Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2 - 02

Total number of words is 4427
Total number of unique words is 1697
36.6 of words are in the 2000 most common words
51.3 of words are in the 5000 most common words
58.3 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
giorno.
Due dì dopo l'atmosfera si caricò di nubi, il tempo fu borrascoso, il
vento soffiava interrotto con violenza, accompagnato da' rovesci
d'acqua, e da tuoni.
Mi fu detto con asseveranza che in tale epoca non avevansi mai nè
borrasche nè pioggie, che non incominciano prima d'ottobre.
Alla metà d'agosto i popponi sono maturi.
In sul finire dello stesso mese maturano ancora e sono già grossi i pomi
granati che si raccolgono alla metà di settembre.
Incominciasi ad aver dattili a mezz'ottobre, di cui se ne fa la piena
raccolta in novembre, come nell'ultima quindicina dello stesso mese
raccolgonsi ancora le olive.
Alla stessa epoca incominciano a cadere le foglie; ma quest'anno gli
alberi si spogliarono così lentamente, che ne' primi giorni di decembre
conservavano ancora due terzi di foglie.
In tale stagione io avevo nel mio orto ogni sorta di verdure e di
legumi: radici, cipolle, agli, lattuche, fave, cavoli ec. L'orzo era
bellissimo, ed era già alto quasi otto pollici.
Dopo le borrasche d'agosto, il tempo fu costantemente bello, non
essendovi state che alcune brevi e leggieri pioggie; onde incominciavasi
a sentire il bisogno dell'acqua, perciocchè alla fine di novembre i
terreni erano così asciutti, che non si potevano seminare. Può darsi che
quest'anomalia fosse cagione della tarda caduta delle foglie. Fatto è
che tale siccità fu assai dannosa alla provincia di Duquela, risguardata
come il principale granajo dell'impero.
Viene costantemente osservato che in sul finire d'agosto tutte le
cigogne sono di già partite alla volta di Soudan. Io ne avevo tre nel
giardino d'estate, cui erano state raccorciate le ali, che rimasero
tranquille affatto, ed assai famigliari: di modo che venivano, a farmi
compagnia quando io pranzavo nel padiglione sotto un pergolato, e
quantunque avessero rifatte le ali non pensarono pure alla partenza.
Le notti e le mattine freddissime alla fine di novembre cagionano molti
reumi. Fra i primi giorni di questo mese non si videro più nè ranocchi,
nè rospi. Il dieci novembre furono trovati sotto il guanciale del mio
letto due scorpioni (_scorpio africanus_ di Linneo).
Le mosche incominciano a diminuire verso la metà di novembre, e verso il
fine non se ne vedono più. I mosconi erano di già scomparsi in ottobre.
Il termometro esposto al sole ad un'ora dopo mezzogiorno marcò il primo
di decembre 41°; e perchè continuava a salire, mancando maggior vuoto
nel tubo dovetti ritirarlo perchè non si rompesse. Lo stesso giorno
segnò all'ombra 21° 2′.
Lo esposi più volte ne' giorni susseguenti, e gradatamente montò sempre
meno.
Il maggior caldo che si ebbe in estate fu il due, ed il tre di
settembre. Il termometro all'ombra segnò 38° 8′.
Alla metà di decembre gli alberi non erano ancora spogliati affatto di
foglie.
Il 18 decembre osservai una cigogna che volava sopra i miei giardini
senza che le mie tre cigogne facessero verun movimento. Siccome non
trovavasi allora ne' contorni di Marocco alcun uccello di tale specie
non saprei dire da qual parte venisse questa, tanto più che non era di
passaggio, giacchè dopo aver volteggiato tre o quatro volte sopra
_Semelalia_ partì dirigendosi al N. E. Forse che alcune cigogne si
rimangono tutto l'inverno nascoste in paese. Questo giorno era turbato,
e la mattina vi fu un uragano che forse fu quello che fece sortire la
cigogna dal suo ritiro.
Il 19 decembre incominciarono le pioggie; e prima che terminasse il mese
gli alberi non avevano più foglie.
