Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo, v. 03 (of 16) - 19

Total number of words is 4360
Total number of unique words is 1655
41.6 of words are in the 2000 most common words
58.0 of words are in the 5000 most common words
66.3 of words are in the 8000 most common words
Each bar represents the percentage of words per 1000 most common words.
nell'atto di montare a bordo del suo vascello, san Luigi si volse ai
suoi figliuoli ed in particolare a Filippo che doveva succedergli.
«Tu vedi, mio figlio, gli disse, come malgrado la mia vecchiaja
intraprendo per la seconda volta questo pellegrinaggio, mentre la regina
tua madre trovasi in età avanzata, e che, coll'ajuto di Dio, il nostro
regno essendo esente da turbolenze, vi godevo di quante ricchezze e
delizie ed onori è dato agli uomini di godere. Tu vedi, ti dico io, come
per la causa di Cristo e della sua Chiesa io non risparmio la mia
vecchiezza; non mi lascio smuovere dalle lagrime di tua madre, ripudio
gli onori ed i piaceri, e consacro le mie ricchezze in servigio di Dio.
Tu vedi come io conduco con meco te, i tuoi fratelli, e la tua maggior
sorella, e sai che avrei meco condotto ancora il quarto figliuolo, se la
sua età lo avesse permesso. Ho voluto farti rimarcare tutte queste cose,
affinchè quando dopo la mia morte avrai il governo del mio regno, non ti
esca mai di mente che non si deve nulla risparmiare per Cristo, per la
Chiesa, e per la difesa della fede, non la consorte, non i figliuoli,
non un regno. Ho voluto nella mia persona darne un esempio a te ed ai
tuoi fratelli, affinchè, quando convenga, facciate lo stesso[333].»
[333] _Surio in vita sancti Ludovici t. IV, die 25 augusti. Ap.
Rayn. Annales § 6. t. XIV, p. 175._
In fatti l'esempio del santo re ne aveva strascinati degli altri, quello
di Sicilia suo fratello, ed il re di Navarra, Teobaldo. Distinguevansi
pure tra i crociati Edoardo, figlio d'Enrico III, re d'Inghilterra, poi
suo successore, i conti di Poitou e di Fiandra, il figlio del conte di
Bretagna, ed un gran numero di nobili signori[334].
[334] _Guilel. de Nangiaco Gesta sancti Ludovici p. 383. in Duchesne
Scrip. hist. Franc. t. V._
Ma quest'ultima crociata, lungi dall'avere un successo proporzionato al
rango, alla potenza ed all'abilità de' principi che la componevano, fu
la più sventurata di tutte, in modo che la sua cattiva riuscita e le
triste conseguenze che ne derivarono, sconsigliarono poi sempre i
cristiani da così pericolose spedizioni. La flotta crociata non potè
spiegare le vele avanti luglio, e sbarcò sulle coste d'Affrica
un'armata, che dopo l'unione del re di Sicilia e del principe Edoardo,
pretendono alcuni numerosa di oltre duecento mila uomini, de' quali
quindici mila di cavalleria pesante[335]. La lusinga che il bey di
Tunisi farebbesi cristiano, e la supposizione di giugnere più facilmente
in Egitto lungo la costa dell'Affrica, fecero preferire questa strada
alla lunga navigazione dell'Arcipelago. Ma mentre stavasi aspettando il
re Carlo su quelle ardenti spiagge, fra i vortici d'arena che i Saraceni
avevano l'arte di dirigere sopra i Latini, l'armata fu assalita dalla
peste. Fra i più distinti personaggi caddero prima il principe Giovanni
di Francia, ed il cardinale Albano legato del papa: poi infermò lo
stesso re san Luigi, che morì il 25 d'agosto con sentimenti di pietà e
di rassegnazione degni della passata sua vita. Grandissimo fu il numero
de' principali signori e baroni morti in breve tempo dal contagio, e la
mortalità de' semplici soldati fu tale, che, senz'avere combattuto,
l'armata trovavasi già molto indebolita quando sopraggiunse Carlo
d'Angiò e ne prese il comando.
