Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 1 - 09

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quattro e mezzo la carovana si fermò sopra un'altura, presso ad un vasto
_dovar_ chiamato _Elmogàfra_.
Immense pianure si stendono al S. fino alle falde di lontanissime
montagne. Il suolo è composto di una terra vegetale mista a molta arena.
La vegetazione era così poco avanzata, che le erbe non avevano più di
due pollici d'altezza, e non erano ancora in fiore.
Il tempo fu affatto coperto, e cadde pure interrottamente alcun poco di
pioggia. Alle cinque e mezzo il termometro segnava 12° di _Reaumur_, e
l'igrometro 64°. Il vento soffiava debolmente dall'O.
Nell'atto che s'alzavano le tende venne a visitarmi un santo imbecille.

_Martedì 28._
Alle due della mattina pioveva fortemente.
La carovana si mosse alle nove e mezzo. La direzione cambiava
frequentemente per causa delle montagne; ma generalmente era verso l'O.
N. O. A mezzogiorno, o poco dopo, giungemmo alla riva destra
dell'_Emkes_, fiume abbastanza considerabile, che va al N. Dall'altro
lato le montagne serrano di più la strada; e seguendo generalmente la
medesima direzione, feci alto alle cinque ed un quarto.
Il paese da noi attraversato era coperto da basse montagne, ma verso le
tre e mezzo vidi alla diritta una montagna alta e scoscesa non molto
lontana dalla strada. Dietro le notizie avute, ha molta estensione ed è
abitata dall'indomabile tribù di _Beni-Omàr_, che vive quasi affatto
indipendente dal sovrano.
Fin presso al fiume il suolo è composto d'una terra vegetale assai
arenosa, ed allora sterile a cagione della siccità. Dall'altro lato del
fiume incomincia ad essere frammischiata d'argilla, e perciò la
vegetazione era assai più rigogliosa, le seminazioni bellissime, le
praterie ancor migliori, e sparse di fiori, specialmente di radiati e di
vaghissimi ranuncoli.
È cosa notabile che molte di queste montagne sono unicamente formate di
ciottoli rotolati, o di frantumi calcarei ammonticchiati, i più grossi
de' quali hanno quattro a sei pollici di diametro; il tutto coperto da
uno strato sottile di terra vegetale argillosa.
Il tempo fu costantemente nebbioso, fuorchè un istante prima del
tramontare del sole. L'orizzonte si ricoperse ben tosto, ed alle otto
ore pioveva. Alle sei ed un quarto il termometro segnava 13°,
l'igrometro 98°, ed il barometro 27 pollici 4 linee, ciò che nello stato
presente dell'atmosfera prova che la mia altezza sul livello del mare
era minore di quella di Fez, benchè mi trovassi in mezzo alle montagne.
La mattina mentre passavamo in vicinanza d'un _dovar_ due de' principali
abitanti vennero in mezzo alla strada per chiedermi una preghiera.
Fermai il cavallo, ed alzando le mani, soddisfeci al loro desiderio.
Queste oneste persone non sapendo in qual modo attestarmi la loro
riconoscenza mi baciarono più volte il ginocchio. La stessa domanda mi
fu poi fatta in quasi tutti gli altri _dovar_ posti lungo il cammino.

_Mercoledì 29._
La mattina pioveva dirottamente, ed il mio seguito non potè mettersi in
cammino che alle dieci ore e tre quarti; volgendoci all'O. N. O., e
montando sempre fino alle undici e mezzo in cui si cominciò a
discendere. Alle tre e mezzo sboccando da una strettissima valle mi
trovai all'improvviso fuori delle montagne, ed in faccia ad un vasto
paese. Sceso sul piano continuai a camminare all'O. fino alle cinque e
mezzo. Avendo allora attraversato la strada di Tanger, ed il fiume
_Ordom_, feci alzar le tende sulla riva sinistra.
