🕥 32 minut uku

Annali d'Italia, vol. 2 - 45

Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
Süzlärneñ gomumi sanı 4192
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1514
38.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
54.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
62.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
  Ennodio[2105]. Andò il santo vescovo, e trovò Enrico in Tolosa, e pare
  che per cagion del verno fosse sciolto lo assedio d'Auvergne. Perorò il
  venerabil prelato, e finalmente ottenne la pace, ma a condizione che la
  città suddetta d'Auvergne fosse ceduta amichevolmente a lui; se no, egli
  minacciava maggiori ferite all'imperio di Occidente. Accuratamente fu
  ciò osservato anche dal cardinal Baronio[2106], ancorchè Giordano[2107]
  avesse scritto che i Visigoti costrinsero colla forza quella città alla
  resa, dappoichè Ecdicio, vedendo di non poter più resistere,
  coraggiosamente se ne ritirò con ridursi in luogo sicuro. Sembra poi che
  solamente nell'anno susseguente quella città venisse in poter de'
  Visigoti: del che si lamentò forte Sidonio vescovo della medesima.
  NOTE:
  [2088] Theoph., in Chronog.
  [2089] Zonar., in Annal.
  [2090] Cedren., in Histor.
  [2091] Cyrillus apud Cotelerium, tom. 4 Monum. Graec.
  [2092] Malala, in Chron.
  [2093] Pagius, Crit. Baron.
  [2094] Chron. Alexandr.
  [2095] Suidas, verbo _Zeno_.
  [2096] Surius, in vit. S. Daniel. Stilit.
  [2097] Evagr., lib. 3, cap. 1.
  [2098] Theoph., in Chronogr.
  [2099] Jordan., de Regnor. success.
  [2100] Idem, de Reb. Getic. cap. 45.
  [2101] Mediob., Numism. Imp.
  [2102] Chronologus Cuspiniani.
  [2103] Sidon., lib. 3. ep. 7, et lib. 5, ep. 16.
  [2104] Jordan., de Reb. Get., cap. 47.
  [2105] Ennod., in Vit. S. Epiph. Ticin. Episc.
  [2106] Baron., Annal. Eccl.
  [2107] Jordan., de Reb. Get., cap. 45.
  
  
   Anno di CRISTO CDLXXV. Indizione XIII.
   SIMPLICIO papa 8.
   ZENONE imperadore 2.
   ROMOLO, ossia AUGUSTOLO, imperadore 1.
  _Console_
  FLAVIO ZENONE AUGUSTO per la seconda volta, senza collega.
  
  Alle miserie della Gallia narrate di sopra si dee ora aggiugnere la
  persecuzione fatta da _Enrico_ re de' Visigoti alla religion cattolica,
  e descritta nel presente anno da Sidonio vescovo in una sua
  lettera[2108] a _Basilio_ vescovo d'Aix, come va conghietturando il
  padre Sirmondo. Racconta egli che il re barbaro, zelantissimo della sua
  setta ariana, non già uccise i vescovi cattolici, come scrisse Gregorio
  Turonense[2109], osservando il padre Pagi[2110] che il _summis
  sacerdotibus morte truncatis_ di Sidonio, solamente s'ha da
  interpretare, ch'erano morti di morte naturale, ma sì bene vietava che
  si ordinassero i lor successori, di maniera che per mancanza di parrochi
  e preti le chiese rimanevano serrate, e sulle porte di esse nascevano le
  spine, e i popoli restavano defraudati de' sacramenti. Due vescovi
  furono mandati in esilio; e toccò da lì a qualche tempo allo stesso
  Sidonio la medesima disavventura, dalla quale nondimeno egli si rilevò
  per intercessione di Leone questore dello stesso re Eurico. Intanto
  nell'Italia, divenuta teatro di frequenti peripezie, avvenne che
  _Nipote_ imperadore, volendo aver più vicino _Ecdicio_, valoroso
  figliuolo del già Avito imperadore, di cui si è parlato nel precedente
  anno, o per sospetti, o con disegno di rimunerarlo, il chiamò in Italia,
  siccome narra Giordano istorico[2111], e in luogo suo destinò generale
  d'armata nelle Gallie _Oreste_, creato prima patrizio, e che certamente
  da lì a non molto si trova ornato di questa dignità. Costui vien
  chiamato _di nazione Romano_ da Prisco istorico[2112], il quale cel
  rappresenta spedito negli anni addietro ambasciatore a Costantinopoli da
  Attila re degli Unni. E che questi fosse il medesimo, di cui ora
  parliamo, ne fa fede il Cronologo[2113] pubblicato dal Valesio dopo
  Ammiano Marcellino, con dire che allorchè Attila calò in Italia,
  _Oreste_ si acconciò al di lui servigio per segretario delle lettere.
