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Annali d'Italia, vol. 2 - 45
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Ennodio[2105]. Andò il santo vescovo, e trovò Enrico in Tolosa, e pare
che per cagion del verno fosse sciolto lo assedio d'Auvergne. Perorò il
venerabil prelato, e finalmente ottenne la pace, ma a condizione che la
città suddetta d'Auvergne fosse ceduta amichevolmente a lui; se no, egli
minacciava maggiori ferite all'imperio di Occidente. Accuratamente fu
ciò osservato anche dal cardinal Baronio[2106], ancorchè Giordano[2107]
avesse scritto che i Visigoti costrinsero colla forza quella città alla
resa, dappoichè Ecdicio, vedendo di non poter più resistere,
coraggiosamente se ne ritirò con ridursi in luogo sicuro. Sembra poi che
solamente nell'anno susseguente quella città venisse in poter de'
Visigoti: del che si lamentò forte Sidonio vescovo della medesima.
NOTE:
[2088] Theoph., in Chronog.
[2089] Zonar., in Annal.
[2090] Cedren., in Histor.
[2091] Cyrillus apud Cotelerium, tom. 4 Monum. Graec.
[2092] Malala, in Chron.
[2093] Pagius, Crit. Baron.
[2094] Chron. Alexandr.
[2095] Suidas, verbo _Zeno_.
[2096] Surius, in vit. S. Daniel. Stilit.
[2097] Evagr., lib. 3, cap. 1.
[2098] Theoph., in Chronogr.
[2099] Jordan., de Regnor. success.
[2100] Idem, de Reb. Getic. cap. 45.
[2101] Mediob., Numism. Imp.
[2102] Chronologus Cuspiniani.
[2103] Sidon., lib. 3. ep. 7, et lib. 5, ep. 16.
[2104] Jordan., de Reb. Get., cap. 47.
[2105] Ennod., in Vit. S. Epiph. Ticin. Episc.
[2106] Baron., Annal. Eccl.
[2107] Jordan., de Reb. Get., cap. 45.
Anno di CRISTO CDLXXV. Indizione XIII.
SIMPLICIO papa 8.
ZENONE imperadore 2.
ROMOLO, ossia AUGUSTOLO, imperadore 1.
_Console_
FLAVIO ZENONE AUGUSTO per la seconda volta, senza collega.
Alle miserie della Gallia narrate di sopra si dee ora aggiugnere la
persecuzione fatta da _Enrico_ re de' Visigoti alla religion cattolica,
e descritta nel presente anno da Sidonio vescovo in una sua
lettera[2108] a _Basilio_ vescovo d'Aix, come va conghietturando il
padre Sirmondo. Racconta egli che il re barbaro, zelantissimo della sua
setta ariana, non già uccise i vescovi cattolici, come scrisse Gregorio
Turonense[2109], osservando il padre Pagi[2110] che il _summis
sacerdotibus morte truncatis_ di Sidonio, solamente s'ha da
interpretare, ch'erano morti di morte naturale, ma sì bene vietava che
si ordinassero i lor successori, di maniera che per mancanza di parrochi
e preti le chiese rimanevano serrate, e sulle porte di esse nascevano le
spine, e i popoli restavano defraudati de' sacramenti. Due vescovi
furono mandati in esilio; e toccò da lì a qualche tempo allo stesso
Sidonio la medesima disavventura, dalla quale nondimeno egli si rilevò
per intercessione di Leone questore dello stesso re Eurico. Intanto
nell'Italia, divenuta teatro di frequenti peripezie, avvenne che
_Nipote_ imperadore, volendo aver più vicino _Ecdicio_, valoroso
figliuolo del già Avito imperadore, di cui si è parlato nel precedente
anno, o per sospetti, o con disegno di rimunerarlo, il chiamò in Italia,
siccome narra Giordano istorico[2111], e in luogo suo destinò generale
d'armata nelle Gallie _Oreste_, creato prima patrizio, e che certamente
da lì a non molto si trova ornato di questa dignità. Costui vien
chiamato _di nazione Romano_ da Prisco istorico[2112], il quale cel
rappresenta spedito negli anni addietro ambasciatore a Costantinopoli da
Attila re degli Unni. E che questi fosse il medesimo, di cui ora
parliamo, ne fa fede il Cronologo[2113] pubblicato dal Valesio dopo
Ammiano Marcellino, con dire che allorchè Attila calò in Italia,
_Oreste_ si acconciò al di lui servigio per segretario delle lettere.
Dopo la morte di quel re barbaro tornato esso Oreste in Italia, si
avanzò ancora nel servigio degl'imperadori occidentali, tanto che giunse
nel presente anno a comandare l'armata ch'egli dovea condur seco nelle
Gallie. Vien costui appellato da Procopio, _uomo di singolar prudenza_.
Ora questo sì prudente, ma disleale personaggio, in vece di muoversi
alla volta delle Gallie, guadagnati ch'ebbe gli animi della maggior
parte de' soldati, rivolse l'armi contra del suo stesso signore e
benefattore. Per quanto scrive il Cronologo del Cuspiniano[2114], e
l'autore anonimo del Valesio[2115], _Nipote_ imperadore sorpreso da
questa frode si ritirò in Ravenna, e quivi da Oreste fu sì strettamente
assediato, che veggendo di non poter resistere, nel dì 28 d'agosto
giudicò meglio di fuggirsene per mare a Salona città della Dalmazia,
dove _Glicerio_ da lui deposto era dianzi ito ad empiere quella cattedra
episcopale. Di belle accoglienze si dovettero fare l'uno all'altro
questi due abbattuti Augusti. Era anche il suddetto Nipote dalmatino di
nazione, per attestato di Teofane[2116]; e però fu ben ricevuto dai suoi
nazionali, fra' quali, finchè potè, seguitò a signoreggiare. Aveva
_Oreste_ un figliuolo assai giovinetto per nome _Romolo_, e perciocchè
tutto andava a seconda de' suoi desiderii, il fece proclamare imperadore
in Ravenna nel dì 31 d'ottobre dell'anno presente. Questi è chiamato
dagli scrittori antichi _Augustolo_, credono alcuni per derisione a
cagion della sua tenera età. Pensano altri ch'egli, oltre al nome di
_Romolo_, portasse quello d'_Augusto_. Il Du-Cange[2117] rapporta una
medaglia con questa iscrizione. D. N. ROMVLVS AVGVSTVS P. F. AVG. Il
Goltzio[2118] ne dà un'altra con le seguenti lettere: D. N. AVGVSTVLVS
PERP. P. F. AVG.; ed un'altra con questa epigrafe: D. N. FL. MOMVL.
AUGVSTVLVS P. F. AVG. Si può con ragion sospettare, anzi credere, della
impostura in alcune di queste medaglie. L'anonimo del Valesio merita
probabilmente più fede, allorchè scrive che questo giovane, prima
d'essere innalzato al trono imperiale, era chiamato _Romolo_ dai suoi
genitori. Forse questo glorioso nome fu cambiato per ischerno dalla
gente in _Momolo_, e poscia in _Momillo_; o pure qualche testo corrotto
dei vecchi storici ha ingannato in ciò alcuni de' moderni scrittori.
Procopio[2119], all'incontro, c'insegna ch'egli avea nome _Augusto_, e
che i Romani per galanteria, a cagione della sua età, il chiamavano
_Augustolo_.
