Storia della Repubblica di Firenze v. 2/3 - 41

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sollecitandolo affinchè scendesse in Italia a vendicare contro al
Duca di Milano la rotta data agli Armagnac e la morte del fratello.
(_Istruzioni a Pero di Ser Pero da Samminiato_, 6 marzo 1395 st. fior.)
— Vedi pure, circa le intenzioni del Papa, la Legazione a Roma di
Iacopo Salviati nel 1401. (_Deliz. Erud._, tomo XVIII, pag. 200.)
[86] «In questi tempi fece messer Maso degli Albizzi lega col Re
di Francia per noi, con certi disutili patti.» (MORELLI, _Ricordi
in Deliz. Erud._, tomo XIX, pag. 6.) — Vedi anche la _Cronaca_ di
BONACCORSO PITTI, il quale racconta distesamente le pratiche avute in
Parigi col Re e coi Signori, presso ai quali aveva famigliarità grande
pe’ molti viaggi da lui fatti in quella e in altre contrade, dov’era
stato mercante, soldato, grande giocatore e uomo di corte, sinchè in
Firenze non venne tardi agli uffici della Repubblica.
[87] Istruzioni a Maso degli Albizzi mandato a Parigi, 5 maggio; a
Bonaccorso Pitti, 18 luglio; a Leonardo Frescobaldi ambasciatore al
Papa, 14 dicembre. — Lettera al Papa, 4 novembre. — Lettere due al
Re ed una alla Regina di Francia, 18 e 31 dicembre. — Istruzione a
Bonaccorso Pitti rinviato in Francia, 16 gennaio (1397). — Istruzione
a Niccolò da Uzzano, 11 gennaio. — Scrivevano a Maso (1 luglio) _non si
parta dal Re senza nostra espressa licenza_. Questo volemmo notare come
indizio della soggezione in cui cercava la Signoria tenere colui che
ambiva pur d’essere come principe nella Repubblica.
[88] Lettera a Parigi, 28 agosto. — Vedi anche le Istruzioni a Palmieri
Altoviti e Lodovico Albergotti inviati a Milano, 13 giugno.
[89] Lettera al Re di Francia, 30 novembre.
[90] BONINCONTRI, _Annales Samminiatenses_.
[91] GORO DATI, lib. IV.
[92] MINERBETTI, _Cronaca_. — BONINSEGNI, _Storie_. — LIONARDO ARETINO,
lib. XI.
[93] MALAVOLTI, _Storie di Siena_, an. 1391-99.
[94] MORELLI, _Ricordi_, (_Deliz. Erud_., tomo XIX, pag. 6).
[95] MINERBETTI, _Cronaca_, an. 1399, cap. VII. — AMMIRATO, lib. XVI.
[96] MINERBETTI, an. 1399, cap. VII e X. Cantavano tra le altre laudi
questa:
«Misericordia, eterno Iddio;
Pace, pace, o Signor pio:
Non guardate al nostro error.»
Vedi anche LIONARDO ARETINO, sul principio del lib. XII.
[97] Afferma il Corio, che Francesco Gonzaga si riconobbe feudatario
del Duca di Milano, e di ciò furono celebrati solenni e pubblici
istrumenti.
[98] Vedi nella _Cronaca_ di GIOVANNI MORELLI, pag. 309, una satirica
descrizione della spedizione di Roberto, e della privata diplomazia
che facevano i mercanti fiorentini residenti in Alemagna, promettendo
a Firenze grandi cose dell’Imperatore, e a questo danari senza
averne dalla Repubblica il mandato. — Vedi poi tutta la legazione
di Bonaccorso nella _Cronaca_ scritta da lui, e le molte andate e
venute in Alemagna e a Venezia, a motivo di danaro che facesse muovere
l’Imperatore; il quale onorava Bonaccorso ed i fratelli suoi d’insegna
data da lui e del titolo di Conti Palatini.
[99] _Cronaca_ di GIO. MORELLI, pag. 314 e seg. — MINERBETTI, an.
1401-2, e BONINSEGNI, _Storie_.
[100] LIONARDO ARETINO, fine dell’_Istoria_. — CORIO, _Storia di
Milano_, part. IV.
[101] Legazione a Roma di Iacopo Salviati con Maso degli Albizzi.
(_Deliz. Erud_., tomo XVIII, pag. 214.) — Iacopo fu anche Capitano
delle genti che andarono contro agli Ubertini e ai Conti da Bagno.
