Annali d'Italia, vol. 2 - 04

Süzlärneñ gomumi sanı 4331
Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1671
39.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
54.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
61.7 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
Härber sızık iñ yış oçrıy torgan 1000 süzlärneñ protsentnı kürsätä.
perchè ivi era nata la ribellione. Varie leggi[187] del Codice
Teodosiano ci fan vedere l'imperadore Costanzo nei primi sei mesi, ed
anche nel dicembre dell'anno presente, in Sirmio e Sabaria della
Pannonia; ma si può ben temere che non tutte quelle date sieno giuste.
NOTE:
[174] Cuspinianus. Bucherius.
[175] Chronic. Damasi. Baronius, Annal. Eccl. Pagius, Crit. Baron.
[176] Julian., Orat. I et II.
[177] Ammianus, lib. 31, cap. 11.
[178] Aurel. Victor, in Epitome.
[179] Zonaras, in Annal.
[180] L. 5, de infirmandis bis, quae sub Tyrann. Cod. Theodos.
[181] Tillemont, Mémoires des Empereurs.
[182] Julian., Orat. I.
[183] Zonar., in Annal.
[184] Hieron., in Chron.
[185] Theophanes, in Chronogr.
[186] Aurelius Victor, de Caesarib.
[187] Gothofred., Chron. Cod. Theod.


Anno di CRISTO CCCLIII. Indizione XI.
LIBERIO papa 2.
COSTANZO imperadore 17.
_Consoli_
FLAVIO COSTANZO AUGUSTO per la sesta volta e FLAVIO COSTANZO GALLO
CESARE per la seconda.

Continuò ad esercitar la prefettura di Roma _Nerazio Cereale_ sino al dì
8 di dicembre, nel qual giorno ebbe per successore _Memmio Vitrasio
Orfito_. L'anno fu questo in cui l'Augusto Costanzo giunse a terminar
felicemente la guerra contra del tiranno _Magnenzio_. S'era, siccome
dicemmo, ritirato costui nelle Gallie, dove attese a premunirsi il
meglio che potè, giacchè prevedeva che le forze di Costanzo erano per
cadere addosso di lui anche in quelle parti. Giuliano[188] ci assicura
ch'egli maggiormente si screditò per le tante estorsioni e crudeltà che
allora commise per unir danari, di modo che abbondavano i desiderosi
della di lui rovina. Abbiamo da Ammiano[189] che la città di Treveri
chiuse le porte a _Decenzio Cesare_ di lui fratello, ed elesse per suo
difensore un certo Pemenio, che poi nell'anno 335 ne pagò il fio.
Zosimo[190] ancora scrive che avvenne in questi tempi l'irruzione de'
Barbari della Germania nelle Gallie, procurata sotto mano con regali dal
medesimo Costanzo Augusto. Ma quello che probabilmente ridusse a mal
termine gli affari di Magnenzio fu l'andare i soldati ed uffiziali suoi
disertando, con passare al servigio del nemico imperadore. Perciò,
impoverito di forze, impedir non potè il passaggio delle Alpi all'armata
di Costanzo, riducendosi solamente a contrastarle i progressi al luogo
di monte Seleuco nell'Alpi Cozzie, posto nel Delfinato d'oggidì fra Die
e Gap. Quivi battaglia seguì fra i due nemici eserciti; e ne andò
sconfitto quel di Magnenzio. Perciò il tiranno, salvatosi a Lione con
poca gente di seguito, si trovò presto in istato di disperazione;
perchè, avvedutosi che i suoi soldati lo aveano come bloccato in casa,
con pensiero di darlo vivo in mano di Costanzo, uscì per ricordar ad
essi il loro dovere nel dì 15 d'agosto, come ha Socrate[191]. Ma
udito[192] che gridavano tutti: _Viva Costanzo Augusto_, rientrato nel
palazzo, e trasportato da rabbia e furore, uccise la propria sua madre,
ferì gravemente _Desiderio Cesare_ suo fratello; svenò ancora, o pure
ferì chi gli capitò davanti de' suoi cortigiani, ed in fine[193] colla
punta della spada rivolta al suo petto, correndo contro al muro, tal
ferita si diede, che col sangue uscì anche l'empia di lui anima,
esentando in tal guisa sè stesso dai tormenti che poteva aspettarsi,
cadendo in mano di Costanzo, ma non già da quei della divina giustizia
per le tante iniquità da lui commesse. _Decenzio Cesare_ suo fratello,
che chiamato veniva in aiuto di lui, arrivato alla città di Sens[194],
dove intese il fine di Magnenzio, anche egli, con istrozzar sè stesso,
terminò i suoi giorni nel dì 18 d'agosto. Zonara[195], che fa solamente
ferito _Desiderio Cesare_, altro di lui fratello, quando v'ha chi il
vuole ammazzato dal medesimo Magnenzio, scrive che guarito esso dalle
ferite, andò poscia a rendersi all'Augusto Costanzo, senza poi dire cosa
ne divenisse. Ed ecco il fine del tiranno _Magnenzio_, per la cui morte
niuna fatica durò più Costanzo ad aver l'ubbidienza di tutte le Gallie e
Spagne, e della Bretagna, e videsi, per conseguente, tutto l'antico
vasto imperio romano ridotto sotto il comando di lui solo.
