Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 1 - 06

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riguardati quali esseri benefici; ma l'amore del maraviglioso che ha
tanta forza sullo spirito dell'uomo, sostituì ad una cagione vera
assurde favole, che danno lo stesso risultato.
Il governo di Fez ha la stessa forma di quello delle altre città
dell'impero. Il kaïd, ossia governatore, che è il luogotenente del
sovrano, vi esercita il potere esecutivo; il kadi vi amministra la
giustizia; un ministro detto _almotassèr_ determina i prezzi delle
vettovaglie, e giudica gli affari relativi a questo ramo di pubblico
servizio. Il governatore ha pochi soldati ai suoi ordini; ed alle porte
della città ed a quelle di alcune strade non vidi mai guardie, ma
soltanto i portinaj.
Vastissime mura circondano la città; ma essendo antiche assai trovansi
in pessimo stato: circondano, oltre la città, la nuova Fez, e molti ampi
giardini. Sulle due eminenze che stanno all'est ed all'ouest vedonsi due
vecchissimi castelli composti di un semplice quadrato di muraglie di
circa sessanta piedi per ogni lato; e si dice esservi delle strade
coperte che vanno dalla città ai castelli. In occasione di ammutinamento
del popolo vi si collocano cent'uomini con alcuni pezzi di cannone,
meschinissima difesa.
Questa città è provveduta di molte scuole, delle quali le più
ragguardevoli sono quelle delle moschee del _Caroubin_ e di _Muley
Edris_ in una piccola casa e moschea detta _Emdarsa_, o accademia. Il
lettore si figuri un uomo seduto in terra colle gambe incrocicchiate,
che mette spaventose grida, o salmeggia in tuono lugubre: lo circondano
quindici o venti giovanetti seduti in circolo intorno a lui coi loro
libri, o con il calamajo in mano ripetendo quasi simultaneamente al
maestro le acute grida, o la salmodia con una perfettissima dissonanza:
il lettore, com'io dicevo, figurisi questo grottesco quadro, ed avrà una
perfetta idea di tali scuole. Rispetto alle cose che vi s'insegnano,
posso assicurare, che quantunque sotto diversi nomi, non vi s'insegna
che una sola cosa; _la morale e la legislazione_ identificate _col culto
e coi dommi_; o per dir meglio, che tutti gli studi si ristringono al
solo _Corano_, ed agli spositori del medesimo, ad alcune superficiali
regole di grammatica e di dialettica, indispensabile a chi vuol leggere
ed intendere alcun poco il divin testo. Per quanto ho potuto osservare,
i commentatori sogliono d'ordinario affogare in un mare di sottigliezze,
o di pretese dottrine metafisiche i loro ragionamenti, che non intendono
essi medesimi, e nascondendo la loro ignoranza con intralciati
argomenti, quando non sanno più trovar via per uscire dal geneprajo,
chiamano in loro soccorso la predestinazione, e l'assoluta volontà di
Dio.
Questi dotti sono eterni disputatori in _verba magistri_: perchè non
intendendo punto la tesi che hanno presa a difendere, s'appoggiano alla
parola del maestro, o del libro, che citano a dritto ed a rovescio. E
siccome non v'è ragione che possa bilanciare l'autorità del rispettivo
maestro, o la sentenza del proprio libro, così le loro dispute non si
possono in verun modo conciliare.
Molti de' più principali eruditi di Fez venivano frequentemente alla mia
conversazione; e perciò fui più volte testimonio delle nojose, ed
interminabili loro dispute. In vista di che, approfittando della
opinione di cui godeva, li riducevo al silenzio; ma desiderando di
conseguire un maggiore e più utile effetto, risolsi di rendere sospette
le dottrine insegnate dai loro maestri e dai loro libri; ed infatti con
tale preliminare io aprivo a costoro una nuova carriera, la di cui
perfettibilità veniva paralizzata da questa specie di stagnazione
spirituale.
