Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo, v. 01 (of 16) - 02

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diecisett'anni[14]: fu questo il passaggio del governo romano al governo
de' barbari. Odoacre si caricò agli occhi de' popoli dell'odiosa memoria
d'aver distrutto il nome ancora riverito dell'impero, ed avvezzò
gl'Italiani a risguardare in appresso come loro monarca uno de'
conquistatori settentrionali, che fino allora avevano considerati come
nemici, o come soldati mercenarj.
[14] Teodorico entrò in Italia l'anno 489, ma non ne ultimò la
conquista che colla presa di Ravenna, alla morte d'Odoacre l'anno
492. Una volta per sempre citerò in appoggio delle cronologie da me
adottate gli _Annali d'Italia_ del dottissimo Muratori.
(489) Quattordici anni dopo che Odoacre fu fatto re, Teodorico re degli
Ostrogoti entrò in Italia, consentendolo Zanone imperatore d'Oriente, ed
intraprese la conquista del regno di Odoacre, che terminò colla presa di
Ravenna l'anno 493. Teodorico che in gioventù era stato più anni alla
corte di Costantinopoli, univa alle virtù de' popoli barbari il sapere
delle nazioni civilizzate[15]. Egli intraprese di riunire e rendere
felici le due nazioni a lui soggette: chiamò gl'Italiani agl'impieghi
civili, i Goti alla milizia, e facendo rispettare l'Italia dagli altri
popoli barbari, fu il primo che ispirasse alcun poco di confidenza nelle
proprie forze agli avviliti Romani, che probabilmente incominciarono
dopo il regno di Teodorico ad avere in qualche pregio le antiche virtù.
[15] _Jornand. de reb. Geticis c. 52. p. 217, t. I. Scrip. Ital._
Ma se l'unione coi popoli settentrionali era utile al _rigeneramento_
de' Latini, altrettanto l'esempio di questi poteva snervare il valore
de' barbari. Nella stessa guisa quando si mischiano assieme due fluidi
di diversa temperatura, l'uno acquista il calore con pregiudizio
dell'altro: perciò i primi conquistatori dell'Italia perdettero in poco
tempo il natio valore. La dominazione Gota in Italia durò soltanto
sessantaquattr'anni[16], e gli ultimi diciotto anni della loro monarchia
furono impiegati in una sanguinosa guerra contro i Greci; durante la
quale Belisario, poi Narsete, conquistarono due volte l'Italia, e
distrussero il fiore di quella nazione che cinquant'anni prima faceva
tremare i Greci a Costantinopoli.
[16] Dopo l'invasione di Teodorico accaduta l'anno 489 fino alla morte
di Teja ed alla conquista di Cuma fatta da Narsete l'anno 553, i loro
re furono
l'anno 489. Teodorico.
526. Atalarico.
534. Teodato.
536. Vitige.
540. Ildebaldo.
541. ( Erarico.
( Totila.
552. Teja.
La storia degli Ostrogoti forma parte di quella del basso impero[17]; ma
non può riguardarsi come parte di quella che noi scriviamo, se non in
quanto i Goti furono i primi popoli barbari che s'incorporarono
cogl'Italiani. Le due nazioni soggette agli stessi padroni si unirono
strettamente: l'origine settentrionale de' Goti fu dai Latini
dimenticata; e da quell'epoca in poi non furono che un solo popolo.
Forse quest'unione non avrebbe avuto perfetta consistenza sotto la Greca
dominazione; ma questi non rimasero lungo tempo padroni dell'Italia.
Narsete che l'aveva conquistata e saviamente governata sedici anni, fu
richiamato a Costantinopoli dalla gelosa diffidenza dell'imperatrice. Il
vecchio generale, abbandonando il suo governo, affidava la cura di
vendicarlo ad Alboino (567) re de' Lombardi, che segretamente invitava a
scendere in Italia[18].
