Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 4 - 4

in distanza di soli venti passi una truppa d'uomini a cavallo. Non
eravamo più in tempo di dare a dietro, o di fermarci. Subito io grido;
_fuor di qui, fuor di qui_. I Bedovini rispondono colle medesime parole,
e noi avanziamo colla sciabla alla mano. Il mulo che portava le mie
carte trovavasi di già in mezzo alla truppa nemica; molti uomini armati
della carovana mi raggiungono; ed uno che trovavasi alquanto addietro di
me, tira una fucilata all'azzardo, ed io sento fischiare la palla a
diritta. Tutto ciò si eseguì in un istante. I Bedovini vedendo la nostra
risolutezza, si ritirarono, salutandoci senza tentar nulla. Erano venti
uomini all'incirca armati soltanto di lancia.
Alle quattro e mezzo del mattino si prese riposo presso la sponda d'un
canale, ov'erano alcune fattorie, nelle quali battevasi il grano.
Ripostici in cammino alle dieci ore, attraversammo alcune colline
calcaree coperte di piantagioni di ulivi, ed alle tre dopo mezzogiorno
si entrò in Aleppo.
Questa città detta dagli Arabi _Hàleb_ è stata tante volte descritta,
che tutto quanto io ne dicessi non potrebb'essere che una ripetizione di
ciò che tutti sanno; perciocchè trovandosi assai frequentata da tutte le
nazioni commercianti, viene ad essere conosciuta come una città
d'Europa: mi limiterò dunque a dire che racchiude molti belli edificj, e
quantità di marmi d'ogni specie; che bella è la grande moschea senza
essere magnifica; che le strade sono assai ben lastricate; ed i _bazar_
coperti di portici a vòlto, illuminati da frequenti abbaìni: che però i
_bazar_ di Damasco sono più ricchi, e meglio provveduti; che in
settembre il caldo fu insoffribile fino all'equinozio; e finalmente che
allora sulle montagne all'O. vi fu una gagliarda burrasca, dopo la quale
l'atmosfera si rese temperata. In Aleppo vedesi la bizzarra mescolanza
dei cappelli appuntati colle lunghe vesti orientali.
In tutto il tempo che rimasi in Aleppo mi trovai talmente ammalato, che
non potei quasi occuparmi dei più piccoli affari


CAPITOLO L.
_Viaggio a Costantinopoli. — Antiochia. — Targo. — Monte Tauro.
— Arco trionfale. — Orde di pastori della Turcomania. — Maniera
di viaggiare in Turchia. — Città di Konia. — Assiom Karaïssar.
— Kutaïeh. — Catena del monte Olimpo. — Scutari. — Ingresso in
Costantinopoli._

