Storia di un'anima - 03

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castissime... Sei brutto, corpo mio, ma sei buona, anima mia! Oh
sì! sei buona, sei casta, sei amantissima! Voglio anche esser
morto, quando la donna mia trovasse questo foglio! Certo non
riderebbe!
L'inattività, l'inutilità mi avviliscono, il _deserto_ mi
schiaccia.... Come soffro! Nessuno mi conosce, nessuno oggi più mi
soccorre di una parola, nessuno mi incoraggia alla vita!...

Limbiate, 23 ottobre 1876.
Fu una giornata piovosa, melanconica, di quelle in cui si desidera la
quieta canterina, con un angiolo, con un bambino, con un focolare
benedetto: tutto bigio e nebbioso dovrebb'essere al di fuori: cadute
le foglie, infangate le stradicciuole, freddolosi i bimbi: tutto
mesto, tutto morto, per far contrasto col di dentro--tutto santamente
allegro e tutto vita. Vita, vita, ecco la gran parola! Vita, la grande
aspirazione dei ventidue anni, dei ventitrè, dei ventiquattro, dei
venticinque. A venticinque questa vita è l'irresistibile
bisogno!... Acquietati, anima mia: il tuo corpo è bambino:
acquietati: diventa filosofessa e ascolta il gran principio della
sapienza pratica:--_la vita è uno scherzo, cosa da ridere: si debbe
approfittare delle gioie che offre: non prendere niente sul serio: si
debbono ammirare i sacrifici per uno scopo: il moralista «en amateur»
è un asino_. È vero, c'è in queste parole una schiacciante
verità. Vorresti discutere? No, arrossiresti, anima mia. Vorresti
esprimerti? No, saresti ridicola. Vorresti prorompere? oh sì!
espanderti nei cieli, volare ai mari, cercare i monti, volare
volare... ma poi, tutta potentissima, fidente, docile, speranzosa,
felice, tutta venirmi alle labbra, e formare un bacio, su una fronte
umile di una donna; tutta divenire l'espressione di un ossequio, di
una religione, di una felicità, di un nuovo Dio formatosi nel mio
cuore, un Dio per la Donna! L'anima, così incatenata come mi è a
questi giorni tristissimi, impotenti, irresoluti, sogna per espandersi
l'ampiezza, l'altezza, l'incommensurabile, l'infinito, sogna le
immense solitudini: l'anima sogna i consorzi umani e vorrebbe dalle
solitudini passare ad abbracciare le città, la civiltà, le arti
di tanti popoli: l'anima vorrebbe stancarsi, per posare.... ma il
cuore, il povero cuore, tronca siffatti voli, e, modesto, di passo,
quieto, religioso, vorrebbe avviarsi, anzi con evidenza s'avvia al
futuro: il suo mondo diviene una camerina, la sproporzione dei
desideri dell'anima si riduce alla misura delle cose umane, l'infinito
si cambia nella _vita_, divengono stanche ironie le grandi solitudini
della Natura e i grandi consorzi degli uomini di fronte ad un santo
_dovere_, ad una donna che popola un universo, irradiando le virtù
della fede, della speranza, della carità....--Ecco,--ora dico a te
stesso:--faccio della poesia, sono un sognatore, nemmeno io vorrei
credere a queste mie ciancie. Faccio della poesia? Ecco la
prosa:--vorrei la mia Donna che mi amasse, rendendomi la fede gentile
che ho perduto; vorrei un bambino che mi facesse pensare:--Che importa
a me degli ambiziosi, dei ricchi, dei gaudenti, dei gloriosi? Eccoti
nel bambino la tua ambizione, la tua ricchezza, il tuo gaudio, la tua
gloria, il tuo scopo! Oh sì, compiangendo, ma non irridendo le mie
poesie di un dì, diventerei un uomo che vive, che sa fare le
addizioni e le moltipliche, che sa comperare, sa risparmiare, sa
provvedere ai bisogni più prosaici, e vorrei avere uno scrittoio
dinnanzi, non un'immensa solitudine, non uno spettacolo di varie
civiltà, e da quello vedere il mio orizzonte, cioè i guadagni
che potrei fare per la mia famigliuola.