Circa questi tempi, per quanto si ricava da Malco[2120] e da Giordano
storici[2121], non però in tutto concordi, gli Ostrogoti abitanti nella
_Pannonia_ (il che è da notare, e vedremo anche Teoderico re d'Italia
appellar la Pannonia antica sede dei Goti) mossero guerra all'imperio
d'Oriente, con fare un'irruzione nella Mesia. Re di costoro era
_Teodemiro_, padre di quel _Teoderico_ Amalo che vedremo fra qualche
tempo re d'Italia. Aveva questo re dianzi condotto il suo esercito
contra gli Alamanni e Svevi della Germania, con devastar le loro
campagne, e trucidar qualunque se gli opponeva. Tornando poscia a casa
vittorioso, con sommo piacere accolse il figliuolo Teoderico, lasciato
ne' tempi addietro per ostaggio nella corte di Costantinopoli, e
rimandato a casa da Leone imperadore con dei magnifici regali. Era
allora Teoderico in età di dieciotto anni, ed innamorato sì fattamente
della guerra, che da lì a non molto, senza saputa del re suo padre,
raunato un corpo di seimila soldati, e passato il Danubio,
improvvisamente arrivò addosso a _Babai_ re dei Sarmati, principe
insuperbito per aver poco prima data una rotta a _Camondo_ duca dei
Romani; ed avendolo ucciso, con ricchissima preda se ne tornò a casa,
con aver tolta ai Sarmati la città di Singidono, occupata da essi ai
Romani, ch'egli seppe anche ritenere per sè. Ora Teodomiro accompagnato
dal figliuolo Teoderico ostilmente col suo esercito passò nella Mesia,
prese la città di Naisso, ed altri luoghi; s'impadronì della Tessalia,
di Eraclea e Larissa; e, passato più innanzi, pose l'assedio a
Tessalonica, ossia Solonichi. _Clariano_, o piuttosto _Ilariano_
patrizio, che era alla difesa di sì importante città, temendo di
soccombere, mandò dei doni a Teodemiro, e propose un trattato di pace,
in cui fu conchiuso che si scioglierebbe quell'assedio, e l'imperadore
concederebbe a quei Barbari una buona porzion di paese nella Tracia. Non
molto dopo venne a morte il re _Teodomiro_, e chiamati i suoi Goti alla
presenza e col consentimento di essi dichiarò suo successore Teoderico
suo figliuolo, principe di rara espettazione, le cui imprese
racconteremo a suo tempo. Ma qui non è molto sicura la Cronologia di
Giordano; perciocchè vedremo che la presa di Larissa succedette
nell'anno 481, Zenone imperadore in quest'anno a dì 15 d'ottobre fece
una molto lodevol legge[2122], ordinando che tutti i governatori e
giudici, terminato il lor magistrato, si fermassero per cinquanta giorni
nel luogo per fare il sindacato. Ma intanto esso imperadore seguitava a
sfoggiare nei vizii e ne' passatempi. Secondochè s'ha da Teofane[2123],
negò egli una grazia a _Verina Augusta_ sua suocera, che l'avea aiutato
a salire sul trono. Di più non vi volle, perchè ella pensasse a farnelo
discendere. Aspettato dunque il tempo che Zenone si trovava in Eraclea
città della Tracia, congiurata con vari senatori, fece svegliare da
_Basilisco_ suo fratello una sedizione in Costantinopoli, al cui avviso
Zenone, uomo effeminato e mancante di coraggio, se ne scappò in Soria
per mare, menando seco _Arianna Augusta_ sua moglie e una gran somma
d'oro, e si ritirò in un forte castello. Quivi anche tremando giudicò
meglio di rifugiarsi nella Isauria, dove il popolo della sua nazione gli
diede tutta la possibil sicurezza. La Cronica Alessandrina[2124] dice
ch'egli fuggì a Calcedone, e di là in Isauria, ed era allora tempo di
verno. Intanto _Basilisco_ fratello di Verina Augusta fu proclamato
imperadore, ed egli, dopo aver fatta coronare _Zenonida_, ossia
_Zenoida_, sua moglie, dichiarò _Cesare_, e poscia collega nell'imperio,
_Marco_ suo figliuolo, il quale negli editti pubblicati dal padre, e in
una medaglia, rapportata dal Chifflezio, si vede nominato col genitore,
ed ornato anch'esso col titolo d'imperadore. Rapporto io al presente
anno questo avvenimento, raccontato da tutti gli antichi scrittori,
quantunque io sappia che il Pagi lo riferisca all'anno susseguente. Ma
di ciò torneremo allora a parlare.
NOTE:
[2108] Sidon., lib. 7, cap. 6.
[2109] Gregor. Turonensis, lib. 2, cap. 25.
[2110] Pagius, Crit. Baron.
[2111] Jordan., de Reb. Getic., cap. 45.
[2112] Priscus, pag. 37, tom. 1 Hist. Byz.
[2113] Chronologus Valesii post Ammianum.
[2114] Chronologus Cuspiniani.
[2115] Anonymus Valesianus.
[2116] Theoph., in Chronogr.
[2117] Du-Cange, Famil. Byz., pag. 81.
[2118] Goltzius, in Numism.
[2119] Procop., de Bell. Goth., lib. 1, cap. 1.
[2120] Malch., in Hist. Byzant., tom. 1, pag. 75.
[2121] Jordan., de Reb. Get., cap. 55.
[2122] Cod. _ut Omnes_.
[2123] Theoph., in Chronogr.
[2124] Chron. Alexandr.
Anno di CRISTO CDLXXVI. Indiz. XIV.
SIMPLICIO papa 9.
ZENONE imperadore 3.
ODOACRE re 1.
_Consoli_
BASILISCO per la seconda volta ed ARMATO.
Amendue questi consoli sono orientali. _Basilisco_ vien creduto il
fratello di Verina Augusta. _Armato_, per testimonianza di
Teofane[2125], era nipote, e, secondo altri, cugino d'esso Basilisco.
L'autore della Miscella[2126] ci fa sapere che dopo essere stato creato
imperadore _Romolo Augustolo_, _Oreste_ patrizio suo padre spedì
ambasciatori a conchiudere una lega con Genserico re de' Vandali in
Africa. Ma ciò a nulla servì, perchè da un altro Barbaro venne la rovina
di lui e dell'imperadore suo figliuolo. E questi fu _Odoacre_ figliuolo
di Edicone, cioè, per quanto porta la verisimiglianza, di quel medesimo
che si trova annoverato da Prisco istorico[2127] fra i primi ministri
d'Attila, e chiamato _Scita_, cioè Tartaro di nazione. Da Giordano
storico[2128] egli ci vien rappresentato _natione Rugus_: e da Teofane è
detto di _stirpe gotica, ma allevato in Italia_. Nella vita di san
Severino[2129], scritta non lungi da questi tempi da Eugippio, egli vien
nominato _Odobagar_, _Otachar_ e _Odachar_. Come e perchè movesse
Odoacre contra d'Augustolo questa sì fiera tempesta, non si può ricavar
chiaro dalla storia antica. Il suddetto Giordano e l'autore della
Miscella scrivono ch'egli dall'ultimo confine della Pannonia (e pur di
questa abbiam detto ch'erano allora padroni i Goti) calò in Italia con
un formidabile esercito d'Eruli, Turcilingi, Rugi, Sciti, ed altri
popoli ausilarii; e passando pel Norico volle abboccarsi con san
Severino apostolo di quelle contrade, che era in fama di gran santità,
da cui gli fu predetto quanto poscia accadde. È narrato questo fatto
anche dal suddetto Eugippio nella vita del medesimo santo.
Verisimilmente Odoacre invitato dagli amici di Nipote, e tratto dalla
fama di tante mutazioni, che sommamente avevano indebolito l'imperio
romano d'Occidente, si mosse colla speranza di farne egli stesso il
conquisto. Ma Teofane, siccome abbiam detto, attesta che Odoacre era
_allevato in Italia_; e Procopio aggiugne[2130] che costui militava in
Italia fra le _guardie del corpo_ degl'imperadori. E perciocchè prima i
Romani aveano preso al loro servigio una gran moltitudine di Barbari,
Sciti, Alani e Goti, con vergogna e danno dell'imperio stesso, avvenne
che essi Barbari insuperbiti, conoscendo il loro forte, e qual contrada
fosse questa, e come erano inviliti gl'Italiani, cominciarono a
pretendere una terza parte dei terreni dell'Italia per loro
sostentamento. Oreste si oppose a tal pretensione; laonde i medesimi
elessero per loro capo _Odoacre_, che spogliò poi Oreste della vita, e
suo figliuolo dell'imperio. Quando ciò fosse stato, sarebbe da credere
che Odoacre fosse passato dall'Italia nella Pannonia, da dove poi, per
rinforzare i Barbari di Italia, fosse ritornato, conducendo seco una
ciurma sterminata di varie altre nazioni, tutte ansanti a far bottino in
questi paesi, non rade volte infelici, perchè troppo felici.