Il terreno di quella contrada è tutto argilloso, le montagne presentano
roccie di marmo grossolano, e di argilla indurita a strati obbliqui, e
qua e là confusi. La linea viene rotta da una roccia arenosa tenera
coperta da un denso strato d'argilla, e talvolta della densità di
quindici piedi.
Appena sceso sul piano trovai la vegetazione assai avanzata, alta l'erba
dei prati, ed una straordinaria abbondanza di fiori variati che
formavano un colpo d'occhio più bello e magnifico di quello, che
presentino i giardini d'Europa.
I miei amici di Fez conoscevano il mio trasporto per le collezioni di
storia naturale, e conoscevano le attrattive di questa inclinazione per
un'anima che si commova alle bellezze della natura; ma i selvaggi che mi
circondavano, non potevano comprenderlo. Io mi sarei guardato di fare
sugli occhi loro ciò ch'essi biasimano negli Europei che viaggiano nelle
loro contrade, vale a dire di dimostrare quell'amore per le ricerche,
quell'ardore per le scienze, quello zelo d'ingrandirne la sfera colla
scoperta di nuove cose. Questo gusto, questa liberalità d'opinione sono
idee affatto straniere alla infingarda gravità che deve caratterizzare
un Principe della mia santa religione, e questa maniera di pensare può
riuscire dannosa, e quasi sempre avere tristi conseguenze. Mi vidi
perciò costretto di sagrificare le mie inclinazioni ai pregiudizj delle
persone che mi accompagnavano, e di rinunciare alla ricchezza d'un
terreno, che mi offriva migliaja di piante: ne raccolsi soltanto una
dozzina con una cert'aria di non curanza, che non poteva urtare la loro
estrema ignoranza, e stupidità.[17]
[17] _Malgrado gli accennati ostacoli le collezioni di Ali Bey
sono ricchissime. Ad ogni modo non bastavano a saziare la sua
passione per la storia naturale._ (N. dell'E.)
Noi eravamo passati vicino a molti _dovar_, i più grandi de' quali
composti d'una ventina di tende, e gli altri soltanto di cinque o sei.
Nere sono le tende e collocate in giro: alcuni _dovar_ avevano intorno
una siepe di roveti, ed ogni tenda è lontana dieci in dodici passi dalle
altre. I popoli che le abitano sono pastori, e le loro sostanze sono
formate delle mandre che allevano; in tempo d'estate le conducono sulle
alte montagne poste a levante, e nell'inverno le custodiscono nei luoghi
piani. Quando s'avvicina la notte le fanno entrare nel circondario del
_dovar_. Vidi più animali bovini assai, che pecore, e capre.
Lungo la strada molti Arabi sortivano dalle loro tende, e venivano sulla
strada per complimentarmi, invitandomi alla loro casa: altri mi
domandavano preghiere, pochissimi l'elemosina.
Feci disporre il mio accampamento presso certe cappelle ove sono i
sepolcri dei santi, a cui non omisi di mandare le mie elemosine. In
questo luogo si tiene mercato tutti i giovedì.
Tutto il giorno aveva continuato il cattivo tempo, ed alle nove della
sera pioveva dirottamente. Spirò un vento d'O. fino al levar del sole;
ed allora incominciò un vento d'E. Alle sei della sera il termometro
segnava 16° 2, e l'igrometro 36°.

_Giovedì primo Marzo._
La mattina venne molta gente al mercato, che chiamasi di _Sidi Càssem_
dal nome della cappella principale. Quando io partivo eranvi di già
molte tende, e calcolando dalla folla che vedevo venire, supposi che tra
venditori e compratori non vi dovevano essere meno di tre mille persone;
lo che mi fu pure confermato dagli abitanti, che interpellai su
quest'oggetto. In ogni mercato vendonsi grani, frutti e simili prodotti
del paese; inoltre cavalli, buoi, pecore, capre, ed altri oggetti. Vi
vengono gli abitanti di _dovar_ assai lontani sì per vendere che per
comprare. Vidi molte donne col volto scoperto, che sembraronmi non meno
povere che brutte.