Il Sabato 26 settembre sortii d'Aleppo allo cinque ore del mattino,
seguìto soltanto da uno schiavo, da un _tataro_, da alcuni mulattieri, e
da cinque fucilieri di scorta.
Camminando all'O. con una dolce inclinazione al N. entrai in un paese
alto e deserto, tutto composto di roccia calcarea. Giunto alle otto ore
presso ad un piccolo casale, congedai i cinque soldati, perchè ad una
certa distanza da Aleppo non si corre più pericolo di essere spogliati
dai Bedovini, o da altri ladri che sogliono aggirarsi ne' contorni della
città.
In questo luogo vedesi accanto alla strada uno scavamento perpendicolare
di forma quasi ellittica di un diametro maggiore di trenta piedi, e di
quaranta di profondità. A metà circa della sua profondità trovasi una
galleria che gira tutto all'intorno, lungo la quale sonovi le aperture
di varie caverne. Credono i musulmani essere questi i resti di una città
sommersa; ed i cristiani d'Aleppo dicono invece, e con maggiore
probabilità che fu già un anfiteatro pei combattimenti delle bestie
feroci. Non è pure inverosimile che servisse di prigione o di catacomba;
oppure che fosse una vastissima cisterna. Io non oso niente asserire di
positivo su quest'oggetto.
Di qui la strada piega a S. O. attraversando aspre rupi che dovetti
salire e scendere alternando fino a dieci ore e tre quarti; quando feci
alto per fare colezione in un casale detto _Tadil_.
Dopo un'ora di riposo continuando il cammino attraversai il casale di
_Tèreb_, indi una vastissima campagna tutta sparsa di villaggi, fra i
quali considerabilissimo è quello d'_Azèni_, dove entrai in sul
tramontare del sole; poi fui ad alloggiare nel vicino casale di
_Mortahoua_.
Questa pianura assai fertile è popolatissima, e lo sarebbe assai più se
non fossa ridotta alle sole acque dei pozzi e delle cisterne. I suoi
villaggi presentano frequenti vestigia, e rottami di antichi edificj; ed
io penso che ad una lontanissima epoca appartengano ancora le cisterne.
S'incontrano ad ogni passo frammenti di cornici, e di altri ornamenti
architettonici, ammucchiati con rozze pietre intorno agli orti; come
vedonsi molti pezzi di colonne destinati a coprire i pozzi. In tal modo
la mano del tempo, sempre più possente dei vani sforzi dell'uomo,
restituisce alla natura tutto quanto le era stato tolto dall'arte.

_Domenica 27._
Riprendendo il cammino alle cinque ore e mezzo del mattino, uscii poco
dopo dalla pianura, che mette capo in una valle assai ben coltivata, e
circondata da belle colline coperte d'ulivi.
Alle sette ore dovetti attraversare una difficile gola; dopo la quale,
ora salendo ora scendendo alcuni poggi, sboccai alle nove ore nella
valle che prende il nome dalla borgata d'_Armana_. Alle dieci feci alto
accanto ad una fonte di eccellente acqua che scorre presso ad un
giardino.
Mentre facevamo colezione sei giovanette presentaronsi entro il chiuso
del giardino, che potevano supporsi il fiore delle fanciulle del paese,
tanto eran vaghe e gentili. La siepe di spine che le separava da noi,
rendevale più ardite, onde coprivansi a loro voglia o si scoprivano,
facendo pompa di una bianca delicatissima carnagione resa più bella dai
grandi e neri loro occhi. Osservai che non avevano il volto imbrattato
come le donne d'Affrica, ma soltanto un poco di nero intorno agli occhi.
Mandai loro un cartoccio di dolci, che contraccambiarono con un
mazzolino di fiori (ecco un gentil cominciamento di romanzo); ma non mi
fu possibile di vedere interamente, come ne aveva vaghezza, le loro
vesti. Ci separammo alle undici ore, ed io continuai il mio viaggio
montando un colle assai aspro e circondato da precipizi; ed alle tre ore
e mezzo giunsi sulla riva destra dell'Oronte, detto _Wad-el-Aassi_ nel
villaggio _Hamzi_.
Si passò il fiume, che in questo luogo non può avere più di cento piedi
di larghezza, sopra una barca non calafattata, che faceva acqua in ogni
lato. Un uomo la governava con una lunga pertica, mentre un altro stava
occupato a vuotare la barca colla gotazza: e perchè tutti gli sforzi
dell'ultimo non supplivano al bisogno, ad ogni tragitto i due navicellai
tiravano la barca a terra, e la liberavano dall'acqua rovesciandola. A
quale epoca devesi riferire la perizia nautica di queste buone genti?...
Avendo rimproverato a questo moderno _Caronte_ (la di cui veneranda
bianchissima barba in nulla cedeva a quella del nocchiero della livida
palude) il pessimo stato della sua barca, mi rispose che ne aspettava
un'altra nuova da Antiochia. Gli soggiunsi che dovrebbe far buona
provvigione di catrame e di stoppa per tenere la barca in buono stato,
altrimenti anche la nuova sarebbe in breve ridotta alla condizione della
vecchia. Parve sorpreso da questo avviso, come di cosa di cui non avesse
mai udito parlare; e dopo essere rimasto alquanto pensieroso, mi disse
che _approfitterebbe de' miei ricordi, che trovava ragionevoli_.
Si fece alto sulla sinistra del fiume. L'acqua in questo luogo è tanto
tranquilla, che non se ne può conoscere la direzione senza gettarvi
qualche corpo galleggiante. La sua maggiore profondità è di quattro
piedi e mezzo; le rive argillose e coperte della melma del fiume sono
tagliate quasi a picco, ed alte circa sedici piedi. Il pesce è
abbondantissimo.