Comunque sia, giunto in Italia con sì grande sforzo di gente Odoacre,
senza trovar opposizione, s'incamminò verso la fertile Liguria, cioè
verso Milano. Oreste patrizio, raunata quanta gente potè, s'era postato
all'Adda, probabilmente verso Lodi, per contrastargli il passo; ma
conosciute troppo superiori le forze de' Barbari, e trovandosi anche
abbandonato da molti dei suoi, ritirossi a Ticino, cioè a Pavia, città
assai forte, sperando quivi un asilo sicuro. Sopraggiunse Odoacre, ed
assediata la città, la espugnò finalmente, e ne permise il sacco ai
soldati, che fecero prigioni i cittadini e diedero alle fiamme le chiese
e le case, facendo un terribil falò di tutte le abitazioni.
Ennodio[2131] è quello che descrive così fiera tragedia. Venuto in
quella occasione alle mani di Odoacre _Oreste_ patrizio, parve che
avesse da avere salva la vita; ma condotto a Piacenza, quivi nel dì 28
d'agosto fu ucciso[2132]. Marciò di poi il vittorioso esercito alla
volta di Ravenna. Era quivi _Paolo_ fratello d'Oreste, e questi ancora
preso nella Pigneta fuori di Classe, restò vittima del furore barbarico
nel dì 4 di settembre. Entrò Odoacre in Ravenna, e continuato il
viaggio, niuna difficoltà trovò ad entrare anche in Roma. Nell'una di
queste due città colse _Augustolo_; ma mosso a compassione della di lui
tenera età, ricordevole ancora della amicizia passata in addietro con
Oreste di lui padre, non solamente gli salvò la vita, ma fattogli un
assegno di seimila soldi d'oro, il confinò in un castello della
Campania, appellato Lucullano, acciocchè quivi liberamente vivesse _co'
suoi parenti_: parole dell'Anonimo Valesiano[2133], indicanti che suo
padre fosse nativo di quelle contrade. Così, secondo la osservazion
degli antichi, l'imperio romano cominciato da Romolo, e stabilito da
Augusto, terminò in questo infelice Romolo ed Augustolo. Si diffuse poi
per l'Italia tutta l'armata barbarica. La maggior parte delle città aprì
senza farsi pregare le porte; e quelle che vollero far resistenza,
pagarono il fio della loro arditezza colla morte degli abitanti, e con
divenir elle smantellate ed uguagliate al suolo. Così divenne Odoacre in
poco tempo signore e re di tutta l'Italia. Per tale, se crediamo
all'Anonimo Valesiano, fu egli riconosciuto nel dì 25 d'agosto, cioè
dopo essersi impadronito di Milano e Pavia. Ma con più formalità dovette
ciò avvenire, allorchè ebbe deposto Augustolo, e l'armi sue furono
entrate in Roma. Non volle egli titolo d'imperador d'Occidente, per
riverenza a Zenone imperador d'Oriente, premendogli di non disgustarlo.
Anzi vedremo fra poco che egli sul principio, per quanto si raccoglie da
Malco istorico[2134], mostrava intenzione di contentarsi del solo titolo
di _patrizio_, e di governar questi paesi a nome dell'imperadore
suddetto. Ma egli da lì innanzi signoreggiò qual re, e dagli scrittori
ancora è chiamato re; se non che sappiamo da Cassiodoro[2135] ch'egli
non usò mai di portare la porpora, nè le altre insegne reali. E perciò
non si veggono medaglie o monete battute da lui in onor suo. Nè resta
legge o costituzione fatta da lui. Sembra ancora verisimile ch'egli si
dichiarasse subordinato a Zenone imperadore, e il riguardasse come suo
sovrano, e però tenesse in freno la propria autorità e potenza. Fece la
sua residenza in Ravenna[2136], città splendidissima allora e molto
ricca e forte. E perciocchè gli stava a cuore d'aver anche sotto il suo
dominio la Sicilia, che allora ubbidiva al tiranno dell'Africa, cioè a
Genserico re de' Vandali, trattò, per attestato di Vittore
Vitense[2137], con esso Genserico, e l'indusse a cedergliela, a riserva
d'una parte, con promettere di pagargli ogni anno un certo tributo. Per
altro Odoacre, tuttochè di setta ariano, niuna novità fece in
pregiudizio della religion cattolica, nè molestò i vescovi o le chiese
dei cattolici; anzi si mostrò amorevole ed indulgente verso di loro,
come si ricava da Ennodio nella vita di sant'Epifanio. Contuttociò seguì
una non lieve mutazione in Italia a cagione di questi nuovi ospiti,
conquistatori della terra; perciocchè attesta Procopio[2138] che a tanti
Barbari in premio della vittoria, e pel loro sostentamento, bisognò
assegnar la terza parte dei beni che possedevano gl'Italiani.
In quest'anno poi, siccome ho accennato di sopra, il padre Pagi[2139]
pretende che _circa il fine di gennaio_ Zenone Augusto fosse obbligato
alla fuga dal suddetto Basilisco, il quale si fece tosto proclamar
imperadore. Aggiugne che circa il mese d'agosto dell'anno susseguente
477 terminò la tirannia di Basilisco, con risalire sul trono il già
fuggito Zenone. Può esser stato così, ma si vuol qui confessare un
grande imbroglio nelle storie intorno al tempo di questo avvenimento. Io
non mi attribuisco di poter colpire nel vero; tuttavia dirò non essere
già certa la sentenza del padre Pagi, e portar io opinione, o almeno non
lieve sospetto, che nel gennaio del precedente anno 475 Basilisco
usurpasse la corona d'Oriente, e che egli, prima che terminasse lo
stesso anno 475, decadesse, con essere rimesso sul trono Zenone Augusto.
I motivi di questa mia opinione sono i seguenti. Noi abbiamo una legge
data da Zenone Augusto[2140] nel dì primo di gennaio dell'anno 476, e
similmente un'altra promulgata dal medesimo imperadore _X halendas
martias Basilio II et Armasio coss._[2141], cioè nell'anno presente,
quantunque sia alquanto sfigurato il nome di questi consoli, dovendo
essere _Basilisco et Armato coss._ Adunque nel febbraio del 476, e non
già nell'agosto del 477, come vuole il padre Pagi, dovea essere
ritornato in Costantinopoli Zenone, ed avere ripigliato il governo. E se
di qui talun volesse inferire che in esso febbraio del 476 non dovea
essere per anche seguita l'intronizzazione di Basilisco, s'ha osservare
una altra legge[2142] data da esso Zenone _XVIII Kalendas januarii
Armatio V. C._, cioè nel presente anno ai quindici di dicembre. Questa
ci fa vedere rimontato già sul trono Zenone prima che termini l'anno
476, e non già nell'agosto del 477. Accortosi di ciò il padre Pagi,
pretende che sia scorretta quella data, e vi s'abbia a leggere _post
consulatum Armatii V. C._ Ma se è stato lecito al padre Pagi
l'acconciare colla sua sentenza i testi, sarà permesso anche a noi la
libertà medesima, con dire che l'epistola ottava di _Simplicio
papa_[2143], scritta a Zenone Augusto, in cui si congratula del trono
ricuperato, e che è data _VIII idus octobris P. C. Basilisci et Armati_,
si dee correggere con iscrivere _Basilisco et Armato coss._ Potè Zenone
Augusto tardar molto a significare al romano pontefice il suo
ristabilimento e la sua buona disposizione in favor della Chiesa
cattolica. Notisi ora l'epistola quarta del medesimo papa Simplicio,
scritta con zelo degno d'un pontefice romano, non già a _Zenone
Augusto_, come saggiamente ha osservato lo stesso Pagi, ma sì bene a
_Basilisco Augusto_. Essa è data _Quarto idus januarii, Basilisco
Augusto consule_, cioè nel presente anno 476; e da essa apparisce che
già Timoteo Eluro, usurpatore della chiesa patriarcale d'Alessandria,
dall'esilio era ritornato ad occupar la medesima, e di là era passato a
Costantinopoli. Ma se nel _gennaio_ del 476, come vuole il padre Pagi,
_Basilisco_ s'intruse nell'imperio d'Oriente, come potè papa Simplicio
scrivere a lui sul principio d'esso _gennaio_ del 476, se non potea per
anche aver intesa la nuova delle mutazion dell'Augusto, e molto men
quella dello ristabilimento dell'empio Timoteo? Ancor qui il padre Pagi
acconcia la data, con dire che s'ha da scrivere _IV idus junias_, e non
_januarias_. Ma lasciando nel suo essere quella data, vien essa ad
accordarsi col proposto sospetto che nel 475 Basilisco usurpasse la
corona d'Oriente, e ne fosse spogliato prima che terminasse l'anno
stesso; il che non essendo per anche venuto a notizia di papa Simplicio
sul principio di gennaio dell'anno presente 476, potè perciò scrivere ad
esso Basilisco per pregarlo di rimediare all'insolenza di Timoteo Eluro.
