Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 1 - 07

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hai colmati de' tuoi beneficj, di coloro che sono senza corruzione, e
non appartengono al numero degli smarriti. E così sia._
Dopo si recita un capitolo, o alcuni versetti del Corano nella medesima
attitudine.
_Seconda positura._ — Si piega tutta la parte superiore del corpo,
appoggiando le mani sulle ginocchia, e si esclama ad alta voce:
_Grandissimo Iddio!_
_Terza positura._ — Si rialza dicendo:
_Dio ascolta quando lo lodiamo._
_Quarta positura._ — Prostrato, le ginocchia, le mani, il naso e la
fronte a terra, si dice:
_Grandissimo Iddio!_
_Quinta positura._ — Seduto sui talloni colle mani sulle coscie, si
grida:
_Grandissimo Iddio!_
_Sesta positura._ — Prostrandosi come prima si pronuncia:
_Grandissimo Iddio!_
_Settima positura._ — Si alza in piedi senza appoggiare le mani a terra,
se è possibile, e si fa udire l'esclamazione:
_Grandissimo Iddio!_
In tal modo finisce il primo _rikat_, dopo il quale si dà cominciamento
al secondo.
A queste secondo _rikat_, dopo avere eseguite le sei prime positure, la
settima consiste nel sedersi sui talloni come alla quinta ripetendo.
_Grandissimo Iddio!_
Poscia si aggiunge:
_Le vigilie sono per Dio, come pure le preghiere e l'elemosine. Salute e
pace a te, o Profeta di Dio! Che la misericordia del Signore e la sua
benedizione siano sopra di te. Salute e pace a noi, ed a tutti i
servitori di Dio, giusti e virtuosi! Attesto che non v'ha Dio, se non
Dio unico, ed attesto che Maometto è il suo servitore ed il suo
Profeta._
Se la preghiera non deve avere che due _rikat_, si recita nella medesima
positura la seguente addizione dopo la preghiera da noi indicata.
_Ed attesto essere stato lui che chiamò a se Maometto; ed attesto
l'esistenza del Paradiso e quella dell'Inferno, e quella del sirat[13],
e quella della bilancia[14], e quella dell'eterna felicità accordata a
quelli che non ne dubitano, e che davvero Dio li risusciterà dal
sepolcro. O mio Do! dà la tua salute di pace a Maometto, ed alla razza
di Maometto, come tu donasti la tua salute di pace ad Ibraim _(o
Abramo)_; e benedici Maometto, e la razza di Maometto, come hai
benedetto Ibrahim, e la razza di Ibrahim. Le grazie, le lodi, e
l'esaltamento di gloria siano in te, e per te._
[13] _Ponte sull'inferno sottile quanto il filo di una spada. I
giusti lo passeranno colla rapidità del lampo per entrare in
Paradiso, i reprobi caderanno ne' vortici di fuoco._
[14] _L'eterna bilancia sulla quale saranno pesate le buone e le
cattive azioni degli uomini._ (Nota dell'Editore)

CONCLUSIONE O SALUTAZIONE.
Seduto col collo rivolto a diritta, poi a sinistra, si ripete da ogni
lato la salutazione:
_La pace sia con voi!_
Ciò costituisce una perfetta preghiera; ma quando deve avere tre
_rikat_, non si recita l'addizione, e la conclusione che alla fine del
terzo, in tutto somigliante al secondo. Se la preghiera deve avere
quattro _rikat_, alla fine del secondo, e senza l'_addizione_ si
recitano le due ultime come le prime due, aggiungendo l'addizione, e la
conclusione al quarto.
Prima d'incominciare le preghiere canoniche si fa la seguente
_invocazione_:
_Grandissimo Iddio! Dio grandissimo! Attesto non esservi altro Dio,
fuorchè Dio; attesto che il nostro Signore Maometto è il profeta di Dio;
attesto che il nostro Signor Maometto è il profeta di Dio. Venite alla
preghiera; venite nell'asilo, _(o tempio di salute)_ venite nell'asilo.