  Dopo la morte di quel re barbaro tornato esso Oreste in Italia, si
  avanzò ancora nel servigio degl'imperadori occidentali, tanto che giunse
  nel presente anno a comandare l'armata ch'egli dovea condur seco nelle
  Gallie. Vien costui appellato da Procopio, _uomo di singolar prudenza_.
  Ora questo sì prudente, ma disleale personaggio, in vece di muoversi
  alla volta delle Gallie, guadagnati ch'ebbe gli animi della maggior
  parte de' soldati, rivolse l'armi contra del suo stesso signore e
  benefattore. Per quanto scrive il Cronologo del Cuspiniano[2114], e
  l'autore anonimo del Valesio[2115], _Nipote_ imperadore sorpreso da
  questa frode si ritirò in Ravenna, e quivi da Oreste fu sì strettamente
  assediato, che veggendo di non poter resistere, nel dì 28 d'agosto
  giudicò meglio di fuggirsene per mare a Salona città della Dalmazia,
  dove _Glicerio_ da lui deposto era dianzi ito ad empiere quella cattedra
  episcopale. Di belle accoglienze si dovettero fare l'uno all'altro
  questi due abbattuti Augusti. Era anche il suddetto Nipote dalmatino di
  nazione, per attestato di Teofane[2116]; e però fu ben ricevuto dai suoi
  nazionali, fra' quali, finchè potè, seguitò a signoreggiare. Aveva
  _Oreste_ un figliuolo assai giovinetto per nome _Romolo_, e perciocchè
  tutto andava a seconda de' suoi desiderii, il fece proclamare imperadore
  in Ravenna nel dì 31 d'ottobre dell'anno presente. Questi è chiamato
  dagli scrittori antichi _Augustolo_, credono alcuni per derisione a
  cagion della sua tenera età. Pensano altri ch'egli, oltre al nome di
  _Romolo_, portasse quello d'_Augusto_. Il Du-Cange[2117] rapporta una
  medaglia con questa iscrizione. D. N. ROMVLVS AVGVSTVS P. F. AVG. Il
  Goltzio[2118] ne dà un'altra con le seguenti lettere: D. N. AVGVSTVLVS
  PERP. P. F. AVG.; ed un'altra con questa epigrafe: D. N. FL. MOMVL.
  AUGVSTVLVS P. F. AVG. Si può con ragion sospettare, anzi credere, della
  impostura in alcune di queste medaglie. L'anonimo del Valesio merita
  probabilmente più fede, allorchè scrive che questo giovane, prima
  d'essere innalzato al trono imperiale, era chiamato _Romolo_ dai suoi
  genitori. Forse questo glorioso nome fu cambiato per ischerno dalla
  gente in _Momolo_, e poscia in _Momillo_; o pure qualche testo corrotto
  dei vecchi storici ha ingannato in ciò alcuni de' moderni scrittori.
  Procopio[2119], all'incontro, c'insegna ch'egli avea nome _Augusto_, e
  che i Romani per galanteria, a cagione della sua età, il chiamavano
  _Augustolo_.
