Storia della Guerra della Independenza degli Stati Uniti di America, vol. 4 - 19

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abbisognava. Rassettato che avesse il navilio, e ricevuto i nuovi
fornimenti di guerra, intendeva di andar a congiungersi a San Domingo
cogli Spagnuoli, e correre quindi unitamente contro la Giamaica.
Effettuata la congiunzione, avrebbero avuto gli alleati un'armata di
sessanta navi di fila, e da quindici in ventimila soldati da sbarcare,
forza prepotente, e tale, che una somiglievole non s'era mai in quelle
spiagge veduta. Non avevano a gran pezza gl'Inglesi forze nè terrestri,
nè marittime, le quali fossero sufficienti a contrastare a tanto
apparato. Imperciocchè Rodney, il quale si trovava a questo tempo alla
Barbada dopo la congiunzione sua ivi fatta con Hood, e l'arrivo
dall'Inghilterra di altre tre navi, aveva sotto il suo governo non più
di trentasei vascelli di alto bordo, soldati da sparmiare per le
guernigioni delle altre isole pochi, e nella Giamaica stessa si avevano
solamente sei battaglioni di stanziali, con anco entrovi, secondo
l'usanza di quei paesi, molte paghe morte, e le bande paesane. Il
terrore vi era grande, ed il governatore dell'isola vi aveva promulgato
la legge marziale, per la quale veniva a cessare ogni autorità ne'
maestrati civili, ed a conferirsi tutta ai Capi della guerra.
L'ammiraglio Rodney conosceva benissimo, che tutta la fortuna
dell'antillese guerra, e quella di tutte le possessioni inglesi in quei
mari totalmente pendevano dall'intraprendere la conserva di Brest,
primachè ella arrivasse nei porti della Martinica, e dall'impedire, che
l'armata francese non andasse ad accoppiarsi colla spagnuola a San
Domingo. Per ottenere il primo di quest'intenti era egli uscito al mare,
e talmente aveva la sua flotta arringata a sopravvento dell'isole, che
ella si distendeva dall'isola Desirada sino a quella di San Vincenzo in
su quella via, la quale tengono per l'ordinario le navi, che vengono
d'Europa per recarsi alla Martinica. E per maggiore sicurezza aveva
anche fatto affilar le sue fregate più in là a sopravvento, perchè,
speculando tutto all'intorno, avvisassero prontamente l'avvicinarsi del
nemico. Ma i Francesi, che pure subodorato avevano qual cosa, invece di
andare al solito viaggio per alla Martinica, la conserva loro talmente
avviarono, che, torta la via a destra verso settentrione, passarono a
tramontana della Desirada, e poscia piaggiando a sottovento la
Guadaluppa e la Domenica, la condussero a salvamento a Porto Reale della
Martinica. Fu questo molt'opportuno rinfrescamento ai Francesi, e
d'infinito cordoglio cagione agli Inglesi, ai quali nissun'altra
speranza rimaneva al preservarsi da una totale rovina in quei lidi,
fuori di quella d'impedire la congiunzione delle due armate francese e
spagnuola in San Domingo. A questo fine andò Rodney a porsi al
Gros-Islet in Santa Lucia, dove stava continuamente alla vista, e per la
vicinanza de' luoghi poteva facilmente, e spacciatamente venire
informato di quello, che si facesse il nemico al Forte Reale. Faceva
sopravvedere diligentemente il mare dalle veloci fregate. Attendeva
intanto a far acqua, e viveri, ed a porsi in grado a poter bastare ad
una lunga crociata.
In questo mezzo il conte di Grasse, poichè il tempo era da spenderlo in
operare, e non volendo più oltre indugiarsi al mandare ad effetto le
commessioni, che aveva dal suo Re ricevute, e che di tanta importanza
erano alla gloria ed alla prosperità del Reame di Francia, comandò alle
navi della conserva, nel preservamento delle quali consisteva tutta la
speranza dell'impresa della Giamaica, uscissero dal porto, e faceva lor
fare l'accompagnatura dai due vascelli di guerra il Sagittario, e lo
Sperimento. Poco poscia le seguitava egli stesso con tutta l'armata.