[17] Veggasi Gibbon _Decline and fall of the Rom. Empire Vol. VII.
cap. 41. e 43_. Il migliore degli storici Bizantini scrisse
minutamente la guerra de' Goti di cui fu testimonio. _Procop. Cæsar.
de Bello Goth. Lib. IV. Byzan. t. II._ I Goti ancora ebbero il loro
storico. _Jornades de Rebus Geticis_. Sembra che costui, allorchè
rovinò la sua nazione, si facesse monaco. _Scrip. Rer. Ital. t. I._
[18] Narsete morì a Roma di novantacinque anni nel 567 quando
disponevasi ad eseguire gli ordini di Giustino II. Alboino entrò in
Italia l'anno susseguente. Narsete viene accusato d'averlo chiamato
da Paolo Warnefrido: _Gesta Longob. Lib. II. c. 5. t. I. Rer. Ital.
p. 427_, e da _Anast. Bibl. Vitæ Rom. Pont._ in Vita Johannis III.
t. III. 133.
(568) Tra le nazioni germaniche quella dei Lombardi aveva nome d'essere
la più brava, la più fiera, la più libera. I Lombardi credevansi usciti
dalla Scandinavia[19]; e da oltre quarant'anni abitavano la Pannonia,
che cedettero gli Unni loro alleati, quando essi rinforzati da un
considerabile corpo di Sassoni, si avviarono alla volta d'Italia[20].
[19] _Paul. Warnef. de Gestis Long. l. I. c. 2. p. 408._
[20] _Ibid. l. II. c. 7. p. 428._
Malgrado la loro bravura, ed il loro numero, i Lombardi non ottennero di
occupare tutta l'Italia. L'immatura morte d'Alboino dopo il breve regno
di tre anni e mezzo, e l'anarchia che ne fu la conseguenza, arrestarono
le loro conquiste. Un popolo indipendente, fattosi forte nelle lagune di
Venezia, si sottrasse alla schiavitù lombarda. Roma col suo territorio,
che allora cominciò ad aver il nome di ducato, si tenne fedele
agl'imperatori d'Oriente sotto la protezione dei Papi[21]. L'Esarcato di
Ravenna, non che la Pentapoli che formava parte della Romagna, e le
città marittime dell'Italia meridionale furono dalle armi greche difese
contro i Lombardi: finalmente un principe lombardo, resosi quasi affatto
indipendente dai re della sua nazione, erasi stabilito nel centro delle
Provincie ond'è oggi formato il regno di Napoli, e vi regnava col titolo
di duca di Benevento. Intanto Alboino, ed i suoi successori avevano
stabilita in Pavia la sede del regno, che stendevasi dalle alpi fin
presso Roma.
[21] Ciò va inteso in senso assai largo, e con diverse
modificazioni, perciò che se i Papi tennero alcuna volta
coll'autorità loro, già cresciuta a dismisura, fedeli i Romani
all'impero Orientale, furono ancora quelli che sottrassero Roma
all'impero. N. d. T.
In tal maniera la conquista de' Lombardi fu per certi rispetti cagione
del risorgimento delle nazioni italiane. Principati indipendenti,
comuni, repubbliche, s'andavano agitando per ogni verso, e questa
contrada da tanto tempo addormentata incominciò a risvegliarsi. Poichè
nel susseguente capitolo avremo esaminata l'interna forma del regno
lombardo di Pavia, procederemo separatamente, e partendo sempre dalla
stessa epoca, a parlare del ducato e della repubblica di Roma, del
principato di Benevento, delle repubbliche d'Amalfi, di Napoli, di
Gaeta, di Venezia, e finalmente di tutte le popolazioni che si videro
allora acquistare un'esistenza politica.