_Lunedì 28._
Si partì alle quattr'ore del mattino viaggiando lungo le falde di alcune
montagne. Alle sette passai sopra un ponte di un solo arco sotto al
quale scorre un piccol fiume che sbocca nell'Oronte. Appena giunto
sull'opposta riva, mi fu presentato un pesce lungo più d'un piede, in
quell'istante saltato sulla sabbia, ed era ancora vivo.
Alle otto ore feci colezione al di là di un altro torrente che mette pur
foce nell'Oronte, lontano poco più di quattro miglia dal lago
d'Antiochia detto _Bahar Caramort_, formato da più fiumi, le di cui
acque si scaricano nell'Oronte.
Dopo tre ore di riposo feci il giro di una montagna, indi ne attraversai
alcune altre più basse, che seguono la direzione dell'Oronte. Piegando
poi quasi al S., entrai alle undici ore per la porta della vecchia in
Antiochia, e dopo il cammino di una mezz'ora in mezzo ai giardini posti
entro il circondario delle antiche mura, giunsi nella nuova città, il
cui governatore di nazione turco, mi alloggiò in sua casa.
Questo governatore detto _Hadj-Bekir-Agà_, assai ragguardevole
personaggio, per mostrarmi il suo affetto non mi lasciava mai, di modo
che non aveva un istante di libertà. Appena arrivato mandò ordine a
_Souaïdia_, che è il porto più vicino, di approntare un bastimento per
condurmi a Tarso; trovandosi la strada di terra esposta alle scorrerie
della gente di _Kouchouk-Ali_.
Antiochia, che i Turchi chiamane _Antakia_ contiene quindicimila
musulmani, 5000 cristiani di tutti i riti j e 150 ebrei. Il Patriarca
greco trovavasi allora a Damasco, ed il cattolico nelle montagne.
La moderna Antiochia non occupa che un piccolo spazio dell'antica; di
cui rimangono ancora le mura per attestarne l'ampiezza. Questa nuova
città comprende un'area di oltre mezza lega di diametro, con alcune
colline coperte di antiche rocche che scendono fino al piano: sono di
pietra, fiancheggiate a disuguali distanze da torri quadrate, ma ora
tutta va in ruina. Magnifica è l'antica porta per cui era entrato, ma
minaccia di cadere da un momento all'altro.
Prima d'entrare per questa porta io aveva veduto a sinistra una
montagna, la cui più bassa parte tagliata a picco presenta la forma di
una facciata d'edificio, con una porta quadrata ben tagliata nel mezzo e
varie finestre tagliate nella viva roccia con eguale perfezione; lo che
sembra indicare de' sotterranei troppo interessanti per un antiquario.
Le colline poste entro le mura hanno al loro piede alcuni strati
perpendicolari da cui zampillano molte acque.
Le strade d'Antiochia sono strette, ma hanno de' marciapiedi alti da
ogni banda e ben lastricati. Le case fatte di pietra senza cemento hanno
un aspetto tristo e monotono: sono le prime ch'io abbia vedute coperte
di tegole dopo essere uscito dalla Mecca. Tutto indica essere questo il
paese delle pioggie, ed il clima è più freddo assai di quello d'Aleppo,
ove non suole mai nevicare. Pare che il principal prodotto del paese sia
quello della seta. Abbonda di buoni cibi e di acque; ma non si fa uso di
altro pane che di focaccie arabe. Giungendo in città incontrai molte
donne, quasi tutte assai belle.
Il Governatore, dipendente dal pascià d'Aleppo vive splendidamente, e
parvemi che il paese fosse ben amministrato.