Avrebbe voluto, andando a seconda dell'etesie, indirigersi direttamente
a San Domingo. Ma preveggeva ottimamente, che sì facendo, ed ingombro,
com'egli era, con una conserva che sommava meglio, che a cento legni
passeggieri, ed in tanta costanza di vento, non avrebbe potuto tanto
vantaggiarsi, che l'armata inglese non sopraggiungesse. La qual cosa lo
avrebbe costretto alla battaglia, ch'ei voleva, e doveva schivare.
Perciò pigliò altro partito. Prendendo voga verso tramontana, iva con
tutto il suo numerosissimo navilio radendo le spiagge delle isole. Era
questo un molto conveniente consiglio, e ne doveva l'ammiraglio francese
sperare un felice evento. Poichè in tal modo conoscendo i suoi piloti
molto meglio degl'Inglesi le giaciture di quei lidi, la maggior parte
francesi, o spagnuoli, potevano più presso a questi spingere le navi. I
diversi canali poi, che fra quelle frequenti isole si frappongono, e
sicuri ricetti, e comodi venti offerivano contro il perseguitante
nemico. Oltracciò poteva egli ordinar di modo le sue navi, che quelle da
carico costeggiassero terra terra, mentre le guerresche si
appetterebbero al di fuori contro le nemiche. Dal che ne poteva nascere
facilmente, che le inglesi ne fossero spinte a sottovento; e perciò
fosse lasciata libera la via alle francesi per a San Domingo. Con questo
consiglio sperava il conte di Grasse di potersi appoco appoco sguizzare
sino al luogo destinato alla massa generale in quell'isola. Le fregate
inglesi, che stavano vigilanti alle poste, diedero tosto per mezzo dei
concertati segnali avviso dell'uscita della flotta francese
all'ammiraglio Rodney; ed egli che stava sull'ali, ed era pigliatore di
gran partiti, troncati tutti gl'indugi, salpò incontanente per andarla a
trovare. Era il giorno nono di aprile, e già i Francesi avevano
incominciato a spuntar la Domenica, trovandosi a sottovento della
medesima, quando si mostrò improvvisamente agli occhi loro tutta
l'armata inglese. De Grasse comandò ai capitani della conserva,
collassero tutte le vele, gissero ad apportar nella Guadaluppa. L'uno e
l'altro ammiraglio con eguale arte ed ardire si ordinavano alla
battaglia. Questa il Francese intendeva di combattere lontana per dar
tempo alla conserva di allargarsi, e per non commettere all'arbitrio
dell'incerta fortuna una impresa certa; l'Inglese manesca, perciocchè
non poteva sperare alle cose sue riparo, se non se in una vittoria
determinativa. Aveva seco il conte di Grasse trentatre navi di fila, tra
le quali si noveravano la Città di Parigi di 110 cannoni, cinque di
ottanta, ventuna di settantaquattro, le altre minori; erano le compagnie
delle ciurme pienissime, e si trovavano a bordo da cinque a seimila
eletti soldati di sopracollo. Governava il tutto, come capitano generale
il conte di Grasse; la vanguardia era guidata dal marchese di Vaudreuil,
il dietroguardo dal signor di Bougainville. Consisteva l'armata di
Rodney in trentasei navi di alto bordo, fra le quali una di novantotto
cannoni, cinque di novanta, venti di settantaquattro, e tutte le altre
minori. Era al governo di tutta l'armata l'ammiraglio Rodney,
dell'antiguardo il vice-ammiraglio Hood, del dietroguardo il
sotto-ammiraglio Drake. Avrebbero voluto gl'Inglesi venirne tosto con
tutta l'armata loro alle mani; ma trovandosi tuttora dietro le alture
della Domenica, ne erano impediti dal tempo bonaccioso. Solo meglio che
potevano, si ingegnavano di approfittar dei buffi, che di quando in
quando si levavano, per approssimarsi ai Francesi. Ma questi, essendo
più inoltrati verso la Guadaluppa, già godevano del benefizio del vento,
ed ogni mossa operavano, che loro pareva più opportuna. Infine la brezza
incominciò a gonfiar le vele della vanguardia Inglese, della quale
giovandosi Hood pervenne a tiro d'artiglieria presso l'armata nemica, e
si appiccò la battaglia alle nove della mattina. Era De Grasse
