Viaggio a Costantinopoli (1609-1621) - 4

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alla soddisfazione e gusto ricevuto; il medesimo modo fa con tutte le
altre che gli danno nell'umore, continuando più con l'una che con
le altre, secondo il gusto e l'affezione che gli porta; e quella che
riesce gravida, è medesimamente nominata Sultana Regina, e se fa un
maschio, con grandissime feste viene confermata.
Ha detta Regina il suo appartamento di stanze nobilissime e gli viene
immediatamente formata la casa di servitù d'ogni sorte; e gli assegna
il Re entrata sufficientissima per poter donare e spender largamente in
tutto quello che gli bisognasse; e tutte del Serraglio la riconoscono
per tale con molto onore e riverenza. Le altre donne, se bene figliano,
non sono chiamate Regine, ma Sultane solamente, per avere avuto
commercio carnale con il Re; e sola è nominata Regina quella che si
trova madre del Principe successore all'Imperio. Le quali Sultane,
per esser praticate dal Re a suo piacere, hanno anche esse questa
prerogativa d'esser immediatamente levate del comune delle altre, e
poste a parte, con assegnamento di stanze, con servitù, e ricevono
assegnamento di tanti aspri al giorno per li loro bisogni; nè li
mancano vestimenti d'ogni sorte bellissimi, per potere comparire fra le
altre sontuosissime.
Tutte queste Sultane praticano con molta dimestichezza e con
altrettanta dissimulazione fra loro, per non dar disgusto al Re, perchè
essendo schiave e vivendo con gran timore e gelosia della Maestà
Sua, ognuna si sforza di darle nell'umore, per esser più favorita ed
accarezzata delle altre; e se per caso occorresse che il figliuolo
maschio della prima, detto il Principe, morisse, e che un'altra avesse
partorito il secondo figliuolo, questa del secondo, per subentrar
Principe il figliuolo, sarìa Regina, e la prima restarìa Sultana; e
così di mano in mano cammina la successione con il titolo.
La Regina viene alle volte sposata dal Re ed alle volte resta senza il
_Chibin_, che vuol dire senza il segno di dota e senza la cerimonia
del contratto nuziale, che altro non è, secondo il costume turchesco,
che alla presenza del loro Muftì, che è come il Pontefice, dà
l'assenso del matrimonio del quale si fa l'oggetto, cioè instrumento
autentico, declaratorio non solo della volontà delli contraenti, ma
della dote che li assegna il Re. La causa perchè rare volte sono
sposate le Regine, è per non smembrare il patrimonio reale di circa
un mezzo milion di zecchini di entrata all'anno; ch'è quello che
Selim Imperatore, avendo voluto fare tale solennità, lasciò per Canon
che dovesse esser dato in dota all'Imperatrice moglie, perchè avesse
comodo di spendere largamente, di fabbricar moschee ed ospitali, e
farsi per ogni verso onorare e stimare. Ed essendo ora dette entrate
applicate ad altro, difficilmente li Bassà grandi consigliano li Re
a doverlo fare; anzi quando possono, gli persuadono ad astenersi,
perchè non vedono volentieri più d'un capo dominante nell'Imperio:
ma con tutto ciò, sposate o non sposate, come madri del Principe si
chiamano Regine, e per tali sono conosciute ed onorate con presenti,
e particolarmente viene riverita e servita dalla guardia che tiene
alla sua porta, il Chislaragà, che è un Moro Eunuco capo delli Eunuchi
Mori, tutti tagliati; il quale con un numero di forse trenta simili a
lui, sta sempre alla custodia della detta porta ed al servizio della
detta Regina e per dette Sultane: le quali non escono mai del detto suo
Serraglio se non con la persona del Re che le conduce tutte o parte,
come più li piace, ad altri Serragli di piacere; e nel passare che
fanno per le strade vengono esse strade serrate ed oscurate con tele; e
nelli caicchi e cocchi che montano, mai vi stanno presenti altri uomini
che i loro Mori Eunuchi infino che sono montate e serrate nelle poppe
delli detti caicchi, ovvero cocchi, che mai possono esser vedute, come
mai da altri praticate che dal Re solo.