Grandissimo Iddio! Dio grandissimo! non avvi altro Dio fuorchè Dio!_
Questa convocazione viene così gridata dall'alto delle torri delle
moschee cinque volte al giorno per chiamare i fedeli, o almeno per
annunciare al popolo l'ora della preghiera, che ognuno può fare nel
luogo in cui si trova, ad eccezione di quella del venerdì, che
dev'essere fatta in comune nella moschea. Alla convocazione del mattino
dopo il secondo _aï-a-elefelàh_, si aggiunge:
_La preghiera è migliore del sonno._
_La preghiera è migliore del sonno._
L'uomo incaricato di gridare chiamasi el _Mudden_. Avvi poi un secondo
_Mudden_ nella moschea, che recita o canta la convocazione, ed _Allàhou
aki bàr_ ad ogni posizione del _rikat_, come altresì la conclusione
_Assalàmou salèïkom_.
Dopo cadauna preghiera canonica, si fa uso della corona, e si pronuncia:
Al primo grano
_O Dio Santo!_
Al secondo grano
_Sia data lode a Dio!_
Al terzo grano
_Grandissimo Dio!_
Ed in tal maniera si passano i novantanove grani della corona musulmana.
E siccome nella preghiera canonica il musulmano non deve chiedere a Dio
alcun bene di questa terra; così d'ordinario, dopo avere terminata la
corona, si ha il costume di giungere le mani, indi alzarle
nell'attitudine conveniente all'uomo che riceverebbe alcuna cosa
proveniente dall'alto: allora si domanda in tale atto ciò che si brama,
e dopo avere fatta tale preghiera si passa la mano destra sulla barba
dicendo:
_Dio sia lodato!_
Questa formola termina la preghiera.
Vuole la costumanza che ogni venerdì si vada alla moschea almeno
mezz'ora prima della venuta dell'Imano. Appena entrati si fa una breve
preghiera composta di due _rikats_, poscia si siede, e si seguita a
recitar preghiere a memoria quando però non si preferisca la lettura di
qualche libro santo, e principalmente quello intitolato: _Dalil al
Hhiratz._
Prima d'incominciare la preghiera del venerdì l'Imano fa un sermone al
popolo.
Il _Corano_, oltre la divisione dei souras o capitoli, è diviso in
trenta _hhezb_ o fascicoli; e l'uso consacrò i capitoli dell'ultimo
_hhezb_ per essere più usualmente recitati nelle preghiere canoniche
dopo l'_el-fat-ha_.
Per fare la preghiera è necessario colloccarsi in un luogo puro; e nel
caso che non sianvi stuoje o tappeti, si stende sulla terra il proprio
_hhaïk_, il cappotto o il turbante, per collocarvisi sopra.
Quando molti Musulmani pregano insieme l'uno di loro si pone avanti agli
altri, fa le funzioni d'Imano, e dirige la preghiera affinchè i
movimenti dei _rikat_ siano simultaneamente eseguiti da tutti
gl'individui dell'assemblea: se i fedeli sono moltissimi, si dispongono
dietro l'Imano sopra più file come nella moschea.
Sonovi ancora alcune preghiere addizionali, che tutti i Musulmani
recitano ogni giorno: tali sono l'_el-fegèr_ che deve precedere il
_sebàh_ il mattino; l'_eschefàa_, e l'_uter_ che devono seguire
l'_ascha_ della sera. Del resto il musulmano può dire quante preghiere
egli vuole sia di giorno, sia di notte, fuorchè nell'istante del levarsi
del sole fino al mezzogiorno, e dall'istante dell'_aàssar_ fino al
_mogarèb_, ne' quali tempi non devesi pregare. Queste orazioni sono
meritorie al fedele credente, ma esse non lo dispensano dalle cinque
preghiere canoniche.
Nelle preghiere giornaliere il _fegèr_ è composto di due _rikat_, il
_douhour_ di quattro, l'_aàssar_, dello stesso numero, il _mogarèb_ di
tre, l'_ascha_ di quattro, l'_eschefàa_, e l'_ùter_ di tre.