* * *
Mille volte dico: voglio su qualche foglietto di carta lasciare
traccia dei miei patimenti, per farmi conoscere dai miei quando
frugassero fra le mie carte. Io scrivo, a sbalzi, pel mio cassetto,
molte volte rattenendo le lagrime di tenerissima commozione, molte
volto imprecando con voluttà mefistofelica a Dio!--Ci voleva tanto
poco per farmi felice! Non ricchezze, non gloria, non nobiltà, non
i soliti meccanismi della società domandavo: domandavo pace,
sacrificio, religione, fede: avevo coscienza di fare un sacrificio, la
coltivavo, mi accosciavo due volte al giorno, per voto, in una chiesa,
ero buono una volta. Che ho ottenuto? Poveri miei anni, dai diciolto
ai venticinque!
* * *
Che cosa è la vita dell'uomo? Nient'altro che la spuma dell'onda
che si dibatte fra gli scogli misteriosi dell'Infinito. Ma se un
riflesso di cielo può dare l'azzurro alla spuma fuggitiva, un
riflesso d'amore può dare alla vita i colori della Fede, della
Speranza e della Carità.
* * *
Ricordo, colle lacrime al cuore, che vi fu un anno, in cui, in alcune
sere stellate, quando dimenticavo il mio corpo, quando dimenticavo il
mondo esterno, e il mondo interno mi signoreggiava, e mi sentivo, e
volevo credere, e sperare, e amare, ricordo che in alcune sere
stellate, soavissime, confidentissime, ebbi vicino a me un'anima che
mi ascoltò e mi comprese, quand'io espressi qualche speranza pel mio
avvenire, avvenire che io legavo all'arte e alla famiglia. In quelle
sere io accrescevo di dignità alla mia coscienza, io mi dichiaravo non
volgare, mi mostravo uomo, e confidando, credevo, speravo, amavo....
Furono gli unici conforti: li ricordo: e allora, perchè a metà
svelate, mi parvero più sante le mie melanconie, i miei silenzi, i
miei dolori, il mio carissimo e soavissimo tifo, sì, la mia religiosa
convalescenza, le mie dolcissime _Confidenze_, i miei sessi profumi, e
il mio risveglio, il mio _Tintoretto_.... il mio _Giuliano_! Ho
ricordato queste cose per dire che a quell'anima (come pensi ora di
me, e come penserà, se vivo, non so) vorrei fossero consegnate queste
mie annotazioni, s'io morissi, perchè, almeno in lei la mia memoria
vivesse un po' consacrata, non come quella che lascierei a mia madre o
a mio padre, la memoria di un _povero_ figliuolo: e basti la
compassione. A Lidia non oso destinare una sola riga: a che pro? Se mi
volle un po' di bene ed ebbe poi tempo di dimenticarmi, perchè
svegliare in lei, non dirò un rimorso, ma una cura fastidiosa? Così
vivendo e morendo faccio sacrificio di speranze. A che pro io ebbi
rimorsi, e per esser felice, mi tormentai? A che pro? A che pro non so
correggermi?
Scriverò anche stassera? Oh sì che ne ho immenso bisogno! Mi
sentivo buono, ma deserto, ma ridicolo, ma quasi reietto dalla
società, avevo voglia di piangere e gettai le braccia al collo di
mia madre. Oh mia madre! mia madre! Se tu fossi il mio tesoro, la mia
pace, la mia religione, se in ogni tristo mio momento potessi posare
la mia testa sulla tua! Tu hai scoperto che io piangevo, e mi hai
detto:--La tua fronte scotta!--O mamma, in questa povera testaccia
bollono tanti pensieri, ma resteranno sempre cozzanti e inconcreti
perchè la mente ha perduto ogni forza di studio: mancò al cuore
l'alito primo: l'ambizione non mi seduce più: se avessi denari,
libertà e cattiva natura, questo sarebbe stato l'anno in cui sarei
diventato vizioso! Coi vizi almeno avrei vissuto; col ricordo della
virtù, colla stizza dell'impotenza al male, col vano attendere,
colle spossatezze, coi fremiti del dì d'oggi vivo neghittoso. Vivo?
