Storia della Repubblica di Firenze v. 2/3 - 42

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però in quell’egregio volume le Consulte e non poche lettere della
Signoria, che bene illustrano tutto quel fatto di Volterra.
[211] _Commentari_ di NERI CAPPONI.
[212] Il Doge avrebbe detto a Marcello Strozzi, che andò a Venezia per
la seconda pace di Ferrara: «Saprete voi, Fiorentini, gastigare quel
tristo del Signore di Lucca?» (Ivi.)
[213] Gli aveano risposto, che la Repubblica di Firenze non era
consueta spoppare bambini. (CAVALCANTI, lib. XI, cap. 6. — POGGIO,
_Storie_, lib. VI.)
[214] Scrive LEONARDO ARETINO nei _Commentari_, che _moltitudo urbana_
mirabilmente appetiva la guerra di Lucca. — Questa città era stata
sul punto di essere venduta da Braccio per cento mila fiorini. «Era
Gino Capponi Gonfaloniere di giustizia, e il popolo voleva l’impresa;
tennesene Consiglio, e determinossi del no pe’ savi uomini.» (_Ricordi_
del MORELLI, anno 1418.)
[215] _Ricordi_ del MORELLI, pag. 28.
[216] Un cartolaio che aveva votato la guerra contro Lucca ne
chiese più anni dopo assoluzione dal Comune dei Lucchesi. (Vedi le
_Commissioni dell’Albizzi_, tom. III, pag. 211.)
[217] Sono da leggere queste parole nel CAVALCANTI, lib. V, cap.
III, donde le trasse il Machiavelli: e l’Ammirato scrive, trovarsi
quel discorso in molti giornali o zibaldoni che si scrivevano dai
contemporanei. Il corpo di lui andò scoperto alla sepoltura, seguito
da Cosimo e da Lorenzo suoi figli con altri ventotto della Casa Medici
vestiti a bruno, e dai magistrati della Repubblica e ambasciatori che
allora erano in Firenze: costò il funerale tre mila fiorini. È con
la moglie sepolto sotto ad una bella tavola di marmo in mezzo alla
sagrestia di San Lorenzo.
[218] CAVALCANTI, tomo I, pag. 296. — POGGIO, _Storie_, pag. 180.
[219] _Commentari_ di NERI CAPPONI.
[220] CAVALCANTI, tomo I, lib. V. — _Examina_ di NICCOLÒ TINUCCI,
che sta con le Istorie di Michele Bruto volgarizzate dal P. Stanislao
Gatteschi. — Tra’ primi Dieci, con Neri di Gino e con Nerone di Dionigi
Neroni e con l’ambiguo Ser Martino, furono Alamanno Salviati uomo
aderente a parte Medicea, ed un artefice delle minori Arti per nome
Puccio d’Antonio Pucci, di scaltro ingegno e che fu a Cosimo grande
strumento. Dipoi tra’ Dieci, che ogni sei mesi mutavano, troviamo due
volte Cosimo de’ Medici ed una Lorenzo suo fratello, con altri dei
loro; poi Rinaldo degli Albizzi e Palla Strozzi, e degli antichi della
Repubblica Lorenzo Ridolfi e Agnolo Pandolfini, e fino allo stesso
Niccolò da Uzzano che molto aveva biasimato quella guerra.
[221] Vedi le lettere di Rinaldo e quelle dei Dieci a lui da’ 6 a’ 18
marzo 1429 stile fiorentino. _Commissioni_ ec, tomo III.
[222] Il Cavalcanti, che fu autore di tanto feroci accuse, toglie a
sè ogni fede co’ vituperi nei quali avvolge, non che Astorre, tutta la
schiatta di lui: nè il Machiavelli altro poi fece che tramandare alla
posterità le cose apposte dal Cavalcanti. — Il Gianni era in campo a’
9 febbraio, e disse a Rinaldo «avere chiesto licenza perchè non voleva
stare ai pericoli e agli stenti di qua, e che di lui si tenga costà dei
ragionamenti ch’egli ha sentiti ec.» Dipoi faceva pure conto rimanere,
tanto che ai 18 dello stesso mese praticava affinchè ai Dieci fosse
rappresentato com’egli nel campo fosse utile e necessario. Dei fatti
del Gianni è un molto ampio, e noi teniamo giusto, processo nelle note
apposte dal signor Guasti a quel che risguarda l’assedio di Lucca.