[335] _Gio. Villani l. VII. c. 37. p. 258._ — Guido da Corvaria,
storico Pisano coetaneo, dice che la flotta era composta di cento e
otto vascelli a due ponti, _gabiati_, di ventotto galere, e buon
numero di altri navi. _Fragment. Pisanæ Hist. t. XXIV, p. 676._
Con minori virtù e sopra tutto con minore disinteressamento, Carlo aveva
forse più talenti militari di suo fratello. Egli aveva aspettato a
sbarcare le sue truppe dopo la caduta delle piogge autunnali che
sogliono rinfrescare e purgare l'aere infetto di quelle spiagge.
All'istante, per allontanare le truppe da un campo ove la morte aveva
fatto tante stragi, le condusse all'assedio di Tunisi: e perchè il bey
spaventato offrì di entrare in negoziazione, Carlo si affrettò di
raccogliere i frutti de' generosi sforzi di suo fratello e di tanti
cristiani; accordò al bey la pace a condizione ch'egli sarebbe
tributario del re di Sicilia; indi facendo imbarcare i suoi soldati,
invece di compiere il suo pellegrinaggio e marciare in soccorso di Terra
santa, salpò verso i suoi stati. Molti crociati sdegnaronsi altamente,
vedendo che la politica di Carlo si faceva giuoco de' loro voti; ma
tutti ripresero la strada dell'Europa, ad eccezione di Edoardo e de'
suoi Inglesi, che continuarono il loro viaggio verso Terra santa, ove
giovarono molto alla difesa di san Giovanni d'Acri attaccato da
Bendocdar.
Ritornando i crociati in Europa, fecero un triste esperimento
dell'avidità e della crudeltà di Carlo. Innanzi a Trapani furono
assaliti da un'orribile burrasca che affondò diciotto grandi vascelli e
molti più piccoli con quattro mila persone[336]; e perchè molte navi,
spinte dalla tempesta ruppero sulle rive della Sicilia, ordinò Carlo che
fossero confiscati a suo profitto gli effetti di tutti i vascelli
naufragati, appoggiandosi ad un'antica costituzione del re Guglielmo,
che aggiudicava alla corona gli avanzi delle navi gettati dal mare sulle
coste. I Genovesi cui appartenevano quasi tutti i vascelli della flotta,
e che per formarne gli equipaggi avevano dati alla crociata più di dieci
mila uomini, erano in forza di antichi trattati specialmente esentati da
così barbara legge; ed in forza della legislazione de' cristiani lo
dovevano pur essere i crociati all'attuale servigio della chiesa: ma
quand'anche non si fosse potuto addurre verun altro privilegio, la
confisca non doveva giammai estendersi ai compagni d'armi del re, a
coloro ch'eransi con lui sottratti alla stessa burrasca come alle
medesime battaglie. Pure Carlo non volle udir ragioni: tutto fu tolto
agl'infelici naufragati, ed il re di Sicilia riebbe sui beni de' suoi
amici un tesoro eguale a quello che il bey di Tunisi aveva pagato per
liberarsi dall'assedio, e che il mare aveva inghiottito[337].
[336] _Monacus Patav. in Chron. l. III, p. 732._ — Qui termina la
cronaca del monaco di Padova.
[337] _Annales Genuenses l. IX, p. 551. — Uberti Folietta Genuens.
Hist. l. V, p. 175, 376. ap. Graevium._
(1271) Dopo essere rimasto poche settimane in Sicilia, Carlo venne a
Viterbo con suo nipote Filippo l'ardito, per impegnare i cardinali a
dare finalmente dopo due anni un capo alla chiesa. Mentre i crociati
trovavansi adunati in Viterbo, un gentiluomo francese vi commise un
delitto, che gl'Italiani risguardarono quale sicuro argomento della
ferocia de' suoi compatriotti, e come una nuova ragione di detestarli.
Gui, conte di Monforte, luogotenente di Carlo in Toscana, scontrò in
chiesa Enrico, figlio di Riccardo, conte di Cornovaglia e re de' Romani.