Il _fàt-ha_, ed il capitolo, o versetti del _Coran_, che lo seguono ne'
due primi _rikat_ si recitano ad alta voce nel _sebàh_ il _mogaréb_
l'_ascha_ l'_eschefàa_, nell'_ùter_, e _douhour_, l'_aàssar_, e le
preghiere addizionali volontarie; si dice ogni cosa sotto voce. Rispetto
alle invocazioni _Allàhou ak bar Sèmeo! allahu_ ecc. e la salutazione
_Assalàmon Aaleikom_ pronunciansi sempre ad alta voce.
Per ultimo sonovi delle preghiere particolari per gli ammalati, pei
morti, pei viaggiatori, per la pioggia, per le ecclissi del sole, e
della luna, pei combattimenti, per le trenta notti del Ramadan, per le
pasque, per la _Kàaba_; poi delle preghiere soddisfattorie, e di
surrerogazione.


CAPITOLO X.
_Elemosina. — Digiuno. — Pellegrinaggio. — Calendario. — Mese
sacro. — Pasque. — Impiegati delle moschee. — Feste. —
Superstizioni._

Dopo la credenza di un solo Dio onnipossente, e la fede nella missione
del suo profeta, come altresì l'obbligazione delle preghiere canoniche,
duopo è osservare il precetto della elemosina: questa legge è
assolutamente obbligatoria per ogni musulmano in istato di osservarla.
Questo precetto comprende la _decima elemosiniera_, l'_elemosina
pasquale_, il _sacrificio pasquale_, le _donazioni o pie fondazioni_, e
le _elemosine eventuali_ di carità.
La _decima elemosiniera_ corrisponde al due e mezzo per cento all'anno
di quanto si possiede, tranne i montoni e le capre che non
contribuiscono che in ragione dell'uno per cento. Deve distribuirsi
quest'elemosina ai poveri; ma si fa generosamente e senza troppo minuto
calcolo, poichè ogni cuore buono alle disgrazie del povero contribuisce
in una più alta porzione che quella fissata dalla legge. Per conto mio
ebbi costantemente l'abitudine di nudrire un certo numero di sventurati
o di storpiati, oltre le accidentali elemosine ch'io facevo, e credo di
aver soddisfatto al mio debito.
Chiamasi _elemosina pasquale_ l'obbligazione imposta ad ogni ricco
musulmano di dare ai poveri il primo giorno del mese _schovàl_, che è la
piccola pasqua; (l'_Eìd seguìr_) una mezza misura di frumento, o di
farina, o un'intera misura d'orzo, o di dattili, prima del sole. I padri
di famiglia e le persone che hanno servitori, devono dare per ogni
individuo della famiglia quanto per se medesimi. È in loro arbitrio il
dare l'elemosina in natura, o in danaro.
Il _sacrificio pasquale_ è quello d'un montone, di un bue, o d'un
cammello, che s'uccide il primo giorno della gran Pasqua (l'_Eìd
quibir_) che ricorre il 10 del mese _Dulhàja_. Questa misura è
applicabile ad ogni musulmano agiato padre di famiglia, o capo di casa.
Dopo aver ucciso l'animale colle proprie mani tra il levar del sole ed
il mezzogiorno, ne mangia una parte arrostita, e dà ai poveri il
rimanente, che dev'essere più di un terzo della bestia. La pelle della
vittima è riservata per gli usi personali del padrone oppure deve darsi
ai poveri. Si fa lo stesso sacrificio in alcune importanti circostanze,
come per guarire da una malattia, quando viene intrapreso un lungo
viaggio, e simili cose.