_Martedì 29._
Ebbi a mezzo giorno avviso che il bastimento era pronto; voleva partire
all'istante, ma dovetti trattenermi fino all'indomani. La sera dopo cena
un ufficiale Francese vestito da Tartaro, che veniva da Costantinopoli,
chiese di parlare al Governatore, e prendendomi in iscambio, si lagnò di
un Tartaro che non si affrettava a provvederlo di cavalli per continuare
il viaggio alla volta di Aleppo. Dopo averlo calmato, ed indicatogli il
Governatore, accomodai la faccenda: gli chiesi se poteva essergli utile
in qualche cosa, e partì soddisfatto del mio accoglimento[3].
[3] _Questo ufficiale era il signor _Truilhier_, comandante
d'artiglieria all'armata del mezzodì di Spagna._ (Nota
dell'Editore Franc.)

_Mercoledì 30._
Essendomi congedato dal cortese governatore, partii alle otto del
mattino, e poi che ebbi attraversato l'Oronte, mi avanzai a qualche
distanza lungo la riva destra, tenendomi generalmente nella direzione di
O. S. O. Alle dieci ore mi trattenni alcun tempo per prendere riposo in
mezzo ad alcuni bei giardini; ed alle due ore dopo mezzo giorno giunsi
allo sbarco di _Soauïdia_ a piccola distanza dalle fóci dell'Oronte.
Nulla può vedersi di più dilettevole del paese tra Antiochia e
_Soauïdia_, tutto intersecato da pozzi e da valli coperte di campi ben
coltivati, da prati e da boschetti. Il cammino, sebbene alquanto aspro,
rassomiglia piuttosto a quello di delizioso giardino reso dall'arte
disuguale e tortuoso, che ad una pubblica strada. Ad ogni passo
s'incontrano ruscelli e piccoli fiumi d'acqua limpidissima che irrigano
i giardini e le piantagioni delle valli, ove frequentissimi sono i gelsi
bianchi, che formano piccole macchie sparse di viti, di granati, e di
altri alberi fruttiferi. Numerose greggie di armenti, coprono le colline
e parte delle valli. Il maestoso Oronte, ricco delle acque del lago
_Caramorto_, e di quelle d'infiniti torrenti, scorre maestosamente in
traverso di questo gentil paese: e per dirlo in una parola, tutto in
questi ameni luoghi annuncia la vicinanza del recesso delizioso un tempo
abitato dalla bella _Dafni_.
Allo sbarco di _Soauïdia_ non vedonsi che cinque o sei baracche, ed una
casuccia abitata dai gabellieri.
M'imbarcai sopra una scialuppa alle sette ore della sera, ed un'ora dopo
arrivai alla foce del fiume. Il mare era grosso, le onde rompevansi
furiosamente sulla _barra_ del fiume, ed il cielo era tutto coperto di
nere nuvole. Il bastimento preparatomi aveva dovuto allontanarsi dalla
riva, onde soffersi scosse terribili attraversando le _barre_ colla
scialuppa. Appena montato a bordo, si fece vela quantunque con vento
contrario.

_Giovedì 1 ottobre._
Dopo ventiquattr'ore di navigazione con venti diversi, e sempre
contrarj, la nave attraversò la bocca del golfo di _Scandroun_, e diede
fondo presso terra sulla costa della Caramania alle otto ore della sera;
io però restai quella notte a bordo.

