Una Donna - 14

Total number of words is 2962
Total number of unique words is 1222
38.8 of words are in the 2000 most common words
51.1 of words are in the 5000 most common words
58.3 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
per essere defraudata di tutto quanto fosse mio, i miei beni, il mio
lavoro, mio figlio!
Giorni di tensione spaventevole, in cui, pur non osando ancora
appigliarmi all’unica risoluzione, concentravo tutte le mie forze. Oh,
non per difendermi dalla rabbia del mio aguzzino, ma per domare il mio
spasimo materno al pensiero orrendo di poter esser priva di tutto il
sorriso della mia vita! In alcune ore non sentivo in me neppure più
alcun impulso, nè di rivolta, nè di rassegnazione. Soltanto, ad ogni
tratto, poche parole: «Tu non ami e non sei amata: siete due estranei.
Non c’è che un dovere».
Poi: «Tu l’hai visto questo dovere».
E ancora: «O adesso o mai più».
Era una voce implacabile. A Roma, un anno avanti, la fugace ribellione
era stata più che altro un impeto istintivo, che aveva sorpreso
me stessa. Ma adesso, dopo l’annata di tormentosa e inflessibile
meditazione, dopo la visione raccapricciante dell’abisso, era un
comando cui dovevo obbedire, o morire.
Il caso, il destino, forse l’oscura logica delle cose aveva voluto che,
finalmente, io fossi costretta a mostrare all’uomo di cui ero schiava
tutto il mio orrore per il suo abbraccio. Dopo dieci anni. Miseria!
Lo strappo furibondo alla catena non era avvenuto nelle lunghe ore in
cui essa mi dilaniava l’anima: la carne era stata più ribelle, aveva
urlato, s’era svincolata; ad essa dovevo la mia liberazione.
Partire, partire per sempre. Non ricadere mai più nella menzogna. Per
mio figlio più ancora che per me! Soffrire tutto, la sua lontananza,
il suo oblìo, morire, ma non provar mai il disgusto di me stessa, non
mentire al fanciullo, crescendolo, io, nel rispetto del mio disonore!
Mio figlio.... Ma come poteva l’innocente venir condannato? Come poteva
la legge volere, che il povero bimbo rimanesse legato al padre, che
fosse impedito a me di proteggerlo, di educarlo, di sviluppare in lui
tutto ciò di cui avevo già formato la sua sostanza?
Questo era l’atroce dilemma. Se io partivo, egli sarebbe stato orfano,
poichè certo mi verrebbe strappato. Se restavo? un esempio avvilente,
per tutta la vita: sarebbe cresciuto anche lui tra il delitto e la
pazzia.
Mi veniva accanto, il bimbo, m’accarezzava le tempie su cui
principiavano alcuni capelli ad incanutire.... Ed il grido del mio
sangue trionfava per qualche momento: era mia quella creatura, io la
volevo contro tutto; volevo serbarmi i suoi baci a costo della sua e
della mia salvezza; non potevo, non potevo pensare ch’egli si sarebbe
sviluppato, trasformato, senza che i miei occhi si confortassero del
suo fiorire, e che la sua puerizia, la sua gioventù avrebbero sorriso
ad altri e mai più a me, forse!...
Una volta gli chiesi: «Piuttosto che restar qui solo col papà, andresti
in collegio?»
Io stessa non avevo mai accolta l’idea della reclusione per la
creaturina.... Ma quando bisognasse scegliere?...
Il poverino disse di sì col capo.... Impallidiva spesso, nel corso
della giornata, al suono della mia voce. M’interrogava: «Che cosa ti
scrive il nonno? Mi lascerà venire con te il papà a Milano?» Dubitava
anch’egli, ora. Ma quando mi vedeva uscire smarrita dalle dispute col
padre, o mi sorprendeva con lo sguardo fisso nel vuoto, dimenticava la
pena sua per farmi coraggio, per dirmi che lui mi voleva tanto bene,
che per lui sarei sempre esistita io sola, sempre, sempre....