(Ivi, pag. 220 e seg.) — Vedi anche la Commissione di Rinaldo degli
Albizzi quando era Potestà di Rimini, vol. I. (_Documenti di Storia
Italiana_, pubblicati a cura della R. Deputazione di storia patria ec.)
[102] MALAVOLTI, _Storie di Siena_.
[103] CORIO, _Storia di Milano_. — MINERBETTI, _Cronaca_, an. 1403-4.
[104] Bartolommeo da Scorno dovette pagare 25 mila fiorini d’oro, ed a
Gherardo di Compagno, altro ricchissimo cittadino, furono dati tratti
di corda finchè non ebbe messo fuori quanti danari egli si avesse.
(Diceria in fino de’ _Commentari_ di GINO CAPPONI.)
[105] Legazione a Genova di Bonaccorso Pitti, nella _Cronaca_ di lui,
pag. 76. — MORELLI, _Cronaca_, pag. 321 e seg. — MINERBETTI, pag. 490.
— FOGLIETTA, _Storia di Genova_, lib. IX. — Legazione in Francia di
Iacopo Salviati. (DELIZ. ERUD., tomo XVIII, pag. 230.) — Vedi anche
una lettera della Repubblica di Firenze a Carlo VI re di Francia, 24
aprile 1404, da noi pubblicata in principio dei _Documenti di Storia
Italiana_ (Firenze, 1836), allora ignorando fosse già stampata tra le
_Miscellanee_ del Baluzio.
[106] _Livres des faits du Maréchal Bouciquaut_, part. III, chap. 3, 4,
5.
[107] MINERBETTI. — MORELLI, _Cronaca_. — _Livre des faits de
Bouciquaut._
[108] GINO CAPPONI, _Acquisto di Pisa_. — MATTÆI PALMERII, _De
Captivitate Pisarum_. — MORELLI, _Ricordi_ (_Deliz. Erud._, tomo XIX,
pag. 11).
[109] GINO CAPPONI, _Acquisto di Pisa. — Livre des faits de
Bouciquaut_, part. III, chap. 11.
[110] MINERBETTI, _Cronaca_.
[111] GIOVANNI CAVALCANTI dice avere Gino salvato la vita ad Andrea
Vettori che i maggiorenti volevano condannare. I Capponi ed i Vettori
s’erano insieme legati di consorteria per contrapporsi ai Frescobaldi
loro vicini e in antico potentissimi. (Tomo II, pag. 520.) — Abbiamo
altrove distinto le consorterie di _sangue_ da quelle per _carta_,
com’era questa: il divieto di esercitare insieme gli uffici valeva
pei consorti come pei congiunti. Nell’anno 1453 ottennero quelle due
famiglie di non si dare divieto se non per la Signoria, Collegi e Dieci
di Balía, senza più darselo per gli altri uffici di dentro e di fuori.
(_Deliz. Erud._, tomo XX, pag. 302.)
[112] GINO CAPPONI, _Acquisto di Pisa_; e BONINSEGNI PIETRO, _Stor.
Fior._
[113] MINERBETTI, anno 1405, cap. XXIII.
[114] IACOPO SALVIATI, _Cronaca_ (_Delizie degli Eruditi_, tomo XVIII,
pag. 242, 46, 48, 54).
[115] MINERBETTI, _Cronaca_, cap. IX. — Vedi pure intorno all’assedio
lo stesso Minerbetti per tutto l’anno 1406. — BONINSEGNI, _Stor_.
— MORELLI, pag. 327 e seg.; e MORELLI, _Ricordi_ (_Delizie degli
Eruditi_, tomo XIX, pag. 12 e seg.).
[116] _Commentari_ di GINO CAPPONI.
[117] «Si pouvons dire et penser qu’il en est aux Florentins de
tenir ou non les convénances de susdit traité, puisque le Roi avait
revoqué l’acord fait avec eux et depuis sont venus à leur intention.»
(_Livre des faits,_ part. III, chap. 11, 12.) — Secondo quel libro
e secondo anche gli storici fiorentini, nel fatto di Pisa andavano
insieme il Duca d’Orléans e quel di Borgogna, sebbene tra loro nemici
capitalissimi. L’autore finisce poco dopo il Commentario della vita del
Bouciquaut, al quale intuona un panegirico dilungandosi nel dimostrare
la ingiustizia e la perversità delle accuse che il Maresciallo per quel
fatto ebbe alla Corte del suo Signore.