(568 = 774) La monarchia de' Lombardi durò abbastanza gloriosa duecento
sei anni[22]; nel quale spazio di tempo ebbe ventun re[23], e tra questi
molti egregi ed illustri principi, come ne fanno prova le savissime
leggi che diedero al loro regno. Ma i Lombardi non s'unirono
agl'Italiani come fecero i Goti loro predecessori. Entrando in Italia
avevano più crudelmente abusato della vittoria[24], di quel che
facessero i Goti, per cui le due nazioni rimasero divise da un
implacabile odio, anche lungo tempo dopo la caduta della monarchia di
Pavia. Ascoltiamo il vescovo di Cremona Luitprando di origine lombarda:
«Noi altri Lombardi, egli dice, siccome i Sassoni, i Franchi, i
Lorenesi, i Bavari, gli Svevi ed i Borgognoni, disprezziamo di sorte il
nome romano, che, in istato di collera, non sappiamo proferire maggior
ingiuria contro i nostri nemici, che chiamandoli _Romani_; giacchè in
questo solo nome comprendiamo tutto quanto vi può essere d'ignobile, di
timido, d'avaro, di lussurioso, di menzognero, e per dirlo in una
parola, tutti i vizj[25].» I Romani dall'altro canto, non è a dubitarsi
che non avessero maggiore antipatia pei loro oppressori. Ma la razza de'
Lombardi prosperava in Italia; mentre quella de' Romani s'andava
gradatamente estinguendo. I corrotti ed effeminati costumi degli ultimi
li tenevano nel celibato; mentre l'attività, il desiderio di perpetuare
ne' loro discendenti col proprio nome la gloria ch'eransi acquistata,
consigliava i Lombardi al matrimonio. I pochi Italiani ancora
bastantemente ricchi abbandonavano un paese, che ogni giorno diventava
per loro sempre più straniero, e si riparavano nel ducato romano,
nell'Esarcato, nella Calabria greca, o nelle lagune veneziane, dove
trovavano concittadini nemici dei loro oppressori. L'indipendenza di
queste provincie, che i Greci abbandonavano quasi totalmente a se
medesime, la loro piccolezza, i continui pericoli cui trovavansi
esposte, ridestavano nel cuore degli abitanti l'amor di patria.
[22] Dall'anno 568 in cui Alboino invase l'Italia fino al 774 quando
Carlo Magno, fatto prigioniero Desiderio, o Diego, a Pavia, si fece
coronare in suo luogo re de' Lombardi.
[23] I re Lombardi in Italia furono
L'anno 569 Alboino.
573 Clefi.
584 Autari.
591 Agilulfo.
615 Adaloaldo.
625 Arioaldo.
636 Rotari.
652 Rodoaldo.
655 Ariberto I.
661 ( Pertarito, e
( Godeberto.
662 Grimoaldo.
671 Pertarito per la seconda volta.
678 Cuniberto.
700 Luitberto.
701 ( Ragimberto, ed
( Ariberto II.
712 ( Aliprando, e
( Liutprando.
736 Ildeprando.
744 Rachis.
749 Astolfo.
757 Desiderio, con
759 Adelchi suo figliuolo.
[24] _Paulus Warnefridus de Gestis Longob. lib. II. c. 32. p. 436._
[25] _Luitp. in Legat. t. II. p. 481_. Bisogna ricordarsi che
Luitprando parlava così a Niceforo Foca nel calore della disputa,
perchè questi gli aveva rinfacciato che Ottone suo signore non era
altrimenti Romano, ma Tedesco.
I popoli stranieri, esposti alla corruzione, ne furono la vittima prima
dei popoli civilizzati. Benchè i Lombardi conservassero fino alla
dissoluzione della loro monarchia la costituzione libera che si erano
data; benchè il codice delle loro leggi fosse migliore assai di tutti
quelli de' popoli barbari; benchè la forma irregolare delle loro
frontiere accrescesse, proporzionatamente all'estensione dello stato, i
punti di contatto coi loro nemici, e che questa stessa irregolarità,
chiamandoli a più frequenti guerre, dovesse più lungo tempo tener vive
le abitudini militari; pure l'influenza del clima, la fecondità delle
terre, la servitù de' popoli della campagna, snervarono anco i Lombardi.