confidentissimo della vittoria. Perocchè combatteva con tutte le sue
forze contro una sola parte di quelle del nemico. Perciò l'incontro fu
molto aspro, e la pressa, che facevano i Francesi molto grande. Ma
gl'Inglesi, comechè con grave danno loro, fecero tal retta, che nè
rincularono, nè si smagliarono. Intanto le prime navi della battaglia
inglese, ottenuto il vento, venivano per soccorrere la vanguardia, che
pativa, e che aveva bisogno di aiuto, e giunte a tiro con una
incredibile furia entrarono anch'esse nella mischia; nè fu con minor
valore l'impeto loro dai Francesi ricevuto. Fulminava soprattutto
terribilmente colla sua nave il Formidabile, e colle due sue seconde il
Namur, ed il Duca, tutte e tre di novanta cannoni, l'ammiraglio Rodney.
Ma un capitano francese, il quale governava una nave di settantaquattro,
ostinatissimamente se gli opponeva, e fatta con magnanima risoluzione
voltare a ritroso la vela di gaggia dell'albero maestro per tôrre a'
suoi ogni opinione, ch'ei si volesse ritirare, e però fargli nella pugna
più ostinati, ferocissimamente combatteva contro le tre più grosse navi
di Rodney. E tanta fu la virtù sua, che un uffiziale inglese, scrivendo
a' suoi, lo ebbe a chiamare _divino Francese_. Arrivarono in questo
mezzo di mano in mano le altre navi di Rodney, e già poco anch'erano
lontane quelle del dietroguardo condotte da Drake. Per la qual cosa il
conte di Grasse, il quale avendo buono in mano non voleva rimescolare,
fece tirar indietro i suoi, ed in tal modo fu posto fine ad un
combattimento, nel quale non saprei, se stato sia maggiore il valor, o
la perizia delle marinaresche cose, che e l'una parte, e l'altra
dimostrarono. Non seguitarono gl'Inglesi, sia perchè avevano il vento
meno favorevole, sia perchè le navi della vanguardia avevano grave danno
ricevuto, massime le due il Real Pino, ed il Montagù, ch'erano la testa.
Il che vedutosi dall'ammiraglio francese, ordinò incontanente alle navi
della conserva, le quali avevano afferrato alla Guadaluppa, salpassero
di nuovo, e gissero al viaggio loro. La qual cosa essendo stata
diligentemente eseguita dal signor Langle, che le governava, arrivarono
esse, pochi giorni dopo, tutte felicemente a San Domingo. Alcune navi
francesi furono assai malconce. Fra le altre il Catone fu sì
danneggiato, che ne fu mandato per rassettarsi alla Guadaluppa. Queste
cose impedirono, che il conte di Grasse non potesse sì tosto, come
avrebbe voluto, rimontare al vento di quel gruppo d'isole, che chiamano
le Sante, siccome era il suo disegno, per recarsi poscia a sopravvento
della Desirada, e quindi difilarsi, passando a tramontana dell'isole, a
San Domingo. Gl'Inglesi, racconce le navi loro, di nuovo s'erano posti a
seguitare i Francesi. De Grasse sempre bordeggiava per riuscire a
sopravvento delle Sante, e già tanto aveva operato, che il dì undici,
superate le Sante, incominciava a spuntar a sopravvento della
Guadaluppa; e già aveva sì gran vantaggio preso dell'armata inglese, che
solo i gabbieri di questa, e ciò a gran fatica, potevano la francese
discoprire. Gl'Inglesi, i quali sapendo ottimamente, quanta posta vi
andasse, avevano con quella maggior celerità, che avevano potuto,
seguitato i Francesi, ora già erano pressochè totalmente disperati di
potergli raggiungere; e già i Capi ristrettisi tra di loro si
consigliavano, se non fosse miglior partito per lo servizio delle cose
loro il torsi giù dal seguitar l'inimico, e volger le prue a sottovento,
affine di arrivare, se possibil fosse, prima di lui nelle acque di San
Domingo. Mentre in questo fortunevole punto se ne stavano deliberando,
ed ansiosamente d'in sulle gagge velettando, incerti del destino, che
alla Giamaica soprastava, ed a chi dovesse dell'Inghilterra, o della
Francia la signoria delle Antille rimanere, ecco comparir di lungi, era