Adottata tale massima entravo frequentemente nelle loro dispute, e
quando con evidentissimi argomenti otteneva di ridurli al silenzio, e
che per rispondermi erano costretti di citarmi la sentenza che
appoggiava la loro opinione; io gli chiedevo: chi scrisse questo? — Un
tale — chi è quest'uomo? — Un uomo come gli altri. — Dietro la vostra
confessione, soggiungevo loro, io non presterò fede ai suoi detti quando
lasci d'essere ragionevole; io l'abbandonerò all'istante ch'egli
s'allontani dalla verità per vendere sofismi.
Riusciva loro così nuova questa maniera di parlare, che le prime volte
rimanevano stupidi ed interdetti, guardandosi vicendevolmente. Dopo
alcun tempo li avvezzai a ragionare (cosa affatto trascurata nella loro
educazione) ed a scordarsi a poco a poco di quelle insulse risposte, di
cui facevano in addietro così frequente uso. Non tardai per altro ad
avvedermi, che questi dottori cadevano in un altro non meno grave
inconveniente, ed era quello di citare nelle loro dispute i miei detti;
mostrando così d'aver cambiato bandiera, ma non il consueto modo di
combattere.
Io andavo loro le mille volte ripetendo, che non dovevano giammai
sostenere una quistione qualunque coll'argomento _lo ha detto Ali Bey_;
ma che dovevano prima d'entrare in disputa spassionatamente esaminare,
se la tale o tale altra opinione poteva essere vera; e che soltanto nel
caso affermativo, era permesso d'entrare in disputa. Finalmente ne
ottenni il desiderato effetto; sicchè posso, senza millanteria
lusingarmi, che questa scintilla di luce produrrà a lungo andare presso
que' popoli una felice rivoluzione nel sistema scientifico.
Essi rispettano la geometria d'_Euclide_, che mi fu presentata in due
grandi volumi in foglio assai corrosi, perchè niuno ha il coraggio di
leggere, meno poi di trascrivere, tranne le prime dodici o quindici
pagine. La cosmogonia è quella del _Corano_ figlia del _Pentateuco_; e
la cosmografia è quella di _Tolomeo_ chiamato _B-tlàïmous_. La scienza
astronomica è circoscritta a pochi principj necessarj per determinare
con astrolabj assai grossolani le ore del sole. Rispetto alle
_matematiche_ essi non conoscono che la soluzione di pochissimi
problemi. Nulla dirò della _geografia_, che non si studia, e della
_fisica aristotelica_ studiata superficialmente. La sola _metafisica_ è
il campo di battaglia in cui si esercitano continuamente, anzi dirò
meglio, dove i dottori consumano tutte le loro forze morali. Presso
questi popoli, che pure hanno qualche nozione dell'_alchimia_, e tra'
quali trovansi alcuni miserabili adepti, non esiste ancora la _chimica_.
La religione ha interamente sbandita _l'anatomia_ in opposizione alla
purità legale, alle idee intorno ai morti, alla separazione dei sessi
ec. Lo studio della _medicina_ si limita a quello di alcuni libri
empirici ignorando quasi perfino l'esistenza de' grandi maestri antichi;
onde la terapeutica è sempre accompagnata da procedure crudeli, e da
pratiche superstiziose. I medesimi ostacoli che impediscono lo studio
dell'anatomia, non permettono pure d'applicarsi alla storia naturale. È
noto a tutti che la legge proscrive le statue e le dipinture d'oggetti
animati; e che la gravità musulmana abbandona alle femmine ed alle
ultime classi del popolo la musica e la danza; e per tal modo si privano
delle belle arti, e delle aggradevoli occupazioni che ne derivano.