_Venerdì 2._
Appena sbarcati, moltissimi facchini con muli e cavalli sempre in
agguato delle navi che approdano, ond'essere impiegati, s'impadroniscono
delle persone e degli effetti, disputandosi tra di loro a colpi di pugno
l'onore di accompagnarci. Vero è che le loro premure non sono affatto
disinteressate: ma in ogni luogo l'interesse è la molla delle nostre
azioni.
A non molta distanza dal mare trovasi un villaggio chiamato _Cazanlìe_
di una singolare costruzione: è composto di un centinajo di baracche
sospese sopra quattro pertiche all'altezza di nove in dieci piedi; ed
ogni baracca è formata di un semplice pergolato di travicelli, o di
canne, rassomigliando ben più ad un nido di uccelli, che all'abitazione
di uomini inciviliti. Per salirvi si adopera una rozza scala.
Vidi a maggior distanza un altro villaggio fatto assai meglio, ed assai
più interessante. È questo un _dovar_ abitato da pastori della
Turcomania. Le baracche sono piccole, ma gentili, e poste a livello del
terreno. Consistono in tre pergolati di quattro piedi di altezza coperti
da un tetto della stessa qualità in figura di volta cilindrica; la
pergola della parete è formata di canne, di tralci, o di frondi, ed il
tetto è coperto di pelli. In questo villaggio non si vedono che donne e
fanciulli perchè gli uomini conducono le mandre al pascolo; ma le donne
non rimangono oziose, facendo esse il butirro, il formaggio, ed ogni
altra sorte di latticinj con un'estrema pulitezza. Il loro abito
consiste in una camicia bianca, un giustacuore colle maniche ornate,
ordinariamente di cotone trapuntato, una sottana di cotone bianco, con
un fazzoletto che loro fascia il capo ed il collo. Sono tutte bianche,
ed alcune abbastanza avvenenti. Quelle che allattano non lasciano di
lavorare tenendo sospeso al dorso il fanciullo. Tengono il volto
scoperto, e benchè musulmane, pare che non sappiano, che la legge non
accorda loro questa libertà. I ragazzi vanno ben vestiti, con camicie,
casacchini, e turbanti di colore.
Gli abitanti di questo distretto, detti _Turcomani_, sono tanto
terribili colle armi in mano, quanto buoni, dolci, ed onorati in
società.
Dopo tre ore di viaggio lungo il mare entrai in _Targo_ alle dieci ore e
mezzo del mattino. Aveva incontrati lungo la strada molti bufali, ed
alcuni cammelli con basti di differenti colori.
Quasi tutti gli uomini portano camicie e mutande bianche, ed un
giustacuore con maniche trapuntate; ma altri non hanno che una casacca
senza maniche, legata con una cintura, ed una berretta bianca alta ed
acuta da un turbante, sono d'ordinario calzati di grandi stivali neri.
Targo o _Turpis_ (che suole pronunciarsi in un modo e nell'altro), è una
ragguardevole città, le di cui case sono assai brutte e fatte di terra.
È posta in mezzo ad una vasta campagna, circondata di giardini a breve
distanza dal fiume, in cui il grande _Alessandro_ corse rischio di
perire; ed è nella vicina pianura a levante che sconfisse lo sfortunato
_Dario_.
Quand'io vi passai non eravi che un solo Europeo.
Il cotone e la seta sono i principali oggetti del commercio di Targo.
Piovve tutta la notte dirottamente.