[118] Qui hanno termine i _Commentari_ di Gino Capponi, tenuti da molti
essere scritti da Neri; ma crediamo noi, che scritti da Gino in forma
d’appunti, fossero ampliati e distesi poi dal figlio, come solea farsi
di molte cronache di famiglia. Due letterati fiorentini di qualche
grido nel secolo XV, Matteo Palmieri e Bernardo Rucellai, latinamente
rifecero i _Commentari_, che il primo intitolava a Neri, ed il secondo
a Piero Capponi. Ma queste non furono altro che esercitazioni per dare
alle cose di Firenze aspetto e forma delle Romane, com’era usanza in
quella età: poco rilevasi dalla prima che giovi all’istoria, e nulla
affatto dalla seconda.
[119] MORELLI, _Cronaca_, pag. 339.
[120] Prefazione di Lelio Torelli alla edizione principe delle
_Pandette_.
[121] AMMIRATO, _Storie_; e MINERBETTI. — Il Cavalcanti registra
insieme queste due rapine tra le offese che più accendevano i Pisani,
quando nell’anno 1431 Giovanni Gualandi tentava muovere la sua patria a
scuotere il giogo e vendicarsi in libertà. (Lib. VII, cap. 20.)
[122] Vedi _Appendice_ Nº IV. Le gravezze imposte ai Pisani per l’opera
delle fortificazioni e più altri titoli nei primi tre anni passarono la
somma di cento mila fiorini. (Vedi CANESTRINI, _La scienza di Stato de’
Fiorentini sulle imposte_, part. I, pag. 128.)
[123] AMMIRATO, _Stor. Fior_., anno 1421. — GIOVANNI CAMBI (_Deliz.
Erud_., tomo XX, pag. 155) dice che vennero essi da quattordici città
della Magna, e descrive i privilegi.
[124] Vedi una lettera dei Dieci di balía al Capitano di Pisa, 14
gennaio 1431, dopo alla mossa inutile del Gualandi. (FABBRONI, _Vita di
Cosimo de’ Medici_, Appendice, pag. 8.)
[125] _Ricordi di Ser Perizzolo da Pisa_, agli anni 1439-1450. (_Arch.
Stor_., tomo VI, parte II, pag. 387.)
[126] GORO DATI, pag. 131.
[127] Ambedue furono chiari per dottrina e reputati di santa vita;
ebbe il Dominici anche titolo di Beato. Dal Concilio di Costanza, dove
intervenne, andò Legato in Boemia, fu amico a Sigismondo, e moriva in
Buda. (Vedi _Prefazione_ di DONATO SALVI alla _Regola del governo di
cura familiare del B. Gio. Dominici_; Firenze, 1860.)
[128] Andò in quei giorni a Gregorio in Lucca Gino Capponi (Legazione
MS.); e fu creduto avere egli dato gran mano ai Cardinali per quella
fuga e per le cose che indi seguirono. (_Deliz. Erud._, tomo XVIII,
pag. 369.)
[129] GIO. MORELLI, _Cronaca_, pag. 357.
[130] Vi andò le due volte Iacopo Salviati, che prima era stato
ambasciatore in Nizza a Benedetto. Sono da vedere le sue Memorie
(_Deliz. Erud_., tomo XVIII, 273, 290, 302), pregevoli per acume
e integrità di giudizi. Ebbe doni dal Comune, e fu onorato oltre
all’usanza pei servigi resi, e per avere mostrato in quelli grande
astinenza; virtù assai rara tra gli uomini di quella età. (GIO.
MORELLI, pag. 319.)
[131] Legazione MS. di G. CAPPONI.
[132] MINERBETTI, Stor. — BONINSEGNI. — AMMIRATO.
[133] RAYNALDO, _Annal. Ecclesiast._ — LENFANT, _Histoire du Concile de
Pise_.
[134] SALVIATI, _Legazioni_.
[135] Bonaccorso Pitti si vanta d’avere fatto egli in Francia al re
Luigi le prime aperture: pure Bonaccorso, brigante uomo, era molto
avverso alla setta che reggeva. Ma in Francia aveva grandi aderenze.
[136] Vedi SALVIATI, _Legazioni_.
