Annali d'Italia, vol. 2 - 20
Süzlärneñ gomumi sanı 4274
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1626
37.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
54.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
62.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
lettera[983] piena di modestia e d'amore, ma insieme con forza ed
autorità, rappresentandogli il commesso gravissimo eccesso, esortandolo
a farne pubblica penitenza coll'esempio di Davide, e protestando che
senza di questa esso Ambrosio non offerirebbe il divino sacrifizio, se
Teodosio avesse intenzione di assistervi. Non dovette far breccia questa
lettera nel cuore del per altro piissimo Augusto, scrivendo Paolino[984]
e Teodoreto[985], che arrivato esso imperadore a Milano, e volendo,
secondo il suo solito, andare alla chiesa, trovò sant'Ambrosio sul
limitar della porta, che con ecclesiastica libertà gli ricordò il grave
suo reato, e il pubblico scandalo dato con tanta crudeltà al popolo
cristiano, e che così macchiato del sangue di tanti innocenti, non gli
era lecito di entrare nel tempio di Dio. E perchè Teodosio rispose che
anche Davidde avea peccato, prese la parola Ambrosio con dire: _Giacchè,
signore, avete imitato Davidde peccante, imitatelo anche penitente._
Tale impressione fecero queste parole nel cuor di Teodosio, che si
arrendè, accettò la pubblica penitenza, come era allora in uso nella
Chiesa di Dio; pubblicamente pianse il suo peccato, pregando il popolo
per lui; e finalmente riconciliato con Dio, ed assoluto dalla scomunica,
fu ammesso ai divini uffizii[986]. A questo fatto aggiugne Teodoreto
altre particolarità, che non c'è obbligo di crederle, perchè non
s'accordano col racconto d'altri. Quel ch'è fuor di dubbio, non si può
abbastanza ammirar la generosa libertà del santo arcivescovo
nell'opporsi al delinquente imperadore, e l'eroica umiliazione
dell'imperadore stesso. Gloriosa fu la prima, più gloriosa anche
l'altra, di maniera che sant'Agostino[987], Paolino[988], Rufino[989],
Sozomeno[990], Teodoreto[991], Facondo Ermianense[992], Incmaro ed altri
antichi e moderni scrittori, non si saziano di esaltare perciò
l'incomparabile pietà di questi due illustri personaggi, e di proporre
per esempio ai regnanti cristiani e ai sacri pastori la magnifica azione
dell'uno e dell'altro.
Eppure s'è trovato a dì nostri un Crouzas protestante, il quale nella
novella sua logica, gran rumore ha fatto contro l'arditezza, anzi contro
la temerità di questo santo arcivescovo, per aver egli osato impedire
l'ingresso nel sacro tempio al maggior di tutti i monarchi. Dovea certo
delirare costui, allorchè fece una sì indecente scappata contra di uno
dei più insigni vescovi della Chiesa di Dio, e trovò sconvenevole ciò
che ogni altra persona, provveduta di senno e conoscente della forza
della religion cristiana, giudicò allora e sempre giudicherà sommamente
lodevole. Lasciano forse i re e monarchi d'essere degni e bisognosi di
correzione, e di cader anche nelle scomuniche, allorchè prorompono in
enormi misfatti, con iscandalo universale dei loro sudditi? Quel solo
che debbono in casi tali attendere i ministri di Dio, si è di ben
consigliarsi colla prudenza, per non contravvenire ai suoi dettami,
cioè, come lo stesso sant'Ambrosio osservò[993], di non far
temerariamente degli affronti ai principi per delitti lievi o meritevoli
di compatimento; ma per i grandi peccati un vescovo può e dee, come
ambasciatore di Dio coll'esempio di Natan e d'altri santi uomini,
avvertirli de' loro eccessi, e ricordar loro l'obbligo di farne
penitenza. Ed appunto in que' tempi la penitenza pubblica fra i
Cristiani era in gran vigore. Similmente ha il prudente prelato da
riflettere, se principi tali sieno o no capaci di correzione, affinchè
essa correzione, in vece di guarirli, non li renda peggiori, ed essi non
aggiungano qualche nuovo grave delitto ai precedenti; poichè in tal caso
altro non occorre che pregar Dio che gli emendi e conduca al pentimento.
Ora se l'enorme fallo dell'Augusto Teodosio meritasse correzione dal
prelato, a cui come cristiano era soggetto anche quel principe coronato,
ognun sel vede. E per isperarne buon frutto, non mancarono punto i lumi
della prudenza. Nulla dico del gran credito, in cui era anche presso di
Teodosio sant'Ambrosio per la nobiltà de' suoi natali, per l'eminente
sacro suo grado, e più per la straordinaria sua virtù e pietà. Basta
solamente riflettere che sant'Ambrosio assai conosceva qual buon fondo
di massime cristiane, di clemenza e di timor di Dio si trovasse nel cuor
di Teodosio, e che per conseguente non s'aveano da temere stravaganze da
sì saggio e sì ben costumato principe, ma bensì da sperar quella
emendazione e penitenza ch'egli in fatti gloriosamente accettò e fece.
Abbiamo dallo stesso arcivescovo[994] che da lì innanzi non passò
giorno, in cui il piissimo Teodosio non si ricordasse e dolesse del
gravissimo errore da lui commesso nella strage suddetta del popolo di
Tessalonica: tanta era la di lui conoscenza dei doveri del principe, e
principe cristiano[995]. Formò ancora una legge che le sentenze di morte
non si dovessero eseguire se non trenta giorni dopo la lor
pubblicazione. È stato creduto che di lui non di Graziano Augusto sia
una simil legge da noi rammentata all'anno 382, ma il padre Pagi lo
nega. Però da sregolata testa viene la trabocchevol censura fatta da
Crouzas contra di una delle più gloriose azioni di sant'Ambrosio: azione
per cui gli si professò sempre obbligato, finchè visse Teodosio, ed
accrebbe verso di lui il suo amore. Finiamo l'anno presente con dire che
per attestato di Marcellino conte[996] un obelisco magnifico fu alzato
nel circo di Costantinopoli[997] siccome ancora una colonna davanti al
tempio di santa Sofia, su cui fu posta la statua di Teodosio tutta di
argento, pesante settemila e quattrocento libbre. Questa poi, secondo
Zonara[998], fu levata di là da Giustiniano nell'anno diecisettesimo del
suo regno, non per mal animo verso Teodosio, ma per amore a quel
metallo. Aggiunge lo stesso Marcellino conte che fra _Arcadio Augusto_ e
_Galla_ imperadrice sua matrigna insorsero in quest'anno dei dissapori,
per i quali essa uscì, oppur fu cacciata di palazzo. Il natural buono e
pacifico di Arcadio non lascia credere molto verisimilmente un tal
fatto.
NOTE:
[976] Gothofred., Chronol. Cod. Theodos.
[977] L. 1 de Monach. Cod. Theodos.
[978] Sozom., l. 5, c. 17. Theodor., l. 5, c. 17. Rufinus, l. 2, c. 18.
[979] Paulin., Vit. Sancti Ambros.
[980] Miscell., l. 13.
[981] Theoph. 2 in Chronogr.
[982] Zonar., in Annal.
[983] Ambros., ep. LXI, Class. I.
[984] Paul., Vit. Sancti Ambros.
[985] Theod., lib. 5, cap. 17.
[986] Rufin., l. 3, c. 18. Sozomenus, l. 7, c. 25. Augustinus, de Civit.
Dei, lib. 5, cap. 26.
[987] August., ibidem.
[988] Paulin., Vit. Sancti Ambros.
[989] Rufinus, lib. 3, cap. 18.
[990] Sozom., lib. 7, cap. 25.
[991] Theod., lib. 5, cap. 17.
[992] Facundus, lib. 12, cap. 5.
[993] Ambros., in Psalm. 37.
[994] Ambros., Orat. de obitu Theodosii.
[995] Theodor., l. 5, c. 17.
[996] Marcellinus Comes, in Chron.
[997] Du-Cange, Hist. Byzant.
[998] Zonar., in Annal.
Anno di CRISTO CCCXCI. Indizione IV.
SIRICIO papa 7.
VALENTINIANO II imperad. 17.
TEODOSIO imperadore 13.
ARCADIO imperadore 9.
_Consoli_
TAZIANO e QUINTO AURELIO SIMMACO.