Il padre Labbe e lo stesso Pagi credono che nella data della lettera
quarta suddetta si debba leggere _Basilisco et Armato coss._, e che
perciò essa appartenga all'anno presente.
Ma quello che principalmente fa a me credere ben fondata la da me
proposta opinione, si è che Malco rettorico[2144] e storico forse il più
vicino di tutti a questi tempi, e lodato molto da Fozio, ha conservato,
negli Estratti che restano, una particolarità degna di molto riguardo in
questo proposito, che servirà ancora ad illustrar le cose d'Occidente.
Scrive egli che _Augusto_, ossia Augustolo, _figliuolo di Oreste_,
appena ebbe inteso che _Zenone_ avea ricuperato l'imperio d'Oriente, con
cacciarne Basilisco, che _obbligò il senato romano a spedirgli
un'ambasceria_, con rappresentargli che bastava un solo imperadore. E
che esso senato avea preso Odoacre persona attissima alla difesa
dell'imperio d'Occidente, perchè di gran valore e scienza politica;
pregando perciò Zenone di volere ornar costui colla dignità del
patriziato. Nello stesso tempo _Nipote_ fuggito in Dalmazia, e che in
quelle parti seguitava a farla da imperadore, spedì anch'egli suoi
ambasciatori a Zenone per congratularsi della ricuperata corona, e per
supplicarlo, che avendo esso Zenone provata la calamità che era toccata
ad esso Nipote, volesse aver compassione di lui, ed aiutarlo a
ricuperare il perduto imperio. Zenone propose l'affare in senato, e fu
risoluto di dar favore a _Nipote_, sì perchè _Verina Augusta_ era
parente della di lui moglie, e sì perchè le disavventure accadute a
Zenone il movevano a commiserar lo stato dell'altro. Fu anche
determinato che Odoacre prendesse dalle mani di _Nipote Augusto_ la
dignità del patriziato, benchè poi Zenone, in iscrivendo ad Odoacre, gli
desse egli il titolo di patrizio. Così Malco rettorico. Ciò posto,
convien ricordare che _Augustolo_, fatto imperador d'Occidente nel dì 31
di ottobre dell'anno 475, regnò fino al dì 25 d'agosto dell'anno 476. In
questo tempo di mezzo bisogna che seguisse la spedizione de' legati a
Costantinopoli a Zenone, il quale era già ritornato sul trono, e tal
nuova era già pervenuta a Roma, benchè tanto lontana. Si scorge ancora
che poco dovea essere che Odoacre avea occupata l'Italia e Roma, con
cercare la grazia e l'approvazione del suo governo dall'imperadore
d'Oriente; e per conseguente convien credere che Zenone cadesse dal
trono nell'anno 475, e che prima del fine d'esso anno vi risalisse
coll'abbassamento di Basilisco, e che in questo medesimo anno andassero
a trovarlo le ambascerie del senato romano e di Nipote rifugiato in
Dalmazia, e non già ch'egli decadesse nell'anno 476, e risorgesse
nell'agosto del 477. In fatti Marcellino conte[2145] mette la caduta di
Zenone e l'usurpazione di Basilisco nell'anno 475. Teofane[2146]
anch'egli, tuttochè citato per la sua opinione dal padre Pagi, pure è
contro di lui, e favorevole all'opinione proposta; giacchè egli
riferisce il fatto nell'anno primo di Zenone, ed immediatamente dopo la
morte di Leone juniore Augusto. Oltre di che, Niceforo[2147] attesta
anch'egli che Zenone poco tempo dopo avere ottenuta la dignità
imperiale, ne fu spossessato da Basilisco, e però nell'anno 475. Lo
stesso si ricava da Cedreno[2148] e da Joele cronografo[2149], stampato
dopo Giorgio Acropolita. Però contra di questa opinione non ha da aver
forza la Cronica Alessandrina citata dal Pagi, perchè troppo fallace
nella cronologia, e nè pur concorde con esso lui in quel sito. Puossi
bensì opporre che i consoli del presente anno 476 furono _Basilisco_ il
tiranno ed _Armato_, e conseguentemente non potè nelle calende di
gennajo di questo essere stato rimesso in trono Zenone. Ma si risponde
che quel _Basilisco_ console potè non essere il tiranno; ed esso in
fatti è nominato semplicemente _Basilisco_ senza la giunta d'_Augusto_ o
di D. N., cioè _domino nostro_. Potrebbe dunque _Basilisco_ console in
quest'anno essere stato il figliuolo di _Armato_, che Zenone creò
_Cesare_, secondo l'attestato degli antichi storici, in esecuzione della
promessa fatta ad Armato suo il padre, per tirarlo al suo partito. Ed
egli precede il padre, perchè di maggior dignità. Quel solo che
ragionevolmente può qui far opposizione, si è, che Procopio[2150] e
Vittor Turonense[2151] scrivono durata la tirannia di Basilisco _un anno
ed otto mesi_; ed Evagrio _due anni_. Teofane la stende fino a _tre
anni_. Ma questa medesima discordia fa conoscere che per conto del tempo
d'essa tirannia non abbiamo una autorità sicura; ed uno può aver
fallato, e gli altri averlo seguitato. Finalmente se non è certo il
quando Basilisco, spezialmente a cagione della guerra fatta alla Chiesa
cattolica, fosse cacciato, può almen parere convenevolmente mostrato il
quando egli occupò l'imperio, cioè l'anno 475, e non già il 476, come
pretende il padre Pagi. Nè io aggiugnerò altro intorno alle iniquità di
Basilisco, e agli affari della Chiesa, e al terribile incendio succeduto
sotto di lui in Costantinopoli, potendosi intorno a ciò consultare il
cardinale Baronio[2152]. Basterà sapere che Zenone seppe guadagnare i
capitani di Basilisco, e ritornar sul trono d'Oriente. Levato con molte
promesse dalla chiesa, in cui s'era rifugiato, fu poi barbaramente fatto
morir di fame in una prigione colla moglie e co' figliuoli.
NOTE:
[2125] Theoph., in Chronogr.
[2126] Histor. Miscell., tom. 1 Rer. Italic.
[2127] Priscus, tom. 1 Hist. Byz., pag. 37 et seq.
[2128] Jordan., de Regnor. Success.
[2129] Vita s. Severini, in Act. SS. Boland. ad diem 8 januar.
[2130] Procop., lib. 1, cap. 1 de Bell. Goth.
[2131] Ennod. in Vita S. Epiphanii.
[2132] Chronologus Cuspiniani.
[2133] Anonymus Vales.
[2134] Malch., tom. 1. Hist. Byz.
[2135] Cassiod., in Chron.
[2136] Theoph., in Chronogr.
[2137] Victor Vitensis, lib. 1 de Persecut.
[2138] Procop., lib. 1 cap. 1 de Bell. Goth.
[2139] Pagius, Crit. Baron.
[2140] L. 28, C. de Jure dotium.
[2141] L. 5, Cod. de naturalib. liberis.
[2142] L. 16, C. de sacros. Eccl.
[2143] Labbe, Concilior., tom. 4.
[2144] Malch., Hist. Byzant., tom. 1, pag. 93.
[2145] Marcell. Comes, in Chron.
[2146] Theoph., in Chronogr.