[223] Lettere del 9 e una dei 18 febbraio. _Commissioni_ ec., tomo III.
[224] _Commentari_ di NERI CAPPONI. — «Fu cosa da fanciulli; perdessi
tempo e danari e opere, per avventura fiorini quarantamila, e niente
riuscì: ma restò in vergogna e danno.» (_Ricordi_ del MORELLI, pag.
87.) — Vedi pure lettere de’ 6 e 8 marzo, _Commissioni_ di RINALDO,
tomo III.
[225] CAVALCANTI, _Storie_, lib. VI, cap. 15. — Filippo de’ Nerli,
assommando confusamente quei fatti, attribuisce all’invidia dei
contrari le querele date così a Giovanni Guicciardini come ad Astorre
ed a Rinaldo.
[226] POGGIO, _Stor. Fior._, lib. VI. — «Il Duca mandò ambasciatori
a noi, che dicevano ch’ei voleva mantenere la pace; e mostrocci
amorevolezza, che ci donò lioncini; e due anni il palio di San Giovanni
offerse a San Giovanni con l’arme sua, acciocchè noi ci dimesticassimo
con quell’arme.» (_Ricordi_ del MORELLI, pag. 88.)
[227] «Odievoli motti per li nostri male ammaestrati figliuoli per
tutta la città si cantavano: _Ave Maria grazia piena, dopo Lucca
avremo Siena_: e altri cantavano: _Guarti_ (guardati) _Siena, che Lucca
triema_.» (CAVALCANTI, lib. VI, cap. 18.)
[228] CAVALCANTI, lib. VI, cap. 24, 25.
[229] «Dissesi il Duca n’avea ritratto, tra danari e gioielli, la
valuta di duegento mila fiorini. Così si diceva in Firenze, ma credo
più.» (_Ricordi_ del MORELLI, 93.) — Il Cavalcanti però afferma, che il
Duca e lo Sforza non ne cavarono quanto si credevano.
[230] TOMMASI, _Storia di Lucca_ (_Archiv. Stor._, tomo X, lib. 2,
cap. 9). — MALAVOLTI, _Storie di Siena_, lib. II, parte 3ª. — «Si
disse in Firenze, che lo Sforza per cento mila ci dava Lucca, e che
Niccolò da Uzzano non volle; ed è vero, perchè ci metteva ne’ Borghi
di Lucca. Se l’avessimo acquistata non so.» — «Vedesi che i Fiorentini
erano bareggiati, e perchè alcuni ingrassavano, a tutto consentivano.»
(_Ricordi_ del MORELLI, 93.)
[231] NERI CAPPONI, _Commentari_.
[232] MALAVOLTI, _Storia di Siena_. — Vedi le Istruzioni e Relazioni
della Repubblica di Siena dal 1428 al 31, pubblicate nell’Appendice
all’_Istoria_ del Cavalcanti.
[233] TOMMASI, _Storia di Lucca_, lib. III, cap. 1. — POGGIO, _Stor.
Fior._, lib. VI. — NERI CAPPONI, _Commentari_. Da una Commissione
a Neri Capponi, che fu rinviato al Campo con altri due cittadini,
s’intravede la poca fede che ponevano nel Capitano quattro giorni prima
della battaglia. (Archivio di Stato.)
[234] Solo in una notte quattordici castella aveano mandate al
Piccinino le chiavi, e gli ufficiali della Repubblica, dei quali aveano
gli abitatori più da lagnarsi, vi rimasero prigioni. — «Io non ho forse
meno terre avute (diceva il Piccinino) per mancamenti de’ cittadini,
che per nimicizia dei villani. Questo è perchè mandano per guardia
delle fortezze lavoranti di lana; ai quali danno a quella ragione il dì
di soldo che alle botteghe avevano di salario.» — Giovanni Aguto avea
detto una volta ad Andrea Vettori, che andasse a fare dei panni, e a
lui lasciasse governare l’esercito. (CAVALCANTI, lib. VII, cap. 25 e
33.)
[235] Vedi _Commentari_ di NERI CAPPONI. Il carteggio di Neri durante i
due suoi Commissariati in quella guerra ci manca, e vorremmo noi porlo
a riscontro di quello che abbiamo di Rinaldo degli Albizzi.
[236] MALAVOLTI, _Storia di Siena_; e CAVALCANTI, lib. VII.