Lo studio dell'astronomia confondesi con quello dell'astrologia, e
perciò coloro che osservano il cielo per saper l'ora, o scoprire la
nuova luna, vengono del popolo riputati astrologhi, indovini, che
predicono la sorte futura del re, dell'impero, dei privati. Possedono
varj libri d'astrologia, e coloro che si applicano a questo vano studio
sono assai riputati, e facilmente ottengono le principali cariche di
corte per l'influenza che si crede esercitarsi dall'astrologia sugli
affari pubblici e privati. Siccome avevo dichiarato aperta guerra
all'astrologia ed all'alchimia, incominciavo ad averne alcuni felici
effetti; ed a forza di regionamenti non solo ottenni di abbattere, ma
ancora di convincere alcuni dalla vanità e dell'impostura degli
astrologi e degli alchimisti.
Ma un'occasione clamorosa mi si presentò per convincermi che
l'astronomia era del tutto confusa coll'astrologia, quando il primo
astronomo di Fez mi chiese caldamente di dargli la longitudine e la
latitudine di tutti i pianeti il primo giorno dell'anno, onde formarne
il suo calcolo, e predire se l'anno sarebbe buono o cattivo, ec. Io gli
risposi francamente, non doversi profanare la scienza presso che divina
dell'astronomia coi sogni e colla ciarlataneria dell'astrologia; gli
parlai con estremo disprezzo della divinazione, facendogli sentire che
l'arbitrario incominciamento dell'anno ne' differenti calendarj non
poteva avere il menomo rapporto colla natura; e terminai l'arringa,
dimostrandogli colla ragione, e col _Corano_ medesimo, che l'_esercizio
dell'astrologia è un delitto_: la quale sentenza proclamata da molti
dottori o fakih, mi fece salutare loro fratello.
Siccome questa scena ebbe luogo in presenza di molte persone; ed
altronde non si pubblicò in Fez dagli astronomi l'annuale predizione, in
vece della quale pubblicai io il mio calcolo dei giorni in cui doveano
vedersi le nuove lune; lo che diviene sommamente importante per
conoscere il cominciamento dei mesi arabi, le pasque, e le cinque
preghiere giornaliere, che marcai di cinque in cinque giorni per tutto
l'anno, come pure gli eclissi, ed altri fenomeni, tutte cose non
eseguibili da quegli astronomi; fu questo un colpo di fulmine che
atterrò l'astrologia, e cuoprì di disprezzo i suoi seguaci di modo, che
molti ciarlatani apostatarono, altri più tenaci delle loro opinioni, si
ridussero al silenzio, in aspettazione, senza dubbio, che passi la
burrasca, e che il popolo, che vuol essere ingannato, torni alle antiche
abitudini.
Sonovi nell'imperio alcuni storiografi che scrivono la storia del paese
e della nazione, ignorando perfettamente quella degli altri popoli, ma
le loro opere trovano pochisimi lettori.
Estremo è il decadimento della lingua. Essi non hanno stamperie; e la
somma imperfezione della scrittura procede dal confondere frequentemente
le lettere, i punti, e gli accenti: ecco un ammasso di cause riunite per
distruggere affatto le poche cognizioni scientifiche che ancora
rimangono in quest'impero, talchè gli abitanti non s'intendono spesse
volte tra di loro. Finalmente il disordine è ridotto a tal segno, che
spesse volte una lettera non può intendersi che da quello che la
scrisse. Ciò rende ragione perchè quando il celebre orientalista
Cristiano _Golius_ venne in questo paese, non potè intendere una sola
parola araba, e fu costretto di valersi di un interprete.