Nel tempo de' loro ultimi re non avevano più il valore de' Franchi, o
dei Tedeschi; da lungo tempo non avevano guerreggiato che cogl'Italiani
e coi Greci; e quantunque superiori a tutti, avevano pure adottato il
loro modo di combattere[26][27].
[26] I Lombardi ebbero uno storico, forse il migliore de' mezzi
tempi, Paolo Diacono, o Warnefrido. Egli scrisse in sei libri la
storia della sua nazione dall'epoca in cui uscirono dalla
Scandinavia fino alla morte di Luitprando accaduta l'anno 774. Paolo
Warnefrido fu contemporaneo degli ultimi re Lombardi, e di Carlo
Magno: visse alla corte de' suoi re, poi dell'imperatore: e
ritirossi vecchio in un convento, ove scrisse la sua storia. Lasciò
inoltre alcune opere teologiche scritte per ordine di Carlo Magno.
Le sue cose trovansi stampate nel _t. I. Rer. Ital._ Gli fu
attribuito un breve frammento che prosiegue la storia de' Lombardi
fino alla caduta di quella monarchia _t. I. p. II. Rer. Ital. p.
183_. Ma lo stile e le passioni dello scrittore lo dichiarano
affatto diverso da Paolo, e piuttosto Romano che Lombardo.
[27] In questi due ultimi § il nostro scrittore distrugge due
principj da lui stabiliti nella prefazione; 1.º che il carattere dei
popoli, le virtù, i vizj ec., non sono quasi mai dipendenti dal
clima; secondo, che le nazioni barbare stabilitesi successivamente
in Italia non cambiarono la razza de' primitivi abitanti, per
essersi, per così dire, perdute nel vortice della nazione italiana.
Sembra anzi che in Lombardia non restassero poco più che Lombardi, e
gli schiavi destinati all'agricoltura. Ma anche in questo vi è
qualche cosa di esagerato. L'avveduto lettore saprà da sè medesimo
dedurre dai fatti storici le dottrine generali: quanto è facile che
lo scrittore sostituisca i suoi principj a quelli che si deducono
dalla storia! I sistemi sono sempre pericolosi, ed il più delle
volte fallaci. N. d. T.
La lunga inimicizia de' Lombardi coi Greci e coi Romani cagionò la
caduta della loro monarchia. Luitprando aveva conquistato l'Esarcato di
Ravenna e la Pentapoli; ma i di lui successori Astolfo e Desiderio,
volendo occupare inoltre il ducato di Roma, costrinsero i Papi a porsi
sotto la protezione de' principi Francesi[28]. L'anno 755 Pipino obbligò
Astolfo a rendere, o piuttosto a promettere al Papa la possessione
dell'Esarcato, e delle provincie conquistate a danno de' Greci. Del 774
Carlo Magno, chiamato in Italia da Papa Adriano, conquistò la Lombardia,
fece prigioniere Desiderio, e si pose in capo la corona de'
Lombardi[29].
[28] Ecco la prima chiamata de' Francesi in Italia. Forse potrà
giustificarla la debolezza dei Greci; ma non potranno scusarsi i
Papi d'avere in pregiudizio dell'Impero Greco accettata la donazione
dell'Esarcato di Ravenna. N. d. T.
[29] _Annal. Bertiniani scrip. Rer. Ital. t. II. p. 498. Chron.