[237] AMMIRATO, _Storie_, anno 1431. — CAVALCANTI, _Storie_, lib. VII,
cap. 29, 30. — Questi, non mai dimentico d’essere egli di casa Grandi
come era il Mannelli, mentre biasima le armi date in mano ai villani,
si piace a dipignerlo grande e bello della persona, con un’accia
in mano facendo volgere al piloto diritta la prua contro la galera
genovese. Ma nel descrivere la partenza dei legni da Pisa il nostro
autore sembra pigliare la tromba epica quando rappresenta in sulle
sponde dell’Arno il popolo dei Pisani, attratto dalla ferocia degli
aspetti e dalle armi splendenti, bramare in cuor suo la sconfitta di
quei prodi ch’egli ammirava ma che a lui erano strumenti odiosi di
servitù. — Vedi _Archiv. Stor._, Appendice, vol. I, pag. 143.
[238] LEONARDO BONINSEGNI. — NERI CAPPONI. — «La Repubblica donava
a Micheletto un ricco elmetto coperto di rose d’oro suvvi un giglio
d’oro, e un cavallo coperto di chermisi broccato d’oro, e le bandiere
quadre del Comune riccamente fatte e messe d’ariento: costò detto dono
fiorini duemila: e un simile aveano fatto a Niccolò da Tolentino.»
MORELLI, _Ricordi_ (_Delizie degli Eruditi_, tomo XIX, pag. 106).
[239] NERI CAPPONI, _Commentari_. — MORELLI, _Ricordi_. — AMMIRATO,
_Storie_. — _Commissione di Rinaldo degli Albizzi_ per accompagnare
l’Imperatore, ultima del tomo III.
[240] In quella paco Maso andò contro ai maggiorenti della città, ma
fece al popolo cosa grata. (CAVALCANTI, tomo II, pag. 466 e seg.)
[241] CAVALCANTI, lib. VII, cap. 6, 7, 8. — MACHIAVELLI, _Stor._, lib.
IV.
[242] Vedi molte buone leggi da lui fatte fare a sollievo dei poveri ed
a mantenimento della giustizia. (CAVALCANTI, tomo II, pag. 464.)
[243] Niccolò da Uzzano si sarebbe lasciato sentir dire che dove
nella Repubblica dovesse diventar principe un suo cittadino, avrebbe
egli amato la _maggiorità_ di Cosimo piuttosto che quella di Rinaldo.
(CAVALCANTI. I, 381.)
[244] Rinaldo essendo potestà di Prato avrebbe fatto sequestrare certi
muli dei quali era Maso debitore a un vetturale che, per non avere
danaro pronto, era da un creditore suo tenuto in carcere. (Ivi, tomo
II, pag. 504.)
[245] «Io dico che quella cosa ch’è di tutti, è grandissima stoltizia
riconoscerla da pochi uomini; ognuno c’è per lo cuoio e per lo pelo,
secondo il suo grado e la sua facoltà: a me pare che sia somma prudenza
quello che non si può vendere, saperlo donare; con la legge tutto si
governi ec.» Parole di Rinaldo. (CAVALCANTI, lib. I, cap. 7.)
[246] «Averardo e Giovanni di Puccio ne scrisse in tuo servizio — tutto
conferisci con Ser Martino come con padre.» (Lettera di Rinaldo degli
Albizzi ad Ormanno suo figlio, 3 febbraio.) — «Veggio quello t’ha detto
Nanni Pucci, che è segno di buona amicizia: Averardo de’ Medici anche
me ne scrive da Pisa.» (20 febbraio.) — «Dillo con Ser Martino e con N.
Pucci e con chi ti piace; non t’allargare con troppi.» (Ivi.) — «Quanto
scrivi di Cosimo e d’Averardo e d’Alamanno ec.» (13 marzo.) Queste ed
altre parole confermano che Rinaldo avesse allora buona intelligenza
con gli amici di Cosimo e con lui medesimo.
[247] Vedi, tra le altre, la lettera ad Ormanno de’ 31 gennaio.
[248] _Examina_ del TINUCCI, che va con le _Storie_ di MICHELE BRUTO.
[249] _Storie_ di DOMENICO BONINSEGNI e AMMIRATO.