«Mi ricorderai sempre, vero? Se morissi, se dovessi lasciarti....»
«Sì.»
Non era assente l’anima sua mentre affermava di sì, tra le lagrime: non
cercava in un misterioso labirinto il motivo del nostro dramma. Faceva
a sè stesso una promessa che, sepolta, un giorno risorgerebbe e lo
illuminerebbe.
* * * * *
Quanto tempo in tale alternativa di lotta e di accasciamento? Due
settimane, forse. In paese qualcosa era trapelato; indovinai che si
credeva ch’io mi ribellassi per la malattia del marito, la quale pure
era conosciuta e commentata. Era venuta la madre di lui, piangendo:
«Povera donna, non sapete quante altre sono nel caso vostro.... La
tale, la tale altra....» E mia cognata: «Eh, si sa, debolezze. Fu
quand’era soldato....» Ella appunto trattenne una sera il braccio del
fratello in preda a parossismo: «Vuoi comprometterti? Non domanda che
questo lei....»
Ore di dibattito incoerente, esasperante. Ero esausta, avrei voluto
piangere sommessamente come una bimba fino a chiuder gli occhi per
sempre; non resistevo che per una forza segreta. Chiedevo di esser
lasciata partire, di andare a consultar mio padre, di trovar un po’ di
requie: lontani, entrambi forse avremmo visto le cose sotto un punto di
vista nuovo....
Essi, tutti d’accordo, negavano, negavano. Tratto tratto, mi si
gettavano in viso l’esempio di mio padre, la sventura di mia madre, la
mia mancanza di religione, le dicerie del passato....
Forse facevo paura, come in quei giorni lontani, ch’essi invocavano
con acre malignità. In certi istanti sorprendevo perfino in fondo
agli occhi di mio marito come una vaga espressione di stupore, quasi
di rispetto: ed era dopo ch’io avevo parlato nel delirio della mia
certezza ulteriore, trasportata oltre la vita.... Allora la speranza
mi balenava, mi riafferrava. Ah, se quell’uomo non mi fosse vissuto
inutilmente accanto dieci anni, se fosse capace di non far scontare
al figlio il proprio danno! Non mi scongiurava di restare, anche solo
per il bambino, per la sua educazione? Forse, quando avesse compreso
l’impossibilità dell’esistenza in comune, avrebbe ceduto per amore di
lui.... Egli era ancor giovine, avrebbe potuto rifarsi una vita. Se
il perdermi ora gli procurava veramente dolore, questo poteva essergli
benefico, nobilitarlo....
* * * * *
Finalmente una sera egli accondiscese a che io andassi a Milano, per
qualche giorno, ma senza il figlio. Appunto quel giorno mio padre
m’aveva scritto di nuovo, promettendo d’interporsi del suo meglio per
ottenermi il bambino, ed esortandomi intanto a partire anche sola, per
troncare il pericoloso conflitto. Quando ebbi deliberato, mio marito
principiò a stralunare gli occhi, ad emettere gemiti inarticolati.
Gli andai vicino, lo scossi: mi guardò trasognato: era in preda ad un
momentaneo smarrimento della ragione? O simulava? Gli feci a forza
trangugiare un liquore, tornò lentamente in sè. Mi ringraziava: «Non
lasciarmi, non lasciarmi! Ti amo tanto, vedi!» E mi afferrava le
ginocchia. Continuò a scongiurare, come in preda a un leggero delirio.
Tentavo parole di calma; quando cercò di attirarmi a sè, mormorando
frasi tronche....
Come mi sentivo chiusa in me, estranea! E com’era vile colui, vile
e illuso nella sua forza d’uomo! Egli voleva trattenermi col suo
desiderio....
Rimasi rigida, dissi: «Partirò stanotte....»
Di nuovo padrone di sè, non lasciando trasparire l’onta, egli annuì.
