Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 1 - 05

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operazione astronomica. Alle tre ore, essendo esposti all'aria libera,
il termometro segnava tredici gradi e sei linee, e l'igrometro 85.

_Domenica 30._
Erano sett'ore ed un quarto allorchè feci movere il campo, dirigendomi
al sud-est, indi al sud-sud est fino alle dieci ore e mezzo, che si
prese la direzione al sud-sud-ouest, ed un altr'ora dopo al sud. Arrivai
ad un'ora dopo mezzogiorno sulla sponda diritta del fiume _Sebou_, che
si attraversò con una barca per accamparsi sulla riva sinistra.
Questo fiume nel luogo in cui io lo varcai è molto grande, e mi si disse
essere formato da due fiumi il _Verga_ che viene dall'est, ed il _Sebou_
dal sud. Al luogo in cui trovasi la barca riceve un altro fiume poco
considerabile chiamato l'_Ardat_.
La larghezza del Sebou mi sembrò di circa cento ottanta piedi: è
profondo e rapido assai. Il suo letto forma una vasta fossa in mezzo a
due coste quasi perpendicolari, alte ventisei piedi sopra il livello
dell'acqua, che corre all'ouest; e le rive sono d'una terra
argilloso-arenosa. Tutt'i fiumi ed i ruscelli attraversati in questo
viaggio hanno i loro letti tagliati nella stessa maniera, e siccome
attraversano il paese da levante a ponente, dalla catena delle montagne
fino al mare, possono riguardarsi come fossero fatti dalla natura per
difesa, renduta ancora più facile dagli angoli assai frequenti delle
rive opposte.
Fino alle undici ore si camminò per un paese montuoso, e finalmente ci
si aperse innanzi un vastissimo orizzonte, ed allora scoprimmo la catena
delle montagne ad otto o nove leghe di distanza all'est. Un'alta
montagna isolata, al di cui piede mi fu detto trovarsi la città di Fez,
non sembravami essere a maggior distanza di dodici leghe al sud-est.
L'orizzonte veniva chiuso all'ouest da una linea di collinette, ed una
vasta pianura occupava lo spazio intermedio. Alle dieci ore costeggiai
alcuni piccoli laghi abbondantissimi di tartarughe.
Il terreno è argilloso nelle montagne ed in qualche parte del piano; il
rimanente arenoso misto di terra calcarea. Alle undici ore ed un quarto
eravamo a fianco d'un picco isolato di pietra calcarea primitiva,
composto di strati quasi verticali. Lo strato di argilla che ricopre il
paese è rotto, e scosceso, come si può vedere negli smottamenti e nei
letti dei fiumi, ed è formato di depositi orizzontali. Io inclino a
credere che questi immensi strati siano prodotti da eruzioni vulcaniche
sotto-marine accadute in remotissimi secoli.
Tutti i terreni argillosi vedonsi interamente coperti di cardi secchi;
come gli arenosi sono sparsi di palme, di lecci, e d'alcune altre
piante; ma in questa stagione non avevano nè fiori, nè frutto.
In questo giorno vidi molti dovar, in uno de' quali festeggiavasi un
matrimonio. Secondo la costumanza di questo paese, lo sposo uscì tutto
coperto da capo ai piedi di una gran tela, ed alcuni Arabi che lo
accompagnavano chiesero alle persone del mio seguito qualche piccola
cosa, compensandoli con una grande quantità di radici secche. È cosa
straordinaria che quest'usanza non produca verun abuso, e conviene darne
merito alla buona fede di questi popoli. Osservavo con piacere
l'innocenza e la semplicità de' costumi dipinte sul loro volto, ed
indicate ancora dai loro abiti.