_Taziano_, e non già _Tiziano_, fu il console orientale di quest'anno,
Taziano, dico, il quale nel medesimo tempo esercitava la carica di
prefetto del pretorio in Oriente. _Simmaco_ quello stesso è di cui si è
parlato più volte di sopra, già prefetto di Roma, gran promotore del
paganesimo, e celebre fra i letterati per le sue lettere e per la sua
eloquenza alquanto selvatica. Dalle leggi[999] del codice Teodosiano
risulta che nel febbraio del presente anno era tuttavia prefetto di Roma
_Albino_. Trovasi poi nel dì 14 di luglio ornato di quel titolo
_Alipio_, il quale in una iscrizione rapportata dal Grutero[1000], si
vede nominato _Faltonio Probo Alipio_. Abbiamo leggi date col nome
d'amendue gl'imperadori in Milano nel mese di marzo, poscia altre date
ne' susseguenti mesi in Concordia, Vicenza ed Aquileia. Pretende il
padre Pagi[1001] che la pubblicata in Concordia, città d'Italia, sia da
riferire a Valentiniano juniore, il quale per conseguente dovea essere
tuttavia in Italia, senza essere passato nelle Gallie, per osservarsi la
medesima indirizzata a Flaviano prefetto del pretorio d'Italia e
dell'Illirico, giurisdizione d'esso Valentiniano. Noi potremmo tenere
per certa cotal opinione, se fosse indubitato che Teodosio non si
mischiasse per questi tempi nel governo ancora dell'Italia; del che pure
ci dà indizio la sua lunga permanenza in Milano. Noi, per altro, niuna
notizia abbiamo delle particolari azioni di Valentiniano spettanti a
questo anno, se non che le leggi suddette paiono indicare ch'egli stette
in Italia finchè vi dimorò Teodosio, giacchè abbiamo la suddetta legge
data in Aquileja nel dì 14 di luglio, che deve appartenere a lui, poichè
un'altra data in Costantinopoli nel dì 18 d'esso mese (la quale si dee
riferire a Teodosio) ci fa veder questo Augusto già uscito d'Italia, e
pervenuto colà. Ma o la data d'essa ultima legge è fallata, o pur fallò
Socrate in iscrivendo[1002] che Teodosio entrò col figlio suo Onorio in
Costantinopoli solamente nel dì 10 di novembre dell'anno presente.
Racconta Zosimo[1003], essersi esso Teodosio nel suo ritorno fermato in
Tessalonica, capitale della Tessalia e d'altre provincie, perchè trovò
quelle contrade maltrattate dai Barbari sbandati nelle precedenti
guerre, i quali, ricovrandosi ne' boschi e nelle paludi, e prevalendosi
della lontananza di Teodosio, commettevano continuamente saccheggi ed
assassinii. Andò arditamente in persona (se pur è credibile) lo stesso
Augusto a spiare dove era il ricovero di quei masnadieri; e, trovatolo,
mosse a quella volta i soldati, per man de' quali si fece un gran
macello di que' ribaldi. Generale di tale spedizione fu specialmente
_Promoto_, che in questa medesima occasione lasciò la vita in
un'imboscata a lui tesa dai Barbari. Pretende Zosimo che _Rufino_ mastro
degli uffizii, ossia maggiordomo di Teodosio, già molto potente nella
corte, per particolari suoi disgusti il facesse ammazzare, tenendo
segreta intelligenza co' Barbari. Ma parlando Claudiano di questa morte
ne' suoi poemi contro di Rufino, senza attribuirgli un sì fatto
tradimento, si può dubitare dell'asserzion di Zosimo. Secondo il
medesimo Claudiano[1004], Stilicone vendicò poi la morte di Promoto suo
amico con perseguitare i Bastarni uccisori del medesimo, e ridurli
insieme coi Goti, Unni ed altri Barbari che infestavano la Tracia, in
una stretta valle, dove tutti gli avrebbe potuti tagliare a pezzi, se il
traditor Rufino non avesse condotto Teodosio a far pace con essi.
L'anno fu questo in cui principalmente i due cattolici Augusti, fecero
risplendere il loro zelo in favore della religion cristiana e della vera
Chiesa di Dio. Abbiamo tre loro editti[1005], pubblicati contro degli
eretici ed apostati; e similmente due altri contra degli ostinati
pagani, vietando loro, sotto varie pene, ogni culto degl'idoli, ogni
sagrifizio, e l'entrar negli antichi templi del gentilesimo, per
adorarvi i falsi dii. Ma particolarmente stese Teodosio questi divieti e
pene all'Egitto, per le istanze di _Teofilo_ zelantissimo vescovo di
Alessandria. Marcellino conte[1006], all'anno 389 scrive che il gran
tempio di Serapide, anticamente eretto in quella città, fu allora
abbattuto, e l'opinione di lui fu seguitata dal cardinal Baronio, dal
Petavio e dal Tillemont. Ma il Gotofredo e il padre Pagi (forse con più
ragione) ne riferiscono la demolizione all'anno presente, in vigor delle
suddette leggi. Ammiano Marcellino[1007] parla di quel tempio, come di
una maraviglia del mondo, ed alcuni pretesero[1008] che fosse il più
grande e bello che esistesse sopra la terra. Una particolar descrizione
ce ne lasciò Rufino storico di questi tempi, tale rappresentandone la
magnificenza e ricchezza, che sembra ben fondato il giudizio di chi ne
fece il grande elogio. Incredibil era il concorso dei divoti pagani a
questo santuario della loro superstizione, e di qui ancora veniva grande
utilità e vantaggio alla stessa città di Alessandria. Socrate[1009],
Sozomeno[1010], Rufino[1011], Teodoreto[1012] ed altri, raccontano a
lungo l'occasione, in cui quel nido famoso del gentilesimo fu diroccato.
Me ne sbrigherò io in poche parole. Avendo il buon vescovo Teofilo
ottenuto da Teodosio un cadente tempio di Bacco per farne una chiesa, vi
scoprì delle grotte piene di ridicolose ed infami superstizioni dei
gentili, che fors'anche servivano all'impudicizia e alle ladrerie dei
sacerdoti pagani. Perchè fece condurre per la città queste obbrobriose
reliquie, i pagani, massimamente filosofi, scoppiarono in una
sollevazione contro dei cristiani; ne ferirono e ne uccisero molti; e
dipoi si afforzarono nel tempio, poco fa mentovato, di Serapide, da cui
sboccando di tanto in tanto, recavano gravi danni al popolo cristiano.
Informato di questa turbolenza Teodosio, siccome principe clemente, non
volle già gastigar le persone secondo il loro demerito, ma solamente che
fossero loro tolti tutti i templi, perchè occasioni più volte ad essi di
sedizioni. Essendo fuggiti i pagani per paura del gastigo, allora
Teofilo fece demolire quel superbo edifizio. Poscia tutti i busti di
Serapide sparsi per la città, e l'altre statue degli dii bugiardi, ed
ogni altro tempio de' gentili furono atterrati; nè solamente in
Alessandria, ma anche in altre città dell'Egitto e dell'Asia, con
trionfar la Croce, ed annientarsi sempre più l'imperio dell'idolatria e
dei demonii.
NOTE:
[999] Gothofred., Chronol. Cod. Theodos.
[1000] Gruter., pag. 286.
[1001] Pagius, Crit. Baron.
[1002] Socrates, lib. 5, cap. 18.
[1003] Zosimus, lib. 4, cap. 48.
[1004] Claud., Panegyr. Stilic., et in Rufin., lib. 1.
[1005] Gothofred., Chronol. Cod. Theodos.
[1006] Marcell. Comes, in Chron.
[1007] Ammian., Marcell., l. 22.
[1008] Theod., lib. 5, cap. 22.
[1009] Socrates, l. 5, cap. 16.
[1010] Sozom., lib. 7, cap. 15.
[1011] Rufinus, lib. 3.
[1012] Theod., lib. 5, cap. 22.
Anno di CRISTO CCCXCII. Indizione V.
SIRICIO papa 8.
TEODOSIO imperadore 14.
ARCADIO imperadore 10.
_Consoli_
FLAVIO ARCADIO AUGUSTO per la seconda volta, e RUFINO.