Reginon. lib. II. Sc. Germ. Struvii, t. I. p. 36._
Gl'Italiani risguardarono tale conquista come una nuova invasione
barbarica: se non che i talenti e le virtù di Carlo Magno compensarono
in alcun modo il brutale impeto de' suoi sudditi[30]. Questo monarca
assoggettò quasi tutta l'Italia alla sua dominazione. I Lombardi lo
riconobbero loro re, e col nome di Patrizio ebbe pure la signoria
dell'Esarcato, e del ducato romano; ed in fine anche Arigiso duca di
Benevento fu forzato di riconoscere la sua supremazia, e di rendergli
omaggio. All'Italia così riunita, diede uno de' suoi figliuoli per re,
ma il giorno di Natale dell'800 ricevette egli medesimo, per
acclamazione, dai grandi e dal popolo di Roma il titolo d'imperatore. E
per tal modo ripristinò egli l'impero occidentale che si trovò composto
di tutta l'Allemagna, della Francia e dell'Italia, la quale, benchè
dichiarata regno di suo figlio, non fu, rigorosamente parlando, che una
provincia del nuovo impero. La famiglia de' Carolingi occupò il trono
d'Italia dal 774 in cui la conquistò fino all'espulsione di Carlo il
Grosso accaduta l'anno 888.
[30] I Greci, i Romani ed i Lombardi, ci rappresentano concordemente
le armate francesi, che più volte invasero l'Italia dai tempi di
Narsete fino all'età d'Astolfo, come le più feroci di tutte le orde
nemiche.
(774 = 814) Carlo Magno, uno dei più grandi caratteri de' mezzi tempi,
non tardò ad acquistare sui suoi coetanei l'influenza d'un uomo
straniero al suo secolo. E come v'ebbero prima di lui alcuni uomini
straordinarj, che coll'energia d'un carattere mezzo barbaro
signoreggiarono un popolo civilizzato; così un uomo che ne aveva
prevenuto l'incivilimento ebbe intero dominio sui barbari per la forza
del suo spirito, de' suoi lumi, de' suoi talenti. Carlo Magno
accoppiando alle qualità del legislatore quelle del guerriero, il genio
creatore alla prudente vigilanza che conserva e mantiene gl'imperj, si
trasse dietro sulla strada della civilizzazione le nazioni allemanne, e
finchè visse le rese capaci di giganteschi passi. Con un solo legame
riunì i Barbari ed i Romani sotto un solo impero, i vincitori ed i
vinti. Finalmente egli pose i fondamenti d'un nuovo ordine di cose per
l'Europa, d'un sistema che appoggiavasi essenzialmente sopra le virtù
d'un eroe, e sopra il rispetto e l'ammirazione che ispiravano le sue
virtù.
Non si creda però, malgrado lo splendore di tante conquiste, che il
regno di Carlo Magno contribuisse alla felicità degli uomini. Carlo
Magno è colpevole in faccia all'umanità; del regno de' suoi successori;
dei più malvagi secoli della storia dell'universo, il nono ed il decimo;
delle guerre civili dei Carlovingi; delle insultanti invasioni de'
barbari; della universale debolezza; della totale sovversione
dell'ordine, e del ritorno d'una barbarie più grande assai di quella del
secolo ottavo, nel nono e nel decimo[31].
[31] Dopo Jornandes, e Paolo Warnefrido, l'Italia non ebbe per molto
tempo veruno storico che si potesse loro paragonare. Non n'ebbe un
solo sotto il regno de' Carlovingi, quando non si voglia tener conto
di Agnello abbate di s. Maria _ad Blachernas_, il quale nel suo
_liber pontificalis_ dà la storia degli arcivescovi di Ravenna.
_Scrip. Rer. Ital. t. II. p. 1_. I Francesi n'ebbero in maggior
numero: gli Annali di Fulda, di Metz, Regino, ed Eginardo furono
pubblicati dal Duchesne _Scrip. Francor._ Gli Annali Bertiniani si
stamparono dal Muratori, _Scrip. Rer. Ital. t. II. p. 490_.
