la mansuetissima donna Lucrezia, spinti da moto spontaneo si
avventarono contro il Luciani, mostrando volerlo stracciare co' denti:
ululavano come bestie feroci, nè il sembiante loro pareva più umano.
Quantunque cotesta fosse ira impotente, però che tenessero le mani
incatenate, e per accostarsi ai giudici gl'impedisse il cancello, pure
il Luciani n'ebbe spavento, e, balzato in piedi, si fece schermo con
la spalliera della seggiola; dietro la quale, come da un baluardo,
latrava:
--Badate ch'ei non si sciolgano! Teneteli! Sono dei Cènci, e sbranano.
Mastro Alessandro, giovandosi della confusione, aveva fatto cadere il
tassillo dal piede della Beatrice.
I Cènci furono di leggieri trattenuti. Il Luciani sentendosi agitato,
e considerando i colleghi suoi e gli altri assistenti, comecchè per
causa diversa, più atterriti di lui, riputò conveniente sospendere per
allora cotesti strazii, che in quei tempi avevano nome di esami.
--Riportateli, ritto sopra il limitare della porta abbaiava il
Luciani, riportateli in carcere uno diviso dall'altro. Ministrate loro
il vitto di penitenza... bevano il supplizio... mangino la
disperazione.
Beatrice priva di sentimento fu riportata sopra una sedia in prigione,
e quivi affidata alle cure del medico; il quale fra un sospiro e
l'altro osservava, come la detenuta non potesse essere esposta con
efficacia al tormento se non prima decorsa una settimana intera; ed
avrebbe, egli aggiungeva, in caso di bisogno avuto anche il coraggio
di sostenerlo a voce, e in iscritto, perchè innanzi tutto doveva
aversi riguardo alla umanità!...
Non vi par egli, che fosse caritatevole davvero questo dabbene dottore
fisico?
NOTE
[1] Papa Clemente VIII quando mosse da Roma per prendere possesso
del ducato di Ferrara rapito a don Cesare, che n'era stato
istituito erede da Alfonso d'Este II, nel visitare la chiesa di
Loreto vi lasciò in voto due gambe di argento massiccio, forse per
grazia non ricevuta della guarigione della podagra; e dico per
grazia non ricevuta, dacchè alla podagra gli si aggiunse anche la
chiragra, la quale nel giubbileo bandito nel 1600 non gli
permetteva di lavare i piedi ai poveri pellegrini che con una mano
sola, e questo non sempre, contentandosi allora di asciugargli
soltanto; mentre cotesta opera santa era esercitata da quei fiori
di virtù dei cardinali Aldobrandino, a Passero. Giovanni Stringa,
_Vita di Clemente VIII_.--Cav. Artaud de Moutor, _Vita del
medesimo pontefice_.
[2] «Quidnam vulto hoc esse? Alii autem irridentes dicebant: quia
pleni sunt musto». _Acta Apost. c. II. nn. 12-13_.
[3] Quando prima arrise al prete la speranza di tenere suggetti
popoli, e re, sostenne la volontà regia nulla se non era
santificata da lui. Scaduto dalla superba pretensione si adattò
alla parte di vassallo, vestì livrea; e, contentandosi di tosare
di seconda mano, bestemmiò voler sovrano formare legge pel suddito
anche quando contraffacesse al precetto di Dio. Antonio Perez,
consultato il reverendo padre Diego de Chaves se potesse, senza
peccato, obbedire all'ordine di Filippo II, che gli comandava
assassinare d'Escovedo segretario di don Giovanni di Austria, ne
riceve la seguente risposta: «El principe seglar, che tiene poder
sobra la vita de sus subditos, y vasallos como se la puede quitar
por justa causa, y por juyzio formado, la puede hazer sui el.....
tela de los juyzios es nada por sus leyes, en las quales el mismo
puede dispensar. No tiene culpa el vasallo que por su mandado
matasse a otro, que tambien fuere vasallo suyo, por que se ha da
pensar que lo manda con justa causa, como el derecho presume que
la ay en todas les acciones del principe supremo». _Relaciones di
Antonio Perez_, cit. dal MIGNET, _Antoine Perez et Philippe II,
p._ 66.
[4] Intorno ai fatti del conte Peppoli e del duca Farnese, vedi
GREGORIO LETI, _Vita di Sisto V, lib. III. p. 2_.
[5] Nei governi dispotici, il duca di Wintoun diceva che lo ufficio
del giudice, come presso i barbari, si confonde con quello di
carnefice. Veruno animale è più schifo del giudice amovibile allo
stipendio del tiranno. Ricorda la storia che nei tempi antichi,
durante il processo di Giovanna di Arco, al cimiterio di Santo
Ovanio il carnefice assisteva al giudizio per esser pronto a
giustiziarla appena condannata! MICHELET, _Storia di Francia, t.
V. p. 163_--Ai tempi nostri un re mandava ai suoi giudici
sentenziassero presto, perchè prima di sera voleva fucilare i
prevenuti.
[6] Nerone si ricordò di Epirari ritenuta per indizio di Procolo; e
non credendo che una donna reggesse al dolore, ne comandò ogni
strazio. Nè verga, nè fuoco, nè ira di martorianti del non sapere
sgarare una femmina, la fecero confessare, e vinse il primo dì.
Portata il seguente ai tormenti medesimi in seggiola, non
potendosi reggere sopra le membra lacerate, si trasse di seno una
fascia, l'annodò alla seggiola, incalappiò la gola stringendola
col peso del proprio corpo, e trassene quel poco fiato che vi era.