Orientali furono amendue i consoli. Il secondo, cioè _Rufino_, è quel
mal uomo che andava crescendo di autorità e potenza nella corte di
Teodosio Augusto. Videsi in questo anno una nuova deplorabil tragedia
nella persona di _Valentiniano II Augusto_. Era giunto questo principe
all'età di vent'anni, e dopo la partenza di Teodosio dall'Italia avendo
ripigliato il governo totale dei suoi stati, se n'era passato nella
Gallia per vegliare agli andamenti de' Barbari e dar buon sesto a quegli
affari. Noi abbiamo le mirabili qualità e belle doti di questo giovane
principe, a noi descritte con pennello maestro da sant'Ambrosio[1013],
cioè da quel sacro eloquentissimo pastore, che amava e teneva lui come
in luogo di figlio, e da lui ancora teneramente era amato. Dacchè mancò
di vita Giustina sua madre, seguace dell'arianesimo, e dacchè egli
cominciò a conversare col cattolico imperador Teodosio, si assodò egli
maggiormente nella vera fede e dottrina, e crebbe sempre più nella
divozion verso Dio, e nella correzione dei suoi giovanili difetti.
Dianzi si dilettava dei giuochi del circo, e dei combattimenti delle
fiere[1014]: rinunziò a tutti questi spassi. Dava negli occhi di ognuno
la sua amorevolezza, la sua modestia, e la cura gelosa della purità,
tuttochè non fosse ammogliato; tenendo egli in servitù il suo corpo e i
suoi sensi, più che non facevano i padroni i loro schiavi. Non si può
dire quanto foss'egli inclinato alla clemenza, quanto alieno dal caricar
di nuove imposte i suoi popoli, quanto abborrisse gli accusatori[1015].
Soprattutto professava amor per la giustizia, applicato agli affari, e
protettor dichiarato della religion cattolica; e siccome egli amava
grandemente i suoi sudditi, così dai sudditi suoi era universalmente
amato e riverito[1016]. Mentr'egli dunque dimorava nelle Gallie in
Vienna del Delfinato, lungi dai consigli di sant'Ambrosio, s'avvisarono
i senatori romani della fazion pagana, che questo fosse il tempo
propizio per rinnovar le batterie affin di ottener il ristabilimento del
sacrilegio altare della Vittoria, ma ritrovarono un principe, a cui
premeva più di piacere a Dio che agli uomini, e ne riportarono la
negativa. Per attestato di sant'Ambrosio[1017], poco tempo prima della
sua morte accadde questo illustre segnale del suo attaccamento alla
religione di Cristo. Insorsero intanto rumori di guerra dalla parte dei
Barbari, che essendo alle mani fra loro, minacciavano anche l'Alpi, per
le quali è divisa l'Italia dall'Illirico. Mosso da questi sospetti
sant'Ambrosio[1018] avea risoluto di passar nelle Gallie, per trattarne
con Valentiniano; ma inteso poi che lo stesso Augusto pensava di passar
egli in Italia, non si mosse. Allorchè Valentiniano seppe avere il santo
arcivescovo mutata risoluzione, gli spedì uno dei suoi uffiziali, di
quei che erano chiamati silenziarii, per pregarlo di non omettere
diligenza per venirlo a trovare, stante il suo desiderio di ricevere
dalle mani di lui il sacro battesimo (perchè non era se non catecumeno),
sì grande era l'amore e la stima sua verso quell'insigne prelato. Dopo
avere scritto e spedito a sant'Ambrosio, tale era la di lui impazienza
di vederlo, che due dì dopo dimandava se era ancor giunto. E ciò avvenne
nell'ultimo giorno di sua vita, come s'egli avesse un chiaro
presentimento della disavventura che gli accadde.
Conviene ora avvertire che dappoichè l'Augusto Valentiniano fu ito nelle
Gallie, per far ivi da padrone, ritrovò un uffiziale che si mise a fare
il padrone sopra di lui. Questi era _Arbogaste_, conte, generale
dell'armi in quelle provincie, lo stesso che avea tolto di vita Vittore
figlio di Massimo tiranno, e rimesse le Gallie alla ubbidienza d'esso
Valentiniano. Costui non si sa bene, se fosse di nazione Franco od
Alamanno, nè se nato nelle Gallie, concordando nondimeno i più[1019] in
riguardarlo di nascita, o almen di origine, Barbaro, e in dire che gran
credito si era acquistato colla sua bravura e perizia nell'arte
militare, ed anche nel disinteresse. Più a lui che al principe si
mostravano attaccati ed ubbidienti i soldati. Suida[1020] anch'egli ne
lasciò un elogio tratto da Eunapio e da Zosimo, autori, che per essere
pagani, volentieri lodarono Arbogaste della loro setta. Ma
Socrate[1021], Paolo Orosio[1022] e Marcellino conte[1023] cel dipingono
qual era in fatti, cioè uomo ruvido, altero, barbaro e capace di ogni
misfatto. Tal predominio prese egli nella corte[1024], che Valentiniano
tardò poco a vedersi divenuto un imperadore di stucco. Gregorio
Turonense[1025] cita qui uno storico più degno degli altri di fede,
perchè probabilmente vivuto nelle Gallie, e in questi tempi, appellato
_Sulpicio Alessandro_; il quale attesta aver Arbogaste tenuto
Valentiniano come prigione in Vienna, a guisa di un privato; aver date
le cariche militari non ai Romani, ma bensì ai barbari Franchi, e le
civili a persone unicamente dipendenti da lui; aver egli ridotta a tal
suggezione la corte, che niuno degli uffiziali osava di far cosa
ordinatagli da Valentiniano in voce o in iscritto, senza che questa
fosse prima approvata da Arbogaste[1026]. Ora trovandosi l'infelice
giovane Augusto in sì duro crogiuolo, altamente se ne lagnava e andava
scrivendo lettere a Teodosio Augusto, con avvisarlo degli strapazzi a
lui fatti, e con iscongiurarlo di venire in diligenza a liberarlo: se
no, ch'egli verrebbe a trovarlo. Una di queste lettere spedita senza
precauzione dovette essere intercetta da Arbogaste, e scoprirgli il
cuore e i desiderii del principe. Penetrato dipoi ch'egli meditava di
far il viaggio d'Italia, allora fu che per paura di vedersi più
efficacemente accusato presso di Teodosio, concepì il nero disegno di
torgli la vita. Certamente santo Ambrosio accenna che il disegno di
Valentiniano di venire in Italia cagion fu della sua rovina.
Zosimo[1027] e Filostorgio[1028] due altre particolarità aggiungono, che
si dovettero spacciare dipoi, senza saper noi se vere o false. Cioè che
un dì Valentiniano, non potendo più sofferire la schiavitù in cui si
trovava, assiso sul trono fece chiamare Arbogaste, e guatatolo con torva
occhiata gli presentò una polizza, portante che il privava della carica
di generale. Gli rispose con fiera altura costui che quella carica non
gliel'aveva egli data, nè togliere gliela poteva; e stracciata la carta
e gittatala per terra, se ne andò. O allora, o in altra occasione
accadde ancora, secondo Filostorgio, che Valentiniano per parole
offensive dettegli da Arbogaste, sì fattamente s'accese di collera, che
volle dar di mano alla spada di una guardia per ucciderlo. La guardia il
trattenne; e benchè egli dipoi cercasse di addolcir questo trasporto,
con dire che per l'impazienza di vedersi così maltrattato e vilipeso,
aveva voluto uccidere sè stesso, pure Arbogaste n'ebbe assai per
conoscere di qual animo fosse il principe verso di lui.