Abbiamo nel Codice Teodosiano leggi[196] che ci fan vedere questo
imperadore in Ravenna nel dì 21 di luglio, in Lione nel dì 6 di
settembre, e in Arles nel dì 5 di novembre. Certo è ch'egli passò nelle
Gallie per rallegrare i suoi occhi in mirar sì grandi conquiste, ma non
già per recar allegrezze a' popoli di quelle contrade. Giuliano
Cesare[197], nell'orazione seconda fatta in onore d'esso Costanzo,
esalta molto la di lui clemenza verso coloro ancora che s'erano mostrati
più appassionati in favor di Magnenzio; ma è da credere che la sua penna
prendesse unicamente consiglio dall'adulazione. Comincia qui a comparire
in aiuto nostro la storia di Ammiano Marcellino, scrittore
contemporaneo, cioè il libro decimoquarto coi susseguenti, giacchè il
tempo ci ha rubato gli altri tredici precedenti. Ora egli scrive[198]
che pervenuto Costanzo ad Arles sul fin di settembre, o sul principio di
ottobre, quivi passò anche il verno. E che nel dì 8 d'esso ottobre
solennizzò i tricennali del suo imperio cesareo con singolare
magnificenza di divertimenti teatrali e di giuochi circensi: il che
fatto, s'applicò a contaminar la felicità ed allegrezza della vittoria,
con divenir più fiero e superbo, come Zosimo[199] lasciò scritto, e con
mettersi a far rigorosa giustizia degli amici e parziali dell'estinto
tiranno. Il peggio fu che da ogni banda saltarono su accusatori e
calunniatori, a' quali si prestava facilmente credenza, perchè
piacevano; e tanto addosso ai colpevoli (se pur colpa era l'aver dovuto
ubbidire ad un tiranno) quanto agl'innocenti si scaricò l'ira di
Costanzo e l'avidità del fisco, levando a non pochi di loro e roba e
vita, e condannando altri all'esilio. Ammiano ci lasciò un lagrimevol
racconto di tali crudeltà, delle quali spezialmente fu ministro un Paolo
Spagnuolo, notaio di corte, spedito anche nella Bretagna, per far quivi
buona caccia: azioni tutte di grave discredito alla riputazion di
Costanzo, il quale sì malamente pagava i benefizii a lui compartiti da
Dio. Ai primi mesi di quest'anno pare che appartengano le nozze d'esso
imperadore con _Eusebia_, figliuola d'un console di Tessalonica, lodata
dagli antichi scrittori[200] per la sua beltà, ma più per la saviezza e
regolatezza de' suoi costumi, e per la letteratura superiore all'uso del
suo sesso; ma non esente però da difetti, siccome vedremo. Era Costanzo
da qualche tempo vedovo, senza aver potuto ricavar prole da più d'uno
antecedente matrimonio; e quantunque egli amasse non poco questa nuova
compagna, nè pur col tempo da essa riportò alcuno de' sospirati frutti.