Esempio memorevole, che una femmina libertina volesse salvare gli
strani, e quasi non conosciuti, quando gl'ingenui uomini senatori,
e cavalieri scuoprivano i più cari senza tormenti. TACITO,
_Annali, t. XV. volgarizzamento del Davanzati_.
[7] Il supplizio di Mezenzio era legare un vivo con un morto, e così
lasciarlo finchè ancora egli si morisse.
«Quid memorem infanda caedes; quid facta tyranni
Effera? Di capiti ipsius, generique reservent.
Mortua quin etiam jungebat corpora vivis
Componens manibus manus, atque oribus ora
(Tormenti genus) et sanie, taboque fluentis
Complexu in misera longa sic morte necabat».
VIRGILIUS, _Aeneid. t. VIII, v. 482_.
CAPITOLO XXIV
IL SAGRIFIZIO.
Non sentite che stridìo
Fa quel gufo colassù?
È là un'aquila che sgraffia!
Quanti corvi intorno a lei!
Quanti corvi a molestarla!
Presto, indietro, figli miei.
. . . . . . . . . .
Van gl'infanti:--e don Rodrigo
Ha già scritto ad Almanzor:
Vengon tutti, e senza schermo
Tutti a morte gli hai da por.
_I sette Infanti di Lara,
Romanza spagnuola._
--Introducetelo immediatamente.
Così ordinava Cinzio Passero cardinale di San Giorgio al camerario,
ch'era venuto ad annunziargli come il presidente Luciani, con
grandissima istanza, domandasse di favellare a Sua Eminenza. Il
Luciani, mossi alquanti passi, si fermò a mezzo la stanza curvato
profondamente, ed in cotesta attitudine si rimase senza profferire
parola.
Il Cardinale, declinati i sopraccigli per velare le pupille tremolanti
di soddisfazione, domandava con voce lenta ed ostentata indifferenza,
precorritrice di prossima ingratitudine:
--Or bè, a che cosa siamo noi? Egli è finalmente compito questo magno
processo?
--Vostra Eminenza, rispondeva il Luciani con le braccia giù penzoloni,
ravvisa in me rinnuovato il caso di Sisifo...
Il Cardinale, meglio che dalle parole, dal sembiante del Luciani
sospettando il caso, gittata là la finta indifferenza come maschera
molesta, ardente e iroso soggiunse:
--Che cosa significa questo? Parlate senza metafore, chè ormai mi han
concio.
--Eminentissimo, significa che noi non abbiamo potuto ottenere
dall'accusata Beatrice confessione di sorte; e gli altri Cènci, mossi
dal suo esempio, hanno ritrattato la loro.
--Ma voi... voi vi sarete lasciato intenerire per avventura anche voi.
--Io!--esclamò il Luciani, come quando si ode qualche sproposito
solenne:--eh giusto! Corda, Eminentissimo, tortura _capillorum_,
tortura _vigilae, canubbiorum, rudentium, taxilli_, tutte le adoperai,
e senza intervallo di tempo, sicchè ne rimasi sbalordito io stesso:
poco più che avessi spinto il tormento dell'accusata, a quest'ora non
ne parlavamo più, con danno inestimabile del processo. Io l'ho
costretta a rimanere tre ore intere in deliquio.
--E neanche col tassillo ha confessato costei?
--Neppure col tassillo.
--Ma che gli fate adesso, di burro?
--Eminentissimo noi gli facciamo di legno di pino, impeciati, e
aguzzati per filo e per segno: e tutti i tormenti io ho ordinato le
inasprissero per modo, che lo stesso mastro Alessandro ha consigliato
si sospendesse la tortura, avvegnadio corressimo pericolo
presentissimo di vita.
--Chi è questo mastro Alessandro?
--Il boia, Eminentissimo.
In verità occorrono in tutte le lingue taluni composti di certi suoni,
che hanno virtù di scuotere ingratamente i nervi umani; e la parola
boia è senza dubbio fra questi. Il Cardinale arricciò il naso e scosse
disdegnoso la testa, quasi che volesse dire: «E com'entra il boia fra
noi?»
Alla quale tacita domanda il Luciani, a sua posta, tacitamente
rispondeva: «Come ci entra? ci entra benissimo, e la tua collera nasce
appunto dal non esserci entrato come desideri, o uomo rosso, parente
del carnefice in troppe più cose, che nel colore delle vesti».
--E quando vedeste, riprese il Cardinale, come i rigori non
giovassero, o perchè non provaste di adoperare le piacevolezze?
--Uhm! Io sono da bosco e da riviera, Eminenza: anzi mi arrisicai fino
a promettere (bene inteso però come cosa mia, onde dar campo a vostra
Eminenza ed a Sua Santità di smentirmi quando tornasse loro comodo) la
grazia della vita per tutti;--feci in modo che i confessi si
trovassero con la donzella quando verosimilmente dovevano averla
frollata i tormenti, e lei con pianti e preghiere supplicassero a
confessare, assicurandola com'io avessi loro dato ad intendere esser
questo per essi refrigerio estremo di salvazione. Fiato gittato! La
donzella, oltre ogni credere pervicace, ha disprezzato blandizie e
tormenti; e dopo aver sofferto più che natura umana sembrava potesse
Luciani, che gli aveva porto ascolto con torbida faccia, la rasserenò
ad un tratto, e quasi sorridendo gli disse:
--Jacomuzzo andate là, chè voi farete passata.--Indi rivolto al
carnefice:--Sospendete pure i tormenti, mastro Alessandro,--proseguì a
dire,--anzi confortate la paziente, e ingegnatevi a farla
riavere.--Voi altri, prestantissimi signori colleghi, compiacetevi
aspettarmi seduti nei vostri seggi per breve ora di tempo.