Vegeto, inutile pianta. Nessun scopo alla vita: sono deserto. A
venticinque anni....
Mia madre è venuta qui, mi ha baciato, mi ha domandato che cosa
ho?--Ho un mondo a rivelarle: non so da che parte incominciare: l'ho
quasi respinta col dirle:--Lasciami stare, lasciami stare--quasi che
lei fosse indegna di ascoltare le mie confessioni. Sempre così!...
Respinta, si tace, soffre, forse come me, forse più di me, e
fingendosi tranquilla mi domanda se le voglio bene. In questa promessa
vuole ch'io le racchiuda una sacra promessa; ella forse teme.... Ha
concluso con una sola parola:--Tu sei troppo buono!--Oh mamma, mamma,
lasciami questa illusione: tu, cioè, non mi credi _originale_. O mia
mamma, questa parola _buono_ sulle tue labbra ha avuto un accento nuovo
e sicuro: anche quand'ero piccino mi dicevi ch'ero _buono_. Anche oggi
l'hai detto, e hai capito che dentro di me si compiono dei sacrifizi.
O mamma, ti voglio tanto bene. E vorrei esser felice per raccontarti
tutto, per farti esultare di tutte le mie umili contentezze, per avere
in te l'interprete sincera delle gioie dell'anima mia. Passo dei
giorni squallidi, tristissimi, meschini, lo vedi.... No, mamma, nella
mia superbia dell'affetto, nelle mie gelose fantasticaggini, nel mio
deserto, mi pare quasi d'esser fanciullo, volendoti bene, e m'infingo:
ma invece dove sei tu, c'è il mio angiolo: tu angiolo di verità,
di rassegnazione, di fede, di speranza, di mitissimo amore, tu mamma!
* * *
Ieri, verso sera, ho veduto una bambina coi capelli biondi, colle
pupille azzurre, una poverina che sedeva sui ciottoli, senza pensiero,
col sorriso dei suoi otto anni. La mirai a lungo. Pensando che
s'avvicinava la sera e a casa mi aspettava la minestra calda col buon
brodo, e la carne, e la lucerna allegra, e la tovaglia di buon
augurio, avrei voluto condurla con me e darle la mia parte, e
sorriderle.... Che cosa avevo io fatto nel giorno per trovarmi
servito, scaldato, allegrato? Povera bimba!--Lo dissi alla mamma:--Una
bimba come quella non oserei sognarla mia,--e tacqui. La mamma mi
raccontò che quella sgraziata aveva una matrigna che la trattava a
busse e le faceva soffrire la fame. O mamma, quanto avrei voluto
baciarti: mi riconciliai con tutto, con tutti, volli fugare i miei
fantasmi di dolori, volli che tu fossi il mio tutto. Come potrei io
dedicarmi a te? oscuramente, ma santamente provarti sempre che t'amo e
contrapporre alle mie sciocche ambizioni, all'amor proprio trafitto,
alle vane gare in cui sanguina il cuore inutilmente, contrapporre il
tuo affetto sempre placido, sempre religioso, sempre benedetto, non
mai ridicolo?
* * *
O Lidia, Dio è l'ironia!--Il buio!


ULTIMO GIORNO DELL'ANNO 1876.
Domenica, 31 dicembre.
Mancano tre ore e l'anno sarà finito. Queste tre ore voglio
sentirle minuto per minuto, voglio goderle.... Come le gode la gente
pratica del mondo? Divertendosi e gozzovigliando. Stupenda filosofia!
io come le godo? Le godo sgroppando un'uscita al pianto segreto che mi
arroventa il cuore: è una consolazione:--sorridendo un po' a
qualche pallida fantasia della mia religione: è una poesia! So che
è poesia inutile, ma a me è tanto cara.
Sono solo nel mio studiolo. Papà, mamma, Carlo sono andati or ora a
teatro, proprio quand'io salivo le scale per chiudermi quassù. Ed
or ora ho lasciato il Bianchi che mi ha complimentato gentilmente
dicendomi un paio di volte «che bel tipo! _originale!_» perchè lui va
a teatro, e io torno a casa a capo chino.