[250] Neri ne’ _Commentari_ scrive essere stato confinato per una legge
che si chiamava degli _Scandalosi et majorità_ (così anche un nostro
MS.): intendeva bastare a vincere il partito il maggior numero delle
fave, senza bisogno dei due terzi che per il solito ci volevano a
tali condanne. Le molte pratiche intorno a questa legge sono riferite
distesamente dal signor Guasti nelle Prefazioni da lui aggiunte alle
_Commissioni di Rinaldo degli Albizzi_, tomo III, pag. 167 e seg. —
Intorno alle pratiche di Neri col Papa, le quali furono a lui causa
del bando, vedi PLATINA, _Vita Nerii Capponi_ (in MURATORI, _Rer. Ital.
Script._, tomo XX, col. 480-90).
[251] Lettere dei 6 e 12 marzo 1430.
[252] Quanto all’ufficio di Senatore di Roma tenuto dall’Albizzi, vedi
l’Appendice VI, tomo III delle _Commissioni_.
[253] _Examina_ del TINUCCI.
[254] Vedi CAVALCANTI, lib. VII, cap. 8; e TINUCCI.
[255] FABBRONI, _Vita di Cosimo_.
[256] «Ecci chi vorrebbe, per fare vergogna e danno ad altri, che il
Comune avesse e vergogna e danno, e ingegnansi in quanto possono,
che questo abbi a seguire; che è cattiva condizione d’uomo. Parmi
nonostante che questa impresa sia ai più piaciuta, e che veduto la
cosa essere ridotta in luogo dove interviene l’onore del Comune, per
ciascuno si debba dare ogni favore possibile; et così fo in quello
posso qua, e simile conforto te, benchè sono certo non ne bisogni.» (Ad
Averardo de’ Medici, da Firenze 4 febbraio 1430.)
[257] «Mi pare la guerra sia più lunga non vorremmo, e tutto per
non l’aver voluta quando si poteva: sicchè Iddio perdoni a chi n’è
cagione.» (Accusa la quale non so a chi vada, nè a che accenni.) Allo
stesso Averardo, da Verona 21 ottobre 1430, ed altra da Ostiglia 1º
dicembre.
[258] Abbiamo la Posta del capitale in commercio spettante a Cosimo dei
Medici nel Catasto del 1432. I traffici per la fabbricazione di merci
e le accomandite di cambio andavano per compagnie, dove i Medici spesso
avevano la rata più grossa. Segue la Posta com’è nel libro:
Cosimo di Giovanni de’ Medici, figli e nipoti, pel
traffico di Firenze, di fiorini 120, tocca a loro. Fior. 78 15
Per la commandita di Bruggia e Londra, in loro ditta,
per fiorini 160, tocca loro 78 17
Per quella di Avignone e Ginevra, per la rata di fiorini
160, tocca loro 96 —
Pel traffico di Vinegia sotto la ditta di Pier Francesco
de’ Medici e compagni, per la rata di fiorini 100,
tocca loro 65 12
Pel traffico della Lana sotto la ditta Giov. di Cosimo
de’ Medici, per la rata di fiorini 30, tocca loro 18 15
Pel traffico della Lana dice in Piero di Cosimo de’ Medici,
per la rata di fiorini 60, tocca loro 28 15
Pel traffico di Pisa dice in Ugolino Martelli, per la
rata di fiorini 80, tocca loro 30 —
Pel traffico della Seta dice in Piero di Cosimo de’ Medici,
per la rata di fiorini 60, tocca loro 28 10
Somma in tutto il Catasto ed è l’imposta sul commercio
di Cosimo de’ Medici fiorini d’oro 428 —
CANESTRINI, _La Scienza e l’arte di Stato_, pag. 157. — La terra, le
case, l’entrate sul Monte, i crediti, i mobili, stavano da sè.
[259] VESPASIANO DA BISTICCI, _Vita di Cosimo de’ Medici_.
[260] Si trova in addietro l’una delle due Parti (non so quale) essersi
chiamati i Buoni e l’altra i Belli; e l’una Valacchi e l’altra Uomini
da bene. (CAVALCANTI, _Stor_., lib. I, cap. 1.)