Le zie, le sorelle e li figliuoli del Re stanno nel medesimo
Serraglio nelli loro appartamenti, servite regalmente, e vestite
sontuosissimamente, e vivono in continui piaceri fra loro, fin che
piace al Re di maritarle; nel qual caso escono dal detto Serraglio
con una cassa, così si dice, che gli viene fatta dalla Maestà Sua,
di vesti, ori e gioie per il valsente almeno di cinquecento mila
sultanini, che sono zecchini, portando esse seco quello di più che
sanno nascondere delle cose preziose che a loro sono state donate; sì
che alle volte suol ascendere a gran somma, e le tiene comodo per tutto
il tempo della loro vita. E se sono amate dalli Re, conducono seco
quante schiave del Serraglio, cioè al numero di 15 o 20, con quelli
Eunuchi che gli sono più cari, per il loro servizio.
Queste, nominate anco esse Sultane, ritengono in vita lo stipendio
che avevano dentro, che è di mille e cinquecento aspri al giorno,
intendendosi li aspri 120 il zecchino, facendo il medesimo le schiave e
gli Eunuchi; anzi che della Porta e del Casnà regio gli viene fornita
la casa e tutto per suo particolar servizio, di tutto quello che è
necessario per lo vivere alla grande come Sultana, sì che vengono a
star meglio fuori di quello facevano dentro; e se il Bassà marito non
avesse Serraglio capace e nobile, ne gli viene dato uno dal Re, dei
molti che ne ha, per conservare in quella riputazione che conviene alla
grandezza loro. All'incontro il marito nel sposarla li fa contraddote,
che si dice _chibino_, almeno di cinquecento mila sultanini, e presenti
di vesti, gioie, e pennacchi, ed altri fornimenti necessarii per somma
molto considerabile, essendo il vestire delle Sultane d'abito comune a
tutte le altre, e come quello che portano gli uomini, nondimeno molto
superbo e costoso; il che riesce di gran spesa alli mariti Bassà, con
tutto che mai praticano con uomini ma molto con donne, e per lo più con
quelle del medesimo Serraglio del Re, dal qual però uscite come, ho
detto, non possono più entrarvi, se non con licenzia della Maestà Sua.
Queste Sultane mogli di Bassà sono padrone delli mariti, e gli
comandano a suo piacere; portano sempre il cangiar, che è il pugnale
gioiellato, in segno del predominio, e chiamano li loro mariti
schiavi, facendoli del bene e del male secondo la soddisfazione che ne
ricevono, e l'autorità che hanno con il Re; ed alle volte li repudiano
per pigliarne un altro, ma ciò non farebbono mai senza licenza del Re,
che sarìa con la rovina e morte loro.
Le altre donne alle quali non tocca in sorte d'esser favorite dal
Re, vivono con le altre a tinello, lambiccando la sua gioventù in
mali pensieri fra di loro; e venendo vecchie, servono per maestre e
governatrici delle giovani che ogni giorno capitano nel Serraglio,
reputando in così mala congiuntura gran ventura di essere per qualche
accidente mandate fuori nel Serraglio vecchio; perchè di quel luogo
possono esser mandate, secondo la benevolenza di quella governatrice,
ed anco quello che si trovano di sparagnato ed avanzato delle paghe e
presenti ricevuti, che può essere di qualche considerazione; perchè
nel Serraglio sono sempre avvantaggiate dalle Sultane di molte cose
che loro avanzano, oltra la paga corrente, che suol essere loro fatta
dal Casnà del Re, di aspri cinque sino a quindici al giorno per le
donne mezzane, e da tre sino a cinque per le basse, e questo per
ognuna di loro. Le sono pagate di mesi tre in mesi tre, senza punto
differire, come viene fatto ad esse Sultane, secondo l'assegnazione
fattagli dal Re, da mille fino a mille e cinquecento aspri il giorno,
avendo oltre di questa paga quante vesti vogliono, e gioie quante
piace al Re donarli; ed esse donne di servitù ancor esse hanno due
vesti di panno all'anno, una pezza di tela chiara per camicie di venti
braccia, e da carnevale una vesta di seta per una, ed anco qualche
altra cosa, secondo il gusto e la liberalità della Regina e del Re: il
quale di questo tempo con le donne vuole allargar la mano, con donar
alle Sultane vesti foderate di preziosissime pelli, e lavori di gioie