Non fu dunque da lì innanzi un segreto questa dissensione tra
Valentiniano ed Arbogaste[1029]. E perchè questi ne dava la colpa ad
alcune persone innocenti di corte, quasi che ascendessero il fuoco,
Valentiniano si protestava pronto di eleggere piuttosto la morte, che a
sofferir di vederle in pericolo per sua cagione. Nè già mancò chi
s'interpose per riconciliarli insieme, e vi si accomodava con sincerità
il giovane Augusto. Anzi fra gli altri motivi di chiamar santo Ambrosio
nelle Gallie, vi era ancor quello di voler lui per mallevadore della
progettata concordia. E lo stesso santo arcivescovo acerbamente si
afflisse dipoi[1030], per aver tardato ad andare, perchè avendo anche
Arbogaste molta stima di lui, avrebbe sperato di acconciar quegli
affari, e di risparmiare all'infelice principe il colpo che l'atterrò,
mentre esso Ambrosio era in cammino. Ma finiamola con dire che
Arbogaste, fors'anche per aver intesa la venuta di un prelato di tanto
credito, natagli apprensione, che tal maneggio fosse per suo danno,
s'affrettò a levar la vita a questo amabil Augusto. Venuto il dì 15 di
maggio dell'anno presente, secondo la chiara testimonianza di
sant'Epifanio[1031], Zosimo e Filostorgio dicono che egli, mentre si
divertiva sulla riva del Rodano, fu ucciso da Arbogaste, o pure dai di
lui sicarii. Ma la corrente degli scrittori, cioè Orosio, esso Epifanio,
Marcellino conte, Socrate ed altri, scrivono che egli fu una notte
strangolato per ordine di Arbogaste; e per far poi credere che egli da
sè stesso si fosse per disperazione levata la vita, la mattina si trovò
appeso il di lui corpo ad un trave. San Prospero, Rufino e Sozomeno pare
che prestassero fede a questa ingiuriosa voce, la quale è distrutta
dall'autorità di sant'Ambrosio, con aver egli sostenuto nell'orazion
funebre di esso principe, da lui poscia recitata in Milano, che, stante
la premura mostrata d'essere battezzato, l'anima di lui era in salvo. Di
questo così esecrando misfatto niun processo fu fatto dipoi per la
prepotenza di Arbogaste. Procurò egli bensì, per abbagliar la gente, di
comparir doglioso della sua morte, di fargli un solenne funerale nel dì
seguente della pentecoste, e di permettere che il suo corpo fosse
trasportato a Milano. Confessa sant'Ambrosio[1032] che i gemiti e le
lagrime dei popoli in tal congiuntura furono incessanti, parendo a
cadauno d'aver perduto piuttosto il lor padre che un imperadore, e che
fino i Barbari, e chi parea dianzi suo nemico, non poterono risparmiare
il pianto all'udire il miserabil fine di sì buon principe. _Giusta_ e
_Grata_ di lui sorelle, o sia che accompagnassero il di lui corpo, o
pure che si trovassero in Milano, non potevano darsi pace per sì gran
perdita; ed, assistendo alla sepoltura, che dopo due mesi gli fu data in
quella città presso il corpo di Graziano Augusto, ascoltarono quei
motivi di consolazione, che seppe loro somministrare nell'orazione
funebre il santo arcivescovo di Milano.
Si può credere che dopo l'orrida suddetta tragedia il perfido generale
Arbogaste avrebbe volentieri occupato il trono imperiale: ma o perchè
non volle con questo salto dichiararsi colpevole della morte del suo
sovrano, oppure, perchè essendo di nascita barbaro, giudicò pericoloso
il prendere lo scettro dei Romani[1033]: certo è ch'egli scelse persona
che portasse il nome d'imperadore, e ne lasciasse a lui tutta
l'autorità. Gran confidenza passava tra lui ed _Eugenio_, uomo che di
maestro di grammatica e di retorica, s'era alzato al grado di segretario
o d'archivista nella corte di Valentiniano[1034]. Se di lui parla
Simmaco in due sue lettere[1035], dove gli dà il titolo di
_chiarissimo_, potrebbe essere stato anche più eminente il di lui grado:
e Filostorgio[1036] sembra dire che fu maggiordomo. Era amicissimo del
general _Ricomere_, ma più di _Arbogaste_, e però opinion fu che fra lui
ed esso Arbogaste si formasse il concerto della morte di Valentiniano,
avendogli l'indegno conte promesso di crearlo imperadore. Così fu fatto.
Arbogaste imboccò le milizie, acciocchè il volessero e dichiarassero
Augusto; e però Eugenio salì sul trono, nè tardarono le provincie della
Gallia a riconoscerlo per loro signore. Quanto all'Italia abbiam pruove
nell'anno seguente, che anch'essa venne alla di lui ubbidienza. Ma per
conto dell'Africa e dell'Illirico, non v'ha apparenza che accettassero
la signoria del tiranno, tuttochè costui avesse in animo, anzi sperasse
gagliardamente l'acquisto di tutto l'imperio romano[1037], perchè i
pagani cominciarono ad empiergli la testa di vane promesse di vincere
Teodosio, tripudiando essi al vedere che Arbogaste, adoratore anch'egli
de' falsi dii, si dava a conoscere arbitro degli affari sotto il nuovo
tiranno. Portata intanto a Costantinopoli la nuova dell'assassinio di
Valentiniano; ne provò Teodosio una somma afflizione ed
inquietudine[1038], e _Gallia Augusta_, sorella dell'ucciso principe,
coi suoi pianti e lamenti mise sossopra quella real corte[1039]. Andava
il saggio principe ondeggiando fra i pensieri di pace e di guerra,
quando gli arrivò un'ambasceria spedita da Eugenio per intendere s'egli
il voleva o no per collega nell'imperio. Il capo di tal deputazione era
un Rufino ateniese, accompagnato da alcuni vescovi della Gallia, i quali
ebbero tanta sfrontatezza di difendere come innocente Arbogaste davanti
ad esso Augusto. Dopo la dimora di qualche tempo furono essi rispediti,
non si sa con quale risposta; ma ben si sa con ricchi regali, e
probabilmente senza quel frutto che desideravano. Già vedemmo che
_Rufino_ fu console nell'anno presente, e come egli aveva fatto levar di
vita il valoroso generale _Promoto_. Vi restava _Taziano_ prefetto del
pretorio d'Oriente, personaggio che gli faceva ombra, non men che
_Procolo_ di lui figliuolo, prefetto della città di Costantinopoli. Si
accinse Rufino ad atterrarli amendue, e gli riuscì il disegno. Secondo
le apparenze fece saltar fuori contra di loro delle accuse di avanie e
rubamenti da lor tutti ne' loro uffizii. Fu spogliato Taziano della
dignità di prefetto del pretorio, e in questa ebbe per successore lo
stesso Rufino, cominciandosi a veder leggi di Teodosio date sul fine
d'agosto, e indirizzate a lui con questo titolo. Procolo figlio d'esso
Taziano sul principio della tempesta se ne era fuggito, nè si sapea dove
fosse. Lasciossi infinocchiar cotanto suo padre dalle promesse di
Rufino, che il fece venire; ma continuò il processo contra di loro in
maniera tale che esso Taziano fu relegato nel suo paese, e condannato a
morte il figliuolo. La sentenza contra dell'ultimo fu eseguita nel dì 6
di decembre[1040]; perchè Teodosio spedì ben l'ordine della grazia, ma
colui che lo portava, passando d'intelligenza con Rufino, andò sì
lentamente che non arrivò a tempo di farla valere. Furono per ordine di
Teodosio cassati molti atti di Taziano e di Procolo; quantunque
Claudiano[1041] da lì a qualche anno mettesse fra i reati
dell'iniquissimo Rufino questa persecuzione fatta a Taziano e a suo
figlio, pure assai fondamento s'ha per credere che i lor vizi fossero
autorità, rappresentandogli il commesso gravissimo eccesso, esortandolo
a farne pubblica penitenza coll'esempio di Davide, e protestando che
senza di questa esso Ambrosio non offerirebbe il divino sacrifizio, se
Teodosio avesse intenzione di assistervi. Non dovette far breccia questa
lettera nel cuore del per altro piissimo Augusto, scrivendo Paolino[984]
e Teodoreto[985], che arrivato esso imperadore a Milano, e volendo,
secondo il suo solito, andare alla chiesa, trovò sant'Ambrosio sul
limitar della porta, che con ecclesiastica libertà gli ricordò il grave
suo reato, e il pubblico scandalo dato con tanta crudeltà al popolo
cristiano, e che così macchiato del sangue di tanti innocenti, non gli
era lecito di entrare nel tempio di Dio. E perchè Teodosio rispose che
anche Davidde avea peccato, prese la parola Ambrosio con dire: _Giacchè,
signore, avete imitato Davidde peccante, imitatelo anche penitente._
Tale impressione fecero queste parole nel cuor di Teodosio, che si
arrendè, accettò la pubblica penitenza, come era allora in uso nella
Chiesa di Dio; pubblicamente pianse il suo peccato, pregando il popolo
per lui; e finalmente riconciliato con Dio, ed assoluto dalla scomunica,
fu ammesso ai divini uffizii[986]. A questo fatto aggiugne Teodoreto
altre particolarità, che non c'è obbligo di crederle, perchè non
s'accordano col racconto d'altri. Quel ch'è fuor di dubbio, non si può
abbastanza ammirar la generosa libertà del santo arcivescovo
nell'opporsi al delinquente imperadore, e l'eroica umiliazione
dell'imperadore stesso. Gloriosa fu la prima, più gloriosa anche
l'altra, di maniera che sant'Agostino[987], Paolino[988], Rufino[989],
Sozomeno[990], Teodoreto[991], Facondo Ermianense[992], Incmaro ed altri
antichi e moderni scrittori, non si saziano di esaltare perciò
l'incomparabile pietà di questi due illustri personaggi, e di proporre
per esempio ai regnanti cristiani e ai sacri pastori la magnifica azione
dell'uno e dell'altro.