[137] Un poco innanzi a questo trattato cessano insieme, e come si
fossero data l’intesa, i tre principali autori fiorentini che sin a
qui più spesso abbiamo noi consultati: il Minerbetti, il Boninsegni, il
Morelli. Questi, il più elegante e più vivace de’ Cronisti, da bastar
solo a fare onore alla lingua fiorentina nel secolo XV: il Minerbetti
copioso di fatti, pratico nelle faccende e di esse giudice assennato:
ampio il Boninsegni a forma di storia, continuata dipoi da un altro
Boninsegni magro scrittore: e già il pensiero degli uomini fiorentini,
stringendosi in sè, pareva andarsi assottigliando. Rimangono i
_Ricordi_ d’un altro Morelli, da noi citato alcune volte; nè cessano
quelli della famiglia Rinuccini.
[138] I Fiorentini ebbero in tutti quegli anni una politica decorosa,
intorno alla quale sono da vedere notizie cavate da pubblici documenti
nel Discorso di G. CANESTRINI. (_Archivio Storico_, tomo IV.)
[139] VESPASIANO DA BISTICCI nella _Vita di Agnolo Pandolfini_ scrive
che questi tornando con la pace fatta, fu presso a Firenze incontrato
da un amico suo, che lo ammonì com’egli portasse per quella pericolo di
perdere il capo.
[140] POGGIO, _Stor. Fior_., lib. IV. — BONINSEGNI DOMENICO. — _Ricordi
del_ MORELLI (_Deliz. Erud._). — AMMIRATO, _Storie_. — MURATORI,
_Annali d’Italia_. — SISMONDI, _Répub. Italiennes_.
[141] Nell’anno 1453 ottennero queste due famiglie di non si dare
divieto tra loro, se non per gli uffici maggiori, nel modo stesso che
lo avevano ottenuto in quello stesso anno i Capponi ed i Vettori (vedi
nota 2, pag. 101-102). La Storia delle consorterie rimane da fare; e
forse qualcosa avvenne in quell’anno, che fu tra gli effetti del nuovo
rimpasto dato alla Repubblica da Cosimo Medici e dalla sua parte.
[142] V’erano dei Medici, dei Tosinghi, dei Portinari, e Niccolò
da Uzzano vi teneva agenti suoi: vedi un pregevole discorso di G.
Canestrini su’ commerci dei Fiorentini in Ungheria e su’ vari negoziati
che la Repubblica ebbe con Sigismondo e con lo Spano; che forma
appendice a due Vite di quest’ultimo. (_Archiv. Stor_., tomo IV.)
[143] AMMIRATO, anno 1416.
[144] Istruzione originale appresso di noi.
[145] _Archiv. Stor_., tomo IV, pag. 262.
[146] Con ciascuno degli ambasciatori andavano due giovani di famiglie
qualificate; e Filippo Rinuccini, dal quale abbiamo questa notizia,
era uno dei due che seguitavano Bartolommeo Valori. Furono in tutto
sessantadue cavalli e dodici muli con la soma. «Fece l’orazione
Leonardo Dati, e durò circa un’ora; che mai s’udì simile orazione, che
v’era forse cento calamai a scriverla mentre che diceva.» (_Ricordi
storici_ di FILIPPO RINUCCINI.)
[147] Sulla venuta e sulla dimora del Papa in Firenze e sulle feste e
cerimonie vedi la _Cronaca_ d’un anonimo fiorentino. (MURATORI, _S. R.
Ital_., tomo XIX.)
[148] Narra Lionardo Aretino nei _Commentarii_ (_Rer. Ital._, tomo XIX,
pag. 931), come un giorno essendo col Papa, questi andando su e giù per
la camera, tra sè replicasse irosamente la cantilena, e come lo stesso
Lionardo cercasse placarlo, a tal fine enumerando i beneficii che la
Repubblica di Firenze gli aveva recati in quella dimora.
[149] _Ricordi_ di FILIPPO di CINO RINUCCINI.
[150] Vedi il testamento, le obbligazioni ed una lettera di Baldassarre
Cossa (_Archiv. Stor_., tomo IV), e i documenti pubblicati dal FABBRONI
insieme alla _Vita di Cosimo de’ Medici_.
[151] ROMANIN, _Storia di Venezia_, tomo IV.