Volendo vendicare sopra di lui suo padre ch'era stato ucciso combattendo
contro il re d'Inghilterra[338], attaccò questo giovane principe ai
piedi dell'altare ove assisteva devotamente alla messa, e lo passò da
banda a banda collo stocco ch'egli teneva in mano; indi uscì di chiesa
senza che Carlo osasse ordinarne l'arresto. Giunto alla porta trovò i
suoi cavalieri che lo stavano aspettando — Che avete fatto? gli disse
uno di loro — La mia vendetta, rispose Monforte — Come? non fu vostro
padre strascinato?.... A queste parole Monforte rientra in chiesa,
prende pei capelli il cadavere del giovane principe, e lo strascina fino
sulla pubblica piazza. Dopo ciò si ritira nelle terre di suo suocero,
nella Maremma, senza che Carlo tentasse mai di punire un delitto
accompagnato da così odiose circostanze[339]. Edoardo d'Inghilterra, che
sopraggiugneva allora da san Giovanni d'Acri, partì da Viterbo
fieramente sdegnato contro il re di Sicilia. Filippo si pose in cammino
per tornare in Francia; e dopo la partenza di questi sovrani, i suffragi
de' cardinali riunironsi finalmente a favore di Tebaldo Visconti di
Piacenza, elle allora trovavasi in Terra santa col semplice grado
d'arcidiacono. Il nuovo pontefice prese il nome di Gregorio X, e venne
soltanto nel susseguente anno a mettersi in possesso della santa sede.
Quantunque Carlo mostrasse desiderio che i cardinali ponessero fine alla
lunga vacanza della santa sede, non ignorava probabilmente che questa
vacanza gli era più utile, che l'elezione di un papa indipendente. Di
fatti l'arrivo di Gregorio X (1272) fu la prima circostanza che diminuì
il suo potere in Italia. Gregorio, che tornava dalla Siria, ed aveva
veduti da presso i pericoli ed i patimenti de' cristiani d'Oriente, ad
altro non pensava che alla liberazione di Terra santa. Essendo lungo
tempo vissuto fuori d'Italia, non dava alle contese de' Guelfi e de'
Ghibellini quell'importanza in cui le tenevano i suoi predecessori; ed
altronde il loro principale oggetto era scomparso coll'estinzione della
casa di Svevia. La santa sede non aveva più nulla a temere dal canto
degl'imperatori, ed il pontefice credeva venuto il tempo di porre in
dimenticanza delle fazioni il cui solo oggetto era quello di azzuffarsi,
e di riconciliare degli uomini che non avevano giusti motivi di odiarsi.
Convocò in Lione un concilio generale per l'anno 1274[340], ed impiegò i
due anni precedenti a riunire gli spiriti divisi, a fare della
Cristianità un solo corpo, il quale potesse combattere gl'infedeli con
maggiore vantaggio.
[338] Simone di Monforte, conte di Leicester, era stato ucciso il
1.º agosto del 1265 nella battaglia d'Evegham presso di Conventris,
combattendo per la libertà d'Inghilterra contro Enrico III e suo
figliuolo Edoardo. Il suo corpo fu dai realisti obbrobriosamente
stracinato nel fango. Anche Gui di Monforte, suo figlio, era stato
in quella battaglia da mille spade ferito. Questi gentiluomini
appartenevano ad un tempo alla Francia ed all'Inghilterra.
[339] _Gio. Villani l. VII, c. 39. p. 260._
[340] _Litterae Encicl. de Concil. celebrando; ap. Raynald. § 21, t.
XIV, p. 192._
Quelle che potevano essere più utili all'impresa di Terra santa, erano
le repubbliche marittime; ma queste appunto avevano maggior bisogno
dell'opera del pontefice per sottrarsi agli attentati di Carlo, per
pacificarsi tra di loro, e calmare le intestine discordie. Pisa
trovavasi vessata dai Guelfi in nome della chiesa, Genova in aperta
guerra con Carlo e con Venezia, e Venezia attaccata da Bologna. Il papa
pose mano a calmare tante nimistà.