Eppure s'è trovato a dì nostri un Crouzas protestante, il quale nella
novella sua logica, gran rumore ha fatto contro l'arditezza, anzi contro
la temerità di questo santo arcivescovo, per aver egli osato impedire
l'ingresso nel sacro tempio al maggior di tutti i monarchi. Dovea certo
delirare costui, allorchè fece una sì indecente scappata contra di uno
dei più insigni vescovi della Chiesa di Dio, e trovò sconvenevole ciò
che ogni altra persona, provveduta di senno e conoscente della forza
della religion cristiana, giudicò allora e sempre giudicherà sommamente
lodevole. Lasciano forse i re e monarchi d'essere degni e bisognosi di
correzione, e di cader anche nelle scomuniche, allorchè prorompono in
enormi misfatti, con iscandalo universale dei loro sudditi? Quel solo
che debbono in casi tali attendere i ministri di Dio, si è di ben
consigliarsi colla prudenza, per non contravvenire ai suoi dettami,
cioè, come lo stesso sant'Ambrosio osservò[993], di non far
temerariamente degli affronti ai principi per delitti lievi o meritevoli
di compatimento; ma per i grandi peccati un vescovo può e dee, come
ambasciatore di Dio coll'esempio di Natan e d'altri santi uomini,
avvertirli de' loro eccessi, e ricordar loro l'obbligo di farne
penitenza. Ed appunto in que' tempi la penitenza pubblica fra i
Cristiani era in gran vigore. Similmente ha il prudente prelato da
riflettere, se principi tali sieno o no capaci di correzione, affinchè
essa correzione, in vece di guarirli, non li renda peggiori, ed essi non
aggiungano qualche nuovo grave delitto ai precedenti; poichè in tal caso
altro non occorre che pregar Dio che gli emendi e conduca al pentimento.
Ora se l'enorme fallo dell'Augusto Teodosio meritasse correzione dal
prelato, a cui come cristiano era soggetto anche quel principe coronato,
ognun sel vede. E per isperarne buon frutto, non mancarono punto i lumi
della prudenza. Nulla dico del gran credito, in cui era anche presso di
Teodosio sant'Ambrosio per la nobiltà de' suoi natali, per l'eminente
sacro suo grado, e più per la straordinaria sua virtù e pietà. Basta
solamente riflettere che sant'Ambrosio assai conosceva qual buon fondo
di massime cristiane, di clemenza e di timor di Dio si trovasse nel cuor
di Teodosio, e che per conseguente non s'aveano da temere stravaganze da
sì saggio e sì ben costumato principe, ma bensì da sperar quella
emendazione e penitenza ch'egli in fatti gloriosamente accettò e fece.
Abbiamo dallo stesso arcivescovo[994] che da lì innanzi non passò
giorno, in cui il piissimo Teodosio non si ricordasse e dolesse del
gravissimo errore da lui commesso nella strage suddetta del popolo di
Tessalonica: tanta era la di lui conoscenza dei doveri del principe, e
principe cristiano[995]. Formò ancora una legge che le sentenze di morte
non si dovessero eseguire se non trenta giorni dopo la lor
pubblicazione. È stato creduto che di lui non di Graziano Augusto sia
una simil legge da noi rammentata all'anno 382, ma il padre Pagi lo
nega. Però da sregolata testa viene la trabocchevol censura fatta da
Crouzas contra di una delle più gloriose azioni di sant'Ambrosio: azione
per cui gli si professò sempre obbligato, finchè visse Teodosio, ed
accrebbe verso di lui il suo amore. Finiamo l'anno presente con dire che
per attestato di Marcellino conte[996] un obelisco magnifico fu alzato
nel circo di Costantinopoli[997] siccome ancora una colonna davanti al
tempio di santa Sofia, su cui fu posta la statua di Teodosio tutta di
argento, pesante settemila e quattrocento libbre. Questa poi, secondo
Zonara[998], fu levata di là da Giustiniano nell'anno diecisettesimo del
suo regno, non per mal animo verso Teodosio, ma per amore a quel
metallo. Aggiunge lo stesso Marcellino conte che fra _Arcadio Augusto_ e
_Galla_ imperadrice sua matrigna insorsero in quest'anno dei dissapori,
per i quali essa uscì, oppur fu cacciata di palazzo. Il natural buono e
pacifico di Arcadio non lascia credere molto verisimilmente un tal
fatto.
NOTE:
[976] Gothofred., Chronol. Cod. Theodos.
[977] L. 1 de Monach. Cod. Theodos.
[978] Sozom., l. 5, c. 17. Theodor., l. 5, c. 17. Rufinus, l. 2, c. 18.
[979] Paulin., Vit. Sancti Ambros.
[980] Miscell., l. 13.
[981] Theoph. 2 in Chronogr.
[982] Zonar., in Annal.
[983] Ambros., ep. LXI, Class. I.
[984] Paul., Vit. Sancti Ambros.
[985] Theod., lib. 5, cap. 17.
[986] Rufin., l. 3, c. 18. Sozomenus, l. 7, c. 25. Augustinus, de Civit.
Dei, lib. 5, cap. 26.
[987] August., ibidem.
[988] Paulin., Vit. Sancti Ambros.
[989] Rufinus, lib. 3, cap. 18.
[990] Sozom., lib. 7, cap. 25.
[991] Theod., lib. 5, cap. 17.
[992] Facundus, lib. 12, cap. 5.
[993] Ambros., in Psalm. 37.
[994] Ambros., Orat. de obitu Theodosii.
[995] Theodor., l. 5, c. 17.
[996] Marcellinus Comes, in Chron.
[997] Du-Cange, Hist. Byzant.
[998] Zonar., in Annal.
Anno di CRISTO CCCXCI. Indizione IV.
SIRICIO papa 7.
VALENTINIANO II imperad. 17.
TEODOSIO imperadore 13.
ARCADIO imperadore 9.
_Consoli_
TAZIANO e QUINTO AURELIO SIMMACO.
_Taziano_, e non già _Tiziano_, fu il console orientale di quest'anno,
Taziano, dico, il quale nel medesimo tempo esercitava la carica di
prefetto del pretorio in Oriente. _Simmaco_ quello stesso è di cui si è
parlato più volte di sopra, già prefetto di Roma, gran promotore del
paganesimo, e celebre fra i letterati per le sue lettere e per la sua
eloquenza alquanto selvatica. Dalle leggi[999] del codice Teodosiano
risulta che nel febbraio del presente anno era tuttavia prefetto di Roma
_Albino_. Trovasi poi nel dì 14 di luglio ornato di quel titolo
_Alipio_, il quale in una iscrizione rapportata dal Grutero[1000], si
vede nominato _Faltonio Probo Alipio_. Abbiamo leggi date col nome
d'amendue gl'imperadori in Milano nel mese di marzo, poscia altre date
ne' susseguenti mesi in Concordia, Vicenza ed Aquileia. Pretende il
padre Pagi[1001] che la pubblicata in Concordia, città d'Italia, sia da
riferire a Valentiniano juniore, il quale per conseguente dovea essere
tuttavia in Italia, senza essere passato nelle Gallie, per osservarsi la
medesima indirizzata a Flaviano prefetto del pretorio d'Italia e
dell'Illirico, giurisdizione d'esso Valentiniano. Noi potremmo tenere
per certa cotal opinione, se fosse indubitato che Teodosio non si
mischiasse per questi tempi nel governo ancora dell'Italia; del che pure
ci dà indizio la sua lunga permanenza in Milano. Noi, per altro, niuna
notizia abbiamo delle particolari azioni di Valentiniano spettanti a
questo anno, se non che le leggi suddette paiono indicare ch'egli stette
in Italia finchè vi dimorò Teodosio, giacchè abbiamo la suddetta legge
data in Aquileja nel dì 14 di luglio, che deve appartenere a lui, poichè
un'altra data in Costantinopoli nel dì 18 d'esso mese (la quale si dee
riferire a Teodosio) ci fa veder questo Augusto già uscito d'Italia, e
pervenuto colà. Ma o la data d'essa ultima legge è fallata, o pur fallò
Socrate in iscrivendo[1002] che Teodosio entrò col figlio suo Onorio in
Costantinopoli solamente nel dì 10 di novembre dell'anno presente.
