Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2 - 10

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quantunque composta di due piccole camere quadrate, con porte anguste
che escludono ogni verisimiglianza d'avere servito per luogo di riunione
di molte persone. Altre ruine poste quasi a' piè della rupe vengono pure
risguardate come reliquie d'un monastero; quando non sono meno antiche
delle altre. Io per me le ritengo essere stati ridotti, ed opere
avanzate per difendere l'ingresso del palazzo.
Trovansi discendendo alquanto più a basso le ruine di una vera chiesa; e
queste apertamente dimostrano la falsità dell'origine attribuita alle
prime. Ma inalziamo il nostro pensiero, e troviamo a questo singolare
monumento un'origine più analoga alla sua forma, alle sue ruine, alla
sorprendente sua situazione. Il nome di palazzo della regina, come
osservai poc'anzi è stato conservato e trasmesso dalla più uniforme
tradizione. Nella rimotissima epoca in cui fu fatto, se l'autore fosse
stato un uomo, avrebbe fatto soltanto una rocca, limitandosi ad una
ristretta abitazione per proprio uso, ma il buon gusto ed il lusso
estremo che campeggiano in quella parte da me chiamata salone della
corte, o della società, mi fa sospettare che sia stata l'opera di una
donna. È questa composta di quattro sale quadrate poste l'una dietro
l'altra con grandi finestre a settentrione ed a mezzogiorno, talchè da
ogni lato godesi l'aspetto di quasi tutta l'isola: le porte fatte nel
mezzo sono della stessa grandezza, e dall'ingresso della prima si vedono
tutte quattro le sale. Non può supporsi che tale appartamento si facesse
per luogo di difesa, perchè la sua forma non è punto appropriata a tale
uso: non potrebbe pure risguardarsi come un luogo di abituale residenza,
poichè le sue grandi finestre, postate fino a terra, ed aperte fino ad
ogni vento escludono questa supposizione. Nemmeno può risguardarsi come
un luogo destinato al culto, fuorchè a quello di Venere, essendo privo
di quella misteriosa oscurità, che caratterizza gli antichi tempj. Io
non trovo verun'altra spiegazione che quadrar possa a questa
continuazione di camere, fuorchè quella di essere state destinate ad uso
di loggia ossia d'appartamento di corte e di società. Il gusto altresì e
l'eleganza delle parti mi consigliano a riguardarlo come l'opera di una
donna: e quando altronde troviamo dalla tradizione conservato a questo
luogo il nome di palazzo della regina, è difficile il non prestarvi
fede.
Considerando la posizione di questo monumento, non si può a meno di non
essere sorpresi che niun viaggiatore l'abbia ricordato sotto il suo vero
punto storico e filosofico. Lo stesso signor _Rooke_ che aveva lasciato
libero il corso alla sua immaginazione in questi luoghi popolati da
tante antiche memorie, non fece un solo cenno di questo singolare
edificio che signoreggia quasi tutta l'isola, ed in particolar modo
Citera ed Idalia. Riferisce la tradizione che negli antichi tempi
potevano fino alla sommità montarvi i carri. Citera ed Idalia sono i
luoghi più vicini, ove trovinsi acque abbondanti in modo da poter
innaffiare ed abbellire i vasti giardini della potente padrona del
palazzo. Allora se questa signora era..! sì voi l'indovinate, lettore,
una vera _Venere_, o uno dei tipi della _Venere_ poetica..! se altri
viaggiatori visitarono queste ruine, e ne diedero una più fondata
spiegazione[7], non vogliate togliermi alla mia illusione d'avere
soggiornato un istante nell'abitazione delle grazie, e d'essermi
introdotto nel più elevato e più segreto gabinetto della Dea d'Amore.
Senza dubbio, quand'ella voleva compartire i suoi favori ai mortali,
riceveva a Citera e ad Idalia gl'incensi ed i non cruenti sacrificj,
indi ritiravasi a godere la compagnia degli Dei nella sua celeste dimora
al di sopra delle nubi.... Ah _Rooke_! io sono al par di te in preda
all'immaginazione.