di grandissimo valore, come puntali, pennacchi e orecchini, manini
per le mani e per le gambe, e cose simili, di quali cose abbonda il
Re, per li presenti che gli vengono fatti, indicibilmente. Vengono
anco dette Sultane in tal giorno presentate dalli Bassà ed altre
Sultane di fuori, che lo fanno per conservarsi con il mezzo loro in
grazia del Re, di cose ricchissime e bellissime ed anco di danari,
li quali gli riescono più cari delle altre suppellettili, perchè
essendo avarissime, accumulano e spendono quietamente in altre cose
che desiderano, ma particolarmente procurano conservarli per ogni
accidente che gli potesse occorrere, in specie in occasione della morte
del Re; perchè dalla Regina in poi, che resta nel Serraglio, madre del
successore Principe, tutte le altre deplorate perdendo il titolo di
Sultane, immediatamente sono mandate in Serraglio vecchio, lasciando le
figlie e figliuoli, se ne hanno, nel Serraglio del Re, per custodirsi
sotto il governo di altre donne a questo deputate. Ed in questo caso
ritrovandosi con molta facoltà vengono facilmente maritate in persone
grandi, o vero di mediocre condizione, secondo il loro avere e volontà
della governatrice del Serraglio vecchio, con l'assenso però del Re, il
quale per lo più vuol sapere oltra il soggetto che dote li fa, essendo
costume che gli uomini fanno le doti alle mogli, al contrario in tutto
che si usa fra i Cristiani; le quali doti conseguisce la moglie in caso
che fosse repudiata dal marito senza suo consenso, e vedovando. Onde
per ciò sovente occorre vedersi che la figliuola di un Re, Sultana, sia
maritata in un Bassà, e che la madre di quella figlia sia moglie d'un
soggetto disuguale di titolo e di ricchezza del genero, di che non si
tiene conto alcuno.
Nel Serraglio regale si introduce per mezzo delle Sultane, che
intercedono licenzia dal Re, spesso qualche Ebrea, sotto colore
d'insegnarli qualche bel lavoro, o vero d'aver almeno segreto
medicinale: le quali, introdotte con il presentare molto a quelli
Eunuchi della guardia della porta della Sultana, si fanno così
domestiche che divengono padrone di tutte queste donne, portandoli
dentro e fuori ciò che vogliono per vendere e comprare; e da qui nasce
che tutte le Ebree che hanno pratica nel Serraglio si fanno tutte
ricchissime, perchè quando portano dentro comprano a buon mercato e
vendono caro, e quando portano fuori di nascosto, che sono gioie per lo
più bellissime d'ogni sorte, vendendole quanto vogliono ai forestieri,
rispondono a quelle donne semplici che non sanno, e temono d'esser
scoperte, quanto a loro pare: e per queste cose, del Serraglio escono
cose bellissime e anco ad onesto prezzo. Se ben queste infelici Ebree
fanno infine infelicissima riuscita, perchè essendo discoperte ricche e
fraudolenti, vi lasciano la roba e la vita per mano del Bassà, o delli
Tefterdari, li quali nel bisogno di danari si immaginano di dar in tali
soggetti, stimando per questa via di far restituzione al Re del mal
acquistato e rubato.
Queste donne di Serraglio vengono castigate secondo le loro colpe
molto severamente, poi che dalla loro superiora sono fatte battere; se
restano inobbedienti, se insolenti e temerarie, sono per ordine del Re
mandate in Serraglio vecchio, come contumaci, e restano spogliate di
quanto pare alla maggiordoma di ritirargli; e se per qualche stregheria
o altro gravissimo errore fossero ritrovate colpevoli, sono poste in un
sacco e ben legato di notte sono mandate ad annegare; sì che convengono
stare molto ubbidienti e contenersi nei termini di onestà, se vogliono
passare la vita loro con buona fine. Perciò non è lecito ad alcuno di
mandarli dentro cosa alcuna con la quale possono usare disonestà; e
se vogliono mangiar zucche o cocomeri, se gli danno dentro spezzati,
per levar loro l'occasione di far male, essendo giovani morbide, ben
nutrite, e senza dubbio inclinate al peggio.
Essendomi sbrigato a parlare delle donne, entrerò a narrare il numero
delli Azamoglani, che servono in esso Serraglio, ed il loro esercizio.