Sì, mi lascerebbe partire, ma il bambino no, il bambino restava con
lui, e io da lontano avrei sentito che non potevo vivere senza la mia
famiglia.... E quando fossi tornata, avremmo stabilito la nuova regola
d’esistenza.
Andò nella sua stanza. Io non dormii. Seduta accanto al letto del
bimbo, non pensavo, non sentivo più nulla: attendevo, che cosa non so:
la luce, il tepore, qualcosa che mi facesse sentirmi viva. Avevo tanto
bisogno di forza!
Oh quel respiro tranquillo che le notti seguenti non avrei più
ascoltato! Suonavano delle ore lontane: trasalivo. Ma com’erano lente
quelle ore!... Forse mio padre m’avrebbe aiutata, anche colla violenza,
a riavere il povero bimbo.... L’avvenire mi si raffigurava pieno
d’enigmi, di agitazioni, di lotte. Nella mischia il viso di mio figlio
mi riappariva. Nella strada, ad uno svolto ov’egli passava, io mi sarei
affacciata d’improvviso, di tratto in tratto, ed egli sarebbe sempre
stato in attesa della mia apparizione.... Intanto gli uomini mutano,
mutano le leggi. Una persona che sia un’idea vivente, un’ossessione,
può persuadere i più restii.... E poi, la morte!
La morte! Un brivido, come in una notte lontana. Ma io avevo superato
il desiderio della morte, anche di quella del mio nemico. Non l’odiavo.
Egli non era più che una larva confusa e cupa, che s’ergeva insieme
allo spettro della legge nella notte indecifrabile del destino.
Accesi la lampada, la coprii. Un fruscìo. «Mamma?» Mi slanciai
sul lettuccio: pose la mano nella mia e si riaddormì. Rimasi senza
muovermi, quasi senza respiro.
Mezzanotte. Mancavano tre ore. Le ginocchia mi si piegarono. Seduta
sulla poltrona sentivo il freddo invadermi, e raccoglievo tutto il mio
calore, gli occhi chiusi, ritirando la mia mano per non agghiacciare la
manina. E d’un tratto sentii tutte le mie forze fondersi: mi assopivo?
Ero tanto stanca: non avrei potuto partire....
Scoccarono le tre. Balzai in piedi. Mi posi il cappello e m’appressai
all’uscio. Poi tornai al letticciuolo, svegliai il bimbo: «Vado—gli
dissi piano—è già l’ora; sii buono, sii buono, voglimi bene, io sarò
sempre la tua mamma....» e lo baciai senza poter versare una lagrima,
vacillando; e ascoltai la vocina sonnolenta che diceva: «Sì, sempre
bene.... Manda il nonno a prendermi, mamma.... Star con te....» Si
voltò verso il muro, tranquillo. Allora, allora sentii che non sarei
tornata, sentii che una forza fuori di me mi reggeva, e che andavo
incontro al destino nuovo, e che tutto il dolore che mi attendeva non
avrebbe superato quel dolore.
* * * * *
Mi trovai sul treno senza sapere come vi fossi venuta. I primi urti del
carrozzone si ripercossero in me come se qualcosa si strappasse dalla
mia carne. E il senso dell’ineluttabile m’invase ancor più quando mi
vidi portata lontano su quella forza ferrea. Avevo camminato come una
sonnambula. Ora la coscienza di quanto avevo compiuto mi appariva. Oh,
la suprema agonia!
Come avevo potuto? Ora il mio bimbo, mio figlio, riaddormentato
sotto il mio bacio, mi avrebbe chiamata, forse mi chiamava già....
Pensai che l’avevo ingannato. Non avrei dovuto svegliarlo del tutto,
dirgli che non sarei mai più tornata, e che non sapevo s’egli avrebbe
potuto raggiungermi presto? Forse mio marito era là, ora, presso il
letticciuolo, e mentiva a sua volta dicendogli che sarei tornata fra
poco, e il bimbo credeva, o lo interrogava con diffidenza.... Che farà
domani, e dopo? E tutta la mia vita d’ora innanzi sarebbe forse piena
di queste interrogazioni senza risposta....
