Viaggio a Costantinopoli (1609-1621) - 3

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bellissime fabbriche, le quali sono stanze separate al piano ed in
solaro, capacissime per molta comodità che tengono, e sono sicurissime
per essere di muraglia grossissima, con poche finestre tutte ferriate,
e con una sola porta per una, di ferro, fortissima; le quali stanno
sempre serrate, e quella del Casnà regale sigillata col sigillo regio.
In detto Serraglio sono moschee per l'orazione, bagni, scuole,
lambiccatori, stalle, cucine, dispense, luoghi da correre cavalli,
piazze da lottare, da tirar d'archibugio, da far rappresentazioni, ed
infine tutte quelle comodità che si possano desiderare.
Quello che rende superbo e grave detto Serraglio, non è bene a tacerlo,
ed è l'ordine col quale è posto; e per primo l'ingresso d'un portone
amplissimo e nobilissimo, con sotto porticali capacissimi d'una guardia
di cinquanta uomini forniti con le sue armi, cioè archibugi, archi
con freccie e scimitarre in buona quantità. Passata questa, nella
quale i Bassà ed altri grandi e qualificati soggetti possono entrarvi
a cavallo, si entra in una gran piazza o vero cortile d'un terzo, o
quarto di miglio italiano di lunghezza, ed altrettanto di larghezza
in circa, con un solo porticale a mano sinistra, fatto per starvi li
cavalli e servitori al coperto in tempo di pioggia. In questo gran
cortile all'entrare a mano dritta vi è l'ospitale, o vero infermeria,
la qual serve a tutti del Serraglio, nel quale si trova ogni comodità
necessaria: ed è custodito da un Eunuco, con diversi ministri tutti
disposti per servire agli infermi. Ed all'incontro, che è a man
sinistra, vi è un luogo grandissimo dove tengono legne, carri ed altre
cose necessarie da mano, per servigio ed uso del Serraglio, sopra il
quale vi è un gran salone dove si tengono riposte alcune armi antiche,
come morioni, mani di maglia, giachi, archibugi e zagaglie, delle quali
si servono per armare i Gianizzeri, la maestranza dell'arsenale, ed
altre arti, per incontrare il Re e li Bassà generali, quando fanno
l'entrata solenne nella città di Costantinopoli. Cavalcato che si è
questo cortile, si smonta ad un'altra porta poco minore della prima,
simile di fazione, e più ricca e più bella, con il sottoporticale che
serve per il corpo di guardia, la quale medesimamente viene custodita
da Capiggi e fornita d'arme, come si è detto. Per questa si entra ad
un altro cortile poco minore del primo, ma molto più bello, per avere
nobilissime fontane, per esservi strade compartite da altissimi
cipressi, e per ritrovarvi alcuni quadri di parco, dove nascendo
l'erba, pascolano diverse gazzelle che fruttano, e sono tenute per
delizia. Questo cortile si cammina da tutti a piedi, fuori che dal
Re solo, che a cavallo va a smontare fino alla terza porta. Dall'una
e dall'altra parte d'esso vi sono porticali sostentati da bellissime
colonne, fuori dei quali sogliono star in piedi li Ciaussi, le milizie
dei Gianizzeri e Spahì in ordinanza, nobilissimamente vestiti, quando
si fa Divano grande e pomposo per l'entrata d'alcun Ambasciatore, che
passa per andare a baciar le vesti al Gran Signore.
In detto cortile alla destra vi sono tutte le cucine, le quali sono
nove in numero, tutte separate e destinate alle loro dispense, e
ministri, e che hanno da servire; la maggiore e la principale è quella
del Re, la seconda quella della Regina, la terza delle Sultane, la
quarta del Capi Agà, la quinta del Divano, la sesta delli Agalari
che sono li favoriti del Re, la settima quella delle genti di basso
servizio, l'ottava quella delle donne, e la nona quella delli ministri
bassi del Divano, guardie, ed altri assistenti al ministerio d'esso.