Racconta Zosimo[1003], essersi esso Teodosio nel suo ritorno fermato in
Tessalonica, capitale della Tessalia e d'altre provincie, perchè trovò
quelle contrade maltrattate dai Barbari sbandati nelle precedenti
guerre, i quali, ricovrandosi ne' boschi e nelle paludi, e prevalendosi
della lontananza di Teodosio, commettevano continuamente saccheggi ed
assassinii. Andò arditamente in persona (se pur è credibile) lo stesso
Augusto a spiare dove era il ricovero di quei masnadieri; e, trovatolo,
mosse a quella volta i soldati, per man de' quali si fece un gran
macello di que' ribaldi. Generale di tale spedizione fu specialmente
_Promoto_, che in questa medesima occasione lasciò la vita in
un'imboscata a lui tesa dai Barbari. Pretende Zosimo che _Rufino_ mastro
degli uffizii, ossia maggiordomo di Teodosio, già molto potente nella
corte, per particolari suoi disgusti il facesse ammazzare, tenendo
segreta intelligenza co' Barbari. Ma parlando Claudiano di questa morte
ne' suoi poemi contro di Rufino, senza attribuirgli un sì fatto
tradimento, si può dubitare dell'asserzion di Zosimo. Secondo il
medesimo Claudiano[1004], Stilicone vendicò poi la morte di Promoto suo
amico con perseguitare i Bastarni uccisori del medesimo, e ridurli
insieme coi Goti, Unni ed altri Barbari che infestavano la Tracia, in
una stretta valle, dove tutti gli avrebbe potuti tagliare a pezzi, se il
traditor Rufino non avesse condotto Teodosio a far pace con essi.
L'anno fu questo in cui principalmente i due cattolici Augusti, fecero
risplendere il loro zelo in favore della religion cristiana e della vera
Chiesa di Dio. Abbiamo tre loro editti[1005], pubblicati contro degli
eretici ed apostati; e similmente due altri contra degli ostinati
pagani, vietando loro, sotto varie pene, ogni culto degl'idoli, ogni
sagrifizio, e l'entrar negli antichi templi del gentilesimo, per
adorarvi i falsi dii. Ma particolarmente stese Teodosio questi divieti e
pene all'Egitto, per le istanze di _Teofilo_ zelantissimo vescovo di
Alessandria. Marcellino conte[1006], all'anno 389 scrive che il gran
tempio di Serapide, anticamente eretto in quella città, fu allora
abbattuto, e l'opinione di lui fu seguitata dal cardinal Baronio, dal
Petavio e dal Tillemont. Ma il Gotofredo e il padre Pagi (forse con più
ragione) ne riferiscono la demolizione all'anno presente, in vigor delle
suddette leggi. Ammiano Marcellino[1007] parla di quel tempio, come di
una maraviglia del mondo, ed alcuni pretesero[1008] che fosse il più
grande e bello che esistesse sopra la terra. Una particolar descrizione
ce ne lasciò Rufino storico di questi tempi, tale rappresentandone la
magnificenza e ricchezza, che sembra ben fondato il giudizio di chi ne
fece il grande elogio. Incredibil era il concorso dei divoti pagani a
questo santuario della loro superstizione, e di qui ancora veniva grande
utilità e vantaggio alla stessa città di Alessandria. Socrate[1009],
Sozomeno[1010], Rufino[1011], Teodoreto[1012] ed altri, raccontano a
lungo l'occasione, in cui quel nido famoso del gentilesimo fu diroccato.
Me ne sbrigherò io in poche parole. Avendo il buon vescovo Teofilo
ottenuto da Teodosio un cadente tempio di Bacco per farne una chiesa, vi
scoprì delle grotte piene di ridicolose ed infami superstizioni dei
gentili, che fors'anche servivano all'impudicizia e alle ladrerie dei
sacerdoti pagani. Perchè fece condurre per la città queste obbrobriose
reliquie, i pagani, massimamente filosofi, scoppiarono in una
sollevazione contro dei cristiani; ne ferirono e ne uccisero molti; e
dipoi si afforzarono nel tempio, poco fa mentovato, di Serapide, da cui
sboccando di tanto in tanto, recavano gravi danni al popolo cristiano.
Informato di questa turbolenza Teodosio, siccome principe clemente, non
volle già gastigar le persone secondo il loro demerito, ma solamente che
fossero loro tolti tutti i templi, perchè occasioni più volte ad essi di
sedizioni. Essendo fuggiti i pagani per paura del gastigo, allora
Teofilo fece demolire quel superbo edifizio. Poscia tutti i busti di
Serapide sparsi per la città, e l'altre statue degli dii bugiardi, ed
ogni altro tempio de' gentili furono atterrati; nè solamente in
Alessandria, ma anche in altre città dell'Egitto e dell'Asia, con
trionfar la Croce, ed annientarsi sempre più l'imperio dell'idolatria e
dei demonii.
NOTE:
[999] Gothofred., Chronol. Cod. Theodos.
[1000] Gruter., pag. 286.
[1001] Pagius, Crit. Baron.
[1002] Socrates, lib. 5, cap. 18.
[1003] Zosimus, lib. 4, cap. 48.
[1004] Claud., Panegyr. Stilic., et in Rufin., lib. 1.
[1005] Gothofred., Chronol. Cod. Theodos.
[1006] Marcell. Comes, in Chron.
[1007] Ammian., Marcell., l. 22.
[1008] Theod., lib. 5, cap. 22.
[1009] Socrates, l. 5, cap. 16.
[1010] Sozom., lib. 7, cap. 15.
[1011] Rufinus, lib. 3.
[1012] Theod., lib. 5, cap. 22.
Anno di CRISTO CCCXCII. Indizione V.
SIRICIO papa 8.
TEODOSIO imperadore 14.
ARCADIO imperadore 10.
_Consoli_
FLAVIO ARCADIO AUGUSTO per la seconda volta, e RUFINO.
Orientali furono amendue i consoli. Il secondo, cioè _Rufino_, è quel
mal uomo che andava crescendo di autorità e potenza nella corte di
Teodosio Augusto. Videsi in questo anno una nuova deplorabil tragedia
nella persona di _Valentiniano II Augusto_. Era giunto questo principe
all'età di vent'anni, e dopo la partenza di Teodosio dall'Italia avendo
ripigliato il governo totale dei suoi stati, se n'era passato nella
Gallia per vegliare agli andamenti de' Barbari e dar buon sesto a quegli
affari. Noi abbiamo le mirabili qualità e belle doti di questo giovane
principe, a noi descritte con pennello maestro da sant'Ambrosio[1013],
cioè da quel sacro eloquentissimo pastore, che amava e teneva lui come
in luogo di figlio, e da lui ancora teneramente era amato. Dacchè mancò
di vita Giustina sua madre, seguace dell'arianesimo, e dacchè egli
cominciò a conversare col cattolico imperador Teodosio, si assodò egli
maggiormente nella vera fede e dottrina, e crebbe sempre più nella
divozion verso Dio, e nella correzione dei suoi giovanili difetti.
Dianzi si dilettava dei giuochi del circo, e dei combattimenti delle
fiere[1014]: rinunziò a tutti questi spassi. Dava negli occhi di ognuno
la sua amorevolezza, la sua modestia, e la cura gelosa della purità,
tuttochè non fosse ammogliato; tenendo egli in servitù il suo corpo e i
suoi sensi, più che non facevano i padroni i loro schiavi. Non si può
dire quanto foss'egli inclinato alla clemenza, quanto alieno dal caricar
di nuove imposte i suoi popoli, quanto abborrisse gli accusatori[1015].