Si consumarono tre ore nel passaggio del fiume, perchè oltre
l'imbarrazzo dello scaricare, e caricare i muli, non essendovi veruna
tavola per agevolare l'entrata e l'uscita dalla barca, le bestie
adombravansi, ed era duopo farle entrare e sortire a forza di braccia, e
sempre con molta difficoltà. La fatica delle mie genti fu resa ancor
maggiore da una orribile borrosca accompagnata da continui tuoni e da
una dirotta pioggia.
S'alzò il campo presso ad un dovar, il di cui capo mi regalò un montone
molto eccellente orzo e latte.
Il cielo sempre coperto di nubi non mi permise di fare le consuete
dimostrazioni astronomiche. Alle otto ore della sera il termometro, e
l'igrometro posti all'aria aperta, segnavano il primo 12° 5, l'altro
100. La terra e l'aria erano saturati d'acqua.

_Lunedì 31 ottobre._
Ci rimettemmo in cammino alle sett'ore ed un quarto dirigendoci al sud
ouest fino alle undici che si piegò al sud-est, ed in appresso al sud ¼
sud-est, finchè si arrivò ad un'ora e mezzo dopo mezzo giorno sulla riva
destra del fiume _Ordom_, che si costeggiò per qualche tratto.
Attraversammo una piccola montagna, e dopo avere passato due volte il
fiume, feci alzar le tende a quattr'ore e tre quarti della sera.
Da principio il paese presentò vaste pianure chiuse da ogni lato da
piccole colline, scoprendosi di quando in quando sopra quelle a sinistra
le sommità delle montagne dell'est distanti dieci in dodici leghe. Si
seguì per una mezza lega all'incirca la sinistra del _Sebon_ che aveva
sempre la medesima larghezza. Il fiume Ordom, che si costeggiò pure
lungo tratto, è largo e profondo assai; ma guadabile in varj luoghi, non
però senza qualche difficoltà a motivo del suo rapido corso. I suoi
margini sono argillosi, e tagliati quasi a picco come quelli degli altri
fiumi. Attraversando la montagna che occupa la vista dell'orizzonte al
sud, si scopre un vasto paese terminato all'est ed al sud da una seconda
linea di montagne, ed all'ouest da bassi colli.
Il suolo tutto argilloso e fino ad una certa distanza coperto di cardi
secchi, presentava qua e là alcuni tratti calcarei ed arenosi sparsi
d'arboscelli spinosi ugualmente secchi, e pochi tratti di terra lavorata
e seminata. La montagna che noi attraversammo era di una roccia
calcarea, avvicinandosi nel totale al tessuto dell'ardesia con strati
obliqui.
Vidi molti dovar, e feci far alto in vicinanza dell'ultimo. Trovammo
pure lungo la strada alcune cappelle o eremitaggi, ove si fece la
preghiera.
Il giorno era cupo e piovoso, e la notte fu uguale al giorno, ma senza
vento. Alle tre ore all'aria libera il termometro era al 12° 5,
l'igrometro al 34°.

_Martedì primo novembre._
Si partì alle sette ed un quarto prendendo la direzione ora verso il
sud-sud-est ora verso il sud-sud-ouest a motivo dell'ineguaglianza del
terreno, che si forzava a mutare direzione ad ogni istante. Alle otto
ore si attraversò per l'ultima volta il fiume Ordom, che in questo luogo
scorre colla medesima rapidità all'ouest. Alle undici e tre quarti
passai per la paralella di Fez, che ci stava all'est in distanza di sei
o sette leghe; lo che rettificava altre inesatte nozioni che mi erano
state date negli antecedenti giorni. Ad un'ora dopo mezzo giorno si
attraversò un piccolo fiume che scorre all'est, e di là salendo sopra
una vicina altura, ci trovammo sopra Mequinez, che vedevasi
perfettamente distante in retta linea soltanto un quarto di lega.
Essendo finalmente scesi dal monte si passò il fiume di Mequinez e
salito un basso poggio, s'entrò alle due e mezzo della sera in una
cappella vicinissima alla porta della città.