Dopo mezzogiorno del 31 decembre il sole aveva una corona mal terminata,
che mostrava tutti i colori dell'iride assai vivaci sopra una superficie
di due gradi della sua circonferenza. Il fondo, per così esprimermi, era
d'un bianco che piegava al grigio come una corona lunare sopra uno
spazio di duecento, ed il rimanente appariva confuso.
Le pioggie continuarono, e la seminagione si fece alla fine di decembre.
Non si udì il tuono che la notte del 30 decembre, ed il primo fu
veramente spaventoso. I venti furono quasi costantemente d'Ovest.
Il minor calore fu da 7° sopra zero di _Réaumur_ il 18 decembre alle
cinque ore della mattina; e pure in quel giorno, e nell'ora medesima il
freddo era sensibilissimo.
Il primo gennajo alle dieci ore e mezzo del mattino il termometro
esposto al sole segnava 29° 5′.
Avevo ne' miei giardini quattro gazzelle perfettamente addomesticate.
Allorchè vedonsi affatto libere i loro giuochi sono veramente
dilettevoli, facendo salti e capriole sorprendenti. I miei giardinieri
le perseguitavano perchè mangiavano, e guastavano le piante, ma io le
proteggevo perchè i giardini erano abbastanza grandi per non lasciar
sentire i guasti che facevano. Addomesticate come le cigogne non mi
privavano mai della loro compagnia in tempo del pranzo e della cena; di
modo che aveva in loro e nelle cigogne le sette mie migliori amiche.
Desiderando che la morte non rattristasse il sacro recinto della mia
semelalia, proibij, severamente ogni sorta di caccia. Volevo con ciò
offrire agli uccelli nel mio podere un sicuro asilo; ove il variato
canto di tante diverse specie faceva della mia Semelalia un paradiso
terrestre. Allorchè passeggiavo fuori dei giardini; ma però sempre entro
il recinto generale, varie bande di pernici mi stavano dintorno, ed i
conigli passavano spesso, per così dire, tra le gambe. Io cercavo
d'allettare, ed addomesticare questi animali, che corrispondevano alle
mie cure assai più di alcuni uomini che chiamansi civilizzati. Gli
uccelli non temevano di venire a prendere le miche di pane che gli
gettavo, ed entravano senza timore nelle mie camere, e la notte io avevo
le tende del mio letto coronate di uccelli liberi nel paese della
schiavitù.
Non ottenni però mai di render familiare un triste _chakal_ ch'erami
stato recato. Gli avevo fatta fabbricare una casuccia; terminata la
quale, per lasciargli maggiore libertà, gli feci levare la catena, e lo
lasciai padrone del suo nuovo alloggio: ma egli seppe aprirsi un
passaggio sotto il muro, e fuggì con tanta destrezza (giacchè non oserei
dire altrimenti) quanta ne avrebbe appena saputo impiegare un essere
ragionevole. Vero è che il mio chakal era incoraggiato dalle grida de'
suoi compagni, che venivano la notte in truppe intorno a Semelalia: e
perchè i molti cani d'ogni specie ch'io tenevo al di dentro rispondevano
abbajando in varj tuoni, venivo ad avere due bande di musica notturna,
spesse volte sostenuta dai contrabassi dei ragli dei giumenti, mentre i
galli, ed i polli di Guinea faceano le parti di soprano. Tale cacofonia
lungi dal sembrarmi disaggradevole mi riusciva aggradevole: niente vi
era d'artefatto.
Pareva che la fama dell'immunità della mia villa si fosse estesa fino ai
deserti poichè io vidi numerosissime truppe di gazzelle venire a
diporto, e giuocare a centinaja intorno alle mura di Semelalia. Forse
m'illuderò, ma parvemi talvolta, ch'esse bramassero la licenza
d'entrarvi.
Feci un assai interessante collezione di piante, d'insetti, e di fossili
di Semelalia. Fra gl'insetti trovasi l'_aranea galleopodes_ magnifica
per la sua grandezza: la prima volta ch'io la vidi mi spaventò da
dovero, tanto più ch'ella passò sul mio petto mentre stavo seduto sul
soffà. Tra i fossili bellissima è la raccolta dei porfidi e dei ciottoli
rotolati giù dall'Atlante.