Questi possono essere in circa 700, di età dalli 17 fino a 25 e 30
anni il più, e sono la maggior parte Cristiani rinnegati, di quelli
delli Cristiani, che gli raccolgono ogni tre anni alla Morea e da tutte
le provincie d'Albania, le quali decime si distribuiscono in questo
modo. Possono essere li decimanti or più or meno, secondo la diligenza
e discrezione delli Capiggi destinati a questo ufficio, e rare volte
accedono al numero di duemila, levati alle famiglie dove si trovano più
disposti, ed atti al servizio della guerra, che non passino l'età di
anni 12 in 13; ed a parte ben custodita sono mandati in Costantinopoli,
per farne la compartita che si dirà.
Capitati tutti questi giovanetti alla Porta, sono vestiti di colori
diversi, di panno di Salonicco con un cappello in testa di feltro
giallo della forma d'un pan di zuccaro lungo, e condotti alla presenza
del primo Visir, il quale per questo effetto è accompagnato dalli
altri Bassà e ministri del Serraglio: fa egli la scelta di quelli che
gli paiono più belli e più disposti per servizio della guerra. Fatta
questa scelta, i medesimi tali garzoni, chiamati Azamoglani, condotti
dentro del serraglio dal Bostangi Bassi che è il capo dei giardinieri,
e distribuiti alli capi delle compagnie nelle quali ne è mancamento,
vengono tagliati e fatti turchi, e destinati ad imparare la lingua
turca; e secondo che si scopre la loro inclinazione, si fanno anco
imparare a leggere e scrivere, ma a tutti indifferentemente è insegnato
a lottare, il correre ed il saltare, il tirar d'arco, la zagaglia ed in
fine tutti gli esercizii necessarii per la guerra.
Delli altri che restano, parlo delli decimandi, il medesimo Bassà
primo Visir ne distribuisce per tutti li giardini ed altri Serragli
di piacere del Re, in tutti li vascelli che navigano di ragione delle
Sultane, e che vanno per legne ed altri esercizii del Serraglio,
consegnandoli alli padroni d'essi, per doverli restituire ad ogni
sua richiesta. Il medesimo fa alli artisti principali d'ogni sorte,
acciò che imparino le arti da potere esercitare nelle camerate,
quando saranno Gianizzeri, ed in particolare quando sono alla guerra;
ne dispensa e dà ancora a tutti li Bassà e grandi della Corte quando
ne vogliono per il loro servigio, cincignandogli per nome, segno e
capelli, e con ricevuta sopra a un libro a questo destinato, per
riaverli nel bisogno di rimettere le milizie dei Gianizzeri. E questi
tali, dispensati a questi Bassà, sono delle più basse condizioni che
vi siano, perchè vengono pigliati per servizio delle stalle, delle
cucine e simili bassi servizii. E gli altri che restano vengono posti
in diversi serragli sotto la custodia e disciplina dei suddetti Eunuchi
a questo destinati, per fargli educare nell'esercizio dell'arme, perchè
riescano atti a subentrare nel numero delli Gianizzeri, e in luogo dei
morti per vecchi, non buoni per la guerra, in modo che tutti questi
si può dire vengono conservati in un seminario per valersi in tutte
le occorrenze: servendosi buon pezzo, e ben spesso il Re, la Regina
ed il primo Visir in tutti li bisogni di fabbriche e altre fatiche
necessarie, senza alcun rispetto. Fatta tutta questa distribuzione,
il Bassà primo Visir li rappresenta al Re sopra un libretto, il quale
vedutolo, fa assegnamento a ciascheduno di stipendio secondo che gli
pare, al Canon ordinario, che è d'aspri due fino a tre e cinque per uno
al giorno; e detto libro, sopra al quale è stabilito detto stipendio,
formato di pugno regio, viene immediatamente per lo Bassà consegnato
al Tefterdar grande, perchè a suo tempo li possa e debba far dare il
suo pagamento; il quale Tefterdar ha obbligo di vestirgli ogni tre mesi
che fa la paga, per vedere li morti, e per sopraintendere come vivono e
sono governati.
Tornerò a parlare del li Azamoglani del Serraglio, stimando non esser
stato superfluo in questa poca descrizione fatta, perchè se non sarà
stata a proposito nostro, riuscirà almeno curiosa a chi non l'avesse
più sentita così distinta.