Tale imperfezione della lingua e della scrittura gli sforza a legger
sempre cantando, cosa che confonde il senso delle frasi, altronde non
distinte dai segni ortografici, ma soltanto per ritornelli, o cadenze;
dando così tempo al lettore d'intendere la parola scritta, che non
intenderebbe leggendo correntemente. Se vedonsi alcuni leggere con
rapidità il _Corano_, o altro libro, è perchè lo sanno a memoria. Lo
asserisco dopo averne più volte fatta la prova: facendo sospendere la
lettura, il lettore, quantunque avesse il libro sotto gli occhi come se
l'avesse letto, esso non poteva più continuare nè riconoscere sulla
pagina il luogo in cui aveva lasciato di leggere; cosicchè si può dire
che costoro leggono come pappagalli; ad altro non servendo il libro che
tengonsi innanzi agli occhi, che a dar loro un'aria di sapere o
d'importanza. A questo termine sono ridotte le scienze a Fez, città che
può risguardarsi, se mi si permette quest'espressione, come l'Atene
dell'Affrica, per l'infinito numero de' dottori sedicentisi dotti, e per
le scuole frequentate da due mille scolari per volta.
Questa città può avere circa due mille famiglie ebree che abitano nel
sobborgo della nuova Fez. Tale è l'avvilimento, a cui sono ridotti,
tanto il disprezzo del popolo per questa gente, che non è loro permesso
di scendere in città siano uomini siano donne, che a piedi nudi. E nel
loro quartiere, e nella campagna quand'incontrano l'ultimo de' soldati,
o il più miserabile nero della famiglia del re, sono obbligati di
cavarsi le loro pappuzze. A fronte di tanto avvilimento, e dei continui
disgusti che loro proccurano i mori, io vidi in Fez moltissime belle
Giudee riccamente abbigliate, e molti Giudei ugualmente ben addobbati;
lo che non mi accadde di vedere a Tanger: indubitata prova, che non sono
a Fez così poveri come a Tanger. Hanno nel loro quartiere diverse
sinagoghe, un mercato ben provveduto, e tutti sono o mercanti, o
artigiani.
Le fabbriche di Fez somministrano hhaïk di lana, cinture e fazzoletti di
seta o pappuzze di cuoio, _bournou_, pantoffole, berrette rosse, cattiva
tela di lino, eccellenti tappeti, ch'io trovo preferibili a quelli di
Turchia rispetto alla morbidezza, ma inferiori assai per conto del
disegno, cattiva majolica, armi, sellerie, ed altri articoli di rame.
Sonovi ancora molti orefici; ma perchè la legge non permette oro ed
argento negli abiti, e perchè sotto un governo dispotico ognuno teme di
far pompa di soverchio lusso, le arti mancano d'incoraggiamento, e
rimangono molto al di sotto di quelle d'Europa, ad eccezione delle
acconciature de' cuoi, e delle manifatture dei tappeti, e dei _hhaïk_.
Sanno inoltre lavorar bene le cere e le armi.
Sane e saporite sono le vettovaglie di Fez. Il _concoussou_ forma la
base della sussistenza del popolo. Vi si mangia molta carne, e pochisimi
legumi ed erbaggi. Nella carne preferiscono il grasso o il sevo, ch'essi
mangiano avidamente, bevendo tosto grandissimi bicchieri d'acqua, lo che
talvolta è cagione di malattie; ma generalmente parlando essendo il
clima molto sano, vi si gode ottima salute.
Questo paese dà un abbondante raccolto d'una pianta narcotica chiamata
_kiff_. Essendo una pianta della primavera non potei vederla che
disseccata e quasi ridotta in polvere. Per farne uso si pone intiera in
un vaso di terra con molto buttiro, indi si fa bollire per lo spazio di
dodici ore, poi si feltra il buttiro, che serve ad acconciare le
vivande, o si mischia colle confetture, o vien mangiato semplicemente in
pillole. La sua virtù ha tanta energia, che in qualunque modo si prenda
non lascia di produrre il suo effetto: alcuni fumano le foglie di questa
pianta come il tabacco. Mi fu detto che la sua virtù non è altrimenti
quella d'ubbriacare, ma bensì di rallegrare la fantasia con ridenti
immagini. Confesso di non essere mai stato tentato di farne la prova.