[152] Intorno al commercio dei Fiorentini aspettiamo una compiuta
istoria. Infino a qui la migliore delle scritture che abbiamo è di
gran lunga il _Libro sulla Decima_, del PAGNINI, volumi quattro, con
falsa data, ma è Firenze 1765. Lo abbiamo in altri luoghi consultato,
e qui sono da vedere i cap. 4, 5 e 6 della parte III, sez. III. I
tomi III e IV contengono le molto pregevoli antiche scritture di
Francesco Balducci Pegolotti e di Giovanni da Uzzano, bastanti per sè
a mostrare la grande estensione che avea il commercio dei Fiorentini
nei secoli XIV e XV. Il Pagnini illustra ad una ad una le varie Arti,
e massimamente quelle principalissime della lana e della seta e delle
spezierie e pelliccerie; ma soprattutto quella del cambio, e i Banchi
tenuti in molte parti di Europa e d’Asia, e le Zecche d’Inghilterra e
d’altri luoghi, le quali andavano per conto d’uomini fiorentini.
[153] _Scrip. Rer. Ital_., tomo XIX, pag. 973.
[154] Una splendida pubblicazione fatta nel 1863 a Firenze ne porge con
altri il testo dei Trattati che il Federighi ed il Brancacci fermarono
al Cairo col Sultano d’Egitto. È la collezione dei Diplomi Arabi
che si rinvengono nell’Archivio Fiorentino e nel Pisano, illustrati
dottamente dal prof. Michele Amari, e stampati co’ bellissimi caratteri
che rimangono della Tipografia Orientale fondata dal cardinale,
poi granduca, Ferdinando dei Medici. Veggansi le pag. 59 e 60 della
Prefazione, e i Documenti che spettano agli anni 1421-22.
[155] Nel libro citato abbiamo notizia d’un Trattato che il Signore
di Piombino Iacopo d’Appiano cercava ottenere l’anno 1414 dal Califfo
di Tunisi. Aveva come Signore di Pisa pochi anni prima l’Appiano fatte
stipulazioni con quel Califfo, ed i mercatanti suoi cercava passassero
in Barberia sotto il nome favorito di Pisani, come appare dal testo di
quel Trattato, il quale sembra però non essere stato mai eseguito.
[156] AMMIRATO, anno 1429.
[157] GORO DATI, _Storia_, pag. 128 e seg.
[158] «Da questo suo pellegrinaggio prendendo gli scrittori spagnuoli
occasione, lasciarono di lui scritte cose favolose: raccontando
d’essere stato nel Cairo e nell’Armenia e nell’India, essergli
succeduti diversi e strani avvenimenti; essendo cosa certissima lui non
esser passato i termini d’Italia.» (AMMIRATO, anno 1428.)
[159] «I fiorini che si spendeano l’uno anno, in gran parte si erano
ritornati nell’altro anno, come fa l’acqua che il mare per gli nugoli
spande nelle piove sopra alla terra, e pel corso de’ rivi e fossati e
fiumi si ritorna al mare. I modi del ritornare sono assai: prima, quel
che i soldati spendono per la città e pel contado in arme e in cavalli
e in vestire e per vivere; mentre che stanno per le terre e il contado,
questa parte tutta si ritorna. Sonne rimasti fuori quelli che hanno
speso in altri luoghi; e di questi ne torna tutto dì per gli mercatanti
che stanno per tutte le terre del mondo a guadagnare, e mandano il
guadagno a casa. Sonne anche rimasi fuori quegli che i Capitani e gente
d’arme avessono avanzati e portati alle loro case: e d’altra parte ne
sono tornati dai loro sudditi, che hanno in detti tempi per bisogno
del Comune dati gran tributi e censi. E ancora ve n’hanno recati gran
numero i mercatanti e abitatori delle città e terre circostanti e
vicine, che sono venuti a Firenze per le mercatanzie e robe: non però
sono tornati tutti, ma hannogli avere dal Comune, che sono scritti
in su’ libri del Monte, che que’ tali cittadini gli debbono avere, e
rendonsi a poco a poco ogni anno, quando stanno in pace, delle rendite
del Comune che abbondano; e intanto che penano a riavere il detto
capitale, hanno di guadagno fiorini cinque per cento l’anno.» (DATI,
_Storia_, pag. 128.)
[160] PASSERINI, _Storia degli Stabilimenti di Beneficenza della città
di Firenze_.