Le _donazioni o pie fondazioni_, consistono nell'inalzare monumenti di
pubblica utilità, come a dire nello stabilimento d'una moschea, d'una
fontana, d'un ospizio, d'un ospitale, d'una scuola, ec. Quando un
musulmano fa una _fondazione_ o _pia donazione_, egli e la sua posterità
perdono per sempre la proprietà dello stabile, ma per altro può
riservarsi certi godimenti per sè, e suoi successori. Una delle mie
prime cure, quando abbandonai il paese de' Cristiani, fu di meritare la
grazia di Dio con una _pia fondazione_, e feci fare un deposito d'acqua
potabile ad uso della moschea di Tanger che non ne aveva.
Gli ordinarj atti di carità, o le accidentali elemosine che sono
consigliate nelle altre religioni, sono quasi obbligatorie per i
Musulmani. Egli non può mettersi a tavola senza invitare quelli che gli
stanno ai fianchi, qualunque siasi lo stato loro, e la loro credenza;
egli non rimanderà giammai senza qualche soccorso il miserabile che
glielo chiede, s'egli ha mezzo di consolarlo. L'ospitalità verso ogni
uomo che si presenta, qualunque sia il suo culto, è una conseguenza di
questo principio.
Il digiuno nel mese di _Ramadàn_ è il quarto precetto divino. Consiste
nel non mangiare nè bere, nè fumare, nè respirare l'odore degli aromati,
nè quello di un frutto, ed a osservare una perfetta continenza dal
momento del _feger_, crepuscolo avanti il levar del sole fino al
tramontare ne' ventinove o trenta giorni del mese di Ramadan.
Questo digiuno obbliga tutti gli uomini e le donne, ad eccezione degli
ammalati, dei viandanti, delle femmine incinte, o nello stato d'impurità
legale, delle nutrici, dei minatori, dei vecchi deboli, delle persone
alla cui sanità l'astinenza potrebbe pregiudicare, dei pazzi, ecc. E se
si rompe il digiuno per inavvertenza o per distrazione, per causa di
malattia, di viaggio, o per altra legittima causa corre l'obbligo di
soddisfare a questo debito digiunando tanti giorni in altro tempo a sua
scelta: ma se la trasgressione del digiuno di un solo giorno fu
volontaria, e senza legittima causa, devesi per espiare questo delitto
digiunare settantun giorni.
Dal tramontare del sole fino all'ora della preghiera del mattino, si può
mangiare, bevere, fumare e divertirsi quanto si vuole durante la notte;
ma le persone di regolata coscienza impiegano il tempo a recitare
preghiere in casa o nella moschea, a leggere il Corano, a fare altre
opere di carità, ad unirsi in una fraterna ed aggradevole società, ma
sempre circospetta. In questo tempo cessano le nimicizie, si riuniscono
le famiglie, i poveri sono più che in altri tempi soccorsi con
abbondanti elemosine.
Le moschee sono aperte ed illuminate tutta la notte in tempo del
ramadàn, e la folla entra e sorte continuamente; le botteghe sono
aperte, e frequentate dai due sessi; sono pure aperti i caffè, ma
frequentati soltanto dagli uomini. Vi si conserva però sempre quel
carattere di gravità che si distingue il musulmano.
Non bevendo nè mangiando in tutto il giorno, s'aspetta con impazienza
l'ora del _mogareb_, ossia del cader del sole; al primo segnale
dell'_el-mùdden_, o gridatore pubblico posto in cima alla torre, tutte
le persone si pongono in moto, ed all'istante si mangia una specie di
pappa di farina, condita col mele e collo zuccaro, o qualche altro
manicaretto assai nutriente: si fa in seguito la preghiera, e poco dopo
si pranza. Molti mangiano durante la notte tre o quattro volte, io non
prendevo che il tè, e la mattina prima dell'aurora una tazza di pappa, o
un poco di _concoussou_.
Il digiuno del Ramadan è appena sentito dal ricco, perchè egli passa la
giornata dormendo, e la notte si compensa largamente delle privazioni
del giorno; di modo che egli non fa che cambiare l'epoca de' suoi
giornalieri godimenti: ma esso è bene una grave penitenza pel poco
agiato che deve guadagnarsi il vitto col travaglio del giorno, e perciò
non può eludere il rigore del precetto cambiando il suo tenore di
vivere. Questo digiuno del Ramadan viene osservato con tanta precisione,
che un musulmano che lo rompesse volontariamente senza leggittima causa,
e sopra tutto in presenza di testimonj, sarebbe come infedele giudicato
meritevole della pena di morte.