[2147] Niceph., lib. 16, cap. 2.
[2148] Cedrenus, in Chron.
che per cagion del verno fosse sciolto lo assedio d'Auvergne. Perorò il
venerabil prelato, e finalmente ottenne la pace, ma a condizione che la
città suddetta d'Auvergne fosse ceduta amichevolmente a lui; se no, egli
minacciava maggiori ferite all'imperio di Occidente. Accuratamente fu
ciò osservato anche dal cardinal Baronio[2106], ancorchè Giordano[2107]
avesse scritto che i Visigoti costrinsero colla forza quella città alla
resa, dappoichè Ecdicio, vedendo di non poter più resistere,
coraggiosamente se ne ritirò con ridursi in luogo sicuro. Sembra poi che
solamente nell'anno susseguente quella città venisse in poter de'
Visigoti: del che si lamentò forte Sidonio vescovo della medesima.
NOTE:
[2088] Theoph., in Chronog.
[2089] Zonar., in Annal.
[2090] Cedren., in Histor.
[2091] Cyrillus apud Cotelerium, tom. 4 Monum. Graec.
[2092] Malala, in Chron.
[2093] Pagius, Crit. Baron.
[2094] Chron. Alexandr.
[2095] Suidas, verbo _Zeno_.
[2096] Surius, in vit. S. Daniel. Stilit.
[2097] Evagr., lib. 3, cap. 1.
[2098] Theoph., in Chronogr.
[2099] Jordan., de Regnor. success.
[2100] Idem, de Reb. Getic. cap. 45.
[2101] Mediob., Numism. Imp.
[2102] Chronologus Cuspiniani.
[2103] Sidon., lib. 3. ep. 7, et lib. 5, ep. 16.
[2104] Jordan., de Reb. Get., cap. 47.
[2105] Ennod., in Vit. S. Epiph. Ticin. Episc.
[2106] Baron., Annal. Eccl.
[2107] Jordan., de Reb. Get., cap. 45.
Anno di CRISTO CDLXXV. Indizione XIII.
SIMPLICIO papa 8.
ZENONE imperadore 2.
ROMOLO, ossia AUGUSTOLO, imperadore 1.
_Console_
FLAVIO ZENONE AUGUSTO per la seconda volta, senza collega.
Alle miserie della Gallia narrate di sopra si dee ora aggiugnere la
persecuzione fatta da _Enrico_ re de' Visigoti alla religion cattolica,
e descritta nel presente anno da Sidonio vescovo in una sua
lettera[2108] a _Basilio_ vescovo d'Aix, come va conghietturando il
padre Sirmondo. Racconta egli che il re barbaro, zelantissimo della sua
setta ariana, non già uccise i vescovi cattolici, come scrisse Gregorio
Turonense[2109], osservando il padre Pagi[2110] che il _summis
sacerdotibus morte truncatis_ di Sidonio, solamente s'ha da
interpretare, ch'erano morti di morte naturale, ma sì bene vietava che
si ordinassero i lor successori, di maniera che per mancanza di parrochi
e preti le chiese rimanevano serrate, e sulle porte di esse nascevano le
spine, e i popoli restavano defraudati de' sacramenti. Due vescovi
furono mandati in esilio; e toccò da lì a qualche tempo allo stesso
Sidonio la medesima disavventura, dalla quale nondimeno egli si rilevò
per intercessione di Leone questore dello stesso re Eurico. Intanto
nell'Italia, divenuta teatro di frequenti peripezie, avvenne che
_Nipote_ imperadore, volendo aver più vicino _Ecdicio_, valoroso
figliuolo del già Avito imperadore, di cui si è parlato nel precedente
anno, o per sospetti, o con disegno di rimunerarlo, il chiamò in Italia,
siccome narra Giordano istorico[2111], e in luogo suo destinò generale
d'armata nelle Gallie _Oreste_, creato prima patrizio, e che certamente
da lì a non molto si trova ornato di questa dignità. Costui vien
chiamato _di nazione Romano_ da Prisco istorico[2112], il quale cel
rappresenta spedito negli anni addietro ambasciatore a Costantinopoli da
Attila re degli Unni. E che questi fosse il medesimo, di cui ora
parliamo, ne fa fede il Cronologo[2113] pubblicato dal Valesio dopo
Ammiano Marcellino, con dire che allorchè Attila calò in Italia,
_Oreste_ si acconciò al di lui servigio per segretario delle lettere.
Dopo la morte di quel re barbaro tornato esso Oreste in Italia, si
avanzò ancora nel servigio degl'imperadori occidentali, tanto che giunse
nel presente anno a comandare l'armata ch'egli dovea condur seco nelle
Gallie. Vien costui appellato da Procopio, _uomo di singolar prudenza_.
Ora questo sì prudente, ma disleale personaggio, in vece di muoversi
alla volta delle Gallie, guadagnati ch'ebbe gli animi della maggior
parte de' soldati, rivolse l'armi contra del suo stesso signore e
benefattore. Per quanto scrive il Cronologo del Cuspiniano[2114], e
l'autore anonimo del Valesio[2115], _Nipote_ imperadore sorpreso da
questa frode si ritirò in Ravenna, e quivi da Oreste fu sì strettamente
assediato, che veggendo di non poter resistere, nel dì 28 d'agosto
giudicò meglio di fuggirsene per mare a Salona città della Dalmazia,
dove _Glicerio_ da lui deposto era dianzi ito ad empiere quella cattedra
episcopale. Di belle accoglienze si dovettero fare l'uno all'altro
questi due abbattuti Augusti. Era anche il suddetto Nipote dalmatino di
nazione, per attestato di Teofane[2116]; e però fu ben ricevuto dai suoi
nazionali, fra' quali, finchè potè, seguitò a signoreggiare. Aveva
_Oreste_ un figliuolo assai giovinetto per nome _Romolo_, e perciocchè
tutto andava a seconda de' suoi desiderii, il fece proclamare imperadore
in Ravenna nel dì 31 d'ottobre dell'anno presente. Questi è chiamato
dagli scrittori antichi _Augustolo_, credono alcuni per derisione a
cagion della sua tenera età. Pensano altri ch'egli, oltre al nome di
_Romolo_, portasse quello d'_Augusto_. Il Du-Cange[2117] rapporta una
medaglia con questa iscrizione. D. N. ROMVLVS AVGVSTVS P. F. AVG. Il
Goltzio[2118] ne dà un'altra con le seguenti lettere: D. N. AVGVSTVLVS
PERP. P. F. AVG.; ed un'altra con questa epigrafe: D. N. FL. MOMVL.
AUGVSTVLVS P. F. AVG. Si può con ragion sospettare, anzi credere, della
impostura in alcune di queste medaglie. L'anonimo del Valesio merita
probabilmente più fede, allorchè scrive che questo giovane, prima
d'essere innalzato al trono imperiale, era chiamato _Romolo_ dai suoi
genitori. Forse questo glorioso nome fu cambiato per ischerno dalla
gente in _Momolo_, e poscia in _Momillo_; o pure qualche testo corrotto
dei vecchi storici ha ingannato in ciò alcuni de' moderni scrittori.
Procopio[2119], all'incontro, c'insegna ch'egli avea nome _Augusto_, e
che i Romani per galanteria, a cagione della sua età, il chiamavano
_Augustolo_.