Questi giovani del Serraglio sono la più bassa gente che vi sia, perchè
attendono alle fatiche, alle stalle, alle cucine, alli giardini, al
tagliar legne e ad altri servizii bassi di bagni, di ogni altra cosa
che occorre, come guardiani, vogar il caicco del Re, condur li cani
alla caccia, ed attendere a quanto gli viene comandato dai loro capi,
che sono decurioni e centurioni, e tutti poi subordinati al comando del
Chiaia, che è il maggiordomo del Bostangi Bassi; ed hanno di stipendio
aspri.... al giorno; e al medesimo Bostangi Bassi, che è sopra a tutti,
gli può aspettare aspri... perchè è suo padrone e giudice e protettore;
ed oltra il stipendio che hanno, come ho detto, hanno due vesti
all'anno di panno, due pezze di tela per camicie e fazzoletti, o tanta
rasa, o panno, che gli fa un paio di braghesse alla loro usanza, lunghe
fino a terra, per uno. Vengono questi distribuiti dal detto Bostangi
Bassi alli carichi ordinarii, compartiti secondo l'occorrenze, sotto
capi ai quali hanno da obbedire. Li capi, per essere conosciuti dagli
altri, hanno maggior paga, e portano alcune poste cinte a traverso,
d'un bordo di seta di diversi colori: e li rendono assuefatti
totalmente, a forza di bastonate, alle fatiche ed all'esercizio, che
riescono tutti soggetti sofferenti ed atti ad ogni patimento. Hanno
fra di loro li suoi termini e prerogative, succedendo per testa l'uno
all'altro, sì che in fine, quando non sono per altra occasione mandati
fuori, tutti possono aspirare al grado di maggiordomo ed anco di
Bostangi Bassi, che è titolo eminente, che serve per timoniere alli
caicchi del Re, e può portare per il Serraglio il turbante in capo. Può
anco il Bostangi Bassi di questo carico passare, secondo l'amore che
gli porta il Re, a quei gradi maggiori che si è veduto, di Capitano di
mare, di Bassà del primo Visirato.
Questi Azamoglani non sono conosciuti nè praticati, perchè non
possono uscire dal Serraglio, ma obbediscono alli comandamenti del
Bostangi Bassi ed escono con lui e con altri a far delle suddette
esecuzioni contro delle persone grandi, come e di quel modo che lor
viene comandato dal detto Bostangi Bassi per ordine del Re. Fra
questi vi sono anco dei Turchi naturali introdotti per broglio del
Bostangi Bassi, per far cosa grata ai suoi amici che desiderano
liberarsi de' figliuoli e porgli in luogo sicuro e vantaggioso: il
che viene sempre eseguito con saputa e permissione del Re. Le stanze,
li bagni, le cucine sono intorno alle mura del Serraglio, compartite
a camerate, e disposte per lo comodo dei servizii spettanti al
ministerio che sono destinati; e nel vivere si governano da per loro,
come più li torna comodo, avendo il carniero a parte, li legumi per
le minestre, e li fornari che gli danno il pane, separati; e per star
vicini alle mura del Serraglio pescano e prendono buoni pesci, li
vendono vantaggiosamente dagli altri. Dormono sempre vestiti, secondo
l'ordinario costume de' Turchi, fra schiavine l'inverno, e felzade
l'estate. Questi non veggono mai il Re, se non quando passa per li
giardini per transferirsi a qualche giuoco, o in caicco, o vero quando
va alla caccia, perchè di loro si serve come cani per cacciare le
fiere, tanto sono lesti e gagliardi. E quando la Maestà Sua vuol
stare nei giardini con le donne per piacere, escono fuori dalle porte
del Serraglio a marina dove sono alcuni andei e spazii di terreno,
nè entrano fino che non è partito, perchè con le donne mai stanno
altri uomini che la persona reale, e gli Eunuchi negri; anzi, se per
qualche verso alcuno del Serraglio facesse qualche prova in alcuna
parte per volere vedere le donne, e che fosse scoperto, o accusato,
immediatamente sarebbe fatto morire. Però quando si sa che il Re sta
con le donne nei giardini, ognuno fugge più lontano che può, per starvi
sicuro d'ogni sospezione.
Di questa sorte d'Azamoglani non si serve la Porta per rimettergli
nel numero delli Gianizzeri, come si fa nelli altri Serragli che ho
detto, che sono dispensati nelli altri Serragli per educare, e che sono
portati a diversi soggetti; ma si serve il Re di questi per donarli
ai suoi favoriti, quando mandandoli fuori del Serraglio in qualche
governo principale, ne vogliono come conoscenti per lo servizio; e
riescono ancor essi con il tempo uomini di onesta fortuna e condizione.