Avendo dato avviso di un eclissi della luna, che doveva vedersi la notte
del 15 gennajo del 1805 molti pascià ed altri ragguardevoli personaggi
vennero a casa mia per osservarlo: ma sgraziatamente il tempo fu tutta
notte affatto coperto, e cadde tant'acqua accompagnata da violenti colpi
di vento, che ci fu tolto di fare veruna osservazione.
Il Sultano non rimane mai lungamente nello stesso luogo: pochi giorni
dopo l'eclissi si ebbe notizia dell'imminente suo arrivo a Marocco,
notizia assai gradita al popolo, e specialmente a me, che desideravo di
prendere da lui congedo per fare il pellegrinaggio della Mecca.
Il Sultano giunse a Marocco nel giorno indicato, ed io andai ad
incontrarlo a molta distanza. Stava in una lettiga portata da due muli.
Appena vedutomi, si fermò, e discorse meco alquanto, testificandomi la
sincerità del suo affetto. Muley Abdsulem, che lo seguiva mi trattò come
fossi stato suo fratello. Durante la loro lontananza la nostra
corrispondenza non era stata interrotta; e quando la malattia non
permettevami di scrivere, supplivano le persone che venivano spedite da
Fez con ordine di vedermi, e di riferir loro lo stato di mia salute. Ora
che vedevanmi rimesso in salute, e capace di sostenere il disagio della
cavalcatura, non sapevano saziarsi di attestarmi la piena loro
soddisfazione. Soggiornando essi a Marocco fummo costantemente nella più
intima confidenza.
Pochi giorni dopo fui stranamente sorpreso dall'avviso, che _il Sultano
mi regalava due donne_. Nella ferma risoluzione di non prenderne alcuna
finchè non avessi terminato il mio pellegrinaggio alla casa di Dio,
rifiutai di ricevere il dono; ma le donne erano già sortite dall'_harem_
del Sultano, e non potevano più rientrarvi: il buono Muley Abdsulem, si
compiacque di accoglierle in sua casa. Egli temeva di parlare del mio
rifiuto col Sultano, e con me. Tutta la corte teneva gli occhi sopra di
noi, desiderando di conoscere il fine di questo grande affare: ognuno
sussurrava all'orecchio del suo vicino, ma niuno ardiva spiegarsi
intorno a quest'oggetto apertamente: io andavo continuamente a corte,
come se nulla fosse accaduto.
Intanto Muley Abdsulem non potendo durarla in così imbarrazzante
situazione, mi aprì finalmente il suo cuore: io gli risposi che
all'indomani mi recherei al suo appartamento per rispondere a quanto
vorrà dirmi.
Quando andai a ritrovarlo stava aspettandomi insieme al primo fakih del
Sultano, uomo rispettabile per ogni riguardo. L'attacco incominciò, ed
io fui costretto di rispondere a tutti gli argomenti de' miei avversarj.
La disputa durò alcune ore. Muley Abdsulem che non voleva disgustare nè
il Sultano nè l'amico, era agitatissimo, ed i suoi occhi per sempre
chiusi alla luce, s'inumidivano di lagrime. Più commosso dal pericolo in
cui per amor mio erasi posto questo buon principe, che dai mali che
potevano rovesciarsi sopra di me; io mi alzai, e presagli la mano gli
dissi: «Infine Muley Abdsulem io conosco quanto voi mi amate, voi che
leggete nel fondo del cuore dell'amico i più segreti pensieri,
indicatemi quale condotta io debba tenere; ditemi ciò che volete ch'io
faccia, ed io lo farò, ma pensateci bene.» Egli prese la mia mano, che
accostò al suo cuore, e dopo alcuni istanti di silenzio, mi disse con
voce mal ferma. «Che si conducano le donne a casa vostra. — Io vi
acconsento, gli risposi, ma sappiate Muley Abdsulem, che io non le
vedrò; che non tarderà ad arrivare il giorno in cui partirò per la Mecca
che in allora, se le donne vogliono rimanere potranno farlo, perchè io
non le avrò vedute, e se vogliono seguirmi, accorderò loro protezione.»
