Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 36
Süzlärneñ gomumi sanı 4387
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1861
32.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
47.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
55.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
tuttavolta, non essendo astretto a veruna legge, voltatela bocconi, e
perlustrate con la solita diligenza la schiena.
--Ecco... troviamo...
--Che cosa trovate, nè?--domandò il Luciani, mal si potendo contenere
nel cantone.
--Troviamo a mezza vita un neo, circondato di alquanta calugine color
dell'oro.
--Bene!... benissimo! Comecchè i maestri dell'arte ammoniscano che la
macchia deva apparire livida, o nera, tuttavolta ricorre la
osservazione, che il maligno essendo spregiatore di ogni legge, non
può essersi assoggettato a regola fissa: in ispecie adesso, che,
avendola a fare con me, avrà capito che la va da galeotto a marinaro.
Signora Dorotea prendete lo specillo, e procurate prima tuffarlo
nell'acqua benedetta.
La beghina tratto fuori un lungo spillo di ferro lo immerse,
borbottando non so quali preghiere, dentro un vaso di acqua santa. Il
Luciani impaziente domandava:
--Insomma, avete fatto?
--Illustrissimo sì.
--Or via, da brava, cacciatelo giù adagio adagio dentro la macchia
infernale.
Beatrice piangeva di rabbia nel vedersi ridotta a tanta abiezione, e
forte dibattendosi cacciava lunge da se ora l'una, ora l'altra delle
spietate pinzochere; ma costoro le tornavano sopra più gagliarde che
mai. Adesso poi al sentirsi trafiggere le vive carni proruppe in
furore, interrogando con voce concitata che insania fosse mai quella;
ed aggiungeva lei essere cristiana quanto, e meglio di loro; e si
vergognassero con quelle superstizioni turpissime tribolare una povera
fanciulla, la quale avrebbe potuto essere a loro figliuola.
--Santissima vergine, belava la Dorotea con voce caprettina, menando
tuttavia le mani audaci, noi non vi vogliamo mica male, cara sorella;
no davvero, ma lo facciamo per vostro bene; proprio per la salute
dell'anima vostra.
Intanto il presidente Luciani, senza mai volgere la testa, aveva
borbottato nel cantuccio uno di quei tanti _oremus_, che incominciano
_In nomine Patris, Filii et Spiritus Sancti_, e finiscono col _per
omnia saecula saeculorum, amen_; col quale si faceva intimazione e
precetto allo Spirito delle tenebre di sfrattare immediatamente,
lasciandolo libero sgombro e vacuo, dal corpo di Beatrice Cènci; e
compito ch'ei l'ebbe, così prese a favellare:
--Lodato sia Dio; adesso mi sento soddisfatto, e potrei dire
quasimente sicuro, conciossiachè o il diavolo ci fosse, o non ci
fosse: se ci era, in virtù dell'esorcismo a quest'ora se ne torna più
che di passo in cammino per lo inferno; o non ci era, e ormai di
entrarci non avrà più balìa.
E richiamate le donne, senza pure volgere uno sguardo alla derelitta,
usciva con esso loro di prigione alternando insieme pii e dotti
ragionamenti intorno alla potenza del demonio, a cui, secondo il suo
avviso, la misericordia di Dio ne aveva lasciata troppa;--che se
avesse avuto l'onore di consigliare il Padre Eterno lo avrebbe
persuaso a impiccarlo addirittura ai corni della luna, e lasciarvelo
penzoloni perchè servisse di esempio ai malfattori avvenire, così in
cielo come in terra: poi, dato a ciascheduna di loro uno scudo, le
supplicava a pregare per lui San Gaetano _padre della divina
provvidenza_, ed impetrargli la grazia di riuscire a bene nello
importante negozio che aveva per le mani, a sbigottimento degli empii,
e alla maggiore esaltazione di santa madre chiesa cattolica. Le
pinzochere corrisposero al desiderio incamminandosi difilato alla
chiesa del Gesù, e pregando fervorosamente Santo Gaetano onde si
degnasse concedere al dilettissimo fratello in Cristo presidente
Luciani la grazia di poter mandare legalmente al patibolo tutta la
famiglia Cènci, nessuno escluso, nè eccettuato.
E mentre il dabbene Luciani stava in aspettazione degli aiuti divini,
non tenne le mani alla cintura per mettere in opera i terreni; dacchè
appuntatosi con gli altri giudici di trovarsi la mattina di poi per
tempissimo alla carcere di Corte Savella, vi si recarono di fatto; e
quivi, senza porre tempo fra mezzo, egli ordinò si conducesse loro
davanti la fanciulla.
Al posto resultato vacante per la promozione dell'auditore Luciani
avevano preposto un certo coso, sciapito più del cetriolo; nè buono nè
cattivo come uomo; iniquo poi come giudice, e veramente pessimo;
imperciocchè, da quello di ritirare la paga nelle debite ricorrenze in
fuori, non si fosse dato il travaglio di pensare a nulla, piegando
sempre, a mo' che fa l'elitropio al raggio del sole, la sua volontà
nella parte che gli veniva indicata da tutti i suoi superiori. Impasto
vergognoso di viltà, d'ignoranza e di accidia, comunissimo fra
gl'impiegati di ogni maniera, in ispecial modo poi fra coloro che
chiamansi _sacerdoti della giustizia_, senza dubbio in allusione al
costume dei sacerdoti pagani, di scannare e divorare le vittime. In
ciò costoro trovano il tornaconto; onde siffatta pratica, nata dalla
natura, essi rinforzano con l'arte: dacchè in questa guisa
primieramente non consumano olio a studiare, con vantaggio così della
economia come della salute; in secondo luogo schifano la noia del
contradire, e i pericoli della opposizione; per ultimo, leggieri e
galleggianti, si trovano a poco a poco trasportati alla riva della
buona pensione con la croce, o senza. E il vulgo non li guarda in
cagnesco; anzi gli accarezza, e li vezzeggia col nome di buoni
figliuoli: quel vulgo, che non dìstingue tra bontà che delibera, o
vuole, bontà di pendolo, che oscilla quando riceve la pinta,--e bontà
di cappone perchè nacque cappone, e l'hanno accapponato.
Ecco Beatrice davanti al presidente Luciani Atrocemente barbaro fu lo
spettacolo, che fece trovar acuto solletico nel contemplare nei circhi
fiere duellanti contro fiere, uomini contro uomini, od uomini contro
belve: però sovente pari erano gli argomenti di difesa; e se talora
impari, la disperazione più di una volta domò la forza feroce, e fu
veduto il condannato spingere il braccio ignudo nella gola del lione,
e soffocarlo. Ma egli è troppo più laido, e schifo spettacolo esporre
una creatura stretta di ceppi alla rabbia, quanto quella delle belve
bestiale, ma più ingegnosa assai, di un uomo che si chiama Giudice, il
quale le si muove contro armato di terrore, circondato di forze
insuperabili, accompagnato dai tormenti che neppure il demonio avrebbe
saputo ricavare dalla corda, dal ferro, e dal fuoco.
--Accusata!--incominciò il Luciani con certo suo piglio plebeiamente
acerbo, ch'ei per avventura immaginò rendere solenne,--udiste altra
volta le imputazioni che vi vengono apposte; desiderate che vi sieno
rilette?
--Non fa mestieri; le sono cose coteste, che udite una volta non si
dimenticano più...
--Specialmente poi quando le abbiamo commesse. Ora io vi ammonisco,
come pel deposto dei vostri medesimi complici voi siate pienamente
convinta della vostra empietà; cosicchè la giustizia a rigore di
termine potrebbe molto bene farne a meno.
--E allora, perchè con tanta insistenza me lo domandate voi?
--Ve lo domando per la salute dell'anima vostra; perchè come cristiana
e cattolica, quantunque indegnamente lo siate, dovreste sapere, che
morendo senza confessione voi infallibilmente andreste perduta.