Alla sinistra vi è la stalla del Re, di 25 in 30 cavalli bellissimi,
dei quali si serve la Maestà Sua per li esercizii e giuochi che fa con
li suoi favoriti dentro del Serraglio; e sopra d'essa vi è una mano di
stanzie dove si conservano tutti li fornimenti da cavallo, li quali
avendo io veduti, posso affermare che sono di straordinaria bellezza
e ricchezza, perchè vi sono selle, briglie, pettorali e groppiere,
rimesse di gioie d'ogni sorte, con tanta vaghezza ed artificio e in
tanta quantità che rende stupore ad ognuno che le vede, perchè eccedono
alla immaginazione. Contigue a detta stalla vi sono alcune fabbriche
per servizio dei ministri del Divano pubblico, attaccato alle quali vi
è il Casnà che si chiama tesoro di fuori, il quale quando è serrato sta
sempre sigillato col sigillo del Bassà primo Visir; e nel medesimo
cortile, quasi al paro del Divano, ma dentro ad esso, alla parte
sinistra, vi è la porta della Regina, custodita e guardata da una mano
di Eunuchi negri. Il fine di questo vago e delizioso cortile termina
alla terza porta del Re per la quale si entra dentro nel Serraglio
riservato alla sola persona imperiale, e schiavi che lo servono. Nè in
questa porta può entrare alcuno senza volontà dell'Imperatore, parlando
dei soggetti di condizione; ma altri da servizio, come medici e quelli
che attendono alle dispense ed alle cucine possono entrare, con licenza
del Capi Agà che è il maggiordomo maggiore, a cui è raccomandata la
guardia d'essa; e sempre vi assiste, per avere vicine le sue stanze
con li suoi Agà, Eunuchi come egli, e sono tutti bianchi. In modo
che quando si rappresentano delle cose di queste porte di dentro, la
maggior parte è per relazione, perchè non si può vedere o se si vede
in alcuna minima parte, ciò segue in occasione che il Re si ritrovi
assente, e si viene introdotto da qualche favorito per una delle porte
del mare; il che riesce con molta difficoltà, per il rispetto nel quale
vogliono che sia tenuta la persona reale, ed anco le sue stanze.
Ora, passata questa terza porta, la quale anco essa ha un bellissimo
porticale, ma senza arme, subito, si può dire, si entra alla già detta
stanza deputata alle pubbliche udienze delli Ambasciatori e Bassà; e
si scopre, entrandovi, un altro bellissimo cortile sotto lastricato di
finissimi marmi e lavorato a mosaico, con fontane e fabbriche da tutte
le parti sontuosissime, perchè sono per lo più dove il Re abita per
mangiare e per fare le sue ricreazioni.
Io, con l'occasione d'essere il Re ritornato fuori alla caccia, per
la stretta amicizia che teneva con il Chiecaia, che è il maggiordomo
del Bostangi Bassi, che vuol dire capo delli giardinieri dei Re,
ebbi comodità d'entrare con la scorta di lui nel detto Serraglio per
la porta del mare, e fui condotto a vedere diverse stanze ritirate
del Re, diversi bagni ed altre cose molto deliziose e curiose, così
per la ricchezza dei lavori a oro, come per l'abbondanza di fontane.
In particolare vidi un appartamento di stanze d'estate posto sopra
una collinetta, così ben inteso di sala e camere, e così vago per
lo sito, che appariva essere luogo ed abitazione di Re; così grande
era il Divano, cioè la sala, aperta dalla parte del levante, colline
bellissime, che guardava sopra un laghetto di forma quadra, fatto
artificiosamente da alcune fontane in numero di trenta, tirate e
compartite sopra un corridore di pietra di marmo finissimo che
circondava questo lago.