Circa questi tempi, per quanto si ricava da Malco[2120] e da Giordano
storici[2121], non però in tutto concordi, gli Ostrogoti abitanti nella
_Pannonia_ (il che è da notare, e vedremo anche Teoderico re d'Italia
appellar la Pannonia antica sede dei Goti) mossero guerra all'imperio
d'Oriente, con fare un'irruzione nella Mesia. Re di costoro era
_Teodemiro_, padre di quel _Teoderico_ Amalo che vedremo fra qualche
tempo re d'Italia. Aveva questo re dianzi condotto il suo esercito
contra gli Alamanni e Svevi della Germania, con devastar le loro
campagne, e trucidar qualunque se gli opponeva. Tornando poscia a casa
vittorioso, con sommo piacere accolse il figliuolo Teoderico, lasciato
ne' tempi addietro per ostaggio nella corte di Costantinopoli, e
rimandato a casa da Leone imperadore con dei magnifici regali. Era
allora Teoderico in età di dieciotto anni, ed innamorato sì fattamente
della guerra, che da lì a non molto, senza saputa del re suo padre,
raunato un corpo di seimila soldati, e passato il Danubio,
improvvisamente arrivò addosso a _Babai_ re dei Sarmati, principe
insuperbito per aver poco prima data una rotta a _Camondo_ duca dei
Romani; ed avendolo ucciso, con ricchissima preda se ne tornò a casa,
con aver tolta ai Sarmati la città di Singidono, occupata da essi ai
Romani, ch'egli seppe anche ritenere per sè. Ora Teodomiro accompagnato
dal figliuolo Teoderico ostilmente col suo esercito passò nella Mesia,
prese la città di Naisso, ed altri luoghi; s'impadronì della Tessalia,
di Eraclea e Larissa; e, passato più innanzi, pose l'assedio a
Tessalonica, ossia Solonichi. _Clariano_, o piuttosto _Ilariano_
patrizio, che era alla difesa di sì importante città, temendo di
soccombere, mandò dei doni a Teodemiro, e propose un trattato di pace,
in cui fu conchiuso che si scioglierebbe quell'assedio, e l'imperadore
concederebbe a quei Barbari una buona porzion di paese nella Tracia. Non
molto dopo venne a morte il re _Teodomiro_, e chiamati i suoi Goti alla
presenza e col consentimento di essi dichiarò suo successore Teoderico
suo figliuolo, principe di rara espettazione, le cui imprese
racconteremo a suo tempo. Ma qui non è molto sicura la Cronologia di
Giordano; perciocchè vedremo che la presa di Larissa succedette
nell'anno 481, Zenone imperadore in quest'anno a dì 15 d'ottobre fece
una molto lodevol legge[2122], ordinando che tutti i governatori e
giudici, terminato il lor magistrato, si fermassero per cinquanta giorni
nel luogo per fare il sindacato. Ma intanto esso imperadore seguitava a
sfoggiare nei vizii e ne' passatempi. Secondochè s'ha da Teofane[2123],
negò egli una grazia a _Verina Augusta_ sua suocera, che l'avea aiutato
a salire sul trono. Di più non vi volle, perchè ella pensasse a farnelo
discendere. Aspettato dunque il tempo che Zenone si trovava in Eraclea
città della Tracia, congiurata con vari senatori, fece svegliare da
_Basilisco_ suo fratello una sedizione in Costantinopoli, al cui avviso
Zenone, uomo effeminato e mancante di coraggio, se ne scappò in Soria
per mare, menando seco _Arianna Augusta_ sua moglie e una gran somma
d'oro, e si ritirò in un forte castello. Quivi anche tremando giudicò
meglio di rifugiarsi nella Isauria, dove il popolo della sua nazione gli
diede tutta la possibil sicurezza. La Cronica Alessandrina[2124] dice
ch'egli fuggì a Calcedone, e di là in Isauria, ed era allora tempo di
verno. Intanto _Basilisco_ fratello di Verina Augusta fu proclamato
imperadore, ed egli, dopo aver fatta coronare _Zenonida_, ossia
_Zenoida_, sua moglie, dichiarò _Cesare_, e poscia collega nell'imperio,
_Marco_ suo figliuolo, il quale negli editti pubblicati dal padre, e in
una medaglia, rapportata dal Chifflezio, si vede nominato col genitore,
ed ornato anch'esso col titolo d'imperadore. Rapporto io al presente
anno questo avvenimento, raccontato da tutti gli antichi scrittori,
quantunque io sappia che il Pagi lo riferisca all'anno susseguente. Ma
di ciò torneremo allora a parlare.
NOTE:
[2108] Sidon., lib. 7, cap. 6.
[2109] Gregor. Turonensis, lib. 2, cap. 25.
[2110] Pagius, Crit. Baron.
[2111] Jordan., de Reb. Getic., cap. 45.
[2112] Priscus, pag. 37, tom. 1 Hist. Byz.
[2113] Chronologus Valesii post Ammianum.
[2114] Chronologus Cuspiniani.
[2115] Anonymus Valesianus.
[2116] Theoph., in Chronogr.
[2117] Du-Cange, Famil. Byz., pag. 81.
[2118] Goltzius, in Numism.
[2119] Procop., de Bell. Goth., lib. 1, cap. 1.
[2120] Malch., in Hist. Byzant., tom. 1, pag. 75.
[2121] Jordan., de Reb. Get., cap. 55.
[2122] Cod. _ut Omnes_.
[2123] Theoph., in Chronogr.
[2124] Chron. Alexandr.
Anno di CRISTO CDLXXVI. Indiz. XIV.
SIMPLICIO papa 9.
ZENONE imperadore 3.
ODOACRE re 1.
_Consoli_
BASILISCO per la seconda volta ed ARMATO.
Amendue questi consoli sono orientali. _Basilisco_ vien creduto il
fratello di Verina Augusta. _Armato_, per testimonianza di
Teofane[2125], era nipote, e, secondo altri, cugino d'esso Basilisco.
L'autore della Miscella[2126] ci fa sapere che dopo essere stato creato
imperadore _Romolo Augustolo_, _Oreste_ patrizio suo padre spedì
ambasciatori a conchiudere una lega con Genserico re de' Vandali in
Africa. Ma ciò a nulla servì, perchè da un altro Barbaro venne la rovina
di lui e dell'imperadore suo figliuolo. E questi fu _Odoacre_ figliuolo
di Edicone, cioè, per quanto porta la verisimiglianza, di quel medesimo
che si trova annoverato da Prisco istorico[2127] fra i primi ministri
d'Attila, e chiamato _Scita_, cioè Tartaro di nazione. Da Giordano
storico[2128] egli ci vien rappresentato _natione Rugus_: e da Teofane è
detto di _stirpe gotica, ma allevato in Italia_. Nella vita di san
Severino[2129], scritta non lungi da questi tempi da Eugippio, egli vien
nominato _Odobagar_, _Otachar_ e _Odachar_. Come e perchè movesse
Odoacre contra d'Augustolo questa sì fiera tempesta, non si può ricavar
chiaro dalla storia antica. Il suddetto Giordano e l'autore della
Miscella scrivono ch'egli dall'ultimo confine della Pannonia (e pur di
questa abbiam detto ch'erano allora padroni i Goti) calò in Italia con
un formidabile esercito d'Eruli, Turcilingi, Rugi, Sciti, ed altri
popoli ausilarii; e passando pel Norico volle abboccarsi con san
Severino apostolo di quelle contrade, che era in fama di gran santità,
da cui gli fu predetto quanto poscia accadde. È narrato questo fatto
anche dal suddetto Eugippio nella vita del medesimo santo.
Verisimilmente Odoacre invitato dagli amici di Nipote, e tratto dalla
fama di tante mutazioni, che sommamente avevano indebolito l'imperio
romano d'Occidente, si mosse colla speranza di farne egli stesso il
conquisto. Ma Teofane, siccome abbiam detto, attesta che Odoacre era
_allevato in Italia_; e Procopio aggiugne[2130] che costui militava in
Italia fra le _guardie del corpo_ degl'imperadori. E perciocchè prima i
Romani aveano preso al loro servigio una gran moltitudine di Barbari,
Sciti, Alani e Goti, con vergogna e danno dell'imperio stesso, avvenne
che essi Barbari insuperbiti, conoscendo il loro forte, e qual contrada
fosse questa, e come erano inviliti gl'Italiani, cominciarono a
pretendere una terza parte dei terreni dell'Italia per loro
sostentamento. Oreste si oppose a tal pretensione; laonde i medesimi
elessero per loro capo _Odoacre_, che spogliò poi Oreste della vita, e
suo figliuolo dell'imperio. Quando ciò fosse stato, sarebbe da credere
che Odoacre fosse passato dall'Italia nella Pannonia, da dove poi, per
rinforzare i Barbari di Italia, fosse ritornato, conducendo seco una
ciurma sterminata di varie altre nazioni, tutte ansanti a far bottino in
questi paesi, non rade volte infelici, perchè troppo felici.