Il capo del santuario di _Sidi Càssem_ mi mandò la mattina un regalo di
aranci.
Partimmo alle otto e mezzo del mattino camminando all'O. S. O. con
leggiero deviamento. Ad un'ora dopo mezzogiorno si attraversò il fiume
_Bet_, che qui va dal S. S. O. al N. N. E. Mi fu detto che metteva foce
in alcuni grandi laghi una giornata al di là di Rabat; e non si univa al
fiume _Sebou_, come suppone la carta del sig. _Chenier_. Questo fiume
che volge molte acque ha un corso assai rapido. Alle due meno un quarto
fummo costretti di accampare per mettersi al coperto da una orribile
burrasca.
Il paese attraversato questo giorno era quella vasta pianura veduta
jeri, e terminata al S. dalle montagne costeggiate nel precedente
giorno. Vidi pure un'altra linea di piccole montagne al N., ma a
grandissima distanza: verso l'O. la pianura sembrava perdersi
coll'orizzonte, ma verso il mezzodì essendo giunto ai confini dell'O.,
conobbi che questo vasto piano non era che una grande spianata assai
elevata sul resto del continente all'O., di dove lo sguardo spaziava
come da un elevato balcone. Si scese tra alcune montagne, le cui sommità
sono più basse della spianata. M'accorsi allora, che le montagne che
avevamo prima alla sinistra stendevansi considerabilmente al S. Al di là
del fiume la strada segue l'andamento delle valli tra le colline. Il
terreno dell'alto piano è argilloso, in appresso calcareo, arenoso, ed
alquanto misto d'argilla.
Sull'eminenza la vegetazione era ritardata, ma la trovai molto avanzata
nella parte più bassa, benchè tutte le piante fossero delle più piccole
specie: i pruni ne formavano la principal quantità. Dopo Fez non aveva
veduto un solo albero, ad eccezione di alcuni ne' giardini prossimi
all'eremitaggio di _Sidi Càssem_. Sonovi pochissime terre lavorate; e
non vi si vedono che uccelli di passaggio.
Trovammo varj _dovar_ assai poveri, ed uno assai esteso. Era formato di
molti cerchi di tende, ed ogni cerchio, attorniato da una siepe di
pruni, conteneva, secondo che appariva, tutti i rami di una famiglia
primitiva. Mi si disse che uno di questi cerchi apparteneva al ministro
_Salaoui_. Ogni cerchio contiene da quattro fino a dodici tende fatte di
peli di cammello, nere, e succide come gli abitanti, che sono di color
di cuojo o giallastro, piccoli, e smilzi; hanno l'aria di diffidenza, e
di malinconia propria dell'uomo che sente, che dovrebbe essere libero, e
che non pertanto soggiace al più terribile despotismo.
Le donne di questo _dovar_ sono alquanto più gaie, e mi parvero di un
carattere dolce e sincero. Sono piccolissime; hanno il volto largo, gli
occhi penetranti, ed il portamento meno disaggradevole che le donne
delle città: quelle che io vidi sono più bruciate dal sole che gli
uomini. Il loro abito consiste in un giubbone, e in un turbante, o
fazzoletto sul capo. L'abito degli uomini ristringesi ad un semplice
_hhaïk_; ed i più ricchi hanno pure un pajo di pantaloni, ed una camicia
di lana, che portano sotto al _hhaïk_; ma d'ordinario hanno la testa
nuda.
Questi abitanti dei _dovar_, e delle montagne sono dai mori conosciuti
ed indicati col nome _el Aàrab_ (Arabi) o _el Bedàoui_ (Bedovini). La
maggior parte sta sempre a cavallo col fucile, e colla spada, e
rarissime volte accade che sortano dalla tenda senza sciabla, senza
pugnale. Molti mi vennero all'incontro per baciarmi il ginocchio o la
mano, quando loro la presentavo; altri mi chiesero la preghiera, ma
nissuno l'elemosina. Io non vidi alcun individuo di colore che fosse
grosso e grande, niuno che avesse l'apparenza, non dirò d'uomo ricco, ma
di qualche agiatezza. Colui che possiede danaro lo tiene nascosto, e non
lascia di vestirsi da misero.