Due fratelli ancora aveva essa Eusebia, cioè _Eusebio_ ed _Idacio_, che
furono poi consoli, avendo ella principalmente fatta servire l'autorità
sua per esaltare i suoi parenti e gli amici della sua famiglia. Vero è
che Ammiano parla della di lei prudenza; ma non seppe ella guardarsi dal
fasto e dalla superbia, maligni ed ordinarii compagni delle umane
grandezze. Intorno a ciò abbiamo un caso narrato da Suida[201]. Tenevano
i vescovi ariani d'Oriente un concilio in una città, dove anche
soggiornava l'Augusta _Eusebia_; e portatisi ad inchinarla, furono da
essa ricevuti con gran contegno ed altura. Il solo _Leonzio_, vescovo di
Tripoli in Lidia, ariano anche esso, e di testa non meno alta che quella
dell'imperadrice, si astenne dal visitarla. Fumò per la collera Eusebia;
ma tuttavia si contenne o contentossi di fargli ricordare il suo dovere,
offerendosi ancora di dargli una somma di danaro e di fargli fabbricare
una chiesa. Leonzio le fece rispondere che v'andrebbe ogni qual volta
ella fosse disposta a riceverlo col rispetto dovuto ad un vescovo, cioè
a venirgli incontro, e ad inchinarsi per prendere la sua benedizione;
altrimenti egli non intendeva di voler avvilire la dignità episcopale. A
tale risposta smaniò l'altera principessa, proruppe in indecenti
minaccie, e corse in fatti al marito, dolendosi come di un grave
affronto, ed attizzandolo alla vendetta. Costanzo più saggio di lei,
dopo aver lodato la generosa libertà del vescovo, consigliò l'adirata
signora ad attendere ai grandi affari della sua toletta. Ma se questo
prelato ariano volle correggere il fasto dell'imperadrice con un
maggiore dal canto suo, non si può già lodare; perchè lo spirito del
cristianesimo ha da essere spirato d'umiltà, e i saggi sanno accordar
insieme questa virtù col sostenere nello stesso tempo il decoro dovuto
alla lor dignità. Abbiamo poi da Ammiano[202] che, non ostante così
prosperosi successi dell'armi di Costanzo Augusto, le Gallie non
goderono in questi tempi pace, perchè infestate dalle scorrerie delle
nazioni germaniche, e dai soldati di Magnenzio o cassati o pertinaci
nella primiera ribellione. In Roma ancora si provarono sedizioni per la
penuria del vino, o pure per i mali effetti dell'abbondanza e dell'ozio.
Un bel ritratto fa qui Ammiano del lusso e dei corrotti costumi de'
Romani d'allora, confessando nulladimeno che quella gran città era
tuttavia in venerazione presso d'ognuno. L'Oriente anch'esso fieramente
restò turbato dalle incursioni degli Isauri, che si stesero per varie
provincie, dando il sacco dappertutto; e nel medesimo tempo i Saraceni
infestarono non poco la Mesopotamia. Finalmente, se son giusti i conti
del Gotofredo, appartiene a quest'anno un'importante legge[203]
dell'Augusto Costanzo, indirizzata a _Tauro_ prefetto del pretorio
d'Italia, con cui fu ordinato che per tutte le città e in ogni luogo
d'Italia si chiudessero i templi dei gentili, e fossero vietati i
sacrifizii ai falsi dii; e ciò sotto pena della vita e del confisco di
tutti i beni. A questa legge pare che avesse riguardo Sozomeno[204],
allorchè anch'egli accenna l'imperial comandamento di chiudere i templi
del paganesimo. E perciocchè il tiranno Magnenzio, condiscendendo alle
istanze de' gentili, avea permesso loro il far de' sacrifizii in tempo
di notte, Costanzo con altra legge[205] cassò quella licenza: il che non
bastò già ad estinguere le inveterate superstizioni, trovandosi anche da
lì innanzi dei sagrifizii notturni fatti al dio Mitra, cioè al sole,
come consta da alcune iscrizioni che si leggono nella mia Raccolta[206]
ed altrove.
NOTE:
[188] Julian., Orat. I.
[189] Ammianus Marcellinus, lib. 15, cap. 6.
[190] Zosimus, lib. 2, cap. 53.
[191] Socrates, in Histor. Eccles.
[192] Sozom. Zonaras. Zosimus et alii.
[193] Aurelius Victor, in Epitome.
[194] Idacius, in Fastis. Hieron., in Chronic. Eutrop., in Brev.
Zosimus, lib. 2, cap. 53.
[195] Zonaras, in Annalib.
[196] Gothofr., Chron. Cod. Theodos.
[197] Julian., Orat. II.
[198] Ammianus Marcellinus, lib. 14, cap. 5.
[199] Zosimus, lib. 2, cap. 54.
[200] Aurelius Victor, in Epitome. Julian., Orat. III. Ammianus, lib.
21. Zosimus, lib. 3, cap. 1.
[201] Suidas, in Lexico, ad verbum _Leontius_.
[202] Ammian., lib. 14 et seq.