Per tale motivo Gregorio X si recò da prima in Toscana. Giunse in
Firenze il giorno 18 di giugno del 1273 col re Carlo e Baldovino II,
imperatore latino di Costantinopoli. Trovò in questa provincia i
Ghibellini avviliti dalle complete vittorie dei Guelfi. I Sienesi erano
stati rotti dai Fiorentini in giugno del 1269 innanzi a Colle di Val
d'Elsa ov'era perito il loro generale Provenzano Salvani, il più potente
loro concittadino; e pochi mesi dopo erano i Sienesi stati costretti ad
allearsi coi Fiorentini, a prendere parte nella lega guelfa, a
richiamare i Guelfi esiliati, scacciando i Ghibellini che gli avevano
fin allora governati[341]. I Pisani non erano stati molto più felici de'
Sienesi, e, battuti a Poggibonzi, si erano affrettati di fare la pace
con Carlo[342]. Ma in queste due città, siccome a Firenze, lo spirito di
partito erasi fatto più violento; i Ghibellini, trattati come ribelli di
padroni che prima erano, non sapevano assoggettarsi al nuovo ordine di
cose, e turbavano incessantemente la tranquillità delle repubbliche che
gli avevano esiliati.
[341] _Malavolti storia di Siena p. II, l. II, p. 38._
[342] _Guido di Corvaria Hist. Pisanae frammenta t. XXIV, p. 676._
Il papa spedì un legato a Pisa per riconciliare quella città colla santa
sede, benedirla e levare le censure ecclesiastiche[343]. In seguito
Gregorio fece adunare tutto il popolo di Firenze lungo la riva
dell'Arno, chiamò presso di sè i commissari de' Guelfi e de' Ghibellini,
e conchiuse tra loro un trattato di pace in presenza dei due sovrani che
l'accompagnavano. Ordinò che i Ghibellini tornassero alle loro case, e
che ricuperassero tutti i loro beni e privilegi tanto a Firenze che a
Siena; volle ostaggi da una parte e dall'altra pel mantenimento della
pace che si pubblicava, e pronunciò sentenza di scomunica contro il
primo che ne violerebbe le condizioni.
[343] _Guido de Corvaria Hist. Pis. fragmenta t. XXIV, p. 680._
Carlo d'Angiò risguardava questa pace come assolutamente contraria ai
suoi interessi, perchè faceva abbastanza forti i suoi amici onde non
avere più bisogno de' suoi soccorsi, e sottraeva i nemici al rigore
della sua vendetta. Per rompere questa pace, che gli era dannosa, non
credette di valersi di coperte trame e d'impenetrabili artificj; fece
sottomano sapere ai Ghibellini, che entravano in Firenze, d'aver dato
ordine al suo maresciallo di ucciderli tutti nella vegnente notte, se
non si affrettavano di ritirarsi. Il carattere di Carlo era abbastanza
conosciuto perchè si prestasse intera fede a tali minacce; onde tutti i
Ghibellini uscirono di città, prevenendo il papa dell'avviso ricevuto.
Questi più di loro adirato e contro Carlo e contro i Guelfi fiorentini,
si ritirò dopo quattro giorni in Mugello presso il cardinale Ubaldini,
rimanendovi il restante della state, e pubblicò l'interdetto contro
Firenze per avere mancato alla pace che aveva giurata[344].
[344] _Gio. Villani l. VII, c. 41. p. 263. — Ricord. Malasp. stor.
Fior. c. 198. p. 1018. — Leon. Aretino Hist. Fior. l. III, p. 85-90.