[161] In fine al volume daremo l’ordine degli uffici nella città di
Firenze com’era in questi anni, descritto da Goro Dati nell’ultimo
libro delle Istorie sue; e come saggio de’ costumi, delle allegrie,
delle magnificenze e delle borie fiorentine, ne piacque per ultimo
aggiugnere la descrizione che il medesimo autore lasciò delle feste
solite celebrarsi pel San Giovanni. — Vedi _Appendice_, Nº V.
[162] Di queste feroci leggi si discorre molto ampiamente nella
sullodata _Istoria_ di quella famiglia che ha per autore il signor
Luigi Passerini.
[163] Vedi la _Cronaca_ di BONACCORSO PITTI, pag. 111 e seg., dove sono
registrati gli uffici di fuori e le borse ed i partiti che ci volevano
per ciascuno. — Vedi anche in più luoghi la _Cronaca_ del MORELLI.
[164] BONACCORSO PITTI, pag. 97.
[165] _Rex in foro, senator in curia, captivus in aula_.
[166] Vedi, tra gli altri, GIOVANNI MORELLI in più luoghi.
[167] Scrive FILIPPO RINUCCINI, che nella moría di quell’anno tra
Signori e Collegi ne morì nove.
[168] AMMIRATO, anno 1417.
[169] CAVALCANTI, tomo II, pag. 519.
[170] _Istorie_ di G. CAVALCANTI, pubblicate da F. L. Polidori;
Firenze, 1838.
[171] GIOVANNI CAVALCANTI, lib. I, cap. 7, e lib. II, cap. 1.
[172] MACHIAVELLI, _Storie_, lib. IV.
[173] Capitolo ultimo del primo libro, dove anche sono buone avvertenze
da economista. — Il MORELLI ne’ _Ricordi_ (_Deliz. Erud._, tomo XIX,
pag. 73) va più spedito: «Fate guerra, inducete guerra, date poppa a
chi nutrica la guerra. Mai è stata Firenze senza guerra, nè starà per
infino non taglia la testa ogni anno a quattro de’ maggiori.»
[174] «Per torci lo Stato, e indurci all’odio del popolo, fece la pace
col Re.» — Parole dal Cavalcanti messe in bocca di Niccolò da Uzzano;
lib. VII, cap. 8.
[175] AMMIRATO, _Storie_.
[176] Gino Capponi si trova essere stato contrario alla pace. Sono
da vedere i _Commentari_ di NERI di GINO che hanno principio da quel
fatto, narrato da lui distesamente e biasimato. — Vedi anche il lib. IX
del CAVALCANTI. — GIOVANNI MORELLI nei _Ricordi_ (_Deliz. Erud_., tomo
XIX, pag. 43) scrive che la pace «non fu intesa dal popolo, ma sì da
alquanti.»
[177] AMMIRATO, _Storie. — I Capitoli del Comune di Firenze,_
Inventario e regesto; tomo I.
[178] BONINSEGNI, pag. XIX. — POGGIO, _Storie_, lib. IV.
[179] GIOVANNI CAVALCANTI, _Storie_, lib. I e II.
[180] CAMBI, _Storie_ (_Deliz. Erud_., tomo XX, pag. 162).
[181] «La Signoria per trovar danari da mantenere la guerra fece due
Monti; uno per le fanciulle e l’altro pe’ fanciulli che s’avessero a
maritare. E questi erano, che mettendovi sopra cento fiorini, in capo
di quindici anni, essendo la fanciulla maritata o il giovane preso
moglie, ne dovesse avere per capitali e interessi cinquecento, e così
per rata di maggiore o minor somma; e morendo avanti detto tempo, il
tutto restasse nel Monte.» (AMMIRATO, anno 1425.)
[182] Il Machiavelli mette in iscena Rinaldo degli Albizzi invece di
Rinaldo Gianfigliazzi. — Iacopo Pitti, nell’_Istoria_, attribuisce
anch’egli il discorso al Gianfigliazzi.
[183] AMMIRATO, _Stor. Fior_., anno 1419; e _Giornale Storico degli
Archivi Toscani_, tomo IV, pag. 36.
[184] Intorno a queste Compagnie vedi le _Commissioni dell’Albizzi_,
tomo III, pag. 5 e 6, dove sono recate Consulte ec.