[261] L’autore dal quale più cose traemmo circa lo stato della
Repubblica e il gioco vario delle parti, dicemmo noi essere devoto ai
Medici; ed è vero che Giovanni Cavalcanti, avverso al governo degli
Ottimati, encomia sempre con parole affettuose Giovanni dei Medici;
ma inverso Cosimo il linguaggio di lui ne sembra più adulatorio che
schietto, spesso involgendosi negli artifizi. Comincia l’_Istoria_ da
una sorta d’invocazione a Cosimo stesso, il quale vorrebbe chiamare
piuttosto uomo divino che mortale, siccome colui che dalla fortuna,
senno di Dio, venne favorito con tutte le sue divine potenze. Ma
vuole tacerne, «perchè egli conosce negli uomini le virtù non essere
in questa momentanea vita nè immutabili nè perpetue, e che allora
quando le felicità esaltano gli uomini, la ingratitudine sottentra,
e la superbia occupa le virtù.» Laonde nel seguito de’ tempi il
linguaggio del nostro autore si fa più severo, e aguzza la penna contro
a Cosimo ed ai suoi: finisce l’_Istoria_ compiangendo alla morte di
Rinaldo degli Albizzi, quando aveva perduto questi ogni speranza di
riacquistare la patria, facendo risorgere con armi nemiche lo stato
antico della Repubblica. Ma queste cose poi vedremo.
[262] «E’ danari del Monte tornarono a fiorini diciotto per cento e
non si trovava compratore.» (Febbraio 1432-33.) — «A’ 23 di aprile
1433 a ore 22 ci furono due cavallari con nuove della pace, e con
l’ulivo ch’ell’era conchiusa col Duca, e sonorono le campane, e fessi
fuochi. Non se ne rallegrò se non e’ poveri; e’ danari del Comune non
migliororono nulla.» (MORELLI, Ricordi; in _Deliz. Erud_., tomo XIX,
pag. 168.)
[263] FABBRONI, _Vita di Cosimo_, pag. 96.
[264] Della Pratica tace affatto il Cavalcanti, e così pure il
Machiavelli. — Forse dei nostri lettori taluno ricorda come nell’anno
1396 fosse pigliato con lo stesso inganno Donato Acciaioli: vi ebbero
molte circostanze somiglianti, ma era il caso troppo diverso.
[265] FABBRONI, _Vita di Cosimo_, pag. 75. — È un ordine dato in forma
di bullettino al Capitano del Popolo, perch’egli abbia a fare eseguire
la detta sentenza.
[266] CAVALCANTI, _Storie_.
[267] _Ricordi di Cosimo._ — FABBRONI, _Vita_.
[268] CAVALCANTI. — AMMIRATO.
[269] CAMBI, _Storie_ (_Deliz. Erud._, pag. 187).
[270] «Si volsero a ridurre la terra secondo l’uso del buon vivere e
pacifico, e a fare che niuno cittadino avesse più autorità l’uno che
un altro, se non quella che gli avevano dato la sorte e la dignità —
non pensavano che avevano a fare con un potente nemico.» — Sono parole
del buon libraio Vespasiano da Bisticci, che amico a Cosimo del quale
scriveva la Vita, era poi anche un fiore di galantuomo. E in altro
luogo aggiunge egli: «Non tolsero lo stato a persona, ma dettenlo a
tutti quelli che lo meritavano.»
[271] Il Cavalcanti compose (com’è suo costume) una lunga diceria
dell’Albizzi a fine di persuadere la chiamata dei Grandi a parte della
Repubblica, ed una di Mariotto Baldovinetti che dissuase il partito.
Dell’una e dell’altra il Machiavelli diede un estratto; ma sembra a me
sotto quei due nomi avere voluto il Cavalcanti spiegare a disteso come
l’aiuto dei Grandi ci volesse a reggere in piedi quel debole Stato, e
come i Grandi, cercati forse, non se ne degnassero.
[272] La Repubblica s’era intromessa per la liberazione del Tolentino.
Il primo d’aprile 1435 la Signoria scrive a Neri Capponi ambasciatore
a Venezia: «Questo dì c’è di nuovo che Niccolò da Tolentino è morto.
Il modo della morte, secondo che scrive Niccolò Piccinino a’ figlioli,
fu che andando del borgo di Val di Taro ad altro luogo per stanza, gli
cadde addosso il cavallo che cavalcava, et così morì. Questo è secondo
lo scrivere; la verità non sappiamo.»
[273] _Commentari_ di NERI CAPPONI. — BONINSEGNI. — GIOV. MORELLI,
_Ricordi_. — MACHIAVELLI, lib. V. — SCIPIONE AMMIRATO, lib. XX.
[274] _Ricordi di Cosimo de’ Medici_; FABBRONI, pag. 99.