l'ora del mezzodì, due navi francesi, le quali non potendo pareggiare la
prestezza delle compagne, si erano lasciate, e si lasciavano
continuamente cadere a sottovento delle loro, e perciò più vicine
all'armata inglese. Erano queste il Zelante, il quale pare, che sia
stato destinato dai cieli ad essere in questi dì un fatale intoppo alla
fortuna francese, e la fregata l'Astrea, che il conte di Grasse gli
aveva mandato dietro, perchè lo rimorchiasse. Aveva poco prima questo
Zelante, non so se per imperizia di chi il guidava, o se per fortuito
caso dato di cozzo nella Città di Parigi, e ne ebbe rotti gli alberi
dello sprone e del trinchetto. Il quale accidente, rallentando il suo
abbrivo, l'aveva fatto rimanere indietro. Tosto si rinfrescavano nel
cuor degl'Inglesi le speranze di quella battaglia, che tanto agognavano.
Perciocchè credevano fermamente che ov'essi fossero venuti sopra alle
indietreggiate navi per pigliarle, l'ammiraglio francese sarebbe venuto
in soccorso di quelle, e per conseguente postosi nella necessità del
combattere. Per la qual cosa con incredibile contenzione d'animo
aiutandosi, ed incalzandosi l'un l'altro, poichè stringeva molto il
tempo, tanto fecero, che si avvicinarono di modo, che le due navi, se De
Grasse non le soccorreva, sarebbero senza fallo alcuno, prima che
abbuiasse, in poter loro venute. Credesi, e non senza ragione, che se il
conte contento alla gloria acquistata sulle rive della Virginia avesse
saputo moderare la propria fortuna, ed abbandonato a quel destino, che
le minacciava, le due fatali navi, avrebbe con felicità corsi i mari
fino a San Domingo, e là congiuntosi cogli Spagnuoli avrebbe spenta del
tutto la potenza britannica in quei lidi. Poichè già si era tanto
allargato a sopravvento, che quando avesse il suo cammino seguitato, non
sarebbe più stata riuscibile cosa agl'Inglesi il raccostarlo. Ma
giudicando, che fosse contro la dignità, e la riputazione di
quell'armata il sopportare, che così vicino a lei venissero predate le
navi, si risolvette, certo con animoso, ma non meno arrischiato
consiglio, ad andare in soccorso loro, mettendosi in tal modo, per voler
salvare una piccola parte della sua armata, in pericolo di perderla
tutta. Rivolse adunque le prue al nemico, e preservò il Zelante. Ma
intanto si fu di tanto spazio avvicinato, che fu sforzato ad ogni modo a
far la giornata. I due nemici ammiragli con grande animo, e con accesa
disposizione di tutti i loro vi si apparecchiavano, consapevoli l'uno e
l'altro, che in quella si combatterebbe la gloria dei due regni, e la
signoria delle Antille. Ma essendo l'ora tarda, e volendo i due generosi
nemici a buono sciente combattere, sino all'indomani mattina la
indugiarono; solo spendendo la notte nell'esortare i loro ad
apparecchiare i corpi e l'armi alla battaglia. Il campo, in cui si
doveva combattere, è un pelago posto tra le isole Guadaluppa, Domenica,
le Sante e Maria-galante; di qua e di là a sopravvento, ed a sottovento
acque infedeli, e lidi scogliosi. L'indomani all'ore sei della mattina
le due armate si attestarono attelate l'una a rincontro dell'altra,
avendo quella di Francia le scotte a orza, quella d'Inghilterra a
poggia. In questo punto essendo il vento, per aver variato da levante a
scirocco, diventato più favorevole agl'Inglesi, questi giovandosene
tosto ai spinsero avanti colla vanguardia, e colla maggior parte della
mezzana schiera, e pervenuti a mezza gittata di cannone incominciarono
una fierissima battaglia. Durò essa dalle sette della mattina sino alle
sette della sera. Di mano in mano gli altri vascelli inglesi della
squadra di mezzo, e la più parte di quei del dietroguardo, incluso il
Barfleur, capitanato dallo stesso Hood, arrivarono anch'essi a tiro, ed
affilatisi vennero a parte del combattimento. Il Zelante in questo
mentre condotto a rimorchio dall'Astrea si avviava alla Guadaluppa.