Essendomi trattenuto a Fez in tempo d'inverno, non vidi quasi altri
frutti, che aranci e limoni dolci di eccellente qualità. I dattili di
varie sorti provengono dalla banda del mezzodì, da Taffilet. La carne di
montone è migliore di quella di vacca e di bue. I mercati abbondano di
pollami in modo, che se ne può comperare una dozzina con quattro o
cinque franchi; e per lo stesso prezzo si hanno venti libbre di carne.
Quantunque il pane de' fornai sia assai buono, quasi tutti gli abitanti
usano di farlo in casa; onde si vedono per le strade piccoli ragazzi
portare al forno sopra una tavola cinque o sei pani che si danno loro in
ogni casa, e riportarli dopo cucinati a quella cui appartengono.
Universale è il costume di bere il latte agro, ma io non potei
avvezzarmi a tale bevanda.
Durante la mia dimora in Fez il clima fu assai dolce; ma fui assicurato
che nella state vi si soffre un caldo soffocante. Nell'inverno io vi
provai il freddo d'Europa, benchè il termometro di _Reaumur_ non
scendesse mai oltre il quarto grado sotto lo zero; ed il termine medio
del barometro è presso a pocco di 27 pollici. L'abbondanza delle acque
mantiene l'atmosfera in un alto grado d'umidità, e quasi sempre con una
tale abbondanza di vapori, che giungono essi soli ad impedire le
osservazioni astronomiche nelle giornate più serene. Il 13 gennajo si
sentì a Fez quel tremuoto, che cagionò tanta rovina a Motril su la costa
di Spagna, e che fu sensibile anche a Madrid. Incominciò a cinque ore e
trentanove minuti precisi della sera, durò venti secondi, e fece trenta
oscillazioni, assai forti le prime quattro o sei, le successive
abbastanza sensibili: la sua direzione ondulatoria sembrava da levante a
ponente. Io sono di sentimento, che il suo centro fosse sotto lo stretto
di Gibilterra, e si stendesse otto gradi in latitudine al Nord ed al
sud. Molti giorni avanti e dopo questo tremuoto, il barometro, il
termometro, e l'igrometro soffrirono piccolissime variazioni, e
l'atmosfera fu, come al solito, senza apparente cambiamento.
I pesi, le misure, le monete, qui ed in tutto l'impero sono come quelle
descritte all'articolo di Tanger.


CAPITOLO IX.
_Religione. — Storia del profeta. — De' suoi successori._

Gli scrittori di tutte le nazioni hanno parlato della religione
musulmana, e del nostro profeta. Le buone o cattive sorgenti, da cui
ognuno attinse i suoi materiali, ed il passaggio di questi a traverso
de' pregiudizi, delle passioni, dell'entusiasmo, e dirò ancora della
filosofia, hanno più o meno travisati i loro racconti. Se io non
iscrivessi che pei musulmani, sopprimerei questo articolo; ma siccome
nelle mie occupazioni mi sono sempre proposto l'istruzione di tutti gli
uomini, qualunque sia la nazione ed il culto a cui appartengono, ho
creduto necessario, pubblicando la descrizione de' paesi soggetti
all'Islamismo, di risparmiare al lettore l'incomodo di cercare in altri
libri la storia di questa religione e quella del suo legislatore, che si
trasse dietro la quinta parte degli abitanti del globo.
Il grand'uomo _Mouhhammed_ nacque alla Mecca il 10 del mese
_Rabiul-aoüal_ dell'anno 6163 del mondo, secondo la nostra cronologia
musulmana, o dell'anno 578 dalla nascita di Gesù Cristo.
Rimasto orfano in tenera età, fu allevato da uno de' suoi zii. La sua
buona condotta gli guadagnò la stima de' suoi concittadini, e gli
procurò impiego nella casa della ricca vedova _Kadijé_, che, invaghitasi
di così interessante giovane, lo fece bentosto suo sposo.