E medesimamente si conservano per lo servizio reale in occasione di
viaggio, cioè quando va alla guerra, o vero lontano da Costantinopoli,
perchè per addrizzar padiglioni, portar forzieri e far molti servigii
manuali che occorrono, bisogna che di questi almeno ve ne sia 500, e
più.
Resta di trattare di quel corpo di giovani ed uomini che di onesta
condizione sono tenuti in Serraglio, per servizio del Re e del Regno,
per esser educati nelle leggi, nelle lettere, e nell'esercizio
militare, per dover servire alla persona reale ed al governo di tutto
l'Imperio; e questi per la maggior parte se ben sono schiavi Cristiani
rinnegati, non di meno fra di loro vi sono anco de' Turchi, se ben
pochissimi, naturali, giovinetti di bellissimo aspetto, introdotti per
lo broglio del Capi Agà che è il cameriero maggiore, con l'assenso
del Re; il che riesce di raro e con molta difficoltà, perchè l'antica
istituzione fu che tali fossero sempre Cristiani rinnegati dei più
civili e più nobili che si possono avere; e però, quando nelle guerre
da mare o da terra occorre la cattura di alcun giovinetto conosciuto
nobile, subito viene destinato per il Gran Signore, per essere educato
ed applicato ai governi; e sono questi carissimi e stimatissimi, perchè
ancora i Turchi affermano che dalla nobiltà del sangue riescono d'animo
generosissimi, massime quando sono ben ammaestrati e disciplinati
come si professa fare nel Serraglio, dove è gran rigore in tutti gli
ordini delle discipline, per esser la superiorità in mano di maestri
che sono per il più Eunuchi bianchi, li quali sono severissimi e
scabrosissimi in tutte le loro azioni. Sì che per proverbio si dice
che quando uno esce di quel Serraglio con aver passato tutti gli
ordini di esso, riesce il più mortificato e paziente uomo del mondo,
perchè le bastonate che sopportano e le vigilie che gli fanno fare
per ogni minima trasgressione è cosa di meraviglia. E riescono così
aspri, che moltissimi che si trovano vicini al fine del suo corso per
dover fra pochi anni uscire uomini grandi di Serraglio, per non poter
ad alto sopportar tante crudeltà, procurano di farsi cavar fuori con
solo titolo di Spahì, o di Muttaffaragà, che è lancia spezzata del Re,
con pochi aspri di paga al giorno, che patir vita così stentata ed
insopportabile.
Il numero di questi tali non è prefisso, ma ora più ora meno, perchè
quanti soggetti della natura che ho detto, che vengono donati al Re,
tutti li riceve allegramente, quando però non eccedono l'età giovanile,
per non dire puerile; e possono essere questi, così d'avviso, da
trecento incirca.
L'ordine con il quale sono dispensati, subito capitati in Serraglio,
certo è mirabile e documentale, e non da attribuirsi a barbari, ma
a soggetti di singolar virtù e disciplina; perchè così intorno alla
moralità dei costumi, per la compressione dei sensi, come alla
compressione delle virtù intenzionali, e non meno al rito della
loro legge e setta, ed alle discipline militari, sono ottimamente
incamminati ed assiduamente ammaestrati.
Chiamano i Turchi _Odà_, che vuol dire stanza, quella che più
propriamente per l'effetto diremo noi scuola; delle quali ne hanno
quattro subordinate l'una all'altra. Nel primo Odà entrano tutti quando
sono d'età puerile; e se non sono già fatti turchi, si fan ritagliare.
Se gli espone prima la taciturnità, e precetto se gli commette a non
parlar mai, se gli insegna la positura della persona in segno di
servitù e di riverenza singolare verso il Re, che è di tenere il capo
chino, gli occhi bassi e le mani davanti giunte ed incrociate.