--Come! la cura che voi, signore, dovreste porre alla salute
dell'anima vostra, può darvi agio di pensare anche alla mia? Lasciate
che ognuno provveda alla sua salvezza come meglio la intende. Queste
sono cose che passano tra il Signore e la sua creatura, e non ci
entrate voi. Voi, se siete convinto, condannatemi, e basta.
--Accusata! Fate senno, e avvertite che i modi temerarii adoperati da
voi al cospetto dei vostri giudici ad altro non possono condurre che a
peggiorare la vostra condizione, già grave abbastanza; e in quanto a
me poi non possono partorire effetto veruno perchè, oltre all'avervi
esorcizzata nelle regole, porto qui meco un rimedio sicurissimo contro
le malìe e le incantagioni, quando mai vi fosse rimasta facoltà di
adoperarle a mio danno. Ora, per la seconda volta ve lo domando;
volete, o non volete confessare?
--Quello che la santa verità mi faceva debito confessare, ho
confessato; la menzogna, che voi cercate, con lo aiuto di Dio, nelle
braccia del quale io mi rimetto, non sapranno strappare i vostri
tormenti, nè le vostre blandizie.
--Questo è ciò che staremo a vedere. Intanto io vo' che sappiate, bene
altri cervelli che non è il vostro aver saputo mettere a partito, io.
Notaro Ribaldella scrivete: «Invocato il santissimo nome di Dio. Amen.
Decretiamo ec. prima di passare _ad ulteriora_ la vigilia nei modi et
termini consueti per ore quaranta, la quale dovrà subire l'accusata
Beatrice Cènci in luogo di tortura _ad quaestionem ec._, incaricando
di assistere alla predetta il notaro Jacomo Ribaldella per le prime
quattro ore; per le seconde quattro ore il notaro Bertino Grifo; per
le terze quattro ore il notaro Sandrello Bambagino; e così, tornando
da capo, succedersi di mano in mano, finchè non sia decorso il termine
assegnato, o non sia intervenuta la confessione dell'accusata».
Firmate...
Così, dopo aver firmato il foglio che gli porgeva il notaro, ordinò il
presidente Luciani, passandolo agli altri giudici; e gli altri
giudici, come pecore (e il paragone è benigno) lo firmarono, quasi il
Luciani pensasse, sentisse, e deliberasse per tre. Benefizio ordinario
dei tribunali collegiali, di cui la trinità può rettamente definirsi:
Due persone che dormono, ed una terza che fa le carte!
La vigilia era uno sgabello alto da terra un braccio e mezzo, col
sedile acuminato a punta di diamante, e largo poco più di un palmo; la
spalliera pari.--La mia storia non si fermerà a raccontare come quivi
costringessero la derelitta a sedersi; come le legassero le gambe,
affinchè distendendole non toccasse il pavimento ricavando refrigerio
al suo martirio; come con una corda, calata dal soffitto per via di
carrucola, le mani dietro i reni le avvincessero. La mia storia
torcerà lo sguardo spaventato dagli sbirri, che vegliavano accanto
alla misera vergine, i quali di tratto in tratto l'andavano urtando
nei fianchi, onde con inaudito spasimo sopra la cuspide del sedile
dondolasse, o nell'acuta spalliera percuotesse. La mia storia non dirà
come il carnefice mastro Alessandro, due volte almeno per ora, avesse
commissione di sollevarla con tratti di corda, e lasciarla quindi
cascare |a piombo sopra il sedile angoscioso; ed egli, come gli era
stato ordinato adempiva; e che cosa poteva fare? Troppi erano gli
occhi che lo guardavano attorno; e poi, a lui non era dato mostrare la
sua tenerezza senonchè mandando per linea retta il paziente alla
morte, e removendo il lussurioso, e il vano dei martirii: oltre ciò nè
poteva, nè forse voleva; pietoso era, ma boia. Intriso di sangue il
pane quotidiano che lo nudriva, e più infami, più atroci, più
scellerate cose, che le sue non erano, e da persone a lui maggiorenti
si commettevano tutto dì allora, e tutto dì si commettono anche adesso
per un tozzo di pane, destinato a mantenere per brevi istanti una vita
di verme per un mondo di fango.--La storia mia tacerà le scene turpi,
i vituperii, le oscene allusioni: prodigate alla santissima fanciulla
da tutte coteste belve dalla faccia umana, e sopra tutti dal notaro
Ribaldella, che riverberava come specchio l'anima del Luciani:--tacerà
del frequente apparire che fece, anche nelle ore più tarde della
notte, il presidente Luciani infellonito della divina costanza di
Beatrice, e il perpetuo digrignare fra i denti di costui «stringete
più forte, squassate più spesso»:--tacerà le lacrime ardenti, il
freddo sudore, gli spasimi ineffabili, gli spessi svenimenti della
fanciulla, e la pietà crudele dei carnefici nel ritornarla con sali e
spiriti al sentimento delle angosce: no; quelle cose, che i vicarii di
Cristo sopportarono, e non solo sopportarono ma consentirono e
promossero, oggi la penna aborrisce di scrivere, e lo inchiostro
tracciandole diventerebbe rosso per la vergogna. Dirà ella piuttosto
del coraggio sopraumano e della costanza della inclita donzella, la
quale nonostante la immensità del suo martirio rimase ferma nel
proponimento di morire in mezzo ai cruciati, anzichè contaminare la
sua fama con la confessione di un misfatto, ch'ella non aveva
commesso. Tolta quasi spirante dalla tortura lei portavano di nuovo al
carcere, e quivi adagiavanla sul letto.
Colà fu lasciata stare due giorni: la sua intelligenza, ora luminosa,
rischiarava il dolore percorso; e il tratto di gran lunga più amaro,
che le rimaneva a percorrere, ora le s'intenebrava circondandola di
trepidante incertezza: così il fanale di una nave per notte
tempestante apparisce a vicenda e scomparisce sul dorso, o nel gorgo
dei marosi, segno funesto di prossimo naufragio a cui palpitando la
contempla dalla riva: solo irrequieto, durava in lei il senso
dell'ambascia, il quale con le sue traffitte rammentava a quel cuore
sicuro non già di cedere, bensì il proponimento di morire in silenzio.
Il terzo giorno gli sbirri tornarono per lei, che il Luciani chiamava
a nuovi strazii. Ormai rassegnata al suo destino, ella non repugnò
andare; solo li supplicava con voce soave volessero di tanto
aspettare, che si fosse vestita: e poichè i manigoldi capirono che
così ignuda, com'ella era, dinanzi al tribunale non la potevano
trarre, risposero acconsentirebbero attendere; però fossero brevi
gl'indugi, dacchè i giudici stessero adunati, e non conveniva ai
colpevoli farsi aspettare. Intanto che Beatrice, sovvenuta dalla
figlia del carnefice, si vestiva, così favellò:
--Senti, sorella mia; se mi chiamano, lo sai, e' lo fanno per
tormentarmi: ora io dubito forte di rimanere morta fra le torture,
come vidi accadere a quel povero Marzio; e come ho provato con lo
esperimento proprio, che potrebbe pur troppo succedere anche a me:
però io intendo non già ricompensarti della tua carità, Virginia mia,
bensì lasciarti un ricordo di me sventurata. Tu ti prenderai tutti i
miei pannilini e le vesti, che ho qui meco in prigione... e tieni...
prendi ancora questa croce, che fu della signora Virginia mia madre; a
patto... che se io torno viva dal tormento, e possa in altro modo
lasciarti ricordo di me, tu me la renda; avvegnachè vorrei che fosse
sepolta meco. Di queste viole, ahimè! innaffiate di pianto, e
cresciute al raggio del sole che penetra obliquo e tristo per le
inferrate della finestra, tu, finchè durano, ne farai ogni giorno un
mazzetto, che offrirai alla immagine della Santa Vergine che tengo a
capo del letto... anzi... ascoltami... Virginia,--e qui si fece per la
faccia tutta vermiglia, e favellò più basso,--tu devi sapere ch'io
ho... oh! no... io ebbi un amante grande, ben fatto a maraviglia, e
buono; ed io l'amai... ed egli mi amò, e tuttavia io credo che
svisceratamente mi ami;... ma in terra uniti noi non potremmo essere
mai... e dubito forte se un giorno anche in cielo... colpa non mia,
ahimè!--Tu prenderai cotesta immagine, e t'ingegnerai penetrare fino
al cardinale Maffeo Barberini, e gli dirai che gliela mando io onde
procuri che l'abbia il suo amico, e gli faccia nel punto stesso saper
com'io sovente abbia pregato davanti a lei per la salute dell'anima
sua: bada, tienlo bene a mente, per non avertelo a scordare: ed
aggiungerai...
