Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 4 - 6

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luoghi coperti, dove vedonsi ammucchiate le une sulle altre molte
scialuppe. Questi magazzini sono di legno, e vi si entra senza sbarcare.
Sulla porta di questi edificj dalla banda di terra trovansi sempre
cavalli da nolo sellati per portare subito i viaggiatori ove vogliono,
per istrade sporche, scoscese, e fiancheggiate da ambo i lati da
officine e case di legno coperte di vivi colori, ma senza essere a filo,
e formanti le une colle altre angoli entranti e salienti senza veruna
uniformità: vi si vendono commestibili, confetture, tabacco, droghe, ec.
Io fui alloggiato in un bellissimo _Khan_ fatto con pietre tagliate;
senz'altra compagnia che quella del mio dragomano turco, dello schiavo,
e di un giannizzero. Il dragomano era un uomo singolare; nato cristiano
nell'Albania erasi portato in Europa per istudiare la medicina. Dopo
avere viaggiato cinque anni per questo motivo in Italia, in Francia, in
Germania, soggiornò due anni a Vienna col primo medico dell'imperatore
Giuseppe II nel palazzo di questo Principe, col quale ebbe più volte
l'onore di parlare. Era in allora vestito all'europea: giunto a
Costantinopoli erasi fatto musulmano, ed a quest'epoca non aveva di che
vivere. La sua conversazione aveva qualche cosa di straordinario.
Siccome io non parlo il linguaggio turco, ed egli non sapeva l'arabo,
adoperava un latino maccaronico misto d'italiano. Quantunque nelle
scuole de' cristiani non imparassi l'alchimia, studiai per altro non so
perchè, il latino; imperciocchè, non avendo mai fatto uso di questa
lingua, non la parlo meglio del dottore albanese: il suo era un latino
italianizzato, il mio un latino arabo. Dietro queste nozioni figurisi il
lettore quali potevano essere i miei discorsi con un uomo che univa ad
una istruzione confusa una mescolanza di stravaganti chimere
dell'immaginazione. Egli credeva per modo d'esempio, che l'aria sia
popolata di spiriti o di uomini invisibili, che hanno una diretta azione
sugli uomini, e che formano una specie di fratellanza con alcuni
mortali, ec. Del rimanente era un buon uomo e senza rigiri.
La grande moschea di _Aya Sophia_, antica cattedrale di S. Sofia, è un
magnifico edificio; la vasta sua cupola ad arco stiacciato, circondata
da mezze cupole produce un maraviglioso effetto. Non prenderò a farne la
descrizione, perchè già fatta da molti viaggiatori. I cristiani vi
possono avere accesso, come in tutte le altre moschee di Costantinopoli,
col permesso del governo, che facilmente si ottiene. I muri sono
incrostati di marmo, e le colonne bastantemente conservate, ma il tetto
incomincia a guastarsi. La tribuna del Sultano è tutt'altro che bella: è
una specie di gabbia sostenuta da quattro colonnette, e circondata da
griglie dorate.
Ciò che reca maraviglia è il vedere questo tempio ingombrato da una
quantità di bastoncelli, e di canne posti lungo le muraglie ed intorno
ai piloni; pezzi di tela, come lenzuoli, tovagliuoli, ec. sospesi, onde
formare una specie di separata tribuna, ove non possono entrare che i
proprietarj per fare la preghiera o per leggere: la qual cosa forma in
chiesa una ridicola specie d'accampamento. Nell'angolo di N. O. della
navata principale si vede una magnifica giara di marmo elegantemente
lavorata, che tien luogo di fonte. È pure notabile un tramezzo di marmo
in forma di paravento, assai ben fatto, ed imitante il legno che trovasi
in una delle loggie superiori.
Un venerdì vidi andare alla preghiera il sultano Mustafà nella moschea
_Sultan Djèámi_, o moschea del Sultano, posta in faccia ad una delle
porte del serraglio. La strada che per recarvisi doveva il Sultano
attraversare, era fiancheggiata da due linee di giannizzeri dalla porta
del serraglio fino a quella della moschea. Il mio dragomano ed il mio
giannizzero non volevansi avvicinare perchè al solo nome del Sultano
tutti tremano; io invece attraversai le linee e passai nel cortile della
moschea, ove mi posi nella più vantaggiosa situazione per vedere S.
Altezza.