So che le fontane gettavano l'acqua da quel corridore nel lago, e
l'acqua di esso si scolava poi con alcune seriole in alcuni giardini
che rendevano il luogo deliziosissimo; per lo corridore potevano
camminare due uomini al paro, e girandolo godere di quelle fontane che
facevano un continuo e soave mormorio; e nel lago vi era un brigantino
assai piccolo, nel quale mi fu detto che entrava spesso la Maestà Sua
con buffoni e matti, per farsi vogare a ricreazione, e per far loro
qualche burla di sballarli nell'acqua, come spessissimo, camminando
con loro per lo corridore, gli faceva far tombole per traboccarli nel
lago. Vidi anco da detto Divano per una finestra la stanza del letto
di Sua Maestà, la quale era di grandezza ordinaria, aveva li muri alla
usanza incrostata di pietre, cioè maioliche, che mostravano macchie di
fiori di diversi colori che facevano bellissima vista. Sopra le porte
vi erano portiere ordinarie di panno d'oro di Brussia, con fregi di
velluto cremisino, ricamato d'oro con molte perle sopra. La lettiera
era simile a una trabacca alla Romana, con le colonnette d'argento
profilate d'oro; in luogo di pomelli aveva lioni di cristallo, e
il fornimento era di panno d'oro e verde, pur di Brussia, senza
sguazorone, in luogo del quale erano alcuni merli fatti di perle, che
mostravano essere di gran valore e molto ben composti; li stramazzi
erano poco più d'un palmo alti da terra, ed erano pur di broccato
d'oro, come erano anco li cuscini, in suolo così di questa come delle
altre stanze, con li suoi sofà, che sono li luoghi dove sta a sedere,
alti da terra mezzo braccio incirca; tutti erano coperti di ricchissimi
tappeti Persiani di seta e d'oro, e li stramazzi da sedere e cuscini
da appoggiare erano di bellissimi broccati d'oro e seta. E in mezzo
il Divano vi vidi pendente un fanò assai grande di forma rotonda, con
li termini d'argento rimessi d'oro, di turchine, rubini e smeraldi, e
gli intermedii erano di finissimo cristallo, che faceva una bellissima
vista. Per le mani vi era un bacinetto piccolo con il suo ramino
tutto d'oro massiccio, tempestato di turchine e rubini bellissimi che
facevano una gran vista. Dentro al detto Divano vi era un luogo da
tirare di freccia, dove vi vidi archi e freccie bellissime; e mi furono
mostrate passate fatte con freccie dal forte braccio del Re, così
grandi che mi diedero maraviglia.
La stanza nominata Divano pubblico, vi è un appartamento fatto già
non molti anni sono; è un quadro di stanze da servizii, di passa otto
incirca per ogni verso, con una retrostanza da servizi, ed un'altra
stanza a canto posta a mano destra nell'entrare, divisa solamente dal
Divano da termini che fanno entrar in essa; fuori poi dalla porta
di esso vi sono due casette di tavole posticcie per abitazione dei
ministri, oltre le altre poco discosto, disposte alla spedizione dei
negozii.
In questo Divano, che è chiamato il pubblico, perchè pubblicamente ed
indifferentemente ogni sorta di persone vi può concorrere a dimandare
giustizia e spedizione delle grazie, liti e cause che hanno di qual si
voglia sorte, si radducono quattro giorni della settimana (la quale
finisce il venerdì, per esser quello il giorno della sua festività;
e sono li giorni della sua riduzione il sabato, la domenica, il
lunedì, il martedì) il primo Visir con tutti gli altri Bassà, li due
Cadì Leschieri di Grecia e Natolia, che sono li capi delli Cadì di
quelle due provincie; e li Cadì sono uomini professori della legge
che per privilegio governano come Rettori in tutti i luoghi e città
dell'Imperio; li tre Tefterdari, che sono come i questori Romani, e
quelli che hanno cura di riscuotere le entrate regie, e che sborsano
il danaro alle milizie ed altri stipendiati della Porta; il Reschisop,
che è il Cancellier grande; il Nisangi, cioè quello che segna li
comandamenti e le lettere con il segno regio, li secretarii di tutti li
Bassà ed altri grandi con un numero di notari, assistendo sempre alla
porta di detto Divano il Ciaus Bassi che è il capo delli messaggieri,
per non dire comandadori, con buon numero di detti Ciaussi per obbedire
alli ordini del Bassà; il quale Ciaus Bassi porta un bastone d'argento
in mano; e gli altri per premio servono per lettere e per portare
ambascerie per capitani, per guardiani, ed in fine per cose simili; e
tutti si radducono all'alba.