--Oe, o che vi pensate andare al corteo? È un'ora che aspettiamo...
venitevene via come vi trovate.
Beatrice andò; nè Virginia le potè rispondere una parola, tra per la
pressa degli sbirri che le ne tolse il campo, tra per la passione che
le stringeva la gola: l'accompagnò piangendo fino alla porta, e quivi,
dopo averla abbracciata e baciata, l'abbandonò. Beatrice volse il capo
sul limitare, e vide come la pietosa fosse corsa ad inginocchiarsi
davanti alla immagine della Madonna, appendendo sotto di quella la
crocellina di diamanti, che fu della Virginia Cènci sua madre.
Il presidente Luciani, con ambe le braccia fino al gomito stese sopra
la tavola in attitudine del cane mastino quando si posa, in questa
maniera discorreva agli onorandi colleghi:
--Pare impossibile! S'io non l'avessi fatta ricercare sottilmente, si
può dire sotto i miei occhi, avvegnachè _honestatis causa_ io tenessi
la faccia volta alla parete, non mi potrei persuadere che la non fosse
ciurmata.
--Però,--notava gravemente Valentino Turchi con ostentata umiltà, che
lasciava trapelare la sua prosunzione come da imposta mal chiusa sbuca
fuori di scancio il raggio del sole,--però mi permetto avvertire, che
non fu fatta tosare...
Il Luciani volgendo _exabrupto_ la testa, qual mastino punto dal
tafano, all'auditore Valentino Turchi, con voce acerba gli rispose:
--Io non la feci radere perchè Del Rio, Bodino, e gli altri più
schiariti scrittori di materia infernale non indicano la parte pilosa,
come quella sopra la quale il demonio eserciti per ordinario la sua
potenza.
--Per ordinario; e sta bene, soggiunse il Turchi, arduo anch'egli a
lasciare la presa; ma avendo meco considerato più volte, da una parte
come Dio la gran forza di Sansone nei capelli di lui collocasse, e
dall'altra come al diavolo piaccia sempre imitare, e volgere a male
quello che il Signore opera a fine di bene; così dirimpetto
all'autorità, d'altronde negativa unicamente, degli scrittori allegati
io ho ritenuto sempre, che i capelli potessero bene e meglio essere
scelti dal demonio come sede delle sue perfidissime incantagioni: per
ultimo _utile per inutile non vitiatur_; ed in faccenda siffattamente
grave il _tuziorismo_, voi siete per insegnarmi, non è mai troppo.
--Il vostro dubbio, riprese il Luciani piegando vinto la testa, e con
tal suono, che mal celava lo interno dispetto, non è per certo privo
di fondamento, e...
Ma qui il notaro Ribaldella, il quale era come un'eco dell'anima del
suo patrono Luciani, sovvenendo prontissimo a lui pericolante, scrisse
sopra un pezzetto di carta una parola, ed umile in atto glielo porse
mentre stava per finire il discorso. Lo vide il Luciani, ed i suoi
occhi balenarono di ferocia e di superbia: rilevò il capo, e prima lo
volse al fido creato con tale un garbo, che pareva volesse dargli un
morso, e gli volea sorridere; poi all'auditore Valentino Turchi, e
continuò a dire:
--e meriterebbe plauso se non ci togliesse modo di sperimentare la
tortura _capillorum_, che presagiva applicare in questa mattina; e voi
siete troppo rotto nella pratica delle cose criminali per non sapermi
istruire, come questa prova partorisca quasi sempre ottimi effetti.
Il notaro Ribaldella sopra il frammento di carta aveva segnato:
--E la tortura _capillorum_?
L'auditore Valentino Turchi declinò a posta sua il capo confuso; il
Luciani insistendo favellò:
--Anzi per me sono di avviso, che si abbia stamani a incominciare
dalla tortura _capillorum_; secondo poi quello che butta, noi ci
regoleremo.--Oh! sì, come dice il proverbio: come il padron ci tratta,
e noi lo serviremo.
--Allo apparire di Beatrice pallida, in aria soffrente, con gli occhi
smorti dentro un cerchio azzurro, il Luciani, sempre in atto di
mastino quando si posa, s'ingegnò, per quanto gli era dato, comporre a
mitezza il sembiante sinistro e la voce arrotata:
--Gentil donzella! quanto il mio cuore abbia patito nel dovervi porre
ai tormenti, Dio ve lo dica per me; chè con parole convenevoli non
potrei dimostrarvelo io. Anch'io sono padre di fanciulle per età, se
non per bellezza, uguali a voi; e nel vedervi straziare, non senza
sgomento ho interrogato me stesso: Luciani, qual mente, quale animo
sarebbero i tuoi, se tale aspro governo facessero del sangue tuo?
Dovere di magistrato, senso di uomo, pietà di cristiano mi persuadono
raccomandare voi stessa a voi. Deh! vi calga della vostra giovanezza.
A che monta la pervicace caparbietà vostra? Io ve l'ho detto, e vel
ripeto adesso; abbondano in processo le prove per convincervi rea: la
confessione dei vostri medesimi complici vi condanna. Meritatevi con
ingenua confessione la grazia del beatissimo Padre. Delle somme
chiavi, di cui egli ha l'augusto ministero, troppo più gli piacque
adoperare quella che apre, dell'altra che serra. Soprattutto a lui
talenta la fama di benigno; e davvero, qual è nel nome, così nei fatti
vuol dimostrarsi Clemente. Non mi sforzate, via, signora Beatrice, ad
usare rigore; considerate che i tormenti da voi, mio malgrado, patiti
sono quasi piaceri in paragone delle atroci torture (e qui lasciò
libero il corso alla voce arrotata) che la giustizia riserva contro i
contumaci ostinati.
--Perchè mi tentate?--rispose Beatrice pacatamente. Come se non vi
paresse abbastanza la facoltà di straziarmi il corpo, perchè
v'industriate ad avvilirmi l'anima? Queste sono le parti del demonio,
non quelle del giudice, o almeno una volta non lo erano. Il mio corpo
è vostro... la forza feroce lo pone in balìa di voi... a posta vostra
straziatelo;--l'anima il mio Creatore mi diede ben mia, e questa,
anzichè lasciarsi sbigottire dalle vostre minacce, o prendere dai
vostri blandimenti, mi conforta a sostenere più di quello che voi non
possiate tormentare.
Le sopracciglia del Luciani si strinsero come tanaglia; e percuotendo
con ambo le mani aperte sopra la tavola, urlò furiosamente:
--_Ad torturam... ad torturam capillorum..._ Dov'è mastro Alessandro?
Egli dovrebbe trovarsi sempre presente al tribunale quando presiedo
io[5].
--Egli ha dato un salto fino a Baccano per faccende di mestiere, con
ordine superiore; ed ha lasciato detto che tornerebbe in giornata.
--Al maggior uopo tutti mi lasciano solo. A voi dunque, Carlino, che
so che siete un giovanotto per bene; fatevi onore adesso.
Queste parole volgeva il Luciani allo aiutante del boia, il quale
replicava ingenuo, stropicciandosi le mani:
--Eh! c'ingegneremo...
La verità era che mastro Alessandro, colto il destro che il caso gli
aveva posto davanti, si era allontanato da Roma. Due sgherri ora si
avventano sopra la Beatrice, le disfanno le bellissime chiome bionde,
le scarmigliano, le ravviluppano, e legano, e stringono intorno ad un
mazzo di corde così prestamente, come fuori di ogni immaginazione
orribilmente;--poi la sollevano da terra...