  Circa questi tempi, per quanto si ricava da Malco[2120] e da Giordano
  storici[2121], non però in tutto concordi, gli Ostrogoti abitanti nella
  _Pannonia_ (il che è da notare, e vedremo anche Teoderico re d'Italia
  appellar la Pannonia antica sede dei Goti) mossero guerra all'imperio
  d'Oriente, con fare un'irruzione nella Mesia. Re di costoro era
  _Teodemiro_, padre di quel _Teoderico_ Amalo che vedremo fra qualche
  tempo re d'Italia. Aveva questo re dianzi condotto il suo esercito
  contra gli Alamanni e Svevi della Germania, con devastar le loro
  campagne, e trucidar qualunque se gli opponeva. Tornando poscia a casa
  vittorioso, con sommo piacere accolse il figliuolo Teoderico, lasciato
  ne' tempi addietro per ostaggio nella corte di Costantinopoli, e
  rimandato a casa da Leone imperadore con dei magnifici regali. Era
  allora Teoderico in età di dieciotto anni, ed innamorato sì fattamente
  della guerra, che da lì a non molto, senza saputa del re suo padre,
  raunato un corpo di seimila soldati, e passato il Danubio,
  improvvisamente arrivò addosso a _Babai_ re dei Sarmati, principe
  insuperbito per aver poco prima data una rotta a _Camondo_ duca dei
  Romani; ed avendolo ucciso, con ricchissima preda se ne tornò a casa,
  con aver tolta ai Sarmati la città di Singidono, occupata da essi ai
  Romani, ch'egli seppe anche ritenere per sè. Ora Teodomiro accompagnato
  dal figliuolo Teoderico ostilmente col suo esercito passò nella Mesia,
  prese la città di Naisso, ed altri luoghi; s'impadronì della Tessalia,
  di Eraclea e Larissa; e, passato più innanzi, pose l'assedio a
  Tessalonica, ossia Solonichi. _Clariano_, o piuttosto _Ilariano_
  patrizio, che era alla difesa di sì importante città, temendo di
  soccombere, mandò dei doni a Teodemiro, e propose un trattato di pace,
  in cui fu conchiuso che si scioglierebbe quell'assedio, e l'imperadore
  concederebbe a quei Barbari una buona porzion di paese nella Tracia. Non
  molto dopo venne a morte il re _Teodomiro_, e chiamati i suoi Goti alla
  presenza e col consentimento di essi dichiarò suo successore Teoderico
  suo figliuolo, principe di rara espettazione, le cui imprese
  racconteremo a suo tempo. Ma qui non è molto sicura la Cronologia di
  Giordano; perciocchè vedremo che la presa di Larissa succedette
  nell'anno 481, Zenone imperadore in quest'anno a dì 15 d'ottobre fece
  una molto lodevol legge[2122], ordinando che tutti i governatori e
  giudici, terminato il lor magistrato, si fermassero per cinquanta giorni
  nel luogo per fare il sindacato. Ma intanto esso imperadore seguitava a
  sfoggiare nei vizii e ne' passatempi. Secondochè s'ha da Teofane[2123],
  negò egli una grazia a _Verina Augusta_ sua suocera, che l'avea aiutato
  a salire sul trono. Di più non vi volle, perchè ella pensasse a farnelo
  discendere. Aspettato dunque il tempo che Zenone si trovava in Eraclea
  città della Tracia, congiurata con vari senatori, fece svegliare da
  _Basilisco_ suo fratello una sedizione in Costantinopoli, al cui avviso
  Zenone, uomo effeminato e mancante di coraggio, se ne scappò in Soria
  per mare, menando seco _Arianna Augusta_ sua moglie e una gran somma
  d'oro, e si ritirò in un forte castello. Quivi anche tremando giudicò
  meglio di rifugiarsi nella Isauria, dove il popolo della sua nazione gli
  diede tutta la possibil sicurezza. La Cronica Alessandrina[2124] dice
  ch'egli fuggì a Calcedone, e di là in Isauria, ed era allora tempo di
  verno. Intanto _Basilisco_ fratello di Verina Augusta fu proclamato
  imperadore, ed egli, dopo aver fatta coronare _Zenonida_, ossia
  _Zenoida_, sua moglie, dichiarò _Cesare_, e poscia collega nell'imperio,
  _Marco_ suo figliuolo, il quale negli editti pubblicati dal padre, e in
  una medaglia, rapportata dal Chifflezio, si vede nominato col genitore,
  ed ornato anch'esso col titolo d'imperadore. Rapporto io al presente
  anno questo avvenimento, raccontato da tutti gli antichi scrittori,
  quantunque io sappia che il Pagi lo riferisca all'anno susseguente. Ma
  di ciò torneremo allora a parlare.
  NOTE:
  [2108] Sidon., lib. 7, cap. 6.
  [2109] Gregor. Turonensis, lib. 2, cap. 25.
  [2110] Pagius, Crit. Baron.
  [2111] Jordan., de Reb. Getic., cap. 45.
  [2112] Priscus, pag. 37, tom. 1 Hist. Byz.