Il paese veduto jeri, e che al primo aspetto pareami una vasta pianura,
lo trovai formato di un laberinto di colline rotonde, e d'un uguale
altezza, tra le quali serpeggiano l'Ordom, ed alcuni altri minori fiumi.
La catena delle montagne all'est mostrava ancora le sue sommità ad una
considerabile distanza.
Piccola è l'altura su cui è fabbricata Mequinez, ed un triplice muro
forma un circuito capace di contenere, oltre la popolazione, una grande
armata. Queste mura hanno quindici piedi di altezza, e tre di spessezza
con alcune aperture di tratto in tratto. La città veduta dall'alto
presenta colle sue torri un'imponente prospettiva: i suoi contorni sono
coperti di ortaglie e di ulivi.
Il cielo era coperto di nubi, e piovve pure a varie riprese. Eranvi
lungo la strada alcuni _dovar_. Aveva fino alle due del mattino spedito
un domestico con una lettera a _Sidi Mohamed Salaovi_ per avvisarlo
della mia venuta, per cui mezza lega fuori di Mequinez trovai un
ufficiale del palazzo, che d'ordine del Sultano veniva ad incontrarmi, e
che dopo avermi fatto riposare nella cappella sopra accennata, mi
accompagnò col mio equipaggio alla casa preparatami.
Appena giuntovi venne a trovarmi il sopr'intendente del tesoro; il
quale, dopo i mutui complimenti, s'informò di tutto quanto poteva
abbisognarmi, avendo ordine di pagare senza eccezione tutte le spese per
me, per la mia famiglia e per le mie bestie. Alle nove della sera _Sidi
Mohamed Salaovi_ mi mandò una magnifica cena.

_Mercoledì 2._
La mattina mi recai a far visita al ministro il quale alle quattro dopo
mezzogiorno mi fece portare a casa uno squisito pranzo. Rimasi quel
giorno in casa, aspettando gli ordini per presentarmi al sovrano. Non
potendo montare sul terrazzo della mia casa, ed appena per l'altezza
delle case contigue potendo dall'inferior parte della mia vedere il
cielo, non feci le consuete osservazioni astronomiche.

_Giovedì 3._
Nulla di nuovo fuorchè l'ordine di presentarmi all'indimani al sultano.

_Venerdì 4._
Vennero a prendermi a mezzogiorno, e fui condotto nella moschea del
palazzo; ove un istante dopo entrò il sultano: perchè era giorno di
venerdì vi fu predica, e la consueta preghiera.
Soddisfatti i doveri della religione, mi presentai al sultano, con cui
ebbi una conferenza assai amichevole. Mi disse che in breve partiva alla
volta di Fez, e soggiunse di parlarne con _Salaovi_.
Dalla moschea andai direttamente a trovar _Salaovi_, che mi pregò
caldamente a chiedergli quanto mi abbisognava per partire all'indomani
alla volta di Fez ove sarei alloggiato e mantenuto in casa di _Muley
Edris_, che è un grandissimo e veneratissimo santo. Perciò, di ritorno
alla mia casa, disposi ogni cosa per la partenza.

_Sabbato 5._
Dietro gli ordini dati da _Salaovi_, mi furono la mattina condotti i
muli necessarj al trasporto del mio equipaggio, e cinque soldati a
cavallo che dovevano unirsi alla mia scorta.
Sortii da Mequinez alle tre del mattino, camminando quasi costantemente
all'E. ¼ N. E., ed all'E. N. E. Alle dieci ore si attraversò il fiume di
Mequinez; a mezzogiorno un ramo dell'Ordom, ed un altro ramo dallo
stesso fiume un'ora dopo. Alle tre finalmente si varcò l'_Emkèz_, fiume
assai ragguardevole, e si entrò in Fez verso le sette della sera.
Il paese attraversato è composto da vaste pianure che all'E. perdonsi
nell'orizzonte; ed è circoscritto al N. da una linea di alte montagne, e
le colline dell'O. vedonsi a grandissima distanza.