La beltà sformata stringe, a vedersi, più angosciosa il cuore che la
bruttezza medesima. Se mai tua ventura ti condusse per le contrade di
Grecia, tu passasti, senza pure avvertirli, accanto ai ruderi di
qualche fortilizio veneziano, o turco; ma il tuo spirito si contristò
contemplando il Partenone mutilato dal tempo, dai Turchi, e da lord
Elgin, lasciando il passeggiero incerto se al delubro di Minerva abbia
più nociuto o la forza distruttiva del primo, o la barbarie dei
secondi, o la dotta rapina del terzo.
I capelli più sottili della misera martoriata schiantansi, la pelle
stirata distaccasi dalla fronte, ed anche sopra le guance, tratta
violentemente verso le orecchie, minaccia crepare: le labbra
semiaperte parevano ridere, gli occhi allungati a mandorla per le
tempie davano alla donzella la sembianza di fauna. Doloroso a vedersi!
troppo più a patirsi! Il Luciani, sempre le mani appoggiate come le
zampe il mastino in riposo, andava di tratto in tratto abbaiando:
--Confessate la verità...
--Sono innocente.
--Datele uno squassetto... un altro... un altro ancora.--Confessate la
verità.
--Sono innocente.
--Ah! voi non volete confessare? Ebbene, a testa di leccio capo di
sorbo.--Aggiungete voi altri un po' di ligatura _canubis_.
Carlino, obbedendo in un batter d'occhio all'ordine ricevuto, aiutato
dai valletti attortiglia dentro una matassa di canapa il pugno della
mano destra di Beatrice, e torce forte come costuma la curandaia
allorchè strizza il panno bagnato per ispremerne l'acqua. La mano e il
braccio stridono slogandosi, i muscoli si strappano, la epiderme si
lacera con istravaso di sangue e mostruosa tumefazione. Il presidente
Luciani, senza batter palpebra, ad ogni scontorcimento abbaia:
--Confessate il delitto!
--Oh Dio! Oh Dio!
--Confessate il vostro delitto, vi dico!
--Oh Dio del cielo... soccorri la tua creatura innocente!
--Stringete più forte, e squassate con gagliardia;--così, risoluto...
per bene; in un punto medesimo stretta, e squasso...
--Ahi madre mia! Un sorso di acqua... mi sento morire... per carità,
una stilla di refrigerio...
--Che refrigerio, e non refrigerio? Confessate.
--Io...
--Giù, via... siete?...
--Sono innocente.
A questo punto il furore del Luciani non ebbe più modo: cieco di
rabbia, tremante per ira, co' denti della mascella superiore si morse
il labbro inferiore per guisa, che ci rimasero sopra le orme impresse,
alcune pagonazze, altre stillanti sangue.
--Stringi... stritola le ossa, urlava insatanassato il presidente
degli assassini, allora chiamati giudici, finchè non crepi fuori della
strozza la confessione del suo delitto.
--Ahimè! che dolori... che martirii sono questi! Sono cristiana...
sono battezzata.--O morte! morte!
--Confessate... con...
Un nodo spaventevole di tosse sorprese in questo punto il Luciani, e
parve dovesse restarne soffocato: anelavano convulsi la gola e il
petto; umore viscoso gli gocciava giù dalla bocca e dalle narici; gli
occhi venati di sangue gli scoppiavano fuori dai cigli, e ciò
nonostante singhiozza ringhioso:
--Con... confe... confessate... scellerata!
--Sono innocente.
--Qua... tosto le cordicelle... la tortura delle
cordicelle...
Cotesta era una infame contesa: gli astanti erano sazii dello
spettacolo; i carnefici stessi spossati dalla fatica; Beatrice non
dava più segno di vita.
--Le cordicelle, vi dico... le cordicelle...--tra un nodo e l'altro di
tosse singhiozzava il Luciani.
I valletti del boia sbigottiti stavano inerti, e l'ira strozzava il
Luciani, che ormai balbutiva suoni indistinti. Costoro infatti non
potevano immaginare che il presidente avesse il cervello a segno;
imperciocchè il tormento delle cordicelle consistesse in infinite
cordicelle sottili e taglienti, con le quali si avviluppava e
stringeva il martoriato per modo, che recisi i nervi, le vene e le
carni, il corpo di lui diventasse tutta una piaga; e compariva
manifesto che non potesse applicarsi in cotesto stato alla paziente,
senza volerla finire.
Sopra il limitare della porta, dirimpetto al banco dei giudici, ecco
si presenta la faccia livida di mastro Alessandro; si soffermò
alquanto, volse uno sguardo tenue sopra cotesta scena, e sembra,
tuttochè boia, che qualche cosa sentisse, avvegnadio nel volersi
abbottonare la sopravvesta vermiglia la mano gli saltasse da un
occhiello all'altro senza poterne venire a capo: da cotesto indizio in
fuori non si palesò altro in lui che desse ad argomentare commozione,
e fu visto accostarsi impassibile alla paziente, guardarla fissa, e
toccarle i polsi; ciò fatto, con quel suo cipiglio, che metteva il
ribrezzo addosso agli stessi giudici, nonchè ai condannati, rivolto al
Luciani favellò in questa sentenza:
--Illustrissimo, spieghiamoci chiaro; volete voi che la paziente
confessi, o che muoia?
--Morire, adesso?--Dio ne liberi! Bisogna che confessi...
--E allora per oggi, non può sostenere altri tormenti.
Così a quei tempi il carnefice insegnava umanità, e convenienza ai
giudici: ai tempi nostri non le insegna loro nessuno;--lo sanno da se.
--Mastro Alessandro, proruppe il Luciani indispettito, dell'arte
vostra io credo intendermene quanto voi, e...
Il notaro Ribaldella, che si agguantava alla fortuna del Luciani come
all'ancora della speranza, presagendo imminente qualche grave
scandalo, con quella sua fisonomia da tantummergo, troncò le parole
dicendo:
--Illustrissimo signor Presidente, voi che siete così solenne maestro
di proverbii, rammentate avermi ammonito più volte, che chi troppo
l'assottiglia la scavezza: se la bontà di vostra signoria
illustrissima si degnasse concedermelo, direi, sempre però
remissivamente ai lumi superiori di vossignoria illu...
--Orsù, parlate, con mal piglio gli rispose il Luciani.
Allora il Ribaldella si levò agile e presto dal suo scanno, e
accostatosi all'orecchio del Luciani vi sussurrò sommesso un suo
perlustrate con la solita diligenza la schiena.
--Ecco... troviamo...
--Che cosa trovate, nè?--domandò il Luciani, mal si potendo contenere
nel cantone.
--Troviamo a mezza vita un neo, circondato di alquanta calugine color
dell'oro.
--Bene!... benissimo! Comecchè i maestri dell'arte ammoniscano che la
macchia deva apparire livida, o nera, tuttavolta ricorre la
osservazione, che il maligno essendo spregiatore di ogni legge, non
può essersi assoggettato a regola fissa: in ispecie adesso, che,
avendola a fare con me, avrà capito che la va da galeotto a marinaro.
Signora Dorotea prendete lo specillo, e procurate prima tuffarlo
nell'acqua benedetta.
La beghina tratto fuori un lungo spillo di ferro lo immerse,
borbottando non so quali preghiere, dentro un vaso di acqua santa. Il
Luciani impaziente domandava:
--Insomma, avete fatto?
--Illustrissimo sì.
--Or via, da brava, cacciatelo giù adagio adagio dentro la macchia
infernale.
Beatrice piangeva di rabbia nel vedersi ridotta a tanta abiezione, e
forte dibattendosi cacciava lunge da se ora l'una, ora l'altra delle
spietate pinzochere; ma costoro le tornavano sopra più gagliarde che
mai. Adesso poi al sentirsi trafiggere le vive carni proruppe in
furore, interrogando con voce concitata che insania fosse mai quella;
ed aggiungeva lei essere cristiana quanto, e meglio di loro; e si
vergognassero con quelle superstizioni turpissime tribolare una povera
fanciulla, la quale avrebbe potuto essere a loro figliuola.