  [2113] Chronologus Valesii post Ammianum.
  [2114] Chronologus Cuspiniani.
  [2115] Anonymus Valesianus.
  [2116] Theoph., in Chronogr.
  [2117] Du-Cange, Famil. Byz., pag. 81.
  [2118] Goltzius, in Numism.
  [2119] Procop., de Bell. Goth., lib. 1, cap. 1.
  [2120] Malch., in Hist. Byzant., tom. 1, pag. 75.
  [2121] Jordan., de Reb. Get., cap. 55.
  [2122] Cod. _ut Omnes_.
  [2123] Theoph., in Chronogr.
  [2124] Chron. Alexandr.
  
  
   Anno di CRISTO CDLXXVI. Indiz. XIV.
   SIMPLICIO papa 9.
   ZENONE imperadore 3.
   ODOACRE re 1.
  _Consoli_
  BASILISCO per la seconda volta ed ARMATO.
  
  Amendue questi consoli sono orientali. _Basilisco_ vien creduto il
  fratello di Verina Augusta. _Armato_, per testimonianza di
  Teofane[2125], era nipote, e, secondo altri, cugino d'esso Basilisco.
  L'autore della Miscella[2126] ci fa sapere che dopo essere stato creato
  imperadore _Romolo Augustolo_, _Oreste_ patrizio suo padre spedì
  ambasciatori a conchiudere una lega con Genserico re de' Vandali in
  Africa. Ma ciò a nulla servì, perchè da un altro Barbaro venne la rovina
  di lui e dell'imperadore suo figliuolo. E questi fu _Odoacre_ figliuolo
  di Edicone, cioè, per quanto porta la verisimiglianza, di quel medesimo
  che si trova annoverato da Prisco istorico[2127] fra i primi ministri
  d'Attila, e chiamato _Scita_, cioè Tartaro di nazione. Da Giordano
  storico[2128] egli ci vien rappresentato _natione Rugus_: e da Teofane è
  detto di _stirpe gotica, ma allevato in Italia_. Nella vita di san
  Severino[2129], scritta non lungi da questi tempi da Eugippio, egli vien
  nominato _Odobagar_, _Otachar_ e _Odachar_. Come e perchè movesse
  Odoacre contra d'Augustolo questa sì fiera tempesta, non si può ricavar
  chiaro dalla storia antica. Il suddetto Giordano e l'autore della
  Miscella scrivono ch'egli dall'ultimo confine della Pannonia (e pur di
  questa abbiam detto ch'erano allora padroni i Goti) calò in Italia con
  un formidabile esercito d'Eruli, Turcilingi, Rugi, Sciti, ed altri
  popoli ausilarii; e passando pel Norico volle abboccarsi con san
  Severino apostolo di quelle contrade, che era in fama di gran santità,
  da cui gli fu predetto quanto poscia accadde. È narrato questo fatto
  anche dal suddetto Eugippio nella vita del medesimo santo.
  Verisimilmente Odoacre invitato dagli amici di Nipote, e tratto dalla
  fama di tante mutazioni, che sommamente avevano indebolito l'imperio
  romano d'Occidente, si mosse colla speranza di farne egli stesso il
  conquisto. Ma Teofane, siccome abbiam detto, attesta che Odoacre era
  _allevato in Italia_; e Procopio aggiugne[2130] che costui militava in
  Italia fra le _guardie del corpo_ degl'imperadori. E perciocchè prima i
  Romani aveano preso al loro servigio una gran moltitudine di Barbari,
  Sciti, Alani e Goti, con vergogna e danno dell'imperio stesso, avvenne
  che essi Barbari insuperbiti, conoscendo il loro forte, e qual contrada
  fosse questa, e come erano inviliti gl'Italiani, cominciarono a
  pretendere una terza parte dei terreni dell'Italia per loro
  sostentamento. Oreste si oppose a tal pretensione; laonde i medesimi
  elessero per loro capo _Odoacre_, che spogliò poi Oreste della vita, e
  suo figliuolo dell'imperio. Quando ciò fosse stato, sarebbe da credere
  che Odoacre fosse passato dall'Italia nella Pannonia, da dove poi, per
  rinforzare i Barbari di Italia, fosse ritornato, conducendo seco una
  ciurma sterminata di varie altre nazioni, tutte ansanti a far bottino in
  questi paesi, non rade volte infelici, perchè troppo felici.