[7] _Sembra che i pochi viaggiatori che parlano di queste ruine
non le esaminassero che stando a molta distanza, considerandole
soltanto sotto il punto di vista rappresentato dai monaci._
(Nota dell'Edit.)
Per ultimo se paragonisi la costruzione, la posizione, e l'antichità di
questo edificio colla tradizione e la favola, risulta in un modo assai
probabile che fu l'opera di una donna; che questa donna era assai
potente nell'isola; che Citera ed Idalia devono risguardarsi siccome
parte dei giardini della Dea; che essendovi allora qualche poeta
nell'isola, avrà senza dubbio divinizzati questi oggetti, facendo
l'apoteosi della regina, rassembrandola a _Venere_ figlia di _Giove_:
allegoria della fecondità della materia, e forse dell'attrazione
universale, che precedette di molto tempo la civiltà de' Greci e degli
Egiziani. In tale ipotesi il genio poetico avrebbe fatto immortale un
oggetto che forse era ben lontano del meritarlo.
Nella camera più alta che non ha più tetto evvi un cipresso selvaggio.
Ne colsi un ramo col frutto; poi salito sul muro staccai la più elevata
pietra dell'edificio.
Da questo luogo si gode la più magnifica veduta. Ad eccezione d'un
piccolo angolo di terra coperto dalle montagne di Pafo o del monte
Olimpo, l'occhio abbraccia quasi tutta la circonferenza dell'isola a
vista d'occhio come sopra una carta geografica. Verso la costa del nord
scopresi la piccola città di _Chirigna_, che sembra posta alle falde
della montagna. Avendo di là fatto le mie osservazioni trovai che la
latitudine di _Chirigna_, è di 35° 25′ 0″ nord, e la sua longitudine 31°
1′ 30″ est, dall'osservatorio di Parigi. L'orizzonte del mare è così
vasto, che la vista confonde il mare col cielo, rassomiglianti ad un
caos o densa nebbia. Attualmente su questa rupe non avvi acqua, come
forse eravene in antico; e forse l'acqua del monastero di S. Giovanni
Grisostomo non è che un'antica sorgente deviata dalla pristina sua
destinazione.
Respirasi su quest'altura un aere purissimo, ma di una tale temperatura
che non avrà permesso alla Dea di vestire tanto leggermente, come
piacque ai pittori ed agli scultori di vestirla. Questa guglia spingesi
in alto isolatamente sopra la catena delle montagne vicine, e forma una
specie di conduttore elettrico. Ho più volte notato, trovandomi nel
sottoposto piano, che le nubi che si alzano dalle minori montagne, o
sono portate dai venti, s'attaccavano alla sua cima: fenomeno favorevole
alle religiose illusioni della misticità[8].
[8] _Intorno a questo argomento vuol leggersi quanto acutamente
ha scritto nella sua _Scienza Nuova_ Giovanni Battista Vico._
Alle nove ore del mattino uscii del palazzo della regina. Non
incontrammo minori difficoltà nello scendere di quelle sostenute nel
salire. Giunto ai piedi della guglia, rimontai sul mio mulo, ed alle
dieci ore mi trovai al monastero per riunirmi al dottore ed al mio
domestico.
Dopo un'ora di riposo scendemmo le falde delle montagne basaltiche, poi
le colline d'argilla, ed eravamo in sul piano mezz'ora dopo mezzogiorno.
Occorrono dunque due ore ed un quarto per iscendere dal palazzo della
regina in sul piano.
Camminando verso S. O. passai ad un'ora dopo mezzogiorno il torrente di
Nicosia, che non ha acqua che nella stagione delle pioggie, ed un quarto
d'ora dopo attraversai il villaggio Caïmakà, di dove giunsi a Nicosia
alle due ore.