--Santissima vergine, belava la Dorotea con voce caprettina, menando
tuttavia le mani audaci, noi non vi vogliamo mica male, cara sorella;
no davvero, ma lo facciamo per vostro bene; proprio per la salute
dell'anima vostra.
Intanto il presidente Luciani, senza mai volgere la testa, aveva
borbottato nel cantuccio uno di quei tanti _oremus_, che incominciano
_In nomine Patris, Filii et Spiritus Sancti_, e finiscono col _per
omnia saecula saeculorum, amen_; col quale si faceva intimazione e
precetto allo Spirito delle tenebre di sfrattare immediatamente,
lasciandolo libero sgombro e vacuo, dal corpo di Beatrice Cènci; e
compito ch'ei l'ebbe, così prese a favellare:
--Lodato sia Dio; adesso mi sento soddisfatto, e potrei dire
quasimente sicuro, conciossiachè o il diavolo ci fosse, o non ci
fosse: se ci era, in virtù dell'esorcismo a quest'ora se ne torna più
che di passo in cammino per lo inferno; o non ci era, e ormai di
entrarci non avrà più balìa.
E richiamate le donne, senza pure volgere uno sguardo alla derelitta,
usciva con esso loro di prigione alternando insieme pii e dotti
ragionamenti intorno alla potenza del demonio, a cui, secondo il suo
avviso, la misericordia di Dio ne aveva lasciata troppa;--che se
avesse avuto l'onore di consigliare il Padre Eterno lo avrebbe
persuaso a impiccarlo addirittura ai corni della luna, e lasciarvelo
penzoloni perchè servisse di esempio ai malfattori avvenire, così in
cielo come in terra: poi, dato a ciascheduna di loro uno scudo, le
supplicava a pregare per lui San Gaetano _padre della divina
provvidenza_, ed impetrargli la grazia di riuscire a bene nello
importante negozio che aveva per le mani, a sbigottimento degli empii,
e alla maggiore esaltazione di santa madre chiesa cattolica. Le
pinzochere corrisposero al desiderio incamminandosi difilato alla
chiesa del Gesù, e pregando fervorosamente Santo Gaetano onde si
degnasse concedere al dilettissimo fratello in Cristo presidente
Luciani la grazia di poter mandare legalmente al patibolo tutta la
famiglia Cènci, nessuno escluso, nè eccettuato.
E mentre il dabbene Luciani stava in aspettazione degli aiuti divini,
non tenne le mani alla cintura per mettere in opera i terreni; dacchè
appuntatosi con gli altri giudici di trovarsi la mattina di poi per
tempissimo alla carcere di Corte Savella, vi si recarono di fatto; e
quivi, senza porre tempo fra mezzo, egli ordinò si conducesse loro
davanti la fanciulla.
Al posto resultato vacante per la promozione dell'auditore Luciani
avevano preposto un certo coso, sciapito più del cetriolo; nè buono nè
cattivo come uomo; iniquo poi come giudice, e veramente pessimo;
imperciocchè, da quello di ritirare la paga nelle debite ricorrenze in
fuori, non si fosse dato il travaglio di pensare a nulla, piegando
sempre, a mo' che fa l'elitropio al raggio del sole, la sua volontà
nella parte che gli veniva indicata da tutti i suoi superiori. Impasto
vergognoso di viltà, d'ignoranza e di accidia, comunissimo fra
gl'impiegati di ogni maniera, in ispecial modo poi fra coloro che
chiamansi _sacerdoti della giustizia_, senza dubbio in allusione al
costume dei sacerdoti pagani, di scannare e divorare le vittime. In
ciò costoro trovano il tornaconto; onde siffatta pratica, nata dalla
natura, essi rinforzano con l'arte: dacchè in questa guisa
primieramente non consumano olio a studiare, con vantaggio così della
economia come della salute; in secondo luogo schifano la noia del
contradire, e i pericoli della opposizione; per ultimo, leggieri e
galleggianti, si trovano a poco a poco trasportati alla riva della
buona pensione con la croce, o senza. E il vulgo non li guarda in
cagnesco; anzi gli accarezza, e li vezzeggia col nome di buoni
figliuoli: quel vulgo, che non dìstingue tra bontà che delibera, o
vuole, bontà di pendolo, che oscilla quando riceve la pinta,--e bontà
di cappone perchè nacque cappone, e l'hanno accapponato.
Ecco Beatrice davanti al presidente Luciani Atrocemente barbaro fu lo
spettacolo, che fece trovar acuto solletico nel contemplare nei circhi
fiere duellanti contro fiere, uomini contro uomini, od uomini contro
belve: però sovente pari erano gli argomenti di difesa; e se talora
impari, la disperazione più di una volta domò la forza feroce, e fu
veduto il condannato spingere il braccio ignudo nella gola del lione,
e soffocarlo. Ma egli è troppo più laido, e schifo spettacolo esporre
una creatura stretta di ceppi alla rabbia, quanto quella delle belve
bestiale, ma più ingegnosa assai, di un uomo che si chiama Giudice, il
quale le si muove contro armato di terrore, circondato di forze
insuperabili, accompagnato dai tormenti che neppure il demonio avrebbe
saputo ricavare dalla corda, dal ferro, e dal fuoco.
--Accusata!--incominciò il Luciani con certo suo piglio plebeiamente
acerbo, ch'ei per avventura immaginò rendere solenne,--udiste altra
volta le imputazioni che vi vengono apposte; desiderate che vi sieno
rilette?
--Non fa mestieri; le sono cose coteste, che udite una volta non si
dimenticano più...
--Specialmente poi quando le abbiamo commesse. Ora io vi ammonisco,
come pel deposto dei vostri medesimi complici voi siate pienamente
convinta della vostra empietà; cosicchè la giustizia a rigore di
termine potrebbe molto bene farne a meno.
--E allora, perchè con tanta insistenza me lo domandate voi?
--Ve lo domando per la salute dell'anima vostra; perchè come cristiana
e cattolica, quantunque indegnamente lo siate, dovreste sapere, che
morendo senza confessione voi infallibilmente andreste perduta.
--Come! la cura che voi, signore, dovreste porre alla salute
dell'anima vostra, può darvi agio di pensare anche alla mia? Lasciate
che ognuno provveda alla sua salvezza come meglio la intende. Queste
sono cose che passano tra il Signore e la sua creatura, e non ci
entrate voi. Voi, se siete convinto, condannatemi, e basta.
--Accusata! Fate senno, e avvertite che i modi temerarii adoperati da
voi al cospetto dei vostri giudici ad altro non possono condurre che a
peggiorare la vostra condizione, già grave abbastanza; e in quanto a
me poi non possono partorire effetto veruno perchè, oltre all'avervi
esorcizzata nelle regole, porto qui meco un rimedio sicurissimo contro
le malìe e le incantagioni, quando mai vi fosse rimasta facoltà di
adoperarle a mio danno. Ora, per la seconda volta ve lo domando;
volete, o non volete confessare?
--Quello che la santa verità mi faceva debito confessare, ho
confessato; la menzogna, che voi cercate, con lo aiuto di Dio, nelle
braccia del quale io mi rimetto, non sapranno strappare i vostri
tormenti, nè le vostre blandizie.
--Questo è ciò che staremo a vedere. Intanto io vo' che sappiate, bene
altri cervelli che non è il vostro aver saputo mettere a partito, io.
Notaro Ribaldella scrivete: «Invocato il santissimo nome di Dio. Amen.
Decretiamo ec. prima di passare _ad ulteriora_ la vigilia nei modi et
termini consueti per ore quaranta, la quale dovrà subire l'accusata
Beatrice Cènci in luogo di tortura _ad quaestionem ec._, incaricando
di assistere alla predetta il notaro Jacomo Ribaldella per le prime
quattro ore; per le seconde quattro ore il notaro Bertino Grifo; per
le terze quattro ore il notaro Sandrello Bambagino; e così, tornando
da capo, succedersi di mano in mano, finchè non sia decorso il termine
assegnato, o non sia intervenuta la confessione dell'accusata».