  Comunque sia, giunto in Italia con sì grande sforzo di gente Odoacre,
  senza trovar opposizione, s'incamminò verso la fertile Liguria, cioè
  verso Milano. Oreste patrizio, raunata quanta gente potè, s'era postato
  all'Adda, probabilmente verso Lodi, per contrastargli il passo; ma
  conosciute troppo superiori le forze de' Barbari, e trovandosi anche
  abbandonato da molti dei suoi, ritirossi a Ticino, cioè a Pavia, città
  assai forte, sperando quivi un asilo sicuro. Sopraggiunse Odoacre, ed
  assediata la città, la espugnò finalmente, e ne permise il sacco ai
  soldati, che fecero prigioni i cittadini e diedero alle fiamme le chiese
  e le case, facendo un terribil falò di tutte le abitazioni.
  Ennodio[2131] è quello che descrive così fiera tragedia. Venuto in
  quella occasione alle mani di Odoacre _Oreste_ patrizio, parve che
  avesse da avere salva la vita; ma condotto a Piacenza, quivi nel dì 28
  d'agosto fu ucciso[2132]. Marciò di poi il vittorioso esercito alla
  volta di Ravenna. Era quivi _Paolo_ fratello d'Oreste, e questi ancora
  preso nella Pigneta fuori di Classe, restò vittima del furore barbarico
  nel dì 4 di settembre. Entrò Odoacre in Ravenna, e continuato il
  viaggio, niuna difficoltà trovò ad entrare anche in Roma. Nell'una di
  queste due città colse _Augustolo_; ma mosso a compassione della di lui
  tenera età, ricordevole ancora della amicizia passata in addietro con
  Oreste di lui padre, non solamente gli salvò la vita, ma fattogli un
  assegno di seimila soldi d'oro, il confinò in un castello della
  Campania, appellato Lucullano, acciocchè quivi liberamente vivesse _co'
  suoi parenti_: parole dell'Anonimo Valesiano[2133], indicanti che suo
  padre fosse nativo di quelle contrade. Così, secondo la osservazion
  degli antichi, l'imperio romano cominciato da Romolo, e stabilito da
  Augusto, terminò in questo infelice Romolo ed Augustolo. Si diffuse poi
  per l'Italia tutta l'armata barbarica. La maggior parte delle città aprì
  senza farsi pregare le porte; e quelle che vollero far resistenza,
  pagarono il fio della loro arditezza colla morte degli abitanti, e con
  divenir elle smantellate ed uguagliate al suolo. Così divenne Odoacre in
  poco tempo signore e re di tutta l'Italia. Per tale, se crediamo
  all'Anonimo Valesiano, fu egli riconosciuto nel dì 25 d'agosto, cioè
  dopo essersi impadronito di Milano e Pavia. Ma con più formalità dovette
  ciò avvenire, allorchè ebbe deposto Augustolo, e l'armi sue furono
  entrate in Roma. Non volle egli titolo d'imperador d'Occidente, per
  riverenza a Zenone imperador d'Oriente, premendogli di non disgustarlo.
  Anzi vedremo fra poco che egli sul principio, per quanto si raccoglie da
  Malco istorico[2134], mostrava intenzione di contentarsi del solo titolo
  di _patrizio_, e di governar questi paesi a nome dell'imperadore
  suddetto. Ma egli da lì innanzi signoreggiò qual re, e dagli scrittori
  ancora è chiamato re; se non che sappiamo da Cassiodoro[2135] ch'egli
  non usò mai di portare la porpora, nè le altre insegne reali. E perciò
  non si veggono medaglie o monete battute da lui in onor suo. Nè resta
  legge o costituzione fatta da lui. Sembra ancora verisimile ch'egli si
  dichiarasse subordinato a Zenone imperadore, e il riguardasse come suo
  sovrano, e però tenesse in freno la propria autorità e potenza. Fece la
  sua residenza in Ravenna[2136], città splendidissima allora e molto
  ricca e forte. E perciocchè gli stava a cuore d'aver anche sotto il suo
  dominio la Sicilia, che allora ubbidiva al tiranno dell'Africa, cioè a
  Genserico re de' Vandali, trattò, per attestato di Vittore
  Vitense[2137], con esso Genserico, e l'indusse a cedergliela, a riserva
  d'una parte, con promettere di pagargli ogni anno un certo tributo. Per
  altro Odoacre, tuttochè di setta ariano, niuna novità fece in
  pregiudizio della religion cattolica, nè molestò i vescovi o le chiese
  dei cattolici; anzi si mostrò amorevole ed indulgente verso di loro,
  come si ricava da Ennodio nella vita di sant'Epifanio. Contuttociò seguì
  una non lieve mutazione in Italia a cagione di questi nuovi ospiti,
  conquistatori della terra; perciocchè attesta Procopio[2138] che a tanti
  Barbari in premio della vittoria, e pel loro sostentamento, bisognò
  assegnar la terza parte dei beni che possedevano gl'Italiani.