I mesi arabi essendo lunari, ed ogni mese incominciando all'istante che
scuopresi ad occhio nudo la nuova luna i musulmani sono estremamente
attenti ad osservare il cielo; ed hanno in ciò un tatto finissimo ed una
vista estremamente penetrante, di modo che più volte m'indicavano il
luogo in cui vedevano la nuova luna, ch'io non vedevo altrimenti, e che
col soccorso d'un cannocchiale scoprivo in seguito in quel punto preciso
del cielo ch'essi mi avevano indicato. La dichiarazione di due
testimonj, che attestano innanzi al kadi aver veduta la luna, basta per
far proclamare incominciato il mese; e quando le nubi impediscono di
vederla, il compimento di trenta giorni del mese precedente dà luogo al
nuovo mese.
Onde agevolare queste osservazioni, io calcolavo da prima i giorni in
cui le nuove lune potrebbero vedersi, e dava loro questa specie
d'almanacco: l'esattezza de' miei pronostici mi avevano conciliata tutta
la loro confidenza, e vi si conformavano senza scrupolo per incominciare
il Ramadàn e finirlo; di modo che il Sultano ordinò che questa cerimonia
non avesse luogo che dietro la mia indicazione.
Il cominciamento del Ramadàn viene annunciato a Fez con molti colpi di
fucile tirati da un'altura vicina, e col lugubre suono delle trombette
che i pubblici stridatori fanno udire dall'alto di tutte le torri delle
moschee; l'istante del fine dello stesso mese, o il cominciamento della
pasqua, viene pure annunciato con colpi di fucile tirati dai tetti delle
case: infelici coloro che amano la tranquillità, e sopra tutto infelici
gl'infermi! essi sono storditi dal numero delle armi da fuoco, e dal
grido dell'universale tripudio. Malgrado il carattere augusto che la
religione imprime al mese di Ramadàn molti mori del basso popolo,
diventano quasi frenetici. Gli uni si riscaldano il capo colle frequenti
preghiere, e colla lettura continua del _Corano_; altri con quella dei
libri ascetici, o sacri; altri finalmente colla debolezza del loro
stomaco, e colla tristezza che ne è un'inseparabile conseguenza; e tutti
sono scossi dall'orribile e funebre suono delle trombe, che dall'alto
delle torri si fa udire in diverse ore del giorno e della notte: ciò che
cagiona molte contese tra la plebaglia.
Nella notte del 27 avvi continuamente in ogni moschea un ministro, che
senza libro recita il _Corano_ ad alta voce, ed il popolo sta in piedi
ad ascoltarlo. La recita è interpolata da preghiere; e la persona che
recita viene successivamente rilevata da un'altra, talchè allo spuntare
del giorno si viene ad aver recitato tutto il _Corano_. In quella notte
sono illuminate le strade ed i terrazzi; immensa è la folla, e le donne
vanno in truppa per visitare qua e là le moschee, nelle quali
un'infinita quantità di fanciulli d'ogni età, di femmine, di santi
imbecilli, buoni e cattivi, fanno uno spaventoso mormorio; che però non
impedisce la lettura del _Corano_, nè le preghiere.
Tutte le notti del Ramadàn avanti l'aurora vi sono degli uomini delle
moschee, che scorrono le strade con enormi bastoni battendo a replicati
colpi le porte delle case, affinchè gli abitanti si alzino per mangiare
avanti l'ora della preghiera del mattino.
Il pellegrinaggio della Mecca è il quinto precetto divino. Ogni
musulmano deve almeno una volta in sua vita fare personalmente questo
santo viaggio, o darne la commissione ad un pellegrino, che soddisferà
per lui, ed in suo nome a questo sacro dovere, nel caso che egli abbia
legittimi motivi che lo impediscano di farlo.