Sollevato dal peso che l'opprimeva, Muley Abdsulem non potè più
contenersi. Passando dall'estrema tristezza alla più viva gioja, mi
saltò al collo abbracciandomi con tenerezza fraterna. Il suo volto
brillò di gioja, e fu bagnato dalle lagrime di tenerezza. Fu convenuto
che la sera dello stesso giorno le donne sarebbero condotte a casa mia:
chiesi che la cosa si facesse senza romore e senza alcuna ceremonia; e
passai subito al mio alloggio. Il Sultano mi aveva regalato una bianca
chiamata _Mohhàna_, e la nera _Tigmu_.
Ordinai che venisse allestito un appartamento separato nella mia casa di
campagna, e lo feci ammobigliare decentemente; vi feci riporre
abbondanti provvisioni di zuccaro, di caffè, di te, ec., ed inoltre un
forziere con entro molte stoffe, ed altre bagatelle, alcuni giojelli, ed
una borsa con alcune monete d'oro.
Erano quasi le dieci della sera quando il mio mastro di casa venne ad
annunciarmi che le donne erano arrivate. _Che si conducano al loro
appartamento_, io gli risposi, e continuai a discorrere col mio
segretario, il mio fakih, e due altri amici. La governante dell'harem di
Muley Abdsulem con una mezza dozzina di donne erano venute ad
accompagnare le mie. S'imbandì la cena alle donne, ed un'altra agli
uomini, terminata la quale chiamai la governante dell'harem di Muley
Abdsulem, che si presentò velata secondo il costume. Le feci un piccolo
dono, poi consegnandole la chiave del forziere, gli dissi: «Date questa
chiave a Mohhàna; ditele ch'io la stimo; ma che alcune particolari
circostanze m'impediscono di vederla. Tutto quanto ella troverà
nell'appartamento, e sotto questa chiave è robba sua. Spero che
proteggerà Tigmu. Io parto alla volta di Semelalia; ma lascio qui in mia
assenza uno di casa della mia famiglia il scheriffo Muley Hhamèt, il
quale avrà cura di servirla con due domestici e due serventi. Tutto
quanto ella desidera non ha che a chiederlo a Muley Hhamèt.»
Licenziai all'istante la governante sorpresa. Era ormai mezzanotte, ed
io montai a cavallo coi miei amici, e la mia gente, ed accompagnato da
molte lanterne, presi la strada di Semelalia, ove contavo di trattenermi
lungo tempo. Le donne di Muley Abdsulem rimasero in casa mia fino
all'indomani.
Se la corte di Marocco si maravigliò del rifiuto delle donne, non fu
meno sorpresa del modo con cui le ricevetti. Non era possibile con tanti
domestici, e con tante altre persone che frequentavano la mia casa, che
la cosa rimanesse segreta: nè passarono ventiquattr'ore, che tutta la
città fu informata di tutte le più minute circostanze.
Io continuavo a vedere il Sultano e Muley Abdsulem, come se niente fosse
accaduto, presso i Musulmani vuole la creanza che non si parli mai di
donne.
Finalmente palesai la mia risoluzione di andare alla Mecca. Ebbi su
quest'oggetto lunghe conferenze col Sultano, con Muley Abdsulem, e con i
miei amici, che mi sconsigliavano dall'intraprendere questo penoso
viaggio. Mi veniva opposto che il medesimo Sultano non l'aveva fatto;
che la religione non obbligava a farlo personalmente, e che facendo le
spese ad un pellegrino mi acquistavo agli occhi della divinità lo stesso
merito. Queste ragioni ed altre molte che non accade accennare, non mi
rimossero punto dalla presa risoluzione.
Il Sultano che desiderava d'avermi vicino venne un giorno alla mia casa
accompagnato da suo fratello Muley Abdsulem, da suo cugino Muley
Abdelmelek, e da tutta la corte. Il Sultano arrivò alle nove ore del
mattino, e si ritirò soltanto alle quattro e mezzo della sera. In questo
tempo si parlò più volte del mio pellegrinaggio ma non mi rimossi dal
mio proposito: due volte s'imbandì la mensa, quando arrivò il Sultano
col suo seguito, e quando partì. Il Sultano che voleva convincermi del
suo affetto, e della illimitata sua confidenza, mangiò una volta, prese
molte volte il caffè, te e limone; scrisse e firmò dispacci sulla mia
scrivania; mi trattò in ogni cosa come fratello; e finalmente, partendo,
sei de' suoi domestici mi presentarono da parte sua due magnifici
tappeti.