Li Bassà tutti, entrati nella stanza del Divano, si siedono in faccia
dell'introito sopra una banca attaccata al muro, un dopo l'altro,
alla destra, come lato inferiore, del primo Visir; ed alla sinistra
sopra la medesima banca siedono li due Cadì Leschieri, cioè prima
quello della Grecia, come provincia più nobile e stimata, poi quello
di Natolia; ed alla destra nell'entrare stanno pur a sedere li tre
Tefterdari, li quali hanno dietro di loro nella stanza già detta tutti
gli notari, li quali stanno a sedere in terra con carta e penna in
mano, e sono pronti a scrivere quanto occorre e gli viene comandato;
ed all'incontro d'essi Tefterdari, ch'è dall'altra parte della stanza,
pur sopra una banca, vi sta il Nisangi con la penna in mano circondato
da' suoi ministri, stando nel corpo e nel mezzo di detta stanza tutti
quelli che pretendono udienza. Ridotti che sono, danno principio alla
spedizione delli concorrenti pretensori, li quali tutti senza avvocato,
usando di trattare le loro cause da per loro, fanno capo dal primo
Visir, il quale, se vuole, può spedire il tutto, perchè tutti gli altri
Bassà mai parlano ed aspettano di essere ricercati da lui, o di essere
delegati giudici come spesso occorre; perchè il primo Visir, gustato
che ha la sostanza della causa, per liberarsene, se è civile legale
la rimette ai Cadì Leschieri, se è dei conti alli Tefterdari, se è di
falsità, come sovente occorre, alli Nisangi, se è di negozio mercantile
concernente difficoltà di probazione, a qualcheduno delli altri Bassà,
liberandosi in questo modo se gli pare del carico che ci ha, di mano
in mano, e riservando a se quello che gli pare di grave interesse fra
nazioni forestiere, e che per qualche via gli potesse giovare. E in
dar le spedizioni, si trattengono tutti fin a mezzogiorno, che viene
l'ora di pranzo, nel qual tempo comparendo uno delli scalchi destinati
a tal servizio, prende la parola del primo Visir di portar il cibo.
Vengono immediatamente licenziati della stanza tutti li particolari,
e restando libera la stanza, sono poste le mense in questo modo:
innanzi al primo Visir sopra d'un scabello è posta una mezolera di
rame stagnata, rotonda e grande come un fondo di botte, alla quale
mangia esso primo Visir con uno o ver due delli altri Bassà, li
quali mangiano tutti insieme; il medesimo alli Cadì Leschieri, alli
Tefterdari ed alli Nisangi. Alcuni serventi pongono a tutti sopra
li ginocchi un fazzoletto per preservarli le vesti, e li portano le
vivande dopo aver empito all'intorno quelle mezolere di molto pane di
varie sorte, ma tutto tenero e buono. Le vivande gli vengono portate
ad una ad una e poste in mezzo di quella mezolera in un piatto da loro
chiamato _tepsi_, capace e grande; e finita una, levano quella e gli
ne portano un'altra, essendo il mangiare ordinario castrato, galline,
colombini, oche, agnelli, pollastri, minestre di risi e legumi,
acconcie in diverse maniere, qualche torta per postpasto, e così in
breve tempo spediscono, mangiando dell'avanzo di queste tavole tutti
gli altri ministri del Divano, ai quali anco di più viene dalle cucine
somministrato quello di più che li potesse bisognare.
Alli Bassà ed alli grandi alle volte viene portato il bevere ed il
sorbetto in alcune scodelle di porcellana grande, poste sopra di
alcuni piatti della medesima, o vero di cuoio miniato d'oro; gli altri
non bevono, e se hanno sete si fanno portare dell'acqua cavata dalle
fontane vicine. Nel medesimo tempo che mangia il Divano, mangiano
anco tutti gli altri ministri e custodi, li quali per l'ordinario non
sogliono essere meno di cinquecento bocche, nè a questi si dà altro che
pane e _sorba_, cioè minestra. Finito il desinare, il Bassà primo Visir
attende a negozii pubblici, e consigliando con chi gli piace e come gli
piace con li altri Bassà, risolve da per se il tutto, e lo prepara per
portar dentro al Re; essendo costume ordinario delli quattro giorni
del Divano andar in due di essi a dar conto alla Maestà Sua, cioè
la domenica ed il martedì, di tutti li negozii spediti; per lo qual
effetto dà udienza il Re ancor egli; fatto il pranzo, passa dalle sue
stanze nella stanza del Divano, e va dentro, ove sentandosi manda a
chiamare per uno a questo deputato, che è il Capegiler Chiaiassi, che
porta un bastone d'argento lungo in mano, prima li Cadì Leschieri,
li quali levatisi con il far riverenza al primo Visir partono, ed
accompagnati da detto Capigiler e dal Chiaus Bassi, che tutti due
vannogli innanzi con gli bastoni d'argento in mano, entrano dal Gran
Signore, al quale danno conto di quanto aspetta al loro carico, e
spediti partono e ritornano a drittura alle loro case. Dopo questi
sono chiamati li Tefterdari, li quali usando li medesimi termini
si trasferiscono al Re, e spediti li loro negozii si licenziano, e
danno luogo alli Bassà, li quali vanno per ultimi in schiera uno dopo
l'altro; e capitati in Divano, alla presenza del Re, con le mani
giunte ed il capo basso, come fanno tutti gli altri, solo il primo
Visir è quello che parla e dà conto di ciò che gli pare, mostrandogli
i memoriali ad uno ad uno; e poi rimettendoli in una borsa di raso
cremisino, li pone con grande umiltà a canto al Re; e se non viene
ricercato d'altro, senza che gli altri Bassà mai parlino, si partono
e vanno a montar a cavallo fuori della seconda porta già detta, ed
accompagnati dai suoi e da altri, massime il primo Visir, vanno alli
suoi Serragli. E così resta finito per quel giorno il Divano, che può
essere ora di vespero.