L'oggetto di tale viaggio è quello di visitare la _Kaàba_, o la casa di
Dio alla Mecca; le colline _Sàffa_ e _Mèrova_ che sono nella stessa
città, ed il monte Aarafat, che trovasi a piccola distanza dalla santa
città. L'epoca di queste cerimonie alla Mecca ricorre tutti gli anni nel
mese _Dulhàja_. Molti pellegrini approfittano della circostanza per
andare anche a Medina per visitarvi il sepolcro del Profeta; ma questo è
un atto di divozione nè ordinato, nè consigliato dalla legge.
Ritorneremo altrove su questo argomento.
L'anno arabo essendo composto di dodici mesi lunari, trovasi undici
giorni più corto dell'anno solare; e per conseguenza il Ramadan e le
pasque fanno il giro dell'anno solare in trentuno o trentadue anni. Ecco
i nomi dei mesi arabi
_Moharràm._
_Safàr._
_Ràbioul-aoval._
_Ràbiou-zéni._
_Diàd._
_Ioumeldà_ (ossia _Ioumà_).
_Arjàb._
_Schabàn._
_Ramadàn._
_Schoval._
_Doulkàada._
_Doulkàja._
I giorni della settimana chiamansi così
_Nahhàr el Khàd_ — primo giorno — Domenica.
_Nahhàr el Zenin_ — secondo giorno — Lunedì.
_Nahhàr el Telàta_ — terzo giorno — Martedì.
_Nahhàr l'Arbàa_ — quarto giorno — Mercoledì.
_Nahhàr el Hhamiz_ — quinto giorno — Giovedì.
_Nahhàr Ioumouà_ — sesto giorno — Venerdì.
_Nahhàr es Sebts_ — settimo giorno — Sabbato.
I giorni di digiuno e le feste dell'anno sono:
Il 1, 2, 3, e dieci di _Moharram_ per il digiuno.
Non avvi nulla nel mese _Safàr_.
Il 12 di _Rabioul-aoual_ si solennizza il _Moulotid_, o la nascita del
Profeta: le feste durano fino al 19: ed a quest'epoca soglionsi per
l'ordinario circoncidere i fanciulli.
Non v'è niente di particolare ne' tre susseguenti mesi.
Il primo giovedì, ed il 27, del mese _d'Arjab_ sono consacrati al
digiuno.
Nel mese di _Schaban_ si passa pregando la notte del 15, e si digiuna il
susseguente giorno.
Si digiuna tutto il mese di _Ramadan_; si fa preghiera la notte, e
particolarmente nelle notti del 27, e del 30 che devono interamente
consumarsi pregando.
La Pasqua chiamata l'_Eïd Seguìr_, piccola Pasqua, è fissata nel primo
giorno del mese di _Schovàl_. In questo giorno deve farsi l'elemosina
pasquale, di cui si è parlato, e si fa la preghiera pasquale
all'_Emsàlla_ di cui si parlerà tra poco. Dopo questo giorno di Pasqua
si digiuna sei giorni scelti ad arbitrio nel corso dello stesso mese.
Niente vi è nel mese _Doulkaada_.
In quello di _Doulhaja_ i musulmani che non vanno alla Mecca digiunano i
primi nove giorni. Il 10 del mese incomincia la Pasqua chiamata l'_Eïd
Kibir_ o grande Pasqua, la quale dura tre giorni; nel primo de' quali si
va subito la mattina a fare la preghiera pasquale all'_Emsalla_, poi
tornato in propria casa si sacrifica un montone in memoria del
sacrificio d'Abramo. Egli è a tale epoca che si fanno le ceremonie del
pellegrinaggio della Mecca.
Questi mesi sono composti di 29 e di 30 giorni, e l'anno non è che di
trecento cinquanta quattro, e per conseguenza il termine dei dodici mesi
si compie undici o dodici giorni prima di quello dei dodici mesi solari.