_Mouhhammed_ commerciava come gli altri Arabi, vale a dire viaggiando
alla testa dei suoi cammelli, e de' suoi domestici. Questo genere di
vita gli diede opportunità di conoscere le varie nazioni che confinavano
col suo paese. Fornito di grandi talenti, e di sicuro giudizio, si
procurò ne' suoi viaggi periodici quelle nozioni, che meditate poi
negl'intervalli di riposo, lo resero capace di concepire grandissimi
disegni.
Il primo foglio del _Kour'ann_ comparve nell'anno quarantesimo della sua
età. Gli fu recato dall'angelo del Signore? L'assicurano i Musulmani; lo
negheranno coloro che professano altre religioni. Fu un concepimento del
suo genio? I fedeli credenti diranno di _nò_; gl'infedeli di _sì_. Ma
non entra nella natura di quest'opera una tale quistione.
Il grand'uomo elevato al rango di profeta non confidò che alle persone
più care le prime sue rivelazioni, e gli credettero sulla sua parola. Le
comunicò in appresso in una adunanza de' principali individui della sua
tribù che era quella dei _Kourèish_, la più illustre della Mecca. La
grazia della fede non fu sventuratamente accordata a tutti, e vi è una
divisione tra i suoi più prossimi parenti.
I _Mekkaovis_, o _Mecchesi_ erano idolatri, onde l'uomo che loro
presentava le sublimi idee d'un Dio unico eterno, immenso, onnipossente,
finalmente una causa unica di un'opera disposta sopra un piano
d'un'ammirabile armonia, quest'uomo doveva necessariamente guadagnarsi
molti partigiani. Ma altronde il tempio della Mecca, detto _Kaàba_, era
pieno di idoli, a cui le vicine nazioni venivano ad arrecare le loro
offerte che naturalmente erano la più ricca e miglior parte del
patrimonio dei _Koureis_ preti o ministri della _Kaiba_, e perciò questi
avevano ragione di temere che la caduta degli idoli non distruggesse il
loro credito e le loro ricchezze. Era dunque questa tribù più d'ogni
altra interessata a conservare l'antico culto, e doveva naturalmente
opporsi a chiunque tentasse di abbatterlo.
Ciò infatti accadde. Il profeta incominciò a predicare la nuova dottrina
pubblicamente, e si fece un infinito numero di proseliti. I _Koureisch_
allora si unirono e giurarono di perderlo. Esposto ad ogni sorta di
persecuzioni, minacciato della vita, il profeta fu costretto di
abbandonare segretamente la patria nella notte in cui doveva essere
assassinato[10]. Sortì della Mecca, accompagnato soltanto da _Abubèkr_,
e da un giovane idolatra chiamato _Abdallà_. Questa celebre notte è il
punto d'onde ha principio l'era dei Musulmani: gli Arabi la domandano
_el hòjera_, ed i cristiani l'_Egira_ cioè la _fuga_. Essa corrisponde
all'anno 631 della nascita di Gesù Cristo.
[10] _Aveva allora cinquantatrè anni._ (N. dell'E.)
Il profeta passò a Medina ove i suoi insegnamenti erano già stati
accolti con entusiasmo e dove lo avevano preceduto i suoi fedeli
discepoli. Colà stabilì la sua dimora, ed incominciò ad appoggiare la
sua missione colla forza delle armi. Bentosto il Dio di Mosè, di Giosuè,
di Carlo IX, d'Innocenzo III, d'Oneal, e di Pizzarro copre colle
protettrici sue ali le imprese di Maometto.
Dopo molti combattimenti il gran Dio degli eserciti sottomise la Mecca
al profeta che vi entrò da vincitore alla testa di dieci mille uomini il
20, venerdì del Ramadan, dell'Egira (22 gennaro 639). Atterrò tutti gli
idoli e le statue che adoravansi in quel tempio, lo purificò dai rottami
di quegli empj simulacri, e restituì la _Kàaba_ all'oggetto della prima
sua istituzione, che è l'adorazione d'un Dio unico ed invisibile.