Questi vengono veduti dal Re e registrati per il nome turchesco e per
la patria in libro; ricevono stipendio dalla Maestà Sua, che è per
l'ordinario da due sin a cinque aspri il giorno. La copia di questo
libro viene mandata fuori al Tefterdaro grande, perchè a suo tempo li
manda il predetto stipendio: poi da un Eunuco bianco sopraintendente,
capo di altri maestri e ripetitori, vengono introdotti con grande
assiduità, come si usa, nelle scuole, ad imparare a leggere e scrivere,
con l'uso della lingua, e delle loro orazioni per il culto della
religione; e in quello Odà mattina e sera con tanta diligenza e
servitù vengono sollecitati, che per quanto mi è stato referto è cosa
di stupore. In questa scuola ognuno stanno per il meno sei anni ed
otto mesi, di quelli che sono di capo duri e difficili ad imparare.
Da questo Odà passano al secondo, ove da altri precettori di maggior
intelligenza sono introdotti nelle lingue persiane, arabe e tartare; e
li affaticano nel leggere libri a penna di scrittori diversi per ben
apprendere il parlare elegante turchesco, il quale consiste nell'aver
perfetta cognizione di queste lingue e di proferirle mescolatamente,
ritrovandoli differenza del parlare d'uno nutrito ed educato fuori. E
in questo Odà principiano ad apprendere la lotta, il tirar d'arco, il
lanciar la mazza ferrata e la zagaglia, il maneggiar l'armi di colpo di
ferro, il correre velocemente; e in questi esercizij nei loro luoghi
separati si esercitano l'ore intiere, con molta severità di castigo
e con assiduità grande. Spendono anco in questo Odà altri cinque o
sei anni, dal quale si trasferiscono, fatti uomini robusti d'età e
d'ogni fatica, nel terzo, ove non scordandosi però, anzi esercitandosi
sempre più nelle cose acquistate, apprendono di più giostrare forte a
cavallo, e il giuocarvi sopra per esser lesti nelle guerre: e oltre
di ciò ognuno, secondo la loro inclinazione e disposizione, imparerà
un'arte necessaria per servizio della persona del Re, come il fare
turbanti, radere, tagliar le unghie, piegar li vestimenti con garbo,
governar cani da caccia, conoscere ogni sorta di falconi ed altri
uccelli, servir di scalco, di maestro di stalla, di cameriere, di
scudiere, ed infine servire alla casa ed alla bocca del Re, di quel
modo che anco si usa alla corte di altri Re ed Imperatori; ed in questi
officii si fanno per quattro o cinque anni uomini da insegnare ad altri
molto pratichi e valorosi. E fin che stanno in questi tre Odà vestono
positivamente, avendo essi ancora le due vesti di panno all'anno,
ma però fine, e le tele come gli altri: e convengono star sotto le
discipline dei maestri, li quali, come severissimi, per ogni mancamento
e sospetto di disonestà li fanno dare le centinaia di bastonate sotto
le suole dei piedi e sopra le natiche, che li lasciano per morti.
Mentre che stanno in questi Odà, non è loro permesso il praticare se
non fra loro medesimi e ben modestamente; e con difficoltà alcuno
di fuori può vederli e praticarli; il che seguendo, è con licenza
espressa del Capi Agà, alla presenza di qualche Eunuco. Anco quando
occorresse andar nei bagni, e per le loro necessità, sono grandemente
osservati dalli Eunuchi, per tenerli lontani quanto più è possibile
dai vizii, e se vengono ritrovati o accusati di qualche mancamento,
restano severissimamente castigati. E nei loro dormitorii, che sono
stanze lunghe dove possono stare quaranta o cinquanta per camerata, e
dormono poco discosto l'uno dall'altro sopra li sofà in schiavine e
felzade, vi sono la notte dei lumi nelli ferali pendenti dal soffitto,
e gli Eunuchi che dormono compartiti fra di loro, per tenerli in
timore e lontani dalle fierezze giovanili. Vi sono anco di quelli che
imparano qualche arte, come quella di cucire in corame che è stimata
fra i Turchi, il conciar archibugi, il far archi e freccie, e carcassi,
e cose simili, da che alle volte prendono il cognome e riputazione,
essendo grandemente ragguardevole quello che fugge l'ozio, ed ama
l'operanze. Di questi soggetti usano gli Eunuchi far gran persuasione,
per vedere se sono costanti nella religione, e se si turbano in alcuna
parte, perchè avvicinandosi a dover passar al quarto Odà ultimo e
detto il grande, per dovere uscire a comandare in carichi grandi, non
vorrebbono che ritenendo memoria d'esser stati Cristiani, e di voler
ritornar nella sua prima religione, causassero nell'Imperio qualche
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