La maggior parte degli ufficiali dopo avere ricondotto il Sultano al suo
appartamento, tornarono a complimentarmi ed a scongiurarmi di nuovo a
non partire, facendomi le più lusinghiere predizioni sul mio destino se
rimanevo. Insensibile a tante belle promesse, fissai l'epoca della mia
partenza entro tredici giorni.
Giunse il tempo di dare l'ultimo addio al Sultano. Rinnovò le più calde
istanze, e mi replicò le mille volte di pensar bene a quel ch'io facevo,
di riflettere alle fatiche ed ai pericoli cui mi esponevo in così lungo
viaggio. Nell'abbandonarlo ci abbracciammo colle lagrime agli occhi.
L'udienza di congedo con Muley Abdsulem fu ancora più tenera, e fino
all'ultimo mio sospiro io porterò scolpita nel mio cuore l'immagine di
così caro principe.
Il Sultano mi regalò una ricchissima tenda foderata di drappo rosso, ed
ornata di frangie di seta. Prima di mandarmela la fece alzare in sua
presenza: allora v'entrarono dodici fackiri, recitandovi certe preghiere
che dovevano assicurarmi le grazie del cielo ed una costante prosperità
in tutto il viaggio. Aggiunse a questo dono alcuni otri per portar
l'acqua, articolo necessario in questo viaggio.
Feci dire a Mohhàna, che si coprisse perchè dovea parlarle. Appena si fu
assettata, mi recai al suo appartamento accompagnato da molta gente, e
le dissi: «Mohhàna in procinto di partire per il Levante, io non vi
abbandonerò se volete seguirmi; ma voi siete ugualmente in libertà di
rimanervene, poichè voi sapete essere questa la prima volta ch'io vi
vedo, e vi parlo.»
Ella modestamente rispose: «Io voglio seguire il mio Signore. — Pensate
bene, gli replicai, a ciò che voi dite, perchè risposto che abbiate non
v'è luogo a pentimento. — Mohhàna replicò; sì mio signore, io vi seguirò
in qualunque parte del mondo vi portiate, e fino alla morte.» Allora
rivoltomi a quelli che mi accompagnavano; «voi udite, dissi loro, ciò
che dice Mohhàna, voi siete testimonj della mia risoluzione. Indi dissi
a Mohhàna; voi siete una buona donna, avete dell'attaccamento per me; ed
io vi proteggerò sempre. Preparatevi a partire con me. Addio.»
Feci subito fare per Mohhàna una specie di lettiera chiamata _darboùcco_
chiuso da ogni banda, che si colloca sopra un mulo, e sopra un cammello,
e che si usa in paese per le principali dame. Non si fecero per Tigmu
tante ceremonie; essa poteva viaggiare avviluppata nel suo hhaïk, o
bournous. Destinai a queste donne una gran tenda, ove non potevano
essere vedute da alcuno. In tal modo io intrapresi il mio viaggio alla
Mecca lasciando incaricato dell'amministrazione de' miei beni a Marocco
_Sidi Omar Bujèta_ pascià di quella capitale, con le opportune
istruzioni.


CAPITOLO XVII.
_Casa regnante a Marocco. — Genealogia. — Scheriffi. — Tattica.
— Entrate del Sultano. — Sue guardie. — Sue donne. — Partenza
d'Ali Bey da Fez. — Viaggio ad Ouschda._

Molti autori scrissero la storia de' Sovrani dei paesi, che formano
l'attuale regno di Marocco. Tra le composte da' Scrittori Europei,
quella del sig. Schénier incaricato d'affari del re di Francia presso
l'imperatore di Marocco, mi sembra la più pregievole.
È noto che dopo Muley Edris, che vivea nel secondo secolo dell'Egira,
ottavo dell'era cristiana, il regno di Marocco, di Fez, di Mequinez, di
Sus e di Taffilet furono governati da diverse dinastie sempre in guerra
tra di loro fino al tempo in cui il Sceriffo dell'Yenboa, _Muley
Schèrif_ si stabilì a Taffilet, acquistandosi colle sue virtù la stima
di tutti i popoli, che si affrettarono di sottomettersi alle sue leggi.