Firmate...
Così, dopo aver firmato il foglio che gli porgeva il notaro, ordinò il
presidente Luciani, passandolo agli altri giudici; e gli altri
giudici, come pecore (e il paragone è benigno) lo firmarono, quasi il
Luciani pensasse, sentisse, e deliberasse per tre. Benefizio ordinario
dei tribunali collegiali, di cui la trinità può rettamente definirsi:
Due persone che dormono, ed una terza che fa le carte!
La vigilia era uno sgabello alto da terra un braccio e mezzo, col
sedile acuminato a punta di diamante, e largo poco più di un palmo; la
spalliera pari.--La mia storia non si fermerà a raccontare come quivi
costringessero la derelitta a sedersi; come le legassero le gambe,
affinchè distendendole non toccasse il pavimento ricavando refrigerio
al suo martirio; come con una corda, calata dal soffitto per via di
carrucola, le mani dietro i reni le avvincessero. La mia storia
torcerà lo sguardo spaventato dagli sbirri, che vegliavano accanto
alla misera vergine, i quali di tratto in tratto l'andavano urtando
nei fianchi, onde con inaudito spasimo sopra la cuspide del sedile
dondolasse, o nell'acuta spalliera percuotesse. La mia storia non dirà
come il carnefice mastro Alessandro, due volte almeno per ora, avesse
commissione di sollevarla con tratti di corda, e lasciarla quindi
cascare |a piombo sopra il sedile angoscioso; ed egli, come gli era
stato ordinato adempiva; e che cosa poteva fare? Troppi erano gli
occhi che lo guardavano attorno; e poi, a lui non era dato mostrare la
sua tenerezza senonchè mandando per linea retta il paziente alla
morte, e removendo il lussurioso, e il vano dei martirii: oltre ciò nè
poteva, nè forse voleva; pietoso era, ma boia. Intriso di sangue il
pane quotidiano che lo nudriva, e più infami, più atroci, più
scellerate cose, che le sue non erano, e da persone a lui maggiorenti
si commettevano tutto dì allora, e tutto dì si commettono anche adesso
per un tozzo di pane, destinato a mantenere per brevi istanti una vita
di verme per un mondo di fango.--La storia mia tacerà le scene turpi,
i vituperii, le oscene allusioni: prodigate alla santissima fanciulla
da tutte coteste belve dalla faccia umana, e sopra tutti dal notaro
Ribaldella, che riverberava come specchio l'anima del Luciani:--tacerà
del frequente apparire che fece, anche nelle ore più tarde della
notte, il presidente Luciani infellonito della divina costanza di
Beatrice, e il perpetuo digrignare fra i denti di costui «stringete
più forte, squassate più spesso»:--tacerà le lacrime ardenti, il
freddo sudore, gli spasimi ineffabili, gli spessi svenimenti della
fanciulla, e la pietà crudele dei carnefici nel ritornarla con sali e
spiriti al sentimento delle angosce: no; quelle cose, che i vicarii di
Cristo sopportarono, e non solo sopportarono ma consentirono e
promossero, oggi la penna aborrisce di scrivere, e lo inchiostro
tracciandole diventerebbe rosso per la vergogna. Dirà ella piuttosto
del coraggio sopraumano e della costanza della inclita donzella, la
quale nonostante la immensità del suo martirio rimase ferma nel
proponimento di morire in mezzo ai cruciati, anzichè contaminare la
sua fama con la confessione di un misfatto, ch'ella non aveva
commesso. Tolta quasi spirante dalla tortura lei portavano di nuovo al
carcere, e quivi adagiavanla sul letto.
Colà fu lasciata stare due giorni: la sua intelligenza, ora luminosa,
rischiarava il dolore percorso; e il tratto di gran lunga più amaro,
che le rimaneva a percorrere, ora le s'intenebrava circondandola di
trepidante incertezza: così il fanale di una nave per notte
tempestante apparisce a vicenda e scomparisce sul dorso, o nel gorgo
dei marosi, segno funesto di prossimo naufragio a cui palpitando la
contempla dalla riva: solo irrequieto, durava in lei il senso
dell'ambascia, il quale con le sue traffitte rammentava a quel cuore
sicuro non già di cedere, bensì il proponimento di morire in silenzio.
Il terzo giorno gli sbirri tornarono per lei, che il Luciani chiamava
a nuovi strazii. Ormai rassegnata al suo destino, ella non repugnò
andare; solo li supplicava con voce soave volessero di tanto
aspettare, che si fosse vestita: e poichè i manigoldi capirono che
così ignuda, com'ella era, dinanzi al tribunale non la potevano
trarre, risposero acconsentirebbero attendere; però fossero brevi
gl'indugi, dacchè i giudici stessero adunati, e non conveniva ai
colpevoli farsi aspettare. Intanto che Beatrice, sovvenuta dalla
figlia del carnefice, si vestiva, così favellò:
--Senti, sorella mia; se mi chiamano, lo sai, e' lo fanno per
tormentarmi: ora io dubito forte di rimanere morta fra le torture,
come vidi accadere a quel povero Marzio; e come ho provato con lo
esperimento proprio, che potrebbe pur troppo succedere anche a me:
però io intendo non già ricompensarti della tua carità, Virginia mia,
bensì lasciarti un ricordo di me sventurata. Tu ti prenderai tutti i
miei pannilini e le vesti, che ho qui meco in prigione... e tieni...
prendi ancora questa croce, che fu della signora Virginia mia madre; a
patto... che se io torno viva dal tormento, e possa in altro modo
lasciarti ricordo di me, tu me la renda; avvegnachè vorrei che fosse
sepolta meco. Di queste viole, ahimè! innaffiate di pianto, e
cresciute al raggio del sole che penetra obliquo e tristo per le
inferrate della finestra, tu, finchè durano, ne farai ogni giorno un
mazzetto, che offrirai alla immagine della Santa Vergine che tengo a
capo del letto... anzi... ascoltami... Virginia,--e qui si fece per la
faccia tutta vermiglia, e favellò più basso,--tu devi sapere ch'io
ho... oh! no... io ebbi un amante grande, ben fatto a maraviglia, e
buono; ed io l'amai... ed egli mi amò, e tuttavia io credo che
svisceratamente mi ami;... ma in terra uniti noi non potremmo essere
mai... e dubito forte se un giorno anche in cielo... colpa non mia,
ahimè!--Tu prenderai cotesta immagine, e t'ingegnerai penetrare fino
al cardinale Maffeo Barberini, e gli dirai che gliela mando io onde
procuri che l'abbia il suo amico, e gli faccia nel punto stesso saper
com'io sovente abbia pregato davanti a lei per la salute dell'anima
sua: bada, tienlo bene a mente, per non avertelo a scordare: ed
aggiungerai...
--Oe, o che vi pensate andare al corteo? È un'ora che aspettiamo...
venitevene via come vi trovate.
Beatrice andò; nè Virginia le potè rispondere una parola, tra per la
pressa degli sbirri che le ne tolse il campo, tra per la passione che
le stringeva la gola: l'accompagnò piangendo fino alla porta, e quivi,
dopo averla abbracciata e baciata, l'abbandonò. Beatrice volse il capo
sul limitare, e vide come la pietosa fosse corsa ad inginocchiarsi
davanti alla immagine della Madonna, appendendo sotto di quella la
crocellina di diamanti, che fu della Virginia Cènci sua madre.
Il presidente Luciani, con ambe le braccia fino al gomito stese sopra
la tavola in attitudine del cane mastino quando si posa, in questa
maniera discorreva agli onorandi colleghi:
--Pare impossibile! S'io non l'avessi fatta ricercare sottilmente, si
può dire sotto i miei occhi, avvegnachè _honestatis causa_ io tenessi
la faccia volta alla parete, non mi potrei persuadere che la non fosse
ciurmata.
--Però,--notava gravemente Valentino Turchi con ostentata umiltà, che
lasciava trapelare la sua prosunzione come da imposta mal chiusa sbuca
fuori di scancio il raggio del sole,--però mi permetto avvertire, che
non fu fatta tosare...