_Sabato 3._
Partii a sette ore del mattino, e mezz'ora dopo attraversai il fiume di
Targo sopra un ponte di tre archi, indi piegai a settentrione, tenendo
la medesima direzione tutto il giorno.
Giunto in sulle nove ore all'estremità della pianura, dovetti valicare
più colline, uscendo dalle quali mi trovai circondato alla catena del
_Monte Tauro_, composto nella parte da me veduta di roccia cornea, e di
_trap_ talvolta aggruppato in enormi masse, talvolta a strati ondeggiati
più o meno obliqui, e talvolta finalmente in aguglie altissime formate
dalla unione di prismi perpendicolari, che hanno l'aspetto di una
cristallizzazione.... E che è in fati qualunque montagna primitiva, se
non una cristallizzazione colossale?..... Io non vidi verun indizio di
granito o di porfido.
Questa parte della catena è coperta di magnifiche foreste, i di cui più
comuni alberi sono quercie, cedri, cipressi, e lentischj. Tutto quanto
mi si offriva questo giorno agli occhi, mi faceva presumere che le alte
montagne dell'isola di Cipro fossero in rimotissimi tempi una
continuazione del monte Tauro. Le pittoresche vedute, le magnifiche
cascate d'acqua trasparente quanto il cristallo che da ogni lato
invitavano il mio sguardo, facevanmi nascere rincrescimento di non poter
godere che di passaggio così deliziose contrade.
Giunto alla sommità vidi un antico maestoso argine fatto di grandi sassi
quadrati lungo un piano orizzontale in cima alla montagna dalla banda di
S. E., e terminato con un arco di trionfo semplice, ma nobile, la di cui
più elevata parte cominciava a cadere in rovina.
Quest'arco può essere riguardato come una grande finestra, di dove
signoreggiansi interamente le pianure che furono il teatro della
vittoria di _Alessandro_ sopra _Dario_; lo che potrebbe dar sospetto che
l'arco fosse stato eretto ad onore di questo conquistatore. Anche
l'argine incomincia a guastarsi: vidi all'estremità settentrionale un
sasso tagliato in figura di piedestallo sul quale dovette probabilmente
esservi qualche iscrizione, ma ora affatto cancellata dall'inesorabil
mano del tempo, che si prende giuoco degli sforzi che gli uomini fanno
per rendere eterni i monumenti del loro orgoglio.
Dopo essermi riposato un istante presso ad una bella fonte, giunsi verso
le quattr'ore sulla strada che conduce direttamente da Aleppo a
Costantinopoli, e ch'io dovetti abbandonare per la ribellione di
_Kouhouk-Alì_. Pare che anticamente questa strada fosse assai buona; ma
al presente trovasi in estremo deperimento. Entrai in _Diàïde_ alle
sette ed un quarto della sera, e trovai nella casa della posta cinque
Tartari che successivamente erano sortiti da Aleppo dopo di me.

_Domenica 4._
Io desiderava di partire di buon mattino, ma essendo accostumati a
partir tardi, così non sortii da _Diàïde_ che alle sei ore. La sera si
fece alto alla casa di posta di un miserabile villaggio detto
_Wadicàschli_, chiamato dai Turchi _Ouloukiscla_.
Di mano in mano che avanzavamo verso il N. O., la parte del monte Tauro
che attraversammo andava perdendo la sua bellezza; ed in fine non
presentava che ignude balze, le di cui sommità settentrionali erano
coperte di neve: entrato verso le tre dopo mezzogiorno in un paese
alquanto più aperto e meno aspro, trovai alcuni villaggi circondati di
orti e di vigne; ed essendo il tempo della vendemmia quegli abitanti mi
offrirono uve, e cestelle di saporitissime frutta.
In questo giorno vidi passare alcune truppe di cammelli alquanto
differenti da quelli dell'Arabia e dell'Affrica; hanno le gambe davanti
più corte e più grosse che le deretane, il collo assai più forte, e
tutte le parti anteriori del corpo più coperte di lana.
Aveva pure incontrati molti pastori turcomani: quale diversità da questi
ai pastori Arabi! Gli uomini, le donne, i fanciulli, tutti sono ben
vestiti, i cammelli che portano i loro effetti, sono coperti di bei
tappeti turchi. Pare veramente ch'essi godano di tutta l'agiatezza, e di
tutti i piaceri della vita pastorale, ed è tra costoro che dovrebbonsi
cercare esclusivamente i modelli de' pastori che furono spesso
l'argomento delle più commoventi poesie.