  In quest'anno poi, siccome ho accennato di sopra, il padre Pagi[2139]
  pretende che _circa il fine di gennaio_ Zenone Augusto fosse obbligato
  alla fuga dal suddetto Basilisco, il quale si fece tosto proclamar
  imperadore. Aggiugne che circa il mese d'agosto dell'anno susseguente
  477 terminò la tirannia di Basilisco, con risalire sul trono il già
  fuggito Zenone. Può esser stato così, ma si vuol qui confessare un
  grande imbroglio nelle storie intorno al tempo di questo avvenimento. Io
  non mi attribuisco di poter colpire nel vero; tuttavia dirò non essere
  già certa la sentenza del padre Pagi, e portar io opinione, o almeno non
  lieve sospetto, che nel gennaio del precedente anno 475 Basilisco
  usurpasse la corona d'Oriente, e che egli, prima che terminasse lo
  stesso anno 475, decadesse, con essere rimesso sul trono Zenone Augusto.
  I motivi di questa mia opinione sono i seguenti. Noi abbiamo una legge
  data da Zenone Augusto[2140] nel dì primo di gennaio dell'anno 476, e
  similmente un'altra promulgata dal medesimo imperadore _X halendas
  martias Basilio II et Armasio coss._[2141], cioè nell'anno presente,
  quantunque sia alquanto sfigurato il nome di questi consoli, dovendo
  essere _Basilisco et Armato coss._ Adunque nel febbraio del 476, e non
  già nell'agosto del 477, come vuole il padre Pagi, dovea essere
  ritornato in Costantinopoli Zenone, ed avere ripigliato il governo. E se
  di qui talun volesse inferire che in esso febbraio del 476 non dovea
  essere per anche seguita l'intronizzazione di Basilisco, s'ha osservare
  una altra legge[2142] data da esso Zenone _XVIII Kalendas januarii
  Armatio V. C._, cioè nel presente anno ai quindici di dicembre. Questa
  ci fa vedere rimontato già sul trono Zenone prima che termini l'anno
  476, e non già nell'agosto del 477. Accortosi di ciò il padre Pagi,
  pretende che sia scorretta quella data, e vi s'abbia a leggere _post
  consulatum Armatii V. C._ Ma se è stato lecito al padre Pagi
  l'acconciare colla sua sentenza i testi, sarà permesso anche a noi la
  libertà medesima, con dire che l'epistola ottava di _Simplicio
  papa_[2143], scritta a Zenone Augusto, in cui si congratula del trono
  ricuperato, e che è data _VIII idus octobris P. C. Basilisci et Armati_,
  si dee correggere con iscrivere _Basilisco et Armato coss._ Potè Zenone
  Augusto tardar molto a significare al romano pontefice il suo
  ristabilimento e la sua buona disposizione in favor della Chiesa
  cattolica. Notisi ora l'epistola quarta del medesimo papa Simplicio,
  scritta con zelo degno d'un pontefice romano, non già a _Zenone
  Augusto_, come saggiamente ha osservato lo stesso Pagi, ma sì bene a
  _Basilisco Augusto_. Essa è data _Quarto idus januarii, Basilisco
  Augusto consule_, cioè nel presente anno 476; e da essa apparisce che
  già Timoteo Eluro, usurpatore della chiesa patriarcale d'Alessandria,
  dall'esilio era ritornato ad occupar la medesima, e di là era passato a
  Costantinopoli. Ma se nel _gennaio_ del 476, come vuole il padre Pagi,
  _Basilisco_ s'intruse nell'imperio d'Oriente, come potè papa Simplicio
  scrivere a lui sul principio d'esso _gennaio_ del 476, se non potea per
  anche aver intesa la nuova delle mutazion dell'Augusto, e molto men
  quella dello ristabilimento dell'empio Timoteo? Ancor qui il padre Pagi
  acconcia la data, con dire che s'ha da scrivere _IV idus junias_, e non
  _januarias_. Ma lasciando nel suo essere quella data, vien essa ad
  accordarsi col proposto sospetto che nel 475 Basilisco usurpasse la
  corona d'Oriente, e ne fosse spogliato prima che terminasse l'anno
  stesso; il che non essendo per anche venuto a notizia di papa Simplicio
  sul principio di gennaio dell'anno presente 476, potè perciò scrivere ad
  esso Basilisco per pregarlo di rimediare all'insolenza di Timoteo Eluro.