Soprattutto professava amor per la giustizia, applicato agli affari, e
protettor dichiarato della religion cattolica; e siccome egli amava
grandemente i suoi sudditi, così dai sudditi suoi era universalmente
amato e riverito[1016]. Mentr'egli dunque dimorava nelle Gallie in
Vienna del Delfinato, lungi dai consigli di sant'Ambrosio, s'avvisarono
i senatori romani della fazion pagana, che questo fosse il tempo
propizio per rinnovar le batterie affin di ottener il ristabilimento del
sacrilegio altare della Vittoria, ma ritrovarono un principe, a cui
premeva più di piacere a Dio che agli uomini, e ne riportarono la
negativa. Per attestato di sant'Ambrosio[1017], poco tempo prima della
sua morte accadde questo illustre segnale del suo attaccamento alla
religione di Cristo. Insorsero intanto rumori di guerra dalla parte dei
Barbari, che essendo alle mani fra loro, minacciavano anche l'Alpi, per
le quali è divisa l'Italia dall'Illirico. Mosso da questi sospetti
sant'Ambrosio[1018] avea risoluto di passar nelle Gallie, per trattarne
con Valentiniano; ma inteso poi che lo stesso Augusto pensava di passar
egli in Italia, non si mosse. Allorchè Valentiniano seppe avere il santo
arcivescovo mutata risoluzione, gli spedì uno dei suoi uffiziali, di
quei che erano chiamati silenziarii, per pregarlo di non omettere
diligenza per venirlo a trovare, stante il suo desiderio di ricevere
dalle mani di lui il sacro battesimo (perchè non era se non catecumeno),
sì grande era l'amore e la stima sua verso quell'insigne prelato. Dopo
avere scritto e spedito a sant'Ambrosio, tale era la di lui impazienza
di vederlo, che due dì dopo dimandava se era ancor giunto. E ciò avvenne
nell'ultimo giorno di sua vita, come s'egli avesse un chiaro
presentimento della disavventura che gli accadde.
Conviene ora avvertire che dappoichè l'Augusto Valentiniano fu ito nelle
Gallie, per far ivi da padrone, ritrovò un uffiziale che si mise a fare
il padrone sopra di lui. Questi era _Arbogaste_, conte, generale
dell'armi in quelle provincie, lo stesso che avea tolto di vita Vittore
figlio di Massimo tiranno, e rimesse le Gallie alla ubbidienza d'esso
Valentiniano. Costui non si sa bene, se fosse di nazione Franco od
Alamanno, nè se nato nelle Gallie, concordando nondimeno i più[1019] in
riguardarlo di nascita, o almen di origine, Barbaro, e in dire che gran
credito si era acquistato colla sua bravura e perizia nell'arte
militare, ed anche nel disinteresse. Più a lui che al principe si
mostravano attaccati ed ubbidienti i soldati. Suida[1020] anch'egli ne
lasciò un elogio tratto da Eunapio e da Zosimo, autori, che per essere
pagani, volentieri lodarono Arbogaste della loro setta. Ma
Socrate[1021], Paolo Orosio[1022] e Marcellino conte[1023] cel dipingono
qual era in fatti, cioè uomo ruvido, altero, barbaro e capace di ogni
misfatto. Tal predominio prese egli nella corte[1024], che Valentiniano
tardò poco a vedersi divenuto un imperadore di stucco. Gregorio
Turonense[1025] cita qui uno storico più degno degli altri di fede,
perchè probabilmente vivuto nelle Gallie, e in questi tempi, appellato
_Sulpicio Alessandro_; il quale attesta aver Arbogaste tenuto
Valentiniano come prigione in Vienna, a guisa di un privato; aver date
le cariche militari non ai Romani, ma bensì ai barbari Franchi, e le
civili a persone unicamente dipendenti da lui; aver egli ridotta a tal
suggezione la corte, che niuno degli uffiziali osava di far cosa
ordinatagli da Valentiniano in voce o in iscritto, senza che questa
fosse prima approvata da Arbogaste[1026]. Ora trovandosi l'infelice
giovane Augusto in sì duro crogiuolo, altamente se ne lagnava e andava
scrivendo lettere a Teodosio Augusto, con avvisarlo degli strapazzi a
lui fatti, e con iscongiurarlo di venire in diligenza a liberarlo: se
no, ch'egli verrebbe a trovarlo. Una di queste lettere spedita senza
precauzione dovette essere intercetta da Arbogaste, e scoprirgli il
cuore e i desiderii del principe. Penetrato dipoi ch'egli meditava di
far il viaggio d'Italia, allora fu che per paura di vedersi più
efficacemente accusato presso di Teodosio, concepì il nero disegno di
torgli la vita. Certamente santo Ambrosio accenna che il disegno di
Valentiniano di venire in Italia cagion fu della sua rovina.
Zosimo[1027] e Filostorgio[1028] due altre particolarità aggiungono, che
si dovettero spacciare dipoi, senza saper noi se vere o false. Cioè che
un dì Valentiniano, non potendo più sofferire la schiavitù in cui si
trovava, assiso sul trono fece chiamare Arbogaste, e guatatolo con torva
occhiata gli presentò una polizza, portante che il privava della carica
di generale. Gli rispose con fiera altura costui che quella carica non
gliel'aveva egli data, nè togliere gliela poteva; e stracciata la carta
e gittatala per terra, se ne andò. O allora, o in altra occasione
accadde ancora, secondo Filostorgio, che Valentiniano per parole
offensive dettegli da Arbogaste, sì fattamente s'accese di collera, che
volle dar di mano alla spada di una guardia per ucciderlo. La guardia il
trattenne; e benchè egli dipoi cercasse di addolcir questo trasporto,
con dire che per l'impazienza di vedersi così maltrattato e vilipeso,
aveva voluto uccidere sè stesso, pure Arbogaste n'ebbe assai per
conoscere di qual animo fosse il principe verso di lui.
Non fu dunque da lì innanzi un segreto questa dissensione tra
Valentiniano ed Arbogaste[1029]. E perchè questi ne dava la colpa ad
alcune persone innocenti di corte, quasi che ascendessero il fuoco,
Valentiniano si protestava pronto di eleggere piuttosto la morte, che a
sofferir di vederle in pericolo per sua cagione. Nè già mancò chi
s'interpose per riconciliarli insieme, e vi si accomodava con sincerità
il giovane Augusto. Anzi fra gli altri motivi di chiamar santo Ambrosio
nelle Gallie, vi era ancor quello di voler lui per mallevadore della
progettata concordia. E lo stesso santo arcivescovo acerbamente si
afflisse dipoi[1030], per aver tardato ad andare, perchè avendo anche
Arbogaste molta stima di lui, avrebbe sperato di acconciar quegli
affari, e di risparmiare all'infelice principe il colpo che l'atterrò,
mentre esso Ambrosio era in cammino. Ma finiamola con dire che
Arbogaste, fors'anche per aver intesa la venuta di un prelato di tanto
credito, natagli apprensione, che tal maneggio fosse per suo danno,
s'affrettò a levar la vita a questo amabil Augusto. Venuto il dì 15 di
maggio dell'anno presente, secondo la chiara testimonianza di
sant'Epifanio[1031], Zosimo e Filostorgio dicono che egli, mentre si
divertiva sulla riva del Rodano, fu ucciso da Arbogaste, o pure dai di
lui sicarii. Ma la corrente degli scrittori, cioè Orosio, esso Epifanio,
Marcellino conte, Socrate ed altri, scrivono che egli fu una notte
strangolato per ordine di Arbogaste; e per far poi credere che egli da
sè stesso si fosse per disperazione levata la vita, la mattina si trovò
appeso il di lui corpo ad un trave. San Prospero, Rufino e Sozomeno pare
che prestassero fede a questa ingiuriosa voce, la quale è distrutta
dall'autorità di sant'Ambrosio, con aver egli sostenuto nell'orazion
funebre di esso principe, da lui poscia recitata in Milano, che, stante
la premura mostrata d'essere battezzato, l'anima di lui era in salvo. Di
questo così esecrando misfatto niun processo fu fatto dipoi per la
prepotenza di Arbogaste. Procurò egli bensì, per abbagliar la gente, di
comparir doglioso della sua morte, di fargli un solenne funerale nel dì
seguente della pentecoste, e di permettere che il suo corpo fosse
trasportato a Milano. Confessa sant'Ambrosio[1032] che i gemiti e le
lagrime dei popoli in tal congiuntura furono incessanti, parendo a
cadauno d'aver perduto piuttosto il lor padre che un imperadore, e che
fino i Barbari, e chi parea dianzi suo nemico, non poterono risparmiare
il pianto all'udire il miserabil fine di sì buon principe. _Giusta_ e
_Grata_ di lui sorelle, o sia che accompagnassero il di lui corpo, o
pure che si trovassero in Milano, non potevano darsi pace per sì gran
perdita; ed, assistendo alla sepoltura, che dopo due mesi gli fu data in
quella città presso il corpo di Graziano Augusto, ascoltarono quei
motivi di consolazione, che seppe loro somministrare nell'orazione
funebre il santo arcivescovo di Milano.