All'indomani 5 aprile partii da questa capitale alle otto ore ed un
quarto, andando pel gran piano verso S. O., poi avanzando tra mezzo a
colline d'argilla, piegai alle undici al sud, costeggiando la riva
sinistra di un torrente, che attraversammo a mezzogiorno poco prima
d'entrare in Idalia. Questo luogo un tempo così famoso pei suoi
boschetti non è che un miserabil villaggio posto in una valle circondata
di colline d'argilla pura, sterili, e assai triste. Le case sono mal
fatte e meschine, e gli abitanti poveri all'eccesso. Sonovi pochi
alberi, e pochi erbaggi, non coltivandovisi che frumento ed orzo; onde
si può dire che la moderna Idalia somigliante ai più poveri villaggi
delle pianure della Beozia, è il più tristo soggiorno che immaginar si
possa. Credesi in questo paese che l'antica Idalia fosse situata sopra
una piccola altura distante un miglio dalla presente. Mi recai in sul
luogo, ma non mi fu dato di scoprirvi alcun'orma di antichità. Di là
vedesi perfettamente il palazzo della regina.
Non trovando cosa degna di attenzione ripresi la strada alle due ore
dopo mezzogiorno. Poichè ebbi attraversati un villaggio ed un paese
assai tristi fra colline d'argilla sterilissime, scesi in sul piano,
lasciando a sinistra il villaggio d'Aradipo, ed a sei ore entrai in
_Larnaca_, la più ragguardevole città dopo Nicosia, residenza d'un
vescovo, di tutti i consoli stranieri, di alcuni negozianti europei, e
di molti Greci protetti da diverse nazioni, colle quali dividono i
privilegi e le immunità della rispettiva bandiera. E per tale ragione vi
si trovano le costumanze press'a poco delle città e dei porti d'Europa.
Il giorno del mio arrivo il governatore Turco, che è uno sceriffo, venne
a visitarmi portando a lato la sua carabina; ed il giorno dopo fu a
trovarmi con numeroso seguito il vescovo. Lo stesso fecero i consoli, ed
i principali cittadini.
La rada di _Larnaca_ parvemi troppo aperta e mal difesa; ma la sua
posizione geografica in faccia alle coste della Siria vi chiama molti
bastimenti. Lontano un miglio da questa città trovasi il borgo _Scala_,
in cui risiede il console inglese e due altri consoli. La sua latitudine
è di 31° 27′ 30″ E. dell'osservatorio di Parigi, e la latitudine 34° 56′
54″ N.
Il giorno 8 aprile alle due ore ed un quarto dopo mezzogiorno uscii di
_Larnaca_ prendendo la direzione di S. S. O. Trovai a breve distanza un
acquedotto di notabile lunghezza, ma di meschina struttura. Alle tre mi
trattenni alcun tempo nel giardino di una casa di campagna, e quando mi
rimettevo in cammino il tempo si andava abbaruffando di modo che a
fronte d'ogni mia diligenza fui raggiunto dalla pioggia. Alle sei ore
entrai nel villaggio di _Mazzotos_.
La pianura attraversata è alquanto fertile; a destra è chiusa dalle
montagne, ed a sinistra dal mare, lontano sei miglia dalle montagne.
_Mazzotos_ è un povero villaggio posto in buon terreno alle falde delle
montagne.
Il giorno nove alle cinque ore e mezzo del mattino mi diressi al S. O.;
indi piegai all'O. dopo avere attraversato un paese fertilissimo
chiamato _Laconicos_, e che i naturali credono essere stato abitato da
una colonia di tal nome. Fui avvisato che troverei a diritta le ruine di
una antica città detta _Alamina_, che non devesi confondere con
Salamina. Alle sette ore varcai un piccolo fiume, ed un'ora dopo un
altro pure di poca importanza: finalmente alle otto e tre quarti feci
alto in riva al fiume di Sant'Elena.