Sono solo e sono triste. Vorrei scrivere ordinatamente, ma non posso.
Sebbene, chiusomi quassù, avessi tutta l'intenzione e il bisogno di
scrivere, di scrivere, di scrivere. A che? per chi?
Che cosa spero pel 1877?

Milano. _Mercoledì, 21 novembre_ 1877.--Sono da pochi giorni arrivato
dalla campagna: ed ho il mio studiolo freddo, polveroso, abbandonato,
tristo e perciò sto a disagio al tavolo. Coll'anima stanca, col
cuore senza fede, coll'ingegno assopito, con grandi dolori--ma senza
lutti officiali al cappello--bisognoso _di vita, di vita, di vita_,
freddo a numerare le mie illusioni cadute, freddissimo a pensare al
futuro, ti mando un bacio. Aggradiscilo come bacio di fratello. Pensa
che mi sento il cuore gonfio d'un'arcana bontà, pensa che io
piango, e che piangendo sento il bisogno di un'anima, e pensa che
dinnanzi all'altare di un'altra anima che mi comprendesse, io
pregherei ancora Dio, perchè mi sento casto, gentile, serio: e
dinnanzi ai santi balbettamenti di un bimbo capirei--con quanta vita
del cuore!--che l'arte per cui ho sofferto tanto, addoppiando me
stesso, era un bisogno imperioso di creare; che la scienza di queste
Accademie è il deserto, il vuoto, il nulla, o il tritume, la
polveraglia dei morti: che gli anni di mia giovinezza erano un _voto_:
che i miei tormenti, le mie fedi, il mio scetticismo, le mie speranze,
le mie battaglie, il mio isolamento nella folla, il mio sdegno pei
volgari, le mie povere poesie, erano indizi di un'anima che
rigurgitava in un corpo nervoso, _di un'anima che voleva
un'anima!_--Sono solo nel mio studiolo, solo, freddoloso e mesto. Ogni
anno di questi dì faccio una ben triste resa di conti:--delusioni
si aggiungono a delusioni. I volgari non si accorgono mai delle foglie
che cadono, tu piangi: e la baraonda prosegue. Tu sorridi: oh
veramente ci fosse Dio e vedesse e almeno lui apprezzasse questi
sorrisi!
--Qualcosa c'è che non si soggioga a cifre: qualcosa c'è che
rende uggiosi i libri dei filosofi: qualcosa c'è che consola i
soli, gli abbandonati, i poveri, i poeti!--Oggi bisognerebbe tutto
domandare ai medici materialisti. Io domando troppo a me stesso.


ULTIMO GIORNO DELL'ANNO 1877.

Lunedì, 31 dicembre.
Mancano tre ore e l'anno sarà finito. Ho qui sul tavolo tutte le
mie memorie. E voglio scrivere. Scrivendo imito il carattere di Lidia,
Che cosa voglio scrivere? Nulla di ordinato. Incomincio col rileggere
le mie annotazioni del settembre 1876, poi voglio leggere il mio
portafogli co' miei sogni di artista (1873-1874-1875): poi la mia
lettera a Lidia: poi la sua a me....
Oggi si chiude un anno, un tristissimo anno. Colle speranze, coi
ricordi, colle illusioni. Ella mi appartiene quasi, fino all'ultimo
minuto di questo anno; domani si apre un anno nuovo, un anno che sarà
importante per lei: sento che mi sfugge sempre più, che non è.... che
non sarà mai più mia!...(5) Mio Dio, rendila felice!--Io mi illudo
sempre nel mio dolore: rileggo la sua lettera, ribacio il suo
ritratto, sento nell'animo la sua voce, e sono superbo, contento,
felice, ma sogno, sogno: la verità non è ancora entrata nel mio cuore,
io non sono persuaso che non la vedrò più! che non ho più diritto a
pensare a lei!... Anno tristo, la mia vita è spezzata. Io ero nato per
l'amore, per la donna, per la casa, per le sere tranquille, per un
bambino, per sperare, per _sentire_ la famiglia a benedire tutte le
mie febbri, le mie aspirazioni, le mie malattie: e invece? Io vedo
dinnanzi a me giorni e giorni e anni e anni _che passeranno_, solo
conforto: _che passeranno_.... senza più ambizione di un nome, senza
desiderio di una donna, senza coscienza di un'anima, e sempre più col
bisogno di una donna! Non voglio più scrivere. Nè so scrivere. Mi
inginocchio e prego il suo Dio, quello che ella pregherà per me:--Dio,
ho bisogno dì credere! io mi sento buono! io mi sento il cuore!