Comunque sia, giunto in Italia con sì grande sforzo di gente Odoacre,
senza trovar opposizione, s'incamminò verso la fertile Liguria, cioè
verso Milano. Oreste patrizio, raunata quanta gente potè, s'era postato
all'Adda, probabilmente verso Lodi, per contrastargli il passo; ma
conosciute troppo superiori le forze de' Barbari, e trovandosi anche
abbandonato da molti dei suoi, ritirossi a Ticino, cioè a Pavia, città
assai forte, sperando quivi un asilo sicuro. Sopraggiunse Odoacre, ed
assediata la città, la espugnò finalmente, e ne permise il sacco ai
soldati, che fecero prigioni i cittadini e diedero alle fiamme le chiese
e le case, facendo un terribil falò di tutte le abitazioni.
Ennodio[2131] è quello che descrive così fiera tragedia. Venuto in
quella occasione alle mani di Odoacre _Oreste_ patrizio, parve che
avesse da avere salva la vita; ma condotto a Piacenza, quivi nel dì 28
d'agosto fu ucciso[2132]. Marciò di poi il vittorioso esercito alla
volta di Ravenna. Era quivi _Paolo_ fratello d'Oreste, e questi ancora
preso nella Pigneta fuori di Classe, restò vittima del furore barbarico
nel dì 4 di settembre. Entrò Odoacre in Ravenna, e continuato il
viaggio, niuna difficoltà trovò ad entrare anche in Roma. Nell'una di
queste due città colse _Augustolo_; ma mosso a compassione della di lui
tenera età, ricordevole ancora della amicizia passata in addietro con
Oreste di lui padre, non solamente gli salvò la vita, ma fattogli un
assegno di seimila soldi d'oro, il confinò in un castello della
Campania, appellato Lucullano, acciocchè quivi liberamente vivesse _co'
suoi parenti_: parole dell'Anonimo Valesiano[2133], indicanti che suo
padre fosse nativo di quelle contrade. Così, secondo la osservazion
degli antichi, l'imperio romano cominciato da Romolo, e stabilito da
Augusto, terminò in questo infelice Romolo ed Augustolo. Si diffuse poi
per l'Italia tutta l'armata barbarica. La maggior parte delle città aprì
senza farsi pregare le porte; e quelle che vollero far resistenza,
pagarono il fio della loro arditezza colla morte degli abitanti, e con
divenir elle smantellate ed uguagliate al suolo. Così divenne Odoacre in
poco tempo signore e re di tutta l'Italia. Per tale, se crediamo
all'Anonimo Valesiano, fu egli riconosciuto nel dì 25 d'agosto, cioè
dopo essersi impadronito di Milano e Pavia. Ma con più formalità dovette
ciò avvenire, allorchè ebbe deposto Augustolo, e l'armi sue furono
entrate in Roma. Non volle egli titolo d'imperador d'Occidente, per
riverenza a Zenone imperador d'Oriente, premendogli di non disgustarlo.
Anzi vedremo fra poco che egli sul principio, per quanto si raccoglie da
Malco istorico[2134], mostrava intenzione di contentarsi del solo titolo
di _patrizio_, e di governar questi paesi a nome dell'imperadore
suddetto. Ma egli da lì innanzi signoreggiò qual re, e dagli scrittori
ancora è chiamato re; se non che sappiamo da Cassiodoro[2135] ch'egli
non usò mai di portare la porpora, nè le altre insegne reali. E perciò
non si veggono medaglie o monete battute da lui in onor suo. Nè resta
legge o costituzione fatta da lui. Sembra ancora verisimile ch'egli si
dichiarasse subordinato a Zenone imperadore, e il riguardasse come suo
sovrano, e però tenesse in freno la propria autorità e potenza. Fece la
sua residenza in Ravenna[2136], città splendidissima allora e molto
ricca e forte. E perciocchè gli stava a cuore d'aver anche sotto il suo
dominio la Sicilia, che allora ubbidiva al tiranno dell'Africa, cioè a
Genserico re de' Vandali, trattò, per attestato di Vittore
Vitense[2137], con esso Genserico, e l'indusse a cedergliela, a riserva
d'una parte, con promettere di pagargli ogni anno un certo tributo. Per
altro Odoacre, tuttochè di setta ariano, niuna novità fece in
pregiudizio della religion cattolica, nè molestò i vescovi o le chiese
dei cattolici; anzi si mostrò amorevole ed indulgente verso di loro,
come si ricava da Ennodio nella vita di sant'Epifanio. Contuttociò seguì
una non lieve mutazione in Italia a cagione di questi nuovi ospiti,
conquistatori della terra; perciocchè attesta Procopio[2138] che a tanti
Barbari in premio della vittoria, e pel loro sostentamento, bisognò
assegnar la terza parte dei beni che possedevano gl'Italiani.
In quest'anno poi, siccome ho accennato di sopra, il padre Pagi[2139]
pretende che _circa il fine di gennaio_ Zenone Augusto fosse obbligato
alla fuga dal suddetto Basilisco, il quale si fece tosto proclamar
imperadore. Aggiugne che circa il mese d'agosto dell'anno susseguente
477 terminò la tirannia di Basilisco, con risalire sul trono il già
fuggito Zenone. Può esser stato così, ma si vuol qui confessare un
grande imbroglio nelle storie intorno al tempo di questo avvenimento. Io
non mi attribuisco di poter colpire nel vero; tuttavia dirò non essere
già certa la sentenza del padre Pagi, e portar io opinione, o almeno non
lieve sospetto, che nel gennaio del precedente anno 475 Basilisco
usurpasse la corona d'Oriente, e che egli, prima che terminasse lo
stesso anno 475, decadesse, con essere rimesso sul trono Zenone Augusto.
I motivi di questa mia opinione sono i seguenti. Noi abbiamo una legge
data da Zenone Augusto[2140] nel dì primo di gennaio dell'anno 476, e
similmente un'altra promulgata dal medesimo imperadore _X halendas
martias Basilio II et Armasio coss._[2141], cioè nell'anno presente,
quantunque sia alquanto sfigurato il nome di questi consoli, dovendo
essere _Basilisco et Armato coss._ Adunque nel febbraio del 476, e non
già nell'agosto del 477, come vuole il padre Pagi, dovea essere
ritornato in Costantinopoli Zenone, ed avere ripigliato il governo. E se
di qui talun volesse inferire che in esso febbraio del 476 non dovea
essere per anche seguita l'intronizzazione di Basilisco, s'ha osservare
una altra legge[2142] data da esso Zenone _XVIII Kalendas januarii
Armatio V. C._, cioè nel presente anno ai quindici di dicembre. Questa
ci fa vedere rimontato già sul trono Zenone prima che termini l'anno
476, e non già nell'agosto del 477. Accortosi di ciò il padre Pagi,
pretende che sia scorretta quella data, e vi s'abbia a leggere _post
consulatum Armatii V. C._ Ma se è stato lecito al padre Pagi
l'acconciare colla sua sentenza i testi, sarà permesso anche a noi la
libertà medesima, con dire che l'epistola ottava di _Simplicio
papa_[2143], scritta a Zenone Augusto, in cui si congratula del trono
ricuperato, e che è data _VIII idus octobris P. C. Basilisci et Armati_,
si dee correggere con iscrivere _Basilisco et Armato coss._ Potè Zenone
Augusto tardar molto a significare al romano pontefice il suo
ristabilimento e la sua buona disposizione in favor della Chiesa
cattolica. Notisi ora l'epistola quarta del medesimo papa Simplicio,
scritta con zelo degno d'un pontefice romano, non già a _Zenone
Augusto_, come saggiamente ha osservato lo stesso Pagi, ma sì bene a
_Basilisco Augusto_. Essa è data _Quarto idus januarii, Basilisco
Augusto consule_, cioè nel presente anno 476; e da essa apparisce che
già Timoteo Eluro, usurpatore della chiesa patriarcale d'Alessandria,
dall'esilio era ritornato ad occupar la medesima, e di là era passato a
Costantinopoli. Ma se nel _gennaio_ del 476, come vuole il padre Pagi,
_Basilisco_ s'intruse nell'imperio d'Oriente, come potè papa Simplicio
scrivere a lui sul principio d'esso _gennaio_ del 476, se non potea per
anche aver intesa la nuova delle mutazion dell'Augusto, e molto men
quella dello ristabilimento dell'empio Timoteo? Ancor qui il padre Pagi
acconcia la data, con dire che s'ha da scrivere _IV idus junias_, e non
_januarias_. Ma lasciando nel suo essere quella data, vien essa ad
accordarsi col proposto sospetto che nel 475 Basilisco usurpasse la
corona d'Oriente, e ne fosse spogliato prima che terminasse l'anno
stesso; il che non essendo per anche venuto a notizia di papa Simplicio
sul principio di gennaio dell'anno presente 476, potè perciò scrivere ad
esso Basilisco per pregarlo di rimediare all'insolenza di Timoteo Eluro.