Il suolo tutto calcareo-arenoso, qua e là misto di argilla, è tutto
coperto di palme e non vi si vedono coltivati che pochi ulivi dalla
banda di Mequinez. Ad un quarto di lega da questa città trovansi due
_dovar_ presso alle montagne.
Il giorno fu cupo, ed avanti notte si fece oscurissimo: la pioggia ed il
vento gagliardo mi accompagnarono fino all'alloggio che mi era stato
preparato.
Alcune ore prima avevo ordinato a due soldati di precedermi, portando a
Fez l'ordine del ministro onde non si chiudessero le porte della città
prima del mio arrivo; e tanto si fece. — In tal modo si terminò
felicemente il mio primo viaggio nell'Affrica.
Dalle osservazioni ch'io feci risultò, che la caravana da Tanger
percorse press'a poco 2125 tese per ora; ma che da Mequinez a Fez si
faceva una lega nello stesso spazio di tempo.


CAPITOLO VIII.
_Descrizione di Fez. — Governo. — Scienze. — Fabbriche. —
Pianta narcotica. — Viveri. — Clima. — Terremoto._

La città di Fez è posta al grado 34 6′ 3″ di latitudine settentrionale,
ed al 7° 18′ 30″ di longitudine occidentale dell'osservatorio di
Parigi.
Molte osservazioni astronomiche fatte con eccellenti stromenti, benchè
contrariate da un'atmosfera quasi sempre nebbiosa, il di cui termine
medio ebbe l'enunciato risultato, non mi lasciano incerto rispetto alla
loro precisione: ciò che dimostra l'erroneità delle carte
d'_Arrowsmith_, del maggior _Rennel_, di _Delille_, di _Golbewi_ e di
_Chénier_. La casa, in cui ho fatto le mie osservazioni, è posta nel
centro della città.
Fez è fabbricato sul pendio di varie colline che lo circondano da ogni
banda, fuorchè da quella di nord-nord-est. Non è possibile di conoscere
con esattezza la popolazione: si diceva, che attualmente ha cento mille
abitanti, e che ne aveva due cento mille prima della peste.
Oscurissime ne sono le strade non solo a cagione dell'essere anguste in
modo di non ammettere due uomini a cavallo di fronte, ma ancora perchè
le case, che sono altissime, hanno al primo piano delle arcate di
sostegno, il che toglie loro molta luce: inconveniente reso maggiore da
alcune gallerie, o passaggi, che danno superiormente accesso dall'una
all'altra casa: devonsi a ciò aggiungere le muraglie traforate a guisa
d'archi, che di tratto in tratto servono d'appoggio alle case dei due
lati della strada. È questa un'usanza che trovai ugualmente stabilita a
Tetovan e ad Alcassar. Tali arcate chiudonsi in tempo di notte, di modo
che la città trovasi allora divisa in quartieri, che non possono
comunicare gli uni cogli altri.
La sua posizione sopra piani inclinati, ed il declive di quasi tutte le
strade, che non sono selciate, ne rendono il soggiorno disagiato,
specialmente in tempo delle pioggie, duranti le quali non si può
camminare senza imbrattarsi di fango fino al ginocchio. Pure quando non
piove sono abbastanza proprie, perchè gli abitanti non vi lasciano
immondezze; ma disaggradevole ne è sempre la vista, come nelle altre
città dell'Affrica, perchè chiuse entro l'altissime muraglie delle case,
che tutte sembrano minacciare rovina. Molte sono senza finestre, o con
finestre della grandezza d'un foglio di carta ordinaria, e comunemente
chiuse con griglie. Anche le porte sono anguste e meschine.