Ciò detto sparì.
Quinci a poco più di venti minuti, nel corridore dond'erasi
allontanato il Luciani fu udito strepito di catene, e subito dopo
dalle aperte imposte comparvero Giacomo, Bernardino Cènci e Lucrezia
Petroni, attriti come gente che abbia fuori di misura sofferto, e non
siasi per anco rimessa dalle angosce durate. Il Luciani li seguitava
come il mandriano caccia dinanzi a se il bestiame, che spinge al
macello.
Dopo la notte dello arresto Giacomo e Bernardino Cènci non si erano
più veduti fra loro, e la Lucrezia Petroni nemmeno. All'improvviso
sentirono aprire l'uscio del carcere, e si trovarono, senza sapere nè
che nè come, l'uno frombolato nelle braccia dell'altro.
Ognuno pensi come per tutti cotesti malearrivati fosse pietosissima
cosa, e piena a un punto di sollievo e di affanno, incontrarsi, e
piangere, e baciarsi insieme, comecchè le braccia incatenate ogni
altra dimostrazione di affetto non concedessero.
Posciachè la piena della passione si fu sfogata quattro volte e sei,
al Luciani, il quale per contenere la inquieta impazienza si rodeva le
ugna, parve bene richiamarli, ed ammonirli di quella, ch'ei chiamava
invincibile caparbietà della Beatrice. Cotesta sua riprovevolissima
pertinacia, egli aggiungeva, formare ostacolo alla chiusura del
processo, e per conseguenza trattenere la grazia pontificia, pronta a
sgorgare, dopo cotesto atto di umiltà, come le acque scaturirono sotto
la verga del santo patriarca Moisè: in quanto a lui sentirsi
profondamente travagliato per le torture alle quali, così imponendo i
penosi uffici del suo ministero, aveva dovuto sottoporre la Beatrice;
ormai non gli reggere più l'animo di proseguire; venissero eglino in
suo aiuto per vincere cotesta mente ostinata; di ciò supplicarli da
verace amico, e da cristiano; qui il giudice non entrare per nulla: di
questo andassero persuasi, non poter eglino desiderare patrono od
avvocato che più fervorosamente di lui zelasse la causa loro presso
Sua Santità.
Egli è così lieve ingannare chi si assicura! Riesce tanto gradito
prestar fede a quello che si desidera! Così hanno i miseri sete di
conforto, che i fratelli Cènci e la Lucrezia Petroni si abbandonarono
affatto in balìa del Luciani; il quale, diventato mansueto, promise
loro di non farli separare più mai. Vinti e ingannati, adesso se li
spingeva davanti a se; e gli si leggeva manifesta nel volto la
superbia del trionfo.
Le vittorie della forza sono elleno forse più, o meno gloriose di
quelle della frode? Lo ignoro: io so unicamente, che forza e frode
nacquero gemelle nel ventre della ingiustizia.
Quando i due Cènci e la Petroni videro l'osceno strazio del corpo
divino di Beatrice, e lei in sembianza di morta, proruppero in pianto
irrefrenato, e le s'inginocchiarono dintorno baciandole i lembi delle
vesti... non osavano toccarle le mani lacerate, per tema d'inasprirle i
suoi dolori. In verità di Dio stringeva il cuore contemplare quei
derelitti, con le mani legate di catene, starsene genuflessi intorno
alla donzella svenuta tutti in se raccolti, come se l'adorassero.--Così
per lunga ora rimasero: quando Beatrice rinvenne, e prima assai di
riaprire gli occhi alla luce, la percosse un rammarichìo doloroso, onde
tenne per certo di trovarsi colà dove si purga lo spirito umano, e
diventa degno di salire al cielo; la quale opinione tanto più le venne
confermata quando, riacquistato il senso della vista, si vide
circondata dalle care sì, ma squallide sembianze dei suoi diletti. Del
quale successo quasi contenta, esclamò:
--Finalmente, la Dio grazia, sono morta!
E richiuse gli occhi; ma gli spasimi, che cocentissimi la
travagliavano, l'avvertirono pur troppo com'ella fosse sempre in vita.
Riaperse pertanto le palpebre, e continuò:
--Ahi! diletti miei, come mai vi riveggo?...
--E noi come rivediamo te, Beatrice? Ahimè! ahimè!
Decorso alquanto tempo don Giacomo si levò in piedi, e lo strepito
delle catene intorno al suo corpo servì di esordio lugubre al seguente
discorso, ch'egli indirizzò alla sorella:
--Sorella io ti scongiuro, per la croce di nostro Signore Gesù Cristo,
a non lasciarti fare così acerbo governo del corpo tuo. Confessa
quello che pretendono sia confessato da noi, come noi abbiamo fatto.
Che vuoi tu? Per uscirne men peggio io non ci vedo altra strada; e,
dove non conducesse ad altro, questa pretesa confessione ci salverà da
martirii che non hanno fine, e con un colpo solo ci troncherà i
tormenti e la vita. La ira di Dio passeggia sopra le nostre teste:
ora, pretenderemo noi contrastare a quella forza terribile che svelle
le montagne dai loro fondamenti di granito, e le travolge come fa il
turbine i granelli di arena? Io mi piego alla sferza con la quale Dio
mi flagella, dinanzi a cui io mi atterro; e poichè contendere non
giova, io m'ingegno mitigare la rigidezza del destino con le
supplicazioni, la umiltà, e le lacrime.