— Raynaldi Ann. Eccl. § 27, e seguenti p. 212, 213._
Le negoziazioni del papa per pacificare i Genovesi ed indurli a
soccorrere Terra santa non avevano miglior successo, ed era sempre Carlo
d'Angiò che le impediva. Due delle quattro più potenti famiglie di
Genova, i Spinola ed i Doria, collegatesi col popolo, avevano procurato
che si facessero molti cambiamenti nel governo per renderlo più
democratico; ed avevano in cambio ottenuto che i due capi di queste
famiglie, Oberto Doria ed Oberto Spinola, fossero dichiarati capitani
del popolo, ed incaricati per un tempo indeterminato di tutte le
incumbenze prima annesse alla carica di podestà. Questa rivoluzione ebbe
luogo l'anno 1270, nell'epoca stessa in cui Carlo d'Angiò, confiscando i
beni de' suoi proprj marinai genovesi, si alienava gli animi di que'
cittadini: e fu questo pei nuovi governanti un motivo di favorire i
Ghibellini. Dall'altra banda i Grimaldi ed i Fieschi coi capi delle
altre famiglie nobili non erano lungo tempo rimasti subordinati al nuovo
governo; perchè avendo inutilmente tentato di ribellargli molti
castelli, furono costretti di esiliarsi; e riparatisi alla corte di
Carlo, andavano istigando questo principe a muovere guerra a Genova per
farli rientrare nella loro patria.
Realmente Carlo segnò un trattato coi Guelfi emigrati, in forza del
quale dovea per molti anni tenere la signoria di Genova; e subito dopo,
senz'esservi stato provocato dalla repubblica, ordinò di prendere in
tutti i porli de' suoi dominj i mercanti genovesi che vi si erano
stabiliti sotto la guarenzia de' trattati, e di confiscare a suo
profitto i loro vascelli e tutte le loro proprietà. Questo ladroneccio
fu commesso in sul finire del 1272; ed in principio del susseguente
anno, giuntone appena l'avviso a Genova, seguirono le dichiarazioni di
guerra di tutti gli alleati del re, e di tutti i Guelfi del Piemonte.
I Genovesi dal canto loro dichiararono la guerra al re di Sicilia ed a
tutti i suoi alleati; ma, benchè ne avessero giusta cagione, non usarono
il diritto di rappresaglia, e si limitarono a dar ordine ai Provenzali e
Siciliani di uscire nel termine di quaranta giorni dal territorio
genovese, passato il qual termine, sarebbero trattati come nemici, e
presi i loro beni. Il pontefice cercava di pacificare i Genovesi; e
Carlo, approfittando dell'animosità che aveva eccitata nel partito
guelfo di Toscana, gli attaccava colle armi de' suoi alleati. Faceva
avanzare il suo vicario di Toscana nella riviera di Levante alla testa
de' Lucchesi, Fiorentini, Pistojesi ed Aretini, mentre il siniscalco di
Provenza invadeva la riviera di Ponente, e gli Alessandrini ed i
marchesi del Bosco e del Carreto entravano nella Liguria a traverso le
montagne del nord[345]. Pure i Guelfi furono battuti su tutti i punti, e
le truppe di Carlo furono rispinte.
[345] _Ann. Gen. Cont. Caffari l. IX, p. 555, 556, t. VI. — Ubertus
Folieta Genuens. Hist. l. V, p. 377._
Un'altra non meno importante guerra impediva ai Veneziani di soccorrere
Terra santa. Essi erano stati attaccati dai Bolognesi, i quali
pretendevano di non pagare le nuove gabelle, che i Veneziani avevano di
fresco imposte alle mercanzie che montavano o scendevano pel Po in mare.
Questa guerra che durò tre anni, e che sott'altri rapporti non presentò
verun importante avvenimento, fu assai notabile per essersi incominciata
dai Bolognesi quand'erano giunti al più alto grado della loro potenza.
L'armata che questa sola città mandò sul Po di Primaro l'anno 1270 per
fabbricarvi una fortezza che signoreggiasse la foce del fiume, era più
numerosa, che le armate colle quali Manfredi, Carlo d'Angiò e Corradino
eransi disputati il regno di Napoli; e molti storici la portano a
quaranta mila uomini. Vero è che per combattere i Veneziani in mezzo ai
canali ed in riva alle lagune, non potevasi adoperare che l'infanteria;
onde tutto il popolo prendeva parte in quest'impresa. Nelle altre guerre
non gli uomini mancavano, ma i cavalli e le armature, onde mettevansi
insieme pochissimi uomini d'armi. I Bolognesi ebbero compiuta vittoria
de' Veneziani che avevano tentato d'impedire i loro lavori.[346] Questa
fu la sola guerra che il papa potesse terminare nel presente anno;
avendone ottenuto l'intento colla mediazione de' frati minori: i
Bolognesi atterrarono il forte che avevano innalzato, ed i Veneziani
accordarono ai loro vascelli il libero paesaggio sul Po.