Questa giornata fu orribile, e fummo costretti a fare alto prima
d'arrivare al luogo fissato atteso il gagliardo vento, accompagnato da
diretta pioggia. Vicino al nostro campo era un _dovar_, e quella gente
mi disse, che a non molta distanza trovavansi dei lioni. Alle sei della
sera il termometro segnava 12° 6, e l'igrometro 100°.
Alle undici ore continuava la pioggia; ed io trovai entro la mia tenda
varj preziosi insetti ch'erano venuti per porsi al sicuro dal cattivo
tempo. Un bellissimo rospo saltò sul mio scrittojo, guardandomi
tranquillamente lungo tempo; io mi alzai per aprire la porta, ed il
povero animale, quasi avesse indovinato quello ch'egli voleva, sortì
all'istante.

_Venerdì 2._
Il tempo era così cattivo, che i miei domestici mi pregarono di restare;
ma perchè avevo somma premura d'arrivare a Marocco, ordinai che si
levassero le tende.
Alle dieci ore e mezzo del mattino ci rimettemmo in cammino, prendendo
la direzione al S. O., ma bentosto si smarrì la strada facendo mille
viziosi ravvolgimenti entro un grandissimo bosco di vincaja: e vi
saremmo probabilmente rimasti più lungo tempo, se non avevamo la fortuna
d'incontrare una guida. Il vento e la pioggia continui non mi
permettevano d'osservare la bussola, ed il cielo era così coperto che
non potevo assolutamente rimarcare un solo rombo; i ravvolgimenti del
bosco m'avevano fatto perdere le traccie della stima, di maniera che più
non conoscevo la posizione del campo, che stabilj in vicinanza d'un
_dovar_ alle quattro meno un quarto della sera.
Il paese è composto di vaste pianure rotte di tratto in tratto da
qualche burroncello, o da strette valli assai profonde.
Il suolo è d'una terra vegetale leggerissima, con molta arena.
Un'ora dopo mezzodì si attraversò prima un bosco di grandi lentischi,
poi un secondo di lecci, e di mandorli silvestri, che fiorivano allora.
Non vidi altro essere animato fuorchè una farfalla assai bella; stava
sopra una foglia, e si lasciò prendere dolcemente.
Il tempo si rischiarò avanti sera, ed alle sei il termometro segnò 10°
8, l'igrometro 98°.
Trovavansi a poca distanza alcuni luoghi paludosi, ove una sorprendente
quantità di rannocchi cantarono tutta la notte vigorosamente come in
tempo d'estate.

_Sabbato 3._
Il giorno incominciò coll'acqua, e malgrado l'incostanza del tempo la
mia carovana si pose in marcia alle dieci ore e mezzo, dirigendosi
all'O. S. O., e continuando nella stessa direzione con poca varietà al
S. O.
Alle due e tre quarti s'attraversò il piccolo fiume _Filisto_ che in
questo luogo scorre all'O. N. O.; ed alle quattr'ore feci spiegare le
tende presso ad un _dovar_.
Il paese è formato di basse colline divise da larghe valli. Un'arena
rossiccia mista con poca terra vegetale forma la natura del suolo.
La vegetazione era proporzionata alla stagione. Alle undici dal mattino
entrammo in un bosco di altissimi lecci, di grandi ginestre, e di
mandorli fioriti in tanta quantità, che dietro ciò che la terra produce
spontaneamente, non v'ha dubbio che se gli uomini del cantone
coltivassero questo ramo d'agricoltura e di commercio, potrebbero
provvedere i mercati d'una parte dell'Europa; ed intanto malgrado queste
ricchezze della natura quegli abitanti vanno quasi nudi, o coperti di
cenci, e dormono sulla nuda terra, o al più sopra una stuoja..!!