[203] L. 4, _Placutt._ De Paganis Cod. Theod.
[204] Sozomenus, Histor., lib. 3, cap. 16.
[205] L. 5, de Paganis. Cod. eodem.
[206] Thes. Novus Inscript. Class. Cons.


Anno di CRISTO CCCLIV. Indizione XII.
LIBERIO papa 3.
COSTANZO imperadore 18.
_Consoli_
FLAVIO COSTANZO AUGUSTO per la settima volta e FLAVIO COSTANZO GALLO
CESARE per la terza.

Continuò anche per quest'anno ad esercitar la prefettura di Roma _Memmio
Vetrasio Orfito_, siccome consta dal Catalogo antichissimo pubblicato
dal Cuspiniano e poi dal Bucherio, che in questo anno viene a noi meno,
convenendo cercar altronde i successori in essa dignità. Dopo avere
l'Augusto Costanzo passato il verno in Arles, città allora delle
primarie delle Gallie, avvicinandosi la primavera, passò a Valenza[207],
con animo di portar la guerra addosso a _Gundomado_ e _Vadomario_
fratelli, re degli Alamanni, per vendicar le frequenti incursioni fatte
da loro nel paese romano. La massa delle milizie si faceva a Sciallon
sopra la Sona; ma perchè i tempi cattivi impedivano il trasporto de'
viveri, l'esercito che ne penuriava, si ammutinò, e bisognò inviar colà
_Eusebio_ mastro di camera che, guadagnati con danaro i principali,
quietò il tumulto. Misesi finalmente in marcia quell'armata collo stesso
Augusto, e dopo molti disagi pervenuta al Reno al disopra di Basilea,
quivi tentò di gittar un ponte sul fiume. Per le freccie, che
diluviavano dalla ripa opposta, si trovò quasi impossibile; ma avendo
persona, pratica del paese e ben regalata, scoperto un buon guado, per
di là passarono tutti nel territorio nemico, ed avrebbono potuto
lasciare una funesta memoria agli Alamanni, se qualche uffiziale
dell'esercito imperiale, ma di essa nazione, non avesse pietosamente
avvertiti i re nemici del pericolo in cui si trovavano, e per cui
spedirono tosto ambasciatori ad umiliarsi e chiedere pace. Non durò
fatica l'uffizialità a consentire, forse perchè sapevano essere Costanzo
fortunato nelle guerre civili, molto sventurato nelle altre. Fu dunque
conchiusa la pace, con accettar l'esibizione fatta dagli Alamanni di
somministrare all'imperadore delle truppe ausiliarie. Dovette poi
Costanzo fare un giro per l'Italia,[208] trovandosi leggi da lui date in
Milano, Cesena e Ravenna, con tornare in fine a Milano, dove, per
attestato di Ammiano, egli si trattenne per tutto il verno seguente.
Correva già gran tempo ch'esso Augusto era disgustato di _Gallo Cesare_
suo cugino, a cui già vedemmo appoggiato il governo dell'Oriente; e ciò
a cagione de' suoi mali portamenti. Non aveva questo principe più di
ventiquattro anni, allorchè fu promosso alla dignità cesarea da
Costanzo. Il trovarsi egli portato improvvisamente sì alto dalla bassa
fortuna, in cui era vivuto per l'addietro; l'aver per moglie una sorella
dell'imperadore; l'essere suo cugino, e il godere un'autorità quasi
sovrana in tante belle provincie, gli mandò tosto dei fumi alla testa,
accresciuti da qualche buon successo dell'armi sue contra de' nemici
dell'imperio, e dagli adulatori e panegiristi, fra' quali si conta anche
Libanio sofista. A renderlo anche più cattivo e crudele contribuì non
poco _Costantina_ sua moglie, che portava il titolo d'Augusta, donna
piena d'orgoglio, che Ammiano[209], forse con eccesso di passione,
arrivò a chiamare una Megera; la quale in vece di addolcirlo, lo andava
incitando continuamente ai processi e alle morti, non mancando mai
pretesti per opprimere anche le persone più illustri ed innocenti.
Professava Gallo, è vero, la religione cristiana[210], e per cura sua
seguì in Antiochia la traslazione del corpo del celebre martire s.
Babila; ma non men di Costanzo Augusto favoriva anch'egli e fomentava
l'arianismo: perlochè Filostorgio[211] ariano parla assai bene di lui.