Arrivarono prima a varie riprese molti personaggi della corte circondati
da domestici a piedi, e montati sopra bellissimi cavalli riccamente
bardati, scendevano alla porta della moschea, ed i domestici prendevansi
cura dei cavalli.
I giannizzeri, come gli altri turchi, portano una lunga veste ma di
color diverso, come ognun vuole, col solo segno distintivo di una
ridicola berretta di feltro bianco-grigia, che pende per di dietro; e
copre loro la schiena; e sul davanti una piastra di metallo che viene
come a cadere sopra la fronte, e chiude come in un astuccio un
grossolano cucchiajo di legno che ogni giannizzero è obbligato ad aver
sempre presso di sè. Marciano senz'armi non avendo che una mazzetta in
mano.
Vidi poi arrivare dieci cavalli del Sultano tutti assai alti, e di
diverso pelo, coperti di grandi gualdrappe riccamente lavorate in oro ed
argento, e di selle con sopra magnifiche stoffe.
Il Sultano montato sopra un superbo cavallo giunse poco dopo preceduto
da una trentina di guardie _Bostandgi_ armate di piccole alabarde
dorate. Stavano a' suoi fianchi quattro ufficiali, che potrebbero
chiamarsi _ventole_ del Sultano, perchè colle immense penne che hanno
sul capo nascondono in modo la persona di S. Altezza, che riesce
difficile il vederla; pure io la vidi perfettamente in volto, e lo
guardai col mio occhialino finchè mi fu possibile. La figura del suo
volto è lunga assai, ed anche il naso quantunque un po' rivolto
all'insù; ha gli occhi grandi, e la pallidezza del suo colore non è
rotta che dalle due pommelle rosse delle gote; parvemi piuttosto d'alta
statura, smilzo, ed assai vivace. Aveva una semplice pelliccia, ma il
turbante era ornato di una ricchissima rosa di brillanti assai grossi e
di una luce vivissima. Entrando nel cortile del tempio fece un leggier
saluto, portando la mano destra al petto, e guardando a diritta ed a
sinistra. Regnò un profondo silenzio finchè il Sultano giunse alla porta
del tempio; ove tostochè smontò, una dozzina d'uomini ch'erano presso
alla porta fecero alcune grida di _vivat_.
Teneva dietro al Sultano il capo degli Eunuchi negri, il cui aspetto è
veramente orribile; era riccamente vestito, e montato sopra un
bellissimo cavallo simile a quello del Sultano, ed anch'esso circondato
dai suoi domestici a piedi. Salutava passando a destra ed a sinistra con
una tale misurata precisione, che sembrava un automa.
La stesso giorno andai a fare la preghiera del mezzodì a S. Sofia. Non
vi si fa alcuna cerimonia particolare, e solo dopo l'orazione vidi un
dottore montare sopra un alto pulpito, e fare seduto un lungo sermone.
Mentre io stava divotamente ascoltandolo, l'ufficiale capo della tavola
del capitano Pascià, che io aveva conosciuto in Alessandria, mi si
accostò, e mi diede infinite prove d'attaccamento baciandomi le mani ed
i piedi.
Le altre più ragguardevoli moschee di Costantinopoli sono:
Il _Tourbèh_, ossia sepolcro del sultano _Abdoulhamid_, padre
dell'attuale sultano _Mustafà_; bella cappella ottagona, ove viene
riverita entro una nicchia una pietra nera guernita d'argento, sopra la
quale conservasi l'impronta dei piedi del Profeta, come in una piastra
di cera molle.
La moschea _Yenid Djeàml_ ornata di bellissimi marmi è una perfetta
copia di S. Sofia.
Il _Tourbèh_, o sepolcro del sultano _Soulimen_, elegante cappella
ottagona somigliante a quella di _Abdoulhamid_, sebbene meno magnifica,
è situata in mezzo ad un piccolo giardino, accanto alla moschea detta
_Soulimania_. Per recarvisi si passa sopra un terrazzo che signoreggia
una parte della città, il porto ed il sobborgo di Galata, ec.; indi dopo
avere attraversato un vasto cortile abbellito da una loggia sostenuta da
colonne di granito rosso, si entra nel corpo della moschea, ricco di
quattro grandiose colonne dello stesso granito e di altri marmi di
diverse qualità che ne coprono le interne pareti. In un angolo del
tempio un certo qual missionario seduto in terra predicava al numeroso
popolo che gli stava intorno affollato.