[185] Abbiamo a stampa (_Archiv. Stor._, tomo IV) un componimento
dell’Uzzano in terza rima, che fu appiccato, secondo si legge, al
Palazzo della Signoria un giorno dell’anno 1426. Di versi politici
troviamo frequenza nelle Biblioteche della città nostra: in questi
l’Uzzano predice imminente la caduta dello Stato per esservi entrati
molti nuovi uomini, e svolge il partito ch’è detto nel testo: propone
l’esempio della _donna Veneziana_, della quale erano i reggitori _stati
mille anni nei loro seggi_; consiglia far capo di nuovo alla _rossa
gallina_ (l’aquila rossa del magistrato della Parte guelfa) _che aveva
dormito_ dopo il settantotto; e vuole schiacciare la _malescia noce_,
per il che intendeva Giovanni de’ Medici, o certamente la parte sua.
[186] NICCOLÒ TINUCCI nella _Disamina_, della quale noi dovremo più
sotto discorrere, dice anzi che il Medici ne morisse di dolore. — Vedi
anche DOMENICO di LEONARDO BONINSEGNI, e i _Ricordi_ del MORELLI, e
quelli del RINUCCINI, e la _Cronaca_ di GIOVANNI CAMBI, e l’AMMIRATO,
agli anni 1427-28.
[187] Il Poggio, che molto si piace descrivere i casi di guerra e la
politica degli Stati, fa come se dentro non fossero Parti, e nulla
avvenisse di nuovo allora e di memorabile nella Repubblica di Firenze.
Nè diamo gran fede a Michele Bruto, che dopo un secolo e mezzo, o
quasi, ed egli vivendo tra’ fuorusciti, non avvalora di nuovi fatti gli
appassionati e spesso incerti suoi giudizi.
[188] Per grazia del signor Alberto Ricasoli Firidolfi abbiamo potuto
a grande agio consultare un Manoscritto dove Rinaldo degli Albizzi
trascriveva pel corso di trentadue anni la materia delle Legazioni
e d’altri uffici esercitati da lui fuori della città di Firenze.
In fine daremo l’Elenco delle Commissioni (_Appendice_, Nº VI);
ma tutta la serie dei documenti è ora pubblicata per le cure del
signor Cesare Guasti (_Commissioni di Rinaldo degli Albizzi per il
Comune di Firenze_; vol. III; Firenze, 1867-73), e da lui corredata
d’altre lettere e scritture e in molti luoghi di atti delle Consulte
che si riferiscono a quei fatti: nè so quale altra pubblicazione
potrebbe valere del pari alla illustrazione della Storia fiorentina
in quegli anni, la quale si trova rappresentata ivi con pienezza pari
all’evidenza. In quanto al trattenersi che fece in Firenze Rinaldo
contro alla voglia dei Dieci, i mesi di luglio e agosto 1426, ne’ quali
avvenne la radunanza in Santo Stefano, si veda il volume III delle
_Commissioni_, a pag. 8 e seguenti.
[189] GIOVANNI CAVALCANTI, lib. III; e NERI CAPPONI, _Commentari_.
[190] Notizie raccolte da G. CANESTRINI; _Archivio Storico_, tomo IV.
[191] _Commissioni di Rinaldo degli Albizzi_, tomo III. N.i 45, 47.
[192] Il CAMBI, _Storie_, anno, 1427, annovera i Capitani dei due
eserciti e le paghe.
[193] POGGIO, _Storie_. — CAVALCANTI, lib. III; e AMMIRATO. — ROMANIN,
_Storia di Venezia_, lib. X, cap. 4.
[194] POGGIO, _Storie_, lib. V.
[195] «E’ non è maraviglia se il Marchese non negasse il passo.
Più sarebbe stato maraviglia avendo il passo conteso: perchè le
universitadi de’ popoli sempre invidiarono i singulari Signori; e, non
che i Signori sieno invidiati da’ popoli, ma i popoli invidiano i loro
splendidi cittadini. Adunque a’ Signori è lecito nimicare i popoli....
e così l’unione de’ popoli è disfacimento de’ Signori. Adunque è folle
colui che rimette la libertà di molti nella guardia d’uno.» CAVALCANTI,
lib. IV, cap. 1 in fine. Vedi anche il principio del cap. 3., lib. III.
— Egli, sebbene magnate (e quale amico dei magnati vedremo sovente),
pure come antico guelfo e fiorentino, ti pare alle volte anch’egli
essere popolano; e nota più sotto come «nelle adornezze delle porpore
le lodi si danno più agli artefici che le fecero, che a quelli che le
portano.» (Lib. IV, cap. 2, e cap. VII, pag. 195.)