Quando pensavo a lei, sentivo la fede e Dio! quando mi sentivo
squallido e senza speranze, pensavo al suicidio, quasi come a un
candido sogno! quando vedevo dei luoghi ameni: dicevo--_qui non c'è
lei!_--quando vedevo delle fanciulle mi sentivo l'anima innondata di
pace! quando vedevo dei bimbi, mi venivano le lagrime agli occhi! Mio
Dio, al mio corpo nervoso, cupido, febbrile ho negato gli amplessi
della femmina nuda; ho impazzito pensando alle voluttà: ho
combattuto battaglie ridicole pel mondo, ma supreme e gloriose per chi
vuol avere nel pensiero suo il pensiero d'una vergine; mio Dio, il suo
ricordo era per me il ricordo di una tua vergine: la sua lettera l'ho
letta in un santuario, guardando la bionda testina di due de' tuoi
angioli! Guardami! Dimmi tu che non sono ridicolo, amando ancora! Che
non lo fui amando in passato! Tu hai detto:--Siate fratelli e
sorelle--e non hai detto che gli stranieri, i poveri, gli sventurati
non possano fra loro essere fratelli e sorelle. Dinnanzi a mio padre,
a mia madre, ai miei amici non ho saputo dire:--Ella è straniera!
Ella non ha dote! Ella mangia il pane altrui!--sarebbe stato un
delitto di _leso decoro_ questo mio detto. Io fui così fiacco da non
parlare, da non combattere parenti e amici e mondo: io tacqui! e
sperai in te e in lei!... Mio Dio! Quanti a quest'ora si apparecchiano
a godere gli ultimi momenti dell'anno! Io sono ginocchioni, io prego,
io voglio pregare, io piango, io sono solo! io non so sperare, nè
domandarti per me alcuna cosa per l'anno nuovo!! No, no, che importa a
me di quello che mi accadrà? Ma io voglio pregare, voglio
sorridere, voglio piangere per lei! Mio Dio:--rendila felice, e fa che
ella si ricordi di me e che io sappia qualcosa di lei!
Rileggo i libri delle mie _Confidenze_. Oh! come sono belle e
tranquille! Rileggo le pagine della malattia di Lina e le invocazioni
ad Ermanna! Povero mio cuore!... Mio Dio, ti supplico, rendila felice.

_Domenica, 27 gennaio._--È una giornata chiara, bella, calduccia.
Tutti passeggiano. La si crede una prima festa di primavera. Io sono
tanto tristo! Ho aperto le finestre: e mi vengono tutte le memorie
della mia convalescenza. Poveri giorni di languide speranze! Giorni in
cui mi pareva sempre di sentire l'odore di ghiaia umida misto
all'odore delle violette: mi pareva di vedere uno dei viali del
giardino _non suo_ un viale che termina a un gruppo di pini dal cortice
odoroso.... Oh mesti crepuscoli di Limbiate!--Io non so scrivere
ordinatamente.--Ho taciuto tanto. Mi piacerebbe avere qui tante e
tante memorie scritte: le rileggerei ora e le troverei belle! Come mi
paiono belle queste poche! Eppure in vacanza non ho saputo scrivere:
scrivendo mi pareva di rendere troppo concreto il mio dolore, di
studiarlo troppo, mi sforzavo a essere indifferente. Quello che di
dolorosissimo ho scritto l'ho scritto per Bianchi. Ho perdute le
lagrime di quei dì. Vorrei ch'egli mi restituisse le mie lettere.