Padrone della Mecca, il profeta non tardò ad assoggettare al suo dominio
le vicine contrade. Intanto ebbe in diversi tempi celesti rivelazioni, e
le parole di Dio si promulgarono dalla sua bocca, resa sacra
negl'istanti in cui le circostanze richiedevano una divina
dichiarazione. In tal modo s'estese l'_islamismo_ e si consolidò col
potere del profeta fino alla sua morte, accaduta in Medina un lunedì del
mese _Saffar_ l'anno 73 dell'età sua, 641 di Cristo. Il suo corpo fu
seppellito entro una fossa aperta nella di lui casa, e coperto colla
medesima terra senza alcun mausoleo. La casa fu poi convertita in un
tempio.
Siccome il profeta non lasciava figli maschi e non aveva nulla
determinato intorno alla sua successione alla suprema dignità, nacquero
contese tra i fedeli relativamente all'occupazione del trono rimasto
vacante per la sua morte, che s'andarono poi rinnovando qualunque volta
mancava uno de' suoi successori i quali presero il titolo di _hhalipha_
cioè _Califfo_, o luogotenente del profeta. Dopo i primi quattro
califfi, cioè _Abubèhr_, _Omar_, _Othman_, ed _Ali_, che sono i soli
riguardati come veri califfi universali, la dominazione passò
successivamente a diverse dinastie, tra le quali si distinse quella
degli _Abbàssi_ o _Abbassidi_, sceriffi discendenti d'_Aboulàbbas_, zio
del profeta, pel lungo spazio di tempo ch'ella consacrò il trono, e per
la protezione che alcuni dei califfi di questa dinastìa accordarono alle
scienze ed alle arti. Fu sotto il loro regno che l'_islamismo_ si stese
dalle frontiere della China fino allo stretto di Gibilterra con una sì
sorprendente rapidità, che non può essere paragonata alla marcia
d'alcun'altra religione conosciuta.
Malgrado così splendida carriera l'_islamismo_ era interamente lacerato
da scismi che dividevano, ed ancora dividono i suoi settatori. I
Persiani negarono la legittimità dei tre primi califfi, e li
risguardarono come intrusi, non ammettendo a quest'alto favore che il
solo _Ali_ che presso loro passa per il vero califfo successore di
_Maometto_; opinione che cagionò sanguinose guerre, e fece risguardare i
Persiani quali eretici. Una folla di pseudo-profeti sorsero in seguito
ad abbattere colla spada alla mano questo culto sublime, e gli
anticaliffi turbarono la pace de' fedeli. Finalmente l'ambizione de'
guerrieri squarciò in brani quest'impero colossale; molti capi si resero
indipendenti, e scomparve il califfato.
L'Islam secondo El-Haddis è fabbricato sopra cinque fondamenti che sono:
fare la professione della fede _non v'è altro che un Dio, e Maometto è
l'inviato di Dio_; fare la preghiera; dare l'elemosina; digiunare il
ramadan, ed eseguire il pellegrinaggio alla casa di Dio la proibita ai
non Musulmani.
A fronte di tanta semplicità non avvi forse sulla terra altra religione
con tanti espositori e commentatori.
Il culto è diviso[11] in quattro riti ortodossi chiamati il _hhàneffi_,
il _màleki_, il _hhànbeli_ ed il _schàffi_, dal nome dei quattro Imani
loro fondatori. Il primo di questi riti è quello dei Turchi, il secondo
dei Marocchini e degli Arabi occidentali; gli altri due sono seguiti da
varie tribù e nazioni dell'Arabia e dell'Asia. Tali riti si avvicinano
interamente rispetto al domma, e tutta la diversità loro trovasi nelle
cerimonie religiose. Per esempio quando si è alzati per fare la
preghiera, i _hhàneffi_ incrociano le braccia, ed i _màleki_ le tengono
pendenti. Nell'abluzione legale mentre gli uni incominciano dalla punta
delle dita per andare fino al gomito, gli altri cominciano dal gomito
per andare alla punta delle dita.