[196] CAVALCANTI, lib. IV, cap. 4. — MORELLI, _Ricordi_ (_Deliz.
Erud_., tomo XIX, pag. 78). — SERRA, _Storia di Genova_, tomo III, pag.
138. — CORIO, _Storia di Milano_.
[197] Intorno a questa pace, che fu conchiusa e tosto rotta, è da
vedere la Legazione Nº 49 di Rinaldo degli Albizzi nel tomo III delle
_Commissioni_.
[198] ROMANIN, _Storia di Venezia_, lib. X. cap. 5 e 6. — POGGIO,
_Storie_. — CORIO, _Storia di Milano_.
[199] Legazione pubblicata nell’Appendice alle _Storie_ del CAVALCANTI.
— I Fiorentini voleano sempre che il Signore di Lucca non vi fosse
compreso: fu egli nella pace solamente nominato e con ambigue parole.
[200] _Archivio Storico_, tom. XIII, pag. 252 e seg.
[201] MORELLI, _Ricordi_ ec., pag. 73.
[202] Vedi sopra Lib. IV, cap. I.
[203] Pubblicava il signor BERTI nel _Giornale Storico degli Archivi
Toscani_, tomo IV, pag. 32, con una sua Prefazione, le Consulte o
Pratiche degli anni 1426-27 relative alla formazione del Catasto.
L’atto dei 12 maggio 1427 riferisce il voto emesso da Giovanni a questo
modo: _ipse quidem nescit si fructus sequetur, vel non: sed, auditis
aliis civibus, idem secutus est._ — Ma bene aveva egli dannato le
spese, e detto essere la città esausta. _Cives exausti sunt pecuniis;
et querendum est ut minorem expensam habeamus: nam si examinetur summa
soluta per cives, innumerabile apparebit._ (Atto dei 7 marzo medesimo.)
[204] Nello Statuto del 1415 è una rubrica: _De Sclavis et eorum
materia_ (lib. III, rubr. 186, pag. 385). Non doveano essere _catholicæ
fidei_.
[205] La Provvisione per il Catasto venne pubblicata per disteso dal
PAGNINI in fine al vol. I _Sulla Decima_; il quale discorre questa
materia ampiamente nello stesso volume, parte I, sez. II, cap. 3 e
4. — In seguito il saggio delle quote andò crescendo, ma diversamente
secondo la rendita netta d’ogni cittadino, cosicchè dai cento fiorini
in giù pagassero sulla ragione del tre per cento, e poi su su infino al
mille, non oltrepassando il cinque per cento; il quale modo prima era
detto decima scalata, e in oggi è chiamato imposta progressiva. — Vedi
CANESTRINI, cap. III, _La Scala o l’Imposta progressiva_.
[206] Di tutta l’opera del Catasto, del modo cioè della esecuzione
che era più volte innanzi andata fallita, scrive il Cavalcanti essere
stato inventore un Filippo da Diacceto, «uomo di sottile ingegno e
molto esperto ragioniere; e con la penna in mano mostrò il modo d’avere
danari: e per cosiffatto scaltrimento fu fatto il Catasto, là ove tutti
i patrizi ebbero la soma col soprassello.» (Tomo II, pag. 480.) — Ma
sulla materia del Catasto è poi da vedere il libro citato del signor
Giuseppe Canestrini.
[207] CAVALCANTI, lib. IV, cap. 12.
[208] CAMBI, _Storie_ (_Deliz. Erud._, tomo XX, pag. 162 e seg.).
[209] _Cronichetta Volterrana_ (_Archivio Storico_, Appendice III, pag.
318).
[210] CAVALCANTI, lib. V. — _Commentari_ di NERI CAPPONI. — _Ricordi_
del MORELLI. — Ma soprattutto è da vedere il libro più volte citato
delle _Commissioni di Rinaldo degli Albizzi_. In esso manca la
Commissione LIV a Volterra, essendo le carte che la risguardavano
strappate di dentro al libro; ed il signor Guasti per buone ragioni
suppone che fossero levate di mezzo e distrutte da Rinaldo stesso,
perchè tra le cose fatte a Volterra ve n’era di quelle che Rinaldo
avrebbe voluto abbuiare e forse ancora egli medesimo obliare. Abbiamo
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