Tizio Caio Sempronio: Storia mezzo romana - 17
Un giorno, la bella pallidona s'imbattè in Clodia Metella. Le due
matrone non si erano più visitate, nè incontrate per via, dopo la
stagione delle bagnature nel golfo di Neapoli.
Giunia Sillana fece le viste di non riconoscerla. Ma l'altra le andò
incontro difilata, e col più amabile dei sorrisi sul labbro. Dicono
i pratici che le signore donne ci abbiano sempre questo sorriso in
mostra, quando si dispongono a dare una stoccatina a qualche amica del
cuore.
— Oh, bellissima, — gridò Clodia Metella, prendendo amorevolmente le
mani dell'amica, — come stai? Non ti si vede più.
— Sto bene e tu mi vedi; — rispose asciuttamente Giunia Sillana.
— Ah sì, una volta all'anno! Beato chi ti possiede! Dimmi, a proposito,
che cos'è avvenuto di quel leggiadro cavaliere?.....
— Di che cavaliere mi parli? — chiese Giunia Sillana, seccata
dall'intenzione sarcastica di quel modo avverbiale che aveva usato
Clodia Metella.
— Di Tizio Caio Sempronio, poichè bisogna dir proprio il suo nome.
Dicono che sia andato all'esercito di Cesare.
— Sarà vero.
— Ma dicono altresì che non sia uscito di Roma e che viva nascosto in
una tua villa.
— Sarà vero anche questo. —
Tanta imperturbabilità era piuttosto singolare, e Clodia si morse le
labbra dal dispetto.
— Dunque, mia bellissima, tu conservi il segreto. Non ci sarà verso di
cavarti nulla di bocca?
— Perchè dici questo? Ho anzi un'imbasciata per te; — rispose Giunia
Sillana.
— Da lui?
— Sicuramente, da lui.
— Oh Venere madre! e sei stata così buona....
— Da incaricarmene, certamente. Povero giovane, è così gentile d'animo
e memore delle sue vecchie amicizie! Egli m'ha detto di consigliarti
in suo nome l'uso quotidiano e abbondante dell'acqua di Cosmo. Servilio
Cepione si lava così poco, e lascia un odore così cattivo su tutto ciò
ch'egli tocca! —
La botta era andata al cuore. Clodia Metella perdette il lume degli
occhi.
— Mi pagherai questo affronto, faccia di verderame! — sibilò essa, con
voce soffocata dalla rabbia.
Giunia Sillana non si commosse punto, nè alla minaccia, nè all'insulto.
— Io non ti temo; — rispose; — tutta Roma sa chi tu sei, quadrantaria!
Del resto meglio esser verdi, che impiastricciate di medicamenti
letali. Si narra che Metello Celere, il tuo povero marito, per averti
baciata sulle guance, sia morto. —
In questa guisa le due matrone si separarono, sorridendosi a vicenda,
mentre i loro servi si tenevano ad una rispettosa distanza.
Giunia Sillana non aveva certamente a temer nulla dallo sdegno di
Clodia. Elvio Sillano era del partito di Cesare, che trionfava, e
Clodia Metella doveva appiccar la voglia all'arpione. Del resto, era
andata maledettamente giù, la quadrantaria. E vennero presto le rughe e
si dileguarono ad uno ad uno gli amanti.
Servilio Cepione, sempre più adiposo e rosso scarlatto nel grugno come
i bargigli d'un tacchino, un bel dì fu trovato morto nel suo letto.
Quella volta gli era capitato per davvero, e furono esauditi i voti
ardentissimi di tanti cittadini, che glieli auguravano a secco. I
suoi colleghi delle Botteghe Vecchie gli fecero un funerale magnifico,
accompagnato dalle imprecazioni di tutti i sette colli. Ma pur troppo,
nella fretta, dimenticarono di mettergli in bocca la moneta per pagare
il suo passaggio a Caronte, ed io credo che il mascalzone, con tutte le
sue ricchezze, non abbia ancora potuto mettersi in barca.
Mi domanderete di Cinzio Numeriano. Il bel poeta non fece più versi,
che raccomandassero il suo nome alla posterità. Dopo tante liete
impromesse! Ma pur troppo è così; la Musa non vuol rivali, e pianta
lì, senza tanti complimenti, chi non sa essere tutto per lei. E un
bel giorno lo piantò anche Delia, fuggendo in Ispagna con un pantomimo
famoso.
Giunio Ventidio, Postumio Floro, Elio Vibenna.... Io spero, o lettori,
che non mi domanderete notizia di tutte queste parti secondarie.
Sappiate del resto, che uno dopo l'altro morirono tutti. E, senza
mestieri di appurare il fatto con l'Arte di verificare le date, ho
ragione di credere che sia morto anche il leggiadro eroe della mia
storia, mezzo romana e mezzo di tutti i tempi e di tutti i paesi.
Se vi ha divertiti, ditelo; ma per carità non la date ad imprestito.
Oltre che gli amici non vi restituirebbero il libro, voi fareste un
danno all'editore.
Se poi v'ha annoiati, come temo, state zitti, per l'amor di Dio, e
pensate che anche alle manifatture di questa sorte va applicato il
proverbio: non tutte le ciambelle riescono col buco.
FINE.
matrone non si erano più visitate, nè incontrate per via, dopo la
stagione delle bagnature nel golfo di Neapoli.