Carlo Magno fondò una monarchia quasi universale, ma non ha potuto, come
i Romani, consolidarla colle successive conquiste di sette secoli, e
temprare saldamente le catene che attaccavano l'una appresso l'altra le
nazioni vinte alla vincitrice, ed identificarle di maniera le une colle
altre, che venissero a formare un solo corpo. I sudditi di Carlo Magno,
sottomessi soltanto per il corso d'una vita, erano più tosto attaccati
alla sua persona che alla sua nazione. La feroce indipendenza di que'
popoli barbari si era prostrata innanzi a lui. Durante la loro
sommissione avevano perduto lo spirito nazionale, la forma propria del
loro governo, e tutto quanto poteva porli in situazione di mantenersi o
di difendersi; ma non avevano nemmeno preso ad amare una monarchia
affatto nuova; e l'idea del diritto e della giustizia era affatto
straniera a così violente istituzioni. Invano l'autorità sovrana
determinava tra i principi le successioni e le divisioni; questa
autorità mancante della sanzione de' secoli, cedeva a fronte
degl'interessi particolari, e dava luogo alle contese dei figli di Luigi
il buono. Gli ordini civili e militari non erano rinforzati da veruno
spirito nazionale, da veruna affezione dei popoli per un governo che
aveva sovvertiti tanti altri governi: e di qui ebbero origine le
invasioni de' Normanni e dei Saraceni, di qui la debolezza di un vasto
impero popolato da valorosi soldati, e non pertanto incapace di far
fronte ai più spregevoli nemici[32].
[32] I Normanni avevano già commesse alcune piraterie su le coste
quando ancor vivea Carlo Magno, ma non incominciarono a saccheggiare
la Francia che dell'836 e 837, quando devastarono la Frisia e
l'isola di Walcheren. _An. Bert. p. 523. Herm. Cont. Chr. p. 229.
apud Struv. Scr. Germ. t. I._ — I Saraceni cominciarono a
saccheggiare le coste d'Italia l'anno 839. Carlo Magno era morto in
gennajo dell'814.
Vero è che i successori di Carlo Magno furono tutti uomini senza
talenti; ma tale è pure l'ordinario andamento delle cose, e non era da
supporsi che il conquistatore dell'Europa, il fondatore d'una nuova
dinastia, dopo un regno glorioso di quarant'anni, avesse in oltre un
successore erede de' suoi talenti e delle sue virtù. Se ciò fosse
accaduto, se due o tre uomini come Carlo Magno avessero successivamente
occupato il trono dei Franchi, la monarchia universale sarebbesi
probabilmente mantenuta; ma l'Europa avrebbe perdute le prerogative che
la distinguono: sarebbesi forse più presto civilizzata, ma sarebbe
ancora rimasta in seguito _stazionaria_ come la China, senza energia,
senza forza, senza genio, senza virtù.
Effettivamente Carlo Magno figurò solo sulla scena del suo secolo; i
suoi Paladini non esistono che ne' romanzi; tra i suoi contemporanei, e
nella susseguente generazione, non sorse verun personaggio distinto. Il
secolo che lo precedette non mancò di grandi uomini; e tutti i popoli
soggiogati da Carlo, ebbero, come i Lombardi, capi meritevoli di essere
registrati nella storia. Almeno prima di lui la metà della specie umana
non era subordinata ad un solo capo, nè mossa dal capriccio d'un solo
uomo.
(814 = 888) Morì Carlo l'anno 814, e la sua famiglia non conservò che
settantatre anni la monarchia da lui fondata. Dopo alcuni regni
vergognosi e miserabili, Carlo il Grosso, l'ultimo de' Carlovingi, fu
deposto in novembre dell'ottocento ottanta sette, e morì due mesi
appresso. La storia de' Carlovingi non appartiene all'Italia, ma a tutta
l'Europa; e noi abbiamo la fortuna di poterci dispensare dal tenerle
dietro in mezzo alle scandalose guerre de' figliuoli contro il padre,
de' fratelli contro i fratelli, che ne formano la principale orditura.