Giuriamo odio al governo dispotico, i di cui sudditi sono tanto infelici
a dispetto di tutti i doni di cui gli fu la natura liberale! Questo
bosco che si prolunga rasente la strada ci parve opportuno per alzarvi
le nostre tende.
Il tempo fu costantemente coperto; di tratto in tratto pioveva, ed il
freddo rendevasi sensibile. Queste circostanze davano al paese
l'apparenza d'un cantone settentrionale della Francia o
dell'Inghilterra, e non sembrava altrimenti una contrada dell'arsa
Affrica.
Alle sei della sera il termometro marcava 10° e l'igrometro 100°, il
cielo cominciava a rischiararsi, ed il vento veniva dall'O. Sarebbe
stata per me cosa assai interessante l'osservazione dell'eclissi d'un
satellite, ma le nubi non me lo permisero.

_Domenica 4._
Queste malaugurate pioggie continuarono tutta la notte e tutto il
giorno; ma non pertanto ci posimo in viaggio alle sette e mezzo del
mattino verso l'O. S. O. declinando alquanto al S. O. Alle due e mezzo
dopo mezzogiorno giugnemmo presso le mura di _Salè_. Per timore di
ritardare il viaggio non volli visitare questa città; e varcato il
fiume, entrammo in Rabat posta sulla riva sinistra.
Il paese presenta da ogni lato vastissime pianure, il di cui terreno è
fermato da un'arena rossa. Partito di buon ora, incontrai un bosco di
lecci più piccoli, ma più fitti che quelli veduti il giorno avanti, fra
i quali eranvi molti mandorli fioriti. Le altre piante non erano così
abbondanti, e le poche che vi si vedevano incominciavano appena a dar
segno di vegetazione. Finalmente a mezzogiorno si sortì dal bosco, ed
allora scopersi una vasta estensione di coste sul grand'Oceano
Atlantico.
Il tempo era malvagio: la pioggia cadeva a torrenti, e soffiava un
gagliardo e continuo vento d'ouest.
La città di Salè mi parve piccola, e tutt'altro che ricca, mentre a
Rabat si vedono alcuni edificj molto ben fatti. Convenne impiegare
un'ora e mezzo nel passaggio del fiume dovendosi scaricare, e caricare i
muli. Venticinque in trenta battelli posti sulle due rive servono al
passaggio: ogni battello vien condotto da un solo uomo provveduto di due
remi. Il fiume può avere trenta tese di larghezza nel luogo in cui si
attraversa, e non è che circa 300 tese lontano dal lido. — Al di sopra
del passaggio eranvi ancorati tre bastimenti musulmani, ed uno francese
di 80 tonnellate.
Appena sbarcato a Rabat feci avvisare il governatore del mio arrivo, il
quale mi spedì subito uno de' suoi ufficiali per complimentarmi, e
dichiararmi esente dal pagamento del pedaggio sul fiume. Fui alloggiato
nell'alcassaba, ossia castello, che ha una sorprendente veduta tanto
dalla banda di terra, che da quella di mare. Poco dopo arrivato in
castello, il governatore mi spedì un'abbondante provvisione di viveri e
di foraggi, ciò che praticò ogni giorno finchè rimasi a Rabat.
I giorni 5 e 6 furono assai belli, onde potei determinare con
osservazioni sicure la posizione di Rabat, a 34° 57′ 30″ di latitudine
settentrionale, e di 8° 57′ 30″ di longitudine meridionale
dall'osservatorio di Parigi.
Rimanemmo cinque giorni a Rabat per ristorarci dai patimenti sofferti
per le pioggie, e per le cattive strade tanto dagli uomini che dalle
bestie. Rendevasi pure necessaria la riparazione delle tende assai
danneggiate, e nuove provvigioni per il viaggio.