Bernardino, fra i singhiozzi levando supplici le fanciullesche mani,
anch'ei raccomandava:
--Confessa per amor mio, Beatrice; di quello che questi signori
vogliono, chè poi il signor Presidente mi ha promesso farmi
sciogliere, e mandarci tutti per le vendemmie a casa.
Donna Lucrezia rassegnata, a sua posta:
--Confidate, figliuola mia, le diceva, nella Madonna santissima dei
dolori: ella sola è la consolatrice degli afflitti: e, a fin di conto,
chi di noi può vantarsi incolpevole? Tutti siamo peccatori...
Beatrice a mano a mano che la supplicavano volgeva intorno gli sguardi
minacciosi. Per sorte i suoi occhi vennero ad incontrarsi con quelli
del Luciani, i quali divampavano maligna esultanza: ormai sicuro
dell'esito del suo nuovo trovato, egli covava la nidiata dei traditi.
Ira, ribrezzo, e soprattutto senso di schifo infinito agitarono
l'anima di Beatrice, che per poco non proruppe: pur si contenne; non
tanto però, che queste diverse passioni non le si vedessero passare
per la fronte, a modo di nuvole traverso il disco della luna.
Rimessasi alquanto, con voce fioca, che poi a mano a mano le crebbe,
risoluta e gagliarda prese ad ammonire i suoi congiunti in questa
sentenza:
--Che voi non abbiate potuto resistere alla prova dei tormenti, e
piegato ai primi assalti del dolore, e fatto gettito della vostra
bella fama, come il soldato che abbandona l'arme nel giorno della
battaglia, io intesi con infinita amarezza dell'anima mia, ma mi
astengo di rimproverarvelo: solo mi sia concesso di volgermi
severamente a voi, e domandarvi perchè mi vogliate a parte della
vostra ignominia? Due avevano ad essere le Regine dei dolori; una in
cielo, l'altra in terra; ed io sono la terrena. Non m'invidiate, vi
supplico, la mia corona di martirio, dacchè io la porti più
gloriosamente che se fosse di gemme. Udite! Uomini santi ci hanno
ammaestrato come noi non possiamo volgere le mani micidiali contro il
nostro corpo, ch'è fattura di Dio, senza fare violenza alla volontà
suprema: ora, quanto a noi ha da parere maggiore peccato distruggere
con lingua dolosa la propria fama, ch'è la vita dell'anima? E notate,
che la vita sembra più cosa nostra, e però maggiormente facultati a
disfarcene, che non della fama; imperciocchè questa dobbiamo
tramandare ai nostri posteri, e per noi hassi ad aborrire ch'eglino
del proprio nome si vergognino, o vadano soggetti a sentirsi dire: «il
vostro casato rammenta un parricidio». Dunque Roma pagana vide una
femmina di partito durare costantissima inaudite torture, e tagliatasi
co' denti la lingua gittarla in faccia ai carnefici suoi, piuttostochè
scuoprire la congiura alla quale ella aveva partecipato pur troppo[6];
ed io, vergine ingenua e cristiana, non saprò sopportare i tormenti in
testimonio della mia innocenza? Sciagurati! E che cosa pensate con la
vostra viltà conseguire? Forse di conservare la vita? E non vi
accorgete, che la si vuole spenta non già come fine, bensì come via
che conduca a intento oggimai stabilito; nè a questo pare che basti la
nostra morte, la quale oggimai ci avrebbero dato, ma si richieda
eziandio la nostra infamia? Ora, avete voi pensato qual possa essere
questo intento? Chi può lanciare lo sguardo nello abisso d'iniquità
della Corte Romana, e distinguere tutti i disegni tenebrosi che si
ravvolgono là dentro? Nella passata agonia una larva traversò la
caligine della mia mente, e migliaia di voci le urlavano dietro:
avarizia! avarizia! La lupa sacerdotale già assaggiava la sostanza dei
Cènci; e trovatala buona, l'è cresciuta la fame, col pasto. Molti sono
i lupi dal muso affilato venutici da Firenze, che mostrando le costole
ignude, e battendo denti a denti, gridano preda. E il papa gliela
darà... I vostri delitti sono i vostri averi. Voi perderete tutto; la
buona rinomanza, che nessuno al mondo poteva torvi, avete da per voi
stessi gittato via; la vita e la roba, cose caduche ed in potestà
altrui, vi torranno quando loro torni in acconcio. Io, che tronchino i
giorni miei, e con la vita mi rapiscano gli averi, non contrasto; e
volendolo ancora, io non potrei; ma sta nel mio pugno la fama, e
questa non perverranno a rapirmi. Mentre tutto ciò che è della terra
mi abbandona, ecco che più mi si stringono allo spirito due angioli;
quello che ha in custodia la innocenza, e l'altro che premia la
costanza; e grande, miei diletti, sento il potere loro sopra di me,
avvegnadio non solo mi sostengano in mezzo all'atrocità dei miei
tormenti, ma mi promettano appena saranno compiti (il che avverrà
presto) di levarmi genuflessa sopra le santissime loro ale verso il
mio Creatore. Addio terra, limo stemperato di pianto e di sangue;
addio turbine di atomi maligni, che vi dite uomini; addio tempo,
sfregio brevissimo sopra la faccia della Eternità: un raggio delle
gioie celesti mi piove sopra la persona, e toglie via ogni pena...
come mi sento felice! come sono contenta! quanto è soave morire!...
E declinato il capo sopra la sinistra spalla, cadde di nuovo in
deliquio.