Alla foce di questo fiume trovasi un piccolo porto con una vasta rada
dello stesso nome, perchè la principessa Elena madre dell'imperatore
Costantino vi sbarcò tornando dal suo pellegrinaggio di Gerusalemme.
Partii alle dieci del mattino camminando lungo il mare. Alle due ore
dopo mezzogiorno passai in vicinanza delle ruine di Amatunta; un quarto
d'ora appresso attraversai il fiume di questo nome: alle tre ore ed un
quarto si giunse a Limassol.


CAPITOLO XXVI.
_Viaggio a Pafo. — La Couclia. — Bellezza delle donne Cipriote.
— Jeroschipos Aphroditis, ossia _giardino sacro a Venere_. —
Xtima. — Antica Pafos. — Nuova Pafos, ossia_ Baffa.

Il mercoledì 23 aprile sortii alle sette ed un quarto della mattina da
Limassol per andare a Pafo. Due ore dopo passai per Colossi, di dove,
poichè ebbi varcato il fiume che va al sud, venni a riposarmi ad
Episcopi fino alle tre e tre quarti dopo mezzogiorno. Alle quattro e
mezzo era giunto a S. Tommaso, ed alle sei a Latanischio ove doveva
passare la notte. Il piano di Limassol stendesi fino a Colossi, ed a
mezzogiorno di questo piano si prolunga il Capo Gatta.
_Colossi_ è un villaggio circondato di giardini, e bagnato da molte
acque. Vi si vede ancora un castello o torre quadrata, che dicesi
fabbricata dai Templari, ed accanto alla torre un grande acquedotto;
fatti sì l'uno che l'altro con marmo grossolano.
_Episcopi_ giace in amenissimo sito, ed è più grande di Colossi. Ogni
casa è circondata di giardini, di alberi, di piantagioni di cotone e di
campi a grano. Questo villaggio posto alle falde delle montagne che si
prolungano fino al mare, signoreggia un bellissimo piano e la costa:
l'abbondanza delle acque, e la fertilità del terreno rendono delizioso
il soggiorno d'Episcopi, e ben più degno che Idalia e Citera della Dea
protettrice dell'isola. Fu anticamente una assai ricca città con vaste
_raffinerie_ di zucchero, per le quali erano stati fabbricati un
grandioso acquedotto, ed immensi magazzini, come lo attestano anche al
presente i loro miseri avanzi. Ora non è che un villaggio abitato da'
Turchi e da' Greci, che hanno il loro separato quartiere. Parvemi che le
donne vi godano molta libertà, ma non ebbi la fortuna di vederne di
belle.
Al di là d'Episcopi convien salire alcune montagne calcaree: i di cui
grandi strati perpendicolari lungo il mare ne rendono tanto più
difficile e pericoloso il cammino, in quanto che i cavalli non possono
assicurarsi sopra un suolo affatto liscio ed inclinato. Dopo questo
pericoloso passaggio la strada prosiegue sempre tra le montagne in mezzo
a boschi di cipresso, di quercia, di leccio, e di varie piante
aromatiche che riempiono l'atmosfera di soavi profumi.
_S. Tomaso_ è un piccolo villaggio posto tra le montagne; ed a non molta
distanza trovasi pure _Latanischio_ alquanto più grande, e situato
propriamente nel centro delle montagne. Da quest'ultimo vedesi
perfettamente il Capo di Gatta, la di cui estremità sembrommi lontana
sette leghe al sud-ovest.
I più numerosi abitanti di Latanischio sono Turchi, che mi parvero buona
gente, ed amanti del lavoro: sono decentemente vestiti di una stoffa di
lana bianca, e si lasciano crescere la barba lunga, folta e rossiccia;
le loro mense s'imbandiscono con proprietà, e di abbastanza delicate
vivande. Sarebbero felici se meno fossero vessati dal governatore che li
maltratta ancora più de' Greci, perciocchè anche la più povera famiglia
paga cento piastre all'anno. Questi buoni montanari mi fecero pena e
pietà: sono fedeli musulmani, e meritevoli di miglior sorte.