Come avevo potuto? Oh, non ero stata una eroina! Ero il povero essere
dal quale una mano di chirurgo ne svelle un altro per evitar la morte
d’entrambi....
Quanto durò l’orribile viaggio? Ad ogni stazione m’afferrava la smania
di scendere, di aspettare un treno che mi riportasse indietro: poi,
quando la corsa riprendeva, mi balenava a tratti l’idea del suicidio,
così facile, lì, a quello sportello: istantaneo....
Ma all’arrivo la stessa volontà quasi estranea, superiore a me stessa,
mi s’impose: mi avviai triste ma ferma, tra il fumo e la folla, fuor
della stazione, m’inoltrai, misera e sperduta, nelle strade rumorose
ove il sole sgombrava la nebbia.


XXII.

Molto tempo è passato. Un anno, ormai.
Non sono tornata laggiù. Non ho più riveduto mio figlio. Il
presentimento oscuro non falliva.
Per quanti mesi ho lottato conservando l’illusione di ottenere mio
figlio?
I primi giorni mi furono quasi un riposo, sotto la vigilanza silenziosa
e trepida di mia sorella: poi, le settimane si susseguirono in uno
scambio sempre più violento di lettere tra me e mio marito, tra lui e
mio padre, infine tra i nostri avvocati. In colui si palesava crescente
la sorpresa per la mia resistenza; s’illudeva che avrei finito per
tornare: non aveva egli per ostaggio il figlio?
E il bimbo, per mezzo della domestica, mi mandava dei bigliettini ove
le sue dita incerte scrivevano parole d’amore e d’angoscia: «....
Vorrei scappare, mamma, ma come fare? Qui mi dicono delle brutte cose
di te.... Io ti voglio tanto bene, non ti dimenticherò neanche fra
cent’anni.... Ma tu che fai? Non puoi mandare a prendermi?»
Nella stanzetta che abitavo provvisoriamente in casa di mia sorella,
ed ove giungevano queste effusioni del piccolo cuore addolorato, le
ore non si avvertivano più: la notte, figgendo il capo e le mani fra
le coltri, soffocavo il rantolo selvaggio.... Chiamavo il bambino per
nome, gli parlavo, gli parlavo.... Poi, balzando in piedi, mi pareva
d’esser decisa a partire, a raggiungerlo.... Che importava farmi
avvilire, calpestare, contaminare? Ma godere ancora della carezza,
degli sguardi, degli abbracci palpitanti della mia creatura!
Che cosa mi tratteneva, con forza implacabile? Una voce dentro di me,
quasi non mia, non del mio povero organismo sensibile, mi diceva che
il passo da me fatto era irrevocabile, e che io non potevo più mentire
a me stessa; ch’io sarei morta di onta e di disgusto se non sapevo
resistere allo strazio, se non preferivo morire!
Oh, quel comando interiore, terribile!
Per mesi, per mesi.... Ero disposta alla morte colla stessa
consapevolezza d’un malato inguaribile.
Sempre più forte mi s’insinuava la persuasione che non avrei ottenuto
mai nulla da colui, che la sua vendetta sarebbe stata inesorabile: dopo
le minacce egli mi mandava ora parole beffarde: sapeva ch’io non potevo
iniziare causa di separazione per mancanza di motivi legali. Mio padre,
stanco, non interveniva più; fin dal primo giorno, del resto, egli mi
aveva detto di non sperare. Mi pervenne il rifiuto della autorizzazione
maritale per riscuotere l’eredità di mio zio. Infine anche l’avvocato
rinunziò ad ogni trattativa. Io restavo proprietà di quell’uomo, dovevo
stimarmi fortunata ch’egli non mi facesse ricondurre colla forza.
Questa era la legge.
La domestica, laggiù, venne cacciata, e così anche i bigliettini di mio
figlio cessarono. Seppi che era stata presa una giovane istitutrice; le
scrissi, non mi rispose.
Nessuno poteva far nulla per me.