  Il padre Labbe e lo stesso Pagi credono che nella data della lettera
  quarta suddetta si debba leggere _Basilisco et Armato coss._, e che
  perciò essa appartenga all'anno presente.
  Ma quello che principalmente fa a me credere ben fondata la da me
  proposta opinione, si è che Malco rettorico[2144] e storico forse il più
  vicino di tutti a questi tempi, e lodato molto da Fozio, ha conservato,
  negli Estratti che restano, una particolarità degna di molto riguardo in
  questo proposito, che servirà ancora ad illustrar le cose d'Occidente.
  Scrive egli che _Augusto_, ossia Augustolo, _figliuolo di Oreste_,
  appena ebbe inteso che _Zenone_ avea ricuperato l'imperio d'Oriente, con
  cacciarne Basilisco, che _obbligò il senato romano a spedirgli
  un'ambasceria_, con rappresentargli che bastava un solo imperadore. E
  che esso senato avea preso Odoacre persona attissima alla difesa
  dell'imperio d'Occidente, perchè di gran valore e scienza politica;
  pregando perciò Zenone di volere ornar costui colla dignità del
  patriziato. Nello stesso tempo _Nipote_ fuggito in Dalmazia, e che in
  quelle parti seguitava a farla da imperadore, spedì anch'egli suoi
  ambasciatori a Zenone per congratularsi della ricuperata corona, e per
  supplicarlo, che avendo esso Zenone provata la calamità che era toccata
  ad esso Nipote, volesse aver compassione di lui, ed aiutarlo a
  ricuperare il perduto imperio. Zenone propose l'affare in senato, e fu
  risoluto di dar favore a _Nipote_, sì perchè _Verina Augusta_ era
  parente della di lui moglie, e sì perchè le disavventure accadute a
  Zenone il movevano a commiserar lo stato dell'altro. Fu anche
  determinato che Odoacre prendesse dalle mani di _Nipote Augusto_ la
  dignità del patriziato, benchè poi Zenone, in iscrivendo ad Odoacre, gli
  desse egli il titolo di patrizio. Così Malco rettorico. Ciò posto,
  convien ricordare che _Augustolo_, fatto imperador d'Occidente nel dì 31
  di ottobre dell'anno 475, regnò fino al dì 25 d'agosto dell'anno 476. In
  questo tempo di mezzo bisogna che seguisse la spedizione de' legati a
  Costantinopoli a Zenone, il quale era già ritornato sul trono, e tal
  nuova era già pervenuta a Roma, benchè tanto lontana. Si scorge ancora
  che poco dovea essere che Odoacre avea occupata l'Italia e Roma, con
  cercare la grazia e l'approvazione del suo governo dall'imperadore
  d'Oriente; e per conseguente convien credere che Zenone cadesse dal
  trono nell'anno 475, e che prima del fine d'esso anno vi risalisse
  coll'abbassamento di Basilisco, e che in questo medesimo anno andassero
  a trovarlo le ambascerie del senato romano e di Nipote rifugiato in
  Dalmazia, e non già ch'egli decadesse nell'anno 476, e risorgesse
  nell'agosto del 477. In fatti Marcellino conte[2145] mette la caduta di
  Zenone e l'usurpazione di Basilisco nell'anno 475. Teofane[2146]
  anch'egli, tuttochè citato per la sua opinione dal padre Pagi, pure è
  contro di lui, e favorevole all'opinione proposta; giacchè egli
  riferisce il fatto nell'anno primo di Zenone, ed immediatamente dopo la
  morte di Leone juniore Augusto. Oltre di che, Niceforo[2147] attesta
  anch'egli che Zenone poco tempo dopo avere ottenuta la dignità