_Lunedì 5._
Erano ormai le otto ore quando mi posi in cammino a traverso di un paese
di sterili colline, indi di una vasta incolta pianura. In sulle undici
ore passai per un casale composto di miserabili casucce di terra; e
finalmente dopo altre quattr'ore di viaggio, avendo passato un fiume
sopra un ponte, entrai nella borgata d'_Erehli_ posta in un gentil paese
pieno di giardini sulla sinistra del fiume, e non sulla destra come
viene indicato nella carta d'_Arrowsmith_. Questa terra è abbastanza
grande, ma le case sono brutte, fatte di terra e di mattoni seccati al
sole, come costumasi da tutti i popoli della Caramania; per lo contrario
i giardini sono belli assai, e danno frutta in copia, e specialmente
grosse ed eccellenti pere. L'entrata d'_Erehli_ dalla parte del N. è un
magnifico viale fiancheggiato da alti pioppi, e da due canali di
limpidissime acque.

_Martedì 6._
Partimmo poco dopo le sette ore, camminando al N. a traverso di
vastissime praterie piene di mandre, e specialmente di bufali, e sparsa
di casucce circolari con tetti piani. Verso le nove ore lasciai a destra
la città di _Hartan_ situata sulla sponda sinistra di un piccolo fiume.
Di là volgendo ad O. N. O., ed in seguito a N. O. in mezzo a campagne
aride come le montagne che le circondano da due lati, passammo alle due
ore dopo mezzodì presso ad una Salina formata da un ampio fossato che
circonda una piccola montagna di terra affatto isolata: l'acqua ch'entra
nel fossato, svaporando pel calore del sole, lascia sul fondo un sale
marino bianchissimo, che viene trasportato coi cammelli ai vicini paesi.
Alle tre ore e mezzo si entrò nel castello di _Carabig-Mar_, ove feci
riposare le mie genti. È questo un ragguardevole paese, ma mal
fabbricato alle falde di un monticello aridissimo, siccome affatto
sterile è l'adjacente pianura; non vi si vede un solo orto, nè alberi,
tranne due pioppi che sono entro il castello. E ciò riesce tanto più
sorprendente, che il piano non è privo di acqua. La moschea di
_Carabig-Mar_ ha un vago esterno con grandi e piccole cupole, e due
sottili altissime torri. Sul monticello vedonsi gli avanzi di un'antica
rocca.
In questo luogo, come in altri della Caramania si osserva un vasto
edificio, che può rassomigliarsi ad un tempio di tre navate, intorno al
quale s'inalzano molti fumajuoli. È una specie di _Khan_ destinato
all'alloggio delle carovane della Mecca.
Dei cinque tartari incontrati a _Diaïde_ uno solo ci aveva lasciati
addietro, gli altri camminavano con noi.
Siccome io mal poteva reggere al trotto franco e disagiato, che è la
loro ordinaria andatura, era costretto di alternare il passo ed il
galoppo disteso quando mi trovava addietro di quattro in cinquecento
passi; lo che mi stancava assai meno che il trotto sostenuto de' cavalli
tartari.
È noto esservi sulle grandi strade della Turchia cavalli di ricambio;
onde mutavamo cavalli ogni giorno, e spesso due volte al giorno.
Per essere affatto sbarazzati dalle molestie del viaggio si pattuisce
con un tartaro, il quale si obbliga a condurre, alloggiare, nutrire il
viaggiatore, e pagare tutte le spese del cammino, contro una convenuta
somma che gli viene sborsata metà all'atto della partenza, ed il
rimanente arrivati al termine del viaggio. Pel mio viaggio da Aleppo a
Costantinopoli aveva convenuto col mio tartaro ottocento piastre, ed
egli somministrava un cavallo per me, uno pel mio schiavo ed un altro
per portare gli effetti, oltre le spese di vitto, e di alloggio, ed
anche le accidentali che tutte restavano a suo carico.

