Vecchie storie d'amore - 7
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.... L’indagine psicologica, l’osservazione e lo studio del fenomeno
spirituale, l’analisi del sentimento sono la caratteristica della nostra
età e il tormento nostro. Questa curiosità pretensiosa di conoscere noi
stessi sembra penetrare dalla scienza nella vita comune e divenire
abitudine e sollazzo dello spirito. Il cronista narra della ragazza che
s’è avvelenata e riferisce i particolari piú minuti del fatto; ma non ci
bastano essi, e vorremmo sapere quale successione di pensieri dolorosi o
folli, quale aberrazione di sentimento ed esagerazione di passione
erotica, quale cumulo di avverse circostanze esteriori e che influenza
di contorno ha condotto quella femminetta al proposito insano.
Né ci sbigottisce e rattiene la profanazione dell’idealità; anzi ci
sembra d’innalzare noi stessi abbassando i grandi uomini a noi se
possiamo apprenderne a rilevarne i difetti o le colpe. E non la sola
vaghezza dell’ignoto, ma l’avidità di conoscere in che guisa vivevano e
come sentivano i nostri avi induce gli studiosi a violare per gli
archivi i segreti del tempo e della morte e innamora le persone severe e
cólte alla storia dei costumi. Però l’efficacia della critica storica è
tanta che non si capirebbe senza avvertire questa ragione remota della
sua necessità.
Ma l’arte quando esagera le tendenze dell’età sua si pervertisce sempre
e pervertisce e stanca: onde l’uggia del romanzo psicologico decaduto a
una specie di psicologia romanzesca; onde il rimprovero che si muove
pure ai poeti di ricercar troppo e con morboso compiacimento le
sensazioni insolite, le esagerazioni sentimentali, le infermità
psichiche nella passione umana; e quindi anche il desiderio che l’arte
si ritempri ai modi degli artisti sani e validi, e, pur rinnovandosi,
anzi per rinnovarsi meglio, si rifaccia espressione schietta e forte del
sentire e della vita.
Del qual desiderio tenuto conto, e, d’altra parte, tenendo conto della
fortuna che seconda gli studi intorno il costume antico, non sarebbe
meraviglia se a qualche scrittore venisse l’idea di rinnovare, con
invenzione sua, il racconto del fatto antico.... Ma qual norma dovrebbe
seguire questo raccontatore di novelle che ritraessero costumi e vita
d’altri tempi e la passione di tutti i tempi?
Per me, una delle due:
O la maniera arcaica, cosí nello stile come nello sviluppo del racconto
(prova d’arte riflessa, a diletto di pochi dotti: già sfoggio in Balzac
di maestria e di meravigliosa potenza stilistica e fantastica, e, da
noi, esercizio, affettazione di bello stile nel Cesari, nel Colombo,
nello Zambrini, nel Livaditi, in altri, e, non è molto, grazioso
capriccio di Ugo Fleres);
o (per prova d’arte spontanea, a diletto di tutti) la maniera moderna:
cioè, nulla d’arcaico nel racconto, se non, intimamente, quanto bisogna
a non offendere la rappresentazione, la verità, la visione dell’antico e
la realtà della storia: dunque profittare d’ogni mezzo che noi abbiamo
imparato e conserviamo dell’arte vecchia perché nuovo in eterno;
colorire modernamente la forma, per quanto è possibile e conviene, e
anche improntare il racconto di quell’osservazione e spiegazione
psicologica da cui oggi acquista verosimiglianza e allettamento lo
sviluppo della passione. Soltanto un’impronta, s’intende; e a ciò si
pretenderebbe un senso delicatissimo di temperanza fra il vecchio e
quello che può rimanere moderno....
Ma rifarsi all’arte ingenua e primitiva dei trecentisti, del Sacchetti,
per esempio, adattando a quella loro bella semplicità il moderno stile
semplificato, non credo si possa senza offendere il precetto oraziano,
l’immutabile precetto del _cor sincerum_.... Nessun grande artista si
sottrasse mai del tutto al suo tempo, pur quando ne avversò i gusti e ne
avvisò gli errori, e in arte non si saltano impunemente quattro o cinque
secoli....
A. A. (Da un articolo del _Fanfulla_
_domenicale_ n.o 8, an. XVII).