Dietro questi gran muri trovansi alcune case internamente abbastanza
belle: ma generalmente parlando l'usanza del paese richiede, che un
alloggio abbia un cortile fiancheggiato da colonne e da pilastri che
sostengono le arcate e formano i portici a pian terreno, e ne' piani
superiori. Da questi corritoj si entra nelle attigue camere, che per lo
più non ricevono lume che dalla porta, cui si ha l'avvertenza di dare
una grande apertura. Le camere sono assai lunghe e strette come quelle
di Tanger; il palco fatto di tavole è altissimo, e d'ordinario senza
verun ornamento; ma in alcune case ed i palchi e le porte delle camere e
le arcate del cortile sono ornate dei rabeschi in basso rilievo, coperti
a varj colori, ed anche con oro ed argento. I pavimenti delle camere e
del cortile sono di mattoni, di majolica, e di marmi a varj colori
formanti diversi disegni nelle case de' più ricchi abitanti. Anguste
sono le scale ed i gradini troppo alti. I tetti delle case simili a
quelli di Tanger, sono coperti di terra della spessezza d'un piede;
carico immenso che ruina i muri senza garantirli dalle pioggie, i quali
siccome sono costrutti con cattivo cemento, si sfranano bentosto: onde
poche sono le case che resistano lungo tempo. In fatti vedonsi molte
muraglie con larghe fenditure, o fuor di piombo, e quasi tutte in uno
stato di estremo deperimento.
Infinito è il numero delle moschee di Fez, che da alcuni si portano a
più di dugento. La principale chiamasi _Il Caroubin_; nella quale
contansi più di trecento pilastri, ma la sua costruzione è pesante, e
senza gusto. L'architettura e gli ornati l'avvicinano assai a quella di
Tanger, se non che ha un assai maggior numero d'arcate, molte porte, e
due belle fontane nel cortile. Non pertanto questo grande edificio così
celebre, non può per alcun rispetto pareggiarsi alla cattedrale che vidi
a Cordova in Ispagna, assai più magnifica e grandiosa. Generalmente
parlando tutte le moschee da me vedute nel paese si rassomigliano: tutte
hanno un cortile circondato da un portico, e dalla banda di mezzogiorno
un quadrato o parallelogramo coperto e sostenuto da più ordini di
arcate. In mezzo alla muraglia del fondo, che guarda al sud, o al
sud-est trovasi _El-Mehreb_, ossia la nicchia, in cui si pone _l'Iman_
per dirigere la preghiera; al lato sinistro vedesi la piccola scala, e
la tribuna detta _El-Monbar_ per la predica del venerdì. Tutte queste
cose trovansi pure nella cattedrale di Cordova; lo che prova, a mio
credere, evidentemente essere questo un edificio religioso fabbricato
dai mori, e non già un'opera Romana destinata ad un mercato, come
credono alcuni abitanti di Cordova, probabilmente tratti in tale
opinione dalle colonne di quel tempio, che altra volta appartenevano ad
opere costrutte da quei padroni del mondo. E ciò che viene ad appoggiare
maggiormente la mia asserzione, sono le arcate del parallelogramo
rivolte al cortile di questa chiesa, che sono state modernamente chiuse:
in Affrica le moschee le hanno semplicemente scoperte, come quelle dei
tre altri lati del cortile; e tali erano pure quelle di Cordova prima
che servisse al culto cristiano.
Il _Caroubin_, come tutti i monumenti di tal genere, non ha alcuno
ornamento di pittura, ed il suolo è coperto di stuoje, come nelle altre
moschee. Gl'inservienti custodiscono nella torre tre cattivi orologi a
pendolo per regolare le ore della preghiera; e sonovi sul terrazzo due
piccoli gnomoni o quadranti solari orizzontali per conoscere il punto
del mezzogiorno. Prima del mio arrivo erano talmente disorientati, che
marcavano il punto indicato quattro in cinque minuti prima; insegnai
loro la maniera di rettificarli, ed ebbi il conforto d'udire annunciarsi
la preghiera del mezzogiorno nell'istante conveniente.