Il sole, fino a quel momento coperto dalla nuvole, trasparì in cotesto
luogo oscuro da una finestra alta, e recinse con un raggio languido di
autunno il seno e la faccia di Beatrice. I capelli di oro sparsi per
le spalle della vergine, e rimasti irti, ed attorti sopra la fronte di
lei riflettendo quel raggio, la fasciarono intorno con la corona
luminosa, colla quale, costumiamo effigiare la immagine della Madre di
Cristo. Mirabile caso, che dimostrò come la Provvidenza incominciasse
a ricovrare la travagliata sotto il manto della sua misericordia;
imperciocchè nei capelli, adoperati in quel giorno per arnese
dell'osceno martirio. incominciasse ad apparire un segno manifesto
della prossima sua divinità.
Nessuno osava alitare. Il Luciani era sbigottito, avendo sorpreso
l'anima sua in atto d'intenerirsi: l'abborrita pietà aveva per un
momento cagionato in lui lo effetto, che i Gentili attribuivano al
teschio di Medusa. Il Ribaldella, con la faccia appoggiata sul banco,
osservava costretto una specie di tregua di Dio co' suoi perfidi
pensieri; e il notaro Grifo, per non parere, temperava macchinalmente
le penne, ma non vedeva lo spacco, però che una lacrima gli dondolasse
in su e in giù per la curva del ciglio diritto: povera lacrima! stava
in cotesto luogo come uno esiliato in Siberia.
Beatrice con un sospiro tornò agli uffici della vita, e i suoi
congiunti genuflessi innanzi a lei, presi da ammirazione, da pietà | e
da vergogna, esclamarono fra i singulti:
--Beatrice... angiolo santo... deh! tu ci addita il sentiero che noi
dobbiamo tenere per imitarti.
Beatrice si sollevò alcun poco, e, raccogliendo quanto potè di spiriti
vitali, con voce forte favellò:
--Sappiate morire!
--E noi morremo--gridò don Giacomo levandosi in piedi, e scuotendo su
la faccia ai giudici le catene ond'era avvinto--noi siamo innocenti;
noi nè uccidemmo, nè facemmo uccidere il padre nostro: noi confessammo
per forza di tormenti, ed in virtù delle insidie tese alla nostra
inesperienza.
E Giacomo Cènci poteva anch'egli chiamarsi immune della strage
paterna, imperciocchè il padre non fosse rimasto ucciso nel ratto di
Tagliacozzo: però la sua coscienza non era pura davanti agli uomini,
molto meno davanti a Dio. Ed invero se il disegno, o, come dicono i
curiali, il conato più o meno prossimo alla esecuzione meritamente
presso i primi si distingue dal delitto consumato, appo Dio il
pensiero criminoso scoccato appena torna indietro di ripicchio a
uccidere l'anima, che non lo seppe trattenere.
Beatrice, quasi trasmutata in faccia per la interna compiacenza, con
suono di voce dolce quanto la benedizione di una madre concluse:
--Il martirio sopra la terra si chiama gloria nei cieli: perseverate,
e morite come i fedeli di Cristo morivano.
Il Luciani aveva agevolmente cacciato da se lo insolito solletico di
umanità come una tentazione del demonio: anzi vedendo che nel nuovo
esperimento, invece di aver fatto profitto, com'egli divisava, era
venuto a scapitare non poco, riarse nella sua bile, che proruppe come
acqua bollente fuori del vaso, fragorosa e spumante.
--Con voi rifaremo i conti fra breve, e staremo a vedere se, come a
parole, vi manterrete prodi co' fatti. Intanto voi, mastro Alessandro,
fate di applicare alla esaminata la tortura del _taxillo_.
--Ho io bene inteso, illustrissimo signor Presidente? Avete voi detto
il _taxillo_?
--Il _taxillo_; per lo appunto il _taxillo_: ecci ella qualche nuovità
in proposito?
--Nulla, rispose mastro Alessandro stringendosi nelle spalle: solo
dubitava non avere bene inteso.
E andò pel _taxillo_.
Era il _taxillo_ una specie di bietta di pino tagliata a modo di
cuneo, larga su la base, acuta in cima, e intrisa di trementina e di
pece. Il diavolo trasformato in frate domenicano inventò nella Spagna
cosifatto tomento. Spagna! Infelice paese dove la superstizione arò
così profondo, che, anche in questo moto maraviglioso dei popoli verso
il meglio, gl'Iberi paiono condannati a rappresentare per lungo tempo
nel mondo la parte di centauro, mezzo uomo e mezzo bestia. Dove sono i
figli dei prodi cavalieri, sempre pronti a ferire torneamenti e a
correre giostre in onore delle dame? Dove i discendenti degli
avventurosi baroni, capaci di sostenere mirabili imprese per uno
sguardo della bellezza? Dove i baccellieri di armi, che co' loro gesti
famosi somministrarono gentile argomento ai versi di romanzo? Tacciono
le armi e gli armori; gli Arabi scomparvero sotto le rovine dello
Alambra; a questi splendidi cavalieri subentrarono gl'incappucciati
fratelli del Santo Uffizio, nobil gente avvilita, la quale non trovò
mezzo altro più acconcio per ripararsi dai tormenti, che farsi
anch'ella tormentatrice.--Mirate, di grazia, dove l'hanno condotta i
frati: nuda fino alla cintura, coperta dello scapulare la faccia, con
fruste armate di triboli, stupida e insana si flagella sotto le
gelosie delle donne amate, nè si rimane finchè dalle aperte vene non
le sia sgorgata larga pozza di sangue, e di sangue non abbia resa nera
la sferza, che poi manderà loro in dono come pegno di costanza, che nè
per tempo verrà mai meno, nè per morte. Così, mercè il governo
fratesco, avvinsero insieme le Grazie e le Furie, nodo mostruoso da
disgradarne quello dell'antico Mezenzio[7]. Lo stesso piacere
cospersero di fiele, e, contrariando Dio e la natura, lo mutarono in
tormento. Tanto possono i frati imbestiare gli uomini!