Il ricevere e render visite occupò tutto il tempo della mia dimora. Il
visir Sidi Mohamed Salaavi che trovavasi a Rabat mi regalò un bellissimo
hhaïk.
Non altro rimane dell'antico splendore marittimo di questa città che
qualche capitano appena capace di dirigere un grosso bastimento, di modo
che volendo il sultano armare alcuni bastimenti di mediocre portata
difficilmente troverebbe abbastanza uomini per governarli. Ma se le
cognizioni marittime degli abitanti di Rabat devono servire a
ripristinare l'antica pirateria, è desiderabile che non cerchino di
occuparsene.
Le case sono meglio fabbricate, e promettono più che quelle delle altre
città, ma l'interna loro distribuzione è la medesima. Siccome Rabat è
posta sopra un'eminenza, le strade sono ripide, ed incomode. Sembra che
questa città fosse destinata a diventare la capitale del celebre _Jacob
El-Mansour_[18]; e perciò le sue mura guarnite di torri girano un
immenso spazio occupato da bellissimi orti ben irrigati. Colà trovasi il
sepolcro del Sultano Sidi Mohamed, padre dell'attuale Sultano, situato
in una piccola cappella ch'io visitai. Il castello in cui io alloggiavo
è posto all'estremità occidentale della città: nel punto più elevato
avevo un grande terrazzo, di dove lo sguardo vagava sull'immensità dei
mari, sul fiume, e sulla campagna. Sgraziatamente così ridente e
deliziosa vista viene qua e là rattristata da considerabili rovine che
attestano il decadimento della passata prosperità.
[18] _El mansour significa soltanto vittorioso. Gli Europei ne
fecero un nome proprio, ch'essi pronunciano_ Almanzor. (N.
dell'E.)
Nella parte orientale della città vedonsi tuttavia gli avanzi
dell'antica _Schella_, che il sig. Schénier suppone essere stata la
metropoli delle colonie cartaginesi. Leone chiama questa città _Salla_,
e Marol _Mansalla_. Io avvertirò a questo proposito che in vicinanza di
tutte le città verso il quarto di S. E. trovasi un luogo chiamato _El
Emsàlla_ destinato alla preghiera pasquale. Lascio che tutti
interpretino a modo loro questa coincidenza di nomi. Schella è
circondata da altissime mura, ed ai cristiani non è permesso d'entrarvi.
Contiene i sepolcri di alcuni santi; e quello d'El-Mansour è collocato
in una bella moschea assai frequentata. Quand'io vi andai per visitarla,
era così piena di donne, che durai fatica per entrarvi. La scesa della
montagna a piè della quale trovasi il tempio pare veramente fatta per
incanto; vi si vedono molt'acque limpidissime precipitarsi fra roccie
coperte di rose silvestri, d'aranci, di cedri, e di altre piante
aromatiche, che spargono una deliziosa fragranza.
Sortendo dalla moschea feci un giro entro i giardini d'agrumi situati
sulle sponde del fiume, che sono proprio un'immagine del giardino
terrestre. Gli alberi quasi sempre coperti di fiori e di frutti,
spargono un grato odore, ed offrono i più dilicati frutti: gli aranci
sono così fitti, così grandi, così fronzuti che vi si passeggia sotto di
bel mezzogiorno senza vedere il sole, e senza sentirne gli effetti. La
sorpresa che mi fecero i giardini di Rabat fu tale, che io li preposi
per ogni rispetto ai più famosi d'Europa, a fronte dell'estremo lusso
dei cristiani. Dal centro di questi giardini io m'imbarcai per fare un
giro sul fiume entro una scialuppa a molti remi diretta da un capitano
di galea, che me l'aveva fatta preparare.