Durante questo periodo di tempo l'Italia fu alquanto meno infelice degli
altri regni subordinati ai successori di Carlo, perchè governata
ventisei anni da Lodovico II principe virtuoso, nè senza talenti, nè
privo di bravura[33]; e fu appunto specialmente sotto il di lui regno,
che l'esempio del valor francese fece rinascere l'amore delle armi, e la
riputazione della milizia italiana. Le campagne d'Italia incominciarono
allora a ripopolarsi, e le città desolate dalle precedenti invasioni
ricuperano i loro abitanti[34].
[33] Luigi II fu associato alla corona l'anno 849, od 850, da suo
padre Lotario figlio di Luigi il buono. Morì in agosto dell'anno
875.
[34] I monarchi d'Italia della razza Carlovingia furono:
Pipino sotto Carlo Magno 781=810.
Bernardo figlio di Pipino 812=818.
Luigi il buono imperatore 814=840.
Lotario suo figliuolo 820=855.
Luigi II figliuolo di Lotario 849=875.
Carlo II il Calvo 875=877.
Carlomanno figliuolo di Luigi I di Germania 877=879.
Carlo il Grosso suo fratello 879=888.
Sotto il debole governo de' Carlovingi il patto sociale perdette ogni
forza: i re nelle guerre di famiglia furono obbligati di comperare i
soccorsi dei loro sudditi coll'accordar privilegi che resero nulla
l'autorità reale. Occupati nella difesa degli stati contro i nemici
stranieri, o resi deboli dalle loro guerre civili, eransi lasciati
pregiudicare in tutte le loro prerogative, sicchè appena ne' vasti loro
stati rimaneva qualche città o castello che non avesse un altro padrone.
Le province appartenevano ai duchi o marchesi, le metropoli ai vescovi,
le altre città ai conti; il re era senza autorità, quantunque i suoi
diritti non fossero mai passati in mano dei popoli.
(888) Gli avvenimenti ch'ebbero luogo dopo la deposizione di Carlo il
Grosso vogliono essere più attentamente considerati in quanto che si
avvicinano all'origine delle repubbliche. Appartengono in oltre più
strettamente alla nazione italiana che si trovò allora di nuovo
governata da un monarca italiano. Le rivoluzioni del trono, accadute nel
periodo di sessantatre anni dall'espulsione dei Carlovingi fino
all'incoronazione d'Ottone di Sassonia, posero in movimento, fissarono
il carattere nazionale, e svilupparono quella tendenza alla libertà
repubblicana, che ben tosto vedremo prender piede nelle città.
I Lombardi avevano divisa la loro monarchia in 30 principali feudi col
titolo di ducato, de' quali dovremo parlare con maggiore estensione nel
seguente capitolo, ove tratteremo del sistema feudale. Sotto la dinastia
de' Carlovingi furono i feudi ridotti a minor numero, non già, per
quanto sembra, in forza di alcuna legge, ma o col riunire più feudi
sotto un solo padrone, oppure dividendo un ducato in molte contee.
Perciò, allorchè fu deposto Carlo il Grosso, non eranvi in Italia che
cinque o sei grandi signori a portata di comandare alla nazione e di
disputarsi il trono. I grandi feudi di cui erano proprietarj, avevano
quasi tutti indifferentemente il titolo di ducato o di marchesato. Il
vocabolo di _Mart_ indicava presso i Franchi ed i Tedeschi i confini
degli stati; ed in fatto i soli grandi ducati conservati erano posti
alle frontiere dell'Italia, affinchè il loro signore potesse, ancora
senza essere soccorso dal monarca, difendere il regno dalle straniere
invasioni.
Il più potente de' grandi feudi d'Italia era quello di Benevento,
fondato da Zenone l'anno 568, e formato di quasi tutte le province che
oggi appartengono al regno di Napoli. Nel quarto capitolo, tracciando la
storia delle repubbliche dell'Italia meridionale che furono sempre in
guerra coi duchi di Benevento, dovremo con qualche accuratezza tener
dietro alla loro dinastia. Nel nono secolo erasi questo ducato diviso in
tre principati indipendenti, Benevento, Salerno e Capoa, che poi
s'indebolirono reciprocamente con ostinata guerra. È cosa notabile, che
que' signori non facessero mai alcun tentativo per ottenere la corona
d'Italia.