È da sapere che alle volte vanno nel detto Divano gli Agà
delli Gianizzeri ed il Capitano del mare, quando si trovano in
Costantinopoli, che hanno negozii; ma questo solo, gli giorni che si
entra al Re, può entrar anco egli, però con li Bassà, e dar conto dei
negozii aspettanti all'arsenale ed all'armata; il luogo del quale è in
Divano sopra la banca delli Bassà, ultimo di tutti; ma se fosse Bassà
Visir, come spesso occorre, siede in questo caso al suo luogo al numero
designatoli di secondo o terzo, come sta la sua elezione. E l'Agà
delli Gianizzeri, il quale non siede in Divano, ma dentro della seconda
porta del Serraglio, a man destra sotto il portico, quando gli occorre
andar dal Re, vi va prima delli altri già detti, ed uscito torna a
sedere al suo luogo fino al finire del Divano, ed è l'ultimo delli
grandi a partire.
Erano soliti gli Imperatori passati e questi presenti non tralasciare
alle volte di trasferirsi per entro delle sue stanze ad una finestra
che guarda in Divano, e risponde sopra il capo del primo Visir, alla
quale sta una gelosia spessa per non esser visto; da questa vede
ed intende la Maestà Sua tutto ciò che si tratta in esso Divano, e
particolarmente vi va quando ha da dar udienza ad alcuno Ambasciatore
di Principe grande, per vederlo a mangiare con li Bassà, e per
intendere ciò che si ragiona. E questo fa gran servizio alla giustizia,
perchè teme il Bassà primo Visir sempre della sua testa, e si regge
perciò con molta circospezione.
Quando occorre agli Ambasciatori di teste coronate baciar le vesti
al Re, questo si fa per lo più la domenica o il martedì, giorno del
Divano destinato alla udienza del Re; e ciò si fa per non dar incomodo
negli altri giorni alla Maestà Sua. Ed allora il primo Visir comanda
Divan grande, che vuol dire convocazione di tutti i grandi della
Porta, di tutti li Ciaussi, di tutti gli Mutefaragà che sono lancie
spezzate, di tutti gli Spahì che sono le milizie a cavallo, e tutti gli
Gianizzeri che sono le milizie a piedi, le quali sotto li loro capi
sono comandate a vestirsi meglio che possono e ridursi alli luoghi loro
ordinarii che sono nel secondo cortile; comparendo compartiti in modo
che rendono e fanno vista bellissima, perchè sono molto riccamente
vestiti, portando nelli turbanti e loro scuffie pennacchi d'ogni sorte
bellissimi. Ed accomodato il Divano, nel quale quel giorno si fanno
pochissime faccende, manda il primo Visir il Ciaus Bassi con molti
delli suoi Ciaussi a cavallo a levar l'Ambasciatore; e condotto in
Divano si fa sedere dirimpetto al Bassà primo Visir sopra un scagno
senza appoggio, guarnito di broccato; e dopo un pezzo di ragionamento
piacevole, comanda il Bassà che si porti il desinare, il quale vien
portato dall'ordinario scalco in quel modo che è stato detto, e mangia
l'Ambasciatore con il primo Visir ed uno o due delli altri Bassà;
nè altra differenza si scuopre dal solito, se non che il mezolaro è
più grande e tutto d'argento, e le vivande sono in maggior copia e
più delicate, sborsando la Maestà Sua per ognuno di tali banchetti
scudi mille d'oro a quello della dispensa. Al banchetto vi assiste
sempre il Dragomanno, per potere ragionare ciò che occorre, e si sta
trattenendosi, fino che il Re manda ad avvisare d'essere all'ordine, e
che abbia fornito di desinare la corte dell'Ambasciatore, alla quale
è apparecchiato sotto un porticale, in terra, sopra alcuni bulgari in
luogo di mantili, e le vivande sono positive e con ordine. Fornita
tutta la cerimonia del banchetto, si ritira l'Ambasciatore con tutta
la sua corte in un certo luogo vicino alla porta del Gran Signore a
sedere, sino che tutti gli ordinarii del Divano siano andati alla