Perchè la morte tardava tanto?
O io ero morta di già e non sopravviveva di me che un ricordo?
Il tempo scorreva, fuggiva. Mio figlio non doveva esser già più quale
l’avevo visto l’ultima sera, aveva forse già altre inflessioni nella
voce, altra luce nello sguardo. Ma non riuscivo a vederlo diverso. La
mia maternità s’era dunque chiusa veramente con quell’ultimo bacio?
* * * * *
Quando furono passati più mesi, io considerai con uno strano stupore
che vivevo ancora, che nulla di essenziale era veramente morto in me, e
che d’ogni intorno, quasi occultamente, mille enigmi mi sollecitavano.
Uscendo per la città posavo gli occhi sui bimbi che potevano ricordare
il caro mio lontano, li tenevo fissi con insistenza, e talora un
d’essi mi ricambiava l’occhiata con un’ombra d’inquietudine. Nessuno
di quei piccoli sorridenti aveva bisogno di me. Ma qualche volta, il
mattino fra la nebbia, o sull’imbrunire, delle piccole forme vaghe
mi rasentavano, qualche vocetta lamentosa m’arrestava. Sotto la mia
carezza, la faccina tribolata aveva un guizzo di gioia. Dove dormivano,
come vivevano?... Traverso le preoccupazioni della mia nuova vita il
pensiero di quei bimbi, di quelle mamme vaganti per i sobborghi, mi
dava una sollecitudine tormentosa.
Un mattino, con mia sorella, entrai in uno dei dispensari per i piccoli
malati poveri, istituiti da un gruppo femminile. Mi offersi come
assistente di turno, due, tre volte la settimana.
Ma che sgomento, le prime volte! Ignoranza, sudiciume, fame, percosse,
facevano di quella povera infanzia dei martiri tragici.... Oh il mio
bambino sano e bello! E credetti di non poter sopportare la sofferenza
fisica di un tale spettacolo ripetentesi all’infinito....
Fu da allora che ho ripreso risolutamente a vivere; dopo aver sentito
di nuovo _gli altri_ vivere e soffrire.
E da allora ho anche avuto il bisogno di sperare di nuovo: per tutti,
se non per me. E quando ho ritrovata intatta nella mia sostanza,
nonostante il tragico sforzo compiuto, la fiducia in un migliore
avvenire umano, oh figlio mio, ho potuto ancora versare lagrime di
conforto!
E in una cameretta che affittai accanto ai miei cari, tra una corsa
per le lezioni, che sono il mio solo mezzo di sussistenza, e una
visita all’ospedale, mi sedevo al tavolino per scrivere delle pagine
in cui rinnovavo gli appelli già lanciati alla società da ben altri
ingegni, ma che io improntavo di lagrime e di sangue. I miei gridi
erano ben atroci, poichè le riviste che prima mi sollecitavano, ora
mi respingono; ma la giustizia non può venir soffocata, perchè arde.
Io non domando fama, domando ascolto. Dalla finestra, all’alba e al
tramonto, scorgo le linee delle Alpi sulle nubi rosate: e spesso mi
giunge la nenia di un corteo funebre avviato alla città dei morti.
Guardando in faccia la vita e la morte, non le temo, forse le amo
entrambe.
In cielo e in terra, un perenne passaggio. E tutto si sovrappone, si
confonde, e una cosa sola, su tutto, splende: la pace mia interiore, la
mia sensazione costante d’essere _nell’ordine_, di potere in qualunque
istante chiudere senza rimorso gli occhi per l’ultima volta.
In pace con me stessa.
Spero qualcosa? No. Forse domani può giungermi una nuova ragione
di esistenza, posso conoscere altri aspetti della vita, e provare
l’impressione d’una rinascita, d’un sorriso nuovo su tutte le cose. Ma
non attendo nulla. Domani potrei anche morire.... E l’ultimo spasimo di
questa mia vita sarà stato quello di scrivere queste pagine.
Per lui.