  imperiale, ne fu spossessato da Basilisco, e però nell'anno 475. Lo
  stesso si ricava da Cedreno[2148] e da Joele cronografo[2149], stampato
  dopo Giorgio Acropolita. Però contra di questa opinione non ha da aver
  forza la Cronica Alessandrina citata dal Pagi, perchè troppo fallace
  nella cronologia, e nè pur concorde con esso lui in quel sito. Puossi
  bensì opporre che i consoli del presente anno 476 furono _Basilisco_ il
  tiranno ed _Armato_, e conseguentemente non potè nelle calende di
  gennajo di questo essere stato rimesso in trono Zenone. Ma si risponde
  che quel _Basilisco_ console potè non essere il tiranno; ed esso in
  fatti è nominato semplicemente _Basilisco_ senza la giunta d'_Augusto_ o
  di D. N., cioè _domino nostro_. Potrebbe dunque _Basilisco_ console in
  quest'anno essere stato il figliuolo di _Armato_, che Zenone creò
  _Cesare_, secondo l'attestato degli antichi storici, in esecuzione della
  promessa fatta ad Armato suo il padre, per tirarlo al suo partito. Ed
  egli precede il padre, perchè di maggior dignità. Quel solo che
  ragionevolmente può qui far opposizione, si è, che Procopio[2150] e
  Vittor Turonense[2151] scrivono durata la tirannia di Basilisco _un anno
  ed otto mesi_; ed Evagrio _due anni_. Teofane la stende fino a _tre
  anni_. Ma questa medesima discordia fa conoscere che per conto del tempo
  d'essa tirannia non abbiamo una autorità sicura; ed uno può aver
  fallato, e gli altri averlo seguitato. Finalmente se non è certo il
  quando Basilisco, spezialmente a cagione della guerra fatta alla Chiesa
  cattolica, fosse cacciato, può almen parere convenevolmente mostrato il
  quando egli occupò l'imperio, cioè l'anno 475, e non già il 476, come
  pretende il padre Pagi. Nè io aggiugnerò altro intorno alle iniquità di
  Basilisco, e agli affari della Chiesa, e al terribile incendio succeduto
  sotto di lui in Costantinopoli, potendosi intorno a ciò consultare il
  cardinale Baronio[2152]. Basterà sapere che Zenone seppe guadagnare i
  capitani di Basilisco, e ritornar sul trono d'Oriente. Levato con molte
  promesse dalla chiesa, in cui s'era rifugiato, fu poi barbaramente fatto
  morir di fame in una prigione colla moglie e co' figliuoli.
  NOTE:
  [2125] Theoph., in Chronogr.
  [2126] Histor. Miscell., tom. 1 Rer. Italic.
  [2127] Priscus, tom. 1 Hist. Byz., pag. 37 et seq.
  [2128] Jordan., de Regnor. Success.
  [2129] Vita s. Severini, in Act. SS. Boland. ad diem 8 januar.
  [2130] Procop., lib. 1, cap. 1 de Bell. Goth.
  [2131] Ennod. in Vita S. Epiphanii.
  [2132] Chronologus Cuspiniani.
  [2133] Anonymus Vales.
  [2134] Malch., tom. 1. Hist. Byz.
  [2135] Cassiod., in Chron.
  [2136] Theoph., in Chronogr.
  [2137] Victor Vitensis, lib. 1 de Persecut.
  [2138] Procop., lib. 1 cap. 1 de Bell. Goth.
  [2139] Pagius, Crit. Baron.
  [2140] L. 28, C. de Jure dotium.
  [2141] L. 5, Cod. de naturalib. liberis.
  [2142] L. 16, C. de sacros. Eccl.
  [2143] Labbe, Concilior., tom. 4.
  [2144] Malch., Hist. Byzant., tom. 1, pag. 93.
  [2145] Marcell. Comes, in Chron.
  [2146] Theoph., in Chronogr.
  [2147] Niceph., lib. 16, cap. 2.
  [2148] Cedrenus, in Chron.
  
Sez İtalian ädäbiyättän 1 tekst ukıdıgız.
Çirattagı - Annali d'Italia, vol. 2 - 46