Ma convengono gli storici tutti d'allora che non lieve era la sua
crudeltà ed ingiustizia; e infin lo stesso Giuliano[212] suo fratello,
contuttochè si sforzi di scusar le di lui azioni, e di rigettarne la
colpa addosso a Costanzo Augusto, pure confessa ch'egli fu d'umore
selvatico e fiero, e non fatto per regnare. Ma lo storico Ammiano senza
briglia scorre nelle accuse di questo principe, dipingendolo per uomo di
testa leggiera, pieno sempre di sospetti, credulo ad ogni calunnia, e
però portato a spargere il sangue ancora degl'innocenti, non che dei
veri colpevoli. Faceva egli uno studio particolare col mezzo di
assaissime spie per saper quello che si diceva di lui anche nelle case
private; e per chiarirsene meglio cominciò ad usare di andar la notte
travestito per le osterie e botteghe. Ma non durò molto questa sua
viltà, perchè essendo le strade in Antiochia illuminate da molte lumiere
la notte, in guisa che quasi vi compariva al chiarezza del giorno (il
che si praticava allora anche in altre città), egli fu più di una volta
riconosciuto, nè più si attentò ad esporsi a maggiori pericoli. Ma non
gli mancavano relatori di quanto si diceva, o pur si fingeva che si
dicesse; e ad ognuno si dava benigno ascolto, e poi senza processi, e
senza dar le difese, facilmente si procedeva alle condanne. Perchè
Libanio sofista[213] gli era assai caro (verisimilmente per le sue
adulazioni) la scappò netta un giorno. Da chi gli voleva male fu
subornato un uomo iniquo ad accusarlo di sortilegi contro la persona
dello stesso Gallo. Ma Gallo freddamente gli rispose che andasse a
produr tali accuse davanti ai giudici ordinarii; e con ciò si sciolse in
fumo la meditata trama. Accaddero dipoi varii disordini in Antiochia per
la carestia del grano. Perchè a cagion d'essa i magistrati non poterono
soddisfare alla di lui premura per una festa, ne fece morir alcuni, ed
altri cacciò nelle carceri: il che accrebbe il male. Andossene egli a
Jerapoli, senza provvedere al bisogno del popolo, con aver solamente
dato per risposta che _Teofilo_ governatore della Soria avea gli ordini
opportuni. Lasciò in tal guisa esposto quel ministro al furor della
plebe, la quale, vedendo sempre più incarire i viveri, un dì gli pose le
mani addosso, e dopo averlo barbaramente ucciso, strascinò il di lui
cadavero per le strade.
Erano riferiti a Costanzo Augusto tutti questi ed altri disordini ch'io
tralascio; e però a poco a poco cominciò a ritirare di sotto al comando
di Gallo le milizie di quelle parti. Poscia, in occasione[214] che mancò
di vita _Talassio_ prefetto del pretorio d'Oriente, mandò colà
_Domiziano_ ad esercitar quell'autorevole impiego, riconoscendosi da ciò
che gli imperadori, nel dare allora i governi ai Cesari, si riserbavano
l'elezione almen delle cariche principali. Seco portò Domiziano un
ordine segreto d'indurre con bella maniera e tutta dolcezza Gallo a dare
una scorsa in Italia. Ma siccome costui era un uomaccio ruvido ed
incivile, arrivato ad Antiochia, passò davanti al palazzo del principe,
senza curarsi di usare con lui atto alcuno di rispetto, e portatosi
all'abitazion consueta dei prefetti del pretorio, quivi si fermò per
qualche tempo senza uscirne, con allegar degl'incomodi di sanità, ma
intanto raccogliendo tutto il male che si diceva di Gallo, per avvisarne
l'imperadore. Chiamato poi da esso Cesare, andò in fine a visitarlo, e
fra le altre cose sgarbatamente gli disse, esservi ordine di Costanzo
ch'esso principe andasse in Italia; perchè, altrimenti facendo,
comanderebbe che gli fossero trattenuti i salari e le provvisioni solite
a somministrarsi a lui e alla sua famiglia: e, ciò detto,
dispettosamente se ne andò. Gallo, giacchè Domiziano, benchè invitato
altre volle, non si lasciò più vedere, montato in collera, mandò parte
delle sue guardie a rinserrarlo in casa[215]; e perciocchè Monzio,