All'indomani 24 lasciai Latanischio alle otto e mezzo del mattino, e
scesi per un gran burrone, in fondo al quale vedesi una bella sorgente,
la quale come più altre dell'isola è ornata di un piccolo antico
frontispizio. Il burrone ha duecento quaranta piedi d'altezza
perpendicolare, e presenta un infinito numero di strati orizzontali di
sasso calcareo, o di marmo grossolano. Tutta la parte non tagliata
perpendicolarmente è coperta di folte macchie.
Alle nove ed un quarto passai per _Jalectora_, adesso povero villaggio,
ma altravolta assai grande e ricco, se può farsene giudizio dalle ruine
delle chiese, e di altri grandi edificj. È posto sul pendio delle
montagne, e circondato da belle valli in gran parte coltivate.
Finalmente alle undici e tre quarti, sortito da questo mucchio di
montagne, attraversai un piccolo fiume presso alla sua foce nel mare, la
di cui costa in questo luogo cammina dall'E. S. E. all'O. N. O. e di qui
proseguendo la strada quasi a N. O. giunsi alla _Couclia_, antico
palazzo fabbricato sopra un alto còlle, distante mezza lega dal mare, e
vicino ad un villaggio dello stesso nome quasi affatto ruinato, e che
non conta più di dieci famiglie. Il palazzo è tutto fabbricato di pietre
riquadrate, ed ha in sul di dietro un vasto cortile circondato da
scuderie e da magazzini; ma tutto l'edificio trovasi in estremo
deperimento.
Alcuni autori vogliono che la Couclia fosse l'antica Citera, altri la
ritengono per Arsinoe; gli abitanti invece credono che questo fosse il
_prediletto giardino della Regina Aphrodite_ (Venere). Chi bramasse
vedere più diffusamente trattata tale controversia potrà leggere la
parte storica e geografica di questi viaggi. Il palazzo signoreggia una
vasta e fertile campagna irrigata da molti ruscelli, o da alcuni fiumi;
che attualmente forma l'appannaggio di una delle sultane del Gran
Signore, ma abbandonata agli affittajuoli, o sotto affittajuoli, che ne
trascurano la coltivazione; e per tal modo questo quartiere, che
dovrebb'essere un luogo delizioso, ed in pari tempo bastante ad
alimentare più migliaja di persone, sarà ben tosto un deserto.
L'affittajuolo principale, che è un greco, alloggia nel palazzo, e
trovandosi assente, mi riservai di rivedere le vicine antichità di
questo luogo nel ritorno da Pafo. Dalla Couclia vedesi il mare ad un
mezzo miglio di distanza, ed un villaggio turco detto la _Mandria_.
Mentre stava per partire, un prete greco conducendomi poche tese lontano
della porta del palazzo mi mostrò sulla sommità del còlle due bellissimi
mosaici recentemente scoperti di circa tre piedi di diametro. Fa
meraviglia che niuno si avvisi di scoprire il rimanente, non essendo
coperto che da uno strato di terra di pochi pollici: ed il prete mi
soggiunse che in tal luogo eravi pure un palazzo d'_Aphrodite_.