Suo figlio Muley Ismaïl, che dopo molte guerre occupò il trono, e Muley
Abdalla suo nipote resero colle crudeltà famoso il loro governo. Muley
Mohamed più politico de' suoi predecessori fu meno crudele, ma non meno
avaro. L'attuale Sultano Muley Solimano è il più moderato di quanti
scheriffi occuparono prima di lui il suo trono.
L'impero di Marocco non ha nè costituzione nè legge scritta. La
successione al trono non è regolata, ed ogni Sovrano prima di rimanere
padrone dell'impero deve sempre combattere contro i suoi fratelli, ed
altri rivali, che tutti del canto loro armano i popoli per la propria
causa; talchè la morte di un principe Marocchino è sempre cagione di
quella di centomille uomini.
L'attuale Sultano Muley Solimano ha tre fratelli, che sono Muley
Abdsulem[1] il maggiore della famiglia; Muley Selema, che dopo aver
combattuto contro suo fratello, ritirossi vinto al Cairo ove vive
miseramente; e finalmente Muley Moussa che dimora a Taffilet, ove mena
una vita dissolutissima.
[1] _Si crede che Muley Abdsulem morisse poco dopo._ (Nota
dell'Editore)
Muley Solimano è un uomo abbastanza istruito nella scienza della
religione: è fakih o dottore della legge: ma per ciò appunto più devoto
degli altri, consuma parte del giorno in preghiere, e veste d'ordinario
un grossolano hhaik, sdegnando ogni sorta di lusso, ed ispirando la
stessa religiosa severità ai suoi sudditi: quindi ad eccezione di Muley
Abdsulem, e di me, non avvi forse alcun altro che osi far pompa di
qualche appariscenza di lusso.
Dietro questo principio, allorchè Muley Solimano trionfatore de' suoi
fratelli, si vide tranquillamente stabilito sul trono, fu sua prima cura
quella di far estirpare tutte le piante di tabacco che trovavansi nel
suo impero, e che davano il sostentamento ad alcune migliaja di
famiglie. Quantunque l'uso del tabacco non sia dalla legge espressamente
proibito, non avendone il profeta fatto uso, viene dai rigoristi
riguardato come una lordura. Non pertanto Muley Abdsulem ne prende
molto; e Muley Solimano, benchè di raro assai, non lascia di usarne
alcune volte. Ad eccezione degli abitanti dei porti e dei marinai, pochi
altri Marocchini prendono tabacco.
E questo è pure il motivo che lo ritrae dall'aver commercio coi
cristiani. Teme sempre che le relazioni cogl'infedeli non finiscano col
corrompere e pervertire i fedeli credenti. Questo modo di vedere rende
tanto difficile ogni relazione commerciale, che sonovi persone che
potrebbero caricare intere flotte di grani, e che mancano di danaro per
vivere, per l'impossibilità di venderlo all'estero. In una nazione ove
l'uomo non ha veruna proprietà, poichè il Sultano è padrone d'ogni cosa;
ove l'uomo non ha la libertà di vendere, o di disporre dei frutti del
suo travaglio; ove finalmente non può nè goderne nè farne pompa in su
gli occhi de' suoi compatriotti, è chiara la cagione della sua inerzia e
della sua miseria.
Ho copiato l'albero genealogico di Muley Solimano, ch'egli medesimo mi
confidò originale. Rimontando da lui fino al profeta conserva il
seguente ordine:
_Solimano_ _Hassèn_ _Ismaïl_
_Mohamèd_[2] _Kàssem_ _El Kassèm_
_Abdallà_ _Mouhamèd_ _Mouhemèd_
_Ismaïl_ _Abulkàssem_ _Abdallà el Kàmel_
_Scherif_ _Mouhamèd_ _Hassàh el Meschna_
_Ali_ _Stassèn_ _Stassèn es Sèbet_,
figlio di _Ali Ben
Abutàleb_, e di
_Fatima el Zòhra_
(la Perla) figlia del
profeta _Mouhhammed_.