Nissuno creda, che mai in altre battaglie maggior valore d'uomini
affocatissimi nel voler riportare la vittoria si sia dimostrato, come in
questa e Francesi, ed Inglesi dimostrarono. Spesseggiavano le fiancate;
il fumo, il rimbombo, il fracasso, e lo stroscio delle navi, che si
tritavano, eran orribili. Il Formidabile, ch'era l'almirante, trasse
fino in ottanta fiancate; la Città di Parigi altrettante. Stette un
pezzo dubbia la vittoria. Le navi si dirompevano con grossi sbrani ad
ogni momento, e l'anelito degli uomini era grande. Dal bel principio
della battaglia gli Inglesi, secondo l'usanza loro, avevano fatto pruova
di ficcarsi in mezzo e di romper l'ordinanza francese. Ma non avendo il
vento abbastanza propizio per potersi lanciar con quel momento, che
sarebbe stato necessario, e da un altro canto avendo i Francesi fatto
gran retta, furono risospinti. Intanto la vanguardia e battaglia del
conte, avendo grave danno ricevuto, massime negli attrazzi, e maggiore
di quello, che sopportato avesse la dietroguardia, ne nacque, che il
movimento di quelle due prime squadre si rallentò notabilmente, e non
avendo quest'ultima, ch'era rimasta più intiera, accomodato il suo al
movimento di quelle altre, ne avvenne che l'ordinanza si scompigliò;
perocchè alcune navi vennero a trovarsi più innanzi, altre più indietro.
A questo sconcerto già grave in sè stesso, e che fu colpa degli uomini,
si aggiunse una contrarietà di fortuna, e questa fu che il vento si
voltò da levante scirocco sino a scirocco schietto, accidente
sfavorevole ai Francesi, poichè le vele loro ne furono improvvisamente
volte a ritroso, e favorevole agl'Inglesi, che ne vennero ad acquistare
il vento più propizio. Se ne giovò Rodney incontanente, e con mirabile
rattezza spintosi avanti col Formidabile, col Namur, col Duca, e col
Canadà, fracassato e disarborato affatto il vascello il Glorioso, ruppe
e fendè l'ordinanza francese, tre navi distante dalla Città di Parigi,
dove combatteva il conte di Grasse. Ciò fatto, comandò tosto alle navi,
che orzando lo seguitassero. Il che prestamente stato essendo eseguito
ne avvenne, che tutta l'armata inglese riuscì a sopravvento della
francese. Queste mosse definirono la fortuna della giornata. Gl'Inglesi
si scagliarono poggiando contro i Francesi, i quali disordinati ed
ingarbugliatisi insieme tutti male si potevano contro un nemico
ordinatissimo, stretto, ed esultante per la speranza della vicina
vittoria, riparare. D'allora in poi i Francesi non combattettero più
raccolti in file regolari, ma con navi separate, o gomitoli snodati. In
tale pericoloso frangente non mancarono per altro a sè stessi. Tentarono
di rannodarsi a sottovento; ma ciò non venne loro fatto. Non potendo più
operare con consiglio comune, combattettero in singolari affronti con
tanto valore, che al tutto si mostrarono di miglior fortuna meritevoli.