Si può credere che dopo l'orrida suddetta tragedia il perfido generale
Arbogaste avrebbe volentieri occupato il trono imperiale: ma o perchè
non volle con questo salto dichiararsi colpevole della morte del suo
sovrano, oppure, perchè essendo di nascita barbaro, giudicò pericoloso
il prendere lo scettro dei Romani[1033]: certo è ch'egli scelse persona
che portasse il nome d'imperadore, e ne lasciasse a lui tutta
l'autorità. Gran confidenza passava tra lui ed _Eugenio_, uomo che di
maestro di grammatica e di retorica, s'era alzato al grado di segretario
o d'archivista nella corte di Valentiniano[1034]. Se di lui parla
Simmaco in due sue lettere[1035], dove gli dà il titolo di
_chiarissimo_, potrebbe essere stato anche più eminente il di lui grado:
e Filostorgio[1036] sembra dire che fu maggiordomo. Era amicissimo del
general _Ricomere_, ma più di _Arbogaste_, e però opinion fu che fra lui
ed esso Arbogaste si formasse il concerto della morte di Valentiniano,
avendogli l'indegno conte promesso di crearlo imperadore. Così fu fatto.
Arbogaste imboccò le milizie, acciocchè il volessero e dichiarassero
Augusto; e però Eugenio salì sul trono, nè tardarono le provincie della
Gallia a riconoscerlo per loro signore. Quanto all'Italia abbiam pruove
nell'anno seguente, che anch'essa venne alla di lui ubbidienza. Ma per
conto dell'Africa e dell'Illirico, non v'ha apparenza che accettassero
la signoria del tiranno, tuttochè costui avesse in animo, anzi sperasse
gagliardamente l'acquisto di tutto l'imperio romano[1037], perchè i
pagani cominciarono ad empiergli la testa di vane promesse di vincere
Teodosio, tripudiando essi al vedere che Arbogaste, adoratore anch'egli
de' falsi dii, si dava a conoscere arbitro degli affari sotto il nuovo
tiranno. Portata intanto a Costantinopoli la nuova dell'assassinio di
Valentiniano; ne provò Teodosio una somma afflizione ed
inquietudine[1038], e _Gallia Augusta_, sorella dell'ucciso principe,
coi suoi pianti e lamenti mise sossopra quella real corte[1039]. Andava
il saggio principe ondeggiando fra i pensieri di pace e di guerra,
quando gli arrivò un'ambasceria spedita da Eugenio per intendere s'egli
il voleva o no per collega nell'imperio. Il capo di tal deputazione era
un Rufino ateniese, accompagnato da alcuni vescovi della Gallia, i quali
ebbero tanta sfrontatezza di difendere come innocente Arbogaste davanti
ad esso Augusto. Dopo la dimora di qualche tempo furono essi rispediti,
non si sa con quale risposta; ma ben si sa con ricchi regali, e
probabilmente senza quel frutto che desideravano. Già vedemmo che
_Rufino_ fu console nell'anno presente, e come egli aveva fatto levar di
vita il valoroso generale _Promoto_. Vi restava _Taziano_ prefetto del
pretorio d'Oriente, personaggio che gli faceva ombra, non men che
_Procolo_ di lui figliuolo, prefetto della città di Costantinopoli. Si
accinse Rufino ad atterrarli amendue, e gli riuscì il disegno. Secondo
le apparenze fece saltar fuori contra di loro delle accuse di avanie e
rubamenti da lor tutti ne' loro uffizii. Fu spogliato Taziano della
dignità di prefetto del pretorio, e in questa ebbe per successore lo
stesso Rufino, cominciandosi a veder leggi di Teodosio date sul fine
d'agosto, e indirizzate a lui con questo titolo. Procolo figlio d'esso
Taziano sul principio della tempesta se ne era fuggito, nè si sapea dove
fosse. Lasciossi infinocchiar cotanto suo padre dalle promesse di
Rufino, che il fece venire; ma continuò il processo contra di loro in
maniera tale che esso Taziano fu relegato nel suo paese, e condannato a
morte il figliuolo. La sentenza contra dell'ultimo fu eseguita nel dì 6
di decembre[1040]; perchè Teodosio spedì ben l'ordine della grazia, ma
colui che lo portava, passando d'intelligenza con Rufino, andò sì
lentamente che non arrivò a tempo di farla valere. Furono per ordine di
Teodosio cassati molti atti di Taziano e di Procolo; quantunque
Claudiano[1041] da lì a qualche anno mettesse fra i reati
dell'iniquissimo Rufino questa persecuzione fatta a Taziano e a suo
figlio, pure assai fondamento s'ha per credere che i lor vizi fossero
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Çirattagı - Annali d'Italia, vol. 2 - 21
- Büleklär
- Annali d'Italia, vol. 2 - 01Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4082Unikal süzlärneñ gomumi sanı 148438.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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- Annali d'Italia, vol. 2 - 19Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4259Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162840.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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- Annali d'Italia, vol. 2 - 24Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4262Unikal süzlärneñ gomumi sanı 163640.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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- Annali d'Italia, vol. 2 - 27Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4329Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161539.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 28Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4305Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161841.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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- Annali d'Italia, vol. 2 - 39Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4247Unikal süzlärneñ gomumi sanı 167440.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 40Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4207Unikal süzlärneñ gomumi sanı 158339.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 41Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4144Unikal süzlärneñ gomumi sanı 156041.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 42Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4135Unikal süzlärneñ gomumi sanı 140441.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 43Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4160Unikal süzlärneñ gomumi sanı 153839.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 44Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4137Unikal süzlärneñ gomumi sanı 147840.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 45Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4192Unikal süzlärneñ gomumi sanı 151438.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 46Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4202Unikal süzlärneñ gomumi sanı 145639.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 47Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4203Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157739.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 48Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4184Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154938.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.52.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 49Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4200Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154141.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 50Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4170Unikal süzlärneñ gomumi sanı 151539.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 51Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4292Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157739.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 52Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4208Unikal süzlärneñ gomumi sanı 159240.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 53Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4237Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161139.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.61.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 54Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4188Unikal süzlärneñ gomumi sanı 151339.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 55Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4172Unikal süzlärneñ gomumi sanı 158538.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.53.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.0 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 56Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4310Unikal süzlärneñ gomumi sanı 159240.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 57Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4224Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164439.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 58Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4271Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164641.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.65.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 59Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4350Unikal süzlärneñ gomumi sanı 163238.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.65.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 60Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4355Unikal süzlärneñ gomumi sanı 159541.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.65.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 61Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4427Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164440.6 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.65.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 62Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4458Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162741.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.65.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 63Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4368Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161241.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.68.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 64Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4390Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161141.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.3 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.66.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 65Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4404Unikal süzlärneñ gomumi sanı 166541.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 66Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4248Unikal süzlärneñ gomumi sanı 170639.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 67Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4329Unikal süzlärneñ gomumi sanı 161241.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 68Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4197Unikal süzlärneñ gomumi sanı 160839.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 69Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4341Unikal süzlärneñ gomumi sanı 155741.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.5 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 70Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4334Unikal süzlärneñ gomumi sanı 163942.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.65.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 71Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4212Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154039.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.55.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 72Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4255Unikal süzlärneñ gomumi sanı 150042.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 73Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4454Unikal süzlärneñ gomumi sanı 162944.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.68.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 74Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4301Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157041.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 75Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4252Unikal süzlärneñ gomumi sanı 152541.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 76Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4274Unikal süzlärneñ gomumi sanı 165438.7 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 77Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4306Unikal süzlärneñ gomumi sanı 153542.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.58.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.66.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 78Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4299Unikal süzlärneñ gomumi sanı 164242.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.3 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 79Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4207Unikal süzlärneñ gomumi sanı 154741.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 80Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4426Unikal süzlärneñ gomumi sanı 171039.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.54.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.62.6 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 81Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4380Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157539.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 82Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4310Unikal süzlärneñ gomumi sanı 153941.8 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.57.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 83Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4290Unikal süzlärneñ gomumi sanı 156140.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.5 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 84Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4254Unikal süzlärneñ gomumi sanı 157740.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.63.9 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 85Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4332Unikal süzlärneñ gomumi sanı 159742.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.59.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.65.2 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 86Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 4273Unikal süzlärneñ gomumi sanı 155041.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.56.0 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.64.4 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
- Annali d'Italia, vol. 2 - 87Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.Süzlärneñ gomumi sanı 546Unikal süzlärneñ gomumi sanı 33658.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.65.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.71.8 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.