udienza del Re. Usciti, fuorchè gli Bassà che restano per servire
alla Maestà Sua per onore, poi è chiamato l'Ambasciatore dal mastro
delle cerimonie, e condotto sino alla porta; dove essendo il Capi Agà
con un'ala di Eunuchi Agà, viene condotto sino alla stanza del Gran
Signore, alla porta del quale stanno due Capiggi Bassi delli detti,
che lo pigliano uno per braccio; ed accompagnato a baciar la vesta
della Maestà Sua, è dalli medesimi ritornato in dietro al muro della
stanza; dove fermatosi l'Ambasciatore fino che li detti Capiggi Bassi
abbiano accompagnato tutti li destinati a baciar le vesti ad uno ad
uno, introdotto il Dragomanno, espone al Re la sua commissione: alla
quale per il più delle volte non risponde il Re cosa alcuna, ma solo il
Bassà primo Visir dice qualche parola a proposito per licenziarlo; e
così l'Ambasciatore si parte con far riverenza al Re, senza levarsi la
berretta.
È curiosa cosa sapere questo particolare, che non è persona così
d'ambasceria come d'altri, che vada a baciar le vesti alla Maestà Sua
per licenziarsi da lei, che non sia vestita di veste del Re. Però il
primo Visir, innanzi che vadano gli Ambasciatori al Divano, gli manda
a presentare quante vesti sono descritte nel Canon per li Ambasciatori
e suoi gentiluomini, le quali poi si portano piegate, nè si vestono
se non all'entrare che si fa alla porta che va al Re: e dette vesti
sono di diverse sorte, cioè una, o due per li Ambasciatori di quelli
broccati di Brussia d'oro e di seta, e le altre, se bene li lavori
sono di Brussia, sono di poco valore. È anco vero che all'incontro non
è alcun Ambasciatore che vadi al Re, e Bassà, che ritorni da governo,
che baciando le vesti non lo presenti giusto al Canon ordinario
puntualmente osservato, tenendosi questo libro molto ben custodito,
per non perdere le buone usanze, sì che per questa ragione è molto
maggiore l'entrata che l'uscita; perchè gli Bassà oltre l'ordinario
del Canon fanno a parte grossissimi presenti e ricchissimi di cose
squisite e rare, accompagnate alcune volte secondo la qualità delli
Ambasciatori, per conservarli favoriti ed in grazia.
Gli altri Ambasciatori, che non sono di teste coronate, se bene sono
vestiti di vesti del Re in presente, non entrano però con questa gran
pompa in Divano, nè ricevono il banchetto, ma vanno come gli altri
soggetti grandi privatamente, portando il presente, alcuni sedendo alla
presenza del Bassà ed altri non sedendo, fino che vengono poi condotti
al Re nel modo sopraddetto.
Avendo fin qui descritto il Serraglio e le fabbriche in esso
esistenti, per quello si è potuto vedere ed intendere, con qualche
altro particolare appresso dell'uso d'esso, entrerò a narrare di
quelli che l'abitano, e del loro ministerio. Dirò prima che tutti
quelli che si ritrovano in detto Serraglio, così uomini come donne,
sono tutti schiavi dell'Imperatore, come sono tutti quelli che sono
sudditi nel suo grande Imperio; perchè in esso non è altro capo che
il Re, riconoscendo tutti l'essere e l'avere dalla semplice volontà
della grazia di lui. E puotesi con verità affermare e dire che questo
Serraglio riesce come un seminario di soggetti, li quali secondo la
loro riuscita e naturale disposizione vengono ad essere quelli che
subornati reggono con principalissimi carichi la macchina di così amplo
Imperio.
Tutti quelli che stanno dentro dalla terza porta chiamata porta reale,
io credo che non eccedono, per l'informazione che avetti, fra uomini
e donne al numero di due mila; le donne saranno da trecento in circa,
giovani, belle, atte, ridotte e abbracciate dal Re, vecchie da governo,
e altre da servizio.