I fratelli Cènci e la Lucrezia Petroni come smemorati consideravano
quanto sotto i loro occhi avveniva, (mastro Alessandro recatasi in
mano la zeppa, scalzò il piede sinistro di Beatrice. Breve, asciutto e
rotondo, egli pareva opera di greco scalpello condotta in alabastro
rosato) e vedono... figgere la parte aguzza della bietta tra la carne
e l'unghia del pollice: bene a quella vista sentivano raccapriccio, ma
qual nuovo modo di tormentare fosse cotesto non bene comprendevano. In
breve saranno chiariti. Mastro Alessandro trasse fuori una candeletta,
e andò ad accenderla alla lampada, che ardeva davanti la immagine
santa del Redentore; poi l'accostò alla scheggia, che subito
crepitando prese fuoco. La fiamma si accosta rapidissima alle dita, e
qualche lingua si avventa precorrendo come famelica di carne e di
sangue.
Atrocissimi dolori erano quelli, che da cotesto tormento derivavano;
la natura umana non li poteva sopportare, molto più se consideriamo lo
strazio fatto della misera fanciulla: e nondimeno Beatrice, temendo da
un lato sconfortare i suoi, e dall'altro desiderando porgere loro lo
esempio del come si abbia a soffrire, domava lo spasimo, e taceva.
Taceva, sì; e insinuata la carne delle guance fra i denti stringeva
forte fino ad empirsi la bocca di sangue, per divertire un'ambascia
con l'altra; ma non era potestà in lei d'impedire il brivido intenso
che le increspava la pelle di tutto il corpo, nè lo stralunamento
delle pupille smarrite, nè il mugolìo convulso, che travaglia la
creatura nella suprema ora del transito:--nè fu in lei, misera!
trattenere uno strido disperatamente acuto, nel quale parve le si
troncasse la vita, e declinare la testa giù come morta.
Anche il coniglio, ridotto alla disperazione, dimentica la naturale
timidità, e morde. Don Giacomo non dubita accostarsi con la faccia al
tassillo imfiammato, ed azzannatolo tenta staccarlo; ma da una
scottatura in fuori non ne trasse altro vantaggio. Allora tutti, non
esclusa la mansuetissima donna Lucrezia, spinti da moto spontaneo si
avventarono contro il Luciani, mostrando volerlo stracciare co' denti:
ululavano come bestie feroci, nè il sembiante loro pareva più umano.
Quantunque cotesta fosse ira impotente, però che tenessero le mani
incatenate, e per accostarsi ai giudici gl'impedisse il cancello, pure
il Luciani n'ebbe spavento, e, balzato in piedi, si fece schermo con
la spalliera della seggiola; dietro la quale, come da un baluardo,
latrava:
--Badate ch'ei non si sciolgano! Teneteli! Sono dei Cènci, e sbranano.
Mastro Alessandro, giovandosi della confusione, aveva fatto cadere il
tassillo dal piede della Beatrice.
I Cènci furono di leggieri trattenuti. Il Luciani sentendosi agitato,
e considerando i colleghi suoi e gli altri assistenti, comecchè per
causa diversa, più atterriti di lui, riputò conveniente sospendere per
allora cotesti strazii, che in quei tempi avevano nome di esami.
--Riportateli, ritto sopra il limitare della porta abbaiava il
Luciani, riportateli in carcere uno diviso dall'altro. Ministrate loro
il vitto di penitenza... bevano il supplizio... mangino la
disperazione.
Beatrice priva di sentimento fu riportata sopra una sedia in prigione,
e quivi affidata alle cure del medico; il quale fra un sospiro e
l'altro osservava, come la detenuta non potesse essere esposta con
efficacia al tormento se non prima decorsa una settimana intera; ed
avrebbe, egli aggiungeva, in caso di bisogno avuto anche il coraggio
di sostenerlo a voce, e in iscritto, perchè innanzi tutto doveva
aversi riguardo alla umanità!...
Non vi par egli, che fosse caritatevole davvero questo dabbene dottore
fisico?
NOTE
[1] Papa Clemente VIII quando mosse da Roma per prendere possesso
del ducato di Ferrara rapito a don Cesare, che n'era stato
istituito erede da Alfonso d'Este II, nel visitare la chiesa di
Loreto vi lasciò in voto due gambe di argento massiccio, forse per
grazia non ricevuta della guarigione della podagra; e dico per
grazia non ricevuta, dacchè alla podagra gli si aggiunse anche la
chiragra, la quale nel giubbileo bandito nel 1600 non gli
permetteva di lavare i piedi ai poveri pellegrini che con una mano
sola, e questo non sempre, contentandosi allora di asciugargli
soltanto; mentre cotesta opera santa era esercitata da quei fiori
di virtù dei cardinali Aldobrandino, a Passero. Giovanni Stringa,
_Vita di Clemente VIII_.--Cav. Artaud de Moutor, _Vita del
medesimo pontefice_.
[2] «Quidnam vulto hoc esse? Alii autem irridentes dicebant: quia
pleni sunt musto». _Acta Apost. c. II. nn. 12-13_.