Mi pento gravemente di essermi tanto confidato con lui. Mi capisce?
Può capire chi non ha il mio ingegno? Chi non ebbe i miei
entusiasmi? Chi non ebbe il mio cuore! Ridicolaggini! Ma io mi sentii
_potente_ ed ebbi un giorno delle audacie e una tal coscienza di me, che
mi dovetti dire:--Oh sante le mie febbri che mi distinguono dalla
folla intorno a me.
In questi giorni mi tornano alla mente i miei auguri per lei. Voglio
pensare alla sua felicità. Ella apparecchierà la sua veste
bianca! Ella gli scriverà quei mille nonnulla così graziosi,
così cari, così confidenti! _L'oubli seul sépare!_ E il mio
pensiero?
O mio tranquillo cimitero di Limbiate, ti amo! O miei boschi! o
pini!--Purchè io sia tra voi o mi imagini di essere tra voi, il mio
cuore si esalta, l'anima mia diventa buona, e nelle speranze di un di
e nelle delusioni d'oggi, il mio desiderio è desiderio di pace e di
amore, il mio ingegno si sveglia e mi tormenta e mi fa delirare sempre
inconcreto, sempre senza via, sempre senza certezza di scopo. O mio
cimitero! Ti vedevo tutti i giorni quando pensavo all'amore! Ti
ricordo ogni volta che qualche amico ride o qualche femmina
sogghigna!--Come si amano i propri dolori!--Il cimitero vecchio non
serve più per le tumulazioni: ebbene amo già il nuovo, perchè
presento che vi giacerò (non oso dire _voglio giacervi_): vi sono
passato vicino tante volte st'anno guardando ai monti di Como, a
Mombello, alla Chiesa dei frati, ai monti che ho contemplato mille
volte al tramonto con dolci desideri di avere una casetta là e
là.--Amo le strade infangate, le foglie cadute, le campagne
brumose, la mestizia della solitudine e il luogo di pace... amo la mia
memoria abbandonata, solitaria: mi sento sotterra, sento l'oblio, lo
sfacimento.... Ella avrà dei figli, degli amici, _la vita!_...

_Mercoledì, 30._--Tutto è vuoto, senza scopo, senza soddisfazioni.
Ieri ho visitato il cimitero degli stranieri! Come dormono bene le
anime protestanti! «_Thy will be done_...» Come dormirei bene anch'io!
* * *
Tutto finì. Ecco il vuoto.
* * *
_Est quaedam fiere voluptas!_
* * *
Mio padre crede che questo sia il libro dei conti.
* * *
_Nos joies ressemblent à l'arc-en-ciel, qui a l'aurore nous
apparaît au couchant, et vers le soir se montre à l'orient._
* * *
Ogni mio filo che mi lega alla vita è nel passato: ed è solo pel
passato e per lei che sento che la vita deve avere uno scopo serio. E
solo per lei ho bisogno di credere a Dio, e solo per lei il suo Dio mi
dà una mestissima pace e una mestissima fede, quasi una
vocazione.... Solo pel passato, mantenendo una dolcissima illusione,
io sorrido e studio, e prego Dio e sospiro alle fanciulle e vorrei
baciare tutti i bimbi.
Uno solo il mio pensiero--Lidia--ed uno il mio voto--Dio, rendila
felice!--Essa è mia sorella. «_Notre affection est pure et noble,
elle n'a rien de profane, elle peut se raconter à toutes les
âmes qui sont bonnes_:(6)» ella mi disse, e mi accettò per
fratello....
Io solamente son felice quando guardo la sua lettera, il suo ritratto,
la mia lettera, quando penso a Limbiate e al cimitero tranquillo....
Desidererei (e voglio scriverlo a' miei parenti) d'esser sepolto a
Limbiate.--Desidero di avere sulla mia pietra o croce il solo mio nome
e cognome e le sue parole: _Tout ce qui finit est si court. Allez
toujours_.

_5 e 6 febbraio._--S'io trovassi un compagno, andrei in Grecia
_volontario_, giacchè qualche garibaldino si muove da Milano.
Insegnerei a' miei parenti ed amici ch'io sprezzo la vita!