Ora gl'Inglesi s'avventavano a questa, ora a quell'altra nave,
secondochè veniva lor meglio il destro per pigliarle. Il Canadà si
attaccò coll'Ettore, e dopo una ostinata resistenza lo prese. Il
Centauro si mise a petto al Cesare, l'uno e l'altro rimasti pressochè
intieri. Ne seguì un furiosissimo affronto. Il Francese non voleva
arrendersi. Vennero ad assaltarlo altri tre vascelli d'alto bordo. Ma il
signor di Marignì, che il capitanava, in luogo di abbassar la tenda,
intorato, e feroce la faceva chiodare all'albero, e tuttavia tirava
avanti con una furia di cannonate. Fu morto. Il successore si difendeva
con pari coraggio. Infine, caduto l'albero maestro, e perduti tutti i
suoi corredi, cedendo alla fortuna, si arrendè. Il Glorioso anch'esso,
non senza prima aver fatto una gagliarda difesa, venne in poter
degl'Inglesi. L'Ardente ebbe la medesima fortuna. Il Diadema rotto e
fracassato affondò. Ma se fu grande la virtù dimostrata dai capitani
francesi sin qui raccontati, le navi dei quali vennero in poter
degl'Inglesi, fu degna altresì di perpetua lode quella del conte di
Grasse, il quale parve, si fosse posto in animo di voler piuttosto
andare a fondo, che arrendersi. Lacera essendo, e sfessa la sua nave, la
Città di Parigi, per una battaglia, che già da dieci ore durava, nissuna
sembianza faceva di volersi piegare e tuttavia continuava a tronare
orribilmente ed a rispondere da ogni parte. Veniva ad assaltarlo
ferocemente il capitano Cornwallis colla nave il Canadà, e tuttochè con
incredibile valore si affaticasse, non faceva frutto. Perocchè quella
enorme mole lungi da sè con prepotente forza il ributtava. Venivano per
dargli l'ultimo strazio a congiungersi col Canadà altre sei grosse navi
inglesi; ma tutto era nulla. Erano intanto accorse per isbrigarlo le
navi francesi la Linguadoca e la Corona, poscia il Plutone ed il
Trionfante. Ma sopraffatte dalla moltitudine delle navi di Rodney furono
costrette a lasciar la capitana loro nel gravissimo pericolo, in cui si
trovava. Venutagli meno quest'ultima speranza, e veduta la sua armata
testè sì fiorita, ora tutta o fugata, o presa, l'invitto animo del conte
di Grasse non si voleva per ancora inclinar alla resa; e continuando
nella difesa non rifinava di trarre. Sopraggiungeva allora Samuele Hood
avventatissimo col suo Barfleur, e giunto presso la Città di Parigi (già
il giorno si rabbruzzava) vi scaricò dentro con orribile strabocco un
nembo sì fitto di palle, che ne furono strambellati tutti coloro, che
sulla coperta si ritrovavano. Fu scritto, ne siano rimasti uccisi al
primo tratto sessanta. Disperato della salute aveva tuttavia il conte
cura dell'onore. Sostenne tanta furia ancora più per un quarto d'ora.
Infine, abbassata la tenda al Barfleur, si arrendè all'Hood. È fama che
nel momento della resa tre soli uomini rimanessero viventi, e non feriti
sopra la coperta, dei quali uno si fu il conte stesso. In questo molto
la Città di Parigi, vascello, ch'era a ragione stimato il più bel
ornamento, ed il principale propugnacolo della marineria francese, venne
in potestà degl'Inglesi. Era stato dato in dono dalla città di quel nome
al Re Luigi Decimoquinto, allorquando le cose navali della Francia erano
state a tanto bassamente condotte durante la guerra del Canadà. Vi si
erano spesi intorno da quattro milioni di tornesi. Trentasei casse di
contanti, tutte le artiglierie, le somerie, e le munizioni, che dovevano
all'assalto della Giamaica servire, diventarono preda del vincitore.