[3] Quando prima arrise al prete la speranza di tenere suggetti
popoli, e re, sostenne la volontà regia nulla se non era
santificata da lui. Scaduto dalla superba pretensione si adattò
alla parte di vassallo, vestì livrea; e, contentandosi di tosare
di seconda mano, bestemmiò voler sovrano formare legge pel suddito
anche quando contraffacesse al precetto di Dio. Antonio Perez,
consultato il reverendo padre Diego de Chaves se potesse, senza
peccato, obbedire all'ordine di Filippo II, che gli comandava
assassinare d'Escovedo segretario di don Giovanni di Austria, ne
riceve la seguente risposta: «El principe seglar, che tiene poder
sobra la vita de sus subditos, y vasallos como se la puede quitar
por justa causa, y por juyzio formado, la puede hazer sui el.....
tela de los juyzios es nada por sus leyes, en las quales el mismo
puede dispensar. No tiene culpa el vasallo que por su mandado
matasse a otro, que tambien fuere vasallo suyo, por que se ha da
pensar que lo manda con justa causa, como el derecho presume que
la ay en todas les acciones del principe supremo». _Relaciones di
Antonio Perez_, cit. dal MIGNET, _Antoine Perez et Philippe II,
p._ 66.
[4] Intorno ai fatti del conte Peppoli e del duca Farnese, vedi
GREGORIO LETI, _Vita di Sisto V, lib. III. p. 2_.
[5] Nei governi dispotici, il duca di Wintoun diceva che lo ufficio
del giudice, come presso i barbari, si confonde con quello di
carnefice. Veruno animale è più schifo del giudice amovibile allo
stipendio del tiranno. Ricorda la storia che nei tempi antichi,
durante il processo di Giovanna di Arco, al cimiterio di Santo
Ovanio il carnefice assisteva al giudizio per esser pronto a
giustiziarla appena condannata! MICHELET, _Storia di Francia, t.
V. p. 163_--Ai tempi nostri un re mandava ai suoi giudici
sentenziassero presto, perchè prima di sera voleva fucilare i
prevenuti.
[6] Nerone si ricordò di Epirari ritenuta per indizio di Procolo; e
non credendo che una donna reggesse al dolore, ne comandò ogni
strazio. Nè verga, nè fuoco, nè ira di martorianti del non sapere
sgarare una femmina, la fecero confessare, e vinse il primo dì.
Portata il seguente ai tormenti medesimi in seggiola, non
potendosi reggere sopra le membra lacerate, si trasse di seno una
fascia, l'annodò alla seggiola, incalappiò la gola stringendola
col peso del proprio corpo, e trassene quel poco fiato che vi era.
Esempio memorevole, che una femmina libertina volesse salvare gli
strani, e quasi non conosciuti, quando gl'ingenui uomini senatori,
e cavalieri scuoprivano i più cari senza tormenti. TACITO,
_Annali, t. XV. volgarizzamento del Davanzati_.
[7] Il supplizio di Mezenzio era legare un vivo con un morto, e così
lasciarlo finchè ancora egli si morisse.
«Quid memorem infanda caedes; quid facta tyranni
Effera? Di capiti ipsius, generique reservent.
Mortua quin etiam jungebat corpora vivis
Componens manibus manus, atque oribus ora
(Tormenti genus) et sanie, taboque fluentis
Complexu in misera longa sic morte necabat».
VIRGILIUS, _Aeneid. t. VIII, v. 482_.
CAPITOLO XXIV
IL SAGRIFIZIO.
Non sentite che stridìo
Fa quel gufo colassù?
È là un'aquila che sgraffia!
Quanti corvi intorno a lei!
Quanti corvi a molestarla!
Presto, indietro, figli miei.
. . . . . . . . . .
Van gl'infanti:--e don Rodrigo
Ha già scritto ad Almanzor:
Vengon tutti, e senza schermo
Tutti a morte gli hai da por.
_I sette Infanti di Lara,
Romanza spagnuola._
--Introducetelo immediatamente.
Così ordinava Cinzio Passero cardinale di San Giorgio al camerario,
ch'era venuto ad annunziargli come il presidente Luciani, con
grandissima istanza, domandasse di favellare a Sua Eminenza. Il
Luciani, mossi alquanti passi, si fermò a mezzo la stanza curvato
profondamente, ed in cotesta attitudine si rimase senza profferire
parola.
Il Cardinale, declinati i sopraccigli per velare le pupille tremolanti
di soddisfazione, domandava con voce lenta ed ostentata indifferenza,
precorritrice di prossima ingratitudine:
--Or bè, a che cosa siamo noi? Egli è finalmente compito questo magno
processo?
--Vostra Eminenza, rispondeva il Luciani con le braccia giù penzoloni,
ravvisa in me rinnuovato il caso di Sisifo...
Il Cardinale, meglio che dalle parole, dal sembiante del Luciani
sospettando il caso, gittata là la finta indifferenza come maschera
molesta, ardente e iroso soggiunse:
--Che cosa significa questo? Parlate senza metafore, chè ormai mi han
concio.
--Eminentissimo, significa che noi non abbiamo potuto ottenere
dall'accusata Beatrice confessione di sorte; e gli altri Cènci, mossi
dal suo esempio, hanno ritrattato la loro.
--Ma voi... voi vi sarete lasciato intenerire per avventura anche voi.