Leggo Byron. Si è avverato il _suo augurio_:--«_que son coeur se
passionne pour ce qui est beau et grand!_»--Byron! I miei giorni non
sono sciupati: più che il tritume delle Accademie vale il vulcano
di Byron. Byron! io sento il mio cuore batter col suo! Che m'importa
se vivo solitario? Perdo poco perdendo le ciarle stupidine o
pretenziose o vuote dei cosidetti amici che sanno _vivere a questo
mondo, prendendo le cose come vengono_. Perdo nulla, perdendo, la sera,
le pettegole scipitaggini di un palchetto di femminucce... Byron! Tu
mi rifai il sangue. Tu mi animi. Tu mi ridoni i miei muscoli... Oggi
spero indeterminatissimamente, ma spero pel mio avvenire.--Ho veduto
mio padre assistere all'anniversarie preci per suo padre.--Mi consolo
ricordando, in una passeggiata in campagna, al sole primaverile, le
frasi della lettera di Lidia.--Che ancora per le fila provvidenziali
di Dio avessimo ad incontrarci?--Oh! possa il mio povero ricordo
tormentarti nelle ore delle tue frenetiche voluttà! Sposa sei?--O
mio Dio, come io desidero di morire!

_19 febbraio._--O mio Dio, sento uno di quegli sconforti, pensando al
mio passato!--Come vorrei esser morto! Piango!--Oggi, qui, dai tetti
di un terzo piano di povera gente mi giungeva la vocina balbettante di
un bambino.--Guardo il suo ritratto. Ma, mio Dio! sento che
inavvertitamente caricherei a palla, _sì_, una pistola antica, e in
questa febbre, inavvertitamente me la accosterei alla fronte.... Amo
Lei! Lei! Tutta la mia giornata è per _Lei_! Studio per Lei, di
giorno: studio per Lei, di sera! penso a Lei, di notte!--Penso ch'Ella
deve esser felice, e per non turbarla, non mi uccido! Ma chi più mi
trattiene? Che mi aspetta?--Che cosa è il mondo per me!--Se potessi
viaggiare e viaggiare e stancarmi!--Come passo le sere e le giornate
da solo.--Sere di primavera, coll'odore delle violette di Limbiate!
Giornate di primavera con una trista, strapotente insidia di
voluttà nelle membra!--_E voglio esser casto_! Chi lo sa? Chi lo sa
il mio martirio? Chi lo apprezza?

_3 marzo._--È primavera. È domenica. Suonano a distesa le campane.
Domani andrò a Limbiate e qualcosa saprò.... Avrò coraggio di
domandare di Lei?... Mi spaventa un tristo presentimento dacchè non
ha Ella risposto al mio biglietto.
Mio Dio! che vuoto! Non sono stato ad alcun veglione; eppure oggi io
mi sento tanto triste, e inquieto e svogliato, come se fossi stato a
sciupare la mia notte.... Mi conforta il pensiero che Ella leggerà
il mio libro _Lagrime e Sorrisi_. È _donna_ e lo capirà. Che importa
a me del mondo?

_6 marzo_.--Torno adesso da Limbiate, e subito corro quassù a leggere
queste mie memorie, e vorrei scrivere sempre un pensiero, sempre un
dolore, sempre un'illusione. Domani, giovedi grasso, quando gli altri
godranno, io scriverò, e penserò, e piangerò.
Non ho saputo niente di Lei!

_30 marzo_.--Il nostro povero cane di Limbiate è ammalato. L'amo
perchè è tanto legato alle mie memorie! Nel novembre 1873,
quando solo mi addormentavo nella mia stanza fredda gustando le sante,
melanconiche, dolcissime mie speranze: il povero cane mi dormiva a'
piedi del letto. Quando a cinque ore, al tramonto, io vedevo, fra gli
sterpi e le ruine scalcinate della darsena del laghettone, e
contemplavo nell'acqua il riflesso roseo del cielo e _sentivo_ la
solitudine delle acque e delle tristi pinete, fingendo di trovarmi
sulle rive del Mincio, e pensavo sospirando all'amore.... quando là
al laghettone, _riassumevo_ la giornata e chiusi i fascicoli di diritto
speravo e speravo e speravo!... il povero cane mi era accosto. E,
ricordo, ho sorriso a lui, che mi trovava solo, meditabondo, amoroso,
a quell'ora, a quel luogo! E credo qualche volta di avere avuto quasi
soggezione di lui!... Povero cane, povero amico!...