ossia, come altri lo appellarono, Magno questore, parlò a quelle
guardie, con dir loro che quando pur volevano far simili violenze a un
sì riguardevole uffiziale dell'imperadore, dovevano prima abbattere le
statue dell'Augusto Costanzo, cioè venire alla ribellione: Gallo Cesare,
di ciò avvertito, andò sì fattamente in furia, che spinse le guardie
addosso al questore, il quale insieme col prefetto Domiziano fu in breve
messo a pezzi, e i lor corpi gittati nel fiume. A questi sconcerti ne
tennero dietro degli altri, che tutti riferiti a Costanzo imperadore, il
misero in grande agitazione, e tanto più, perchè saltò su il timore che
Gallo fosse dietro a far delle novità, e meditasse di usurpare
l'imperio. Questo timore agevolmente in cuore di lui nato, perchè
principe naturalmente sospettoso, poscia fu avvalorato[216] da Dinamio e
Picenzio, iniqui suoi cortigiani, e da _Lampadio_ prefetto del pretorio,
uomo sommamente ambizioso, e dagli eunuchi di corte, che gran credito
aveano presso il regnante. Socrate[217] fu d'avviso che ben fondati
fossero i sospetti di Costanzo, ed Ammiano inclinò anch'egli a credere
dei perniciosi disegni in Gallo. Giuliano[218] di lui fratello, e Zosimo
pretendono tutto ciò falso. La gelosia di Stato ne' principi,
massimamente deboli, è un mantice che di continuo loro ispira le più
violente risoluzioni; e così ora avvenne, con prendere Costanzo la
determinazione di levare al cugino Gallo, non solamente la porpora, ma
anche la vita.
La maniera da lui tenuta, per compiere tal disegno, fu la seguente.
Chiamò prima in Italia _Ursicino_, generale delle armi in Oriente[219],
per paura ch'egli non si unisse con Gallo, o facesse altra novità in
quelle parti. Venuto ch'egli fu, Costanzo spedì a Gallo una lettera,
tutta profumata di espressioni amorevoli, pregandolo di venire a
trovarlo in Italia, per consultar seco intorno ai bisogni presenti, e
massimamente intorno ai Persiani, che minacciavano un'irruzione nelle
provincie romane. Nello stesso tempo fece sapere a _Costantina_ sua
sorella, che se voleva dargli una gran consolazione, venisse anch'ella
alla corte. Attesta Filostorgio[220] che questa chiamata pose in somma
apprensione tanto Gallo che la moglie: tuttavia fu creduto che andando
Costantina innanzi, saprebbe essa ammollir l'ira del fratello ed ottener
grazia pel marito. Però ella si mise in viaggio, e Gallo le tenne
dietro. Ma giunta Costantina nella Bitinia al luogo di Cene, quivi
assalita da maligna febbre, terminò il corso del suo vivere, e il corpo
suo fu portato dipoi a Roma, e seppellito nella chiesa di sant'Agnese,
già da lei fabbricata. Allora Gallo si vide come perduto; e, se Ammiano
dice il vero, pensò ad usurpar l'imperio; ma non ne trovò i mezzi,
perchè odiato dai più, e perchè Costanzo gli avea tagliate le penne, con
levargli le milizie. Incoraggito poi dagli adulatori, arrivò a
Costantinopoli, dove si fermò a vedere i giuochi circensi, benchè
sollecitato dalle lettere di Costanzo che l'aspettava a braccia aperte,
e mandato aveva intanto uffiziali per vegliare sopra le di lui azioni,
sotto pretesto di servirlo nel viaggio. Lasciò Gallo in Andrinopoli
buona parte della sua famiglia, e con pochi de' suoi giunse a Petovione,
oggidì Petau, vicino al fiume Dravo, dove poco stette ad arrivar anche
_Barbazione_ conte de' domestici, ossia capitan delle guardie, che molte
calunnie avea prima inventato contra di lui[221], e non tardò a
spogliarlo della porpora e di tutti gli altri ornamenti principeschi,
assicurandolo poi con più giuramenti a nome di Costanzo, che niun altro
male gli accaderebbe. Ma il misero fu condotto di poi alla fortezza di
Fianone sulle coste della Dalmazia, ossia dell'Istria, vicino a Pola,
dove a Crispo, figliuolo del gran Costantino, negli anni addietro era
stata tolta la vita, e dove Gallo fu sequestrato sotto buona guardia.