Non cede alle altre in bellezza la moschea del sultano Ahmed, i di cui
quattro piloni, che sostengono la cupola centrale, sono incrostati di
marmo bianco scannellato; la tribuna del Sultano è sostenuta da molte
colonnette, tra le quali vedonsene alcune di una bella breccia oscura,
ed una di verde antico. Anche nella corte trovansi diverse colonne di
granito rosso di una non comune grandezza. In questa moschea il Sultano
suole recarsi due volte all'anno, per la Pasqua, e per il giorno
natalizio del Profeta, perchè la sua posizione riesce comodissima a
tutto il suo seguito, che può allargarsi nell'_Hippodromo_ accanto alla
moschea.
La moschea del Sultano _Maometto_ II, che conquistò Costantinopoli, è
pure un ragguardevole edificio. Quand'io andai a vederla i portici del
cortile erano pieni di piccole botteghe di mercerie, ove i mercadanti
gridavano come in un mercato, e nell'interno della chiesa gridavano
ancora più forte cinque o sei predicatori. Il _turbeh_, o sepolcro del
Sultano posto accanto alla moschea in mezzo ad un piccolo giardino, è
una semplice cappella di mattoni, ma il catafalco è coperto da un
ricchissimo tappeto. La cappella ed il marciapiede erano affollati di
donne che venivano a visitare il sepolcro.
Elegante è la moschea _Osmania_, ma meno grande delle altre.
Sortendo dalla città verso il porto trovasi ad un quarto di lega di
distanza un gentile palazzo del Sultano, passato il quale si giugne al
sobborgo d'_Eyoub_ posto lungo la riva del canale del porto. Diede il
suo nome a questo sobborgo un santo discepolo del Profeta, venerato come
il protettore di Costantinopoli, e le di cui ossa furono miracolosamente
trovate nello stesso luogo. Nella moschea di questo sobborgo vien cinta
la sciabla al nuovo Sultano; lo che tien luogo della coronazione dei
monarchi in Europa. L'ingresso di questo tempio essendo assolutamente
vietato a tutti gl'infedeli, niuno lo descrisse, onde cercherò di
supplirvi.
Dopo avere attraversata una piazza irregolare si entra nell'edificio,
consistente in un cortile al centro, nella moschea alla diritta, e nella
cappella dall'altro lato, ove trovasi il sepolcro del santo. Questi
edificj sono incrostati di marmo dall'alto al basso, tanto le pareti
quanto il suolo.
Il cortile ha la figura d'un paralellogramo, e da tre bande è circondato
di portici. Nel centro s'inalzano due pioppi, le cui frondi ombreggiano
tutto il cortile.
La moschea non è diversa da tutte le altre moschee imperiali di
Costantinopoli, vale a dire che come quella di S. Sofia, è formata di
una gran cupola sopra un quadrato; ma questa ha due particolari cose che
la distinguono: la prima che i piloni posti agli angoli del quadrato
sono assai sottili; che la cupola è sostenuta da sei piloni cilindrici
in forma di colonne ai tre lati del quadrato; e che sul muro del fondo
si alza una mezza cupola formante una cappella ove trovasi il _mehereb_,
o nicchia dell'Imano: la seconda particolarità si è che la tribuna del
Sultano non è come nelle altre moschee alla diritta del _mehereb_, ma
alla sinistra. I muri sono tutti incrostati di rarissimi marmi; il suolo
coperto di ricchi tappeti, ed un gran numero di lampade e di candelabri
di cristallo e d'argento, ova di struzzo, noci di cocco, ed altri minuti
ornamenti tutti guarniti di preziosi metalli e smaltati de' più bei
colori, vedonsi sospesi all'altezza di sette in otto piedi.
Nel lato opposto al cortile trovasi una sala ornata di tappeti e di
soffà, e di varie iscrizioni che ne ricoprono tutte le pareti. In una
piccola nicchia formata nella grossezza del muro della sala viene
custodito un pezzo di marmo vergato bianco, e nero che ha l'impronta del
piede del Profeta; ed è quella ch'io vidi meglio segnata in tutti i
monumenti di tal genere da me veduti ne' miei viaggi. Questa sala è per
così dire l'anticamera della cappella, ove conservasi il sepolcro del
santo.