_Mohamèd_ _Abdallà_
_Ali_ _Mouhamèd_
_Jussuf_ _Aàrafat_
_Ali_ _Elltassèn_
_Stassèn_ _Abubekr_
_Mouhamèd_ _El Kassèm_
[2] _Quantunque il nome di Mohamèd sia sempre scritto coi
medesimi caratteri in Arabo, l'uso ha consacrate le diverse
maniere di pronunciarlo, come vedesi in questa nota._ (N.
dell'Edit.)
In Taffilet contansi più di due mille scheriffi, che tutti vantano
diritti al trono di Marocco, e che per tale cagione godono di alcune
leggieri gratificazioni del Sultano. In tempo degl'interregni molti
prendono le armi, siccome Marocco non ha verun'armata propriamente tale
per comprimere all'istante questi parziali movimenti, la nazione intera
soffre tutti i mali dell'anarchia.
La tattica de' Marocchini è sempre la stessa in tutte le battaglie.
Consiste nell'avvicinarsi alla distanza press'a poco di cinquecento
passi dal nemico. Colà giunti dispiegansi con un subito movimento
cercando di presentare la più estesa fronte possibile; indi corrono a
tutto potere imbracciando il fucile. Giunti a mezzo tiro fanno il loro
colpo: fermando allora il cavallo tutt'ad un tratto, ritiransi colla
medesima celerità con cui avanzarono. Ricaricano il fucile correndo, e
se il nemico si ritira, continuano il fuoco guadagnando terreno. Ma se
l'azione si fa calda, e si viene a far uso della spada, in quale
imbarrazzo non devono trovarsi questi combattenti, i quali senz'alcun
ordine, sono costretti di tenere colla sinistra la briglia, ed un lungo
fucile, e la spada colla mano destra! In questa circostanza collocano
essi il fucile sopra l'arcione della sella, ed in allora ogni uomo
occupa una fronte più estesa che quella di due, e rimane isolato, e
senza appoggio ai fianchi. Quale sarebbe in allora l'effetto di una
linea di battaglia europea sopra tali ranghi di truppe! Per tale motivo
appunto il soldato moro non s'impegna che sforzato, a battersi colla
spada; riponendo la sua superiorità nella velocità dell'attacco, della
ritirata, e nella destrezza del maneggio del fucile.
Le entrate del Sultano di Marocco si valutano venticinque milioni di
franchi. Avendo pochi impiegati, i quali non hanno altro appuntamento
che i prodotti eventuali, ed alcune gratificazioni che ben poche volte
sono loro accordate; non avendo bisogno di mantenere un'armata, perchè
nel caso di guerra ogni Mussulmano è soldato per religione; la maggior
parte di questo danaro va a seppelirsi nel tesoro di Marocco, di Fez, e
principalmente di Mequinez.
La guardia del Sultano, che si vuole di circa dieci mille uomini è la
sola truppa che venga mantenuta anche in tempo di pace: è questa in
parte composta di schiavi negri comperati dal Sultano, o ricevuti in
dono, o in pagamento; oppure figli di soldati negri. L'altra parte è
formata di mori tolti dalle tribù _Oudaïas_. Queste truppe rimangono di
fazione nelle provincie dell'impero, ed un grosso corpo segue sempre il
Sultano. I soldati quasi tutti a cavallo hanno il nome di _el bokhari_,
che presero, quasi mettendosi sotto la protezione dell'imam espositore
di questo nome, la di cui dottrina è addottata a Marocco.
Quantunque Muley Solimano viva senza splendore, la spesa della sua casa
è per altro ragguardevole per cagione delle moltissime sue donne e
figliuoli. Egli non può avere più di quattro mogli legittime, oltre le
concubine; ma egli suole ripudiarle frequentemente per prenderne delle
altre. Le ripudiate vengono relegate a Taffilet, accordando loro una
pensione per il mantenimento. Ho veduto più volte gli abitanti
presentargli le loro figliuole, che in conseguenza entravano nell'harem
sotto nome di serventi, e che avendo la fortuna di piacere al Sovrano,
vengono poi sollevate al rango di sue mogli, per essere poscia a vicenda
ripudiate. Nè Muley Solimano si fa scrupulo d'avere nello stesso tempo
due sorelle per mogli, quantunque i dottori non riguardino quest'azione
di buon occhio, come ne pure quella di bever vino la notte nell'harem;
cose proibite dalla legge.