[346] _Andreæ Danduli Chr. Ven. c. 8. § 8. p. 380. — Cherubino
Ghirardacci Ist. di Bologna l. VII, p. 217 e 223. — Rayn. Ann.
Eccles. 1272, § 45. p. 200._
Il papa non doveva essere molto soddisfatto di Carlo d'Angiò. Invece di
favorire i suoi ambiziosi disegni, doveva temere l'ingrandimento di un
principe di già troppo potente per la libertà della Chiesa, e però di
questi tempi prese due determinazioni che limitavano l'attuale potere di
Carlo, e facevano cadere i suoi vasti progetti. Risolse di dare un
imperatore all'Occidente, e di riconoscere per imperatore d'Oriente
Michele Paleologo, che in tale occasione riconciliò i Greci colla chiesa
romana.
L'impero d'Occidente, dopo la deposizione di Federico II nel precedente
concilio di Lione, non aveva più avuto nessun capo universalmente
riconosciuto dai sudditi e dalla Chiesa. I principi tedeschi desiderando
come le città d'Italia di assicurare la loro indipendenza, parevano
avvertitamente prendersi cura di dividere i voti tra i concorrenti,
perchè niuno avesse a signoreggiarli. Inoltre ebbero l'accortezza di
scegliere all'estremità dell'Europa principi che non avevano nè
influenza ne rapporti colla Germania, onde la dignità imperiale altro
non fosse che un vano titolo, e perchè le loro liti non dessero alla
Germania cagione di guerre civili. Riccardo, conte di Cornovaglia, ed
Alfonso X, re di Castiglia e di Leone, fecero assai poco male a sè
medesimi ed al regno germanico colle opposte loro pretensioni. Riccardo
era morto del 1271 dopo aver portato quattordici anni il titolo di re
de' Romani. Alfonso era ancor vivo, e gloriavasi altamente de' suoi
diritti all'impero; ma, ad eccezione di pochi uomini d'armi che aveva
mandati ai Ghibellini d'Italia, non aveva presa alcuna parte alle
rivoluzioni del suo preteso impero, nè era una sola volta uscito
dall'antico suo regno per cercare di stabilire la sua potenza sopra i
suoi nuovi stati[347]. Forse alla Germania non veniva alcun danno da
così lungo interregno; ma perchè il papa disegnava di unire le forze
della cristianità contro gl'infedeli, desiderava di darle un capo.
Perciò Gregorio ricusò di riconoscere Alfonso per re de' Romani; scrisse
agli elettori, da tanto tempo divisi, di ritenere le antiche loro nomine
come non fatte; e gli strinse a radunarsi ed a scegliere tra i principi
tedeschi un uomo capace di rialzare co' suoi talenti il vilipeso impero.
L'anno 1273 fu eletto Rodolfo, conte d'Absburgo, tronco dell'attuale
casa d'Austria, essendo concorsi all'elezione non solo gli elettori, ma
tutti i principi di Germania. Questa nomina fu approvata dal papa, ed in
appresso dal concilio generale di Lione; innanzi al quale gli elettori
ecclesiastici, ed il vescovo di Spira, cancelliere di Rodolfo,
replicarono a nome del loro signore la promessa di rispettare le libertà
ecclesiastiche, e di non invadere i dominj della Chiesa[348].