Uscito dalla Couclia alle quattro e mezzo circa della sera, e prendendo
la strada al N. O. passai sopra un bel ponte di un solo arco con una
iscrizione turca. Alle cinque attraversai un altro fiume, ed i villaggi
di Demi, d'Ascheïa e di Coloni, gli uni agli altri affatto vicini, ed
arrivammo a _Jeroschipos_ alle sei e tre quarti. Si vuole che fosse
questo uno de' sacri giardini di Venere, e tale veramente è il
significato del greco vocabolo, che dalla più remota antichità trovasi
dato al piccolo villaggio posto sulla sommità della rupe che signoreggia
il soggetto giardino. In Jeroschipos alloggiai presso il greco _Andrea
Zimbolaci_, agente del consolato inglese, la di cui bandiera svolazzava
sul tetto della casa. La figlia di questo compitissimo uomo parvemi la
più bella donna ch'io vedessi in Cipro, e degna veramente di abitare
nella signoria di _Venere_. Senza essere perfettamente bianca, la sua
carnagione è la più bella che veder si possa, e le proporzioni del suo
corpo sono quelle delle greche statue,[9] a riserva del petto, che come
osservai in tutte le altre cipriote, è troppo pendente. Avendo osservato
che costei aveva i capelli dorati, mi rissovvenni che le donne affricane
li colorivano. Ne feci la confidenza a suo padre, il quale mi fece
vedere una polvere proveniente d'Alessandria, di cui le cipriote si
servono per dare ai loro capelli il color d'oro. Vidi nella stessa casa
una fantesca musulmana con biondissimi capelli, che quantunque bella,
aveva una cert'aria di selvatichezza che disgustava. Vero è che non deve
cercarsi tra le musulmane il tipo dell'antica bellezza greca, ma bensì
tra le cipriote; ma come trovarvelo, se queste sottraggonsi ai nostri
sguardi? Ma questo tipo di perfetta bellezza conservatoci nella _Venere_
de' _Medici_, ha egli mai esistito?... Forse il poco merito delle altre
donne greche contribuì ad accrescere il pregio delle cipriote; o
fors'anche i più dissoluti costumi di queste supplirono alla bellezza
per riscaldare la fantasia de' poeti, de' pittori e degli scultori.
Confesso, che anche fatta astrazione da quell'aria di riservatezza e
baloccheria ch'io notai in tutte le donne greche, che è una conseguenza
del presente stato d'avvilimento di quella nazione, il loro volto
ritondo e senza espressione, il petto pendente, il portamento sgraziato,
ci danno una poco vantaggiosa idea delle bellezze delle loro antenate.
[9] _Si dice che _Apelle_ facesse le carnagioni delle due
_Veneri_ alquanto brunette; e _Pietro Aretino_, e _Lodovico
Dolce_ diedero straordinarie lodi a _Tiziano_ per aver data la
stessa tinta alla sua_ Santa Caterina.
All'indimani 25 aprile andai a visitare il sacro giardino di _Venere_. È
questi un piano largo un miglio all'incirca e lungo due, che partendo
stendesi fino al mare con dolce declivio da una rupe a strati
orizzontali tagliata perpendicolarmente, che lo chiude nella parte più
elevata; lo che dà a questa campagna l'aspetto di un sotterraneo, perchè
non vi si può entrare da veruna banda senza scendere per un burrone; e
perchè soffiando il vento anche gagliardissimo nella parte superiore,
nel giardino si gode costantemente di una perfetta calma. Da più punti
delle spaccature della rupe zampillano limpidissime acque, che possono
irrigare tutta la soggetta campagna, e vedonsi frequenti traccie di
assai maggior numero di sorgenti, negli andati tempi. E siccome la rupe
ha molte sinuosità, ad ogni tratto vedesi variare l'aspetto del
giardino, che potè essere naturalmente diviso in più scompartimenti
tutti provveduti di grotte o abitazioni tagliate nel masso, quali
vedonsi anche al presente.