Risulta che il Ramadan, e le Pasque fanno il giro dell'anno solare, e
non s'incontrano press'a poco nello stesso punto che dopo trentuno o
trentadue anni solari, che compongono un anno lunare di più. Il presente
anno che è il 1218 dell'Egira ha cominciato il 23 aprile del 1803 di
Cristo.
Il digiuno del Ramadan è il solo di divino precetto, gli altri non sono
che una pratica religiosa imitativa.
I musulmani contano nell'anno quattro mesi sacri, duranti i quali non si
deve senz'esserne forzati, fare la guerra, nè privar di vita un uomo.
Sono questi i mesi di _moharram_, d'_arjal_, di _doulkaada_ e di
_doulhaja_.
Per la preghiera Pasquale avvi fuori delle città un luogo a ciò
destinato, che chiamasi _El-Emsàlla_, ove s'aduna tutto il popolo la
mattina del primo giorno d'ogni Pasqua avanti il levare del sole.
Magnifica fu la festa dell'ultima Pasqua celebrata in Fez dal Sultano. I
_paschà_, i _keih_, ed i grandi _cheik_ alla testa di numerosi corpi di
cavalleria vennero da tutte le provincie dell'impero per felicitare il
Sultano, e rimasero quasi tutti accampati fuori della città.
Nel luogo dell'_Esmàlla_, si formò un recinto di forma quadrata, chiuso
da tre lati da una tela di cinque a sei braccia d'altezza, e press'a
poco della lunghezza di circa sessanta piedi da ogni banda, con entro
una tribuna pel predicatore. Noi eravamo entro questo recinto in numero
di circa seicento, e tutta la popolazione di Fez, ed i fedeli venuti
dalle provincie, stavano al di fuori in numero di altre dugento
cinquanta mille persone. All'arrivo del Sultano incominciò la preghiera.
Ogni volta che per i movimenti dei _rikat_ l'Imano ed il _Mudden_
pronunciavano l'esclamazione _Allàhou aki bàr! Dio grandissimo!_ questa
veniva ripetuta da un infinito numero di _Mudden_ sparsi tra la folla
fino ad una grandissima distanza: ed a tale grido si vedevano prostrarsi
innanzi alla divinità dugento cinquanta mille persone aventi il sovrano
alla loro testa, e per tempio l'intera natura: spettacolo veramente
augusto, che non si può vedere senz'essere profondamente commossi.
Dopo la preghiera un _fakih_ del Sultano salì sulla tribuna, pronunciò
un sermone, e la ceremonia si chiuse con una breve preghiera. Il Sultano
sortito dal recinto, montò a cavallo, e tutta la sua corte ne imitò
l'esempio. Dopo aver fatto un passeggio, durante il quale i diversi
corpi delle provincie gli vennero incontro per salutarlo, si ritirò; ed
in allora, ebbero cominciamento le corse dei cavalli, le scaramuccie, i
colpi di fucile, le grida d'allegrezza ohe si prolungarono tre giorni
nella città e nei contorni.
Rimarcabile è la maniera con cui ogni corpo salutava il Sultano. Dopo
essersi disposti in linea si presentavano al Sultano coi loro lunghi
fucili che si tenevano perpendicolarmente davanti colla mano destra, ed
appoggiati sul pomo della sella piegavano il corpo avanti, facendo una
riverenza, e gridando ad alta voce tutte le volte _Allàh jebark òmor
sidina! Dio benedica la vita del nostro Signore!_ Poi ritiravansi per
lasciar luogo agli altri. Il capo di ogni truppa veniva alquanto
innanzi, ed avvicinandosi al Sultano, lo salutava in particolare,
facevasi conoscere, e faceva segno alla sua gente di avanzarsi e di
ritirarsi.
A poca distanza dal Sultano erano molte compagnie della sua guardia a
cavallo con un infinito numero di stendardi, ed una banda di tamburri
rauchi, e di cornamuse assai discordi. Marciavano presso al Sultano i
grandi ufficiali ed alcuni servitori a piedi; e due di questi stavano
sempre ai fianchi del suo cavallo con un fazzoletto di seta in mano per
scacciare le mosche.