La cappella illuminata da belle finestre forma un piccolo tempio coperto
di una elegante cupola; le pareti sono coperte d'iscrizioni come quelle
dell'anticamera, ed il catafalco del santo posto in mezzo è coperto di
una ricca stoffa, e circondato da un cancello d'argento. Dalla banda del
capo evvi uno stendardo ripiegato nel suo fodero, che è l'insegna
distintiva del discepolo del Profeta: nell'opposto lato trovasi il pozzo
da cui si attinge l'acqua con un secchio d'argento che si beve con
bicchieri dello stesso metallo; e si vuole che quest'acqua sia
miracolosa.
Dopo aver lasciate nell'interno abbondanti elemosine, ed altre alla
porta sempre assediata da qualche centinajo di poveri, non molto
incomodi a dir vero, perchè essendo registrati non si presenta a
chiedere l'elemosina ai fedeli che il solo capo. Non lasciai di visitare
il sepolcro della madre dello sventurato _Selim_ III, che consiste in un
piccolo tempio incrostato di marmi preziosi, ed ornato al di dentro ed
esternamente da colonne e da mondanature del più squisito gusto. Riceve
la luce da molte finestre con inferriate dorate; ed ha in sul davanti un
vestibolo sostenuto da belle colonne di marmo screziato.
Osservai pure molte altre moschee famose pel loro nome, ma di poco
pregevole architettura. A lato alle moschee trovansi i sepolcri de'
personaggi illustri, le biblioteche, le scuole, gli ospizj de' poveri, i
_Khan_ pei viaggiatori, gli ospitali, ed altri pii stabilimenti, che
tutti furono già descritti da altri viaggiatori.
Ho pure voluto vedere una casa, nella cui maggior sala sono disposti i
mausolei di una famiglia che possiede alcuni peli della barba del
Profeta, tesoro infinitamente più prezioso di tutte le ricchezze
dell'India. Questa reliquia si espone alla pubblica venerazione in una
cappella situata di faccia ai mausolei. Quand'io entrai, un ministro mi
presentò un piattello con un cuscinetto coperto di differenti pezzetti
di stoffa paonazza, che spargeva un gratissimo odore: dopo avermi fatto
venerare il piattello, mi toccò a più riprese gli occhi, la fronte, il
naso e la bocca con un capello steso sopra un pezzo di cera nera, e
recitando alcune preghiere ad ogni suo toccarmi, mentre io mi teneva nel
più esemplare raccoglimento: dopo di che feci la mia preghiera, e
depositai l'offerta, che parve al ministro abbastanza ragguardevole
perchè si degnasse esibirmi di ricominciare la ceremonia del piattello,
e del capello, che accettai di buon grado, come un singolar favore. Mi
diede in oltre una piccola bottiglia d'acqua entro la quale erano stati
bagnati i santi capelli, e partii colmo di gioja. I capelli che mi si
fecero toccare erano alquanto rossicci, torti, forti, della lunghezza di
due dita traverse. Avvezzo a riflettere su tutto quanto mi accadeva, non
potei in questa occasione dispensarmi dall'ammirare il miracolo della
divina Provvidenza, che si degnò di rendere una intera famiglia
ricchissima col solo prodotto d'una piccola ciocca di capelli!
All'indomani mi recai ad un'altra casa ove si venera un pezzetto
dell'abito del Profeta. Una guardia di giannizzeri e di sceriffi ne
occupava la porta; la casa era piena di donne, che d'ordinario vanno la
mattina ad adorare la reliquia, e molte vetture stavano aspettando nella
strada: mi fu detto che non potrei entrare che dopo mezzogiorno; onde mi
trattenni in una vicina moschea fino all'ora indicatami. Alla porta si
distribuiscono a modico prezzo piccole bottiglie dell'acqua in cui si
bagnò la reliquia.
Vuole l'usanza che si lascino le pantoffole a' piedi della scala, ove
trovasi uno sceriffo incaricato dì riceverle, e di restituirle quando si
esce. Si sale da prima in una camera irregolare col palco assai basso, e
fattavi la preghiera si entra nella cappella della reliquia: è questa
una camera di dieci in undici piedi in quadrato, bassa come un
mezzanino, che ha siccome le moschee il suo mehereb con una finestra da
ogni lato; il tutto coperto di ricchi tappeti.