Il principale ingresso sembra essere stato una scesa aperta nella rupe
accanto al presente villaggio, la di cui volta è adesso caduta lasciando
il passaggio scoperto ed ingombrato di ruine; ciocchè avvalora
l'opinione che si entrasse nel sacro giardino per un sotterraneo
somigliante a quello che tuttavia si vede accanto all'ingresso. Forse il
postulante vi era ritenuto per subire le prove, o per partecipare ai
segreti dell'iniziazione. In tale supposto quando da quel tenebroso
antro veniva condotto nel delizioso giardino, doveva credersi
trasportato in un celeste soggiorno. È certo intanto che questo strato
di rupe è sottilissimo, vedendosi in più luoghi traforato
artificialmente, e altrove smottato; onde è facile l'immaginarsi per
quali oscuri labirinti doveva andar brancolando l'iniziato prima di
entrare nel giardino. Ci sono note le terribili prove d'_Iside_ e
d'_Osiride_, e sappiamo, che volendo _Pitagora_ partecipare ai misterj
di Diospoli, fu forzato di sottoporsi alla crudele operazione della
circoncisione[10]. Ma tali prove usavansi ancora nelle _iniziazioni
d'Aphrodite_?.... Io parlo d'iniziazioni primitive anteriori a quelle
che usavansi ne' tempj della Dea.
[10] _Le memorie intorno a _Pittagora_ sono così incerte ed
oscure, che non è abbastanza posto fuori di dubbio, se questo
fosse il nome di un individuo, o della carica di capo dei
collegi._
[Illustrazione: FONTANA NELLE MONTAGNE DI PAFO.]
Ma questo famoso giardino che fu un tempo la delizia degli abitanti
della Grecia e dell'Asia, non è adesso che il soggiorno ed il mal
coltivato campo d'un povero affittajuolo!
Quasi nel centro del giardino vedonsi gli avanzi d'una chiesa greca
detta _Aïa Maria_, tra i quali è notabile il capitello d'una colonna
striata di marmo grigio assai semplice ed elegante.
Sotto al villaggio di Jeroschipos trovasi la principale sorgente del
giardino, che pur sorte di sotto allo strato superiore della rupe, e
somministra un'acqua così limpida e fresca, che fa dolce invito a
gustarne.
Lo stesso giorno alle nove ore e mezzo del mattino lasciai Jeroschipos,
e passando in su la destra della città e porto di Pafo, oggi Baffa,
arrivammo un'ora dopo a Ktima, ove risiedono il governatore turco di
Pafo, ed un vescovo greco. Era allora governatore _Alai Bey_,
garbatissimo vecchio, che nel lungo suo governo aveva saputo guadagnarsi
l'amore ed il rispetto de' Turchi e de' Greci. Egli mi accolse
pomposamente facendomi entrare a cavallo fin presso alla porta della sua
camera, ove fui servito a splendida mensa. Dopo il pranzo fui condotto
nell'abitazione che mi era stata destinata, e di là passai in una
gentile moschea, che fu già una chiesa di rito greco dedicata a _Santa
Sofia_.
La città di _Ktima_, un tempo così rinomata, non è oggi che un ammasso
di ruine, ove non sonovi più di dugento famiglie turche, e venti greche.
Il palazzo del vescovo colle sue pertinenze trovasi in separato
quartiere; ma pare che il vescovo preferisca la dimora di una città
interna, che mi si disse bastantemente grande e popolata di soli Greci.
Dietro buone osservazioni fissai la latitudine settentrionale di Ktima a
34° 48′ 4″. Il porto di Baffa trovasi mezza lega più a mezzodì di Ktima.
[Illustrazione: 1. CASA FORMATA IN UN SASSO NELLA VECCHIA
PAFO. 2. CATACOMBA A PAFO.]
All'indomani sabbato 26 dopo aver ricevuta la visita del rispettabile
_Alai Bey_ partii per Pafos lontano un miglio sulla riva del mare.