Conservasi inoltre nella torre una sfera armillare, ed un globo celeste,
fatti ambedue in Europa da più d'un secolo; e perchè i mussulmani non
sanno adoperarli, questi stromenti sono colà abbandonati all'umidità,
alla polvere, ai topi; di modo che non si possono quasi più vedere, non
che leggere o conoscere i caratteri e le figure. Un'altra sala contiene
una raccolta di libri egualmente trascurata, ed esposta agli stessi
infortunj. Non ho mancato di fare le più diligenti indagini per scoprire
il famoso codice delle storie di _Tito Livio_ compiute, che supponevasi
essere in questo luogo, ma tutte le mie ricerche tornarono vane, e niuno
di coloro che io interpellai su tale oggetto, sapeva che avesse mai
esistito in questa libreria. Avrei per altro spinte più avanti le mie
ricerche, se avessi potuto farlo senza rendermi sospetto, e dar luogo a
svantaggiose prevenzioni contro di me.
La moschea di Fez ha una cosa singolare, una camera chiusa destinata
alle donne che vogliono intervenire alla preghiera pubblica. Niun'altra
moschea, ch'io sappia, ne è provveduta, perciocchè avendo il nostro
santo Profeta escluse le femmine dal paradiso, i musulmani
ragionevolmente le hanno pure dispensate dall'obbligo d'intervenire alla
pubblica preghiera.
Avvi pure un'altra nuova moschea terminata dall'attuale Sultano _Muley
Solimano_, fatta con maggiore eleganza che le altre, avendo le arcate
più svelte, ed i pilastri proporzionati, comecchè rispetto alla forma
non differisca dalle altre.
La sola moschea di Fez affatto diversa dalle altre, ad in pari tempo la
più frequentata, è quella dedicata al Sultano _Muley Edris_ fondatore di
Fez, e per conseguenza venerato come un santo. Le sue ceneri riposano in
questo santuario, entro un mausoleo posto alla diritta della nicchia
dell'Imam, e coperto d'una tela screziata a varj colori resa succida
dalla devozione degli adoratori. Molte lumiere di vetro e di cristallo
sono sospese nell'interno della sala quadrata, che questa moschea ha sul
davanti invece del portico coperto. Ai due lati del sepolcro vedonsi due
grandi coffani per ricevere le offerte pecuniarie, che per la grazia di
Dio moltiplicandosi dai fedeli, fruttano assai più che le miniere
scavate dai cristiani.
La torre, comecchè non lo sembri, per essere situata in luogo basso, è
la più alta di Fez. Presso alla torre trovasi una gentile abitazione
formata di varie camere, di dove la vista si perde in un estesissimo
orizzonte. In una delle camere conservansi molti orologi a pendolo, due
de' quali bellissimi. Ritengasi che questi sono fatti in Europa, giacchè
in Affrica, non solo non se ne fanno, ma neppure si sa raccomodarli, o
nettarli. Mi fu mostrato un vecchio orologio assai guasto, che si diceva
fatto da un moro; ma non tardai a convincermi della falsità di tale
asserzione.
Questo santuario è facilmente il più rispettato asilo dell'impero,
poichè il maggior delinquente, fosse anche reo di lesa maestà e di alto
tradimento, può rimanervi tranquillo, che niuno oserebbe arrestarlo.
Le altre moschee sono piccole e meschine, tranne quella che ritrovasi
nel palazzo del Sultano. Questo palazzo è composto di un grande numero
di cortili, alcuni non terminati che per metà, altri mezzo rovinati, i
quali servono d'ingresso agli appartamenti da me non veduti. Anche nel
primo cortile trovansi guardie e porte chiuse, che vengono aperte
soltanto agl'impiegati, ai domestici della casa, o alle persone
particolarmente privilegiate.