Sta entro al mehereb uno sceriffo, innanzi al quale vedesi una piccola
tavola coperta di molte stoffe ornate di ricami assai ricchi, e poste le
une sopra le altre; l'estremità della reliquia viene mostrata sotto ad
una di tali stoffe alla venerazione de' fedeli credenti. Malgrado la
religiosa oscurità della camera, ho potuto osservare che la reliquia è
un pezzetto di grossa tela di lana di color nero, o bruno cupo, e che
non era posta in mezzo alla tavola, ma alla diritta, onde siccome io
suppongo, preservarla dagl'innumerabili baci dei divoti. Penetrati
questi da un santo terrore, e da profondo rispetto baciano senza troppo
riflettere una stoffa ove non è la reliquia, e con questa innocente
astuzia viene sottratta ad un'infinità di toccamenti, che a lungo andare
le arrecherebbero danno, e la insudicerebbero. Alquanto più riflessivo,
quantunque divoto come gli altri, io baciai veramente la reliquia,
applicandovi le labbra, la fronte, e le guance; ma in pari tempo ebbi
l'avvedutezza di lasciare una larga elemosina per compenso di così
straordinario servigio: Dio ne sia lodato!
Questa inapprezzabile reliquia, non meno dei peli della barba del
Profeta che aveva venerati nel precedente giorno, non si espone al
pubblico culto che in tempo del Ramadan.
_El-saraya_, o serraglio, palazzo del Sultano, può riguardarsi come
un'altra città entro Costantinopoli, tanti sono i palazzi, le case, i
terrazzi, i giardini che racchiude nel suo vastissimo circondario. Io
non vidi che due porte in così grande circuito, le quali troppo male
corrispondono alla maestà del palazzo.
Una di queste, custodita dai bostangì, è posta sopra un cortile, o
piazza irregolare, nella quale trovasi una zecca che io non ommisi di
visitare. La vite del punzone viene mossa da tre uomini, ed un quarto
colloca la moneta sotto il conio. In altra casa dello stesso cortile si
conservano molte armi antiche appese alle pareti.
In fondo al cortile apresi un'altra porta egualmente custodita dai
bostangì, da eunuchi, e da altri impiegati, che non mi permisero
d'inoltrarmi più a dentro. Vidi per altro guardando per questa porta un
secondo più spazioso cortile, con molti terrazzi ed altri edificj
isolati: ed ecco tutto ciò ch'io posso dire del serraglio del Gran
Signore, che altronde essendo stato tante volte descritto da chi lo
vide, o pretende d'averlo veduto, non è bisogno ch'io soggiunga il poco
che ne so. Avrei bensì potuto ottenere la permissione d'introdurmi; ma
non volli impiegare il denaro in così fatti oggetti, perchè se io avessi
voluto trattarmi colla magnificenza conveniente al mio grado, avrei
sacrificata all'ambizione quella dolce indipendenza che aveva
incominciato a godere nella specie di oscurità da me scelta, e dalla
quale non desiderava di sortire. Per tale motivo mi tenni lontano dalla
corte, e non mi presentai a Moussa Pascià mio amico d'Alessandria, che
allora era _Kaïmakan_ del gran Visir, ossia il primo funzionario
dell'impero in Costantinopoli quando il gran Visir trovasi all'armata,
siccome allora trovavasi di fatto a quella di Adrianopoli: e sono ben
sicuro ch'egli mi avrebbe ricevuto come un suo caro fratello se avessi
voluto farmi conoscere alla corte.
Uscendo del serraglio attraversai la casa del gran Visir, e vidi nel
quartiere terreno una vasta sala, in fondo alla quale vien posto sopra
un rialto il soffà di questo ministro in occasione delle pubbliche
udienze. La sala è vasta, ma non conveniente a quest'uso.
La principale porta della casa consiste in un arco semplicissimo in
faccia alla muraglia del serraglio, notabile per una torre, nella quale
recasi talvolta segretamente il Sultano per vedere le pubbliche
cerimonie del gran Visir coi ministri stranieri, ec.
Il palazzo di _Costantino_ trovasi nel centro di Costantinopoli, e vien
detto il vecchio serraglio: io non potei vederne che le mura che sono
altissime; ed è abitato dalle donne rilegate del serraglio.