Avvicinandomi a questa città vidi nel piano alcune rupi isolate. Ma
quale fu la mia sorpresa allorchè visitandole, le trovai internamente
tagliate in modo da formare regolarissime case? E la mia maraviglia si
accrebbe a mille doppj quando trovai sotto terra l'immagine d'una città
scavata nella rupe. I palchi di queste case sotterranee sono fatti ad
arco stiacciato, ed alcuni senza centine, le muraglie sono
perpendicolari e liscie, e gli angoli perfettamente a piombo. Alcuni di
tali edificj hanno l'apparenza di palazzo, con cortili, logge, colonne,
pilastri, e tutta la squisitezza degli ornamenti architettonici, che
immaginare si possa; ogni cosa scolpita nel vivo masso con finissime
modonature. Il più perfetto pulimento conservasi ancora dopo tanti
secoli. Quando si considera questo sforzo dell'uomo, non si possono non
ammirare così fatte opere anteriori, a quanto sembra, ai libri ed alle
medaglie della più rimota antichità. La rupe onde sono composti tali
edificj è formata di una pietra calcarea arenosa di un bianco
giallognolo, di finissima grana, a strati orizzontali obliqui. In uno di
questi edificj vidi alcune colonne spezzate, i di cui capitelli rimasero
sospesi all'architrave perchè formano corpo colla cornice.
Quantunque possano riguardarsi come catacombe a motivo della loro
situazione, e dell'infinito numero di anguste nicchie che sembrano
destinate a ricevere i feretri; pure la mancanza di così fatte nicchie
in molti appartamenti, ed in altri l'interna comunicazione dell'una
coll'altra nicchia, e la qualità degli ornati, mi piegano a credere che
questi luoghi servissero d'abitazione anche ai vivi.
La vasta estensione di tali ruine non permette di dubitare, che
facendovisi degli scavamenti continuati e ben diretti, non si trovino
degli oggetti interessantissimi, rispetto all'antichità di lunga mano
più ragguardevoli di quelli d'Ercolano e di Eraclea.
La tradizione che assegna per soggiorno a _Venere_ questo luogo, ed il
Jeroschipos, è troppo ben fondata perchè possa richiamarsi in dubbio, e
le spaziose grotte che si vedono ancora s'accordano coll'idea che noi
abbiamo delle iniziazioni misteriose della Dea. Ma che questa Dea di
Pafo, e di Jeroschipos sia la stessa Dea d'Idalia e di Citera, e regina
del palazzo delle montagne di Nicosia, è ciò che nol posso credere;
imperciocchè lo stile dell'architettura del palazzo è patentemente
posteriore alle ruine ed agli avanzi di Pafo[11].
[11] _Anche ciò può essere vero; ma il nostro autore ci disse,
parlando del palazzo della montagna, che lo credeva anteriore ai
tempi storici. Se questo è, quale sarà l'antichità di Pafo?_
Ciò ammesso una volta si deve probabilmente supporre esservi state in
Cipro due regine Aphroditi (_Veneri_), la più antica delle quali regnò a
Pafo, a Jeroschipos ed alla Couclia, l'altra, in un'epoca meno lontana,
nel palazzo delle montagne di Nicosia, e signoreggiò Citera ed Idalia;
che l'una e l'altra essendo di molto anteriori all'epoca istorica,
furono dai poeti delle posteriori età ridotte ad una sola sovrana di
Citera, d'Idalia, e di Pafo; nelle quali città le furono innalzati
templi ed altari come ad unica divinità. Tale è almeno il risultato
delle mie osservazioni, che sottopongo alla saggezza de' miei lettori,
desiderando che ove dissentano dalle mie opinioni possano almeno dire:
_Se non è vero, è ben trovato_: pronto a ritrattarmi, se mi vengano
mostrate più verosimili congetture. Sgraziatamente quando trattasi di
così lontane memorie, ci è giuoco forza accontentarci delle probabilità,
o tacere.
È cosa notabilissima che la città di Pafo posta in riva al mare è un
monumento dello stato stazionario del Mediterraneo, che nello spazio di
tanti secoli non variò di un solo pollice il suo livello generale. A dir
vero le rupi nelle quali è tagliata la città di Pafo sono di formazione
marina; ma ciò dovette operarsi in un'epoca anteriore ancora all'ultimo
grande cataclismo del globo. Avendo osservato il passaggio del sole,
stando in mezzo alle ruine che ho descritte, le trovai poste nella
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