[347] Disponevasi quest'anno a passare in Germania quando ebbe
avviso dell'elezione di Rodolfo. _Mariana Historia de las Hespañas
l. XIII, c. 22. p. 610._ Si osservi la lettera di Gregorio X ad
Alfonso del 16 delle calen. d'ottobre 1272. _Presso Raynaldo § 33 e
seguenti p. 197._
[348] Vedansi i diplomi presso _Raynald. § 7-12. p. 220_ — come pure
nel primo libro di Muller, l'origine della casa d'Absburgo, i
talenti e le virtù che Rodolfo spiegò nelle guerre de' suoi piccoli
feudi, e la sua inaspettata assunzione all'impero. _Geschichte der
Schweiz Eidg. B. I, c. 17. p. 507._
Il papa chiese pure a Rodolfo di non attaccare il re di Sicilia, nè di
far valere qual siasi diritto sul suo regno. Ma Carlo, benchè si
trovasse con ciò sotto la protezione della chiesa, era assai inquieto
per questa nomina d'un re de' Romani. Vedeva apertamente che la sua
autorità in Toscana ed in Lombardia, e lo stesso suo titolo di vicario
imperiale datogli dai papi, non potevano essere lungo tempo riconosciuti
da un imperatore tedesco; ed i motivi di malcontento che sapeva d'aver
dati al pontefice potevano fargli temere che questi non chiamasse
finalmente Rodolfo in suo soccorso per opporlo alle sue nuove
usurpazioni.
Gli ambiziosi disegni di Carlo non rimanevano entro i confini d'Italia,
ma stendevansi anche alla Grecia. Fino del 1267 aveva conchiuso un
trattato col fuggiasco imperatore de' Latini, Baldovino II[349], il
quale in vista de' promessi soccorsi cedeva a Carlo la sovranità del
principato d'Acaja, e quasi tutte le terre che nell'impero orientale
tenevansi ancora dai Latini, come pure gli prometteva la terza parte
delle conquiste che farebbero in comune. In pari tempo Baldovino fece
sposare a Filippo, suo unico figlio, Beatrice figlia di Carlo: ed
essendo morto Baldovino del 1272, Filippo prese il titolo d'imperatore
di Costantinopoli. Allora il re siciliano si credette strettamente
obbligato a soccorrere suo genero, perchè potesse ricuperare i dominj
de' suoi maggiori; ma Gregorio X aveva troppo a cuore gl'interessi di
Terra santa per permettere che un'armata crociata si adoperasse in
imprese straniere al suo scopo nella speranza di riconquistare
Costantinopoli, in tempo che aveva opportunità di allearsi
coll'imperatore greco, dal quale poteva essere potentemente soccorsa.
Accolse adunque gli ambasciatori che Michele Paleologo aveva mandati al
concilio di Lione[350] per trattare almeno in apparenza la riunione
delle due chiese, per la quale il papa veniva ad estendere la sua
protezione sull'impero orientale, come su quello d'Occidente.
[349] _Histoire de Costant. sous les empereurs françois par Ducange
l. V, c. 49, t. XX, p. 87._ Vedansi i patti di cotale trattato nella
raccolta degli atti giustificativi _p. 10_.
[350] _Nicephorus Gregoras l. V, c. 1 e 2, t. XX, p. 63. — Gregori
Pachymeris Hist. l. V, c. 10 ed 11, ec., t. XII, p. 205 e seg._
Glorioso, non v'ha dubbio, fu il pontificato di Gregorio X, ed avrebbe
lasciate più profonde tracce nella memoria degli uomini, se Gregorio
fosse vissuto più lungo tempo, o avesse avuto successori degni di lui.
L'Italia quasi interamente pacificata dalla sua imparzialità, dopo che
il furore delle guerre civili aveva spenta perfino la speranza di
riposo; l'interregno dell'impero terminato coll'elezione d'un principe
che si coprì di gloria e fondò una delle più potenti dinastie
dell'Europa; la chiesa greca riconciliata colla latina, e la lite tra i
Franchi ed i Greci per l'impero d'Oriente terminata in una maniera
giusta ed onorevole; un concilio ecumenico, cui assistettero cinquecento
vescovi, sessanta abati mitrati ed altri mille religiosi o teologhi, il
quale sotto la presidenza di questo pontefice si occupò di leggi utili
al cristianesimo e degne di così augusta adunanza; tali sono gli
avvenimenti che illustrarono il suo pontificato.