Tra i musulmani non trovansi preti propriamente detti. Quelli che
assistono alle moschee non hanno altra marca distintiva che possa farli
conoscere, nè alcun carattere che gli dispensi dalle obbligazioni di
cittadino: hanno mogli, travagliano e pagano le imposte; in una parola,
l'ordine sacerdotale, che negli altri culti forma nello stato una classe
separata, non esiste presso i musulmani. Qui gli uomini sono in ogni
casa eguali in faccia al Creatore; i templi non hanno luoghi riservati,
nè posti privilegiati. La virtù o il vizio sono i soli mezzi che
avvicinano o allontanano l'uomo dalla Divinità.
Gl'impiegati delle moschee sono prima gl'_Imani_, che dirigono la
preghiera, predicano i venerdì, e fanno talvolta la lettura de' libri
sacri; ed in appresso i _Mudden_, che chiamano il popolo dall'alto delle
torri, e che ajutano gl'Imani nella direzione delle preghiere.
Quest'impieghi non imprimono verun carattere in coloro che gli
esercitano; e quindi tosto che hanno terminate le loro funzioni, si
occupano in altri affari come semplici cittadini. Durante l'assenza d'un
Imano dalla moschea, il _Mudden_, o un altro individuo, o qualunque del
popolo si pone alla testa dell'assemblea; dirige la preghiera, e fa le
funzioni di vero Imano.
I musulmani non hanno altre feste in tutto l'anno che quelle della
Pasqua, e della nascita del Profeta. Il venerdì il musulmano lavora come
gli altri giorni della settimana, incominciando la mattina fino ad
un'ora avanti mezzogiorno, in cui abbandona la sua officina, o altre sue
occupazioni per andar a fare le sue abluzioni, e la sua preghiera alla
moschea: torna in appresso al suo travaglio.
Dal fin qui detto si vede che l'_islam_, o la religione di _Maometto_, è
austera. La parola _islamismo_ vuol dire _abbandono di se medesimo a
Dio_; e su questa primaria base è fondato questo culto.
La credenza nella missione di _Noè_, di _Abramo_, di _Mosè_, di _Gesù
Cristo_ e di altri antichi Profeti, è un articolo indispensabile per
l'introduzione all'_islamismo_; di modo che un giudeo non può essere
ammesso al corpo dei fedeli, senza che preventivamente abbia dato prove
della sua credenza nella missione di Gesù Cristo, riconosciuto come lo
spirito di Dio (_Rouh Oullàk_) e figliuolo di una Vergine: lo che viene
attestato dal _Corano_.
I musulmani sono d'opinione che gli evangelj che trovansi tra le mani
de' cristiani siano stati viziati, o corrotti da interpolazioni. Essi
negano la morte di Gesù Cristo, che secondo il _Corano_ salì vivo al
cielo senza subire il supplizio della croce; non ammettono il domma
della Trinità, nè per conseguenza l'unione ipostatica della seconda
persona in Gesù Cristo, e nell'eucaristia.
Sgraziatamente sonosi pure introdotte nell'_islamismo_ varie
superstizioni, che il musulmano filosofo detesta. Le ceremonie esteriori
del culto hanno soverchiato in modo le dottrine fondamentali della
religione, che quando un musulmano faccia ogni giorno il numero della
prostrazioni o dei _rihat_ prescritti dalla legge, non si guarda alla
sua morale, e sarà tenuto buon musulmano; sarà pure inalzato alla
dignità di santo, se eccede il numero delle preghiere e dei digiuni
legali, quantunque la sua condotta sia quella d'un uomo perverso, com'io
ebbi occasione di vederne alcuni esempi.
La venerazione pei sepolcri dei santi ha un utile effetto quando le loro
cappelle sono l'asilo dell'innocenza contro gli attentati del
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