_Finito di stampare_
_il dí 25 Febbraio MDCCCXCV_
_nella tipografia della ditta Nicola Zanichelli_
_in Bologna._
————
spirituale, l’analisi del sentimento sono la caratteristica della nostra
età e il tormento nostro. Questa curiosità pretensiosa di conoscere noi
stessi sembra penetrare dalla scienza nella vita comune e divenire
abitudine e sollazzo dello spirito. Il cronista narra della ragazza che
s’è avvelenata e riferisce i particolari piú minuti del fatto; ma non ci
bastano essi, e vorremmo sapere quale successione di pensieri dolorosi o
folli, quale aberrazione di sentimento ed esagerazione di passione
erotica, quale cumulo di avverse circostanze esteriori e che influenza
di contorno ha condotto quella femminetta al proposito insano.
Né ci sbigottisce e rattiene la profanazione dell’idealità; anzi ci
sembra d’innalzare noi stessi abbassando i grandi uomini a noi se
possiamo apprenderne a rilevarne i difetti o le colpe. E non la sola
vaghezza dell’ignoto, ma l’avidità di conoscere in che guisa vivevano e
come sentivano i nostri avi induce gli studiosi a violare per gli
archivi i segreti del tempo e della morte e innamora le persone severe e
cólte alla storia dei costumi. Però l’efficacia della critica storica è
tanta che non si capirebbe senza avvertire questa ragione remota della
sua necessità.
Ma l’arte quando esagera le tendenze dell’età sua si pervertisce sempre
e pervertisce e stanca: onde l’uggia del romanzo psicologico decaduto a
una specie di psicologia romanzesca; onde il rimprovero che si muove
pure ai poeti di ricercar troppo e con morboso compiacimento le
sensazioni insolite, le esagerazioni sentimentali, le infermità
psichiche nella passione umana; e quindi anche il desiderio che l’arte
si ritempri ai modi degli artisti sani e validi, e, pur rinnovandosi,
anzi per rinnovarsi meglio, si rifaccia espressione schietta e forte del
sentire e della vita.
Del qual desiderio tenuto conto, e, d’altra parte, tenendo conto della
fortuna che seconda gli studi intorno il costume antico, non sarebbe
meraviglia se a qualche scrittore venisse l’idea di rinnovare, con
invenzione sua, il racconto del fatto antico.... Ma qual norma dovrebbe
seguire questo raccontatore di novelle che ritraessero costumi e vita
d’altri tempi e la passione di tutti i tempi?
Per me, una delle due:
O la maniera arcaica, cosí nello stile come nello sviluppo del racconto
(prova d’arte riflessa, a diletto di pochi dotti: già sfoggio in Balzac
di maestria e di meravigliosa potenza stilistica e fantastica, e, da
noi, esercizio, affettazione di bello stile nel Cesari, nel Colombo,
nello Zambrini, nel Livaditi, in altri, e, non è molto, grazioso
capriccio di Ugo Fleres);
o (per prova d’arte spontanea, a diletto di tutti) la maniera moderna:
cioè, nulla d’arcaico nel racconto, se non, intimamente, quanto bisogna
a non offendere la rappresentazione, la verità, la visione dell’antico e
la realtà della storia: dunque profittare d’ogni mezzo che noi abbiamo
imparato e conserviamo dell’arte vecchia perché nuovo in eterno;
colorire modernamente la forma, per quanto è possibile e conviene, e
anche improntare il racconto di quell’osservazione e spiegazione
psicologica da cui oggi acquista verosimiglianza e allettamento lo
sviluppo della passione. Soltanto un’impronta, s’intende; e a ciò si
pretenderebbe un senso delicatissimo di temperanza fra il vecchio e
quello che può rimanere moderno....
Ma rifarsi all’arte ingenua e primitiva dei trecentisti, del Sacchetti,
per esempio, adattando a quella loro bella semplicità il moderno stile
semplificato, non credo si possa senza offendere il precetto oraziano,
l’immutabile precetto del _cor sincerum_.... Nessun grande artista si
sottrasse mai del tutto al suo tempo, pur quando ne avversò i gusti e ne
avvisò gli errori, e in arte non si saltano impunemente quattro o cinque
secoli....
A. A. (Da un articolo del _Fanfulla_
_domenicale_ n.o 8, an. XVII).
_Finito di stampare_
_il dí 25 Febbraio MDCCCXCV_
_nella tipografia della ditta Nicola Zanichelli_
_in Bologna._
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