Uguale moderazione manifestò Adalberto conte di Lucca e marchese di
Toscana. Quel signore possedeva la bella provincia, che pare dalla
natura destinata a formare uno stato indipendente, avendola con una
linea di montagne separata dal resto dell'Italia. Fino ai tempi di Carlo
Magno trovansi memorie di certo Bonifacio duca di Toscana[35]. I suoi
discendenti continuarono a governare quella provincia un secolo e mezzo,
e la loro corte aveva credito d'essere la più splendida e magnifica
delle feudali.
[35] _Muratori Annali d'Italia all'anno 813_. La famiglia di
Bonifacio marchese di Toscana, di cui fu ultima erede la celebre
contessa Matilde, è stata l'argomento delle più diligenti ricerche
di Muratori e di Fontanini. _Memorie della contessa Matilde_.
Di questi tempi venivano spogliati dei loro feudi i marchesi di Fermo e
di Camerino, i quali governavano le due piccole province che ancora
adesso chiamansi le Marche, e che altra volta erano i confini che i
Lombardi dovevano difendere dalle aggressioni dei Greci. Il marchese
d'Ivrea possedeva una provincia del Piemonte, che altra volta formava la
barriera de' Lombardi contro i Franchi: ma due più potenti principi
disputaronsi soli la corona; Berengario marchese del Friuli, ossia della
Marca Trivigiana, e Guido marchese di Spoleti, ossia dell'Umbria. Gli
stati del primo stendevansi dalle Alpi Giulie fino all'Adige: a lui
spettava la custodia del passaggio delle Alpi, il solo che dia facile
accesso in Italia, e quello in fatti per cui eranvi entrati tutti i
popoli barbari nelle precedenti invasioni. Berengario discendeva
dall'antica famiglia dei duchi Lombardi del Friuli; e poichè Carlo Magno
s'impadronì dell'Italia, questa famiglia aveva contratto parentado colla
casa imperiale. Berengario era figliuolo del duca Eberardo e di Gisla
sua consorte figliuola di Luigi il buono[36].
[36] _Annali di Muratori all'anno 877. t. VII. p. 215. Hadr. Valesii
Berengarius Augustus, Scrip. Italic. t. II. p. 376._
D'altra parte Guido duca di Spoleti aveva aggiunte ai suoi dominj le
Marche meno considerabili di Fermo e di Camerino, e Guido I suo Avo,
approfittando delle guerre civili ond'era travagliato lo stato di
Benevento, ne aveva acquistata gran parte, o più tosto erasene
impadronito a tradimento[37]. Guido, da tale conquista reso uno de' più
potenti principi, era originario Francese, ed alleato della real casa
de' Carlovingi, come che non se ne conosca il modo. Dopo avere
assoggettata la Chiesa Romana a molti tributi, erasi riconciliato, ed
era stato adottato da Papa Stefano V. Oltre la rivalità di potenza,
Berengario e Guido avevano altro particolar motivo di vicendevole odio.
Guido poc'anni prima era stato per ordine di Carlo il Grosso messo al
bando dell'Impero[38], e Berengario aveva accettato il non agevole
incarico di muovergli guerra, e spogliarlo de' suoi stati[39]. Questi
due principi, pari in potenza, aspirarono al regno d'Italia tostochè
l'impero di Carlo Magno s'andava dividendo fra diversi padroni.
Imperciocchè lo stesso anno che Arnolfo, bastardo della razza
Carlovingia, impadronivasi della Germania, Luigi, figliuolo di Bosone,
faceva lo stesso del regno d'Arles; Rodolfo, figlio di Corrado,
dell'alta Borgogna, ed Eude, conte di Parigi, della Francia occidentale.
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