Nel terzo cortile trovasi una casuccia di legno, somigliante a quella
dei gabellieri in Europa, e vi si sale per quattro scaglioni. In sul
davanti è coperta da una tela dipinta, ed il suolo da un tappeto. In
faccia alla porta vedesi un letto con cortine; da un lato un soffà, e
dall'altra un piccolo matterasso.
Questo gabinetto non ha più di quindici piedi quadrati; ed è il luogo in
cui il Sultano, seduto sul soffà o steso sul letto, riceve le persone
che hanno ottenuta la grazia d'essergli presentate, e che non
s'avvanzano mai al di là della porta. Entranvi soltanto i favoriti, e
siedono sul matterasso; parziale distinzione a me sempre accordata.
Nello stesso cortile trovasi una cappella, o piccola moschea dove il
Sultano fa la sua preghiera giornaliera, fuorchè il venerdì, in cui
recasi alla grande moschea del palazzo, che viene aperta al pubblico per
mezzo di una porta che comunica colla strada.
Nel cortile trovasi la camera del ministro. È questa collocata in luogo
basso ed umido a canto d'una piccola scala e può avere cinque piedi di
larghezza, e sei di lunghezza; le pareti sono affatto annerite; e non
sonovi altri mobili fuorchè un vecchio tappeto che copre il suolo.
D'ordinario il ministro si sta accovacciato in un angolo di questo
miserabile camerino con un calamajo di corno a lato, poche carte entro
un fazzoletto di seta, ed un piccolo libro per annotarvi le cose di
maggiore importanza. Quando sorte chiude il suo calamajo, avvolge nel
fazzoletto le carte ed il libro, che si pone sotto il braccio, e porta
seco, partendo, tutti i suoi archivj.
Il palazzo è situato sopra un'eminenza in un quartiere del sobborgo, che
chiamasi la _nuova Fez_. I Giudei sono costretti di abitare in questo
istesso quartiere, ove vengono chiusi in tempo di notte.
Del rimanente Fez non ha altri distinti edifici; perciocchè anche le
case di _Muley Abdsulem_ e di altri principali personaggi niente hanno
al di fuori che le distingua da quelle del popolo, nè l'interno è troppo
migliore, ove se ne eccettui il giardino. Il Sultano ha il suo presso al
palazzo, il quale non è che un orto regolare con alcuni alberi, e
qualche edificio che ne formano il principale ornamento.
Il fiume di Fez attraversa il palazzo, indi entrando nella città
dividesi in due rami, dai quali derivasi l'acqua nelle moschee e nelle
case; cosicchè quasi non trovasi casa che non abbia una fontana, e due
ed anche più tutti i pubblici edificj. Sonovi nell'interno della città
varj mulini ad acqua.
Se si dovesse calcolare la popolazione dalle botteghe si darebbero a Fez
più di trecento mila abitanti. Ma conviene riflettere che questa
quantità di botteghe forma una specie di fiera continua, ove gli
abitanti de' vicini paesi, divisi in piccoli villaggi senza botteghe ed
officine di alcuna sorte, devono prendere giornalmente tutto ciò che
loro abbisogna.
Numerosi assai sono i mercati di vettovaglia, ed abbondanti di ogni
prodotto del suolo, come quelli d'Europa. Vi ti trovano pure molte
botteghe ove si vendono vivande e manicaretti preparati, e locande come
nelle grandi città europee.
Le arti, i mestieri, e le varie specie d'oggetti venali sono divisi per
classi in separate contrade, onde se ne trovano molte in cui non vi sono
che persone occupate della medesima professione; alcune sono piene di
botteghe di drapperie, di seterie, di manifatture d'oltre mare, formando
ciò che chiamasi _El-Caïsseria_. E quest'ultimo luogo trovasi
abbondantemente provveduto di tutte le produzioni europee, di quelle del
levante e dell'interno dell'Affrica.