Il Sultano è del resto sobrio, e mangia colle dita come gli altri arabi;
pure quando m'invitava a pranzo con lui, mi faceva portare un cucchiajo
di legno, perchè la legge non permette l'uso de' preziosi metalli nel
vassellame; e per questo motivo i suoi piatti e la tavola sono affatto
simili a quelli dei suoi sudditi. Egli non mangia che le vivande
cucinate nell'harem dalle sue negre. A casa mia per altro mangiò cibi
preparati da' miei cuochi.
Io tenni andando a Fez la medesima strada che avevo fatto venendo a
Marocco. Benchè non fossi pienamente ristabilito in salute, non ommisi
nel mio viaggio di fare alcune osservazioni astronomiche, che
confermarono le precedenti; sgraziatamente però non ero ancora capace di
sostenere un lavoro continuato.
Ne' primi giorni dopo il mio arrivo a Fez ebbi una disputa col pascià;
egli pretendeva che in conseguenza d'essermi congedato dal Sultano per
andare in Algeri, avrei dovuto partire entro otto o dieci giorni; e mi
preparò pure gli oggetti necessarj al mio trasporto, e la scorta che
doveva accompagnarmi, ma io mi dichiarai in termini positivi, che non
poteva ancora partire, e rimasi a Fez un mese e mezzo. Poco prima ch'io
partissi Muley Abdsulem venne a Fez, mi portò una commendatizia del
Sultano per il Dey di Tunisi, ed un'altra per il pascià di Tarabba o di
Tripoli: Muley Abdsulem me ne diede una sua per il Dey d'Algeri, cui per
alcune considerazioni politiche il Sultano non aveva voluto scrivere.
Avendo finalmente fissato il giorno della mia partenza da Fez, mi
congedai da Muley Abdsulem, e dai miei amici con maggior rincrescimento
che la prima volta, perchè vedevanmi intraprendere un viaggio azzardoso,
e temevano di non più vedermi.
La mattina del giovedì 30 maggio 1805 sortj a nove ore e tre quarti di
casa coi miei amici che mi accompagnarono prima alla moschea di Muley
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2 - 03
  • Parts
  • Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2 - 01
    Total number of words is 4131
    Total number of unique words is 1778
    33.4 of words are in the 2000 most common words
    48.6 of words are in the 5000 most common words
    55.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2 - 02
    Total number of words is 4427
    Total number of unique words is 1697
    36.6 of words are in the 2000 most common words
    51.3 of words are in the 5000 most common words
    58.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2 - 03
    Total number of words is 4431
    Total number of unique words is 1631
    35.2 of words are in the 2000 most common words
    50.1 of words are in the 5000 most common words
    57.5 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2 - 04
    Total number of words is 4457
    Total number of unique words is 1663
    33.7 of words are in the 2000 most common words
    49.5 of words are in the 5000 most common words
    57.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2 - 05
    Total number of words is 4372
    Total number of unique words is 1482
    32.6 of words are in the 2000 most common words
    48.4 of words are in the 5000 most common words
    56.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2 - 06
    Total number of words is 4377
    Total number of unique words is 1630
    35.9 of words are in the 2000 most common words
    51.7 of words are in the 5000 most common words
    59.0 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2 - 07
    Total number of words is 4419
    Total number of unique words is 1694
    34.4 of words are in the 2000 most common words
    51.2 of words are in the 5000 most common words
    58.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2 - 08
    Total number of words is 4464
    Total number of unique words is 1724
    35.4 of words are in the 2000 most common words
    51.7 of words are in the 5000 most common words
    59.8 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2 - 09
    Total number of words is 4437
    Total number of unique words is 1753
    35.9 of words are in the 2000 most common words
    53.2 of words are in the 5000 most common words
    60.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2 - 10
    Total number of words is 4454
    Total number of unique words is 1608
    36.0 of words are in the 2000 most common words
    50.9 of words are in the 5000 most common words
    58.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 2 - 11
    Total number of words is 2300
    Total number of unique words is 1043
    39.2 of words are in the 2000 most common words
    54.7 of words are in the 5000 most common words
    63.9 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.