Una delle leggi di questo concilio ordinava di chiudere, come si praticò
fino al presente, i cardinali in conclave, obbligandoli con diverse
privazioni a riunire più presto i loro suffragi per l'elezione del capo
della chiesa. Non si accordò loro che un solo domestico o conclavista,
fu interdetta ogni comunicazione al di fuori, e ridotto il vitto ad una
sola vivanda la mattina e la sera[351]. Il lungo interregno che
precedette la elezione di Gregorio X, aveva pure spaventata tutta la
chiesa, e mostrata la necessità di prevenire simili avvenimenti, che
potevano finalmente privare per sempre il cristianesimo de' suoi capi.
[351] Vedasi il Canone _apud Raynald. § 24-26, p. 224_.
(1275) Per terminare gloriosamente il pontificato, preparavasi Gregorio
a condurre egli stesso una crociata in Terra santa, ed aveva impegnati
tutti i sovrani d'Europa a trovarsi personalmente in quest'impresa.
L'imperatore Rodolfo doveva esserne capo, e Filippo l'ardito, re di
Francia, Edoardo, re d'Inghilterra, Giacomo, re d'Arragona, e Carlo, re
di Sicilia, avevano promesso d'accompagnarlo[352]. A tutti i sovrani
erano state accordate le decime ecclesiastiche per sei anni onde
mettersi in istato di adunare le loro truppe, e l'anno 1275 destinato ai
loro apparecchi. In tale anno il pontefice scorreva l'Europa onde
stabilirvi la pace e riunire le forze del mondo cristiano pel grande
scopo cui erasi proposto. Ma, mentre portavasi a Roma, cadde infermo in
Arezzo e morì in poche ore ne' primi giorni del 1276. Appena era egli
morto che i re, cui aveva ispirato il proprio entusiasmo, rinunciarono
ai loro cavallereschi progetti; i Greci tornarono al loro scisma, ed i
Cattolici, interamente divisi, volsero gli uni contro gli altri quelle
armi che avevano destinate alla liberazione di Terra santa[353].
[352] _Raynaldi Ann. Eccles. § 42, ad annum p. 245._
[353] _Ib. an. 1276, § 1, p. 248._
(1276) Durante il viaggio del pontefice in Francia eransi manifestate in
Romagna, in Toscana ed in Lombardia le passioni compresse dalla sua
presenza, le quali egli sembrava avere incatenate col vigore e colla
santità del suo carattere. A Bologna, del 1273, un tragico avvenimento
aveva ridestato l'odio di due già rivali famiglie, le quali trassero
seco nella privata loro contesa tutti i cittadini, e fecero rapidamente
cadere la loro patria da quell'alto grado di potenza e di gloria cui
erasi innalzata in quell'epoca.
Da lungo tempo i Geremei trovavansi alla testa del partito guelfo in
Bologna, ed i Lambertazzi del ghibellino; e sebbene in questa città si
fosse prima che altrove manifestata la tendenza del popolo alla
democrazia, i nobili avevano saputo conservarsi sopra le fazioni quel
credito ch'era loro rifiutato nell'amministrazione della repubblica. I
Geremei ed i Lambertazzi, opposti in ogni occasione, avevano concepito
gli uni per gli altri una violenta avversione; ma il governo aveva fin
allora saputo contenerli, e reprimere i loro odj entro le stesse mura
ove sedevano ne' medesimi consigli.
Due giovanetti Bonifacio Geremei, ed Imelda, figlia d'Orlando
Lambertazzi, dimenticato il vicendevole odio delle loro famiglie si
amavano teneramente. Un giorno Imelda consentì di ricevere l'amante suo
nella propria casa; ma quando credevano di non essere osservati, una
spia rivelò ai fratelli Lambertazzi la debolezza della sorella: essi
entrarono furibondi nelle sue camere; l'incauta fanciulla appena ebbe
tempo di salvarsi colla fuga; senza che l'amante potesse fare
You have read 1 text from Italian literature.
Next - Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo, v. 03 (of 16) - 20