La città è difesa verso il mare da alcune batterie, ed il suo porto non
è esposto che ai gagliardi venti d'ouest. A Rabat trovansi acqua e
viveri assai buoni, e pane eccellente. Gli abitanti hanno molta
vivacità, ed intelligenza, e sono più speculatori che nelle altre città.
Vi si trovano alcune famiglie che si dicono discendere dagli Spagnuoli
rifuggiati in Affrica a diverse epoche, per sottrarsi alle persecuzioni
de' loro compatriotti. _Sidi Matte Moreno_ appartenente ad una di queste
famiglie è il solo letterato dell'impero che abbia alcune cognizioni
astronomiche, antichissime, gli è vero, ma non pertanto fondate sopra
buoni principj. Il suo eccellente carattere, il suo spirito, me lo
fecero apprezzare assai: onde gli regalai un sestante, un orizzonte, ed
alcune tavole astronomiche, delle quali gliene indicai l'uso.


CAPITOLO XIII.
_Viaggio a Marocco._

Alle dieci ore del mattino di sabbato 10 marzo io sortj da Rabat per
passare a Marocco. La strada era prima a S. S. O., poi a S. O. fino alle
tre ore dopo mezzogiorno, in cui declinò più all'O. S. O. da che ebbimo
attraversato il fiume _Yatkem_. Alle cinque della sera si fece alto
presso ad un _dovar_. Qui la strada asseconda la spiaggia del mare,
sparsa di scogli inaccessibili, e furiosamente battuta dalle onde quando
ancora il tempo è tranquillo.
In questo paese composto di basse colline di roccia calcarea la
vegetazione trovavasi molto avanzata, e tutto il littorale sparso di
bellissimi fiori; onde vi raccolsi varie piante molto interessanti per
arricchire il mio erbolajo.
Il suolo è formato di terra arenosa con poca argilla, e qualche parte
d'ocri. La spiaggia vedesi tutta coperta di frammenti di conchiglie
estremamente piccole, e delle quali malgrado le mie attente ricerche,
non mi riuscì di trovarne una sola intiera.
Eranvi presso al mio campo due grandi rupi assai notabili terminate in
punte acute perpendicolari e formate di strati obbliqui ineguali,
avvicendati di cristalli misti di quarzo, che formano altresì delle vene
ramificate negli strati d'ardesia argillosa: e questa è la prima roccia
d'un aspetto primitivo di tale specie, che io finora abbia trovato in
Affrica.
Cadde un poco di pioggia: alle sei della sera il termometro segnava 15°
e l'igrometro 100°. Il vento era ouest.

_Domenica 11._
Si riprese il cammino alle otto della mattina nella direzione di O. S.
O. Alle nove ed un quarto attraversammo da prima il fiume _Sarrat_, poi
camminando a S. O. a dieci ore il fiume _Busteka_, e finalmente due
altri ruscelli. Ad un'ora ed un quarto dopo mezzogiorno passai per
_Mansourìa_; ed alle tre arrivò la mia carovana sulla sponda del fiume
Infìfe ove fu d'uopo aspettare lungo tempo che la marea fosse abbastanza
bassa per poterlo guadare; mezz'ora dopo averlo passato, si giunse a
Fidàla, ove feci far alto.
Questo paese è ondeggiato a collinette e la strada costeggia il mare. Il
suolo è composto d'uno strato argilloso misto d'arena sopra roccia
d'ardesia, e d'argilla dura.
La vegetazione prosiegue ad essere assai rigogliosa, onde potei
arricchire la mia raccolta di molte magnifiche piante.
Il tempo fu coperto; e si dovettero soffrire forti burrasche con vento
ed acqua. Alle otto e mezzo della sera la pioggia cadeva in abbondanza,
ed il termometro nella mia tenda segnava 14°, l'igrometro 100°.
Mansouria, e Fidàla presentano amendue un quadrato formato da alte mura
con torri: ognuno di questi quadrati può avere 65 tese di fronte da ogni
lato. Nell'interno d'ogni quadrato v'è una moschea, ed alcune case assai
popolate in ragione dello spazio. La moschea di Fidàla è molto bella.