Tutti i giorni passavo un'ora o due al cimitero e pensavo alla _vita_, a
una fanciulla, ai bimbi, alle _sue_ toilette, ai suoi nonnulla, alle sue
scarpine, ai suoi guanti, alle sue moine,--lì fra le croci e le
foglie secche col sole pallido e le stradette umide io vivevo! O
speranze! o memorie!--Io lavoro: studio il tedesco. Mi avvinghio
sempre più al passato. Dove l'avvenire?

_31 marzo_.--È morto il cane! Povero _Chellen_! povero amico!.... A
poco a poco là s'infrangono gli anelli che mi legano al mio
passato.... O mio avvenire! O Lidia, se tu sapessi la mia
sensibilità, la mia poesia, le mie lagrime! Mi è caro tutto
ciò che nella mia memoria è legato con te... Ma non poteva Dio
volere ch'io non li vedessi, ch'io fossi tranquillo, ch'io amassi
un'altra fanciulla, ch'io a quest'ora fossi già _marito_ e _padre_,
ch'io fossi felice? Perchè Dio volle diversamente?... Crescono le
ardenze delle mie febbri, il corpo freme di bisogni fisiologici,
l'anima è sempre la stessa a comprendere la donna, il cuore è
gonfio, l'ingegno sente la ricchezza del sentimento e... Se tu sapessi
i miei scoraggiamomi!... Il mio passato!... O miei sogni, o mia
preghiera, o Dio, o Donna, o Tutto, o Lidia!... O Lidia, come ti
amo!--Ma che Dio sia almeno giusto, e faccia sì che il mio pensiero
dia anche a te un po' di questi tormenti.
Torno col pensiero al povero cane! Povero amico! sì, caro
testimonio di tante mie lagrime, di tanti miei dolori!
Leggo le mie memorie: è il saluto che le scrissi! E piango! Come il
cuore è gonfio!--La scienza è vana. Ieri ho ascoltato una grande
lezione di Antropologia: la genesi umana: la scimmia! O Lidia,
perchè non eri tu a casa mia, in un bel gabinetto, pieno di cose
d'arte e di profumi tuoi, bella, _mia_, sorridente? e perchè io non
potevo gittarmi a' tuoi piedi, pregando Dio attraverso Te!
Leggo il mio saluto. Oh se tu potessi piangere, come piango io!...
Eppure spero... Ci incontreremo, sarai _mia!_... Forse incominciano
adesso le mie battaglie... Perseveranza, Castità, Fede...
Speranza!... Lidia, ti prego in ginocchioni, dalla tua felicità (se
ti ricordi di me) mandami un poco di pace! Merito un poco di pace,
perchè delle mie idee arrossisco in faccia al mondo: non in faccia
a Te, non in faccia a Dio! Leggo il mio saluto.... Saluto eterno!...
La mia vita è condannata al tormento di perpetua illusione e di
sproporzionato sentimento!...
Torno dal cimitero. Ho visitato il campo degli stranieri: ho letto
iscrizioni tedesche e inglesi: Credo sia una buona azione il visitare
i poveri morti stranieri.--Come dalla morte a me sgorga il pensiero
della vita.--Ho visitato anche la Pinacoteca, _adorando_ le Madonne
del quattrocento... Sì, sì, il mio ideale della donna è divino.--Sei
maritata? Oh come penso tristamente alle tue gioie frementi di sposa!
Amavo meglio, nei mesi scorsi, pensare a' tuoi dolori di vergine!
Quand'io sognavo... la prima volta con te, a Firenze o a Venezia, io
promettevo, io giuravo di caderti innanzi ginocchioni, dicendoti
qualche mio pensiero delle _Lagrime e Sorrisi_, piangendo ch'io non
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