Il padre Labbe e lo stesso Pagi credono che nella data della lettera
quarta suddetta si debba leggere _Basilisco et Armato coss._, e che
perciò essa appartenga all'anno presente.
Ma quello che principalmente fa a me credere ben fondata la da me
proposta opinione, si è che Malco rettorico[2144] e storico forse il più
vicino di tutti a questi tempi, e lodato molto da Fozio, ha conservato,
negli Estratti che restano, una particolarità degna di molto riguardo in
questo proposito, che servirà ancora ad illustrar le cose d'Occidente.
Scrive egli che _Augusto_, ossia Augustolo, _figliuolo di Oreste_,
appena ebbe inteso che _Zenone_ avea ricuperato l'imperio d'Oriente, con
cacciarne Basilisco, che _obbligò il senato romano a spedirgli
un'ambasceria_, con rappresentargli che bastava un solo imperadore. E
che esso senato avea preso Odoacre persona attissima alla difesa
dell'imperio d'Occidente, perchè di gran valore e scienza politica;
pregando perciò Zenone di volere ornar costui colla dignità del
patriziato. Nello stesso tempo _Nipote_ fuggito in Dalmazia, e che in
quelle parti seguitava a farla da imperadore, spedì anch'egli suoi
ambasciatori a Zenone per congratularsi della ricuperata corona, e per
supplicarlo, che avendo esso Zenone provata la calamità che era toccata
ad esso Nipote, volesse aver compassione di lui, ed aiutarlo a
ricuperare il perduto imperio. Zenone propose l'affare in senato, e fu
risoluto di dar favore a _Nipote_, sì perchè _Verina Augusta_ era
parente della di lui moglie, e sì perchè le disavventure accadute a
Zenone il movevano a commiserar lo stato dell'altro. Fu anche
determinato che Odoacre prendesse dalle mani di _Nipote Augusto_ la
dignità del patriziato, benchè poi Zenone, in iscrivendo ad Odoacre, gli
desse egli il titolo di patrizio. Così Malco rettorico. Ciò posto,
convien ricordare che _Augustolo_, fatto imperador d'Occidente nel dì 31
di ottobre dell'anno 475, regnò fino al dì 25 d'agosto dell'anno 476. In
questo tempo di mezzo bisogna che seguisse la spedizione de' legati a
Costantinopoli a Zenone, il quale era già ritornato sul trono, e tal
nuova era già pervenuta a Roma, benchè tanto lontana. Si scorge ancora
che poco dovea essere che Odoacre avea occupata l'Italia e Roma, con
cercare la grazia e l'approvazione del suo governo dall'imperadore
d'Oriente; e per conseguente convien credere che Zenone cadesse dal
trono nell'anno 475, e che prima del fine d'esso anno vi risalisse
coll'abbassamento di Basilisco, e che in questo medesimo anno andassero
a trovarlo le ambascerie del senato romano e di Nipote rifugiato in
Dalmazia, e non già ch'egli decadesse nell'anno 476, e risorgesse
nell'agosto del 477. In fatti Marcellino conte[2145] mette la caduta di
Zenone e l'usurpazione di Basilisco nell'anno 475. Teofane[2146]
anch'egli, tuttochè citato per la sua opinione dal padre Pagi, pure è
contro di lui, e favorevole all'opinione proposta; giacchè egli
riferisce il fatto nell'anno primo di Zenone, ed immediatamente dopo la
morte di Leone juniore Augusto. Oltre di che, Niceforo[2147] attesta
anch'egli che Zenone poco tempo dopo avere ottenuta la dignità
imperiale, ne fu spossessato da Basilisco, e però nell'anno 475. Lo
stesso si ricava da Cedreno[2148] e da Joele cronografo[2149], stampato
dopo Giorgio Acropolita. Però contra di questa opinione non ha da aver
forza la Cronica Alessandrina citata dal Pagi, perchè troppo fallace
nella cronologia, e nè pur concorde con esso lui in quel sito. Puossi
bensì opporre che i consoli del presente anno 476 furono _Basilisco_ il
tiranno ed _Armato_, e conseguentemente non potè nelle calende di
gennajo di questo essere stato rimesso in trono Zenone. Ma si risponde
che quel _Basilisco_ console potè non essere il tiranno; ed esso in
fatti è nominato semplicemente _Basilisco_ senza la giunta d'_Augusto_ o
di D. N., cioè _domino nostro_. Potrebbe dunque _Basilisco_ console in
quest'anno essere stato il figliuolo di _Armato_, che Zenone creò
_Cesare_, secondo l'attestato degli antichi storici, in esecuzione della
promessa fatta ad Armato suo il padre, per tirarlo al suo partito. Ed
egli precede il padre, perchè di maggior dignità. Quel solo che
ragionevolmente può qui far opposizione, si è, che Procopio[2150] e
Vittor Turonense[2151] scrivono durata la tirannia di Basilisco _un anno
ed otto mesi_; ed Evagrio _due anni_. Teofane la stende fino a _tre
anni_. Ma questa medesima discordia fa conoscere che per conto del tempo
d'essa tirannia non abbiamo una autorità sicura; ed uno può aver
fallato, e gli altri averlo seguitato. Finalmente se non è certo il
quando Basilisco, spezialmente a cagione della guerra fatta alla Chiesa
cattolica, fosse cacciato, può almen parere convenevolmente mostrato il
quando egli occupò l'imperio, cioè l'anno 475, e non già il 476, come
pretende il padre Pagi. Nè io aggiugnerò altro intorno alle iniquità di
Basilisco, e agli affari della Chiesa, e al terribile incendio succeduto
sotto di lui in Costantinopoli, potendosi intorno a ciò consultare il
cardinale Baronio[2152]. Basterà sapere che Zenone seppe guadagnare i
capitani di Basilisco, e ritornar sul trono d'Oriente. Levato con molte
promesse dalla chiesa, in cui s'era rifugiato, fu poi barbaramente fatto
morir di fame in una prigione colla moglie e co' figliuoli.
NOTE:
[2125] Theoph., in Chronogr.
[2126] Histor. Miscell., tom. 1 Rer. Italic.
[2127] Priscus, tom. 1 Hist. Byz., pag. 37 et seq.
[2128] Jordan., de Regnor. Success.
[2129] Vita s. Severini, in Act. SS. Boland. ad diem 8 januar.
[2130] Procop., lib. 1, cap. 1 de Bell. Goth.
[2131] Ennod. in Vita S. Epiphanii.
[2132] Chronologus Cuspiniani.
[2133] Anonymus Vales.
[2134] Malch., tom. 1. Hist. Byz.
[2135] Cassiod., in Chron.
[2136] Theoph., in Chronogr.
[2137] Victor Vitensis, lib. 1 de Persecut.
[2138] Procop., lib. 1 cap. 1 de Bell. Goth.
[2139] Pagius, Crit. Baron.
[2140] L. 28, C. de Jure dotium.
[2141] L. 5, Cod. de naturalib. liberis.
[2142] L. 16, C. de sacros. Eccl.
[2143] Labbe, Concilior., tom. 4.
[2144] Malch., Hist. Byzant., tom. 1, pag. 93.
[2145] Marcell. Comes, in Chron.
[2146] Theoph., in Chronogr.
[2147] Niceph., lib. 16, cap. 2.
[2148] Cedrenus, in Chron.
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