Morirono in questa battaglia degl'Inglesi, inclusi anche quelli, che
furono uccisi nella giornata dei nove, e furon feriti meglio di un
migliaio; dei Francesi molti più, oltre dei prigionieri. Fra i primi
furono morti degli uffiziali segnalati i due capitani Boyne e Blair.
Lord Roberto Maners figliuolo, che fu del marchese di Granby, giovane di
grandissima aspettazione, ferito gravemente, dopo d'essere stato alcun
tempo in fine di morte, anch'egli trapassò. De' secondi sei capitani di
nave, tra i quali il conte d'Escars, e de la Clocheterie furono da
questa vita tolti. Avrebbe l'ammiraglio Rodney per non corrompere la
speranza di cose maggiori, voluto seguitare dopo la battaglia il nemico.
Ma essendo sopraggiunta la notte, e volendo prima assicurarsi delle
prede, e conoscere il danno ricevuto da' suoi, e dalle sue navi, se ne
temperò. La mattina seguente fu medesimamente dal ciò fare impedito
dalle bonacce, che sopravvennero presso le spiagge della Guadaluppa.
Avendo però fatto sopravvedere nei vicini porti delle isole nemiche, ed
accortosi che in questi non si erano gli avanzi della rotta armata
riparati, e dubitando di quello, ch'era, cioè che si fossero dirizzati a
San Domingo, comandò, per non fermare il corso della vittoria,
all'ammiraglio Hood, la cui squadra era rimasta più intiera, se ne
andasse a stare sulle volte in quelle acque. Gli commise ancora, che,
compiuta la bisogna, si recasse al Capo Tiberone, dove sarebbe colla
restante armata ito egli stesso per ivi fare la generale massa. Infatti,
eccettuate alcune navi, le quali furono condotte a racconciarsi a
Sant'Eustachio dal signor di Bougainville, le altre raccolte dal
marchese di Vaudreuil andarono a far porto al Capo-Francese in San
Domingo. Intanto era arrivato nelle acque di quest'isola l'Hood, e
mentre si stava volteggiando nel passaggio di Mona, che la medesima da
quella di Portoricco divide, osservò di lontano quattro navi, due d'alto
bordo, due altre minori. Quest'erano il Giasone, ed il Catone, che
ritornavano dai concieri della Guadaluppa, colla fregata l'Amabile, e la
corvetta la Cerere. Non erano i capitani loro informati dell'esito della
battaglia dei dodici, e viaggiavano a sicurtà. Hood diè dentro; e dopo
una leggiera avvisaglia tutte le pigliò. Una quinta nave, che si
discoperse, sebbene non senza gran fatica, scampò. Così perdettero li
Francesi otto navi d'alto bordo, delle quali il Diadema affondò, il
Cesare arse, e sei fecero chiara e notabile la vittoria degl'Inglesi,
per essere in poter loro venute. Raccozzatisi insieme Rodney, e Hood al
Capo Tiberone, il primo colle prede e colle navi malconce si avviò alla
Giamaica, il secondo se ne rimase con venticinque delle più intiere
nelle acque di San Domingo, acciò e gl'inimici osservasse, ed impedisse
loro di tentar qualche fatto di rilievo contro le possessioni
britanniche. Imperciocchè quantunque scoraggiati dalla recente
sconfitta, erano tuttavia gli alleati assai formidabili, avendo al
Capo-Francese, Vaudreuil ventitre navi di fila, e Don Solano sedici con
molte migliaia di pedoni a potere, ove d'uopo fosse, sbarcare. Ciò
nondimeno non solo si perdè del tutto l'impresa della Giamaica; ma
ancora nissuna fazione d'importanza si tentò, dopo la raccontata, nelle
Antille. Se ne tornarono gli Spagnuoli nell'Avana. Alcune navi francesi
si avviarono, facendo la scorta ad una conserva, verso l'Europa, e con
prospero viaggio vi arrivarono. Vaudreuil colle rimanenti andò ad
ammainar le vele nei porti della settentrionale America. In tal modo
furono agli alleati sturbati i disegni sopra la Giamaica, e questo fine
ebbe l'antillese guerra. Solo il giorno sei di maggio le isole Bahame,
state fin là sicuro nido d'infestevoli corsari, all'armi spagnuole si
arresero. Un'altra fazione, debol compenso a tanta perdita, successe
prosperamente ai Francesi nelle regioni più settentrionali dell'America.