[275] Il CAVALCANTI (lib. IX, cap. 27) dice «che la Signoria di
Venezia commise inoltre a certi suoi ambasciatori che erano per le
faccende della Lega in Firenze, che a’ nostri ufficiali del Catasto
favoreggiassero la posta di Cosimo come Veneziano cittadino.»
[276] Quando nel 30 andò a Verona fuggendo la peste, menava con sè
Niccolò Niccoli, quell’insigne ritrovatore di antichi libri greci
e latini, e Carlo Marsuppini d’Arezzo che fu poi segretario della
Repubblica.
[277] FABBRONI, _Vita di Cosimo_, note a pag. 86, 87. — ROMANIN,
_Storia di Venezia_, lib. X, cap. 7.
[278] Nel Catasto del 1427 la posta di Palla Strozzi era superiore
a quella di Giovanni de’ Medici e ad ogni altra: quegli pagava
cinquecento sette fiorini, questi trecento novantasette. (CANESTRINI,
lib. cit.)
[279] VESPASIANO DA BISTICCI, _Vita di Agnolo Pandolfini_.
[280] CAVALCANTI, lib. X, cap. 7. — Nella vita manoscritta di Palla
Strozzi, che abbiamo insieme con le altre vite della famiglia scritte
da Lorenzo Strozzi fratello a Filippo, si nega l’andata un po’ ridicola
del buon Palla, attribuendone l’invenzione al Machiavelli: si vede che
Lorenzo Strozzi non aveva notizia delle Istorie del Cavalcanti.
[281] _Storia_ di IACOPO PITTI, lib. I.
[282] «Il Papa aveva l’animo a volere il dominio della città, perchè
gliene fu data intenzione.» (_Commentari_ di NERI CAPPONI.)
[283] GIO. CAMBI, _Istorie_. — MORELLI, _Ricordi_; e AMMIRATO.
[284] GIOVANNI CAVALCANTI, lib. X, cap. 19.
[285] «E appunto in capo dell’anno, in quel medesimo dì, cioè a’ 5
d’ottobre, e in quella medesima ora rientrammo in su quello del Comune,
e in quel medesimo luogo. Di questo ho fatto ricordo, perchè ci fu
detto da più persone devote e buone, quando fummo cacciati, che non
passerebbe l’anno, che saremmo restituiti, e torneremmo a Firenze.»
(_Ricordi_, ec.)
[286] CAVALCANTI, lib. X, ultimi capitoli.
[287] BONINSEGNI, _Storie_. — MORELLI, _Ricordi_. — CAMBI, _Cronaca_. —
NERLI, _Commentari_.
[288] VESPASIANO DA BISTICCI, _Vite di Palla Strozzi e di Agnolo
Pandolfini_.
[289] «Nel mese di gennaio prossimo fui il primo tratto dalle borse
dello squittinio per Gonfaloniere di Giustizia; e al mio tempo non si
confinò nè si fece male a persona: ma Francesco Guadagni e più altri,
i quali trovai nelle mani del Capitano della Balìa, operai in forma
non morirono, ma furono condannati in perpetua carcere.» (COSIMO DE’
MEDICI, in fine ai _Ricordi_.)
[290] _Ricordi_ di FILIPPO RINUCCINI.
[291] «Qui autem Vexillifer Iustitiae in relegatione Cosmæ cum esset
capitaneus Pisis, vocatus ad judicium, in via sive subitanea morte,
sive veneno, periit.» (S. ANTONINO, _Chronicon_, pag. 504.)
[292] Scrisse agli Otto: «Io ho inteso il vostro bando, il quale come
uomo che non voglio errare, vi avviso che in casa non ho altre armi se
non un panieruzzo d’aguti, e un cultellino tutto intaccato, ed è della
fante, ec.» (CAVALCANTI, lib. X, cap. XXIII.)
[293] _Storia_ di GIOVANNI CAMBI.
[294] CAVALCANTI, lib. VII, cap. 27.
[295] CAVALCANTI, lib. X, ultimo capitolo. — _Storie_ di DOMENICO
BONINSEGNI. — MORELLI, _Ricordi_. — _Storia_ di GIO. CAMBI. — AMMIRATO,
lib. XX. — Commissione manoscritta, a Neri Capponi, dove si vede come
a Firenze avessero cercato non si guastare con Siena. Ved. _Appendice_,
Nº VII.