_El-Caïsseria_, siccome diversi altri luoghi pieni di botteghe, ha un
coperto di legno costrutto in modo che forma degli arabeschi, con
apertura o finestre di varie forme. Generalmente queste strade sono
tenute con molta politezza, quantunque siavi ogni giorno la gente
affollata come in una fiera; e si potrebbero in qualche modo paragonare
alle gallerie del palazzo reale di Parigi: vi s'incontrano ancora alcune
belle musulmane, quantunque sempre avviluppate in quei loro misteriosi
_hhaïke_, che per altro sanno opportunamente aprire.
Fez abbonda di bagni pubblici, alcuni de' quali composti di molte camere
gradatamente più calde le une delle altre; onde ognuno rimane in quella
che più gli conviene. In tutte queste sale trovansi vasche in cui scende
continuamente dalle caldaje poste al di dietro l'acqua calda, come pure
varie qualità di vasi per bagnarsi e fare le abluzioni legali. Ho di già
osservato altrove, che quando entrasi in queste sale tutto il corpo
copresi d'una sottil rugiada, per essere la loro atmosfera saturata
affatto dei vapori dell'acqua calda.
Avendo portato il termometro nell'ultima sala al migliore de' bagni
pubblici, e per conseguenza nella più calda, segnò il trentesimo grado
di Reaumur; in due sale meno rimote, ov'io mi spogliavo, ventidue gradi;
all'aria aperta nove. Nella sala esteriore avvi una fontana che getta un
grosso filo d'acqua in una vaghissima vasca di marmo. Tutte le sale sono
fatte a volta e senza finestre, e ricevono la luce da alcuni fori
praticati nella volta, e chiusi con vetri. Il suolo è lastricato di
marmi a varj colori, ed in ogni sala, riscaldata al di sotto, sonovi
diversi piccoli gabinetti per coloro che amano di rimaner soli, e farvi
le abluzioni. I bagni sono aperti tutto il giorno, e gli uomini vi vanno
la mattina, le donne dopo il mezzogiorno. Io v'andavo ordinariamente la
notte, prendendo per me tutta la casa dei bagni, onde non vi fossero
altri forestieri, ma soltanto gli amici che conducevo meco, e due miei
domestici. La prima volta che vi andai, avendo osservato ch'eranvi dei
secchi d'acqua calda simmetricamente disposti negli angoli d'ogni sala,
e d'ogni gabinetto, chiesi a qual uso servivano: non toccateli, signore,
non toccateli, mi risposero premurosamente le persone del bagno —
perchè? — Queste acque sono destinate per quelli di sotto — chi sono
questi di sotto? — I demonj che vengono a bagnarsi la notte. E qui
cominciarono a contarmi mille scioccherie su quest'argomento; ma perchè
già da qualche tempo ho dichiarato guerra ai diavoli dell'inferno, ed ai
loro _luogotenenti_ sulla terra, ebbi la soddisfazione d'impiegare nel
mio bagno l'acqua di alcuni di questi secchi, togliendo ai poveri
diavoli parte della loro provvisione.
Fez possiede un ricchissimo spedale unicamente destinato alla cura dei
pazzi. Ma ciò che v'ha di più singolare si è, che una gran parte delle
entrate fu per testamento lasciata allo spedale da persone caritatevoli
per _assistere, medicare e mantenere le grù e le cigogne ammalate_ —
Credesi che le cigogne siano uomini di certe lontanissime isole, che in
alcune stagioni dell'anno prendono la figura d'uccello per venire a Fez,
e che all'epoca conveniente tornano al loro paese, ove riprendono la
deposta forma di uomo. Dietro tale opinione è creduto colpevole
d'omicidio colui che uccide uno di questi uccelli, e si fanno a questo
proposito mille strani racconti. Utile senza dubbio è il rispetto che si
porta a questi uccelli distruggitori de' rettili, così abbondanti ne'
climi caldi, e perciò la saviezza de' nostri antenati volle che fossero
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