Quasi tutte le strade di Costantinopoli sono anguste e sporche. I
marciapiedi alti quattro o cinque piedi, mal lastricati ed
incomodissimi; onde andava quasi sempre a cavallo. Le case hanno tante
finestre che pajono gabbie. Ho già detto che sono di legno dipinte con
vivacissimi colori, o disposte senza veruna regolarità. Ciò è cagione
degli incendj che ogni anno distruggono qualche quartiere della città;
ed in tempo della mia dimora fui testimonio di due, che arrecarono
gravissimi danni: ma il fanatismo dei Turchi resiste costantemente a
così funeste esperienze, e rifabbricano le nuove case com'erano le
incenerite, lasciando alla Provvidenza la cura di conservarle. E per tal
modo potrà dirsi tra non molto tempo che la città di Costantinopoli fu
rifatta ben cento volte.
Ho vedute alcune botteghe di farmacisti come in Europa, una strada
d'argentieri, e tutto un quartiere abitato da calderaj, di dove uscii
affatto stordito. Passai pure per una lunga strada ove si vendono i
vasellami di rame, notabile per la quantità immensa delle merci, e per
la bella simmetria con cui vengono disposte nei magazzini.
Costantinopoli è la sola città musulmana in cui sianvi vetture. Quelle
di cui io mi valsi sono sospese sopra quattro ruote ben proporzionate,
cariche di dorature, coperte di tela bianca o rossa, e tirate da un pajo
di cavalli guidati da un cocchiere a piedi a lento passo: sul di dietro
della vettura si pone una scaletta di legno che vien collocata alla
portiera quando si sale o si scende. I turchi non adoperano domestici, e
sembra pure che sdegnino di servirsi delle vetture per girare la città,
non avendovi costantemente vedute che donne.
Volli un giorno minutamente esaminare l'Ippodromo, chiamato dai turchi
_Admeïdan_. È questa una piazza irregolare lunga all'incirca duecento
cinquanta passi, e larga cento cinquanta; nel centro della quale
s'inalza un bell'obelisco egiziano di granito rosso, somigliante alla
guglia di Cleopatra in Alessandria; ma meno alto, sebbene gli si diano
sessanta piedi d'elevazione: ogni facciata presenta una linea
perpendicolare di geroglifici assai grandi. È sostenuto da quattro dadi
di bronzo sopra una base o piedestallo fatto di varj pezzi di marmo
grossolano mal lavorato, sul quale furono scolpite diverse bizzarre
figure in rilievo, tutte in maestà, e del cattivo gusto greco de' secoli
di mezzo. Mi fu detto che tali figure rappresentano i discepoli di _Gesù
Cristo_: ma ciò che non ammette dubbio è, che questo piedestallo fa
torto a così bel monumento, di cui presto o tardi ne cagionerà la ruina,
per esserne le parti affatto mal legate.
A non molta distanza da questo obelisco egiziano se ne vede un altro
alzato dai Greci ad imitazione del primo, che credo pure avere le
medesime dimensioni; ma essendo formato di piccoli sassi di varie
qualità e mal quadrati minaccia ruina, e presenta un singolare
contrapposto di debolezza colla solidità dell'altro.
Trovasi presso a quest'obelisco un ospizio pei poveri, minacciato da un
giorno all'altro di rimanere sepolto sotto le sue rovine.
Tra i due obelischi vedesi un terzo di colonna di bronzo mancante della
parte superiore. Pretendesi che terminasse con tre teste di serpenti, i
di cui corpi s'avvolgevano tenacemente intorno al fusto. Il bronzo è
sottile assai, ed essendo bucato in più luoghi, si colmò di pietre
l'interno vuoto. Il pezzo esistente può essere alto dieci piedi.
Dopo avere esaminati i monumenti dell'Ippodromo, mi diressi al S. O.,
facendo molte strade. In una piccola piazza osservai stese a terra due
bellissime colonne di granito; e ne vidi altre due più piccole di verde
antico presso alla porta di una casa affatto eguale alle altre. Vidi
camminando molti mercati assai ben provveduti, ma separati gli uni dagli
altri da lunghe strade affatto spopolate.
Finalmente giunsi al piede di un'alta torre, coperta d'un cono assai
acuto; ed è una di quelle che formano il _Castello delle Sette Torri_
ove si custodiscono i prigionieri di Stato; e come tale soleva ritenersi
l'ambasciatore di qualunque potenza che dichiarava guerra al Sultano, e
per questo solo motivo veniva imprigionato; ma pare che quest'usanza sia
omai andata in desuetudine.