Giunia Sillana fece le viste di non riconoscerla. Ma l'altra le andò
incontro difilata, e col più amabile dei sorrisi sul labbro. Dicono
i pratici che le signore donne ci abbiano sempre questo sorriso in
mostra, quando si dispongono a dare una stoccatina a qualche amica del
cuore.
— Oh, bellissima, — gridò Clodia Metella, prendendo amorevolmente le
mani dell'amica, — come stai? Non ti si vede più.
— Sto bene e tu mi vedi; — rispose asciuttamente Giunia Sillana.
— Ah sì, una volta all'anno! Beato chi ti possiede! Dimmi, a proposito,
che cos'è avvenuto di quel leggiadro cavaliere?.....
— Di che cavaliere mi parli? — chiese Giunia Sillana, seccata
dall'intenzione sarcastica di quel modo avverbiale che aveva usato
Clodia Metella.
— Di Tizio Caio Sempronio, poichè bisogna dir proprio il suo nome.
Dicono che sia andato all'esercito di Cesare.
— Sarà vero.
— Ma dicono altresì che non sia uscito di Roma e che viva nascosto in
una tua villa.
— Sarà vero anche questo. —
Tanta imperturbabilità era piuttosto singolare, e Clodia si morse le
labbra dal dispetto.
— Dunque, mia bellissima, tu conservi il segreto. Non ci sarà verso di
cavarti nulla di bocca?
— Perchè dici questo? Ho anzi un'imbasciata per te; — rispose Giunia
Sillana.
— Da lui?
— Sicuramente, da lui.
— Oh Venere madre! e sei stata così buona....
— Da incaricarmene, certamente. Povero giovane, è così gentile d'animo
e memore delle sue vecchie amicizie! Egli m'ha detto di consigliarti
in suo nome l'uso quotidiano e abbondante dell'acqua di Cosmo. Servilio
Cepione si lava così poco, e lascia un odore così cattivo su tutto ciò
ch'egli tocca! —
La botta era andata al cuore. Clodia Metella perdette il lume degli
occhi.
— Mi pagherai questo affronto, faccia di verderame! — sibilò essa, con
voce soffocata dalla rabbia.
Giunia Sillana non si commosse punto, nè alla minaccia, nè all'insulto.
— Io non ti temo; — rispose; — tutta Roma sa chi tu sei, quadrantaria!
Del resto meglio esser verdi, che impiastricciate di medicamenti
letali. Si narra che Metello Celere, il tuo povero marito, per averti
baciata sulle guance, sia morto. —
In questa guisa le due matrone si separarono, sorridendosi a vicenda,
mentre i loro servi si tenevano ad una rispettosa distanza.
Giunia Sillana non aveva certamente a temer nulla dallo sdegno di
Clodia. Elvio Sillano era del partito di Cesare, che trionfava, e
Clodia Metella doveva appiccar la voglia all'arpione. Del resto, era
andata maledettamente giù, la quadrantaria. E vennero presto le rughe e
si dileguarono ad uno ad uno gli amanti.
Servilio Cepione, sempre più adiposo e rosso scarlatto nel grugno come
i bargigli d'un tacchino, un bel dì fu trovato morto nel suo letto.
Quella volta gli era capitato per davvero, e furono esauditi i voti
ardentissimi di tanti cittadini, che glieli auguravano a secco. I
suoi colleghi delle Botteghe Vecchie gli fecero un funerale magnifico,
accompagnato dalle imprecazioni di tutti i sette colli. Ma pur troppo,
nella fretta, dimenticarono di mettergli in bocca la moneta per pagare
il suo passaggio a Caronte, ed io credo che il mascalzone, con tutte le
sue ricchezze, non abbia ancora potuto mettersi in barca.
Mi domanderete di Cinzio Numeriano. Il bel poeta non fece più versi,
che raccomandassero il suo nome alla posterità. Dopo tante liete
impromesse! Ma pur troppo è così; la Musa non vuol rivali, e pianta
lì, senza tanti complimenti, chi non sa essere tutto per lei. E un
bel giorno lo piantò anche Delia, fuggendo in Ispagna con un pantomimo
famoso.
Giunio Ventidio, Postumio Floro, Elio Vibenna.... Io spero, o lettori,
che non mi domanderete notizia di tutte queste parti secondarie.
Sappiate del resto, che uno dopo l'altro morirono tutti. E, senza
mestieri di appurare il fatto con l'Arte di verificare le date, ho
ragione di credere che sia morto anche il leggiadro eroe della mia
storia, mezzo romana e mezzo di tutti i tempi e di tutti i paesi.
Se vi ha divertiti, ditelo; ma per carità non la date ad imprestito.
Oltre che gli amici non vi restituirebbero il libro, voi fareste un
danno all'editore.
Se poi v'ha annoiati, come temo, state zitti, per l'amor di Dio, e
pensate che anche alle manifatture di questa sorte va applicato il
proverbio: non tutte le ciambelle riescono col buco.
FINE.
- Parts
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- Tizio Caio Sempronio: Storia mezzo romana - 02
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- Tizio Caio Sempronio: Storia mezzo romana - 04
- Tizio Caio Sempronio: Storia mezzo romana - 05
- Tizio Caio Sempronio: Storia mezzo romana - 06
- Tizio Caio Sempronio: Storia mezzo romana - 07
- Tizio Caio Sempronio: Storia mezzo romana - 08
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- Tizio Caio Sempronio: Storia mezzo romana - 10
- Tizio Caio Sempronio: Storia mezzo romana - 11
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