_Mercoledì 7._
Si ripartì alle sei ore e mezzo del mattino, prendendo la direzione d'O.
per una campagna deserta. Ad un'ora ed un quarto si giunse ad _Ismel_,
cattivo villaggio ove dovevamo passare la notte.
Lungo questa strada si trovano molti pozzi, nei quali si scende per una
scala di sasso fino al livello dell'acqua. Discesi in uno che aveva
cinquanta scaglioni, e lo trovai provveduto di eccellente acqua.
Il piano tutto argilloso non ha un solo albero.

_Giovedì 8._
Alle cinque e tre quarti io era già in viaggio lungo lo stesso piano,
verso O. N. O. poi a N. O. Alle otto e mezzo attraversai una specie di
macchia che interseca la pianura, e che non è poi altro che un vasto
spazio coperto di giunchi, e di altre piante de' pantani assai fitte, di
diversa altezza, ed in alcuni luoghi fino di dodici e tredici piedi.
Dopo avere passato questo pantano, continuai a camminare lungo la stessa
campagna, finchè alle due dopo mezzogiorno giunsi a _Konia_ capitale
della Caramania, che è l'antica _Iconium_. Questa città è situata
all'estremità occidentale della deserta pianura che aveva attraversata,
ed alle falde di una catena di basse montagne che chiudono l'orizzonte a
mezzodì; hannovi molti giardini sul fianco meridionale, e qualcuno
ancora dalla banda di settentrione. Ciò che io vidi di questa città me
ne diede una poco vantaggiosa idea, benchè sia la residenza del Pascià
di Caramania. Contiene vasti cimiteri, ne' quali ogni sepolcro viene
indicato da una pietra rozza alta sette in otto piedi, larga un piede,
grossa quattro dita, e situata verticalmente: la quantità di questi
grossolani monumenti, sparsi sopra un vasto piano fa una penosa
sensazione all'occhio dell'osservatore. Le case sono di terra o di
mattoni cotti al sole, come quelle de' più poveri villaggi. Non osservai
che una sola casa che avesse un buon esterno; ma anche questa formata
coi materiali delle altre case. Si vuole che quest'edificio, che per la
sua forma ed ampiezza potrebbe dirsi un palazzo, fosse fabbricato da un
uomo che ne' paesi de' cristiani aveva imparata l'alchimia, ossia l'arte
di far l'oro, col qual mezzo si era fatto ricchissimo. Al presente serve
d'ospizio ai poveri. Ho pur veduto l'esteriore di tre moschee che hanno
un magnifico aspetto con grandi cupole, e campanili alti e sottili.
La più bassa parte della città è chiusa da alte mura fiancheggiate da
torri quadrate, ed incrostate di pietre tagliate; vi si ravvisano alcune
iscrizioni turche; ma il lavoro è fatto dai greci, come lo attestano i
lioni ed altre figure che sonovi scolpite.
Entrando in città osservai molti fanciulli, di diverse età, tutti belli,
con carnagioni di latte e rosa, ben fatti, e decentemente vestiti. Non
potei a meno in vedendoli, di benedire l'attività e le attenzioni delle
donne di questo paese, e di risovvenirmi con pena dell'indolenza delle
Egiziane e delle Arabe.
Il pane che mangiasi a Konia, ed in tutta la Caramania, è una focaccia
d'un piede di diametro all'incirca, grossa una linea od una linea e
mezzo; di modo che queste focaccie rassomigliano esattamente, tranne la
grandezza, alle ostie da suggellare dell'Europa. Si mangiano mentre sono
ancora tenere; e servono pure ad involgere un uccello, o altra carne,
come potrebbe farsi con un foglio di carta.
In tutta la Caramania adoperansi carrette, le di cui ruote sono formate
di tavole, ma assai ben fatte.