Gli abitanti sembraronmi poveri; tra i quali sono assai numerosi i
Giudei.

_Lunedì 12._
La dirotta pioggia della notte, e di parte del mattino non mi permise di
mettermi in viaggio che ad un'ora dopo mezzogiorno. Presi la direzione
al S. S. O., e poi declinando al S. O. si passò un fiume alle due e
mezzo. Dopo aver attraversate, e fiancheggiate in parte alcune terre
paludose, giunsi verso le sei ore a Darbeïda ove si passò un altro fiume
poco considerabile.
Il paese conserva la medesima natura di quelli attraversati ne'
precedenti giorni. Sono collinette che s'aggirano entro vaste pianure
sparse qua e là di terreni pantanosi. La strada si scosta rare volte dal
mare, la di cui costa è di così difficile abbordaggio, che non vi si
trova che il porto di Darbeïda; e questo ancora molto angusto.
Il terreno d'ordinario è argilloso con qualche mescolanza di arena, e
talvolta tutto arenoso. S'incontrano di quando in quando roccie
calcaree, e qualche traccia d'argilla ardesia e l'arena del mare non è
che una scomposizione più o meno fina di conchiglie.
La vegetazione non presentava veruna novità se non che parvemi alquanto
meno variata, e le palme più numerose che tutte le altre specie
d'alberi.
Il tempo fu abbastanza tranquillo dopo il mezzogiorno; ma in sul far
della sera incominciò una dirotta pioggia, che continuò fino alle nove
ore. Alle otto nella tenda il termometro segnava 14° 8′, e l'igrometro
98°.

_Martedì 13._
La pioggia che continuò tutto il giorno non mi permise di viaggiare. Il
nostro campo era fuori delle mura di Darbeïda presso la spiaggia del
mare.
Malgrado il cattivo tempo potei fare qualche osservazione astronomica, e
trovai la mia longitudine — 9° 50′ 0″ O. dell'osservatorio di Parigi;
la mia latitudine — 33° 37′ 40″ N., e la mia declinazione magnetica —
20° 43′ 30″ O.
Ad un'ora dopo il mezzogiorno il termometro segnava 17°, e l'igrometro
96°. Il vento era O. S. O., il cielo qua e là coperto di nuvole isolate,
l'orizzonte molto carico, ed il mare assai grosso.
Darbeïda è un piccolo villaggio posto entro un vastissimo ricinto di
mura, e povero assai, e piccolissimo il suo porto. Mi fu detto che i
suoi abitanti appartengono alla provincia di Chaovia. Sul piccol fiume
che gli scorre vicino sonovi alcuni mulini.
Il governo rinforzò la mia guardia di quattro soldati.

_Mercoledì 14._
Partj alle sette ore del mattino dirigendomi al sud-ouest. Alle undici e
tre quarti attraversammo un ruscello; ed a mezzogiorno avevamo alla
destra un Capo o punta sul mare. Ad un'ora si entrò in una vasta foresta
di lentischi assai fitti, ed alle due e mezzo si attraversarono molti
pantani che occupavano più d'una mezza lega di terreno, nei quali i
cavalli si sprofondavano talvolta fino al ventre. Finalmente alle cinque
si alzarono le tende presso alle rovine d'una borgata detta _Lela
Rotma_.
Il paese presenta grandi pianure chiuse in lontananza da piccole
colline: ebbi sempre a qualche distanza in vista il mare.
Il terreno viene composto di roccia calcarea, coperta d'uno strato
sottilissimo di terra vegetale argillo-arenosa fertilissima. La
vegetazione offriva le più belle produzioni della natura.
Il tempo fu quasi sempre coperto, e verso sera pioveva dolcemente. Alle
otto e mezzo il termometro marcava 13°, e l'igrometro 100°. Il vento
d'ouest copriva il cielo di grosse nubi.
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