Il Luciani volgendo _exabrupto_ la testa, qual mastino punto dal
tafano, all'auditore Valentino Turchi, con voce acerba gli rispose:
--Io non la feci radere perchè Del Rio, Bodino, e gli altri più
schiariti scrittori di materia infernale non indicano la parte pilosa,
come quella sopra la quale il demonio eserciti per ordinario la sua
potenza.
--Per ordinario; e sta bene, soggiunse il Turchi, arduo anch'egli a
lasciare la presa; ma avendo meco considerato più volte, da una parte
come Dio la gran forza di Sansone nei capelli di lui collocasse, e
dall'altra come al diavolo piaccia sempre imitare, e volgere a male
quello che il Signore opera a fine di bene; così dirimpetto
all'autorità, d'altronde negativa unicamente, degli scrittori allegati
io ho ritenuto sempre, che i capelli potessero bene e meglio essere
scelti dal demonio come sede delle sue perfidissime incantagioni: per
ultimo _utile per inutile non vitiatur_; ed in faccenda siffattamente
grave il _tuziorismo_, voi siete per insegnarmi, non è mai troppo.
--Il vostro dubbio, riprese il Luciani piegando vinto la testa, e con
tal suono, che mal celava lo interno dispetto, non è per certo privo
di fondamento, e...
Ma qui il notaro Ribaldella, il quale era come un'eco dell'anima del
suo patrono Luciani, sovvenendo prontissimo a lui pericolante, scrisse
sopra un pezzetto di carta una parola, ed umile in atto glielo porse
mentre stava per finire il discorso. Lo vide il Luciani, ed i suoi
occhi balenarono di ferocia e di superbia: rilevò il capo, e prima lo
volse al fido creato con tale un garbo, che pareva volesse dargli un
morso, e gli volea sorridere; poi all'auditore Valentino Turchi, e
continuò a dire:
--e meriterebbe plauso se non ci togliesse modo di sperimentare la
tortura _capillorum_, che presagiva applicare in questa mattina; e voi
siete troppo rotto nella pratica delle cose criminali per non sapermi
istruire, come questa prova partorisca quasi sempre ottimi effetti.
Il notaro Ribaldella sopra il frammento di carta aveva segnato:
--E la tortura _capillorum_?
L'auditore Valentino Turchi declinò a posta sua il capo confuso; il
Luciani insistendo favellò:
--Anzi per me sono di avviso, che si abbia stamani a incominciare
dalla tortura _capillorum_; secondo poi quello che butta, noi ci
regoleremo.--Oh! sì, come dice il proverbio: come il padron ci tratta,
e noi lo serviremo.
--Allo apparire di Beatrice pallida, in aria soffrente, con gli occhi
smorti dentro un cerchio azzurro, il Luciani, sempre in atto di
mastino quando si posa, s'ingegnò, per quanto gli era dato, comporre a
mitezza il sembiante sinistro e la voce arrotata:
--Gentil donzella! quanto il mio cuore abbia patito nel dovervi porre
ai tormenti, Dio ve lo dica per me; chè con parole convenevoli non
potrei dimostrarvelo io. Anch'io sono padre di fanciulle per età, se
non per bellezza, uguali a voi; e nel vedervi straziare, non senza
sgomento ho interrogato me stesso: Luciani, qual mente, quale animo
sarebbero i tuoi, se tale aspro governo facessero del sangue tuo?
Dovere di magistrato, senso di uomo, pietà di cristiano mi persuadono
raccomandare voi stessa a voi. Deh! vi calga della vostra giovanezza.
A che monta la pervicace caparbietà vostra? Io ve l'ho detto, e vel
ripeto adesso; abbondano in processo le prove per convincervi rea: la
confessione dei vostri medesimi complici vi condanna. Meritatevi con
ingenua confessione la grazia del beatissimo Padre. Delle somme
chiavi, di cui egli ha l'augusto ministero, troppo più gli piacque
adoperare quella che apre, dell'altra che serra. Soprattutto a lui
talenta la fama di benigno; e davvero, qual è nel nome, così nei fatti
vuol dimostrarsi Clemente. Non mi sforzate, via, signora Beatrice, ad
usare rigore; considerate che i tormenti da voi, mio malgrado, patiti
sono quasi piaceri in paragone delle atroci torture (e qui lasciò
libero il corso alla voce arrotata) che la giustizia riserva contro i
contumaci ostinati.
--Perchè mi tentate?--rispose Beatrice pacatamente. Come se non vi
paresse abbastanza la facoltà di straziarmi il corpo, perchè
v'industriate ad avvilirmi l'anima? Queste sono le parti del demonio,
non quelle del giudice, o almeno una volta non lo erano. Il mio corpo
è vostro... la forza feroce lo pone in balìa di voi... a posta vostra
straziatelo;--l'anima il mio Creatore mi diede ben mia, e questa,
anzichè lasciarsi sbigottire dalle vostre minacce, o prendere dai
vostri blandimenti, mi conforta a sostenere più di quello che voi non
possiate tormentare.
Le sopracciglia del Luciani si strinsero come tanaglia; e percuotendo
con ambo le mani aperte sopra la tavola, urlò furiosamente:
--_Ad torturam... ad torturam capillorum..._ Dov'è mastro Alessandro?
Egli dovrebbe trovarsi sempre presente al tribunale quando presiedo
io[5].
--Egli ha dato un salto fino a Baccano per faccende di mestiere, con
ordine superiore; ed ha lasciato detto che tornerebbe in giornata.
--Al maggior uopo tutti mi lasciano solo. A voi dunque, Carlino, che
so che siete un giovanotto per bene; fatevi onore adesso.
Queste parole volgeva il Luciani allo aiutante del boia, il quale
replicava ingenuo, stropicciandosi le mani:
--Eh! c'ingegneremo...
La verità era che mastro Alessandro, colto il destro che il caso gli
aveva posto davanti, si era allontanato da Roma. Due sgherri ora si
avventano sopra la Beatrice, le disfanno le bellissime chiome bionde,
le scarmigliano, le ravviluppano, e legano, e stringono intorno ad un
mazzo di corde così prestamente, come fuori di ogni immaginazione
orribilmente;--poi la sollevano da terra...
La beltà sformata stringe, a vedersi, più angosciosa il cuore che la
bruttezza medesima. Se mai tua ventura ti condusse per le contrade di
Grecia, tu passasti, senza pure avvertirli, accanto ai ruderi di
qualche fortilizio veneziano, o turco; ma il tuo spirito si contristò
contemplando il Partenone mutilato dal tempo, dai Turchi, e da lord
Elgin, lasciando il passeggiero incerto se al delubro di Minerva abbia
più nociuto o la forza distruttiva del primo, o la barbarie dei
secondi, o la dotta rapina del terzo.
I capelli più sottili della misera martoriata schiantansi, la pelle
stirata distaccasi dalla fronte, ed anche sopra le guance, tratta
violentemente verso le orecchie, minaccia crepare: le labbra
semiaperte parevano ridere, gli occhi allungati a mandorla per le
tempie davano alla donzella la sembianza di fauna. Doloroso a vedersi!
troppo più a patirsi! Il Luciani, sempre le mani appoggiate come le
zampe il mastino in riposo, andava di tratto in tratto abbaiando:
--Confessate la verità...
--Sono innocente.
--Datele uno squassetto... un altro... un altro ancora.--Confessate la
verità.
--Sono innocente.
--Ah! voi non volete confessare? Ebbene, a testa di leccio capo di
sorbo.--Aggiungete voi altri un po' di ligatura _canubis_.
Carlino, obbedendo in un batter d'occhio all'ordine ricevuto, aiutato
dai valletti attortiglia dentro una matassa di canapa il pugno della
mano destra di Beatrice, e torce forte come costuma la curandaia
allorchè strizza il panno bagnato per ispremerne l'acqua. La mano e il
braccio stridono slogandosi, i muscoli si strappano, la epiderme si
lacera con istravaso di sangue e mostruosa tumefazione. Il presidente
Luciani, senza batter palpebra, ad ogni scontorcimento abbaia:
--Confessate il delitto!