Credesi che veramente l'Augusto Costanzo avesse intenzione di non far di
peggio al deposto cugino; ma tanto picchiarono Eusebio e gli altri
eunuchi di corte, che mutò massima. Fu inviato lo stesso Eusebio con
Pentado segretario, per esaminarlo intorno alla morte di Domiziano e
d'altri, secondochè si ha da Ammiano: il che è da contrapporre a
Giuliano[222] e Libanio[223], che il dicono condennato senza ascoltarlo.
Rispedì poi Costanzo lo stesso Pentado ad eseguir la sentenza di morte
fulminata contra di Gallo; e quantunque Filostorgio[224] e Zonara[225]
scrivano ch'egli pentito inviò un ordine in contrario, questo, per frode
degli eunuchi, non arrivò a tempo, e Gallo ebbe mozzata la testa.
Cattivo fine fecero poi coloro che maggiormente colle lor bugie aveano
contribuito alla di lui morte, come Barbazione, Scudilone ed altri.
Scaricossi ancora lo sdegno di Costanzo, principe implacabile, come
avviene a chiunque è di picciolo cuore, sopra gli uccisori di Domiziano
e di Monzio: giacchè trovandosi esso Augusto solo possessore del romano
imperio, diviso per tanto tempo addietro fra più imperatori e
cesari[226], andava ogni dì più crescendo la di lui crudeltà ed
orgoglio. Fatto anche venir dalla Cappadocia _Giuliano_, fratello
dell'estinto Gallo, poco mancò che a lui pure non levasse la vita per le
suggestioni degli adulatori di corte; ma interpostasi in favore di lui
l'Augusta _Eusebia_, fu mandato a Como, e poscia ottenne di poter
passare ad Atene, per continuar lo studio delle lettere che era il suo
favorito.
Abbiamo da Ammiano che in questo anno, per avere alcuni popoli
dell'Alemagna fatte più incursioni nelle terre romane verso il lago di
Costanza, Costanzo Augusto nella state mosse l'armata contra di loro, e
fermatosi nel paese di Coira, inviò innanzi _Arbezione_, che sulle prime
ebbe delle busse, ma poscia in un secondo combattimento sconfisse i
nemici: perlochè Costanzo tutto glorioso ed allegro se ne tornò a
Milano, dove passò ancora il verno seguente. A quest'anno appartiene pur
anche la ribellion[227] di _Silvano_, nobile e valoroso capitano
franzese, quel medesimo che, abbandonato il tiranno Magnenzio prima
della battaglia di Mursa, era passato ai servigi dell'Augusto Costanzo,
e creato dipoi generale di fanteria, fu inviato nelle Gallie per
reprimere i barbari germanici, che mettevano a sacco e fuoco quelle
contrade. Che che dicano di lui Giuliano[228] e Mamertino[229], si crede
che Silvano procedesse da uomo prode ed onorato in far guerra contra de'
Barbari. Ma non gli mancavano emuli e nemici alla corte, i quali
procurarono la di lui rovina. Dinamio, uno dei bassi cortigiani, per
quanto si disse, fu il fabbricator della trama. Impetrò egli lettere
commendatizie da Silvano a varii personaggi di corte, e poi ritenuta la
sottoscrizione, e scancellate con pennello le altre lettere della
pergamena, vi scrisse ciò che volle, cioè delle preghiere in gergo ad
essi suoi amici, per essere aiutato a salire dove la fortuna il
chiamava. Portate dall'iniquo Dinamio tali lettere a _Lampadio_ prefetto
del pretorio, che poi si sospettò complice della frode, passarono sotto
gli occhi di Costanzo; e tosto saltò fuori l'ordine della carcerazione
delle persone alle quali erano indirizzati que' fogli. Fu ancora spedito
nelle Gallie Apodemo, per far venire Silvano alla corte; ma costui prima
di avvisarlo, si predè ad occupare i di lui beni, e a tormentare alcuni
dei di lui dipendenti. Ciò diede impulso a Silvano di non volersi
arrischiare al viaggio d'Italia, essendo egli assai persuaso che in
questi tempi l'essere accusato e condennato era facilmente lo stesso; e
però non sapendo qual partito prendere, si ridusse a farsi proclamare
_Augusto_ dalle milizie di suo comando. Troppo sventuratamente per lui,
perchè in questo mentre essendosi scoperte le furberie di Dinamio alla
corte, e per conseguente la di lui innocenza, se avesse tardato a far
quel gran passo, era in salvo l'onore e la vita sua. Giunto a Milano
l'avviso della di lui ribellione, ne sguazzarono i suoi emuli, al vedere
fortunatamente verificati i lor falsi rapporti; e Costanzo Augusto inviò
tosto nelle Gallie _Ursicino conte_, il quale a dirittura si portò a
Colonia; e fingendo d'essere colà andato per unirsi con Silvano, entrò
seco facilmente in confidenza finchè sotto mano guadagnati alcuni
soldati, il fece un dì tagliare a pezzi, dopo soli ventotto giorni
dell'usurpato imperio. Aspra giustizia fu dipoi fatta di alcuni complici
di Silvano. Contuttociò si mostrò questa volta sì discreto
Costanzo[230], probabilmente perchè capì essere stato precipitato
l'infelice in quella risoluzione non da mala volontà, ma da un giusto
timore, che presto desistè dal perseguitare i di lui amici[231], anzi
volle che fossero conservati tutti i di lui beni ad un suo figliuolo,
lasciato dianzi in corte per ostaggio della sua fede. Vi ha chi mette
all'anno seguente il fatto di Silvano. Io, tenendo dietro a s.