--Io!--esclamò il Luciani, come quando si ode qualche sproposito
solenne:--eh giusto! Corda, Eminentissimo, tortura _capillorum_,
tortura _vigilae, canubbiorum, rudentium, taxilli_, tutte le adoperai,
e senza intervallo di tempo, sicchè ne rimasi sbalordito io stesso:
poco più che avessi spinto il tormento dell'accusata, a quest'ora non
ne parlavamo più, con danno inestimabile del processo. Io l'ho
costretta a rimanere tre ore intere in deliquio.
--E neanche col tassillo ha confessato costei?
--Neppure col tassillo.
--Ma che gli fate adesso, di burro?
--Eminentissimo noi gli facciamo di legno di pino, impeciati, e
aguzzati per filo e per segno: e tutti i tormenti io ho ordinato le
inasprissero per modo, che lo stesso mastro Alessandro ha consigliato
si sospendesse la tortura, avvegnadio corressimo pericolo
presentissimo di vita.
--Chi è questo mastro Alessandro?
--Il boia, Eminentissimo.
In verità occorrono in tutte le lingue taluni composti di certi suoni,
che hanno virtù di scuotere ingratamente i nervi umani; e la parola
boia è senza dubbio fra questi. Il Cardinale arricciò il naso e scosse
disdegnoso la testa, quasi che volesse dire: «E com'entra il boia fra
noi?»
Alla quale tacita domanda il Luciani, a sua posta, tacitamente
rispondeva: «Come ci entra? ci entra benissimo, e la tua collera nasce
appunto dal non esserci entrato come desideri, o uomo rosso, parente
del carnefice in troppe più cose, che nel colore delle vesti».
--E quando vedeste, riprese il Cardinale, come i rigori non
giovassero, o perchè non provaste di adoperare le piacevolezze?
--Uhm! Io sono da bosco e da riviera, Eminenza: anzi mi arrisicai fino
a promettere (bene inteso però come cosa mia, onde dar campo a vostra
Eminenza ed a Sua Santità di smentirmi quando tornasse loro comodo) la
grazia della vita per tutti;--feci in modo che i confessi si
trovassero con la donzella quando verosimilmente dovevano averla
frollata i tormenti, e lei con pianti e preghiere supplicassero a
confessare, assicurandola com'io avessi loro dato ad intendere esser
questo per essi refrigerio estremo di salvazione. Fiato gittato! La
donzella, oltre ogni credere pervicace, ha disprezzato blandizie e
tormenti; e dopo aver sofferto più che natura umana sembrava potesse
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Çirattagı - Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 38
- Büleklär
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 01Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4444Unikal süzlärneñ gomumi sanı 196234.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 02Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4415Unikal süzlärneñ gomumi sanı 189036.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 03Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4426Unikal süzlärneñ gomumi sanı 190834.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 04Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4568Unikal süzlärneñ gomumi sanı 183135.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 05Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4359Unikal süzlärneñ gomumi sanı 193336.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 06Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4521Unikal süzlärneñ gomumi sanı 181335.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 07Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4499Unikal süzlärneñ gomumi sanı 193535.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 08Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4469Unikal süzlärneñ gomumi sanı 189235.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 09Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4524Unikal süzlärneñ gomumi sanı 187534.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 10Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4324Unikal süzlärneñ gomumi sanı 187435.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 11Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4405Unikal süzlärneñ gomumi sanı 193134.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 12Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4465Unikal süzlärneñ gomumi sanı 195534.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 13Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4413Unikal süzlärneñ gomumi sanı 191336.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 14Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4524Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186734.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 15Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4466Unikal süzlärneñ gomumi sanı 183837.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 16Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4599Unikal süzlärneñ gomumi sanı 195235.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 17Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4450Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186534.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 18Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4719Unikal süzlärneñ gomumi sanı 182236.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 19Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4529Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186635.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 20Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4544Unikal süzlärneñ gomumi sanı 189533.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 21Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4527Unikal süzlärneñ gomumi sanı 191834.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 22Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4375Unikal süzlärneñ gomumi sanı 203933.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 23Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4544Unikal süzlärneñ gomumi sanı 188136.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 24Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4304Unikal süzlärneñ gomumi sanı 190436.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 25Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4503Unikal süzlärneñ gomumi sanı 187132.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 26Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4476Unikal süzlärneñ gomumi sanı 198631.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 27Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4419Unikal süzlärneñ gomumi sanı 188735.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 28Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4500Unikal süzlärneñ gomumi sanı 183636.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 29Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4446Unikal süzlärneñ gomumi sanı 184235.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 30Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4325Unikal süzlärneñ gomumi sanı 194635.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 31Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4486Unikal süzlärneñ gomumi sanı 195435.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 32Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4489Unikal süzlärneñ gomumi sanı 198232.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 33Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4484Unikal süzlärneñ gomumi sanı 181935.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 34Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4329Unikal süzlärneñ gomumi sanı 189235.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 35Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4490Unikal süzlärneñ gomumi sanı 192234.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 36Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4387Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186132.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 37Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4318Unikal süzlärneñ gomumi sanı 194133.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 38Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4447Unikal süzlärneñ gomumi sanı 193234.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 39Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4506Unikal süzlärneñ gomumi sanı 184136.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 40Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4474Unikal süzlärneñ gomumi sanı 185435.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 41Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4357Unikal süzlärneñ gomumi sanı 190732.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 42Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4532Unikal süzlärneñ gomumi sanı 188933.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 43Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4495Unikal süzlärneñ gomumi sanı 188735.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 44Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4465Unikal süzlärneñ gomumi sanı 181233.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 45Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4451Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186834.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 46Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4476Unikal süzlärneñ gomumi sanı 185735.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 47Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4411Unikal süzlärneñ gomumi sanı 183334.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 48Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4129Unikal süzlärneñ gomumi sanı 181036.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.