Mio figlio, mio figlio! E suo padre forse lo crede felice! Egli
arricchisce: gli darà balocchi, libri, precettori; lo circonderà di agi
e di mollezze. Mio figlio mi dimenticherà e mi odierà.
Mi odii, ma non mi dimentichi!
E verrà educato al culto della legge, così utile a chi è potente: amerà
l’autorità e la tranquillità e il benessere.... Quante volte afferro
il suo ritratto, in cui le fattezze infantili mi par che ora annuncino
negli occhi il mio dolore, ora nell’arco delle labbra la durezza di
suo padre! Ma egli è mio. Egli è mio, deve somigliarmi! Strapparlo,
stringerlo, chiuderlo in me!... E sparire io, perchè fosse tutto _me_!
Un giorno avrà vent’anni. Partirà, allora, alla ventura, a cercare sua
madre? O avrà già un’altra immagine femminile in cuore? Non sentirà
allora che le mie braccia si tenderanno a lui nella lontananza, e che
lo chiamerò, lo chiamerò per nome?
O io forse non sarò più.... Non potrò più raccontargli la mia vita, la
storia della mia anima.... e dirgli che l’ho atteso per tanto tempo!
Ed è per questo che scrissi. Le mie parole lo raggiungeranno.

FINE.
You have read 1 text from Italian literature.
  • Parts
  • Una Donna - 01
    Total number of words is 4186
    Total number of unique words is 1741
    32.6 of words are in the 2000 most common words
    47.2 of words are in the 5000 most common words
    55.6 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Una Donna - 02
    Total number of words is 4485
    Total number of unique words is 1794
    33.0 of words are in the 2000 most common words
    46.3 of words are in the 5000 most common words
    54.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Una Donna - 03
    Total number of words is 4429
    Total number of unique words is 1758
    31.9 of words are in the 2000 most common words
    45.8 of words are in the 5000 most common words
    55.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Una Donna - 04
    Total number of words is 4446
    Total number of unique words is 1752
    33.5 of words are in the 2000 most common words
    48.0 of words are in the 5000 most common words
    56.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Una Donna - 05
    Total number of words is 4456
    Total number of unique words is 1782
    31.6 of words are in the 2000 most common words
    43.9 of words are in the 5000 most common words
    52.4 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Una Donna - 06
    Total number of words is 4464
    Total number of unique words is 1761
    32.7 of words are in the 2000 most common words
    47.8 of words are in the 5000 most common words
    56.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Una Donna - 07
    Total number of words is 4391
    Total number of unique words is 1856
    30.6 of words are in the 2000 most common words
    45.4 of words are in the 5000 most common words
    53.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Una Donna - 08
    Total number of words is 4338
    Total number of unique words is 1820
    31.8 of words are in the 2000 most common words
    45.1 of words are in the 5000 most common words
    54.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Una Donna - 09
    Total number of words is 4375
    Total number of unique words is 1884
    31.4 of words are in the 2000 most common words
    46.3 of words are in the 5000 most common words
    54.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Una Donna - 10
    Total number of words is 4358
    Total number of unique words is 1868
    33.2 of words are in the 2000 most common words
    46.8 of words are in the 5000 most common words
    54.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Una Donna - 11
    Total number of words is 4425
    Total number of unique words is 1727
    33.2 of words are in the 2000 most common words
    47.9 of words are in the 5000 most common words
    56.2 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Una Donna - 12
    Total number of words is 4433
    Total number of unique words is 1787
    34.1 of words are in the 2000 most common words
    49.1 of words are in the 5000 most common words
    57.1 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Una Donna - 13
    Total number of words is 4401
    Total number of unique words is 1786
    33.1 of words are in the 2000 most common words
    47.6 of words are in the 5000 most common words
    54.7 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
  • Una Donna - 14
    Total number of words is 2962
    Total number of unique words is 1222
    38.8 of words are in the 2000 most common words
    51.1 of words are in the 5000 most common words
    58.3 of words are in the 8000 most common words
    Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.