--Oh Dio! Oh Dio!
--Confessate il vostro delitto, vi dico!
--Oh Dio del cielo... soccorri la tua creatura innocente!
--Stringete più forte, e squassate con gagliardia;--così, risoluto...
per bene; in un punto medesimo stretta, e squasso...
--Ahi madre mia! Un sorso di acqua... mi sento morire... per carità,
una stilla di refrigerio...
--Che refrigerio, e non refrigerio? Confessate.
--Io...
--Giù, via... siete?...
--Sono innocente.
A questo punto il furore del Luciani non ebbe più modo: cieco di
rabbia, tremante per ira, co' denti della mascella superiore si morse
il labbro inferiore per guisa, che ci rimasero sopra le orme impresse,
alcune pagonazze, altre stillanti sangue.
--Stringi... stritola le ossa, urlava insatanassato il presidente
degli assassini, allora chiamati giudici, finchè non crepi fuori della
strozza la confessione del suo delitto.
--Ahimè! che dolori... che martirii sono questi! Sono cristiana...
sono battezzata.--O morte! morte!
--Confessate... con...
Un nodo spaventevole di tosse sorprese in questo punto il Luciani, e
parve dovesse restarne soffocato: anelavano convulsi la gola e il
petto; umore viscoso gli gocciava giù dalla bocca e dalle narici; gli
occhi venati di sangue gli scoppiavano fuori dai cigli, e ciò
nonostante singhiozza ringhioso:
--Con... confe... confessate... scellerata!
--Sono innocente.
--Qua... tosto le cordicelle... la tortura delle
cordicelle...
Cotesta era una infame contesa: gli astanti erano sazii dello
spettacolo; i carnefici stessi spossati dalla fatica; Beatrice non
dava più segno di vita.
--Le cordicelle, vi dico... le cordicelle...--tra un nodo e l'altro di
tosse singhiozzava il Luciani.
I valletti del boia sbigottiti stavano inerti, e l'ira strozzava il
Luciani, che ormai balbutiva suoni indistinti. Costoro infatti non
potevano immaginare che il presidente avesse il cervello a segno;
imperciocchè il tormento delle cordicelle consistesse in infinite
cordicelle sottili e taglienti, con le quali si avviluppava e
stringeva il martoriato per modo, che recisi i nervi, le vene e le
carni, il corpo di lui diventasse tutta una piaga; e compariva
manifesto che non potesse applicarsi in cotesto stato alla paziente,
senza volerla finire.
Sopra il limitare della porta, dirimpetto al banco dei giudici, ecco
si presenta la faccia livida di mastro Alessandro; si soffermò
alquanto, volse uno sguardo tenue sopra cotesta scena, e sembra,
tuttochè boia, che qualche cosa sentisse, avvegnadio nel volersi
abbottonare la sopravvesta vermiglia la mano gli saltasse da un
occhiello all'altro senza poterne venire a capo: da cotesto indizio in
fuori non si palesò altro in lui che desse ad argomentare commozione,
e fu visto accostarsi impassibile alla paziente, guardarla fissa, e
toccarle i polsi; ciò fatto, con quel suo cipiglio, che metteva il
ribrezzo addosso agli stessi giudici, nonchè ai condannati, rivolto al
Luciani favellò in questa sentenza:
--Illustrissimo, spieghiamoci chiaro; volete voi che la paziente
confessi, o che muoia?
--Morire, adesso?--Dio ne liberi! Bisogna che confessi...
--E allora per oggi, non può sostenere altri tormenti.
Così a quei tempi il carnefice insegnava umanità, e convenienza ai
giudici: ai tempi nostri non le insegna loro nessuno;--lo sanno da se.
--Mastro Alessandro, proruppe il Luciani indispettito, dell'arte
vostra io credo intendermene quanto voi, e...
Il notaro Ribaldella, che si agguantava alla fortuna del Luciani come
all'ancora della speranza, presagendo imminente qualche grave
scandalo, con quella sua fisonomia da tantummergo, troncò le parole
dicendo:
--Illustrissimo signor Presidente, voi che siete così solenne maestro
di proverbii, rammentate avermi ammonito più volte, che chi troppo
l'assottiglia la scavezza: se la bontà di vostra signoria
illustrissima si degnasse concedermelo, direi, sempre però
remissivamente ai lumi superiori di vossignoria illu...
--Orsù, parlate, con mal piglio gli rispose il Luciani.
Allora il Ribaldella si levò agile e presto dal suo scanno, e
accostatosi all'orecchio del Luciani vi sussurrò sommesso un suo
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Çirattagı - Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 37
- Büleklär
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 01Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4444Unikal süzlärneñ gomumi sanı 196234.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 02Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4415Unikal süzlärneñ gomumi sanı 189036.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 03Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4426Unikal süzlärneñ gomumi sanı 190834.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 04Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4568Unikal süzlärneñ gomumi sanı 183135.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 05Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4359Unikal süzlärneñ gomumi sanı 193336.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 06Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4521Unikal süzlärneñ gomumi sanı 181335.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 07Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4499Unikal süzlärneñ gomumi sanı 193535.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 08Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4469Unikal süzlärneñ gomumi sanı 189235.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 09Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4524Unikal süzlärneñ gomumi sanı 187534.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 10Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4324Unikal süzlärneñ gomumi sanı 187435.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 11Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4405Unikal süzlärneñ gomumi sanı 193134.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 12Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4465Unikal süzlärneñ gomumi sanı 195534.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 13Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4413Unikal süzlärneñ gomumi sanı 191336.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 14Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4524Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186734.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 15Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4466Unikal süzlärneñ gomumi sanı 183837.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 16Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4599Unikal süzlärneñ gomumi sanı 195235.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 17Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4450Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186534.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 18Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4719Unikal süzlärneñ gomumi sanı 182236.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 19Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4529Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186635.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 20Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4544Unikal süzlärneñ gomumi sanı 189533.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 21Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4527Unikal süzlärneñ gomumi sanı 191834.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 22Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4375Unikal süzlärneñ gomumi sanı 203933.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 23Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4544Unikal süzlärneñ gomumi sanı 188136.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 24Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4304Unikal süzlärneñ gomumi sanı 190436.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 25Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4503Unikal süzlärneñ gomumi sanı 187132.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 26Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4476Unikal süzlärneñ gomumi sanı 198631.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.46.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 27Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4419Unikal süzlärneñ gomumi sanı 188735.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 28Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4500Unikal süzlärneñ gomumi sanı 183636.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 29Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4446Unikal süzlärneñ gomumi sanı 184235.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 30Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4325Unikal süzlärneñ gomumi sanı 194635.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.60.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 31Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4486Unikal süzlärneñ gomumi sanı 195435.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 32Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4489Unikal süzlärneñ gomumi sanı 198232.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 33Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4484Unikal süzlärneñ gomumi sanı 181935.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 34Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4329Unikal süzlärneñ gomumi sanı 189235.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 35Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4490Unikal süzlärneñ gomumi sanı 192234.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 36Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4387Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186132.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 37Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4318Unikal süzlärneñ gomumi sanı 194133.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.47.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 38Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4447Unikal süzlärneñ gomumi sanı 193234.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 39Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4506Unikal süzlärneñ gomumi sanı 184136.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 40Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4474Unikal süzlärneñ gomumi sanı 185435.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.50.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 41Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4357Unikal süzlärneñ gomumi sanı 190732.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 42Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4532Unikal süzlärneñ gomumi sanı 188933.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 43Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4495Unikal süzlärneñ gomumi sanı 188735.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 44Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4465Unikal süzlärneñ gomumi sanı 181233.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 45Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4451Unikal süzlärneñ gomumi sanı 186834.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.49.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 46Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4476Unikal süzlärneñ gomumi sanı 185735.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 47Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4411Unikal süzlärneñ gomumi sanı 183334.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.48.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Beatrice Cenci: Storia del secolo XVI - 48Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4129Unikal süzlärneñ gomumi sanı 181036.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.51.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.