Aveva il marchese di Vaudreuil poco prima, che partisse per alla volta
degli Stati Uniti, spedito il signor De la Peyrouse colla nave lo
Scettro, e due fregate, commettendogli, se ne andasse al seno d'Hudson,
e là tutto quel maggior male che potesse, facesse alle possessioni della
Compagnia inglese. La cosa riuscì, e la Compagnia ricevè un danno di
parecchj milioni. Fu questa spedizione degna di ricordanza, non già per
gli ostacoli, che gli uomini abbiano opposto, giacchè stavano gl'Inglesi
indifesi e sicuri, ma sibbene assai per le difficoltà, che parevano
piuttosto insuperabili, che grandi, de' luoghi. Le spiagge erano
difficili, e poco esplorate, le acque infedeli; e quantunque corresse,
quando arrivarono, la stagione del finir di luglio, tuttavia il sido vi
era sì grande, e i ghiacci sì grossi, che poco mancò, le avventurieri
navi non vi fossero rapprese dentro, ed in quel crudissimo clima per
tutto l'inverno confinate.
Tra queste cose l'ammiraglio Rodney era alla Giamaica pervenuto, e nel
porto di Kingston trionfalmente entrato. Concorrevano gl'isolani con
infinita allegrezza a vedere il loro liberatore, le vincitrici, e le
predate navi, le ricche spoglie, e quel nemico capitano stesso
rimirando, che, già vincitore in America di una gran guerra, poscia
minacciatore potentissimo della patria loro, compariva allora in sì
dimessa fortuna vinto, e cattivo agli occhi loro. Ma se grandi furono la
fortuna di Rodney, ed il contentamento dei Giamaichesi, non furono
minori le cortesie, che quello e questi usarono verso il vinto nemico,
niuna cosa tralasciato avendo, la quale potesse nell'avverso caso
racconsolarlo. Poco poscia l'ammiraglio inglese, avuto lo scambio
dall'ammiraglio Pigot, scambio, che fu ordinato, primachè si avessero a
Londra le novelle della vittoria dei dodici aprile, partì per
l'Inghilterra, alla volta della quale aveva anco sulla carovana della
Giamaica inviato il conte di Grasse. Era venuto Rodney in molta
disgrazia dell'universale a cagione di quelle rapine di Sant'Eustachio,
delle quali se ne fecero anche risentitamente le parole in cospetto del
Parlamento. Da ogni parte risuonavano querele contro di lui; e questo fu
forse il principale motivo, oltre di quello della diversità delle Sette,
che i ministri il rappellassero. Ma alle accusazioni, giunto che ei fu
in Inghilterra, rispose mostrando cattivo ai popoli il conte di Grasse.
Allora l'accagionato spogliatore di Sant'Eustachio diventò tosto l'idolo
di tutta la nazione. E quegli stessi, che prima più la fama sua
laceravano, ora più di tutti si studiavano di encomiarlo, le passate
ruggini alla presente gloria condonando. Furono fatte in Inghilterra le
gratissime accoglienze al conte di Grasse, parte per civiltà, parte per
vanagloria. Arrivato a Londra, fu presentato al Re, gli furon fatte
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