[296] Ma non voleva la Signoria di Venezia potesse ciascuno muovere
guerra a sua posta e tirare gli altri. Allegava: «esser maggior
pericolo che ciò da noi (Fiorentini) non venisse, perchè per avventura
siamo più leggieri a muoverci e mutiamo la Signoria spesso. Il perchè
talvolta si trovan di quelli che leggiermente vi salterebbon su, maxime
cognoscendo avere obbligato la Signoria di Vinegia a concorrere, ec.»
(Lettera della Signoria a Neri Capponi, rimasto in Venezia ambasciatore
per la Lega; 1º aprile 1435.)
[297] Il CAVALCANTI (lib. XI, cap. 3, 4) ha i nomi dei prigionieri e il
numero delle navi prese, ed a chi ciascuna di esse andasse venduta.
[298] MACHIAVELLI, _Storie_, lib. V.
[299] Legazione a Genova di Neri Capponi; copia presso noi. —
CAVALCANTI, lib. XI, cap. 7.
[300] GUASTI, _La Cupola di Santa Maria del Fiore_.
[301] AMMIRATO, lib. XXI.
[302] «Ognuno che è in attitudine, ha prestato, e chi gran somma e chi
mezzana e chi minore, secondo la sua possa.» (Lettera dei Dieci a Neri
Capponi commissario sotto Lucca; 1º aprile.)
[303] «Il Conte pose campo a S. Maria di Castello (_che prima il
Piccinino aveva espugnata_), e piantovvi una bombarda grossa di gitto
di libbre 530: in quattro pietre che trasse dalla bombarda nel pedale
della Torre, la fece cadere.» (N. CAPPONI, _Commentari_.)
[304] I Dieci nelle lettere a Neri insistono di continuo perchè
sia dato il guasto alle terre dei Lucchesi. «Il guasto si dia senza
più indugio, perchè per tutto Firenze non si grida altro; e se caso
sopravvenisse che non si potesse fare, credaremmo esserne lapidati.»
(Aprile 1437.) «Una delle maggiori e migliori sicurtà che possiamo
avere etiandio essendo d’accordo con loro (co’ Lucchesi), è ch’eglino
abbino bisogno d’essere pasciuti da noi e dalle terre nostre.» — «Co’
Lucchesi non è da stare a speranza d’accordo, perchè sono più gagliardi
che innanzi perdessero il contado.» (Luglio 1437.)
[305] _Commentari_ di NERI CAPPONI.
[306] «Si rannuvola verso la Marca, e dubitiamo che al Conte
non convenga fare provvedimenti.» — «Tu dii che il Conte ti pare
impensierito perchè crede dovere essere richiesto dalla Signoria di
Vinegia, ec.» (Lettere citate.)
[307] Insin da principio i Veneziani a quella guerra battevano
freddi, e per la dimora che il Conte faceva intorno a Lucca nasceva
qualche ruggine tra le due Repubbliche. Si trattava co’ Lucchesi
accordo, e i Dieci scrivono: «Noi abbiamo ammirazione di quello scrivi
dell’ambasciatore di Vinegia, che sia intervenuto nella pratica, perchè
a questa materia non vorremmo balii.» Neri aveva scritto: «Mentre il
Conte era in ragionamento meco, l’ambasciatore di Vinegia se ne venne
là senza essere chiamato; che mi parve presunzione. Avvisatemi come mi
ho a governare, ec.» (Lettere citate.)
[308] BONINSEGNI, _Storie_. — MACHIAVELLI, lib. V. — AMMIRATO,
lib. XXI. — TOMMASI, _Storia di Lucca_. — Il Papa in Bologna si era
molto adoprato per la pace, andando persino ad offrire ai Fiorentini
giurisdizione in Lucca, dove eleggessero essi il Potestà: non ci
credeano, ma pure inviarono a Bologna Nerone di Nigi; poi non ne fu
altro. (Lettere citate.) E se ne trova pure discorso in altre a Neri;
il quale avendo ne’ primi d’agosto lasciato il campo sotto Lucca, ma
essendo tuttora dei Dieci, era ito a Genova ambasciatore nell’ottobre
di quell’anno stesso per causa di mercanzie.
[309] MACHIAVELLI.