Girolamo[232], ne ho parlato in questo, giacchè egli sotto lo stesso
anno riferisce le tragedie di Gallo e di Silvano.
NOTE:
[207] Ammianus, lib. 14, cap. 10.
[208] Gothofred., Chronolog. Cod. Theodos.
[209] Ammianus, lib. 14, cap. 1.
[210] Sozomenus, Hist., lib. 4, cap. 19. Chrysostomus, in Gen., et alii.
[211] Philostorgius, lib. 3, cap. 27.
[212] Julian., Epist. ad Athen.
[213] Liban., in Vita.
[214] Ammianus, lib. 13, cap. 7.
[215] Sozom., Hist., lib. 4, cap. 2. Epiphan. Scholast. Theoph., in
Chronogr.
[216] Ammian., lib 14, cap. 8, et lib. 15.
[217] Socrates, Hist., lib. 2, cap. 34.
[218] Julian., Epist. ad Athen.
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Çirattagı - Annali d'Italia, vol. 2 - 05
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4285
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1656
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 38
    Süzlärneñ gomumi sanı 4297
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1758
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4247
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4207
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4192
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    54.6 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4202
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1456
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    55.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1577
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 52
    Süzlärneñ gomumi sanı 4208
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1592
    40.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4188
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1513
    39.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4172
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    38.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4310
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1592
    40.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.7 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1644
    39.1 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    54.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 58
    Süzlärneñ gomumi sanı 4271
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1646
    41.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    56.8 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4350
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1632
    38.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    56.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    65.1 süzlär 8000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 60
    Süzlärneñ gomumi sanı 4355
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1595
    41.2 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    57.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4427
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1644
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    56.4 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 62
    Süzlärneñ gomumi sanı 4458
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1627
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 63
    Süzlärneñ gomumi sanı 4368
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1612
    41.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 64
    Süzlärneñ gomumi sanı 4390
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1611
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 65
    Süzlärneñ gomumi sanı 4404
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1665
    41.9 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4248
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1706
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 67
    Süzlärneñ gomumi sanı 4329
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1612
    41.0 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.1 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 68
    Süzlärneñ gomumi sanı 4197
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1608
    39.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    56.2 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 69
    Süzlärneñ gomumi sanı 4341
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1557
    41.4 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
    55.9 süzlär 5000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4334
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1639
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1540
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    Süzlärneñ gomumi sanı 4255
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1500
    42.5 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1629
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 75
    Süzlärneñ gomumi sanı 4252
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1525
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 76
    Süzlärneñ gomumi sanı 4274
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1654
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 77
    Süzlärneñ gomumi sanı 4306
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1535
    42.3 süzlär 2000 iñ yış oçrıy torgan süzlärgä kerä.
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 78
    Süzlärneñ gomumi sanı 4299
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1642
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 79
    Süzlärneñ gomumi sanı 4207
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1547
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 80
    Süzlärneñ gomumi sanı 4426
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1710
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 81
    Süzlärneñ gomumi sanı 4380
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1575
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 82
    Süzlärneñ gomumi sanı 4310
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 83
    Süzlärneñ gomumi sanı 4290
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 84
    Süzlärneñ gomumi sanı 4254
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1577
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 85
    Süzlärneñ gomumi sanı 4332
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1597
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 86
    Süzlärneñ gomumi sanı 4273
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 1550
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  • Annali d'Italia, vol. 2 - 87
    Süzlärneñ gomumi sanı 546
    Unikal süzlärneñ gomumi sanı 336
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