[11] _Benchè le obbligazioni del culto musulmano siano state
spesso descritte troviamo questa d'_Ali Bey_ così precisa, che
non abbiamo creduto di sopprimerla, tanto più che contiene
alcune notizie sconosciute. Il signor _Ohson_ ne parla più
estesamente nel suo _Quadro dell'Impero Ottomano_; ma egli ne
parla dietro le altrui relazioni, ed _Ali Bey_ dice quello che
ha veduto, _Ohson_ parla de' Turchi, che hanno corrotta la
purità della rivelazione, il nostro autore parla degli Arabi,
che conservano la purità del culto._
Per presentarsi al creatore, e meritarsi i suoi sguardi, pensano i
musulmani che il loro corpo debba essere affatto pulito; ed a tale
effetto furono istituite le abluzioni legali, che consistono nel lavarsi
tre volte di seguito le mani; l'interno della bocca e delle narici, il
volto, le braccia, la testa, l'interno delle orecchie, la nucca ed i
piedi. Sonovi inoltre le abluzioni generali che si fanno lavandosi tutto
il corpo dal capo ai piedi, il venerdì avanti la preghiera del
mezzogiorno, e dopo certi atti quali sono la coabitazione con una donna
ec. Ne' luoghi ove non trovasi acqua può farsi l'abluzione colla terra o
coll'arena; ed in tal modo si eseguisce nel deserto. Si può ancora fare
l'abluzione strofinandosi colle mani dopo averle tenute sopra una
pietra, ed in questa forma fanno le abluzioni i naviganti, perchè si
risguarda l'acqua del mare come immonda ed inutile per quest'oggetto.
Ogni musulmano deve recitare cinque volte al giorno la preghiera: la
prima volta allo spuntare dell'aurora, o quando il sole trovasi diciotto
gradi sotto l'orizzonte, voltandosi a levante; lo che chiamasi
_Es-sebàh_; la seconda dopo mezzogiorno nell'istante in cui l'ombra del
gnomone o d'un bastone posto perpendicolarmente al sole sarà uguale al
quarto della sua lunghezza; e si dice _Ed-douhòur_; la terza quando
l'ombra del bastone, o del gnomone sarà uguale alla sua lunghezza; ed è
l'_El-àssar_; la quarta deve farsi allorchè il sole tramonta affatto; e
le si dà il nome di _El-mogarèb_; finalmente si recita la quinta
nell'istante del crepuscolo della notte, ossia quando il sole trovasi
diciotto gradi sotto l'orizzonte dalla banda d'occidente, ed è
contrassegnata dal vocabolo _El-Aascha_[12].
[12] _Se un musulmano fosse trasportato a Spitzberg, o nella
Groenlandia, ove il sole in certi tempi non sale sull'orizzonte,
in altri non s'asconde mai, come adoprerebbe nel fare la
preghiera?_ (Nota dell'Editore.)
Ogni preghiera canonica è composta dell'invocazione, di molti _rikat_, e
della salutazione. Un _rikat_ si compone di sette posizioni del corpo
con differenti preghiere; eccone la forma col tenore della preghiera:

INVOCAZIONE.
Il corpo diritto, ambo le mani sollevate all'altezza delle orecchie, si
dice:
_Grandissimo Dio!_
Primo Rikat.
_Prima positura._ — In piedi colle braccia e le mani pendenti pei
_malecki_, o le braccia incrocicchiate pei _hhanneffis_; si recita il
primo capitolo del Corano, che è intitolato _El-Fatha_: eccolo
_Sia lode a Dio! Signore del mondo clementissimo, misericordiosissimo,
re del giorno dell'estremo giudizio, noi ti adoriamo, ed imploriamo la
tua assistenza; reggici sul retto cammino, il cammino di coloro che tu
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