Quelle che sono tenute in luogo di belle, sono tutte giovani d'esterne
nazioni state prese o rubate, ed educate in buone creanze con altre
virtù di sonare, cantare, danzare e ben cucire, sono poi state donate
alli Re per presenti nobilissimi, come vergini virtuose e stimatissime
fra i Turchi; e di queste tali si accresce il numero ogni giorno,
secondo che vengono mandate a presentare dal Tartaro, dalli Bassà, e
da altri grandi al Re ed alla Regina, e le mette anco, secondo che
pare alla Maestà Sua per qualche accidente di farne passare da questo
Serraglio al Serraglio vecchio, che anco egli è un luogo amplissimo,
come a suo luogo si dirà.
Queste, entrate in Serraglio, siano di che religione esser si voglia,
s'intendono immediatamente turche; alle quali non si usa di far altro,
che di farli alzare un dito e dire Mehemet; e secondo le loro età e
disposizioni, esaminate da una vecchia nominata _Cadum_, che vuol dire
maggiordoma maggiore, sono collocate in una stanza ad abitare e vivere
fra le altre della medesima età e del medesimo genio. Ed è da sapere
che in quelli appartamenti di donne si vive come si fa ne' monasterii
di monache grandi, perchè hanno li suoi refettorii e dormitorii
grandissimi, che capirebbono fino al numero di cento d'esse. Dormono
sopra li sofà posti al lungo della stanza dall'una e dall'altra parte,
sì che resta una capacissima strada nel mezzo di poter camminare; li
loro letti sono di schiavine e felzade, e per ogni dieci giovani donne
dorme una vecchia. Nelle stanze stanno di notte diversi ferali accesi,
pendenti dal cielo d'essa, e così compartiti, che da per tutto si può
comodamente vedere; e ciò per divertire il male e per lo bisogno che
gli potesse occorrere; appresso detti dormitorii vi sono li suoi bagni,
le cucine, e l'uso per la necessità, con abbondanza di fontane per lo
bisogno delle acque, e diverse altre stanze sopra essi dormitorii,
dove si riducono a cucire, e dove tengono li suoi _sanduchi_, che sono
forzieri per custodire li loro vestimenti. Mangiano poi a camerata
nelli loro refettorii sopra il piano del sofà e sopra corami di
bulgaro che servono per mantili, e vengono servite da altre donne
secondo il loro bisogno, sì che non restano in mancamento alcuno. Hanno
li loro luoghi da ridursi alle scuole per imparare a leggere, parlar
turco, a cucire, a sonare, e con le loro madri che sono donne di età
vivono e stanno tutto il giorno con qualche ora anco di ricreazione,
perchè non gli mancano giardini nè piaceri quanti ne vogliono fra di
loro.
Il Gran Signore per l'ordinario non vede nè pratica queste tali
giovani, se non quando gli vengono presentate, e dopo, in caso di
volere qualcheduna d'esse per suo uso, o vero per vederla a giuocare, o
sentire a suonare; per tal effetto fa sapere alla Cadum governatrice il
suo desiderio, la quale immediatamente fa porre le giovani che paiono a
lei bellissime all'ordine di tutto punto, apparecchiate e poste in fila
dall'una e dall'altra banda della stanza, e introduce il Re, il quale
passando fra di loro più d'una volta e quanto li piace, adocchia quella
che più gli piace ed aggrada, e nel voler partirsi li getta uno de'
suoi fazzoletti in mano, segno di volerla quella notte a dormir seco.
Questa, avuta così buona nuova, si pone quanto può l'arte, e governata
e profumata dalla Cadum, dorme la notte con il Re nelle stanze
regali, nell'appartamento delle donne, che sta sempre preparato per
tal effetto: e nel dormire la notte dalla Cadum le vengono assegnate
alquante More vecchione, le quali a vicenda, due ogni tre ore, li
stanno in camera, dove sta una delle dette More vecchie e l'altra dai
piedi del letto, e si mutano senza strepito, sì che il Re non possa
sentire alcun disgusto.
Nel levar che fa la mattina il Re si muta tutto di vestimenti e lascia
alla giovane quelli che aveva in dosso con tutti li danari che nella
scarsella si trovano; e passato ad altre sue stanze li manda quel
presente di vesti, gioie e danari, quello che gli piace corrispondere
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