Scesi da cavallo, ed entrai nel primo cortile del castello; ove ben
tosto mi si presentò un gran diavolo d'uomo con viso dispettoso; cui
avendo domandato il permesso di osservare l'interno, n'ebbi un'assoluta
negativa. Rimontai subito a cavallo, ed uscii dalla porta della città
vicina alle sette Torri, volendo se non altro formarmi qualche idea di
questa fortezza osservandola esteriormente; ma non vidi che un confuso
labirinto di torri e di mura le une sopra le altre.
Piegando al nord al luogo delle mura della città, esaminai le opere che
difendono dalla banda di terra la capitale dell'Impero. I suoi mezzi di
difesa riduconsi ad una fossa quasi affatto colmata, e ridotta a
giardini; una prima linea di mura assai bassa, a guisa di parapetto; una
seconda linea di più alte mura, ed una terza linea interna ancora più
alta, e fiancheggiata da torri altissime.
Queste tre linee di muraglie a scaglioni, coronate di feritoje hanno
certa quale imponenza perchè presentano tre ranghi di fuoco; ma che non
potrebbero resistere al fuoco ben diretto dell'artiglieria del nemico,
il quale avrebbe inoltre il vantaggio di avvicinare le sue artiglierie
coperto dalle colline, e dalle siepi dei giardini che vengono fino al
piede delle mura. Costantinopoli non sosterrebbe più di otto giorni
l'attacco di un'armata di terra. Altronde in uno spazio molto
considerabile tra la porta di _Adrianopoli_, e quella di _Top_, come
pure in un'altra parte tra quest'ultima porta ed il castello delle Sette
Torri, i tre ordini di mura sono affatto ruinati, e rimpiazzati da una
sola, che sembra piuttosto una semplice muraglia d'un ricinto, che un
bastione di una immensa città. Tutto il rimanente delle mura cade pure
in rovina.


CAPITOLO LII.
_Cisterna di Filossène. — Colonna di Costantino. — Mercato
delle donne. — Bezesteinn, o grande Bazar. — Quartiere del
Fanale. — Alai Kiksoe del Sultano. — Punta del serraglio. —
Riva del Mar di Marmara. — Caserma de' bombardieri. — Casa di
piacere del Sultano. — Illuminazione del Ramadan. — Festa del
Beyrom, o della Pasqua. — Acque di Costantinopoli. — Carattere
dei Turchi. — Divertimenti. — Donne. — Clima._

La Cisterna di Filossène fatta a' tempi di _Costantino_ per provvedere
di acqua la città, ora non è più che un arido sotterraneo, in cui si
formò una filatura di seta. Vi si scende per una cattiva scala che mette
capo in un luogo quasi oscuro, sostenuto da più centinaja di colonne, e
tutto ingombro dalle macchine destinate a filare e torcere la seta, i
cui fili presso che invisibili in luogo così poco illuminato, dividonsi
orizzontalmente tra gli ordini delle colonne, in maniera che non si può
fare un passo senza arrischiare di romperne delle centinaja; onde
rendesi necessaria una guida per girare in questo labirinto.
Preceduto da questa, e seguito dalle mie genti ordinate una dietro
l'altra come una compagnia di ciechi, io girai questa specie di
sotterraneo, che adesso serve ad usi così diversi da quello cui fu in
origine destinato. La volta appoggiata sulle colonne ha di tratto in
tratto alcune aperture che adesso fanno le funzioni di abbaìno, e furono
aperture per attinger l'acqua.
Ogni colonna è formata di due fusti posti l'uno sull'altro senza verun
mastice: il fusto inferiore in vece di capitello, porta uno zoccolo
largo un piede all'incirca, sul quale si alza il fusto superiore, cui
tien luogo di capitello un'informe figura somigliante ad un cono
rovesciato. Le colonne sono d'un marmo grossolano la cui superficie va
sciogliendosi. La terra ed i rottami che fino a certa epoca gettavansi
per le finestre, hanno colmata quest'immensa cisterna fino a due terzi
dell'altezza delle colonne inferiori. La mia guida mi disse, che queste
colonne sono più di quattrocento, benchè nella descrizione non se ne
contino che dugento dodici: ma la guida deve aver ragione, perchè
calcola le colonne inferiori e le superiori. Gli operai chiusi in questa
sotterranea officina hanno un cattivo colore ed un ributtante aspetto.
Uscito da questa caverna passai presso alla colonna di _Costantino_
fatta di molti pezzi di porfido rosso, ad eccezione delle parti
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