[310] Abbiamo (_Archivio Storico_, tomo XIII, pag. 299) un documento
del 31 agosto 1438, per la restituzione di due mila fiorini d’oro
prestati da Cosimo e Lorenzo dei Medici, per mezzo di loro soci
residenti in Basilea, alla nazione Germanica rappresentata in quel
Concilio, che avea promesso di rimborsarli sulle indulgenze pubblicate
ivi a favore di chi desse mano alla riconciliazione dei Greci alla
Chiesa.
[311] CAVALCANTI, _Storie_, lib. XI, cap. XIII.
[312] Abbiamo esemplari dell’atto di unione nella biblioteca
Laurenziana e nell’Archivio di Stato; sono grandi cartapecore con
le sottoscrizioni di mano del Papa e dell’Imperatore e de’ Padri del
Concilio. — Ved. CECCONI, _Studi storici sul Concilio di Firenze_.
[313] NERI CAPPONI, _Commentari_. — AMMIRATO, lib. XXI.
[314] N. CAPPONI, _Commentari_. — ROMANIN, _Storia di Venezia_, lib. X,
cap. 7.
[315] Il Machiavelli mette in bocca dei Veneziani questa sentenza
conforme al linguaggio ed alle idee di quei tempi: «ch’era infamia
perdere le terre, ma più infamia perdere insieme le terre e i danari.»
[316] Scrittori fiorentini; PLATINA, _Vita d’Eugenio IV_.
[317] LEONARDO ARETINO, _Commentari_.
[318] Neri Capponi aveva chiesto a Pier Giampaolo Orsino tenesse
sellati cento cavalli per la difesa della persona di Cosimo de’ Medici.
(CAVALCANTI, lib. XIII, cap. 6.)
[319] AMMIRATO, an. 1440.
[320] CAVALCANTI, lib. XIV.
[321] «Ieri furono i sospetti grandi, e i ragionamenti e pratiche
lunghe; finalmente, per non avere a prendere zuffa contro a nostra
voglia con Niccolò Piccinino, si deliberò di venire alloggiare qui
intorno Anghiari, e così siamo; ch’è, al parere di questi intendenti,
luogo forte e sicuro. Niccolò Piccinino è a piè di Celle, che a cinque
miglia siamo vicini.» (Lettera di Neri ai Dieci. A lato: Anghiari, 25
giugno 1440.)
[322] «Ieri fu presso che appiccata la zuffa. Ruppesi quattro lance, e
ognuno si ritrasse; e la cagione fu perchè Niccolò Piccinino venne al
Borgo con pochi e trovocci in punto.... Stamani nel campo suo si vede
molti fuochi, e pare a ciascuno che levi campo, e dove s’avvierà non si
sa albitrare; chi dice a Monterchi, chi al Borgo, chi verso Lombardia:
tosto il sapremo; secondo farà egli, converrà seguire a noi.» (Lettera
dei Commissari, scritta la mattina stessa de’ 29.)
[323] Il Machiavelli scrive, in tutta quella famosa giornata non essere
morto che un uomo solo caduto a terra e calpesto dai cavalli: ma Flavio
Biondo forlivese, ch’era in quei tempi segretario del Papa, conta dei
Ducheschi essere stati uccisi sessanta e quattrocento feriti; degli
altri dugento, e dieci morti, secento cavalli distesi al suolo dalle
artiglierie, e Astorre Manfredi rimasto prigione dopo essere stato
ferito d’un colpo di lancia nell’anguinaia. — «Andiamo al Borgo e
crediamo che s’arà oggi, perchè non c’è persona: faremo il me’ potremo,
col Legato.» — «Niccolò Piccinino ha passato l’Alpe: crediamo per ire
a Bologna, benchè alcuni dicano a Perugia.» (Lettera de’ Commissari,
1º luglio.) — Una lettera di Micheletto a Cosimo è tra i documenti
de’ quali abbonda la Vita di Cosimo pubblicata dal Fabroni, pag. 147.
— Vedi _Commentari_ di NERI CAPPONI e tutti gli storici. — SIMONETTA,
_Hist. Francisci Sfortiæ_, lib. 6 (in MURATORI, _R. I. S._, tomo XXI.)
— LEONARDO D’AREZZO pone termine ai _Commentari_ suoi tenendosi da
molto per essere stato uno dei Dieci quando si ottenne quella vittoria.
[324] CAVALCANTI, capitolo ultimo del lib. XIV. — Intorno al bando e
poi alla morte di Rinaldo è da vedere il libro delle _Commissioni_ sue
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